LA RELAZIONE TRA MEMORIA AUTOBIOGRAFICA E
FUNZIONAMENTO DI PERSONALITÀ: L’USO DEI
RICORDI AUTOBIOGRAFICI NEL PROCESSO DI
ASSESSMENT
Laura Bonalume
Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi Milano Bicocca
Abstract
Negli ultimi decenni, alcuni modelli teorico-clinici hanno rivalutato il ruolo
della narrazione autobiografica nei processi di valutazione diagnostica e di
trattamento (Angus & McLeod, 2004). Diversi studi hanno dimostrato che
l’analisi delle “self-defining memories” (Singer & Salovey, 1993), ossia di
ricordi personali emotivamente salienti, indotti o spontaneamente evocati
dai pazienti nel corso dei colloqui clinici, facilita e favorisce la
“formulazione del caso” e la scelta dell’indicazione al trattamento, perché
permette di identificare temi relazionali ripetitivi e pattern di emozioni
rilevanti. Il lavoro di ricerca lascia ancora aperte, però, alcune questioni
riguardo all’utilizzo che i terapeuti ne posso fare per comprendere il
funzionamento del Sé. Questo studio intende indagare la relazione tra alcuni
aspetti di funzionamento di personalità di soggetti clinici e il tono
emozionale, il grado di specificità e di integrazione delle loro self-defining
memories, raccontate spontaneamente durante i colloqui clinici. Sono stati
selezionati i colloqui clinici per la raccolta dei dati bio-psico-sociali di 30
soggetti che hanno partecipato a un processo diagnostico presso
l’Associazione per la Ricerca in Psicologia clinica (A.R.P., Milano). Il
grado di specificità e di integrazione dei ricordi è stato codificato con il
Classification and Scoring System for Self-defining Autobiographical
Memories (Singer e Blagov, 2001), mentre il tono emozionale attraverso
l’applicazione dell’analisi testuale degli Emotion-Abstraction Patterns
(Mergenthaler, 2008). Il funzionamento di personalità, invece, è stato
misurato con alcuni indici riassuntivi del test di Rorschach, siglato e
interpretato secondo il Sistema Comprensivo di Exner (Exner, 2003).
–1–
L’applicazione delle Equazioni di stima generalizzate (GEEs; Liang and
Zeger, 1986) ha permesso di valutare il rapporto tra il livello evolutivo del
funzionamento di personalità e le dimensioni dei ricordi autobiografici.
Emergono risultati interessanti riguardo alle relazioni tra le capacità
introspettive e di rappresentazione interna dei soggetti e il grado di
integrazione e tono emotivo dei ricordi.
Introduzione
Negli ultimi decenni, alcuni modelli teorico-clinici e svariati risultati
delle ricerche in psicoterapia hanno rivalutato il ruolo della narrazione
autobiografica nei processi di valutazione diagnostica e di trattamento. Sia i
modelli cognitivi, che si sono sviluppati a partire dai paradigmi costruttivisti
(Gonçalves, 1995; Di Maggio & Semerari, 2004), sia quelli psicodinamici,
influenzati ultimamente dalle teorie interpersonali e intersoggettive (White,
2004; Luborsky & Crits-Christoph, 1998), convergono nell’evidenziare il
ruolo del processo narrativo nella pratica clinica per identificare pattern di
regolazione affettiva e caratteristiche del funzionamento interpersonale e di
personalità dei pazienti (Singer & Bluck, 2001). Dal punto di vista
terapeutico, inoltre, la condivisione di esperienze personali del passato,
emotivamente rilevanti, sarebbe fondamentale per lo sviluppo dell’alleanza
terapeutica e per la costruzione di un contesto di condivisione empatica tra
paziente e clinico (Adler & McAdams, 2007). A questo proposito, negli
ultimi anni, si è enormemente sviluppato e ampliato un approccio narrativo
alla tecnica terapeutica e diagnostica che fa della narrazione dei ricordi
personali e della “storia di vita” del paziente il centro della pratica clinica
(Angus & McLeod, 2004; Book, 2004; Singer, Baddeley, & Frantsve, 2008;
White & Epston, 1990). In una serie di studi, Singer e i suoi colleghi
(Singer, 2004a, 2004b; Singer et al., 2008; Singer & Salovey, 1993; Singer
& Singer, 1992) hanno dimostrato che l’analisi delle “self-defining
memories”, indotte o spontaneamente evocate dai pazienti nel corso dei
colloqui clinici facilita e favorisce la “formulazione del caso” (Haynes &
Williams, 2003; McWilliams, 1999) e la scelta dell’indicazione al
trattamento. Le self-defining memories sono ricordi personali altamente
significativi, che evocano emozioni intense durante la narrazione; sono
spontanei, ricchi di dettagli e vividi nella mente del soggetto, in quanto
–2–
strettamente legati alle sensazioni sperimentate durante le situazioni
originali (Singer & Salovey, 1993). Sarebbero, infatti, proprio i ricordi
specifici di eventi particolarmente rilevanti nella storia di vita del paziente
che permetterebbero di identificare gli “script affettivi” (Tomkins, 1979) che
organizzano, strutturano e caratterizzano le relazioni oggettuali e le
dinamiche di personalità.
