Yusuf Morrone
Geologia Ambientale
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INTRODUZIONE ALLA GEOLOGIA AMBIENTALE
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A Thammy e Zhora
“ Egli fa scendere dal cielo un’acqua cui le fiumare servono da letto, a seconda dell’ampiezza.
La corrente trascina una schiuma che galleggia: questa é simile alla schiuma di ciò che viene fuso nel fuoco
per gioielli e utensili. Cosi Dio forgia in parabole le verità e il falso: la schiuma viene scartata mentre ciò che
é utile agli esseri umani rimane sulla Terra. Cosi Dio propone parabole”.
(versetto 17, sura 13, Il Tuono, dal Sacro Corano)
Nota: in copertina un albero i cui rami scrivono la parola ُ‫هل‬
che in arabo vuol dire Allah = Dio.
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Introduzione
L’impiego maggiore dei geologi, in passato, era quello nel campo minerario (geologia del petrolio e minerali
utili) e soprattutto nelle costruzioni. Tenendo conto che diverse università avevano pochi esami applicativi,
era ovvio che l’inserimento nel mondo del lavoro non é stato mai facile. Però ci sono stati vecchi geologi che
hanno fatto carriere brillanti, per cui viene da chiedersi se le difficoltà attuali di inserimento sono dovute al
momento economico - sociale difficile oppure se vi é qualcos’altro. Ancora oggi gli iscritti all’albo operano
prevalentemente nell’ambito delle costruzioni, cosi come gli ingegneri, quindi il mercato non é cambiato nel
corso degli ultimi 70 anni.
Da un’analisi statistica condotta di recente, sembra che il 68% dei geologi ritiene che la preparazione
ricevuta non sia all’altezza per l’inserimento nel mondo del lavoro (fonte: geologia tecnica e ambientale
trimestrale ordine nazionale dei geologi n° 1 /2010), e quindi a quanto pare le cose sono peggiorate. Eppure
con il DM 509 i corsi di laurea avevano un cospicuo numero di crediti di esami affini e cosi per la prima
volta nel corso di laurea di scienze geologiche si potevano ritrovare esami di agraria e ingegneria come:
idraulica agraria e sistemazioni idrauliche forestali, assestamento forestale, pedologia, economia agraria,
estimo, topografia, chimica ambientale, architettura del paesaggio, geotecnica, scienza delle costruzioni,
sicurezza degli scavi, diritto ambientale ed economia aziendale. Si avevano oltre agli esami di rilevamento
geologico, geomorfologia e geologia applicata, altri esami che dovevano inserire meglio il giovane geologo
alla geologia delle costruzioni, e nello stesso tempo fornivano nozioni integrative per interfacciarsi meglio
con le altre figure professionali. Con l’avvento del DM 270 e la riduzione degli esami, si sono ridotti gli
esami affini, che sono per lo più adesso solo geologici, a parte alcune Unversità, e quindi si é ritornati ad un
passato prettamente geologico-naturalistico e soprattutto per le lauree triennali. L’indirizzo minerario
riguarda per lo più la genesi dei giacimenti minerari ed eventualmente la loro ricerca, tralasciando la
coltivazione (di pertinenza storica dei periti e ingegneri minerari ora chiamati diversamente ovvero periti
geotecnici e ingegneri ambientali) che invece é quella che offre più mercato. In quest’ultimo campo é bene
avere delle nozioni di base su corsi come: ingegneria degli scavi (ING-IND/28), ingegneria delle materie
prime (ING-IND/29) e del petrolio (ING-IND/30), dato che secondo le professioni di competenza dei
geologi senior vi é anche la gestione delle attività estrattive. Evidentemente si dovrebbe sapere di quel 32%
di studenti che sostengono di avere ricevuto una buona preparazione da quali Università sono usciti, ma le
uniche notizie sulla qualità delle varie Università sono le classifiche fatte dal Censis che tengono conto di
tutta la facoltà di Scienze. Nei forum che si leggono in internet sulle migliori Università di Geologia, gli
studenti rispondono ad altri studenti che dipende da quello che interessa dato che alcune sembrano migliori
in petrografia e georisorse, altre in geofisica ed altre ancora in geologia applicata.
Attualmente i testi in circolazione fatti da docenti universitari “geologi” sono per lo più di geografia fisica e
geomorfologia (ed i migliori per chiarezza e semplicità sono quelli utilizzati anche alle medie superiori,
come ad esempio: Introduzione alle Scienze della terra del professore A. Bosellini, o Capire la Terra dei
Professori, R.Siever e F. Press) mentre la geologia applicata sta diventando dominio di professionisti come si
può notare nella recente collana della Dario Flaccovio editore:
F.Uzzani, Laghi collinari e dighe, 2012
P.Montin, Acque meteoriche di dilavamento, 2012
M.Gorla, Siti Contaminati, 2012
M.Gorla, Pozzi per acqua, 2010
M.Gorla, Idrogeofisica, 2009
F.Boccalaro, Difesa delle coste e ingegneria naturalistica, 2012
M.Tanzini, Fenomeni franosi, 2011
M.Tanzini, Perforazioni a scopo geotecnico e tecniche di consolidamento, 2012
F.Garbin S. Storoni Ridolfi, Geologia e geotecnica stradale, 2010
G.Riga, Geologia applicata e ingegneria geotecnica, esercizi svolti, 2010
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Il contrario avviene ad ingegneria dove i testi di ingegneria strutturale (scienza delle costruzioni, tecnica
delle costruzioni e geotecnica) sono fatti per lo più da professori universitari. Sta anche in questo, tra le varie,
la differenza tra un geologo ed un ingegnere che studia sui testi del suo insegnante.
Le lauree specialistiche in Scienze Geologiche in Inghilterra hanno per lo più tre indirizzi:
- Mining Geology
- Applied Geotechnics
- Surveying and Land Management
Il primo ed il terzo in Italia non sono sviluppati ovvero si hanno indirizzi, e solo alla specialistica, quasi
simili ma che però non coprono bene tutti gli argomenti (esami di project management, geostatistica,
trattamento dei minerali, economia applicata all’ingegneria, topografia avanzata, Gis e telerilevamento,
pianificazione ambientale e sicurezza degli scavi sono più frequenti ad ingegneria ambientale che a
geologia). L’unico indirizzo molto simile é quello geotecnico. Nelle Università inglesi e specialmente
americane, l’indirizzo di geologia del petrolio é a se stante. In Italia a parte l’Università di Perugia che ha
introdotto una laurea in Geologia degli Idrocarburi, nelle altre si hanno solo alcuni esami, ed anche questo
indirizzo in generale é poco sviluppato a meno che non si esegua una tesi. In definitiva negli ultimi anni i
corsi di Scienze Geologiche si sono adeguati al mercato del lavoro in Italia.
La geologia ambientale, introdotta negli ultimi anni, viene considerata in genere come settore disciplinare
GEO/04 e quindi é considerata una materia applicativa nell'ambito della geologia ovvero rappresenta un
ponte tra la geologia e le materie affini prima citate, e richiama molti argomenti dei tre indirizzi qui sopra
specificati. Si sono prodotte queste dispense che hanno lo scopo, oltre a fornire i classici argomenti della
geologia ambientale, come i rischi geologici, e di entrare un pò più a fondo, in maniera semplice, nelle
discipline agrarie e ingegneristiche affini utili al geologo. Pur essendo ridotto al minimo il formalismo
matematico é bene comunque avere già delle nozioni di geografia fisica prima di affrontare queste dispense.
Materie simili affini si ritrovano anche nel corso di laurea in Geografia come ad esempio: pianificazione
territoriale (piani urbanistici comunali, energie rinnovabili), architettura del paesaggio (piani paesistici,
ingegneria naturalistica, VIA) chimica ambientale (inquinamento) e ingegneria ambientale (trattamento reflui
e messa in sicurezza di discariche), per cui queste dispense, considerando che il capitolo I é di introduzione
alla geologia generale, possono essere usate anche per il corso di geologia ambientale tenuto a Geografia.
Y. Morrone, 2013
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Capitolo 1. Rocce, Fossili, Terremoti e Vulcani
Simmetria dei minerali. Esaminando i cristalli si nota una ripetizione periodica di elementi geometrici
equivalenti siano essi facce, spigoli o vertici. Tale ripetizione costituisce la simmetria dei cristalli. Tale
simmetria si evince soprattutto per rotazione intorno ad una retta (asse di simmetria) o per riflessione rispetto
ad un piano (piano di simmetria). Se si ruota il cristallo per 360° intorno all’asse di simmetria e si trova la
stessa faccia per 2, 3, 4 o 6 volte si definisce l’asse: binario A2, ternario A3, quaternario A4, senario A6.
L’asse di inversione A è un elemento di simmetria composto in cui alla rotazione intorno ad un asse si
associa un'inversione rispetto ad un punto situato sull'asse. All’asse A ed A e al piano P che divide
specularmente in due il cristallo, vi é da aggiungere il centro di simmetria C definibile come il punto interno
rispetto al quale ad ogni faccia corrisponde al di la del punto stesso una faccia parallela equivalente. Nel
sistema triclino esiste solo il centro di simmetria. Il grado di simmetria è la somma degli elementi di
simmetria di un cristallo che si deduce dall'esame della forma esterna di un minerale. Per esempio un cubo
ha 9P-6A2-4A3-3A4-C e quindi grado di simmetria 23. Non sempre la simmetria geometrica coincide con la
simmetria vera, riconoscibile solo con un esame di natura chimica o fisica, ad esempio attaccando il minerale
con sostanze appropriate in modo da ottenere figure di corrosione. Mettendo insieme tutte le possibili
combinazioni si sono trovate 32 classi di simmetria:
Gruppo cubico o monometrico: sistema cubico (comprende 5 classi caratterizzati da 4 A3 come elemento
simmetrico tipico). Appartengono: il salgemma (Na Cl) , fluorite (CaF 2 ), blenda (ZnS), galena (PbS), pirite
(FeS2), magnetite (FeFe2O4).
Gruppo dimetrico : sistema esagonale (comprende 5 classi con indice rifrazione raggio ordinario coincidente
con A6). Appartengono : il quarzo beta (SiO2), apatite [Ca3(PO4)2], cinabro (HgS) grafite (C). Sistema
trigonale (comprende 7 classi con indice rifrazione raggio ordinario coincidente con A3). Appartengono la:
calcite (CaCO3), dolomite [CaMg(CO3)2], quarzo (SiO2), ematite (Fe2O3), corindone (Al2O3).
Sistema tetragonale (comprende 7 classi con l’asse Z coincidente con A4). Appartengono:
cassiterite (SnO2), la calcopirite (FeCuS2).
Gruppo trimetrico : sistema rombico (comprende 3 classi e la massima simmetria 2A2-3P-C )
Appartengono: l'olivina [(Mg,Fe)2SiO4], il topazio (Al2F2SiO4), pirosseni e anfiboli rombici.
Sistema monoclino (comprende 3 classi). Appartengono: l'ortoclasio (KalSi3O8) e il gesso (CaSO4·2H2O).
Sistema triclino (comprende 2 classi dette pinacoidale e pediale ovvero il pedion é una faccia senza
simmetria). Appartengono: l’albite (NaAlSi3O8), anortite (CaAl2Si208)
Nel sistema monometrico la velocità di propagazione della luce é uguale in tutte le direzioni perciò l’indice
di rifrazione ha valore costante mentre negli altri due sistemi al fenomeno della deviazione del raggio
incidente, si verifica anche uno sdoppiamento del raggio (birifrazione) formandosi due raggi rifratti che
proseguono con diversa velocità e quindi hanno diverso indice di rifrazione: raggio ordinario e straordinario.
Chimica dei minerali. I minerali sono fasi omogenee inorganiche solide semplici o composte. Le sostanze
semplici sono indicate con “elementi nativi” e sono di natura metallica (come oro, argento, rame, platino) o
metalloidica (come diamante, grafite, zolfo, arsenico). I minerali rappresentati da composti sono : ossidi,
idrossidi, sali non ossigenati (aloidi, solfuri) sali ossigenati (solfati, fosfati, borati, carbonati, silicati).
elementi nativi = grafite C, diamante C, oro Au, zolfo S
ossidi = quarzo alfa (ma come struttura tetraedrica é un tettosilicato stabile fino a 573°C) Si0 2, opale Si02
nH20 colloidale amorfo, cassiterite Sn02, pirolusite Mn02, uraninite U02 cuprite CuO, zincite Zn0, magnetite
Fe304, ematite Fe203, ilmenite FeTi03, perovskite CaTi03, cromite FeCr204, corindone Al203, spinello
MgAl204, rutilo Ti02, periclasio Mg0;
idrossidi = goethite Fe00H, diasporo Al0(0H), bauxite Al203.n H20, limonite Fe203.nH20 brucite Mg(0H)2,
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manganite Mn00H
alogenuri o aloidi = salgemma NaCl, silvite KCl, fluorite Ca F2 ;
solfuri = calcocite Cu2S, covellina CuS, argentite Ag2 S, antimonite Sb2 S3, sfalerite o blenda ZnS,
calcopirite CuFeS2, marcasite rombica FeS2, pirite cubica FeS2, pirottina FeS, galena PbS, cinabro HgS,
realgar AsS
solfati = gesso CaS04.2 H20, e gesso anidro detto anidrite Ca(S04), anglesite Pb (S04) barite Ba(S04);
borati: idroboracite Mg Ca [B304 (0H)3] 3 H20
fosfati = apatite [Ca3(PO4)2]; autunite Ca (U02)P04.nH20, monazite Ce(P04);
carbonati = calcite trigonale CaC03, aragonite rombica CaC03, dolomite CaMg (C03)2, magnesite MgC03,
cerrusite PbC03, rodocroisite MnC03, siderite FeC03
Un particolare problema é rappresentato dai silicati che rappresentano l’80% dei minerali della crosta
terrestre. La loro classificazione non si basa sul chimismo quanto su basi della struttura e precisamente sul
modo in cui l’unita fondamentale (Si 04)- 2, che li costituisce é legato agli ioni vicini.
I silicati si dividono in:
Tettotosilicati. Sono uniti i tetraedri per tutti i 4 i vertici producendo gabbie indefinite con maglie complesse.
Formula dell’unita silicio-ossigeno: Si02
Minerali: feldspati alcalini (ortoclasio potassico, albite sodica, anortite calcica) plagioclasio (miscela solida
di albite e anortite, che per temperature piu' alte di inizio fusione, aumenta il contenuto calcico o anortitico),
feldspatoidi (nefelina e leucite) zeoliti (heulandite, laumontite);
fillosilicati. I cui tetraedri sono uniti per 3 vertici producendo una maglia indefinita piana. Formula dell’unita
silicio-ossigeno : Si2 05
Minerali : miche (biotite, muscovite), clorite, talco, minerali delle argille (caolinite, illite, montmorillonite),
pirofillite, glauconite, stilpnomelano
Nesosilicati = tetraedro singolo; sorosilicati = tetraedro doppio; ciclosilicati = anello di tetraedri;
inosilicati = a catena semplice come nei pirosseni (o a catena doppia come negli anfiboli); fillosilicati = a
strati planari; tettosilicati = unione di tutti i vertici a costituire una struttura tridimensionale
inosilicati. Con tetraedri uniti con modalita diverse in catene indefinite: i casi comuni sono delle catene
aperte semplici come per i pirosseni o delle catene doppie tipiche degli anfiboli.
Formule unità silicio-ossigeno : catena semplice Si 03 catena doppia Si4 011
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Minerali: wollastonite, rodonite, pirosseni alluminiferi (augite calcioalluminifera e giadeite
sodicoalluminifera) e non alluminiferi (diopside, enstatite), anfiboli (presentano ossidrili OH e ioni Fluoro
nella struttura cristallina) alluminiferi (orneblenda calcio-alluminifera e glaucofane sodico alluminifero) e
non alluminiferi (actinoto o attinolite, tremolite, antofillite);
ciclosilicati.I tetredri si uniscono ad anelli con 3,4 6 elementi.
