Comunismo e capitalismo

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CAPITALISMO E COMUNISMO
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IL CAPITALISMO
Con l’avvento della borghesia al potere ed il definitivo imporsi del capitalismo, l’attività economica
fu posta, invece, al centro delle attività della classe dirigente e non fu più intesa come il mezzo per
assicurare i consumi, ma come lo strumento per moltiplicare all’infinito il capitale ed incrementare la
ricchezza.
L’economia divenne così oggetto di studio specifico, in quanto le teorie mercantilistiche non si erano
preoccupate di dimostrare il perché accadessero alcuni fatti e quali legami funzionali collegassero tra
loro i fenomeni economici.
Negli altri sistemi economici, il denaro è un mezzo di scambio ed un equivalente universale dei valori.
Ad esempio, se un calzolaio vende le sue scarpe ed il denaro che ottiene lo utilizza per comprare due
camicie, le camicie hanno lo stesso valore delle scarpe: è uno scambio equo. Così funzionano tutte le
economie definite “con mercato”.
Ma il capitalismo non è un’economia con mercato, bensì “un’economia di mercato”: ossia, l’attività
economica non comincia con due persone che realizzano un lavoro produttivo e vendono i prodotti sul
mercato per riuscire a migliorare il proprio livello di consumo (M-D-M’ dove M=M’). Il circuito
economico comincia, invece, col denaro (D), il quale non è più il mezzo per organizzare il mercato e
facilitare gli scambi, ma diventa, invece, il principio e la fine dell’attività economica. Il denaro serve
per comprare forza-lavoro e mezzi di produzione per realizzare un processo produttivo al fine di
fabbricare una merce (M) che si possa vendere, per ottenere una quantità di denaro che
necessariamente deve essere maggiore del valore che aveva all’inizio (D’).
D-M-D’ dove D<D’ (circuito capitalista)
Solo coloro che controllano il denaro controllano la loro vita, perché controllano la propria economia.
Per questo motivo, nel capitalismo il denaro è uguale a potere. Per cui si intuisce perché la
popolazione non determina la propria attività economica, essendo per lo più forza lavoro.
IL COMUNISMO
Mentre in Europa occidentale venivano applicate le teorie liberiste, nasce una nuova scuola di
pensiero economico che critica il capitalismo ed è la Scuola marxista. Ad essa si ispiro’ la costituzione
del sistema economico collettivista dell’URSS, il quale esclude il mercato dei mezzi di produzione:
imprese e materie prime sono di proprietà dello Stato e la distribuzione è sempre curata da un organo
statale che decideva cosa e con quali tecniche produrre, sottraendo tali poteri alle famiglie ed alle
imprese. Esso, nato dalla dittatura del proletariato, avrebbe dovuto essere una tappa transitoria
destinata a preparare l’avvento del COMUNISMO propriamente detto, nella quale doveva esserci la
messa in comune di tutti mezzi di produzione ed anche di quelli di consumo ed assenza della proprietà
privata1.
Fu utilizzato la prima volta in Unione Sovietica a seguito della rivoluzione bolscevica del 1917 e fino al
1985. Utilizzato anche in Cina, Cuba e Vietnam.
Le teorie marxiste diedero impulso alle lotte sociali che si moltiplicarono nella seconda metà del XIX
secolo e che influenzarono profondamente ideologie e movimenti rivoluzionari nel XX secolo.
Il primo volume del suo Capitale è del 1867, mentre il secondo e il terzo furono pubblicati postumi,
nel 1885 e nel 1895. Marx può essere considerato l'ultimo degli economisti classici, in quanto il suo
pensiero trova fondamento, in larga misura, negli insegnamenti di Adam Smith e Ricardo.
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Per Marx e Engels: “il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale cui la
realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente”
CAPITALISMO E COMUNISMO
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L'economia di Marx si sviluppa a partire dalla teoria del valore-lavoro: ciò che conferisce valore a un
bene è la quantità totale di lavoro mediamente impiegato per produrlo.
La differenza tra il valore del lavoro incorporato nei beni e quello pagato ai lavoratori sotto forma di
salario è il plusvalore2. A ciò è connessa la teoria dello sfruttamento della classe subordinata3.
Quindi, il plus-valore discende dal plus-lavoro effettuato dell’operaio e si identifica con l’insieme del
valore da lui gratuitamente offerto al capitalista.