Questo studio si inserisce in un ampio progetto di ricerca che intende
conseguire un duplice obiettivo: da un lato, indagare le caratteristiche della
narrazione dei ricordi autobiografici nel corso del processo diagnostico,
attraverso la validazione di un protocollo attendibile per la misurazione delle
dimensioni dei ricordi autobiografici, narrati spontaneamente dai pazienti
durante i colloqui di consultazione; dall’altro, il lavoro esplorativo che
descriveremo intende dimostrare nello specifico l’esistenza di una relazione
causale tra il funzionamento di personalità e la qualità di questi ricordi
autobiografici.
Le teorizzazioni più recenti postulano, infatti, l’esistenza di una relazione
fondamentale tra funzionamento cognitivo della memoria autobiografica e
definizione del sé. Nei principali modelli cognitivi, la memoria
autobiografica, in contrasto con altre forme di memoria a lungo termine, è
intrinsecamente collegata con il costrutto del sé (Brewer, 1996; Conway,
Singer & Tagini, 2004) e garantisce “l’integrazione psicodinamica” delle
sue componenti principali (Pillemer, 1998; Bluck, Alea, Habermas & Rubin,
2005) per dare coesione e coerenza al funzionamento di personalità
(Robinson, 1986).
Lo studio della relazione tra memoria autobiografica e funzionamento del
sé in ambito clinico comporta, tuttavia, una serie di considerazioni teoriche
e metodologiche. In primo luogo, memoria autobiografica e sé sono concetti
clinici molto complessi, perché presentano molteplici sfaccettature e le loro
definizioni sono state riviste e indagate da orientamenti e tradizioni teoriche
differenti.
La definizione di memoria autobiografica
Nonostante una lunga storia di ricerca empirica, che ha incluso anche
numerosi studi di neuroimaging (Conway & Pleydell-Pearce, 2000) non
esiste ad oggi un pieno consenso riguardo all’ontogenesi della memoria
autobiografica, alla sua struttura e alla sua relazione con gli altri sistemi di
rappresentazione dell’esperienza umana (Smorti, 2007). La convinzione più
diffusa è che solo l’integrazione e l’armonia tra i contributi della
–3–
neuropsicologia, della psicoanalisi, della psicologia sociale, clinica e di
personalità e dello studio delle narrazioni, permetterebbe di definire un
costrutto così ampio e multisfaccettato (Rubin, 1996; Siegel, 2001). Al fine
di trovare una soluzione applicativa alle problematiche metodologiche
legate all’integrazione dei contributi delle diverse discipline e al passaggio
dal concetto globale di memoria a costrutti più specifici e
operazionalizzabili (Fonagy, Kächele, Krause, Jones, & Perron, 1999), in
questo studio ci rifaremo a quei modelli che indagano a livello empirico e
misurano il costrutto della memoria autobiografica, scomponendolo nelle
sue dimensioni principali, in modo da poter trarre inferenze sui processi di
sviluppo specifici e su gruppi di individui selezionati. In questo studio
presteremo attenzione alle dimensioni di narrazione verbale (Bruner, 1997;
McAdams, 2001), specificità (Pillemer, 2001; Singer, 2004; Williams,
1996;Conway, Singer & Tagini, 2004), integrazione o “meaning making”
(Singer & Bluck, 2001; Singer & Blagov, 2004), e emozione (Williams,
1996; Wood & Conway, 2006).