Formula unita silicio-ossigeno a 6 elementi: Si6 018
Minerali: cordierite, tormalina, berillo (smeraldo);
sorosilicati . Due tetraedri uniti per un vertice. Formula unita silicio-ossigeno: Si207
Minerali: epidoto, vesuviana;
nesosilicati . I tetraedri sono isolati. Formula unita silico-ossigeno: Si04
Minerali: cloritoide, olivina (miscela solida di forsterite magnesiaca MgSi04 e fayalite ferrosa FeSi04),
granato, sillimanite, cianite, andalusite Al(AlSi)0 3, staurolite, zircone, topazio, titanite.
Isomorfismo e polimorfismo. Abbiamo isomorfismo quando nello stesso reticolo cristallino elementi
chimici diversi possono sostituirsi perché di dimensioni e cariche simili. Gli elementi la cui possibilità di
sostituirsi a vicenda sono detti vicarianti. Un' esempio è l'olivina, un silicato in cui il magnesio può sostituirsi
al ferro. Un altro é Al nel Si dell'unita Si04 nel caso dell’andalusite. Il polimorfismo è la possibilità di una
sostanza di presentarsi in forme cristalline differenti; è determinato dalla diversa disposizione degli ioni nel
reticolo che dipende da pressione e temperatura. Le modificazioni polimorfe hanno caratteristiche fisiche
differenti. Esempio più famoso di polimorfismo è quello tra grafite e diamante, minerali costituiti da
carbonio con diversa disposizione spaziale e quindi diverso sistema cristallino.
Proprietà fisiche dei minerali.
Peso specifico. Valori tipici per i minerali tra 2,5 a 3,5 gr/cm3 valutati tramite picnometro o con il metodo
dei liquidi pesanti. Quest’ultimo utilizza lo ioduro di metilene (p.s. = 3,3) o il liquido di Clerici (p.s.= 4,2).
Si mette un frammento minerale nel liquido e si aggiunge goccia a goccia un solvente fino a che esso non
rimane sospeso. Valutando il liquido con il picnometro o con bilancia si ricava il ps del minerale. I liquidi
pesanti si usano anche per separare minerali con peso specifico diverso utilizzando separatori gravimetrici
rappresentati da imbuti allungati. Quando i separatori funzionano a corrente d’acqua, come quelli usati per
l’analisi granulometrica dei terreni, prendono il nome di separatori idrogravimetrici.
Proprietà dipendenti dalla coesione:
Durezza. Rappresenta la resistenza alla scalfittura da parte di una punta e dipende dalla coesione ovvero dalla
forza che tiene unite tra loro le particelle costituenti la sostanza per cui può variare con la direzione. Si hanno
minerali teneri, semiduri e duri. La scala di Mohs per la durezza definisce: 1= talco, 2 = gesso, 3 = calcite,
4 = fluorite, 5 = apatite, 6 = feldspato, 7 = quarzo, 8 = topazio, 9 = corindone, 10 = diamante.
Fino a 2,5 si riga il minerale con l'unghia, per 3 ci vuole una moneta, tra 3 e 5,5 il minerale e' rigato dal
vetro mentre i minerali sopra 5,5 rigano il vetro. La durezza varia con la direzione per minerali che hanno
sfaldatura mentre quelli che non hanno sfaldatura la durezza non varia.
Frattura e sfaldatura. Quando un cristallo viene sottoposto ad uno sforzo, superato il limite elastico si rompe
secondo superfici regolari o irregolari. I cristalli si distinguono in teneri e fragili a seconda del coefficiente di
rottura meno o piu elevato. Nei casi la rottura fornisce superfici irregolari si parla di frattura. Quando le
superfici sono regolari e sono delle superfici piane si parla di sfaldatura. Questa ha una grande importanza ai
fini diagnostici. Si va dalla sfaldatura perfetta della fluorite e dalla calcite fino al quarzo in cui non si osserva
sfaldatura ma frattura concoide.
Elasticita, flessibilita, malleabilita, duttilita, plasticita. Quando non si raggiunge la rottura si possono avere
due principali comportamenti: togliendo il carico la deformazione detta “elastica” ritorna a zero (minerali
elastici tipici sono le lamelle di miche) oppure togliendo il carico rimane una deformazione permanente
(minerali facilmente flessibili come le cloriti, minerali malleabili ovvero ridotti in lamine sottili come l’oro,
minerali duttili ovvero ridotti in fili sottili come il platino, minerali plastici ovvero modellati per
compressione come l’argentite Ag2 S).
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Proprieta termiche :
Trasparenza al calore. Alcuni minerali come il salgemma NaCl, la silvite KCl hanno la proprieta di lasciarsi
attraversare dal calore assorbendo solo piccole quantita.
Conducibilità termica. I minerali possono essere buoni (minerali metallici) o cattivi conduttori di calore
(zolfo, salgemma, fluorite) e la conducibilità termica puo variare nelle diverse direzioni per lo stesso
cristallo.
Fusibilità. Il punto di fusione grandezza scalare varia da minerale a minerale. Quelli facilmente fusibili
presentano un punto di fusione al di sotto di 1000 °C e quindi fondono piu o meno facilmente al becco di
Bunsen (calcopirite, antimonite), mentre quelli detti fusibili con punto da 1000 -1300°C non fondono al
becco du Bunsen ma al cannello ferruminatorio (granato almandino, attinolite, apatite). I minerali
difficilmente fusibili con punto da 1300 -1400 °C fondono solo come minute schegge ai bordi al cannello
(ortoclasio, bronzite, calamina). I minerali molto difficilmente fusibili hanno punto superiore a 1400°C come
il quarzo e i minerali impiegati nei refrattari (sillimanite).
Proprietà elettriche:
Conducibilita elettrica. I minerali possono essere dei buoni conduttori di elettricità (minerali metallici) o
cattivi conduttori elettrici come quelli termici. In base a questa caratteristica vi sono apparecchi (cernitrici
elettrostatiche) nell’industria mineraria atti a separare minerali utili da altri non utili.
Piroelettricità. Alcuni minerali riscaldati si elettrizzano ed in particolare quelli cattivi conduttori di elettricità
(tormalina). Variazioni di temperatura come riscaldamenti o raffreddamenti, producono in punti opposti
elettricita di segno contrario.
Piezoelettricita. Gli stessi cristalli aventi uno o piu piani di simmetria polare manifestano l’elettricita di
pressione. Comprimendo un cristallo piezoelettrico (es. quarzo) secondo la direzione del loro asse o di uno
dei loro assi di simmetria polare si nota lo sviluppo di elettricita di segno contrario su i due punti o facce,
proporzionale allo sforzo applicato. Su tale principio si basano: scandagli ad eco dei sottomarini, studio delle
pressioni nelle camere a scoppio.
Proprieta magnetiche. Molti minerali si mostrano sensibili ad un campo magnetico, cioé si lasciano attirare
più o meno facilmente da un magnete semplice o da un elettromagnete. Minerali possono essere : fortemente
magnetici (ferro, platino, magnetite, pirrotina, ilmenite) e debolmente magnetici (ossidi, solfuri, silicati,
ecc.). Il magnetismo puo essere semplice o polare a seconda che i minerali non si comportino o si
comportino essi stessi come un ago calamitato (ferro-magnetici). Nell’industria mineraria sono stati
impiegati apparecchi (cernite magnetiche) con i quali si separano minerali utili magnetici (magnetite) o non
magnetici (leucite) dai minerali inutili.
Proprieta ottiche: sono le piu importanti, anche nei confronti delle proprietà morfologiche e chimiche.
Trasparenza e opacita. Quando la luce attraversa un minerale subisce una diminuzione di intensita o come si
dice un assorbimento. Se questo assorbimento é piccolo si dice che il minerale é trasparente se invece é
molto forte, le vibrazioni luminose cessano dopo un brevissimo percorso, si dice che é opaco. La massima
parte dei minerali sono trasparenti solo pochi sono opachi (grafite, magnetite, pirite). I trasparenti possono
essere lucidi o diafani ovvero ridotti in lamine di qualche decimo di mm permettono o no la chiara visione
degli oggetti situati al di là di essi.
Colore. Nell’attraversare un minerale la luce puo subire un egual assorbimento per tutte le radiazioni visibili
che la compongono, quindi la luce emergente non si distingue per colore dalla incidente e quindi il minerale
stesso si definisce incolore; oppure l’assorbimento avviene in differente misura per le diverse radiazioni, si
che la luce bianca incidente esce colorata secondo il complesso delle radiazioni meno assorbite ed il minerale
dicasi colorato. Dei minerali trasparenti colorati alcuni hanno un colore dipendente dalla loro costituzione
chimica detti idiocromatici o a colore proprio (malachite-verde, azzurite-azzurro) altri debbono il colore a
sostanze estranee, definite impurita, ed i minerali sono detti allocromatici: il quarzo SiO2 é incolore ma a
volte si trova in giallo, verde, violetto, oppure il corindone Al 2 O3 sempre incolore ma si trova anche rosso
(rubino) azzurro (zaffiro) verde (smeraldo orientale).
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Lucentezza. I minerali possono riflettere la luce in modo piu o meno vivo o splendente ovvero hanno una
diversa lucentezza. Si ha cosi: lo splendore metallico (pirite, magnetite), splendore adamantino (simile a
quello del diamante, blenda ZnS), splendore vitreo (quarzo che é simile a quello del vetro), splendore
madreperlaceo (alcune miche), splendore sericeo (simile a quello della sericite, amianto), splendore grasso
(ricorda superfici unte di grasso come la grafite), splendore resinoso (sfalerite).
Luminescenza, fosforescenza, fluorescenza. Una sostanza che colpita dai raggi UV emette luce si dice
luminescente. Queste poi si dividono in fosforescenti (emanano luce anche al cessare dell’eccitamento) e
fosforescenti (cessano di emettere luce al finire dell’eccitamento).
Monorifrangenza. Si definisce indice di rifrazione n = sen i / sen r dove i é l’angolo di incidenza del raggio
luminoso ed r l’angolo di rifrazione. Per i = 0, ovvero per una incidenza normale, anche r = 0 ovvero il
raggio luminoso passa dal primo al secondo mezzo senza subire deviazione. L’indice di rifrazione di una
sostanza é inversamente proporzionale alla velocità della luce nella sostanza stessa. Il valore piu
basso,relativo all’aria come primo mezzo, é il floruro di sodio 1,328 che é piu basso dell’acqua (1,333),
mentre in genere nei minerali trasparenti varia tra 1,5 e 1,7.
La determinazione di n si fa con il microscopio tramite il metodo della linea di Becke. Si osserva un granello
di sostanza immerso in una goccia di liquido ad n noto. Nel caso che il minerale é limpido e presenta stesso n
del liquido, non mostra alcun rilievo, al contrario se é vi é una differenza nei valori di n il minerale mostra un
rilievo. Se si solleva il tubo del microscopio si vede un contorno brillante (linea di Becke) che si sposta verso
la sostanza con l’indice di rifrazione maggiore. Tra i liquidi usati: olio di vasellina n = 1,476.
Birifrangenza. Nei liquidi e nelle sostanze cristallizzate nel sistema monometrico la velocita di propagazione
delle luce é uguale in qualsiasi direzione e percio l’indice di rifrazione ha valore costante e ad ogni raggio
incidente corrisponde un raggio rifratto. Per cristalli degli altri sistemi oltre al fenomeno della deviazione del
raggio incidente, si verifica anche uno sdoppiamento del raggio formandosi due raggi rifratti che proseguono
con diversa velocita ed hanno quindi un diverso indice di rifrazione. I minerali che presentano la
birifrangenza si dicono birifrangenti ed otticamente anisotropi. La prima dimostrazione della birifrangenza fu
effettuata con un romboedro di sfaldatura di spato d’Islanda (calcite limpida in grossi cristalli) e fu visto che
un raggio rifratto obbedisce alla rifrazione semplice mentre l’altro no. Da qui il primo fu chiamato raggio
ordinario mentre l’altro straordinario.
I due raggi rifratti non sono costituiti di luce ordinaria ( luce le cui vibrazioni si compiono in tutte le
direzioni normali alla linea di propagazione del raggio luminoso) ma di luce polarizzata cioé le vibrazioni si
compiono in un unico piano sempre normale al raggio luminoso.
Cosi riprendendo il nostro romboedro di spato di Islanda, messo con la diagonale minore verticale, le
vibrazioni del raggio straordinario si compiranno parallele alla diagonale corta mentre quelle del raggio
ordinario saranno parallele alla diagonale lunga. Per quanto riguarda gli indici di rifrazione si ha che w
(indice rifrazione raggio ordinario) per la calcite é costante e vale 1,659 mentre e (indice rifrazione raggio
straordinario) é variabile tra un minimo e un massimo.
w>e
minerale otticamente negativo
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w<e
minerale otticamente positivo
Fatto molto importante e che i valori di w ed e coincidono quando la direzione dei due raggi é parallela a
quello dell’asse singolare di simmetria, si ha cioè nei minerali del gruppo dimetrico (esagonale, trigonale,
tetragonale) che tale direzione é coincidente con l’asse senario ternario o quaternario. Tale direzione dicasi
asse ottico e i cristalli dimetrici otticamente uniassici. Nei cristalli del gruppo trimetrico (sistemi rombico,
monoclino e triclino) i due raggi vibrano ancora in piani perpendicolari tra loro ma a differenza di prima i
raggi sono entrambi straordinari e quindi gli indici di rifrazione sono variabili all’interno del cristallo ossia
rispetto ai 3 assi cristallografici del solido. In questo caso si definiscono 3 indici di rifrazioni principali fra
loro perpendicolari : alfa< beta< gamma coincidenti o no con gli assi cristallografici. In questo caso ci sono
due direzioni lungo le quali i due raggi rifratti si propagano con stesse velocita, per cui si parla di minerali
otticamente biassici.
Indicatrice ottica nei cristalli biassici con due sezioni
circolari e due assi ottici
L’angolo tra i due assi é detto: 2V ed é sempre acuto. Le direzioni di vibrazione principali sono X,Y,Z. Per
convenzione quando Z é la bisettrice acuta si ha il minerale otticamente positivo, mentre se X la bisettrice
acuta si ha il minerale otticamente negativo.
In tutti i minerali birifrangenti la differenza tra i due indici di rifrazione viene definita valore della
birifrazione ed il minerale dicasi: fortemente birifrangente o debolmente birifrangente. Cosi per i minerali
uniassici é fortemente birifrangente la calcite ( w – e = 1,659 - 1,487 = 0,172) e debolmente birifrangente il
quarzo (e – w = 1,553 -1,544 = 0,009). Dei minerali biassici invece é fortemente birifrangente l’aragonite
(gamma – alfa = 0,156) e debolmente l’ortoclasio (gamma – alfa = 0,007).
Il ciclo delle rocce. Pur essendoci in natura molti minerali quelli che comunemente si ritrovano piu
frequentemente nelle rocce non sono molti.
Le rocce ignee o magmatiche sono dette primarie in quanto sono le uniche che derivano dal magma, ovvero
da un fuso silicatico e non da altre rocce, per cui si perde la memoria della struttura precedente. Se il magma
consolida in profondità si parla di rocce intrusive (granito, sienite, diorite gabbro). Se il magma giunge in
superficie si parla di lava e di rocce vulcaniche (riolite, trachite, andesite, basalto).
rocce
giacitura - grani minerali
riolite
trachite andesite basalto
effusive
lava
< 0,1 mm
porfirite
dolerite
filoniane
dicco
0,1 -2 mm
granito sienite
diorite
gabbro
intrusive
batolite
> 2 mm
< 20
20-40
20-40
40-90  indice di colore o percentuale minerali scuri
plagioclasio <
plagioclasio >
feldspato alcalino
feldspato alcalino
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Con minerali scuri > 90% si hanno le peridotiti (intrusive) e picriti (vulcaniche).
Trachiti e sieniti sono rocce sature mentre nel caso di rocce soprassature (con piu quarzo) meno frequenti, si
ha al loro posto dacite e granodiorite.
