Genere Cichorium L. (1753)

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Genere Cichorium L. (1753)
Classificazione scientifica
Regnum Plantae
Division Magnoliophyta Cronquist
Subdivision Magnoliophytina Frohne & U. Jensen ex Reveal
Classis Rosopsida Batsch
Subclassis Asteridae Takht.
SuperOrdo Asteranae Takht.
Ordo Asterales Lindl., 1833
Familia Asteraceae Dumort., 1822
Subfamilia Cichorioideae (Juss.) Chevall., 1828
Tribus Cichorieae Lam. & DC., 1806
Subtribus Cichoriinae Cass. ex Dumort., 1829
Genus Cichorium L. (1753)
E’ un genere di piante Spermatofite Dicotiledoni appartenenti alla famiglia delle Asteraceae,
dall’aspetto di piccole erbacee annuali o perenni dalle tipiche infiorescenze a forma stellata.
La famiglia delle Asteraceae è la famiglia vegetale più numerosa, organizzata in quasi 1000 generi
per un totale di circa 20.000 specie. Nelle classificazioni più vecchie la famiglia delle Asteraceae
viene chiamata anche Compositae.
Il genere di questa scheda, comprendente una decina di specie di cui quattro sono proprie della flora
italiana (due coltivate e due selvatiche), appartiene, secondo le classificazioni tradizionali, alla
sottofamiglia delle Liguliflorae (capolini con solo fiori ligulati) e alla tribù delle Cichorioideae :
piante per lo più laticifere con fiori ligulati perfettamente circolari e foglie sparse.
Invece secondo la Classificazione APG II, la classificazione di questo genere è la seguente:
Famiglia : Asteraceae, definita dal botanico e politico belga Barthélemy Charles Joseph
Dumortier (1797 - 1878) in una pubblicazione del 1822.
Sottofamiglia : Cichorioideae, definita da Antoine-Laurent de Jussieu (1748-1836) e
Chevall. nel 1828.
Tribù : Cichorieae, definita da Jean-Baptiste de Lamarck (1744-1829) & Augustin Pyrame
de Candolle (1778-1841), nel 1806.
Genere : Cichorium, definito dal naturalista svedese L. (1707 – 1778) in una pubblicazione
dal titolo "Species Plantarum" nel 1753.
Altre classificazioni suddividono ulteriormente la Tribù nella Sottotribù delle Cichoriinae, definita
dai botanici Alexandre Henri Gabriel de Cassini (1781-1832) e Barthélemy Charles Joseph
Dumortier (1797 – 1878) nel 1829.
Per il nome di questo genere è difficile trovare un'etimologia. Probabilmente si tratta di un antico
nome arabo che potrebbe suonare come Chikouryeh. Sembra (secondo altri testi) che derivi da un
nome egizio Kichorion, o forse anche dall'accostamento di due termini Kio (= io) e chorion (=
campo); gli antichi greci ad esempio chiamavano alcune piante di questo genere kichora; ma anche
kichòria oppure kichòreia. Potrebbe essere quindi che gli arabi abbiano preso dai greci il nome, ma
non è certo.
La difficoltà nel trovare l'origine di questo nome sta nel fatto che queste piante erano conosciute fin
dai primissimi tempi della storia umana. Abbiamo ad esempio delle citazioni relative alle piante di
questo genere nel Papiro di Ebers (ca. 1550 a. C.) e Plinio stesso nei sui scritti citava la specie
Cichorium in quanto conosciuta nell'antico Egitto; il medico greco Galeno consigliava queste piante
contro le malattie del fegato; senza contare tutti i riferimenti in epoca romana.
Il nome scientifico del genere (Cichorium) è stato definitivamente fissato dal botanico e naturalista
svedese Carl von Linné (1707 – 1778) nella pubblicazione Species Plantarum del 1753.
Il genere non ha una forma biologica ben definita: sono presenti piante emicriptofite, camefite ma
anche terofite.
Le radici sono grosse e scure e comunque secondarie da rizoma.
Il fusto è perlopiù un grosso e rigido stelo ramoso a volte ricoperto da peli. La parte interrata
consiste in un rizoma ingrossato che termina in una radice a fittone affusolato (a forma conica), di
colore bruno scuro; il rizoma è inoltre ricco di vasi latticiferi amari.