Lo studio della dimensione emotiva dei ricordi, in generale, e di quelli
autobiografici, in particolare, porta con sé, tuttavia, un problema
metodologico rilevante: nonostante numerose ricerche hanno dimostrato la
rilevanza della intensità emotiva dei ricordi, ovvero il suo impatto emotivo
sul soggetto, spesso questo aspetto viene confuso con la valenza affettiva,
cioè se si tratta di un ricordo positivo o negativo (Wood & Conway, 2006).
In linea con una recente revisione della letteratura sull’argomento (Talarico,
LaBar e Rubin, 2004), a favore della tesi secondo cui l’intensità affettiva di
un evento, più della sua tonalità o valenza, influenzerebbe le caratteristiche
fenomenologiche del ricordo, quali vividezza, specificità, ampiezza e
struttura narrative, lo studio si avvarrà del modello di analisi del testo
computerizzato, Text Analysis System TAS/C, di Mergenthaler (2007). Il
programma computerizzato permetterà, infatti, di indagare sia l’intensità sia
la valenza emotiva dei trascritti di ricordi, conteggiando i termini emotivi
positivi e negativi utilizzati dal soggetto nella descrizione di un ricordo.
Questo modello permette, inoltre, di definire in ogni singolo testo analizzato
la presenza di quattro pattern di interazione tra dizionari emotivo (ET) e
astratto (AB). Ci si attende che nelle narrazioni di ricordi autobiografici
salienti e particolarmente vividi nella mente del soggetto prevalga un pattern
di Esperienza (ET>0 e AB<0), ossia la proporzione di parole emotive sia
significativamente superiore alla media e alla quantità di parole astratte
(Mergenthaler, 1996).
–4–
La definizione del Sé
La stessa difficoltà teorica e metodologica riguarda la definizione del
“Sé”, che, in quanto concetto psicologico, ha subito numerose ridefinizioni
che hanno portato alla confusione concettuale riguardo ai suoi molteplici
significati.). I recenti modelli filosofici, cognitivi e neuropsicologici (Dienes
& Perner, 1999) e le attuali teorie dello sviluppo, che si rifanno ai modelli
dell’attaccamento e ai risultati dell’infant research (Stern, 1985) hanno
messo fortemente in discussione la dottrina cartesiana della mente,
dimostrando che la rappresentazione degli stati mentali intenzionali ha una
struttura talmente complessa che l’accesso conscio può essere assente o
parziale e può dipendere da una molteplicità di fattori (Fonagy, Gergely,
Jurist e Target, 2002; Damasio, 1999; Povinelli & Simon, 1998; Gopnik,
1993). Si fa strada, quindi, una rappresentazione multisfaccettata del sé, che,
in linea con la visione interpersonale, relazionale e intersoggettiva dei “sé
multipli” (Sullivan, 1964), diventerebbe piuttosto un insieme complesso di
emozioni, ricordi, attitudini e impulsi che costituiscono la personalità
(Wallin, 2007). In questo senso, intendiamo riferirci a un approccio
empirico e ateorico, ampiamente validato a livello psicometrico, quale
quello del Sistema Comprensivo di Exner (2003), applicato al test di
Rorschach, che ci permette di definire e comprendere meglio il ruolo delle
diverse componenti del funzionamento del sé e della personalità in una
modalità multidimensionale. L’obiettivo generale del Rorschach, secondo il
Sistema Comprensivo di Exner è, infatti, valutare la personalità come un
insieme dinamico di diverse funzioni. Exner (2003) articola il costrutto
attraverso l’identificazione di diversi cluster principali: le capacità di
controllo, la percezione di sé, la percezione interpersonale, il funzionamento
cognitivo e affettivo. Ciascun cluster è operazionalizzato da un insieme di
variabili che misurano ciascuno un aspetto specifico dell’area di
funzionamento di personalità misurata dal cluster stesso.