In natura tanti graniti e pochi gabbri ovvero poche rioliti e tanti basalti. Significa che un magma viscoso con
abbastanza silice (Si02) non risale é da vita ai graniti mentre un magma con poca silice, risale facilmente
essendo meno viscoso e quindi fluido dà vita ad una effusione basaltica.
Le rocce metamorfiche sono al termine del ciclo per il materiale roccioso.
roccia originaria:
calcare calcare-marnoso arenaria
basalto
argilla
granito
indice temp °C
clorite
300
marmo
argilloscisto
quarzite
biotite
calcescisto
scisto verde
fillade
granato 500
marmo
micascisto
granito
staurolite
anfibolite
cianite
600
gneiss
gneiss
sillimanite 700
granulite
migmatite
Tipicamente scistose sono: i calcescisti (calcite minerale più abbondante), micascisti (miche abbondanti più
quarzo, feldspato, eventualmente granato, cianite, ecc), prasiniti (rocce derivate da basalti ovvero é uno
scisto verde con associazione di albite- epidoto-clorite- attinolite), serpentinoscisti (rocce derivate da
peridotiti con minerali del gruppo del serpentino e clorite e magnetite), anfiboliti (derivano da basalti con
associazione orneblenda – plagioclasi). Le rocce dette gneiss presentanoo una tessitura a bande sottile
alternata di minerali chiari (quarzo e feldspato) e scuri (miche). Prima di subire l' anatessi (parziale fusione) a
causa della profondità' a cui sono portate e trasformarsi in magma le rocce devono subire un metamorfismo
regionale di grado crescente (aumento temperatura con comparsa di minerali- indice). Il passaggio tra
metamorfismo e anatessi (parziale fusione di uno gneiss e formazione di una roccia detta migmatite che
contiene del materiale granitico e la struttura originaria gneissica) é data dal passaggio della muscovite in
feldspato : muscovite + quarzo = feldspato + sillimanite + acqua
Il primo passo per formare una roccia sedimentaria terrigena o clastica e' la disgregazione della roccia madre
(ignea, sedimentaria, metamorfica). Le forze fisiche di disgregazione possono essere: ghiaccio, vento, moto
ondoso, velocità' di un torrente, variazioni di temperature, rilascio di pressione con aumento di volume a
causa dell'erosione di strati di roccia sovrastanti. A questi si aggiungono dei fattori biologici dato che licheni
e vermi scavatori possono contribuire a rompere le rocce. Tali forze aumentano le superfici dei minerali che
costituiscono le rocce, ed accelerano il processo di alterazione della roccia stessa. Tra i processi di
alterazione chimica ricordiamo qui: la solubilita' della calcite, l'idrolisi dei silicati (tipica reazione: feldspato
potassico + acqua acidula = caolinite). Una volta disgregati i frammenti vengono trasportati: dalla gravita',
dall'acqua, dalle correnti di densita', dal ghiaccio, dal vento. Dopo il trasporto, qualora la gravita' supera la
forza tangenziale agente di trasporto, si ha la sedimentazione. In seguito con la litificazione dei sedimenti di
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ghiaia, sabbia, silt e argilla si hanno le rocce clastiche come: conglomerato, arenaria con clasti tra 2 mm e
1/16 mm (che viene definita anche arcosa se ricca in feldspati oppure grovocca se ricca in minerali argillosi
nella matrice e tipica nelle sequenze del flysh), siltite con grani tra 1/16 e 1/256 mm ed infine pelite. Per le
rocce di precipitazione chimica come le evaporiti (gesso e sale) cosi' come per certi calcari biochimici, le fasi
di trasporto e sedimentazione non si verificano. Questi calcari si ritrovano come antiche barriere coralline a
sviluppo verticale (atolli attuali secondo il principio dell’attualismo) dovute a madrepore costruttrici che
nelle serie geologiche sono state definite ''bioerma'', per distinguerle dagli accumuli di resti di molluschi e
alghe calcaree a prevalente sviluppo orizzontale (scogliere di piattaforma) chiamate ''biostroma''.
La precipitazione di calcite puo essere diretta (tufo calcareo, travertino) ma anche avvenire dopo lo
scioglimento di parti scheletriche dei resti di organismi (vedi micropaleontologia) dando origine a rocce
biochimiche (radiolariti, diatomiti, selci stratificate, calcari biochimici come il chalk). Particolari rocce
biochimiche sono il ferro delle paludi formato da batteri e le fosforiti costituite da fosfato di calcio ed
intercalate a calcari come le selci stratificate quarzose. Infine si hanno le rocce miste che derivano da un
miscuglio tra calcare e argilla (calcari marnosi, marne, marne calcaree), o calcare e sabbie (calcareniti), o
infine tra calcare e limo (micriti con grani tra 1/16 a 1/256 mm).
Dopo il deposito si ha la litificazione del sedimento (congiuntamente alla formazione delle catene montuose)
o diagenesi che avviene tramite diversi processi: per riduzione di porosita' a causa del costipamento dei
sedimenti, cementazione dei frammenti, autigenesi (formazione in posto di nuovi minerali come l'illite e
glauconite), ricristallizazione, soluzione intrastrato (stiloliti) e infine per metasomatosi (scambio di ioni). Al
passaggio tra litogenesi sedimentaria e il metamorfismo il valore della porosita' della roccia (volume dei
vuoti nella roccia) si riduce notevolmente e non si parla piu' di pelite ma di argillite fissile, con la
trasformazione dell'illite in muscovite.
Nel ciclo delle rocce intervengono: la litosfera (minerali, rocce), la idrosfera (mare, acque interne, fiumi e
nevi perenni), l’atmosfera (clima e fenomeni meteorologici) e biosfera (vegetazione e fauna soprattutto
micro-organismi).
Depositi e ambienti sedimentari. Questi si dividono per lo più in continentali e marini:
- Acque continentali: nei fiumi principalmente depositi clastici di sabbie e argille (le prime nei periodi di
piena mentre le seconde nei periodi di calma). Nella zona della piana alluvionale si hanno depositi chiamati
alluvioni. Con il termine facies a molassa fluviolacustre si considerano depositi non marini del tardo
Miocene costituiti da depositi terrigeni di sabbie, conglomerati, marne lacustri, argille, ligniti e tufiti (molto
cedevoli su cui é difficile eseguire scavi). Nelle zone desertiche si hanno depositi chimici (laghi soprattutto).
-Acque marine: depositi clastici non lontano dalla costa ovvero ghiaie (conglomerati) e sabbie (arenarie) o
ancora depositi biochimici per resti calcarei (le maggior delle rocce calcaree attuali). L'ambiente di
deposizione dei calcari puo'essere di 3 tipi: litorale di spiaggia (deposizione di cemento carbonatico detto
sparite, ooliti, sabbie scheletriche), di scogliera (bancate di fanghi lagunari e accumuli di sabbie di scogliera,
scheletri e ooliti) e piattaforma. L'ambiente di piattaforma continentale puo' essere a sua volta di diversi tipi.
La piattaforma continentale legata alla variazione di marea o a mari epicontinentali poco profondi presenta
calcari detti grainstone e mudstone in cui si sono sviluppati i maggiori condotti carsici.
La zona profonda, presenta carbonati pelagici (rocce biochimiche) a grana fine con noduli e presenza di
ossidi di manganese e fosfati o noduli di selce.
Depositi clastici profondi sono quelli torbiditici. Infatti frane sottomarine lungo la scarpata continentale
formano torbide che poi sedimentano in acque profonde.
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Sequenza di Bouma verticale completa tipica della zona centrale di una torbidite. Nelle parti piu' prossimali
(di mare meno profondo) si hanno silicoclasti piu sabbiosi e grossolani mentre in quelle piu' distali si hanno
depositi piu'fini, in altre parole nelle serie geologiche attuali per tali condizioni non si ha la sequenza
completa. Con il termine di torbidite carbonatica s'intende una torbidite o ''flysh'' con matrice carbonatica
invece che argillosa.
- pendio: depositi eterogenei al piede.
- vento: costituiti da sabbie e silt. Durante le fasi interglaciali del Quaternario, i materiali fini come il silt
sono stati messi di nuovo in movimento dal vento e deposti come collinette allungate.Tale materiale
giallastro-rossastro si trova con spessori di diversi metri, talvolta stratificato, a cui e' stato dato il nome di
''loess''. Le intercalazioni rossastre rappresentano le fasi interglaciali piu' calde.
- ghiaccio: il ritiro del ghiaccio forma depositi definiti morenici che sono eterogenei.
- vulcani: esplosioni acide formano in seguito depositi piroclastici sciolti come i blocchi (grani > 64 mm), i
lapilli (64 mm-2mm), le ceneri (2mm-62 micron ) e le ceneri fini (< 62 micron). I lapilli, le ceneri e le
pomici cementate formano le rocce piroclastiche chiamate tufi mentre generalmente alle ceneri fini di
ambiente lacustre si da' il nome di tufiti.
Il tempo geologico e le rocce sedimentarie. Il tempo geologico é un importante concetto dato che la Terra
ha piu di 4 miliardi di anni secondo la letteratura scientifica attuale, ma comunque le rocce piu frequenti
incontrate, per scopi ingegneristici hanno tra 6 - 570 milioni di anni (Miocene-Cambriano Inferiore). Queste
rocce hanno subito piu o meno varie deformazioni e sono state esposte in superficie per fenomeni di
erosione. Di conseguenza le forme del rilievo attuale hanno pochi milioni di anni, mentre le forme antiche
del paesaggio sono state distrutte. Le rocce sedimentarie presentano livelli ben definiti detti strati. Lo strato
definisce l'unita' stratigrafica elementare e il corpo sedimentario elementare. La stratificazione può
presentarsi: piana (paleomorfologia pianeggiante), ondulata (crescita di biocostruttori di scogliera
carbonatica come coralli, briozoi), inclinata (depositi di fronte deltizia), incrociata (depositi di spiaggia e
dune eoliche). La disposizione geometrica di dimensioni uguali o inferiori allo strato definiscono le strutture
sedimentarie. Sono tipiche strutture trattive :
- current bedding : lamine derivate da correnti unidirezionali (stratificazione incrociata per migrazione e
sovrapposizione di ripples o dune );
- dune bedding: strutture a festoni derivate per erosione e successivo riempimento di canali;
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- grading bedding : strutture gradate per decantazione (gradazione con materiale piu grosso alla base e piu'
fine in alto, tipico delle arenarie torbiditiche).
Altre strutture:
- thin bedding : stratificazione sottile;
- massive bedding: stratificazione a bancate;
- cyclic bedding: stratificazione ciclica di carbone-arenaria-argillite-calcare. Anche le torbiditi (flysh)
presentano un cycling bedding ad arenarie grosse-fini-peliti o calcari-marne-argilliti.
Arenaria a stratificazione incrociata a sinistra (current bedding). Alternanza di strati di arenaria e argillite
a destra (flysh nummulitico - cycling bedding). Foto M.Gidon.
Con il termine tessitura si riferisce alla disposizione dei grani e alle loro relazioni reciproche.
La tessitura a impacchettamento cubico dei granuli presenta una porosità' (volume dei vuoti tra i granuli) del
46% mentre quella romboedrica una porosità' del 26%. La prima fornisce il miglior acquifero (tanti vuoti tra
i grani) mentre la seconda una buona roccia di fondazione (pochi vuoti tra i grani). Le rocce sedimentarie
affioranti oggi non sono in relazione con l’ambiente attuale. Quindi si possono trovare paleosuoli tropicali in
zone non tropicali o calcari organogeni di barriera corallina alle nostre latitudini. Il più paradossale caso è il
Monte Everest costituito da sedimenti di mare profondo esistente 300 milioni di anni fa.
Era
Periodo
Quaternaria
Cenozoica Neogene
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Epoca
Olocene
Pleistocene
Pliocene
Miocene
Milioni di anni fa
0,01
1,64
3,4
6,7
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Paleogene
Mesozoica
Cretaceo
Giurassico
Triassico
Paleozoica Permiano
Carbonifero
Devoniano
Siluriano
Ordoviciano
Cambriano
Precambriana
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Oligocene
Eocene
Paleocene
Superiore
Inferiore
Malm
Dogger
Lias
Superiore
Medio
Inferiore
Superiore
Medio
Inferiore
Pennsilvaniano
Mississipiano
Superiore
Medio
Inferiore
Superiore
Inferiore
Superiore
Medio
Inferiore
Superiore
Medio
Inferiore
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29,3
38,6
60,5
71
132
150
164
189
228
234
251
260
270
299
318
359
385
397
416
422
433
462
471
488
501
514
570
570 - 4600
I tipici ambienti del passato sono rintracciabili nei :
- carboni: nell’attuale vegetazione terrestre le angiosperme e le gimnosperme rappresentano una frazione
molto più numerosa delle pteridofite (felci, equiseti, licopodi). Durante il Carbonifero invece le pteridofite
erano le piante più abbondanti. Esse hanno dato il maggior contributo alla formazione del carbone in un
ambiente paludoso;
- flysh: serie sedimentaria diffusa nelle regioni alpine (cosi chiamata dai minatori svizzeri) che comprende
una successione torbiditica (a prevalente composizione calcarea di periodo Giurassico-Cretaceo) che si ripete
ciclicamente e si sviluppa verticalmente anche per centinaia di metri, con microfossili che denotano dei
sedimenti originari marini profondi o meglio depositi trascinati da correnti di torbida formatesi per
smottamenti sottomarini a causa di terremoti lungo il talus continentale. Negli appennini il flysh é a
prevalente composizione arenaceo –marnosa di eta terziaria;
- scisti di Posidonia: sono di colore scuro a causa della presenza di pirite e bitume e sono depositi
sedimentari originari di mare poco profondo. Il Posidonia bromni del Lias é il fossile guida di questi
sedimenti ed é un piccolo bivalve;
- calcari di scogliera del Dachstein: tali calcari costituiscono le Alpi calcaree meridionali (Dolomiti) e studi
sui microfossili hanno evidenziato: spugne e alghe calcaree ovvero i costruttori delle attuali barriere coralline
in acque poco profonde. La potenza di tali calcari del Lias nelle Api austriache può essere solo spiegata con
un abbassamento del fondo marino;
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- i calcari di Niobrara: la parte centrale del continente nordamericano, era un tempo ricoperto da sterminate
praterie che sono state trasformate in terreni agrari. Queste praterie si formarono per la prima volta nel
Terziario e nel sottosuolo si rinvengono sottili strati terziari continentali. Tuttavia nel Cretaceo larga parte di
queste pianure era ricoperta da mare. Tra i depositi più tipici di questo mare epicontinentale sono i calcari di
Niobrara, che sono calcari di origine litoranea;
- la molassa di Oeningen: tipici sedimenti non marini del tardo Miocene formati da una successione di sabbie
consolidate, conglomerati, marne lacustri, tufi (ceneri vulcaniche più o meno consolidate) e tufiti ( tufi
alterati e sedimentati sott’acqua). Ricostruendo l’ambiente del tempo si ha un paesaggio lacustre e fluviale
con numerosi stagni e paludi;
- ambra Terziaria: l’ambra é un essudato resinoso di un pino fossile che si trova sotto forma di noduli o
gocce soprattutto nei terreni oligocenici e particolarmente nelle sabbie glauconitiche che formano i depositi
detti ”terre blu”sulle coste baltiche. Gli ambienti ricostruiti tramite l’ambra mostrano dei boschi a pinete
miste in clima caldo;
- laghi di asfalto del Quaternario: a causa del basso peso specifico metano e petrolio tendono a salire in
superficie, cosi per alterazione dovuta agli agenti atmosferici si formò dal petrolio un laghetto di asfalto a
Rancho La Brea vicino a Los Angeles fin dal pleistocene;
- loess: tale deposito del tardo pleistocene tipico dell'Europa centrale, é un fine materiale sabbioso tra il
giallo e il grigio chiaro, poroso, non stratificato, che fu trasportato dal vento a partire da enormi aree di
inondazione e da morene e depositato alle pendici dei rilievi collinari allora privi di boschi.
