Logica e teorie formali Antonio Maida 1 La logica non formale Un linguaggio è un sistema di comunicazione di fatti ed è costituito di un insieme di enti linguistici, i segni, significanti enti extralinguistici. Sono rilevanti i linguaggi verbali i cui segni sono parole, che sono linguaggi naturali (o lingue) e linguaggi artificiali. L’originalità dei linguaggi verbali consiste nella proposta di considerare le parole come combinazioni di suoni elementari. Per Platone le parole sono nate ad imitazione di suoni naturali, per Aristotele l’origine delle parole è un fatto convenzionale. Le prime forme di scrittura riproducevano schematicamente oggetti e fatti. Il primo alfabeto fu probabilmente usato dai fenici. Ogni lingua è creativa; la lingua orale è più libera imprecisa ed adatta alla comunicazione; la lingua scritta è più chiara e precisa. Lo studio ML di un lingua L ne costituisce il metalinguaggio o la grammatica. La ML si articola poi in morfologia che studia tramite l’analisi grammaticale la forma e la classificazione delle parole, e sintassi che analizza tramite l’analisi logica la struttura delle proposizioni e dei periodi. In un dato contesto scritto è spesso facile confondere segni linguistici e segni metalinguistici; ed un stesso segno, dipendentemente dal contesto, puó interpretarsi nei due modi. Ad esempio, nei due enunciati Roma è una città e Roma è bisillaba, la parola Roma denota enti diversi. Tali confusioni si evitano evidenziando in qualche modo i termini linguistici menzionati in espressioni metalinguistiche. Le stesse non capitano però se il linguaggio oggetto è una lingua straniera mentre il suo metalinguaggio è la lingua madre. Un frammento rilevante di ogni lingua è il discorso enunciativo En costituito delle cosiddette proposizioni dichiarative od enunciati, di quelle proposizioni cioè che sono vere o false, ed il cui studio è, in definitiva la logica non formale. Opportuni frammenti di En sono i linguaggi non formali della matematica. L’analisi grammaticale classifica come alfabeto di En quello costituito dalle seguenti categorie di segni: Nomi propri o costanti individuali Particelle fondamentali Nomi comuni Variabili individuali Aggettivi Segni ausiliari Verbi. Le particelle fondamentali sono le sette configurazioni linguistiche: “non” “se allora” “o” “e” “se e solo se” “per ogni” “esiste” indicate spesso coi soliti segni logici. Le variabili individuali (o soggettive) sono gli elementi di VS=⎨xi/i∈N⎬ e generalizzano il discorso. I segni ausiliari sono gli elementi di SA=⎨( ) ,⎬ e rimpiazzano i segni di punteggiatura. I termini del discorso enunciativo sono definiti dalle clausole: t1) t2) t3) Costanti e variabili individuali sono termini. Il risultato dell’applicazione di un nome comune a termini è un termine. Niente altro è un termine. Sono ad esempio termini, i nomi propri “Socrate”, “3”, “Ø”, la variabile “x”, le espressioni “il padre di Mario”, (3+5)(2-x). L’analisi logica individua come elemento sintattico di base l’enunciato semplice, la cui struttura è predicato+soggetti. I predicati sono verbali, e cioè i verbi, oppure nominali, e cioè le sequenze copula+nome comune, copula+aggettivo. Fungono da soggetti i termini. L’insieme En degli enunciati è infine quello definito dalle clausole: e1 ) e2 ) e3 ) Gli enunciati semplici sono enunciati. Se P e Q sono enunciati ed x è una variabile allora sono enunciati anche (nonP) (P⇒Q) (P o Q) (P e Q) (P ⇔Q) (om x P) (ex x P) Niente altro è un enunciato. In (om x P), P è il campo d’azione di om x. Si conviene di eliminare in un enunciato le coppie di parentesi superflue. Una occorrenza della variabile x nell’enunciato P dicesi occorrenza vincolata se è immediatamente preceduta in P da om x, o se si trova in P nel campo d’azione di un om x; diversamente, essa dicesi occorrenza libera. La x dicesi variabile libera in P se ha occorrenze libere in P, dicesi variabile vincolata in P se ha occorrenze vincolate in P. Un enunciato P dicesi chiuso se non ha variabili libere, aperto altrimenti. 