Bassorilievo tattile per non vedenti e ipovedenti della Pala Madonna con Bambino in
trono con San Giovanni Battista e San Nazario (1523) di Defendente Ferrari,
collocato a Palazzo Reale
Autore: Defendente Ferrari (Chivasso, fra 1480 e il 1485 –
Torino, ca. 1540)
Titolo dell'opera: Madonna in trono con Bambino, San
Giovanni Battista, San Nazario e un Donatore.
Datazione: 1523 circa
Dimensioni senza cornice: tavola di cm 171,5 di altezza x
cm. 118 di larghezza
Provenienza: Il dipinto venne donato dal Canonico
Cottolengo al re Carlo Alberto che lo fece collocare nella
sua camera da letto, dove anche oggi si trova.
Collocazione: Collezioni del Palazzo Reale di Torino.
Tecnica: Pittura a olio su tavola.
Soggetto iconografico: La raffigurazione della Vergine in trono con Bambino e Santi è un tema
iconografico assimilabile a quello della Sacra conversazione, ovvero a dipinti in cui si immagina un
colloquio sui temi dottrinali e teologici al cospetto della Vergine e il Bambino. L’iconografia ha origini
quattrocentesche e si diffonde ampiamente, in età rinascimentale, in tutta Europa, con interessanti
varianti tematiche e stilistiche. Le Sacre conversazioni del XV secolo ad esempio tendono a
mantenere un carattere ieratico e inattingibile; diversamente, a partire dagli inizi del Cinquecento, si
assiste ad una trasformazione del soggetto che assume tratti di maggiore confidenzialità. La
tradizione pittorica piemontese, similmente a quella toscana, accoglie la lezione della pittura nordica e
fiamminga, ospitando le Vergini in trono entro edifici sacri in cui l’ingegno umano è ben visibile e quasi
assimilabile alla mente demiurgica, poiché testimoniato dalla perfezione matematica della costruzione
architettonica. Diversamente, la tradizione pittorica lombarda e veneta tende a valorizzare
principalmente quel rapporto tra umano e divino che trova spontanea ambientazione nella natura. La
distinzione tra queste due modalità rappresentative del dialogo tra fisica e metafisica non è mai netta
e spesso le sacre conversazioni di età rinascimentale fondono tra loro queste consuetudini stilistiche,
con risultati di grande interesse estetico, nel rispetto di una precisa e meditata sintesi.
Cenni sull’autore e sullo stile Defendente Ferrari, attivo soprattutto nel Piemonte occidentale, nasce
a Chivasso tra il 1480 e il 1485 e si spegne a Torino nel 1540. Formatosi presso la bottega dell’artista
Giovanni Marino Spanzotti, dopo il suo insediamento in Chivasso, nel 1502, ebbe considerevole
successo come autore di polittici e di pale sacre, incontrando con il suo stile, ricco di preziosismi e di
colori smaltati derivati dalla pittura nordica, il favore della committenza ecclesiastica del Piemonte
occidentale, fino al termine della sua attività individuabile intorno al 1535. Defendente Ferrari è noto
per la sua abilità miniaturistica, desunta dalla conoscenza della pittura fiamminga, e per la sua
capacità narrativa evidente nella produzione di predelle e polittici. L’opera che ci accingiamo a
descrivere rappresenta un valido esempio della sua pittura e del suo stile.
Morfologia del rilievo Per rendere tangibile la componente prospettica del dipinto, e quindi
percepibile la progressione dei piani di posa, la traduzione tridimensionale in bassorilievo ha richiesto
di adottare volumetrie consistenti, allo scopo di offrire, alle persone non vedenti e ipovedenti,
un’efficace visione di insieme dei soggetti in relazione allo sfondo. Con un complesso lavoro di
traduzione dei valori pittorici in valori plastici, la traduzione del dipinto è una trasposizione in
bassorilievo dei valori estetici di segno, volume, forma, geometria compositiva e spazialità. Il
manufatto, realizzato in scala ridotta rispetto all’originale che misura cm. 171,5 di altezza per cm. 118
di larghezza, ha dimensioni di cm. 92 di altezza per cm. 65 di larghezza. Il bassorilievo realizzato in
vetroresina è monocromo, quindi nella scheda i riferimenti cromatici fanno esclusivamente riferimento
all’opera pittorica originale. Il dipinto originale è dotato di una cornice dorata e decorata a rilievo, con
motivi vegetali e due grandi foglie negli angoli superiori. Il bassorilievo, invece, riporta
necessariamente la scena del dipinto, eludendo la cornice.
Descrizione dell’opera e indicazioni di esplorazione tattile L’opera originale è un dipinto ad olio su
tavola. Dopo avere fatto scorrere le mani lungo lo sviluppo perimetrale del rilievo, sarà possibile
iniziare la lettura tattile sincronica e bimanuale della figura della Vergine assisa in trono e stagliata su
uno sfondo architettonico, quindi posta frontalmente all’osservatore, al centro della composizione.