La relazione tra sé e memoria autobiografica.
In presenza di costrutti così complessi, lo studio della relazione tra sé e
memoria autobiografica ha subito di conseguenza parecchie fluttuazioni.
Il modello che oggi ha cercato più di tutti di conciliare i risultati degli studi
della neuropsicologia e della psicologia cognitiva sulla memoria
autobiografica e i modelli recenti sulla personalità è il “Self Memory
System” (Conway & Pleydell-Pearce, 2000). Conway (2000) definisce,
infatti, il “Conceptual self”, un sistema composto di unità e strutture non
–5–
definite temporalmente, quali “personal script” (Demorest, 1995),“sé
possibili” (Markus & Nurius, 1986), unità “sé con l’altro” (Ogilvie & Rose,
1995), modelli operativi interni (Bowlby, 1980), schemi relazionali
(Baldwin, 1992) e “sé guida” (Strauman, 1990), che determinano una
conoscenza astratta di Sé, in termini di “autobiografia della propria vita”.
Secondo questo autore, cambiamenti nel Conceptual self hanno profondi
effetti sull’attivazione della conoscenza autobiografica, per cui in caso di
modifiche di Sé, i magazzini di memoria sono riorganizzati radicalmente.
L’interazione tra rappresentazione di sé come i “personal script” e il
funzionamento della memoria autobiografica diventerebbe più
comprensibile attraverso l’indagine delle “self defining memories” (Singer
& Salovey, 1993), sequenze narrative dei propri script affettivi in forma di
ricordo.
In questo studio si è deciso, quindi, di rifarsi a questo modello teoricoempirico che permette di comprendere meglio la complessa interazione nel
contesto clinico. Si ipotizza che ad ogni dimensione del ricordo (specificità,
integrazione, tono e intensità emotiva) corrisponda uno specifico pattern di
personalità, misurato e valutato attraverso il Rorschach.
Metodo
Partecipanti
Il campione è composto da 30 soggetti clinici (F=16; M=14; età media
=35,86; DS=11,62) che si sono rivolti all’Associazione per la Ricerca in
Psicologia Clinica (A.R.P.; Milano) per svolgere un processo di valutazione
psicodiagnostica. Sono stati esclusi soggetti con precedenti esperienze di
ospedalizzazione psichiatrica; tutti i soggetti presentano la stessa diagnosi di
funzionamento mentale secondo i criteri dell’Asse M del Manuale
Diagnostico Psicodinamico (Psychodynamic Diagnostic Manual, 2006).
Cinque psicologi clinici (3 donne e 2 uomini), di formazione psicodinamica,
hanno svolto sei colloqui ciascuno per la raccolta dei dati bio-psico-sociali.
Tre giudici indipendenti, non a conoscenza delle ipotesi di ricerca, hanno
partecipato a vari livelli nelle procedure di valutazione di inter-rater
reliability dei sistemi di classificazione utilizzati (vedi sezione Procedure &
Strumenti).
Procedure e strumenti
–6–
Il processo diagnostico proposto ad ogni soggetto comprende uno o due
primi colloqui di consultazione, una serie di colloqui semi-strutturati per la
raccolta dei dati bio-psico-sociali e la somministrazione di una batteria di
test per la valutazione diagnostica (Wechsler Adult Intelligence ScaleRevised, test di Rorschach interpretato secondo il Comprehensive Sistem di
Exner, The Blacky Pictures o The Object Relation Technique).
La messa in relazione delle variabili che misurano le caratteristiche del
ricordo autobiografico spontaneamente indagato nei colloqui e il
funzionamento di personalità ha comportato molteplici fasi di lavoro:
1.
trascrizione verbatim dei colloqui per la raccolta dei dati bio-psicosociali, cioè di colloqui clinici semi-strutturati organizzata in sezioni per la
raccolta dei dati: (a) anamnesi familiare, (2) storia personale, (3) anamensi
scolastica e lavorativa, (4) sessualità e relazioni intime, (5) anamnesi
psicopatologica.