2. Linguaggi formali ed enti Il concetto di segno è primitivo ed un alfabeto E è un insieme non vuoto di segni. Nella pratica gli alfabeti saranno riconducibili al finito. Se E⊂E’ allora E’ è una estensione di E. Una parola di E è una sequenza finita di segni di E; fra le parole di E vi è sempre la parola vuota ∆. Si indica con WE l’insieme delle parole di E. La giustapposizione di due parole P e Q è la parola (PQ) ottenuta scrivendo di seguito i segni di P e Q. La parola P è sottoparola della parola Q, in simboli P⊂Q, se esistono le parole R ed S tali che Q=((RP)S). Si hanno le: (PQ)R=P(QR) ∆P=P∆=P ∆⊂P P⊂Q⊂R⇒P⊂R P⊂R⊂P⇔P=R. I concetti di occorrenza di un segno s nella parola P e di lunghezza lP di P sono ovvi. Una produzione di E è una coppia <P,Q> di parole di E. Un linguaggio artificiale è una coppia <E,L> essendo L⊂WE. Particolari linguaggi artificiali saranno i linguaggi formali della matematica. Gli enti matematici sono classificabili in individui, relazioni fra individui e funzioni di individui in individui. Sono individui le entità singole, e cioè i punti, i numeri, gli insiemi, i segni, ecc. Sono relazioni o regole gli insiemi R=Rx1…xn di n-ple (n≥1) di individui. Per ogni R, si definisce in modo usuale domR codR univocità (o funzionalità) di R di R. biunivocità (o ingettività) Se R è una relazione, si scriverà b1…bh⇒Ra se esistono individui distinti {a1,…,an-1}⊂{b1,…,bh} tali che Ra1…an-1a. Un insieme X dicesi chiuso per una regola R=Rx1…xn se: (Rx1…xn, <x1, x2,…, xn−1>∈Xn-1)⇒(xn∈X). L'insieme X dicesi chiuso per un insieme R di regole se esso è chiuso per ogni R∈R. Una derivazione da X ed R è una sequenza a1, …, ah di individui, nella quale, per ogni i, si abbia uno dei due casi: ai∈X Esiste R∈R tale che: a1…ai-1⇒Rai. Nel primo caso, si dirà che ai è una ipotesi, o premessa, o assunzione. Gli elementi terminali delle derivazioni diconsi derivabili da X ed R. La chiusura di X per R è l’insieme XR=⎨x/x è derivabile da X ed R⎬. Si hanno le seguenti proprietà della chiusura: XR=min⎨H/X⊂H/H è chiuso per R⎬ X⊂Y⇒XR⊂YR. Le relazioni univoche R=Rx1…xny, dette funzioni, si indicano con lettere f, g, h, ecc. Si scriverà y=fx1…xn al posto di fx1…xny. Se X è un insieme, si dice che f è una funzione parziale in X se domf⊂X; se in particolare domf=X si dirà allora che f è una funzione totale in X. Se X ed Y sono insiemi, si dirà che f è una funzione di X in Y, e si scriverà f:X→Y, se domf=X e codf⊂Y. Se f:X→Y e codf=Y, allora la f:X→Y dicesi surgettiva. Se f:X→Y è surgettiva ed ingettiva allora essa dicesi bigettiva. Se esiste una bigezione f:X→Y allora X ed Y diconsi equipotenti. 3. Schemi, diagrammi di Venn e tavole di verità I segni di CL=⎨⎤ → ∀⎬, detti segni logici o costanti logiche, sono rispettivamente il connettivo della negazione, il connettivo della implicazione ed il quantificatore universale. Se SA∪VS∪CL⊂E, essendo E un alfabeto, per P,Q∈WE ed x∈VS, le parole ⎤P→Q ⎤(P→⎤Q) ⎤∀x⎤P (P→Q)∧(Q→P) si indicheranno con P∨Q P∧Q ∃xP P↔Q. Si è convenuto di eliminare le coppie di parentesi superflue; ad esempio, quelle esterne. In ∀xP, P è il campo d’azione di ∀x. I nuovi segni logici ∨, ∧, ↔ ed ∃ sono rispettivamente il connettivo della disgiunzione, il connettivo della congiunzione, il connettivo della equivalenza ed il quantificatore esistenziale. Si definiscono le seguenti quattro regole, essendo P,Q∈WE ed x∈VS: R⎤ =⎨<P,⎤P>⎬ R→=⎨<P,Q,P→Q>⎬ Mp=⎨<P,P→Q,Q>⎬ Le Mp, Gen sono il modus-ponens e la generalizzazione. Le regole di Gen=⎨<P,∀xP>⎬. RF=⎨ R⎤, R→, Gen⎬ RD=⎨Mp, Gen⎬ Sono rispettivamente le regole di formazione, e le regole di deduzione o di inferenza o di dimostrazione. Con W=⎨1,0⎬ si indica l’insieme dei due valori di verità. I segni di ⎨vi/i∈N⎬ e ⎨Ai/i∈N⎬ sono le variabili per valori di verità e le lettere enunciative. Con u, v e w si indicheranno le prime vi e con A, B e C le prime Ai. Gli schemi. Gli elementi della chiusura ⎨Ai/i∈N⎬RF sono gli schemi. Si indica con Σ l’insieme degli schemi privi di occorrenze di quantificatori (schemi elementari) e con Σn l’insieme degli elementi di Σ nei quali occorrono esattamente le n lettere enunciative A1, A2,…, An. n Sono forme congiuntive di Σn gli h=2 schemi S1,…,Sh del tipo B1∧…∧Bn essendo per ogni i, Bi=Ai oppure Bi=⎤Ai. h Sono forme canoniche (fc) di Σn i (2 −1) schemi del tipo C1∨…∨Ck essendo ogni Ci una forma congiuntiva e 1≤k≤h. Per k=1 si hanno le forme congiuntive e per k=h si ha la forma canonica 1=S1∨…∨Sh. Posto 0=A1∧…∧An∧⎤A1, l’insieme fc∪⎨0⎬ è la base di Σn. Diagrammi di Venn. Per ogni n∈N è sempre possibile disegnare, dentro un rettangolo 1, n linee chiuse Ai tali che n l’insieme ⎨S1,…,Sh⎬ delle h=2 superfici individuate