Tali depositi sono ricchi in fossili e permettono di definire che: nell’era primaria o paleozoica compaiono i
crostacei, i pesci, gli anfibi mentre nel regno vegetale le conifere; nell’era secondaria compaiono i primi
mammiferi e uccelli, mentre tra le piante le angiosperme; nella terziaria la terra va raggiungendo l’attuale
configurazione con le attuali zone climatiche. Nel quaternario infine si ha una intensa glaciazione.
I fossili guida comprendono principalmente i gruppi di organismi che presentano un’evoluzione rapida in un
certo periodo geologico e che risultano nello stesso tempo comuni e ampiamente diffusi. I più importanti
sono: i trilobiti (Cambriano-Siluriano), i graptoliti (Ordoviciano - Siluriano), le ammoniti (DevonianoCarbonifero e Trias- Cretaceo), le belemniti (Giurassico - Cretaceo), i foraminiferi (Fusulinidi del Permo –
Carbonifero; Globontrucana e Orbitoline del Cretaceo, Nummuliti del Terziario), nannofossili calcarei
(Terziario), echinodermi ( Paleozoico e Terziario), rettili (Mesozoico), mammiferi (Terziario, Pleistocene).
Micropaleontologia. Ha come oggetto lo studio di singoli fossili o parti di fossili di dimensioni molto
piccole, spesso inferiori a 1-2 mm per i microfossili, e inferiori a 50 µm per i nannofossili, e richiede nella
maggior parte dei casi l’uso del microscopio ottico o elettronico. Rappresenta una branca della paleontologia,
ma costituisce ormai una disciplina autonoma per il suo ampio campo d'analisi, le tecniche specialistiche e i
numerosi aspetti applicativi delle ricerche micropaleontologiche. Proprio per le loro piccole dimensioni, i
microfossili possono essere molto abbondanti nelle rocce sedimentarie ed essere quindi più utili dei
macrofossili nelle interpretazioni biostratigrafiche e paleoambientali.
Lo studio, tassonomicamente, riguarda fossili molto differenti, con morfologia, distribuzione stratigrafica, e
cicli vitali diversi:
- Procarioti: organismi unicellulari privi di un nucleo differenziato (alghe azzurre e cianobatteri).
- Protisti: organismi unicellulari con nucleo differenziato, ovvero animali (Protozoi) o vegetali (Protofiti).
Tra i protozoi troviamo i foraminiferi, con guscio agglutinato o formato da carbonato di calcio, strutturato in
elementi successivi detti camere, ed i radiolari (nel disegno sotto una spugna) con guscio in silice amorfa,
entrambi diffusi nei sedimenti marini attuali, ottimi indicatori biostratigrafici (fossili guida ovvero vissuti in
un breve tempo in ampie zone) e paleoambientali (fossili di facies ovvero fossili che hanno vissuto per un
lunghissimo periodo in ambienti ristretti). I foraminiferi possono essere planctonici e bentonici: i primi
vivono a varie profondità lungo la colonna d’acqua trasportati dalle correnti e sono comparsi nel Giurassico
medio (Globuligerina) e si svilupparono nel Cretaceo (Globotruncana) nonché dal Paleocene ad oggi
(Globigerina), Miocene ad oggi (Orbulina) ed infine dal Pliocene ad oggi (Globorotalia). I secondi vivono
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sul fondo in funzione della granulometria del sedimento, temperatura, salinità acque, ecc.
I macroforaminiferi bentonici a guscio calcareo perforato molto importanti si svilupparono nel Cretaceo Sup.
(Orbitoides) e nell’Eocene (Nummuliti) mentre macroforaminiferi bentonici a guscio imperforato si hanno
nell’Eocene (Alveoline). Macrobentonici a guscio agglutinato arenaceo si svilupparono nel Cretaceo
(Orbitolina), ed infine foraminiferi bentonici a guscio calcareo microgranulare che popolavano mari bassi si
hanno nel Carbonifero Sup. (Fusuline) e Carbonifero Sup. – Permiano Inf. (Triticites).
Tra i protofiti sono importanti i nannofossili calcarei, alghe unicellulari di dimensioni piccolissime. La
cellula è ricoperta da piastrine circolari calcaree (coccoliti), classificate in base alla loro morfologia, che
permettono accurate suddivisioni biostratigrafiche. Le diatomee sono alghe unicellulari con guscio siliceo,
spesso con forme geometricamente regolari, diffuse in acque marine, salmastre e dolci. Sia i nannofossili che
le diatomee sono organismi fotosintetici e fanno parte del primo anello della catena alimentare.
- Metazoi: animali costituiti da più cellule e da tessuti differenziati. Sono rappresentati da briozoi, organismi
marini coloniali, con scheletro calcareo, con forme molto diversificate in relazione a profondità, correnti,
tipo di fondale e da ostracodi piccoli artropodi, (100 µm-3mm), diffusi in acque marine, salmastre e dolci,
con esoscheletro mineralizzato (carapace) costituito da due valve. Gli Pteropodi sono Gasteropodi con
conchiglia aragonitica, adattati alla vita planctonica.
Il ciclo del carbonio. Questo é legato al ciclo delle rocce, all’alterazione e deposizione della calcite e alla
formazione dei combustibili fossili. L’anidride carbonica presente nell’atmosfera si solubilizza nell’acqua
piovana a pressione atmosferica con formazione dell’acido carbonico, prima definito acqua acidula:
CO2 + H2O  H2CO3
L'acido carbonico si dissocia in ioni solvatati idrogeno e bicarbonato:
H2CO3 + H2O  H3O+ + HCO3Una piccola quantità di HCO3- subisce una seconda dissociazione per formare uno ione idrogeno e uno ione
carbonato:HCO3- + H2O  H3O+ + CO3-Gli ioni idrogeno e bicarbonato, che derivano dalla dissociazione dell'acido carbonico, alterano i carbonati
(calcite) e i minerali silicatici (tipico l’ortoclasio).
CaCO3 + H3O+ + HCO3-  Ca++ + 2 HCO3- + H2O
2 KAlSi3O8 + H3O+ + HCO3-  Al2Si2O5 (OH)4 + 4 SiO2 + 2 K+ + CO3-feldspato potassico
caolinite
Gli ioni calcio e bicarbonato (formati dalla dissoluzione dei carbonati), gli ioni potassio e la silice (prodotti
dall'alterazione dei silicati) diventano parte del carico disciolto nelle acque superficiali e possono muoversi
verso l'oceano. La precipitazione (o sedimentazione) del carbonato di calcio avviene soprattutto negli oceani
ed è dovuta alla combinazione di ioni calcio e bicarbonato liberati durante i processi di alterazione:
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Ca++ + 2 HCO3-  CaCO3 + H2O + CO2
Il calcio precipita circa con la stessa velocità con la quale viene portato dai fiumi negli oceani: perciò la sua
concentrazione in soluzione negli oceani non cambia. La deposizione del carbonato di calcio può essere
diretta (deposizione chimica dei carbonati) oppure mediata da organismi (deposizione biochimica dei
carbonati). Con il passare dei millenni i sedimenti calcarei vengono trasportati ai margini dei continenti dove
scorrono al di sotto delle masse continentali, sprofondando all'interno della crosta terrestre. I sedimenti,
mano a mano che scendono in profondità, sono soggetti a condizioni di temperatura e pressione crescenti
(metamorfismo) e il carbonato reagisce con la silice per riformare rocce silicatiche :
CaCO3 (calcite) + SiO2  CaSiO3 (wollastonite) + CO2.
Infine la CO2 ritorna nell’atmosfera liberata dalle eruzioni vulcaniche. Oltre a questo ciclo il carbonio ne ha
un altro parallelo: la fotosintesi fissa il carbonio nelle piante e accumula energia solare sotto forma di
carboidrati; i processi di respirazione e decomposizione invece dissipano l’energia. Una piccola quantità di
materia organica però si deposita in ambiente privo di ossigeno e viene sepolta sotto i sedimenti; questi
impediscono la restituzione di tutta l’energia accumulata. Nel corso dei tempi geologici questa biomassa é
sottoposta ad un ciclo molto lungo che a seconda del tempo e durata, ha prodotto i combustibili fossili:
carbonio, petrolio, kerogene.
La formazione del carbone, per la maggior parte, é iniziata in vaste paludi primordiali, dove la parziale
decomposizione di alberi e altre piante morte ha prodotto spessi letti di sostanza organica concentrata,
protetta dall'ossidazione, dall'acqua e dal rapido seppellimento. Il materiale si è trasformato dapprima in
torba, una massa scura e porosa di sostanza organica in cui è ancora possibile riconoscere le varie parti delle
piante. Con il procedere del seppellimento e del ciclo di reazioni chimiche, la torba si è trasformata in lignite,
un materiale molto tenero. Un seppellimento profondo e prolungato e temperature elevate hanno provocato la
trasformazione della lignite in carbone bituminoso e in condizioni più spinte, in antracite e litantrace.
Nelle reazioni chimiche responsabili di queste trasformazioni vengono liberati composti gassosi contenenti
carbonio, idrogeno, ossigeno, ma contemporaneamente il carbone si arricchisce indirettamente in carbonio.
Datazione con il carbonio. I fossili non offrono datazioni assolute ma ne permettono una datazione relativa
ovvero ci diranno se lo strato é dell’Eocene o Miocene ma non ci dicono quanti milioni di anni sono passati.
Le datazioni assolute si eseguono con elementi radioattivi come i due isotopi dell’Uranio con peso atomico
238 e 235. Quelli medianti i radioisotopi si sono sviluppati in seguito é tipico é quello del potassio – argo.
La vita media del potassio radioattivo (40K) é utile per datare sequenze cronologiche del Terziario, in cui il
metodo dell’Uranio non permette sottili distinzioni. I materiali di partenza sono la biotite, la glauconite, la
muscovite, l’orneblenda, minerali che si comportano tra loro in maniera diversa rigurado alla perdita di argo
alle alte temperature, per cui si utilizza quando l’evento geologico non é associato a un aumento di
temperatura (in caso contrario si può determinare solo il più recente evento geologico). Il più preciso é il
metodo del radiocarbonio che utilizza 14 C con vita media di 5730 anni, per cui questo metodo di datazione
é applicabile sono negli ultimi 50 000 anni e quindi utilizzato molto in Archeologia.
Elemento progenitore
Tempo di dimezzamento (in anni)
Elemento figlio
Carbonio-14
5730
Azoto-14
Uranio-235
723 milioni
Piombo-207
Potassio-40
1300 milioni
Argon-40
Uranio-238
4510 milioni
Piombo-206
Torio-232
13900 milioni
Piombo-208
Ovvero se la quantità di 14 C é 100% al tempo zero (co) dopo 5730 anni la quantità di 14 C e azoto-14 sarà
uguale e pari al 50%. La formula si scive : t = - τ ln (co / c) ; infatti τ = 5730 / ln 2, ed essendo
co /c = 100 /50 = 2 si ricava t = τ = 5730 anni.
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Giacitura delle rocce ignee e metamorfiche. Le rocce vulcaniche basaltiche spesso si ritrovano in bancate a
costituire dei plateaux mentre le masse granitiche si ritrovano in grandi ammassi definiti batoliti (che
affiorano dopo una lunga erosione). Altre rocce a grana mineralogica intermedia tra le vulcaniche e
plutoniche sono definite ipoabissali. Queste formano laccoliti come colline cupuliformi, oppure se riempiono
fessure sono definite filoniane e formano sill (filoni paralleli agli strati sedimentari) e dicchi (se tagliano gli
strati). Mega-sill prendono il nome di lopoliti e' sono per lo piu' di natura gabbrica-dioritica.
Con pegmatiti si designano filoni con grossi cristalli e minerali come apatite, cordierite, tormalina e
muscovite. Per rapidissimo raffreddamento si hanno sostanze non cristalline con gli atomi distribuiti in
maniera disordinata come: vetro vulcanico, pomici, scorie e ossidiana. Le pomici sono di colore chiaro e
molto bollose a causa della degassazione mentre le scorie sono povere di bolle. Il nome porfido infine è stato
assegnato a rocce paleovulcaniche (quello detto ''quarzifero'' e' una riolite mentre quello chiamato ''verde
antico'' e' in pratica una andesite). Le lave viscose che non riescono a liberare i gas possono dar vita a
protusioni solide come cupole di ingorgo (neck) o cupole di vario tipo (piramide, obelisco, ecc.)
Le rocce metamorfiche si dispongono in genere in fasce strette e allungate (tipici sono i greenstones belts
precambriani costituiti da scisti verdi, gneiss, anfiboliti che si ritrovano su penepiani ovvero su zone
pianeggianti spianate dall’erosione). In alcuni casi si é potuto stabilire il diverso grado metamorfico di ogni
fascia in rocce paleozoiche tramite minerali- indice come nelle Highlands scozzesi (serie di Barrow:
clorite biotite granato staurolite cianite sillimanite, definita serie di alta pressione) o nelle Sierra
Andalusa (serie di Buchan: biotite  andalusite  cordierite  sillimanite, detta serie di bassa pressione).
La fascia a più alto grado metamorfico con presenza di sillimanite si trova a contatto con graniti a
giustificare quanto detto a proposito del ciclo delle rocce. Per definire i possibili tipi di metamorfismo
termico (azione prevalente della temperatura), di profondità (azione prevalente della pressione), o regionale
(azione concomitante della pressione e temperatura come nelle fasce allungate metamorfiche legate alla
formazione delle catene montuose) si può riferirsi alle facies metamorfiche ovvero a determinati campi
termodinamici di formazione delle rocce metamorfiche indipendentemente dal chimismo originario. Al di
sopra di 5 km si sviluppa il metamorfismo di contatto causato dalla vicinanza di un plutone igneo in via di
raffreddamento.
Per profondità' maggiori di 20 Km e basse temperature invece si ha un metamorfismo detto di profondita' e le
rocce corrispondenti vengono definite ''scisti blu'' per la presenza di minerali verde-blu di alta pressione
come il glaucofane.
I scisti blu si trovano associate con altre rocce metamorfiche dal verde al rosso spesso variamente screziato
con struttura granulare da grossa a fine molto dure, dette “eclogiti ofiolitiche”ed hanno una associazione
mineralogica a pirosseno sodico-granato. Altre eclogiti sono quelle chiamate “eclogiti comuni” e si ritrovano
nelle zone cratoniche (zone a tavolati-penepiani senza alcuna attivita' sismica su cui affiorano rocce
precambriane) ed hanno un minerale raro in natura “la coesite (polimorfo di alta P e T del quarzo) “
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Nel metamorfismo si hanno reazioni tra minerali che ne formano di nuovi (es: quarzo + dolomite =
pirosseno) o reazioni tra minerali per apporti di fluidi esterni tipici del metasomatismo (es: pirosseno + CO 2
= dolomite + quarzo) o infine cambiamenti di forma per polimorfismo (andalusite = cianite = sillimanite).
Le reazioni che si sviluppano per aumento della temperatura sono generalmente in senso progrado con
perdita di acqua cristallina (es: argilla = andalusite + quarzo + H 2O). Invece con il termine
retrometamorfismo (tipica reazione: albite + epidoto = plagioclasio) si indica che le reazioni possono
avvenire anche nel senso inverso o retrogrado, ed un caso tipico e' rappresentato nelle rocce alpine (derivate
da peridotiti) massicce di colore verde chiamate ''prasiniti''. In queste rocce, associati ai minerali tipici della
facies eclogitica (pirosseno sodico, granato), ci sono anche minerali della facies scisti verdi (actinoto, albite
ed epidoto). Altre forme di retrometamorfismo si ritrovano in basamenti cristallini (metamorfiti con rocce
granitoidi di eta' paleozoica o più antica).