2.
segmentazione dei trascritti in “unità di ricordo autobiografico”
secondo i criteri del “Coding System for Autobiographical Memory
Narratives in Psychotherapy” (Singer & Bonalume, 2008); il sistema di
selezione prevede alcuni steps di segmentazione dei trascritti dei colloqui
secondo le recenti definizioni di ricordo autobiografico: (a)“topic definition”
(step 1), (b)“narrative complexity coding” (step 2) e (c) “defining the
autobiographical memory” (step 3). Sono state codificate come “ricordi
autobiografici” solo le unità con un elevata complessità narrativa che si
riferiscono a un evento precedente all’ultimo anno e che il soggetto ha
vissuto e sperimentato personalmente;
3.
codifica delle dimensioni dei ricordi: per ciascuna unità di ricordo
autobiografico si sono indagate le dimensioni di specificità (specificità) e
integrazione (integrato/non integrato), attraverso il Classification System
and Scoring for Self Defining Autobiographical Memories (Singer e Blagov,
2002);
4.
misurazione della dimensione emotiva: i trascritti delle unità di
ricordo autobiografico, opportunamente preparati, sono stati elaborati
attraverso il software CM (Mergenthaler, 2007); dal momento che il
programma segmenta automaticamente il testo in blocchi di parole, è stato
necessario dividere manualmente i trascritti e collocare dei markers in
corrispondenza delle “unità di memoria autobiografica”. In questo modo gli
output si riferiscono a elaborazioni di frequenze relative al numero di parole
emotive, positive e negative di ciascuna unità di ricordo (Tono Emotivo,
ET);
–7–
5.
siglatura dei protocolli Rorschach secondo il Sistema Comprensivo
di Exner (Exner, 2003). Le siglature delle 10 tavole del test di Rorschach
sono state inserite nel programma RIAP 5 (Rorschach Interpretation
Assistance Program Version 5, Exner & Weiner, 2003) per il calcolo del
Sommario Strutturale, cioè della rielaborazione quantitativa della codifica
delle risposte fornite rispetto ad una complessa e composita serie di
“punteggi” derivati dalla codifica stessa. Nella nostra ricerca saranno
utilizzate tutte le variabili del test organizzate in opportuni cluster di
funzionamento al fine di identificare un pattern di funzionamento che
meglio rappresenta ciascuna delle dimensioni del ricordo autobiografico:
capacità di controllo, percezione di sé, percezione degli altri, affetti, triade
cognitiva.
Analisi
Per indagare la relazione causale tra le dimensioni di funzionamento
della personalità (variabili indipendenti) e le dimensioni del ricordo
(variabili dipendenti), che si ripresentano in modo non costante in una serie
di rilevazioni successive, sono state applicate delle Equazioni di stima
generalizzate (GEEs; Liang and Zeger, 1986) che permettono di estendere la
logica della regressione del Modello Lineare Generalizzato all'analisi di
misurazioni ripetute. L’analisi della regressione applicata a questi dati
ripetuti varierà, inoltre, a seconda del tipo di variabile dipendente indagata:
la regressione lineare multipla nel caso di variabili quantitative continue,
come Tono Emotivo dei ricordi, e la regressione logistica binomiale nel
caso di variabili qualitative dicotomiche, come la specificità (specifico/non
specifico) e l’integrazione (integrato/non integrato).
L’applicazione delle Equazioni di stima generalizzata seguirà due fasi
successive:
 per ciascuna variabile dipendente (tono emotivo, specificità e
integrazione dei ricordi) sono state applicate equazioni di stima
generalizzate a partire dai cluster del test di Rorschach (variabili
indipendenti), per identificare un singolo indice per ciascun cluster che
spieghi meglio degli altri la varianza della variabile dipendente; l’insieme
degli indici individuati ha permesso di costruire un nuovo pattern specifico
per ciascuna dimensione del ricordo.
–8–
 identificato il pattern di indici specifico per ciascuna variabile
dipendente, si sono applicate equazioni di stima generalizzate successive per
determinare il modello di regressione migliore.