Le foglie sono grosso modo lanceolate con margini dentati o lobati a volte roncinati. È presente una
rosetta basale a volte persistente alla fioritura. Le foglie lungo il fusto sono disposte in modo
alterno.
L'infiorescenza è formata da diversi capolini posti lungo il fusto in posizione ascellare su peduncoli
dimorfici (quasi nulli oppure lunghi fino a 80 mm). La struttura dei capolini è quella tipica delle
Asteraceae : un peduncolo sorregge un involucro cilindrico-conico formato da più squame (una
decina su 2 serie) che fanno da protezione al ricettacolo piatto e poco peloso, sul quale s'inseriscono
i fiori di tipo ligulato; l'altro tipo di fiori, quelli tubulosi, normalmente presenti nelle Asteraceae, in
questa specie sono assenti.
I fiori sono tetra-ciclici (calice – corolla – androceo – gineceo), pentameri ed ermafroditi.
In generale i caratteri morfologici dei fiori di queste piante possono essere così riassunti:
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Formula fiorale :
K 0, C (5), A (5), G 2 infero
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Calice: i sepali sono ridotti ad una coroncina di squame.
Corolla: i petali sono 5 con la porzione inferiore saldata a tubo (la parte superiore si presenta
come un prolungamento nastriforme – ligula) terminante in 5 dentelli.
Androceo: gli stami sono 5 con filamenti filiformi, liberi, mentre le antere sono saldate tra di
loro e formano un manicotto circondante lo stilo; alla base sono acute.
Gineceo: l'ovario è infero uniloculare formato da 2 carpelli; lo stilo è unico ma
profondamente bifido e peloso.
Il frutto è un achenio ovoidale angoloso (quasi prismatico a 3 – 5 spigoli) e allungato, glabro a
superficie liscia e terminante con una coroncina di squame; è circondato dal ricettacolo indurito (in
questo caso persistente) e abbracciato dalle brattee dell'involucro (anche queste persistenti). Il frutto
è sormontato all'apice da un breve pappo persistente.
Diffusione e habitat
Le piante di questo genere sono sparse per tutto il mondo : oltre in Italia e in Europa, sono presenti
in Africa orientale (Abissinia), Asia e Americhe (probabilmente importate e quindi naturalizzate).
L'habitat (per le specie selvatiche) sono le zone ruderali e gl'incolti, ma anche i margini dei sentieri
e strade. Il substrato può essere sia calcareo che siliceo, il pH del terreno è basico (ma anche neutro)
con valori nutrizionali medio-alti in ambiente secco o mediamente umido (questi dati valgono
soprattutto per le specie alpine).
Fitosociologia
Dal punto di vista fitosociologico la maggioranza delle specie di questo genere (almeno per quelle
dell'arco alpino) appartengono alla seguente comunità vegetale :
Formazione : comunità perenni nitrofile
Classe : Artemisietea vulgaris
Ordine : Onopordetalia acanthii
In generale queste piante stimolano le funzioni, tramite depurazione e disintossicamento,
dell'intestino, del fegato e dei reni grazie alle sostanze presenti nelle radici che hanno tra l'altro
proprietà digestive. Sono inoltre ipoglicemizzanti, lassative (hanno proprietà purgative), colagoge
(facilitano la secrezione biliare verso l'intestino) e cardiotoniche (regolano la frequenza cardiaca).
In cucina l'utilizzo più frequente è quello delle foglie nelle insalate (fresche o cotte). Da queste
piante si sono derivati diversi cultivar o varietà orticole come il Radicchio Rosso di Treviso, la
Catalogna (cicoria) o Cicoria asparago, oppure il “Radicchio di Bruxelles”.
Nell'industria queste piante trovano impiego come succedaneo del caffè, aromatizzante della birra,
dolcificante, ma anche come biocarburante.
Le piante della Cicoria sono spesso usate come alimento dalle larve di alcuni lepidotteri tra cui
Xestia c-nigrum e Agrotis segetum entrambi della famiglia dei Noctuidaee.
Bibliografia
• Giacomo Nicolini, Enciclopedia Botanica Motta. Volume primo , Milano, Federico Motta
Editore, 1960. pag. 598
• Sandro Pignatti, Flora d'Italia. Volume terzo, Bologna, Edagricole, 1982. pag. 222 ISBN
8850624492
• AA.VV., Flora Alpina. Volume secondo, Bologna, Zanichelli, 2004. pag. 622
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