Secondo Marx la caratteristica peculiare del capitalismo è il fatto che in esso la produzione non risulta
finalizzata al consumo, bensì all’accumulazione di denaro (denaro- merce- più denaro anziché mercedenaro-merce delle società pre-borghese): il capitalista compra ed usa una merce particolare (la forza
lavoro) che ha come caratteristica di produrre valore, pagandola come una qualsiasi merce; tuttavia
l’operaio ha la capacità di produrre più di una normale merce e quindi lavora oltre il valore
corrispondente alla quantità di lavoro socialmente necessario per vivere, ossia più del suo salario.
Questo più è il plus-valore dato al capitalista.
In un primo momento, il capitale cerca di accrescere il plus-valore aumentando la giornata lavorativa,
ossia sfruttando; ma anche ciò ha un limite invalicabile, ossia le ore di lavoro oltre le quali l’operaio
diventerebbe improduttivo, quindi si punta all’accrescimento della produttività del lavoro. Da ciò
nasce la necessità per il capitalismo di introdurre in continuazione nuovi e più efficienti metodi e
strumenti di lavoro quali: la cooperazione, la manifattura ed, infine, la grande svolta con l’industria
meccanizzata. Quest’ultima introduce mezzi per l’accrescimento enorme di quantità di merce
prodotta nello stesso tempo con lo stesso numero di operai ed ore. Ma tutto ciò comporta crisi cicliche
di sovrapproduzione. Inoltre, per il capitalismo la necessità di un continuo rinnovamento tecnologico
genera anche la caduta tendenziale del saggio di profitto, a causa dei costi smisurati di capitale
costante (costituito da macchine e materie prime) rispetto al capitale variabile (salari).
Quindi, se da una parte, in forza del processo di accumulazione capitalistica, il controllo delle risorse
produttive tende a restringersi nella mani di un numero limitato di capitalisti, dell’altra determina un
proletariato sempre più povero e numeroso. La capacità produttiva cresce, dunque, ad un ritmo
superiore alla capacità d’acquisto della classe operaia, determinando crisi periodiche di
sovrapproduzione, fino al crollo del sistema capitalista ed all’instaurazione di un’economia socialista.
Secondo Marx la soluzione al capitalismo, pur non fornendo un progetto preciso per la realizzazione, è
l’eliminazione delle disuguaglianze fra gli uomini ed in particolare della proprietà privata, attraverso
la rivoluzione sociale da parte del proletario, vittima dello sfruttamento della classe borghese su
quella operaia, al fine di realizzare una democrazia vera, ossia la democrazia comunista4. Essa
avrebbe dovuto distruggere le disuguaglianze reali e porre le basi per un recupero dell’essenza sociale
dell’uomo.
2
Saggio del plus-valore = plus-valore/capitale variabile
Alienazione del lavoratore di Marx, a causa della proprietà privata dei mezzi di produzione:
1) il lavoratore è alienato rispetto al prodotto, in quanto produce un oggetto, il capitale, che non gli appartiene, ma si costituisce
come una potenza dominatrice nei suoi confronti
2) il lavoratore è alienato rispetto al prodotto della sua attività, in quanto effettua un lavoro forzato nel quale è strumento di fini
estranei, ossia il profitto del capitalista, sentendosi una bestia anziché un uomo
3) il lavoratore è alienato rispetto alla sua essenza perché nella società capitalistica è costretto ad un lavoro forzato, ripetitivo
ed unilaterale anziché libero, creativo ed universale
4) il lavoratore è alienato rispetto al prossimo perché l’altro per lui è il capitalista, ossia quello che lo tratta come un mezzo e lo
espropria del frutto della sua fatica, realizzando così un rapporto conflittuale.
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Comunismo: forza che si ispira più strettamente a Marx ed alla rivoluzione d’ottobre
Socialismo: forza riconducibile a Lenin ed al modello sovietico (esso non esclude la proprietà privata totalmente)
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CAPITALISMO E COMUNISMO
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Si sarebbe così realizzata una società organica (secondo il pensiero del maestro di Marx, ossia Hegel),
simile a quella delle polis greche, in cui l’individuo si sarebbe trovato in un’unità sostanziale con la
comunità, senza antitesi tra ego pubblico e privato, tra sfera individuale e sociale, fra società e Stato.