Facies Metamorfiche (Eskola)
300
400
500
600
5km Zeolite
Hornfels
20
Green
Amphibolite
Schist
Blue
30 Schist
Eclogite
700 °C
Granulite
Minerali epizonali o di bassa pressione e bassa temperatura (actinoto, clorite, muscovite, epidoto) sono tipici
della facies scisti verdi; minerali mesozonali o di media pressione e media temperatura (orneblenda, cianite,
staurolite) sono tipici della facies anfibolitica; minerali catazonali di alta pressione e alta temperatura
(sillimanite, plagioclasio e pirosseno calcico) sono tipici della facies granulitica. In natura si hanno anche
minerali indice di alta pressione e bassa temperatura come lawsonite, glaucofane e giadeite che definiscono
la facies a scisti blu. L’associazione pirosseno sodico-granato é nella facies eclocitica di elevata pressione e
con un range di temperatura ampio; nella facies eclogitica per elevate temperatura si ha la coesite (al di sotto
della facies granulitica). Minerali infine come wollastonite, diopside, vesuvianite ovvero silicati contenenti
calcio sono tipici della facies hornfels ( hornfels calcosilicatici derivati per cottura di calcari con un plutone
in via di raffreddamento). Il termine inglese hornfels in Italia é stato tradotto “cornubianiti”.
Durante il metamorfismo regionale possono crearsi delle superfici parallele tra loro oppure allineamenti di
minerali allungati. Nel primo caso si parla di clivaggio, scistosita e foliazione mentre nel secondo di
lineazione. Con il termine slaty cleavage o clivaggio ardesiaco s'intende l' isorientazione di minerali tabulari
(clorite, sericite, muscovite) che provoca la sfaldatura in lastre sottili della roccia. Tale clivaggio e' anche
detto ''continuo'' da distinguerlo da uno meno penetrativo detto ''spaziato'' per materiale piu' fragile. Lo slaty
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cleavage si sviluppa in genere per grani minerali < 0,5 mm e basso grado (temperatura) metamorfico.
Per aumento del grado metamorfico con conseguente aumento della grana mineralogica tra 1 a 10 mm si
sviluppa l' iso-orientazione delle miche (ad es. nelle rocce dette ''filladi'' di colore argenteo lucente) o degli
anfiboli aciculari (es. negli scisti verdi) ovvero si forma la scistosita'. Quando i minerali diventano superiori
a 2 mm e presentano bande alternate di minerali chiari e scuri, si parla di foliazione gneissica ed e' tipica
nelle rocce chiamate: gneiss.
Gli augen gneiss detti anche occhiadini (ovvero con grossi cristalli chiari a forma di occhio) si possono
formare anche per metamorfismo detto ''cataclastico'' legato a zone di taglio lungo faglie regionali. Rocce
tipiche di elevato metamorfismo cataclastico sono chiamate ''miloniti'' e si presentano completamente
ricristallizate a grana fine di colore nerastro.
Clivaggio spaziato in una calcare antico
Clivaggio ardesiaco penetrativo in un argilloscisto
Scistosita in un scisto
Gneiss a bande (foliazione) con forme a boudinage
(salsiccia) per taglio duttile. Dicco bianco granitoide.
La lineazione infine può' essere mineralogica (stiramento o allineamento minerali aciculari) o per
intersezione tra stratificazione sedimentaria e clivaggio-scistosita o ancora per micropiegamento.
Diversi tipi di lineazioni
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Alterazione per grado metamorfico molto basso. In genere avviene in presenza d’acqua a molto bassa
temperatura e pressione. Tale fenomeno è evidenziato da colori verde o giallo e le principali alterazioni sono:
- cloritizzazione: minerali mafici come biotite che si trasformano in debole clorite;
- serpentinizzazione: trasformzione dell’olivina (peridotiti) in serpentino (serpentiniti);
- caolinizzazione: alterazione di feldspati in caolinite;
- sericitizzazione: alterazione di feldspati in sericite (simile muscovite);
- limonitizzazione: minerali di ferro che si trasformano in limonite.
I nuovi minerali sono piu idratati e deboli e quindi la roccia alterata è piu debole della roccia madre non
alterata. L’acqua può essere: pioggia che si infiltra in profondità o idrotermale calda che risale (zone
vulcaniche). Il metasomatismo invece involve scambi di sostanze con l’ambiente circostante, con la roccia
che rimane allo stato solido. Cosi durante la diagenesi la calcite puo trasformarsi in dolomite per apporti di
magnesio (acque magnesiache) e trasformare i calcari in dolomie, oppure i pirosseni calcici si trasformano in
dolomite per apporto di anidride carbonica. Gli skarn sono le piu tipiche rocce metasomatiche ricche in
silicati di calcio e magnesio con depositi di minerali utili di solfuri di rame, formatisi al contatto tra graniti e
calcari puri. Tra gabbri e peridotiti in via di serpentinizzazione, si formano le rondingiti metasomatiche
ricche in calcite.
Strutture petrografiche. Indica la relazione tra i grani minerali ma molti petrografi parlano indistintamente
di struttura e tessitura mentre altri parlano di struttura per indicare la tessitura e viceversa. Qui parliamo di
struttura mineralogica o microtessitura e nelle rocce ignee dipende dalle dimensione dei grani e dal grado di
cristallinità e si parla di: struttura granulare (euedrale o idiomorfo con cristalli ben formati, anedrale o
allotromorfio con cristalli senza una forma propria), struttura vetrosa, struttura porfirica (grossi cristalli detti
fenocristalli in una massa vetrosa tipica delle lave). Nelle rocce metamorfiche si parla di struttura scistosa
(isorientazione di anfiboli e miche), foliata (detta anche gneissica), ardesiaca (tipiche delle ardesie che si
rompono in lastre), saccaroide (microtessitura a mosaico) tipica dei marmi, cataclastica (costituiti da grani
fratturati), milonitica (oltre ad essere i grani frammentati sono disposti anche su bande parallele). Le strutture
sedimentarie invece come visto fanno riferimento alle disposizioni geometriche a scala dell’affioramento e
permettono di risalire all’ambiente di formazione.
Strutture tettoniche. Dopo importanti fenomeni legati alla formazione delle catene montuose, che abbiano
dislocato gli strati delle rocce sedimentarie (che costituiscono la maggior parte degli affioramenti
superficiali), perché' si depongano nuovi strati secondo il ciclo delle rocce si deve avere una erosione e
quindi una sedimentazione. Questo porta ad una discordanza stratigrafica ovvero ad una lacuna in termini di
'' tempo geologico''. La sovrapposizione di strati quasi orizzontali, che iniziano con un conglomerato detto
basale, su quelli sottostanti inclinati definiscono una discordanza detta angolare. Per strati sopra e sotto
paralleli si parla di discordanza semplice ed e' imputabile:
- assenza di sedimentazione (rilevabile tramite contenuto in fossili);
- breve emersione ed erosione, quindi nuova trasgressione marina (mare ricopre la terraferma precedente)
con ripresa della sedimentazione.
Una lacuna nella sedimentazione e' possibile rilevarla anche tramite paleosuoli. In particolare i ''siderolitici''
sono antiche terre rosse su calcari, che attualmente si ritrovano intercalati nelle serie geologiche come
piccole tasche di concentrazione di ossidi di ferro.
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Siccar Point- Strati verticali del Siluriano ribaltati e disposti verticalmente (orogenesi Caledoniana), quindi
l’erosione di tale catena ha permesso in seguito la sedimentazione con deposizione al di sopra, in
discordanza angolare, di strati del Carbonifero.
Oltre alla discordanza semplice ed angolare si ha anche una non-conformità costituita da una serie
sedimentaria indisturbata che taglia rocce ignee e metamorfiche. Il ciclo orogenetico e' una suddivisione
superiore del ciclo sedimentario, dato che puo' contenere piu' cicli sedimentari e la presenza di una
discordanza. Cosi' il bacino di Parigi presenta numerose trasgressioni e regressioni marine, ma appartiene a
un solo ciclo orogenetico, quello alpino, dato che esiste una sola discordanza che separa i sottostanti terreni
paleozoici. Negli ultimi 570 milioni di anni, si sono avute tre orogenesi o formazioni di catene montuose a
livello planetario: caledoniana (420 milioni di anni fa di cui fanno parte Appalacchi USA, Isole Svalbard,
Inghilterra centro-settentrionale, Alpi scandinave), ercinica (280 milioni di anni fa di cui fanno parte i Monti
della Cornovaglia,Vosgi, Selva Nera, Urali, Sierra Morena, Massiccio Boemo), alpina (30 milioni di anni fa,
cui fanno parte le Alpi, Carpazi, Zagros, Himalaya). Le date fanno riferimento alle deformazioni principali
(ovvero alle dislocazioni e ribaltamenti subiti a grande scala), mentre evidentemente i sedimenti originari
(prima che fossero divenute rocce deformate), possono essere più antichi delle date citate ed è per questo che
si parla di ciclo orogenetico. Dopo, la verifica di minerali e rocce presenti in sito, aiutandosi con concetto che
il terreno giovane si depone sul vecchio (principio di sovrapposizione stratigrafica), bisogna quindi verificare
le strutture geologiche che definiscono i paesaggi collinari e montagnosi come le pieghe e le faglie.
Pieghe. Con il termine anticlinale (opposto di sinclinale) si intendono strati piegati con strati antichi al
nucleo. Nel caso piu' semplice ovvero di piega diritta, una anticlinale e' un antiforme (opposto di sinforme)
ovvero presenta la curvatura in alto. Qualora la piega e' coricata (il piano assiale e' quasi orizzontale) si
hanno gli strati piu' antichi nel nucleo di una sinforme.
Sinclinale e sinforme
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La terminologia di una piega prevede: fianchi, cerniera (unisce i punti di massima curvatura sullo stesso
strato) piano assiale (superficie immaginaria che contiene tutte le linee di cerniera). In funzione della piu o
meno inclinazione del piano assiale si parla di: piega diritta (symmetrical), inclinata (overfold), rovesciata
(recumbent fold) coricata; una particolare piega coricata e la falda di ricoprimento (nappe) costituita da una
piega coricata più una faglia inversa che provoca un grande movimento dislocativo degli strati.
Le pieghe possono essere anche classificate dall’angolo tra i fianchi o dalla curvatura.
Infine le pieghe fatte dagli strati piegati possono essere classificate in: pieghe cilindriche parallele
(concentriche, kink), pieghe cilindriche simili. In una piega cilindrica la superficie piegata può essere
tracciata da una linea che si muove nello spazio parallelamente a se stessa. Le pieghe concentriche e kink
mantengono lo spessore degli strati, mentre nelle simili gli spessori sono maggiori in cerniera e si ripetono
all’infinito. I livelli competenti formano pieghe in genere concentriche con formazione di un clivaggio di
frattura. Gli interposti livelli incompetenti (ad esempio argilliti fissili) si piegano invece disarmonicamente
andando a strizzarsi nel nucleo. La forma delle pieghe minori disarmoniche, associate ad un piegamento a
grande scala, permette di evidenziare la posizione del piano assiale principale.
Se queste presentano una forma a Z il piano assiale principale resta al di sotto ovvero se la forma e' S il piano
assiale e' al di sopra. Per zone su crinali, questo vuol dire che il piano assiale e' in aria come nell'esempio
della piega sinforme. Qualora e' presente la piega nel suo insieme e si rilevano delle pieghe minori a forma di
M, vuol dire che ci troviamo nel nucleo ed e' quindi possibile valutare l'inclinazione del piano assiale.
Generalmente la scistosità e foliazione sono parallele al piano assiale delle pieghe.
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Esempi di foliazione: andando da sinistra verso destra:
allineamento minerali argillosi; per allungamento di minerali originariamente tondi; soluzioni che rimuovono
il materiale in direzione di minima resistenza; crescita di cristalli in direzione di minima resistenza.
Le faglie. Una compressione provoca le pieghe o anche faglie dette inverse (reverse fault). Al contrario, una
distensione di ampie parti della crosta provoca delle faglie dette normali (normal fault). Ambedue presentano
un movimento principalmente verticale mentre quando questo è nullo ed il movimento è solo orizzontale si
ha la faglia trascorrente (San Andreas).
Parlando di una faglia si deve considerare: la giacitura del piano di faglia e lo spostamento o rigetto.
La giacitura é definita dalla: direzione (angolo calcolato tra la linea di direzione e il nord in senso orario)
immersione (definendo il piano di faglia dove immerge: est, ovest, sud, nord ), inclinazione (angolo tra il
piano di faglia e l’orizzontale). Si può anche considerare secondo il metodo tedesco solo due angoli: angolo
di strike = angolo formato tra il nord e la direzione dell’immersione che é perpendicolare alla precedente
direzione (si calcola in senso antiorario), e l’angolo di dip = angolo di inclinazione dell’immersione.
Le faglie creano zone di fratturazione e quindi zone deboli e meno stabili nell’ammasso roccioso (roccia +
fessure), di conseguenza la capacita portante di fondazioni o la stabilita di un versante o ancora l’integrità
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della calotta (tetto) di una galleria sono inferiori rispetto alla roccia sana compatta. Vecchie faglie non più
attive, ovvero che non provocano più movimenti, formano le scarpate e linee di faglia. Una ''scarpata di linea
di faglia'' e' il prodotto dell'erosione differenziale sui due lati, quindi c' e' bisogno di un forte contrasto di
erodibilità delle rocce separate dalla faglia (esempio: calcari con argilliti).
Una famiglia di faglie subverticali mostra “faccette triangolari inverse” come nella foto seguente.
Foto R. Malaroda- Neotettonica e
glacialismo.
Una famiglia di faglie dirette inclinate forma invece montagne a blocchi, ovvero “horst” o pilastri tettonici e
“graben” dette anche fosse tettoniche.
Quando le faglie si incurvano in profondita a causa del materiale piu duttile (aumento di temperatura) si parla
di faglie listriche.
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Alcune volte non e' facile sapere il movimento relativo come e' avvenuto, ed allora si ricercano sul piano di
faglia: le strie di frizione (slinkensides o striations) e la direzione delle asperità formate da calcite secondaria
di riempimento di fessure formatesi per il movimento.
strie di frizione
A sinistra microstrutture legate a piani di faglia: sty= giunti stilotitici; ft = fessure di tensione spesso
riempite da calcite; cf = “couchon'' di faglia ovvero curvatura degli strati a contatto con la faglia. Nel
piano di faglia F sono disegnate le strie definite sopra, mentre fp = faglia potenziale. A destra il campo
termodinamico delle rocce formatesi per movimenti di faglie (metamorfismo dinamico): milonite
metamorfica, cataclasite ovvero non ancora tutta modificata ma coesiva, breccia di frizione superficiale
granulare.
Legate alle faglie spesso ci sono le brecce di frizione (ingl. breccia gouge, ovvero del materiale eterogeneo
granulometricamente (da ghiaia ad argilla) che denotano il piano di faglia e tale zona puo avere uno spessore
da 1 a 100 m, con sede di circolazione d’acqua. Con “fault drag ingl. o couchon in franc.” si parla di
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piegamenti vicino alla faglia. Il fluido residuo acquoso detto idrotermale, della consolidazione di un magma,
deposita per lo più quarzo e calcite nelle fratture. Quindi le faglie possono essere anche sedi di vene
idrotermali di minerali utili (ossidi, solfuri).
Fessurazioni. Una roccia massiva pensata piegata come una trave inflessa, presenta fessure di trazione a V
in alto e compressione a V rovesciata in basso Le fessure possono avere anche altre origini (fessurazione
colonnare in lave, clivaggio ardesiaco, scistosità, ecc.). Tipiche fessure sono :
- Diaclasi
= fratture senza spostamento tra le due masse rocciose;
- Leptoclasi = fratture diaclasiche sottili perpendicolari o oblique alla stratificazione.
La densità delle fessurazioni e la lunghezza delle stesse, sono molto variabili e condizionano la resistenza
meccanica di un ammasso roccioso.
Fessure non tettoniche. Quelle che interessano di più sono le fessure di trazione a monte di un pendio, che
vengono considerate come segno premonitore di possibili movimenti franosi.
Principali strutture tettoniche regionali della Terra
Pianure costiere. Sono costituite da strutture poco disturbate dette monoclinali per flessura continentale con
una angolo di dip di 10°. L’ escarpment più a monte risulta composto da colline asimmetriche costituite da
strati inclinati di roccia dura e da vallate di rocce meno dure e più erodibili.
Le zone più elevate arenacee che proseguono sotto il livello del mare forniscono giacimenti di acqua e
petrolio.