Risultati
Inter-rater reliability
Come indicato in Tabella 1, il sistema di segmentazione dei colloqui per
la raccolta dei dati bio-psico-sociali e di selezione delle unità di ricordo
autobiografico risulta sufficientemente attendibile. Il range del k di Cohen è
compreso tra 0.74 e 0.92.
TABELLA 1
INTER-RATER RELIABILITY PER LA SELEZIONE DEI RICORDI E LA CODIFICA DELLE DIMENSIONI
DI SPECIFICITÀ E INTEGRAZIONE DELLE UNITÀ DI RICORDO
Categorie
Selezione delle “unità di
ricordo autobiografico”
Codifica della “specificità”
Codifica dell’”integrazione”
k di Cohen
0.74
p
0.021
0.87
0.92
0.001
0.007
Studio della relazione tra pattern di personalità e dimensioni della memoria
autobiografica
Le equazioni di stima generalizzate sono state applicate in due fasi
successive. I risultati dimostrano che ciascuna dimensione del ricordo
dipende da una complessità di fattori di funzionamento differenti e
complessi.
La specificità di un ricordo autobiografico dipende da un pattern di
personalità caratterizzato da (Tabella 2):
•
sforzo eccessivo per comprendere, interpretare e tradurre gli stimoli
della realtà secondo un significato convenzionale (XA%>.89; B=,577;
p=,040);
•
tendenza a integrare e analizzare gli stimoli della realtà in un tutto
che abbia un significato (W; B=,069; p=,000);
•
flessibilità nella modulazione degli affetti: minore probabilità di
disregolazione affettiva (CF+C>FC+1; B=-,894; p=,002);
–9–
•
tendenza ad affrontare i sentimenti direttamente e realisticamente
senza ricorrere a strategie di pseudo-intellettualizzazione (Intellect>5; B=,835; p=,008).
TABELLA 2
EQUAZIONE DI STIMA GENERALIZZATA APPLICATE ALLA RELAZIONE TRA PATTERN DI INDICI
DEL TEST DI RORSCHACH E DIMENSIONE DICOTOMICA DI SPECIFICITÀ
Indici Rorschach
(Intercetta)
XA%>.89
W
CF+C>FC+1
Intellect >5
Test dell’ipotesi
Chi-quadrato di Wald
B
-4.702
0.577
0.069
- 0.894
- 0.835
148.918
4.233
13.051
9.386
7.025
p
0.000
0.040
0.000
0.002
0.008
La capacità di integrazione dei ricordi dipenderebbe dalla presenza di
un pattern di personalità caratterizzato da (tabella 3):
•
assenza di una tendenza ipoincorporatrice: le operazioni di
processamento degli stimoli della realtà tendono ad essere efficienti (Zd<-3;
B= - 1,871; p=0,015);
•
tendenza a cogliere la complessità degli stimoli senza semplificarli o
evitarli (Avoidant style – Lambda>1.00 - B= - 0,807; p=0,005).
•
minor numero di interferenze affettive sul pensiero (FM; B= - 0,120;
p=0,007)
•
capacità di riferirsi a rappresentazioni umane positive e integrate
(NPH; B= - 0,152; p=0,005);
•
maggiore consapevolezza riguardo a vissuti dolorosi e negativi
(Shading Blends; B= 0,080; p=0,069).
TABELLA 3
EQUAZIONE DI STIMA GENERALIZZATA APPLICATA ALLA RELAZIONE TRA PATTERN DI INDICI
DEL TEST DI RORSCHACH E DIMENSIONE DICOTOMICA DI INTEGRAZIONE
(Intercetta)
0.697
Test dell’ipotesi
Chi-quadrato di
Wald
3.252
Zd<-3
Avoidant style
- 0.985
0.807
26.481
8.037
0.000
0.005
FM
- 0.120
7.342
0.007
Shading Blends
0.080
3.302
0.069
Indici Rorschach
B
– 10 –
p
0.071
Negative Human content
- 0.152
7.990
0.005
L’intensità emotiva di un ricordo dipenderebbe dalla presenza di un
pattern di personalità caratterizzato da (tabella 4):
•
tendenza a rapporti interpersonali passivi e dipendenti (p>a+1; B=
,008; p=0,000);
•
alto livello di insoddisfazione riguardo ai propri bisogni primari
(FM; B= ,001; p=0,000);
•
elevata permeabilità alle sollecitazioni emotive negative
(SumShading; B= ,001; p=0,009);
•
assenza di un’attitudine all’evitamento dei conflitti e delle emozioni
(Lambda; B= -,018; p=0,013);
•
stile di personalità più flessibile nell’affrontare il problem solving e
le decisioni della vita quotidiana(EB Per; B=-,001; p=0,001).