Contrariamente nello Stato moderno era costretto a vivere come due vite:una in terra, come
borghese, cioè nell’ambito di egoismo ed interessi particolari della società civile e l’altra in cielo,
come cittadino, ovvero nella sfera superiore dello Stato e dell’interesse comune.
Secondo Marx, tra la società capitalistica e quella borghese era necessario un periodo di
trasformazione rivoluzionaria dell’una nell’altra, cui corrisponde anche un periodo politico di
transizione (seppur il tutto a lungo termine), il cui Stato non può essere altro che la dittatura
rivoluzione del proletariato. Ma Marx non dice quali forme concrete dovrà avere questa dittatura
transitoria. Quello che si evince è:
- la sostituzione dell’esercito permanente con l’organizzazione degli operai armati
- la soppressione del parlamentarismo, cioè della delega del potere ad un apparato politico specializzato,
sostituendolo con delegati eletti a suffragio universale, direttamente responsabili del loro operato, revocabili in
ogni momento e retribuiti con salari corrispondenti ad un normale salario operaio
- la soppressione del privilegio burocratico
- ed infine, l’abolizione della celebrata, ma per lui fittizia, separazione dei poteri: la Comune da realizzare
doveva essere un organismo non parlamentare, ma di lavoro, esecutivo e legislativo allo stesso tempo.
LIMITI DEL COMUNISMO E DEL CAPITALISMO
I limiti del comunismo marxista sono: lo stato ovviamente non è in grado di adeguarsi ai reali bisogni
della popolazione; impedisce l’iniziativa economica; soffoca le libertà personali degli individui. Ciò ha
portato a proporre il capitalismo come unica verità per l’umanità, sia nell’accademia, sia nella
docenza che nei piani di studio dei corsi di economia. Fino agli anni ’70 era tangibile la presenza di
materia di critica al pensiero marxista che permetteva la messa a fuoco globale dell’economia come
scienza sociale. Negli ultimi anni, il sistema imperante di dominazione ideologica ha portato anche
molti studiosi a rinnegare il marxismo per non esser accusati di antiscientificità: questo è stato il
prezzo che molti hanno dovuto pagare per affermarsi, far carriera ed impedendo il confronto diretto
tra l’economia politica marxista e la micro e macro economia neoclassica.
Oggi, nell’attuale fase della competizione globale capitalista, vi è la propensione ad assoggettare il
mondo completamente, sotto ogni dimensione, alla configurazione d’impresa e del profitto e chi ne
subisce le maggiori conseguenze è l’individuo singolo e sociale, che si lascia omologare senza opporsi,
rinunciando alla sua libertà e personalità: cosa forse ormai scontata, poiché quotidianamente si
ricevono stimoli a farsi massa omologata, ad assimilarsi all’impero del capitale. E, infatti, spazi e
tempi diventano sempre più brevi e funzionali alla diffusione delle idee dominante del capitale
comunicazione. I mass-media, i computer, la telefonia mobile hanno reso l’intero globo un piccolo
paese, non solo per motivi informativi e culturali, ma anche per far fronte alle esigenze di un mercato
sempre più mondiale e per diffondere ed inculcare nella lente ala mentalità della mercificazione: ogni
cosa ha un prezzo, un preciso valore di scambio.
OGGI - Nella fase attuale, si assiste ad una globalizzazione dei mercati, o meglio ad una sempre più aspra
competizione globale, causa ed effetto dell’aumento di competitività del sistema economico nel suo complesso
e dei singoli operatori economici in particolare. Il miglioramento dei trasporti e delle comunicazioni
elettroniche, l’abbattimento progressivo delle barriere doganali, anche per i rinnovati accordi internazionali
politici ed economici apparentemente a carattere liberalizzante ma nei fatti a forte connotazione protettiva e
competitiva, hanno portato le imprese a confrontarsi più direttamente ed a comportarsi come se operassero in
un mercato senza alcun vincolo di confine territoriale. Il mercato, divenuto sempre più dinamico e competitivo,
appare oggi con una tendenza chiara ed irreversibile a divenire un mercato unico; si tratta, invece, di un
mercato avente una dimensione di aspra competizione mondiale, in cui si vanno definendo le aree di influenza di
almeno tre poli imperialisti: USA, UE e Giappone.
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