costituisca una partizione di 1. Tale figura Vn è il diagramma di Venn relativo ad n. Le h superfici rappresentano gli schemi in forma h congiuntiva di Σn, mentre le 2 unioni ∪K al variare di K⊂⎨S1,…,Sh⎬ rappresentano gli schemi della base di Σn. In particolare 1=∪Si mentre 0=∪Ø è il rettangolo vuoto. Funzioni e tavole di verità. Ogni funzione y=fv1…vn : Wn→W n è una funzione di verità. Rappresentando le (n+1)−ple di f su righe si ottiene una matrice (2 ,n+1) su W che è la tavola di verità di f. Viceversa ogni tavola di verità su W individua univocamente una funzione di verità. Si parla perciò indifferentemente di funzione o tavola di verità, se ne indica con F il relativo insieme, e con Fn si indica l’insieme delle funzioni di verità sulle prime n variabili. Se è sempre fx=1 allora la f è una tautologia; se è sempre fx=0 allora la f è una contraddizione. h Gli elementi di Fn sono 2 e fra essi vi è una sola tautologia 1 ed una sola contraddizione 0. Infine, l’ultima colonna di una tavola ne è la colonna principale. Sono particolari le cinque funzioni di verità seguenti con le rispettive tavole: ⎤u≠u 1→0=0 u→v=1altrimenti. 0∨0=0 u∨v=1 altr. 1∧1=1 u∧v=0 altr. u↔u=1 u↔v=0 altr. 10 01 111 100 011 001 111 101 011 000 111 100 010 000 111 100 010 001 Le ∨ e ∧ sono commutative ed associative, ed hanno 0 ed 1 come rispettivi elementi neutri. Trasformato canonico. Per ogni n, si definiscono due funzioni τ:S∈Σn→τS∈Fn σ:f∈Fn→σf∈fc∪⎨0⎬⊂Σn. La τS facilmente costruibile in base a definizioni precedenti è la tavola di S. Se τS=1 allora S è uno schema di tautologie. S ed S’ diconsi equivalenti, S≡S’, se τS=τS’. La σf è invece definita nel modo seguente: Se f=0 allora σf=σ0=0. Altrimenti, ad ogni riga di f del tipo a1…an1, si associ la forma congiuntiva B1∧…∧Bn, essendo Bi=Ai se ai=1, Bi=⎤Ai altrimenti. La disgiunzione di tali forme congiuntive è σf. Si provano facilmente le due: σ è ingettiva τσf=f. * * Per ogni S∈Σn lo schema S =στS è il trasformato canonico; in particolare 0 =0. È facile provare * h che S ≡S. La relazione di equivalenza ≡ ripartisce dunque Σn in 2 classi di equivalenza i cui rappresentanti sono gli elementi di fc∪⎨0⎬. Tali rappresentanti sono individuati graficamente su Vn h dalle 2 unioni ∪K. In particolare, il rettangolo vuoto 0 individua lo schema 0 ed il rettangolo 1 * individua lo schema 1. Per ogni S∈Σn, S puó determinarsi con le tavole di verità o coi diagrammi di Venn. Alcuni diagrammi di Venn. I diagrammi V1, V2 e V3 sono: V1 V2 A 2=A A B 2=A∧⎤ B 1=⎤A 3=A∧B 4=⎤A∧B 1=⎤A∧⎤ B V3 1=⎤A∧⎤ B∧⎤C A C 2=A∧⎤ B∧⎤C 7=⎤A∧⎤ B∧C 5=A∧⎤ B∧C 3=A∧ B∧⎤C 4=A∧ B∧C 6=⎤A∧B∧C B 8=⎤A∧B∧⎤C Se S=⎤A→B, T=⎤(A→⎤B), H=⎤A∨B e K=(A∨B)→(⎤A∧(A→B)), le rispettive tavole sono: ABS 1 11 1 01 0 11 0 00 ABT 1 11 1 00 0 10 0 00 ABH 1 11 1 00 0 11 0 01 * ABK 1 10 1 00 0 11 0 01 * * Allora S*=(A∧B)∨(A∧⎤B)∨(⎤A∧B), T =A∧B, H =(A∧B)∨(⎤A∧B)∨(⎤A∧⎤B), K =(⎤A∧B)∨(⎤A∧⎤B). Si verifica che S≡(A∨B), T≡(A∧B), H≡(A→B). I connettivi ∨, ∧, ↔ sono dunque superflui. Gli stessi trasformati possono poi ottenersi facendo riferimento alla tabella seguente associata a V2: A B 1 2 + 3 + + 4 + ⎤A + + ⎤B A→B A∨B + + + + + + + + ⎤A∧B ⎤A∨⎤B + + + + A→⎤B ⎤A∧(A→B) S T H K + + + + + + + + + + + + + + Utilizzando gli stessi metodi si provano le equivalenze: A≡⎤⎤A. A∨B≡B∨A. A∧B≡B∧A. A∨B≡⎤A→B. A→B≡⎤A∨B. A→B≡⎤B→⎤A. ⎤(A∨B)≡⎤A∧⎤B. ⎤(A∧B)≡⎤A∨⎤B. A∨(B∨C)≡(A∨B)∨C. A∧(B∧C)≡(A∧B)∧C. A∨(B∧C)≡(A∨B)∧(A∨C). A∧(B∨C)≡(A∧B) ∨(A∧C). 4. Semantica del discorso enunciativo Se in uno schema S si rimpiazzano uniformemente lettere enunciative con enunciati, l’enunciato ottenuto è un esempio di S; se viceversa in un enunciato P si rimpiazzano sottoenunciati semplici con lettere enunciative si ottiene lo schema di P. Uno schema S puó dunque interpretarsi come schema di enunciati. Una assegnazione s delle variabili associa ad ogni variabile individuale x una costante individuale s(x). Si dirà che l’assegnazione s soddisfa l’enunciato P e si scriverà s(P)=1, o che altrimenti s non soddisfa P e si scriverà s(P)=0, in base alle seguenti clausole: a) Se P è semplice chiuso allora, per ogni s ed s', è sP=s'P. b) Se P è semplice e P’ è da esso ottenuto rimpiazzandovi ogni variabile x con sx, allora sP=sP’. c) Se P è del tipo ⎤Q o Q→R, allora rispettivamente sP=⎤sQ o sP=sQ→sR. d) Se P è del tipo ∀xQ, allora sP=1 se s’Q=1 per ogni s’ differente da s al più