TABELLA 4
EQUAZIONE DI STIMA GENERALIZZATA APPLICATA ALLA RELAZIONE TRA PATTERN DI INDICI
DEL TEST DI RORSCHACH E DIMENSIONE CONTINUA DEL TONO EMOTIVO (ET)
Indici Rorschach
B
Test dell’ipotesi
Chi-quadrato di Wald
p
(Intercetta)
.059
236.570
.000
p>a+1
.008
12.355
.000
FM
.001
27.595
.000
Lambda
-.018
6.216
.013
EBPer
-.001
12.048
.001
SumShading
.001
6.844
.009
Conclusioni
I risultati dimostrano che l’analisi delle dimensioni dei ricordi
spontaneamente narrati durante i colloqui di consultazione permettono di
accedere a un intreccio complesso di componenti del sé in cui il
funzionamento cognitivo è strettamente legato alla capacità di regolazione
degli affetti e ai meccanismi di difesa messi in atto per gestire le emozioni.
– 11 –
In particolare, l’analisi del livello di specificità consente di comprendere tre
aspetti importanti del funzionamento di personalità: le abilità di codifica e di
comprensione degli stimoli, lo stile di pensiero e di rappresentazione della
realtà e la qualità dei meccanismi di controllo e regolazione delle emozioni.
I risultati confermano, infatti, le teorizzazioni dei recenti modelli che
spiegano il fenomeno dell’overgeneralizzazione dei ricordi nei pazienti con
disturbi della regolazione dell’umore (Williams, Barnhofer, Crane,
Hermans, Raes, Watkins & Dalgleish, 2007). La tendenza dei soggetti
depressi a raccontare ricordi generici dipenderebbe, infatti, dalla
combinazione di uno stile di pensiero analitico, che riduce la possibilità di
focalizzarsi su aspetti sensoriali-percettivi dell’esperienza passata (capture e
rumination), di meccanismi di evitamento difensivo (functional avoidance) e
di un deficit a carico delle risorse esecutive di pianificazione e controllo dei
comportamenti finalizzati alla rievocazione (impaired executive control).
I principali modelli teorici suggeriscono che il recupero di un ricordo inizia
con un’elaborazione cognitiva dello stimolo e con l’analisi della
rappresentazione astratta del Sé e delle proprie esperienze (Conway, Singer
& Tagini, 2004). I risultati sperimentali dimostrano però che solo l’analisi
dell’intensità emotiva dei ricordi permette di comprendere la qualità degli
schemi di sé e la natura delle esperienze e dei bisogni primari. La valenza
affettiva poi influenza l’attenzione del processo cognitivo: il ricordo di
episodi relazionali, sogni e materiale autobiografico conflittuale favorisce la
focalizzazione dell’organizzazione cognitiva sulla qualità negativa delle
emozioni e delle rappresentazioni di sè. La sola stimolazione emotiva non è
però sufficiente: il grado di integrazione o di meaning making permette di
valutare la capacità del soggetto di sperimentare e comprendere le emozioni,
anche negative, attraverso un processo cognitivo di riflessione del contenuto
emotivo delle esperienze che ha e sta sperimentando. La coerenza dei ricordi
e l’abilità di integrare, distinguere e dare un significato alle proprie
esperienze descrive realmente la stabilità del sè e la maturità “cognitiva e
affettiva” del soggetto (McAdams, 2001; Conway et al., 2004).
Bibliografia
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– 12 –
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