Strati orizzontali. Nelle zone aride si hanno canyons e calanchi mentre in quelle tropicali con rocce calcaree
si hanno le tipiche geomorfologie carsiche.
Zone a domi e bacini. I domi e bacini sono in pratica ampie anticlinali e sinclinali con inclinazione degli
strati molto bassa.
Blocchi fagliati. Sono in pratica le zone a pilastri e fosse tettoniche.
Fasce metamorfiche. Sono quelle fasce allungate già viste parlando delle giaciture delle rocce metamorfiche.
Strutture complesse. Costituite da pieghe-faglie, fenomeni intrusivi e colate laviche.Nelle zone cratoniche
antiche, spianate dall’erosione, si hanno superfici pianeggianti (penepiani) che troncano tutte le strutture
complesse precedenti.
Rilevamento Geologico. Il primo passo é dato dalla fotogeologia. La distribuzione dell’energia di radiazione
solare puo essere rappresentata sia in funzione della lunghezza d’onda che dalla frequenza in un grafico noto
come spettro elettromagnetico EM. All’estremo piu energetico ci sono i raggi gamma e i raggi X, mentre la
regione visibile occupa l’intervallo tra 0,4 e 0,7 micrometri o 4000 e 7000 angstroms (dal violetto al rosso).
La regione infrarossa compresa tra 0,7 e 300 micrometri ha 4 intervalli di interesse: IR fotografico o near IR
(0,7 a 1 micrometro) IR riflesso e le bande termiche. In seguito le micro-onde hanno lunghezza d’onda dai
0,03 a 1cm. Oltre si hanno le onde radar. La quantita di radiazione EM riflessa (assorbita, trasmessa) da un
qualsiasi oggetto varia al variare della lunghezza d’onda. Questa importante proprieta della materia consente
la separazione di diverse sostanze o classi attraverso la loro curva spettrale. Ci sono due sistemi di sensori
elettromagnetici: quelli attivi e passivi. I secondi misurano l’energia radiante riflessa ed emessa da un
oggetto e tale energia ricade nella radiazione visibile (riflessa) e in quelle dell’infrarosso e micro-onde
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(emessa). I primi invece, usati nel telerilevamento, utilizzano una sorgente artificiale e operano nella zona
delle onde radio. Tra i sensori passivi la macchina fotografica che opera nel visibile é la piu familiare ed é
stata usata sugli aerei fin da prima della seconda guerra mondiale, da geografi e geologi. Normalmente il
campo di un fotogramma si sovrappone a quello del successivo lungo la rotta dell’aereo in modo che le
fotografie possono essere viste con visione stereoscopica, a causa dell’effetto tridimensionale. La fotografia
che utilizza la radiazione elettromegnetica riflessa si estende anche alla lunghezza dell’ultravioletto e
infrarosso. Specialmente i raggi riflessi nell’infrarosso vicino (IR fotografico) possono essere registrati da
fotocamere con appositi combinazioni di filtri e pellicola. Esistono ancora sensori all’infrarosso termico che
sfruttano uno specchio analizzatore in rapida rotazione (telecamera in un satellite artificiale) che devia i raggi
incidenti, a formare una serie di linee attraverso il campo di ripresa. Puo funzionare sia di notte che di
giorno. Quindi in definitiva la fotogeologia usa foto in bianco-nero (le piu usate per il rapporto efficienzacosto) a colori, all’infrarosso vicino e termico (usato per lo piu per la ricerca idrica). L’interpretazione
geologica delle foto in bianco e nero si basa su 3 fattori :
- tono: relazionato al contenuto di umidita del suolo e piante, cosi per tono scuro = argilla umida, chiaro =
sabbia secca;
- tessitura: disposizione del reticolo idrografico dendritico = formazioni argillose, lineare = arenacee
sabbiose, cosi come l’andamento di rocce stratificate e lineazioni;
- trend = particolari linee denotano limiti tra rocce o faglie.
Quindi si va in seguito in campagna per le verifiche e per eseguire il rilevamento geologico classico di
campagna. Questo non é semplice (ci vuole molta esperienza e conoscenza della geologia regionale) ma
nello stesso momento si basa su pochi concetti semplici. Questi concetti permettono di disegnare sulla carta
topografica i confini degli strati sedimentari:
Strati orizzontali. I confini (boundary) della formazione rocciosa seguono le isoipse della carta
(contour) topografica perché si trovano alla stessa quota.
Strati verticali. Ignorano le curve di livello topografiche e si presentano con una linea retta.
Strati inclinati. Si possono avere strati:
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- a reggipoggio (immersione contraria al pendio) dove i limiti attenuano le isopise;
- a franapoggio meno inclinato del pendio dove i limiti accentuano le isoipse;
- a franapoggio (stessa immersione) più inclinati del pendio dove i limiti contrastano le curve di livello.
Dalle sezioni naturali in campagna si riportano i contatti delle formazioni rocciose su carta topografica:
strati a reggipoggio (A) e franapoggio (B e C)
Immersione degli strati. Fanno variare i confini a seconda se immergono a Nord, Est, Sud, Ovest, con
un dato angolo di inclinazione.
Successione. Le rocce giovani (Young rock) affiorano nella direzione dell’immersione.
Larghezza dell’affioramento. Risulta maggiore dove la formazione rocciosa é piu spessa e
l’inclinazione più bassa.
Oltre alla giacitura degli strati é necessario riconosce le strutture geologiche come:
Discordanza. Viene riconosciuta soprattutto quella angolare quando un affioramento di roccia giovane per lo
piu orizzontale, taglia tutti gli strati più vecchi al di sotto, che sono più o meno inclinati.
Faglia. Può essere riconosciuta ora direttamente, tramite il rigetto evidente in campagna, oppure anche
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per via indiretta tramite:
- una successione di affioramenti;
- per una particolare morfologia della topografia;
- durante la costruzione della carta geologica per spiegare alcune anomalie.
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Rilevamento di faglie:1= faglia con evidente spostamento, 2 = faglia circa parallela alla
direzione degli strati, con spostamento non evidente ovvero in campagna e' stata rilevata da
elementi morfologici (es. da scarpate di linee di faglia) o tramite breccia gouge; 3-4 : faglia
presunta messa dopo la compilazione della carta per spiegare alcune anomalie trovate;
5 = in zone pianeggianti con passaggi: strato vecchio-giovane-vecchio-giovane.
Pieghe. Vengono soprattutto riconosciute dal cambiamento di immersione degli strati o a diversa
larghezza di affioramento dello stesso strato, con presenza di rocce antiche al nucleo (anticlinale)
oppure giovani (sinclinale). Le pieghe anticlinali e sinclinali non simmetriche possono presentare
fianchi rovesciati e dare origine a strutture complesse. In questo caso bisogna guardare le strutture minori
come la forma delle pieghe minori disarmoniche, l’andamento della scistosita e foliazione, le strutture
sedimentarie, nonché le bollosita dei banchi di lava, impronte fossili, ecc.
Eteropie. Passaggio laterale da una formazione rocciosa ad un altra, formatesi in differenti ambienti
sedimentari di deposizione (calcari e marne che in sezione il limite tra esse viene disegnato a zig zag)
Sovrascorrimenti. Valutare un paesaggio a sovrascorrimenti non e' facile, occorre un accurato rilievo
geologico di campagna cercando i piani di taglio e soprattutto valutare le diverse eta' delle rocce a contatto,
che hanno “due mondi geologi” completamente diversi. Un metodo e' quello di trovare strie visibili al
contatto tra le due rocce di eta' diversa (sopra piu vecchia) e quindi un clivaggio diversamente orientato nella
roccia sottostante, come nella foto che segue.
Calcare cretacico su marna eocenica (linea
blu sul calcare evidenzia la direzione del sovrascorrimento mentre la linea rossa nelle marne sottostanti, il
verso) - Alpi Francesi: Foto M.Gidon- Paysage des Alpes.
Se si esaminano una serie di terreni deposti in ugual tempo geologico, ed in sezioni lontane fra loro, si
riconoscono sovente che le facies (aspetto) delle formazioni non si mantengono costanti ma variano
lateralmente di tipo e di spessore, dato che sono il prodotto di ambienti sedimentari differenti. Quindi
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procedendo lungo una certa direzione degli strati si possono incontrare nelle rocce sedimentarie facies di
mare profondo, quindi facies di piattaforma marina, poi litorali ed infine continentali. L’estensione di una
data facies puo essere di centinaia di km in altri casi solo di pochi km o meno.
Mentre in un dato bacino si potevano deporre grossi spessori in un dato periodo, in altre parti dello stesso
bacino potevano essere minori o assenti. Inoltre nelle vicende geologiche i mari e le terre hanno variato
molte volte, percio spesso vi furono aree abbandonate dal mare (regressione marina) o aree nuovamente
sommerse dal mare (trasgressione marina).
In A, B e C serie trasgressive mentre in D regressive. Nelle prime i materiali piu fini argillosi di mare piu
fondo sono in alto nel secondo caso in basso. In A e B vi é discordanza angolare sulle rocce calcaree di base.
In C e D vi é una discordanza semplice per lacuna stratigrafica ovvero i nuovi strati per trasgressione marina
si depongono parallelamente sui vecchi. Il ritorno del mare su un territorio prima emerso
può manifestarsi, nella serie stratigrafica, anche per la mancanza di formazioni corrispondenti a quel
intervallo di tempo oppure per l’eliminazione per erosione di parti della formazione piu vecchie ed al
contatto esserci una facies eluviale (paleosuolo di alterazione). Le correlazioni viste sono dette
“litostratigrafiche”.
Le correlazioni possono essere anche ”biostratigrafiche” basate sul contenuto dei fossili.
Ricostruzione colonna stratigrafica dopo 2 itinerari in campagna e conseguente correlazione litologica.
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Il rilevamento non consente di evidenziare faglie sepolte, gli spessori delle frane, delle alluvioni e dei
terrazzi per cui si eseguono anche indagini geofisiche di superficie e sondaggi meccanici.
Sezioni geologiche. Le carte geologiche d’Italia classiche sono fogli a 1: 100000 dove sono specificati i
caratteri del substrato e dei depositi superficiali di maggiore estensione e spessore mentre vengono trascurati
la copertura detritico-colluviale ed i suoli (per cui gli spessori devono essere desunti dalle stratigrafie dei
sondaggi). I corpi rocciosi sono rilevati per formazioni ognuna delle quali presenta un colore e sigla. La
descrizione della litologia e l’eta delle varie formazioni geologiche é riportata in legenda posta ai lati della
carta. La sigla é costituita da una lettera accompagnata da 2 numeri, esempio: T 4 5 formazione di San
Giovanni Bianco, dove T indica il periodo geologico (Triassico) 4 indica l’eta (Carnico) e 5 indica il
numero delle formazioni appartenti alla stessa età ordinate dalla piu vecchia alla piu giovane. I colori invece
indicano i vari periodi; cosi le formazioni del Triassico sono rappresentate da varie tonalita del viola, quelle
del Giurassico dal blu, e il Cretaceo dal verde. La sigla delle formazioni metamorfiche é costituito
dall’iniziale del litotipo prevalente (g = gneiss, m = micascisti, f= filladi, ecc.) mentre quelle magmatiche da
una lettera greca. Per le rocce ignee il colore indica il chimismo o la litologia. In legenda le unita sono
raggruppate in ordine di deposizione ovvero le piu antiche in basso e le piu recenti in alto, rispettando il
principio di sovrapposizione secondo il quale le formazioni giovani ricoprono le antiche. Una successione
che rispetta tale principio si dice in serie normale. A questo principio si oppongono alcune eccezioni come ad
esempio le formazioni eteropiche che sono contemporanee. Al di sotto delle caselle indicanti le formazioni
sono elencati i simboli che possono essere: tettonici, geomorfologici, idrogeologici, di giacitura degli strati,
ecc.
La costruzione delle sezione geologiche prevede:
- traccia del profilo topografico sul quale vengono annotati i punti in cui esso attraversa i limiti delle varie
formazioni indicate con le relative sigle o con il nome. La scala delle altezze e distanze deve essere la stessa;
- si indicano le giaciture delle varie formazioni lungo il profilo servendosi della regola dei limiti e/o dei
simboli riportati dalla carta;
- individuazione delle eventuali discontinuita stratigrafiche e tettoniche;
- si collegano tra loro in modo logico gli affioramenti delle diverse formazioni tenendo conto della giacitura
e delle discontinuita e questa operazione va eseguita rispettando lo spessore reale delle formazioni.
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Lo sviluppo della geofisica. Il campo gravitazionale terrestre é un caso particolare dell’attrazione universale
e si può scrivere che il peso di un corpo é uguale all’attrazione della Terra sul corpo stesso, ossia, applicando
la legge di Newton : mg = G M m / R 2 quindi g = GM / R2
Con M e m la massa della Terra e del corpo, G la costante di gravitazione 6,67 * 10 -8 cgs, g la gravita ed
infine R il raggio terrestre. La gravità si esprime come noto in cm/s 2 detto anche gal e l’unita pratica in
prospezione geofisica é il milligal, o, per i geofisici americani l’unità gravimetrica u.g. (1 u.g. = 0,1 milligal).
Gli apparecchi di misura più utilizzzati sono i gravimetri che possono misurare differenze di g dell’ordine di
± 0,01 milligal. I gravimetri si basano su un principio molto semplice infatti il peso di una piccola massa é
compensato con una molla cui si misura l’allungamento. La deriva strumentale varia linearmente e si ha a
causa dell’invecchiamento della molla, e per eliminarla si ritorna periodicamente su un punto stazione preso
come riferimento. Il valore misurato (gm) con gravimetro viene poi corretto per l’altitudine h (correzione
positiva) ovvero per l’altezza h in metri tra il punto di misura e geoide e per le masse interposte (effetto
piastra) tra punto di misura e livello del mare (correzione negativa): go = g m + 0,3086 h – C Y h
Dove il valore 0,3086 é in milligal / metro, detta correzione di Faye, mentre Y la densità media delle masse
interposte (gr/cm3). Il valore C = 0,04191 (milligal /metro) (cm3/gr). Una ulteriore correzione é quella
topografica, che tiene conto dell’effetto attrattivo esercitato da masse laterali al punto di osservazione; essa
elimina l’effetto di terreno posto più in alto del punto di misura e compensa ogni depressione che possa
esistere al di sotto del suo livello. La correzione topografica risulta positiva e si ricava tramite abachi e
d’altra parte le depressioni rappresentano una correzione da apportare nell’effetto piastra per eliminare le
masse in eccesso. L’area interessata alla correzione topografica é in ogni caso limitata a 20 km di raggio per
le prospezioni regionali e a 5 - 10 km per le prospezioni più locali; nelle zone pianeggianti la correzione
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topografica può essere trascurata. Se al valore go togliamo il valore g (φ) che rappresenta il valore teorico o
normale della gravita, che varia solo in funzione della latitudine φ, si trova l’anomalia di Bouger
Δg = go – g (φ) che doverebbe essere zero se la densità delle rocce al di sotto del livello del mare variasse
allo stesso modo in ogni punto.
Il valore normale sullo sferoide vale: g (φ) = 978,049 ( 1 + 0,0053 sen2 φ - 0,0000059 sen2 2 φ) [gal]
I rilievi possono essere dettagliati o regionali. Nel primo le stazioni di misura distano di 50 - 100 m l’una
dall’altra e sono disposte in file parallele e partenti da un centro, nel secondo caso sono distanziate 1000 1500 m. In entrambi i casi si ha un reticolo con punti misura di cui alcune sono stazioni di riferimento per
correggere le variazioni periodiche e non periodiche dello strumento. Il rilievo gravimetrico deve essere
preceduto da un rilievo topografico per definire le quote esatte dei punti di misura. Il risultato finale del
rilievo gravimetrico é quella di costruire una carta dell’anomalia di Bouger che tiene conto della correzione
di piastra di Bouger che di quella in aria libera di Faye (carta che presenta linee di ugual anomalia di Bouger
positive e negative) ed é la rappresentazione grafica di tutti gli effetti complessivi delle masse delle rocce,
dagli strati sedimentari al basamento cristallino. L’andamento delle anomalie regionali profonde sono quasi
rettilinee o hanno curvatura trascurabile mentre le isoanomalie curve, con sinuosità più o meno accentuate
sono anomalie locali causate dalle variazioni di densità che si verifichino entro la coltre sedimentaria.
