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C
Crotone
CALABRIA
Il patrimonio di uno dei santuari più venerati della Magna Grecia
TESORO DI HERA
C’
era chi portava piccoli bronzi, chi vasi e figurine
in terracotta, chi manti con fregi d’oro e
vesti di bisso, chi ancora ori e gioielli.
Era ricchissimo il Tesoro del Santuario
di Hera Lacinia, tra i più venerati del
mondo ellenico, dedicato alla dea regina, moglie di
Zeus, protettrice della donna (quindi della fertilità),
della natura, degli armenti.
In posizione superba, sul promontorio di Lacinion
proteso sullo Ionio (l’attuale Capo Colonna, 12
chilometri dall’attuale Crotone, dove svetta un’unica
colonna superstite), il Santuario vedeva arrivare carichi di
doni dei pellegrini provenienti da tutta la Magna Grecia. E
anche qualche eroe omerico. Secondo il mito, Enea vi portò
una coppa bronzea (phiale) con il proprio nome nell’iscrizione
dedicatoria. Di quei preziosi ex-voto gli scavi non hanno
restituito che una piccola parte, confluita al Museo Archeologico
Nazionale di Crotone, che al Tesoro di Hera ha dedicato la sala
più insigne. Quella in cui sfolgora, protetto da una teca in cristallo,
il Diadema Aureo di Hera Lacinia (IV sec. a.C.), corona in lamina d’oro
di straordinaria fattura che, con ogni probabilità, cingeva il capo del
simulacro della divinità al modo in cui appare su alcune serie monetali
dell’antica colonia achea di Kroton.
In questa pagina, particolare della lavorazione del diadema in oro proveniente dall’Heraion di Capo Colonna.
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Barchetta Nuragica da Capo Colonna; in alto, testa in terracotta di età arcaica.
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Crotone
Le sirene di Crotone
Nel patrimonio dell’Archeologico di Crotone si distingue un piccolo, bizzarro capolavoro d’arte funeraria. Un askos bronzeo
del V secolo a.C., vaso-unguentario a forma di sirena, il corpo di uccello e la testa di
fanciulla, che stringe tra le mani una melagrana (la rinascita) e un flauto a sette canne (l’armonia celeste). Il manico raffigura
l’anima del defunto in viaggio verso la destinazione finale sul dorso del prodigioso
volatile, che la tradizione voleva dimorasse
alle soglie dell’Ade. Trafugato dalla necropoli delle Murge di Strongoli, il reperto fu
restituito nel 2007 dal Getty Museum di
Malibu dove arrivò per vendita illegale. Il
museo di Crotone ospita un secondo askos
del tutto simile (VI sec. a.C.), proveniente
dalla chora meridionale di Kroton. Due dei
tre esemplari esistenti al mondo; il terzo è
in Grecia.
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Saraceni, in un tratto della
riserva marina più estesa
d’Italia, quella di Isola di
Capo Rizzuto: quasi 15mila
ettari di superficie, tra cui 42
chilometri di promontori, scogliere, spiagge di sabbia rossa
finissima. Al di là del grande cancello in ferro brunito
che ne protegge la privacy e
all’ombra di un’immensa cupola di pini marittimi, il Praia Art si inserisce con armonioso equilibrio in un paesaggio che conserva un fascino
ancora selvaggio. Intorno alla grande piscina, cuore della struttura, 15
stanze di ricercata semplicità, ognuna diversa dall’altra, ma tutte con
patio o terrazza. Spiaggia privata e piccola area benessere.
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Un lavoro di eccellente oreficeria, alto non più di 5 centimetri e lungo 37, realizzato a sbalzo e rifinito a
cesello. La decorazione si ispira al mondo vegetale, di cui replica con meticolosa perizia foglie di acero
(o vite) e ramoscelli di mirto impreziositi da un’esuberante esplosione di bacche, che ruotano intorno
a un motivo a doppia treccia. A far parte del Tesoro (oltre a numerosi altri oggetti di grande valore
storico-artistico) anche la misteriosa Barchetta Nuragica (VII sec. a.C.), lampada in bronzo a forma di
navicella, con a poppa due carri tirati da una coppia di buoi e a prua due colombe. Molto frequenti
in Sardegna e nei corredi funerari delle necropoli etrusche, è l’unica del suo genere rinvenuta nel
meridione d’Italia.
Nella foto in alto, anfora attica a figure nere con lotta tra Eracle e l’Amazzone dalla necropoli della Carrara.
L’HOTEL
Praia Art Resort
Sopra, l’askos bronzeo del Museo Archeologico.
È la tavola del Praia Art,
dove gli ingredienti feticcio
della terra di Calabria, ricca
di prodotti dop e igp (dalla
cipolla rossa di Tropea alla
patata della Sila) costituiscono la base di una cucina
insieme semplice e raffinata,
che guarda tanto alle antiche
tradizioni regionali di terra
e di mare, quanto a una rivisitazione creativa della tradizione mediterranea, in versione spesso
light. Una cucina da accompagnare al blasonato Cirò rosso, il “Barolo
del sud”, offerto nella Grecia classica ai vincitori delle Olimpiadi, o al
Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, rosso e rosato, apprezzato, secondo
la leggenda, anche dall’imperatore Federico Barbarossa.
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