Con questa esplorazione si coglierà subito il volto mesto della Madre di Cristo, caratterizzato da
un’espressione dolce e lineamenti delicati. Maria Vergine ha il viso delicatamente reclinato alla sua
destra, è aureolata e gli occhi hanno le palpebre abbassate, per lo sguardo rivolto al bambino che
regge in braccio. Gesù con la mano destra compie il gesto benedicente mentre con la sinistra regge il
globo crucigero, simbolo del dominio di Cristo (rappresentato dalla croce) sul mondo (rappresentato
dalla sfera). La Vergine regge il bimbo in modo tenero e spontaneamente realistico: le sue mani
eleganti avvolgono e contengono il corpo di Gesù bambino. Il manto blu, nello sviluppo disteso ma
anche netto delle pieghe dei panneggi, è rivestito internamente di seta verde. Il manto sormonta la
veste rossa. A destra della Vergine, quindi a sinistra del lettore, troviamo Giovanni Battista aureolato,
contrassegnato dalla veste di pelliccia che si scorge sotto il mantello rosso internamente rivestito di
tessuto azzurro intenso, dall’attributo della croce e dal cartiglio; il volto è caratterizzato da lineamenti
marcati. Sul cartiglio corre l’iscrizione: ECCE AGNUS DEI – S. IO (contrazione di GIOVANNI)
BABTISTA e in primo piano, quindi in posizione aggettante rispetto alla scena sacra, appare il
Donatore, devoto riconosciuto come committente orante, inginocchiato al cospetto della Vergine, con
indosso un mantello nero dotato di collo di pelliccia e croce di Malta.
A sinistra della Vergine, quindi a destra del lettore, troviamo San Nazario martire, anch’egli con
nimbo, in vesti di foggia cavalleresca, essendo Nazario, nella storia, un cittadino romano legionario,
discepolo di Pietro, vissuto tra III e primissimo IV secolo d.C. Nazario indossa un’armatura sagomata,
sormontata da un manto rosso allacciato sulla spalla destra: con la mano destra regge la palma del
martirio, con la sinistra la lancia di cui è possibile scorgere asta e vessillo bianco e rosso.
Alcune fasi della realizzazione: in alto modellazione del prototipo
della traduzione tridimensionale. A sinistra: verifica di qualità e
leggibilità della traduzione plastica con esperti non vedenti.
Lo spazio circostante alla Vergine con Bambino è l’interno di un edificio sacro, la cui architettura
rimanda a un certo sincretismo stilistico. La Vergine è sovrastata da una lucerna circolare balaustrata.
Due archi laterali si offrono in prospettiva, facendo intravedere l’azzurro del cielo. L’architettura sacra
può essere pienamente percepita al tatto nella sua struttura anche grazie al disegno delle linee curve
degli archi stagliati sullo sfondo del cielo. Il trono ligneo, costruito a gradoni, è rialzato, e coperto da
un tappeto che scende verticalmente, oltre l’appoggio dei piedi delle Vergine nascosti dal manto ma
posti sul primo rialzo: alla base compaiono alcuni fiori, raccolti e ivi deposti, e un libro. Una sensibilità
descrittiva quasi lenticolare rievoca chiaramente la pittura fiamminga. Anche le decorazioni dei
braccioli del trono sono eleganti grottesche finemente intagliate nel legno. La presenza
dell’architettura complessa e articolata e gli squarci di cielo, disegnati come si diceva dalla campata
che ospita i personaggi della scena sacra, sono elementi significativi, che aprono a uno spazio
naturale. Si tratta di uno spazio che trascende quello architettonico, matematicamente misurabile, di
natura prettamente umana. Mediante una lettura tattile bimanuale, analitica, simmetrica e sincronica,
si potrà riconoscere in dettaglio la progressione dei piani di posa, le geometrie regolari del trono e
delle lesene, le colonne retrostanti contraddistinte da cornici, le modanature e i capitelli. Alle spalle
della Vergine, l’arco che immette nello spazio dell’abside presenta una chiave di volta, ai lati
emergono due rosette, poste sui pennacchi a raccordo degli archi della campata vista in scorcio
prospettico. Sempre ai lati estremi del rilievo, a destra e a sinistra, è dato apprezzare due tende, di
colore verde nel dipinto originale, che scendono da barre di metallo poste orizzontalmente all’altezza
della cornice superiore dei capitelli, ad attraversare gli intercolumni, per raccogliere la scena, solenne
e intima al contempo. Un senso diffuso di silenziosa contemplazione permea questo dipinto sacro e
devozionale, qui restituito nella sua traduzione tridimensionale.
Autore della scheda: Loretta Secchi - Curatrice del Museo tattile di pittura antica e moderna “Anteros”
dell’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza – Bologna
Produzione finale del bassorilievo in vetroresina