Gli andamenti delle anomalie di gravità attraverso zone strutturali della crosta consentono di creare modelli
della densità delle masse. Inoltre i profili costruiti come i profili topografici vengono poi confrontati con
quelli della gravità teorici calcolati per particolari forme geometriche. Infatti una massa elementare cubica
provoca un’anomalia pari a: dg = G Y z (dx dy dz) / ( x2 + y2 + z 2 ) 3/2
Mediante opportuni modelli matematici, ipotizzando un valore di densità Y e una forma geometrica si
integra (integrale di superficie) l’espressione e si verifica il profilo calcolato con quello misurato e corretto.
Le prime misure effettuate da Bouger nella metà del 1700 indicavano che avvicinandosi ad una catena
montuosa si aveva una deviazione del filo a pombo (azimut minore) rispetto alla verticale individuata con
osservazioni astronomiche lontano dalla catena. Cio fece pensare ad una presenza di masse a minor densità
nelle catene montuose. Da questo fatto fu sviluppato il concetto di “superficie di compensazione isostatica”
Per Pratt i vari prismi in cui si può pensare di scomporre l’involucro esterno della Terra hanno diverse
densità e le variazioni di densità si traducono in variazione di elevazione sulla superficie. Le condizione di
isostasia sono: Y ( h + D ) = cost ; dove h é l’elevazione sopra il livello del mare e D la profondità tra livello
mare e superficie di compensazione fissa. Per Airy invece la profondità di compensazione é variabile ovvero
più profonda quando l’elevazione é maggiore come ad esempio per le montagne e minore sotto gli oceani.In
pratica si considera una massa superficiale come galleggiante nel substrato ovvero l’affondamento é tanto
minore quanto maggiore é la differenza di densità tra il substrato e la parte superficiale. Studi recenti
assegnano una importanza alla anomalia di Faye ai fini di studiare la stabilità isostatica e quindi anche la
sismicità di un’area.
Il rilevamento magnetico o magnetometrico é molto usato perché di rapida applicazione. La Terra é
considerata come un grande magnete percorso da linee di forza in direzione da Nord a Sud, caratterizzato da
una variazione variabile nel tempo e nello spazio.
Gli strumenti che si usano per le misure sono: teodolite magnetico, bussola di inclinazione, variometro,
magnetometro a saturazione. L’inclinometro oltre che a misurare l’inclinazione magnetica j consente di
misurare la componente verticale del campo magnetico Z, accoppiando all’ago magnetico ad asse orizzontale
un contro - peso di bilanciamento. Dalla Z e dall’inclinazione magnetica j si può calcolare la componente
orizzontale del campo magnetico: H = Z / tg j
Infine l’intensità del campo totale : F = √ H 2 + Z 2
Con i magnetometri a saturazione (magnetometri a protoni) si misura direttamente il campo magnetico totale
F e per eliminare l’effetto dell’aereo che lo trasporta, si sospende il magnetometro in una navicella a circa 30
m sotto la carlinga oppure si pone in un prolungamento della coda, compensando opportunamente l’effetto
magnetico dell’aereo. Lo strumento si può usare anche a terra da un solo operatore. La corrente elettrica
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indotta, in questo strumento, ha una frequenza v che dipende dal campo magnetico terrestre secondo la :
v = m F [Herz] , dove m é una costante strumentale.
Le linee che uniscono la stessa intensità F vengono chiamate isodinamiche; però per individuare anomalie
magnetiche bisogna come prima apportare delle correzioni alle misure. Le correzioni da introdurre nelle
misure sono quelle delle variazioni diurne ( variazioni regolari di poche decine di gamma determinate dalle
azioni mareali del Sole e Luna sulla ionosfera terrestre) e della deriva strumentale che si possono eliminare
ripassando periodicamente ogni 2 ore su una base fissa munita di magnetometro registratore. La correzione
detta “normale”, dovuta alla latitudine e longitudine può essere calcolata oppure dedotta da una carta
dell’anomalia magnetica regionale.
Nel primo caso i dati di campagna vanno riferiti ad un valore che viene assunto pari a zero. Questo livello
zero dovrebbe corrispondere al valore medio dell’intensità magnetica della zona in esame, ove il campo
magnetico non é disturbato. In pratica tale valore viene scelto, abbastanza arbitrariamente, considerando le
letture su tutta la zona medianti i valori più ricorrenti. Quindi le correzioni sulle misure consentono di avere
le variazioni ΔZ o ΔF dette anomalie magnetiche. Queste hanno generalmente una forma che é in relazione
alla profondità dei corpi che le provocano; quelle acute e ben marcate sono quasi sempre a piccola
profondità, mentre quelle ampie diradate e non ben definite sono più profonde. Le anomalie locali sono
dovute a differenza nella suscettività magnetica dell’interno. La suscettività magnetica é X = m/ H , dove m é
l’intensità di magnetizzazione ovvero il momento magnetico per unità di volume e H la componente
orizzontale del cmt. Se X é piccola e positiva allora la roccia é paramagnetica (rocce cristalline con i
momenti magnetici che si allineano con il cmt esterno) se invece negativa la roccia é detta diamagnetica
(rocce sedimentarie con i momenti magnetici che si allineano dalla parte opposta del cmt esterno). Se infine
X é molto alta e positiva la roccia é detta ferromagnetica (roccia ricca in magnetite che ha un proprio campo
magnetico). Il campo residuo delle rocce ferromagnetiche può essere di polarità opposta a quello dell’attuale
campo terrestre (paleomagnetismo nelle lave basaltiche, serpentiniti). Infatti la magnetite al di sopra dei
575°C si smagnetizza (punto di Curie) mentre al di sotto conserva la magnetizzazione originaria.
Il metodo quindi si usa nella ricerca mineraria di minerali metallici (magnetite e pirottina i piu magnetici fra i
minerali utili), nel rilevare strutture a diversa suscettività o meglio distinguere lo zoccolo cristallino, quando
non si trova a grande profondità dalla copertura sedimentaria o ancora nel rilevare grandi faglie nonché per
evidenziare fenomeni di paleomagnetismo. Con il paleomagnetismo si può ricavare l’inclinazione e
declinazione magnetica del magnetismo fossile conservato in una roccia antica affiorante in un dato punto
della superficie. Supponendo che quel continente sia rimasto fisso e che si siano spostati i poli magnetici
attraverso l’inclinazione J si può valutare la latitudine magnetica come : tgφ = 0,5 tg J
Per stabilire le variazioni di longitudine si sono studiate le anomalie magnetiche dei fondi oceanici che
circondano lo stesso continente.
Si può quindi ubicare il polo geomagnetico virtuale e ricavare la curva apparente di migrazione dei poli se si
considerano rocce di diversa età geologica. Se prendiamo il Sud America siamo di fronte al dilemma: il
continente é rimasto fermo e si sono spostati i poli magnetici o viceversa? Per superare la questione i
geologi hanno considerato che vi é sempre stata una certa coassialità tra asse geografico di rotazione e asse
magnetico per cui si sono considerati i continenti che si sono mossi.
Le onde sismiche dette di compressione perché comprimono ed allungano un cubetto di roccia presentano
una velocità: Vp = √ E / Y ; con E il modulo di Young e Y la densità delle rocce.
Le onde di compressione nell’aria o acqua che noi conosciamo non sono altro che le onde sonore.
Le onde sismiche di taglio dette cosi perché deformano angolarmente un cubetto hanno invece una velocità
pari a : Vs = √ G / Y
Dove G é il modulo di taglio o rigidità, essendo G = E / 2 ( 1 + v)
Si deduce che Vs é inferiore di Vp e nell’acqua Vs = 0. Ponendo per il rapporto di Poisson v = 0,5 si trova
Vp/Vs = 1,73. In base alle velocita registrate con sismografi dopo forti terremoti si é dedotta la struttura
interna della Terra.
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Traiettorie interne dei raggi sismici prodotti da un terremoto in P. In qualunque punto della Terra avvenga
un sisma si ricevono onde trasversali o di taglio e longitudinali o di compressione sino a 103° di distanza
angolare dal fuoco ; oltre quella distanza fino a 143° vi é un ampio intervallo in cui non si ricevono onde
perché queste si rifrangono verso l’interno a causa di una brusca diminuzione di velocità delle onde di
compressione
Vi é un nucleo interno solido e un nucleo esterno liquido, dato che le onde di taglio non si propagano, quindi
un mantello ancora più esterno. Valutando le onde di compressione nel mantello si é evidenziata anche una
diminuzione di velocita verso i 70 km di profondità (astenosfera pastosa).
Concetti di scala e la tettonica a zolle. I concetti di scala sono importanti per capire:
- banchi di roccia che si estendono lateralmente per centinaia di chilometri in una regione;
- intrusioni di roccia (diapiri) innalzati per centinaia di metri per movimenti verticali gravitativi;
- strutture rocciose tipiche che si estendono fino a 1000 m di profondita nel sottosuolo;
- calcari duri deformati come argilla molle;
- movimenti franosi che coinvolgono piu di 100 milioni di tonnellate di roccia;
- terremoti piu potenti di 10000 bombe atomiche.
Il ciclo delle rocce, il tempo geologico (specie quello detto fossilifero degli ultimi 570 milioni di anni) e i
concetti di scala possono venire riuniti e spiegati dalla teoria della tettonica a zolle.
Nel 1915, il metereologo austriaco, A.Wegener pubblica “la formazione dei continenti e oceanici.” In tale
libro si considera che l’America del sud e l’Africa un tempo erano unite a causa della somiglianza della flora,
fauna e litologia, non ultimo l’incastro possibile tra le coste dei due continenti. Un tempo i continenti erano
uniti, poi si sarebbero separati e frammentati come li vediamo adesso. Piu in dettaglio nel Triassico
esistevano due supercontinenti Laurasia (nord america, europa ed asia) e Gondwana (sud america, africa,
india, oceania) che iniziarono a frammentarsi andando alla deriva. Cosi la collisione dell’africa con l’europa
secondo Suess e Argan poteva spiegare i grandi sovrascorrimenti nelle catene alpine, dato che erano
necessari elevati sforzi orizzontali per impilare rocce antiche sulle giovani. L’India staccatasi dall’Africa del
sud andò alla deriva fino a collidere con l’Asia dando origine all’Himalaya.
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Schema del grande
sovrascorrimento (faglia inversa a basso angolo) Hymalaiano; il lembo isolato esterno antico viene definito
klippe.
I primi studi sul chimismo delle rocce nell’interno della Terra portarono a considerare uno strato iniziale
costituito da silicio e alluminio in prevalenza (Sial) e al di sotto uno con silicio e magnesio (Sima) quindi
infine un nucleo ferroso. Holmes (1924) individuò come motore capace di muovere il Sial continentale, delle
celle convettive nel Sima sottostante per poter spiegare la deriva dei continenti. Negli anni 1930 furono
scoperte nel fondo dell’oceanico atlantico: le dorsali medio-oceaniche. In seguito negli anni 1950 si
evidenziarano che tali dorsali sono presenti in tutti gli oceani ed interessate da forti fenomeni sismici e
vulcanici, con intense anomalie gravimetriche e magnetiche. Si notò che le fosse oceaniche presentano
anomalie gravimetriche negative. Con la riflessione delle onde sismiche, dopo terremoti profondi, si
evidenziò una discontinuita repentina di densita delle rocce, definita Moho, che separa la crosta (continentale
granitica e oceanica basaltica) dal sottostante mantello definito di natura eclogitica. Infatti il basalto e
l’eclogite hanno la stessa composizione chimica. Inoltre le eclogiti ofiolitiche si ritrovano associate nelle
Alpi con calcescisti per cui il retrometamorfismo veniva visto come rocce del mantello che si ritrovano con
altre di crosta. Negli 1960 Hess formula la teoria di espansione dei fondi oceanici: nelle dorsali si trova lava
basaltica nuova e sopra si hanno sedimenti giovani, cosi come lunghi i fianchi. Allontanandosi dalla zona
centrale le colate basaltiche sono via via piu antiche. La riunione di tutte le teorie precedenti porta alla
conclusiva “teoria della tettonica globale o tettonica a placche”. Questa considera che le celle convettive si
sviluppano nella astenosfera che sta sotto alla litosfera che comprende crosta (granitica sotto i continenti e
basaltica sotto gli oceani) e mantello superiore peridotitico. Tale litosfera è divisa in placche i cui confini
superficiali sono delimitati dalle dorsali medio-oceaniche e dalle zone a forte attivita vulcanica e sismica.
Ogni placca quindi è stabile nella zona centrale (cratone) ma i suoi bordi (margini) sono instabili. I margini
delle placche possono essere:
Margini convergenti. Viene distrutta crosta terrestre. Infatti quando due placche si avvicinano tendono a
sovrapporsi, quella leggera continentale si innalza e quella piu pesante oceanica va sotto, formando una fossa
oceanica, e puo fondere in profondita (subduzione).Tale fenomeno compensa la formazione di nuova crosta
basaltica nelle dorsali e produce la formazione delle catene montuose (orogenesi). Si possono avere:
- una placca continentale e una oceanica (porta solo crosta oceanica e oceano) che danno vita a cordigliere
come le Montagne rocciose e Ande;
- due placche oceaniche che formano un arco insulare tipo Giava;
- due placche continentali che formano catene tipo Alpi.
Margini divergenti. Sono in pratica le dorsali medio oceaniche costruttive di nuova crosta.
Margini conservativi. Non si crea e distrugge crosta, ma si hanno solo movimenti relativi in piano tra i
margini come per la grande faglia trascorrente di San Andrea (California).
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Catene montuose. Le piu alte catene montuose sono le piu giovani. L’Himalaya é in posto da 10 milioni di
anni ed il monte Everest è costituito nella sua sommita da calcari. Dopo una collisione tra margini
convergenti agisce l’erosione. Le montagne Highlands in Scozia dopo la collisione tra una antica paleoplacca
europea con una canadese, sono state erose per 400 milioni di anni; esse consistono in graniti e
gneiss ovvero le rocce di base (basamento cristallino) nelle valli dell’Himalaya.
Le onde sismiche. Il movimento delle placche o piu semplicemente il movimento dovuto a faglie regionali
crea i terremoti. L’accumulo di energia e la conseguente rottura della roccia provoca per rimbalzo, un
rilascio di energia che si propaga tramite onde sismiche. La maggior parte dei terremoti si originano
(ipocentri) a meno di 20 km di profondita. Lo spostamento delle rocce in superficie puo essere di alcuni
metri o assente.
Scala dei terremoti. I movimenti del terreno sono rilevati dai sismografi.
Si ricorda che le onde telluriche sono di due tipi ovvero onde di :
- volume: onde di compressione dette prime P e onde di taglio dette seconde S (nulle in acqua);
- superficie: onde L (Love) e onde R (Rayleigh), piu lente ma piu larghe e distruttive.
Magnitudo M. Si valuta secondo Richter come il log della massima ampiezza A delle onde di Rayleigh in
micron registrato da un sismografo Wood - Anderson.
Si scrive 10M = A/Ao, con Ao = ampiezza di riferimento di 1 micron per un sisma di 1 M con epicentro a 100
km di distanza.
Congiungendo il valore di 23 mm (ampiezza max) con 24 secondi (differenza di primo arrivo tra onde S e
P), si ricava la magnitudo M = 5 da nomogramma (Hays 1980).