sulla x. Se P è soddisfatto da ogni assegnazione delle variabili allora esso è un enunciato vero. Se ⎤P è vero allora P è un enunciato falso. Sicuramente, nessun enunciato è vero e falso, ogni enunciato chiuso è vero o falso. Uno schema di enunciati dicesi logicamente vero se ogni suo esempio è un enunciato vero. Se S∈Σ si prova allora che S è logicamente vero se e solo se è uno schema di tautologie. Un enunciato di una qualunque teoria dicesi logicamente vero se è esempio di uno schema logicamente vero, dicesi tautologia se è esempio di uno schema di tautologie. Due enunciati P e Q diconsi equivalenti, P≡Q, se P↔Q è logicamente vero. Se P e Q sono esempi di due schemi elementari equivalenti allora anche P≡Q. Si osservi per concludere che gli enunciati logicamente veri di una qualunque teoria sono tali non per proprietà specifiche della teoria (in questo caso sarebbero solo veri), ma a priori, sono cioè verità logiche che non occorre provare nella teoria. Il problema degli aperitivi I diagrammi di Venn sono utili per risolvere vari problemi logici. Si consideri ad esempio il seguente problema degli aperitivi: Tre persone, A, B e C, prendono ogni giorno l’aperitivo, con le quattro clausole però: Se A prende l’aperitivo allora lo prende anche B. B e C prendono sempre l’aperitivo ma mai assieme. A o C prendono sempre l’aperitivo. Se C prende l’aperitivo allora lo prende anche A. Indicando con X l’enunciato “X prende l’aperitivo”, la congiunzione delle clausole poste è allora P=(A→B)∧(B C)∧(A∨C)∧(C→A), dove il segno rappresenta l’aut. Il problema consiste allora nel * trovare un enunciato equivalente a P ma di forma più semplice; nel trovare cioè S , essendo S lo schema di P. Si consideri allo scopo la seguente tabella associata a V3: A 1 2 3 4 5 6 7 8 B C A→B + + + + + + + + + + + + + + + + + + B C A∨C C→A S + + + + + + + + + + + + + + + + + * Si verifica facilmente che S è verificato solo in 3, e cioè S =A∧B∧⎤C. Dunque, A e B prendono sempre l’aperitivo e C mai. 5 Teorie formali Il linguaggio logico. Gli elementi di ci=⎨an/n∈N⎬ n cf=⎨f m/n,m∈N⎬ n cp=⎨A m/n,m∈N⎬ CNL=ci∪cf∪cp sono le costanti: individuali, funzionali, predicative e non logiche. L’alfabeto è l’insieme Alf=SA∪VS∪CL∪CNL. L’insieme Ter⊂WAlf dei termini è la chiusura in base alle: a) I segni individuali sono termini. n b) Se t1,…,tn sono n termini allora, per ogni m, anche f m(t1,…,tn) è un termine. c) Niente altro è un termine. Gli elementi di n Atom=⎨A m(t1,…,tn)/n,m∈N/ti∈Ter⎬ For=AtomRF sono le formule atomiche e le formule. For è chiuso per RD. L’insieme Prop delle formule prive di occorrenze di “∀” è l’insieme delle proposizioni. La coppia Lin=<Alf, For> è il linguaggio logico. In ogni formula le parentesi aperte sono tante quante le chiuse. Si conviene di eliminare le coppie di parentesi superflue. In ∀xA la sottoformula A è il campo d’azione di ∀x. Le nozioni di variabile libera o vincolata e di formula chiusa sono definite come in precedenza. Uno schema S puó intendersi come schema di formule. La chiusura A* di una formula A è ottenuta da A quantificando inizialmente e nell’ordine le variabili libere. Si ha: A chiusa⇔⎤A chiusa⇔A=A*⇔ ⎤A*=(⎤A)*. Se x è una variabile t un termine ed A una formula, si dice che t è libero per x in A, se le occorrenze libere di x in A non stanno nel campo d’azione di un ∀y, essendo y una variabile di t. Si prova che ogni variabile è libera per se stessa in ogni formula, ogni costante è libera per ogni variabile in ogni formula, ed ogni termine è libero per ogni variabile non libera in una formula. I teoremi logici. L’insieme Ax degli assiomi logici è l’insieme delle formule esempi dei seguenti cinque schemi di assiomi: A1: A2: A3: A4: A5: A→(B→A) (A→(B→C))→((A→B)→(A→C)) (⎤B→⎤A)→((⎤B→A)→B) ∀xA(x)→A(t) ∀x(A→B)→(A→∀xB) essendo il termine t libero per x in A(x), A(t) la formula ottenuta da A(x) rimpiazzandovi le occorrenze libere di x con t, ed in A5 la variabile x non libera in A. Si osservi che, per ogni formula A, ∀xA→A è un assioma di A4. Gli elementi di Ax’=Ax∩Prop Teor=(Ax)RD Teor’=Teor∩Prop=(Ax’)Mp sono gli assiomi logico-proposizionali, i teoremi logici ed i teoremi logico-proposizionali. Le formule logicamente vere. Una interpretazione è una coppia i=<U,i> di un universo U ed una funzione i essendo, per ogni n ed m dom(i)=CNL i (an)∈U n n i(f m): U →U n n i(A m): U →W. Si indica con ℑ la classe delle interpretazioni e con ℑU la classe delle U-interpretazioni. Se i∈ℑU, ogni funzione s:VS→U è una i-assegnazione delle variabili. Si indica con Ai la classe x delle i-assegnazioni e con s a l’assegnazione differente da s al più su x dove assume il valore a; si x porrà sx=⎨s a /a∈U⎬. Si verifica che s∈sx. Ogni s∈Ai induce le due funzioni s':Ter→U ed s'':For→W definite induttivamente dalle: n n s''(A m (⎨ti⎬))=i(A m)( ⎨s'ti⎬). s'' (A)=⎤(s''A). s'' (A→B)=s''(A)→s''(B). s''(∀xA)=1⇔(σ∈sx⇒σ''(A)=1). s'(x)=s(x). s'(a)=i(a). n n s' (f m(⎨ti⎬))=i(f m)( ⎨s'ti⎬). Nel seguito si identificherà s=s'=s''. Si hanno immediatamente le: s(A∨B)=sA∨sB s(A∧B)=sA∧sB s(A↔B)=sA↔sB. Se sA=1 si dirà allora che s soddisfa A. Gli elementi di Veri=⎨A∈For/(om s∈Ai)(sA=1)⎬ Log=∩⎨Veri /i∈ℑ⎬ Tau=Log∩Prop sono le formule vere in i, le formule logicamente vere e le tautologie. Se ⎤A∈Veri, si dirà allora che A è falsa in i. Si osservi che ogni esempio di uno schema di tautologie è una formula logicamente vera. Per ogni M⊂For, i modelli di M sono gli elementi di ModM=⎨i∈ℑ/M⊂Veri⎬ Due s,s’∈Ai diconsi simili rispetto al termine t, s≡ts’, se sono uguali sulle variabili di t; diconsi simili rispetto alla formula A, s≡As’, se sono uguali sulle variabili libere in A. Dalle definizioni conseguono immediatamente le: (1) Proposizione ∀xA→A∈Log. ModØ=ModLog=ℑ. M⊂M’⇒ModM’⊂ModM. 1.3 I seguenti, nei quali * sta uniformemente per ∨ o ∧, e ⊗ sta per ∀ o ∃, sono schemi di teoremi logici. Quelli elementari sono dimostrabili col solo utilizzo di Mp. In quelli sottolineati la variabile x deve essere non libera in A. A↔A (∃xA∨∃xB)↔∃x(A∨B) A↔(⎤ ⎤A) ∃x(A∧B)→(∃xA∧∃xB) A↔(A*A) A→(A∨B) (A∧B)→A A↔(⎤A→A) (∃xB→A)→∀x(B→A) (A∧(B∨C))↔((A∧B)∨(A∨C)) (A→B)↔(⎤A∨B) (A→B)↔(⎤B→⎤A) A↔(⎤A→(B∧⎤B)) ⎤(A∧B)↔(⎤A∨⎤B) ⎤(A∨B)↔(⎤A∧⎤B) ∀x⎤A→⎤∀xA A→∃xA (∃xA→A) (A*B)↔(B*A) (A→∀xB)↔∀x(A→B). ((A*B)*C)↔(A*(B*C)) A∨(B∧C))↔((A∨B)∧(A∨C)) (∀xA∧∀xB)↔∀x(A∧B) (∀xA∨∀xB)→∀x(A∨B) ∀x(A→B)→(∀xA→∀xB) (⊗xyA↔⊗yxA) Una prova, ad esempio di A→A, è la seguente: A→((A→A)→A) A→(A→A) 1→(2→(A→A)) 2→(A→A) A→A 1: 2: 3: 4: 5: Proposizione (es.A1) (esA1) (esA2) (Mp 1,3) (Mp 2,4). 2.3 a) ⎨A,A→B⎬⊂Veri ⇒B∈Veri b) A∈Veri ⇔∀xA∈Veri. Dim a: Sia s∈Ai; essendo sA=s(A→B)=1, sarà anche cioè sB=1. Dunque B∈Veri. Dim b: Se A∈Veri allora, per ogni s'∈sx⊂Ai, s'A=1; quindi ∀xA∈Veri. Se ∀xA∈Veri ed s∈Ai allora s(∀xA)=1; quindi, poiché s∈sx, sA=1. Conseguono immediatamente le: (2) Veri e Log sono chiusi per RD. A∈ Veri ⇔A*∈ Veri. A∈Log ⇔A*∈Log. Metateorema di similitudine a) s≡ts’⇒st=s’t. b) s≡As’⇒sA=s’A. La prova è immediata. In particolare: ogni formula chiusa A è vera o falsa in ogni assegnata interpretazione i. Infatti, per ogni s,s’∈Ai, essendo s≡As’, sarà sA=s’A. Consegue ancora la: (3) (x non libera in A)⇒(A→∀xA∈Log). Infatti, se sA=1 ed s’∈sx, essendo la x non libera in A si avrà s’A=sA=1; quindi s(∀xA)=1. Metateorema di sostituzione a) Siano t=tx ed u due termini, t’=t(u) il termine ottenuto da t rimpiazzandovi x con u, s ed s’ due i-assegnazioni differenti al più su x dove è s’x=su. Allora: s’t=st’. b) Siano A=Ax una formula, t un termine libero per x in A, A’=At la formula ottenuta da A rimpiazzandovi le occorrenze libere di x con t, s ed s’ due i-assegnazioni differenti al più su x dove è s’x=st. Allora: s’A=sA’. La prova è immediata. Proposizione 3.3 Gli assiomi logici sono formule logicamente vere. Cioè Ax⊂Log. Dim: I primi tre sono schemi di tautologie. Si consideri lo schema A4, ∀xAx→At, e sia s∈Ai tale che s(∀xAx)=1. Se s’ è l’assegnazione differente dalla s al più sulla x, dove è s’x=st, risulterà s’(Ax)=1, e per il metateorema di sostituzione sAt=s’Ax=1. Dunque s(A4)=1, e cioè A4⊂Log. Si consideri infine lo schema A5, ∀x(A→B)→(A→∀xB), e sia s∈ Ai tale che s(∀x(A→B))=sA=1. Allora, per ogni s’∈sx, s’(A→B)=1; d’altronde, essendo la x non libera in A, sarà anche, per il metateorema di similitudine, s’A=sA=1; ne deriva s’B=1, e cioè s(A5)=1. Conseguono immediatamente le: ModAx=ℑ. (4) Teor ⊂Log. Le teorie formali. Una teoria formale è una coppia T=<CPT,AxpT>, essendo: Ø≠(CPT∩cp)⊂CNL AxpT⊂ForT. Gli elementi di CPT sono le costanti primitive di T. Gli insiemi AlfT=SA∪VS∪CL∪CPT ForT=For∩WAlfT LinT=<AlfT,ForT> sono l’alfabeto, le formule ed il linguaggio di T. Gli insiemi AxpT AxlT=Ax∩ForT AxT=AxlT∪AxpT sono gli assiomi propri, gli assiomi logici e gli assiomi