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Intensità. Gli effetti dei danni in superficie secondo la scala Mercalli consente di disegnare le isosisme e
quindi la zona epicentrale (zona in superficie piu vicina all’ipocentro o sorgente). La distanza tra l’epicentro
ed il simografo vale 9 Km/sec ogni secondo di differenza tra onde P e S, quindi per il caso sopra esposto
risulta: 24 x 9 = 216 km. Nelle figura seguente le isosisme sono allungate parallelamente alla direzione della
faglia. I gradi piu' pericolosi e frequenti di intensita' sismica sono: grado V (crepe nei rivestimenti), VI
(cadute di intonaco e danni ai camini), VII (danni alle murature a secco), VIII (crolli parziali di edifici
ordinari in muratura cementata), IX (fondazioni in cemento armato danneggiate), X (crollo edifici). I dieci
gradi iniziali del Mercalli (1902) sono stati aumentati di altri due da Wood e Neumann (1931) per i terremoti
californiani, considerando: log a = (1/3) I - 0,5.
Cosi' per intensita' sismica I = 7,5 il picco di accelerazione orizzontale vale:
a = 100 cm/sec2 = 0,1 g. Con g l’accelerazione di gravita.
Per tale valore le murature a secco cedono, mentre case basse in legno resistono, dato che le prime hanno
resistenza a taglio nulla, mentre il legno (rottura parallela alle fibre) presenta valori di 45-90 bar. Per una
intensita Mercalli X, si ha: a = g e tutto crolla.
Modello di deformazione (Disegno D.Pantosti).
Vulcanismo. I vulcani si dividono per lo piu in due grandi categorie: vulcani a scudo e vulcani a cono. I
primi si ritrovano lungo i margini divergenti (Islanda) o lontano dai margini dove il magma é generato
direttamente nel mantello e risale attraverso lunghi condotti detti hot spot (Hawaii). Le effusioni sono lente
su deboli pendii di natura basaltica (magmi basici fluidi ricchi in Fe e Mg con meno di 52% di silice che non
cristalizza come quarzo) e le esplosioni sono minime l’ambiente è abbastanza arido con poca vita biologica. I
secondi sono legati a margini convergenti (Krakatoa, St Helen) ed il magma é generato a causa della
subduzione e parziale fusione della crosta. Il magma più viscoso associato a gas, provoca effusioni esplosive
di natura andesitica (Etna) ovvero un miscuglio tra un magma basico e crosta granitica (magma detto
interrnedio con un contenuto di silice tra 52- 65%) oppura una effusione riolitica (Eolie) più rara derivata da
un magma acido (contenuto in silice maggiore di 65%). Oltre alla formazione di ceneri, molto pericolosi
sono i flussi piroclastici (gas caldo con ceneri) che lungo i pendii puo trasfomarsi in “lahar” una forma di
flusso fangoso che precipita a valle velocemente a causa del contatto del gas con acque sotterranee o
ghiacciaio.
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In funzione dell’altezza della nube eruttiva (km) si ricava l’indice di esplosivita :
< 0,1 km
0,1 - 1
1 - 5
3 - 15
Non esplosiva
piccola
moderata
quasi grande
10 - 25 km
grande
Depositi piroclastici. L’esplosioni vulcaniche formano i depositi piroclastici sciolti come i blocchi (grani >
64 mm), i lapilli (64 mm-2mm), le ceneri (2mm-62 micron ) e le ceneri fini (< 62 micron). I lapilli, le ceneri
e le pomici cementate formano le rocce piroclastiche chiamate tufi, come già detto, mentre generalmente alle
ceneri fini di ambiente lacustre si da' il nome di tufiti. I tufi incoerenti sono definite pozzolane (da cui deriva
il cemento pozzolanico). Rocce di colore rossastro, un tempo inserite nella famiglia delle ''trachiti'' con una
caratteristica struttura a fiamme (schiacciamento della pomice), sono invece per lo più ''ignimbriti' ovvero
tufi saldati e deposti da flussi piroclastici antichi.
Le attivita secondarie vulcaniche. Sono collegate con il raffreddamento di magmi in profondita e
comprendono: sorgenti termali (tiepide 20-30°C, calde 31-35°C, caldissime 36-45°C, ipertermali > 46°C),
mofete (sorgenti fredde ricche in CO 2) solfatare (vapore ricco in H2S con deposizione di zolfo per
sublimazione), fumarole (emanazioni di vapore surriscaldato ricco in CO 2 ma anche di anidride borica) e
getti geyser. L’acqua originaria dei geyser (temperatura 121,8°C, gia a 13 m di profondita) é di origine
piovana e una variazione della pressione superficiale provoca la risalita di getti a 80-90°C ricchi di minerali
disciolti: carbonato di sodio, silice, ecc.
Attività vulcanica. Secondo Rittmann l’attività secondaria é definita anche attività persistente diffusa e si
può avere vicino a vulcani attivi o anche dove non vi siano vulcani attivi. L’attività persistente centrale é
quella legata ad un condotto vulcanico e si manifesta con attività di vapore, lancio di scorie (piroclastiti
sciolte e se cementate si hanno poi i tufi), lago di lava, attività freatomagmatica (il magma risalendo svuota il
serbatoio che si riempe di acque fratiche e queste per il calore passano a vapore con esplosione verso l’alto).
Le eruzioni improvvise a condotto aperto avvengono in vulcani con lava molto fluida. Le eruzioni lineari
avvengono lungo spaccature come le dorsali medio oceaniche. Le eruzioni areali sono per lo più i plataux
basaltici antichi e non esistono attualmente. L’attività vulcanica basaltica lenta produce la cosiddetta “ lava a
corde “. Le lave acide lente producono invece le protusioni solide a forma varia: obelisco, piramide, ecc.
Le eruzioni sottomarine formano le tipiche lave a cuscino (pillow lavas) la cui superficie é spesso coperta da
materiale vetroso (ialoclastite). I vulcanelli di fango e le salse sono emissioni di metano, idrocarburi e acqua
di falda che non sono legati ad una attività vulcanica. Per concludere diciamo che oltre ai vulcani a scudo e a
cono vi sono anche quelli misti. Questi si presentano a cono con materiale piroclastico e strati di lava come
ad esempio il Vesuvio. La caldera invece é uno sprofondamento a causa di una esplosione freatomagmatica e
può essere riempita in seguito da acqua o si forma un nuovo vulcano (Nuovo Somma).
Le lave vesuviane sono secondo Rittmann “ringiovanite” a causa di assorbimento di calcare da un magma
basico. Queste lave (dette mediterranee) di composizione diversa da quelle di tipo pacifico (lave a corda
basaltiche ricche di olivina hawaiane di hot spot), ed atlantiche (lave a pillow basaltiche vetrose delle fessure
medie - oceaniche) sono state definite: basalti alcalini o basaniti (contenuto Na 2O + K2O elevato) ovvero lave
sottosature ricche in feldspatoidi. I termini ultrabasici di basalto leucitico e nefelinico sono stati poi chiamati
leucitite olivinica e nefelinite olivinica. Si é dato il nome di tefrite ad una roccia vulcanica basica con
fenoscristalli di augite e olivina in un massa di fondo a plagioclasio e leucite di colore grigio scuro mentre
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fonolite ad una intermedia vulcanica con una massa di fondo di sanidino. Attualmente si tende a considerare
i seguenti trend:
- serie fortemente alcalina (iperalcalina):
Basanite
 tefrite
 Tefri-fonolite  Fonolite
- serie alcalina
Picrite
 Trachi- basalto  Trachi-andesite  dacite  riolite (pantellerite)
- serie subalcalina
Picrite
 Basalto
 Andesite
 dacite  riolite (liparite)
Ultrabasica
Basica
Intermedia
Acida
La serie alcalina é la piu comune mentre la iperalcalina presenta feldspatoidi senza quarzo (da qui il termine
di “rocce sottosature”). Le prime ricerche sulla cristallizzazione di un magma furono condotte a partire dal
1915 ad opera N.L.Bowen nel laboratorio di geofisica di Washington. Bowen scopri’ che cristallizzano per
primi i minerali di ferro e magnesio delle rocce basiche mentre i silicati delle rocce acide cristallizzano per
ultimi. Il processo é detto di cristallizzazione frazionata ovvero il magma é costituito da una frazione solida
piu basica del magma di partenza immersa in una frazione liquida piu acida. Inoltre se i minerali solidi
rimangono a contatto con il liquido, mentre la temperatura scende, essi reagiscono nuovamente con i
componenti per dare un minerale diverso, stabile nelle nuove condizioni termodinamiche. Tale processo é
detto di differenzazione magmatica. Bowen individuò due serie di reazioni che avvengono nel magma
contemporaneamente ed in modo indipendente l’un dall’altra e che comportano ambedue la sostituzione di
minerali basici (silicati di metalli alcalino - terrosi a Ca e Mg) con minerali acidi (silicati di metalli alcalini a
K e Na). La serie discontinua considera che si forma prima olivina poi anfibolo (orneblenda) quindi
pirosseno (augite) ed infine miche (biotite e muscovite). La serie continua é detta cosi perché si formano solo
i plagioclasi che é una miscela (serie) isomorfa di anortite con Ca (alte temperature) e albite con Na (basse
temperature). Il termine intermedio é detto andesina e andesite la roccia ricca in questo minerale. Da un
magma ultrabasico primario iniziale, che si forma per fusione di una peridotite del mantello terrestre, si
possono formare, per differenzazione magmatica, magmi basici, intermedi ed acidi e di conseguenza, tramite
le eruzioni vulcaniche, le corrispettive lave. Magmi idridi o sintettici sono quelli che si formano per
assimilazione di rocce da parte di un magma ultrabasico primario. Infine il magma anatettico viscoso si
formerebbere per parziale fusione della crosta continentale e per la forte presenza di silice tende per lo più a
consolidare in profondità e formare graniti, piuttosto che eruttare come lava riolitica.
Storia Geologica dell’ Italia. L’Italia o meglio la sua ossatura Alpi-Appennini, si formò con la collisione
tra la placca paleoeuropea e quella africana. Il ciclo orogenetico alpino inizia nel Triassico e finisce nel
Miocene. Nel Triassico si formarono i due grandi continenti definiti Gondwana (in cui faceva parte l’attuale
africa) e Laurasia (in cui faceva parte l’attuale europa) con l’Italia che era un semplice mare epicontinentale
(poco profondo) con alcune zone interessate dalla marea; le poche zone emerse con aride pianure, erano
poche parti della Toscana e della Sardegna che si trovava sulla costa del continente europeo.
Rocce antiche: rocce arcaiche o prepaleozoiche sono certi gneiss che costituiscono i massicci cristallini delle
Alpi. Più rappresentata l’era primaria infatti il Cambriano é presente in Sardegna con scisti e calcari con
triboliti, o calcari dolomitici contenenti giacimenti metalliferi di galena argentifera e blenda. Dopo l’inizio
della orogenesi caledoniana si deposero sedimenti siluriani oggi scisti arenacei e argillosi. Durante il
Siluriano si ebbero intrusioni granitiche e fenomeni di vulcanismo sottomarino (diabasi, porfidi) che insieme
a terreni sedimentari furono metamorfosati nella fase finale caledoniana. Il Siluriano si ritrova anche nelle
alpi Carniche, con scisti, calcescisti e calcari quindi sopra in concordanza si ha il Devoniano rappresentato da
calcari di scogliera (coralli). Nel periodo Carbonifero si ebbe la formazione delle masse intrusive
dell’Argentera, Gran Paradiso, Monte Rosa, Bianco e Gottardo legati all’orogenesi ercinica. Nelle alpi
Carniche il Carbonifero presenta strutture sedimentarie a cycling bedding: scisti, arenarie e letti di carbone.
In Sardegna nel Carbonifero si intruse la maggior parte dei graniti che costituiscono 1/3 della superficie
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dell’isola. Durante il Permiano nelle Alpi Occidentali, Lombardia, Veneto,Trentino Toscana e Sardegna si
ebbe una trasgressione marina con depositi sulle montagne erciniche, oggi come conglomerati, arenarie e
scisti a cui si é dato il nome di Verrucano. Nel Bellunese e Alpi Carniche il Permiano é rappresentato da
sedimenti marini calcari (calcari a Bellerophon) mentre in Sicilia si hanno sia calcari di scogliera poco
profondi nonche argilloscisti tipo flysh. Notevoli anche le effusioni vulcaniche permiane come il tavolato
porfirico atesino costituito da alternanza di lave e ignimbriti.
Rocce triassiche: conglomerati ed arenarie a current bedding (zone emerse) in Toscana e Sardegna, gessi di
Burano (laguna), dolomia principale (piana di marea) come le tre cime di Lavaredo, calcari selciferi (mare
profondo) in Liguria, Sicilia, Campania. Nelle Alpi occidentali il Triassico é metamorfico costituito da scisti
sericitici e quarziti.
Rocce giurassiche: nel Giurassico si forma l’oceano atlantico centrale e l’oceano ligure –piementese con
sprofondamento delle terre emerse triassiche precedenti. La base dell’oceano ligure piemontese é formato da
basalti e piu sotto da gabbri e peridotiti (crosta oceanica). Le Alpi occidentali e gli Appennini sono
caratterizzati da pietre verdi (ofioliti ) con sopra i sedimenti argillosi e argillosi calcarei dell’oceano
trasformati nelle Alpi in scisti micacei e calcescisti mentre meno metamorfosati nell’Appennino ligure.
Verso la fine del periodo per il sollevamento del fondo di alcune dorsali si formarono calcari di scogliera in
Friuli, Appenino centrale-meridionale, Sardegna e soprattutto in Sicilia. Tali calcari subendo fenomeni
carsici diedero origine a terre rosse residuali e a giacimenti di bauxite nelle cavita carsiche (Istria, Gargano).
Rocce cretacee: nella parte iniziale si hanno depositi di mare profondo come calcari compatti micritici e
selciferi (Prealpi Lombarde e Venete, Appenino centrale e Sicilia). Nel cretaceo si forma l’oceano atlantico
meridionale e l’africa in rotazione divenne un margine convergente, di conseguenza l’oceano ligurepiemontese si trovò schiacciato fino a scomparire per collisione crostale ovvero inizia l’orogenesi alpina. In
tale fase i sedimenti detritici che subito si formarono (Pietraforte Toscana) erano prevalentemente arenacei
mentre verso la fine del periodo tali sedimenti assumono una facies a scaglia ovvero scisti marnosi rosa o
rossi che si sfaldano a scaglie.
Rocce cenozoiche: costituiscono l’ossatura dell’Italia e si ritrovano un po ovunque come flysh arenaceo,
scisti marnosi e marne. L’orgenesi alpina raggiunse il massimo del corrugamento tra l’Oligocene e Miocene
e nello stesso intervallo il blocco sardo corso si stacco dall’antico continente europeo e andò alla deriva con
un movimento antiorario formando il mar Ligure. La rotazione produsse una compressione dei materiali
verso est formando gli Appennini. Durante tale fenomeno si ebbero anche scollamenti e scivolamenti lungo
livelli plastici dei sedimenti che si erano depositati tra giurassico e cretaceo. Questi sedimenti prendono il
nome di formazione alloctona delle argille scagliose molto presente nell’Appenino settentrionale. Poiche la
velocita di migrazione della catena appenninica avveniva ad una velocita maggiore del movimento del
blocco sardo-corso, fra i due tratti di terra si apri una frattura che si allargo e si riempi d’acqua formando il
Tirreno. Quando si forma una nuova catena montuosa si associa ad essa anche una depressione chiamata
avanfossa. Questa depressione puo essere ricoperta d’acqua come avvenne per la pianura padana che un
tempo era un mare basso caldo (bacino terziario piamontese) e la Liguria era lambita da un mare oligocenico
proveniente dalla pianura padana. Nel Miocene superiore si ebbe una regressione marina che determino il
depositarsi di gessi, rocce saline e dell’orizzonte gessoso- solfifero presente dalla Romagna alla Sicilia.
Il Pliocene inizia con una trasgressione con il deposito delle argille azzure del Piacenziano e sabbie gialle
dell’Astiano. Nel Neogene continuarono le manifestazioni vulcaniche: Sardegna Occidentale, Lazio, Sicilia.
Anche in seguito nel Quaternario proseguirono le effusioni vulcaniche: Monte Amiata, Colli Volsini e
Albani, Isole Ponziane, Campi Flegrei, Vesuvio, Vulture, Etna, Isole Eolie, Campidano e Orosei.
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