creativi di T. I linguaggi delle teorie matematiche formali, o linguaggi formali, sono dunque particolari linguaggi artificiali opportuni frammenti, costruiti in base alle regole appena stabilite, del più ampio linguaggio formale Lin. Per ogni M⊂ForT, gli insiemi KTM=⎨A∈ForT/Mod(M∪AxT)⊂ModA⎬ DT M=(M∪AxT)RD sono le derivazioni dall’insieme M di ipotesi o premesse e le conseguenze di M in T. Posto M╞TM’ ≈ M’⊂DTM ╞ TM ≈ Ø╞TM Ø├TM, M├TM’ ≈ M’⊂KTM ├T M ≈ gli elementi di TeorT=DTAxT TeorlT=(AxlT)RD=Teor∩ForT VerT=KTAxT=∩⎨Veri/i∈Mod T⎬ TeorpT=TeorT−TeorlT ModT=ModAxT LogT=Log∩ForT sono i teoremi, i teoremi logici, i teoremi propri, i modelli, le formule vere e le formule logicamente vere di T. Lo studio MT di una T ne è la metateoria ed il suo linguaggio è il metalinguaggio di T. La MT si articola in morfologia che studia LinT, sintassi o teoria della dimostrazione che studia le proprietà di DT, semantica o teoria dei modelli che studia le proprietà di KT e logica nella quale si confrontano sintassi e semantica. Se AxpT=Ø allora T è una teoria logica; altrimenti T è una teoria matematica. Per ogni teoria formale T=<CPT,AxpT>, la teoria logica LT=<CPT,Ø> è la logica sottostante T. La teoria logica LP=<CNL,Ø>, la più ampia possibile, è logica dei predicati. Si osservi che TeorLP=Teor, LogLP=Log=VerLP e A├A*├A. In tutte le notazioni si ometterà il riferimento ad LP. Si hanno, per ogni M∪M’⊂ForT, le: (5) M⊂M’⇒(DT M⊂DT M’)⇒(M’╞TM) (M╞TM’╞TM’’)⇒(M╞TM’’) M⊂M’⇒(KTM⊂ KTM’)⇒(M’├TM) M├TM’├TM’’)⇒(M├TM’’) DTM⊂KTM. KTM è chiuso per RD. Coerenza e completezza. Sia M⊂ForT. Si dirà che M è coerente se DTM≠ForT. Si dirà che M è completo se, per ogni formula chiusa A di T, M╞TA oppure M╞T⎤A. La completezza di M si esprime anche nei termini: ogni formula chiusa di T è decidibile relativamente ad M. Ovviamente: a) AxT è coerente o completo se e solo se lo è Ø. b) Ogni sottinsieme di un insieme coerente è coerente. c) Ogni soprinsieme di un insieme completo è completo. Una T dicesi coerente se lo è AxT; la T dicesi completa se lo è AxT; la T dicesi assiomatica se AxT è decidibile, dicesi decidibile se TeorT è decidibile. Una T’ è una estensione di una T, in simboli T⊂T’, se CPT⊂CPT’ AxpT⊂TeorT’. Se in particolare CPT=CPT’ si dirà allora che T’ è una estensione semplice di T. Se T⊂T’ e TeorT’∩ForT)⊂TeorT, si dirà allora che T’ è una estensione conservativa di T, e si scriverà T⊂cT’. Due teorie T e T’ diconsi equivalenti, in simboli T≅T’, se T⊂T’⊂T; se cioè hanno le stesse costanti primitive e gli stessi teoremi. Si prova facilmente che: se T’ è una estensione semplice di T, allora la coerenza di T’ implica quella di T, e la completezza di T implica quella di T’. Una teoria T dicesi assiomatizzabile se esiste una teoria assiomatica T’≅T; se poi T’ ha un numero finito di assiomi propri allora la T si dirà finitamente assiomatizzabile. Una T dicesi essenzialmente indecidibile se T ed ogni sua estensione semplice e coerente sono non decidibili. Una T dicesi essenzialmente incompleta se ogni sua estensione semplice assiomatica e coerente è non completa. I termini coerente, consistente e non contraddittorio sono sinonimi. Se T⊂T’, si dirà anche che T è una sottoteoria di T’, o che T’ è una soprateoria di T. La completezza appena definita è la completezza sintattica, non confondibile dunque con la completezza semantica di M, col fatto cioè che KTM⊂DTM. Poiché ogni insieme M è semanticamente completo, il concetto di completezza semantica è superfluo. Si osservi che ogni teoria incoerente è completa. Viceversa, per il già citato teorema di incompletezza di Gödel, ogni teoria coerente, assiomatica, e sufficientemente potente è incompleta. Ne deriva, come si è già osservato, un limite nella moderna concezione di assiomatica: le due sue esigenze fondamentali, e cioè la coerenza e la completezza, sembrano infatti, allo stato attuale non conciliabili! Da Log≠For deriva Teor≠For; dunque LP è coerente. Inoltre LP è incompleta, assiomatica ed indecidibile (Church, 1903-1995). Infine Teor è enumerabile. Proposizione 4.3 Le seguenti deduzioni sono dimostrabili col solo utilizzo di Mp: a) b) c) d) e) ⎨A→B, A→(B→C)⎬╞A→C. ⎨B, A→(B→C)⎬╞A→C. ⎨A→B, B→C⎬╞A→C. ⎨A, ⎤A⎬╞B (Legge di Duns-Scoto). B╞A→B. Dim: a (Ip) 1:A→B 2:A→(B→C) (Ip) 3:2→(1→(A→C)) (esA2) 4:1→(A→C) (Mp 2,3) (Mp1,4). 5:A→C b c 1:B (Ip) 1:A→B (Ip) 2:A→(B→C) (Ip) 2:B→C (Ip) 3:B →(A→B) (esA1) 3:2→(A→2) (esA1) 4:A→B (Mp 1,3) 4:A→2 (Mp 2,3) 5:A→C (a 4,2). 5:A→C (a 1,4). d 1:A (Ip) 6:⎤B→A 2: ⎤A (Ip) 7:⎤B→⎤A 3:A→(⎤B→A) (esA1) 8:6→B 9:B 4:⎤A→(⎤B→⎤A) (esA1) 5:(⎤B→⎤A)→((⎤B→A)→B) (esA3) Proposizione a) b) c) d) e) f) 5.3 A╞A*╞A ╞TA⇒(⎤A╞TB) (x non libera in A)⇒╞A→∀xA M╞T(A→B)⇒(M∪A)╞ TB Nelle ipotesi di A4: Ax╞At A∧B╞⎨A,B⎬╞A∧B. e (Mp 1,3) 1:B (Ip) (Mp 2,4) 2:B→(A→B) (esA1) (Mp 7,5) 3:A→B (Mp 1,2). (Mp 6,8). Dim a: Si prova intanto che A╞∀xA╞A. Infatti A╞∀xA per Gen, e la <∀xA, ∀xA→A, A> è una prova di ∀xA╞A. Iterando allora rispetto alle variabili libere in A si ottiene la tesi. Si osserva che da tale proprietà, per la transitività della derivazione, consegue la ╞A⇔╞A*. Dim b: Se╞TA, allora, per Duns Scoto, ⎤A╞T⎨A, ⎤A⎬╞TB; per transitività, ⎤A╞TB. Tale proprietà si esprime nei termini: una proposizione falsa implica ogni proposizione. Dim c: ∀x(A→A)→(A→∀xA) è un A5. Per Gen, ╞∀x(A→A). Per Mp, ╞A→∀xA. Dim d: Se M╞T A→B allora M∪A╞T⎨A, A→B⎬╞TB. Per transitività, M∪A╞TB. Dim e: Ax╞∀xAx╞At. Tale proprietà è la regola di particolarizzazione. Metateorema di deduzione Se M∪A╞TB e se in tale deduzione non si applica Gen a variabili libere in A, allora M╞T(A→B). Dim: Sia <B1,…,Bn=B> una prova di M∪A╞TB. Si prova per induzione su i che M╞TA→Bi; per i=n si avrà la tesi. Sicuramente B1∈M∪A∪Ax; se B1=A allora ovviamente M╞TA→B1; diversamente, la tesi consegue da B1╞TA→B1. Si supponga ora che M╞TA→Bi, per ogni i<n. Se Bn è deducibile per Mp da opportuni Bh e Bk, se cioè Bk=Bh→Bn, allora, per la a della prop.4.3, M╞T⎨A→Bh,A→Bk ⎬╞TA→Bn. Diversamente, per opportuni h ed x non libera in A, sarà Bn=∀xBh. Per A5 si avrà: M╞TA→Bh╞T∀x(A→Bh )╞ TA→Bn. Dal metateorema di deduzione conseguono le (6) (⎤A╞TA)⇒╞TA ╞ T⎤A→(A→B) ⎤A╞T(B∧⎤B)⇒╞ TA essendo A una formula chiusa. Infatti, per quanto riguarda la prima, da ⎤A╞TA consegue ╞T⎤A→A, e d’altronde ╞⎤A→⎤A; per A3 è poi (⎤A→⎤A)→((⎤A→A)→A); applicando due volte Mp, si ha╞TA. La seconda consegue dalla legge di Duns-Scoto e dal metateorema di deduzione. La terza è riconducibile alla prima poiché, per Duns-Scoto, ⎤A╞T(B∧⎤B)╞ T⎨B,⎤B⎬╞TA. Si osservi che sulle (6) erano fondate le argomentazioni di Saccheri e Lobachevsky. Metateorema di completezza semantica della logica proposizionale Teor’=Tau. Dim: s s Per ogni assegnazione s e per ogni A∈For, si ponga A =A se sA=1 ed A =⎤A altrimenti. Si prova intanto il seguente lemma: se le sottoproposizioni atomiche della proposizione A=A(A1,…,An) sono fra le Ai allora, per ogni assegnazione s, s s ⎨(Ai) ⎬╞MpA . Procedendo induttivamente sul numero m di occorrenze di connettivi in A, se m=0 si puó allora s s supporre A=A1, quindi A =(A1) , e dunque s s s ⎨(Ai) ⎬╞Mp(A1) =A . s s Se m>0 ed A=⎤B si hanno allora due casi: se sB=0 allora B =A e quindi ancora s s s ⎨(Ai) ⎬╞MpB =A ; s s se invece sB=1 allora B =B ed A =⎤⎤B, e quindi ancora s s ⎨(Ai) ⎬╞MpB╞Mp⎤⎤B=A . Sia infine m>0 ed A=B→C; si hanno i tre casi sB=0, sC=1, ed sB=1 e sC=0: nel primo caso s s s ⎨(Ai) ⎬╞MpB =⎤B╞MpB→C=A ; nei rimanenti casi si procede in modo analogo. È così provato il lemma. Si provi ora che Teor’=Tau. Basta provare Tau⊂Teor’. Sia A=A(A1,…,An)∈Tau; esistono sicuramente due assegnazioni s e σ uguali su A1,…,An-1 e differenti su An; per il lemma si avrà allora s s s s ⎨(A1) ,…,(An-1) ,An⎬╞MpA ed ⎨(A1) ,…,(An-1) ,⎤An⎬╞MpA; per il metateorema di deduzione, s s ⎨(A1) ,…,(An-1) ⎬╞Mp⎨An→A, ⎤An→A⎬╞MpA. Iterando, si perviene a ╞MpA. Caratterizzazioni Sia M⊂ForT. Si hanno le: a) b) c) d) M coerente⇔(non esiste A)(M╞T⎨A,⎤A⎬). (Caratt. sintattica della coer.) M completo⇔(A∉DTM ⇒M∪A incoerente). (Caratt. sintattica della compl.) M coer.⇔Mod T ∪M≠Ø. (Caratt. semantica della coer.) M coer.⇒(M compl.⇔(ex i∈Mod T ∪M )(DTM=Veri). (Caratt. semantica della compl.) Le prove di a⇐, d⇐, sono ovvie. Si omette la prova di c). Dim a⇒: Da M╞ T⎨A,⎤A⎬ conseguirebbe per Duns-Scoto M╞ T⎨A,⎤A⎬╞ TB, per ogni B∈ForT; cioè M╞ TB; e dunque M sarebbe incoerente. Dim b⇒: Sicuramente A*∉DTM; quindi, poiché M è completo, ⎤A*∈DTM⊂DT(M∪A). Ma anche A*∈DT(M∪A). Ne consegue la tesi. Dim b⇐: Se A=A*∉DTM, allora M∪A è incoerente. Sarà quindi M∪A╞T⎤A. Per il metateorema di deduzione, essendo A chiusa, M╞T (A→⎤A)╞T⎤A. Dim d⇒: Sia M coerente e completo. Esisterà per c un modello i di T∪M; ma DTM⊂Veri. Se poi A=A*∈ Veri allora, per la completezza di M, essendo ⎤A∉DTM, sarà A∈DTM. Metateorema di completezza di Gödel DTM= KTM. Dim: Basta provare che A=A*∈KTM⇒A∈DTM. Si osservi che M∪⎤A è incoerente: diversamente, esisterebbe una i per la quale ⎨A,⎤A⎬⊂ Veri; e ciò non puó succedere. Dall’incoerenza di M∪⎤A consegue allora, per una proprietà già vista ed applicabile in questo caso poiché A è chiusa, M╞TA. 6. Teorie definitorie e teorie con uguaglianza Teorie definitorie. Siano T=<CPT,AxpT>, una teoria, k∈(CNL–CPT) ed A∈For una formula nella quale occorre k e nessuna altra costante non logica che non sia di T. Sia T’=<CPT∪k,AxpT∪A>. Si scriverà T⇒T’, se valgono i seguenti assiomi della definizione: Eliminabilità di k: B∈For T’⇒(esiste B’∈ForT)(╞ T’B↔B’) Non creatività di A: T⊂cT’. Si dirà che T’ è una estensione definitoria di T, e si scriverà T⊂dT’, se esistono (n+1) teorie Ti=<CPTi-1 ∪ki, AxpTi-1∪Ai> tali che: T=T0⇒T1⇒…⇒Tn=T’. Se T⊂dT’, allora gli elementi di CDT=⎨ki⎬ e di AxdT=⎨Ai⎬ sono rispettivamente le costanti definite, e gli assiomi non creativi o definitori, di T. Ogni Ai sarà poi la definizione in T di ki. Ovviamente: T’=<CPT∪CDT, AxpT∪AxdT>, e T⊂dT’⇒T⊂T’. È ora possibile precisare un concetto introdotto in precedenza intuitivamente. Si dice che T è fondata su T’, se CPT ⊂ CDT’ ed AxpT⊂Teor T’. Teorie con uguaglianza. Si dice che una teoria T è una teoria con uguaglianza se vi è in essa una costante predicativa binaria =, primitiva o definita, verificante i due seguenti assiomi dell’uguaglianza, nei quali Ax1 è una formula atomica, ed Ax2 è ogni formula ottenibile da Ax1 rimpiazzandovi occorrenze di x1 con x2 : A7 (Sostitutività): ╞T (x1=x2)→(Ax1→Ax2). A6 (Riflessività): ╞T (x1=x1). In teorie con uguaglianza è definibile il concetto di unicità: la formula ∃⏐xA sta per (∃xAx)∧((Ax∧Ay)→x=y), essendo y la prima variabile non occorrente in ∃xAx. Proprietà dell’uguaglianza Siano T una teoria con uguaglianza, t, s, e w tre termini, At una formula, ed As ottenuta da At rimpiazzandovi occorrenze di t con s. Allora: a) ╞T (t=t) b) ╞T (t=s)→(s=t) c) ╞T (t=s)→((s=w)→ (t=w)) d) ╞T (t=s)→(At→As). Dim: La a) consegue da A6 e dalla regola di particolarizzazione. Si omette la prova di d). Per il resto, basta limitare la prova al caso in cui i termini siano variabili. b 1:x1=x1 2:x1=x2→(x1=x1→x2=x1) 3:1→(2→(x1=x2→x2=x1)) 4:x1=x2→x2=x1 c 1: x1=x2→x2=x1 (b) 2: x2=x1→( x2=x3→x1=x3) (A7) 3: x1=x2→( x2=x3→x1=x3) (trans.) (A6) (A7) (teor.) (Mp). Metateorema di definizione n a) Siano T=<CPT,AxpT> una teoria, k=A m∈(CNL–CPT) una costante predicativa, A’ una n formula di T nella quale occorrono esattamente le n variabili libere yi, A=A my1…yn↔A’, ed infine T’=<CPT ∪k, AxpT ∪A>. Allora: T⇒T’. n b) Siano T=<CPT,AxpT> una teoria con uguaglianza, k=f m∈(CNL–CPT) una costante, funzionale se n>0, individuale se n=0, A’=A’zy1…yn una formula di T nella quale le variabili z, yi sono libere e tale che ╞T ∃⏐zA’ (tale proprietà è il teorema di esistenza ed unicità per k). Siano n infine, A=A’(f my1…yn,y1,…,yn) la formula ottenuta da A’ rimpiazzandovi le occorrenze libere di n z con f my1…yn, e T’=<CPT∪k, AxpT∪A>. Allora: T⇒T’. n c) Siano T=<CPT,AxpT> una teoria con uguaglianza, k=f m∈(CNL–CPT) una costante, funzionale se n>0, individuale se n=0, t un termine di T nel quale occorrono solo n variabili xi , A n la formula f mx1…xn=t, ed infine T’=<CPT∪k, AxpT∪A>. Allora: T⇒T’. Metateorema di Lindembaum Se T=<CPT,AxpT> è coerente esiste allora una sua estensione T’ coerente e completa. Dim: Esiste una elencazione Bn≥0 delle formule chiuse di T. Si consideri la successione Tn≥0 di teorie definite dalle: T0=T, Tn=Tn−1 se ╞Tn−1⎤Bn−1, Tn=Tn−1∪Bn−1 altrimenti. Se An è l’insieme degli assiomi di Tn ed A=∪⎨An/n∈ω⎬, la T’=<CPT,AxpT∪A> è una estensione di T. Ogni Tn è coerente: lo è infatti T0; se lo è poi Tn−1 e se per assurdo non lo fosse Tn, risulterebbe allora ╞Tn⎤Bn− 1, e cioè Bn−1╞Tn−1⎤Bn−1; essendo Bn−1 chiusa e per il metateorema di deduzione, si avrebbe l’assurdo ╞Tn−1Bn−1→⎤Bn−1╞Tn−1⎤Bn−1. Se T’ fosse incoerente esisterebbe una sua formula A tale che ╞T’⎨A, ⎤A⎬; ed in tali prove si utilizzerebbe un insieme finito B di assiomi di T’. Dalla definizione di T’ conseguirebbe l’esistenza di una Tm incoerente. Sia infine A=Bn−1 una generica formula chiusa di T’. Per le definizioni, o ╞Tn−1⎤A oppure ╞TnA; cioè, ╞T’ ⎤A oppure ╞T’ A; e dunque T’ è completa.