IL CRISTIANESIMO NEI PRIMI SECOLI LA PALESTINA AL TEMPO DI GESÙ CRISTO BREVE STORIA DELLA GIUDEA ROMANA Roma conquistò la Giudea nel 64 a. C. La ridusse alla condizione di stato cliente, guidato dal Sommo Sacerdote del Tempio di Gerusalemme. A partire dal 37 a.C., la regione fu governata dal re Erode, uomo di fiducia dei Romani. Quando Erode morì nel 4 a.C., la Giudea diventò provincia romana, guidata da un funzionario romano, il “prefetto” (che aveva il diritto di nominare il Sommo Sacerdote). LE QUATTRO SETTE FONDAMENTALI Quando la Giudea diventò provincia romana, la religione ebraica era divisa in alcuni gruppi, o “sette”. Farisei Sadducei Zeloti Esseni Accomunate dal rispetto per i principi fondamentali della fede israelita e dall’obbedienza per la Legge ebraica, si diversificavano per il modo di concepire il rapporto con il potere romano. FARISEI E SADDUCEI I Farisei, osservanti minuziosi e fin troppo rigidi della Legge giudaica, molto seguiti a livello popolare, avevano un atteggiamento critico, ma non apertamente contrario al potere romano e i Sadducei,meno rigidamente legati alla Legge, membri della parte più facoltosa della popolazione (forse non credevano nella resurrezione), controllavano il Sommo Sacerdozio mantenevano un rapporto sostanzialmente corretto e conciliante nei confronti dei Romani ZELOTI E ESSENI Gli zeloti, sorti all'inizio del I secolo d.C. come movimento di resistenza partigiana sono i nemici giurati dei sadducei, e soprattutto della potenza occupante; ricorrevano alla violenza e al terrorismo, poiché erano convinti che solo dopo la loro cacciata dal territorio giudaico dei Romani Dio avrebbe redento il suo popolo. Rifiutavano specialmente di pagare i tributi ai Romani. Gli esseni sono presentati dalle fonti come una comunità di individui che aveva varie sedi nella Palestina. Abitavano in villaggi o borghi,spesso presso il deserto, ad occidente del Mar Morto fuggendo dalla corruzione delle città alla ricerca di una spiritualità più profonda,lontani, in ogni caso, dalla zona rivierasca "nociva" (nel senso della contaminazione spirituale). Si sa molto più di loro dal 1947, quando vennero scoperti a Qumran i famosi manoscritti, che rivelano l’organizzazione e il modo di intendere la fede di questa setta. Erano sostanzialmente estranei al potere romano. Si astenevano dalla violenza contro ogni essere vivente, dunque rifiutavano la guerra; erano contrari alla schiavitù; praticavano l’astinenza sessuale. GLI ESSENI, I MANOSCRITTI DEL MAR MORTO Uno dei manoscritti trovati a Qumran Una delle cave del ritrovamento La zona dove sono stati ritrovati I “manoscritti del Mar Morto” LA NASCITA DI GESÙ (4 A. C.) In questo clima politico e religioso molto vitale, in cui tutte le sette attendevano la salvezza da Dio, che avrebbe posto fine alla dominazione straniera,nacque a Betlemme, in Giudea, Gesù durante il principato di Augusto, probabilmente nel 4 a. C. FORMAZIONE E PREDICAZIONE DI GESÙ Si formò a Nazareth, in Galilea, terra di origine della sua famiglia. All’età di trent’anni cominciò la sua predicazione, radunando intorno a sé un gruppo di seguaci. Egli aveva aspetti che lo accomunavano alla tradizione dei profeti della Bibbia, che si proclamavano inviati da Dio per riportare il popolo eletto sulla via giusta. Molti videro in lui un possibile capo politico nella lotta contro i Romani, ma Gesù diede al suo messaggio un contenuto solo religioso,anche se molto radicale. IL MESSAGGIO DI GESÙ, “MESSIA” Gesù affermò di essere il Messia da sempre atteso dal popolo ebraico (da mashia, “unto”), cioè colui che aveva ricevuto l’unzione divina, da cui derivò la traslitterazione greca Christòs. Il Messia era il figlio di Dio, la cui venuta significava l’avvento del regno del Padre. E’ difficile stabilire se questo messaggio riguardasse solo gli Ebrei o l’umanità intera. Storicamente, all’epoca il cristianesimo fu considerata dai Romani una delle sette ebraiche che erano diffuse in Palestina. L’OSTILITÀ VERSO GESÙ DI FARISEI E SADDUCEI Un fariseo (stampa del „500) Gesù cominciò la sua predicazione dalla Galilea, sua zona di nascita, in cui radunò i suoi primi seguaci, e fece circolare il suo messaggio «Il tempo di Dio è compiuto, il Regno di Dio è vicino; pentitevi e credete al Vangelo». La sua predicazione si diffuse particolarmente tra gli strati più bassi della popolazione. Quando si trasferì a Gerusalemme, Gesù suscitò il risentimento di Farisei e Sadducei. I primi erano contrari a Gesù perché egli affermava l’esigenza di allontanarsi dal rispetto letterale della Legge giudaica e delle osservanze rituali, i fondamenti del modo di vivere la fede dei Farisei. I Sadducei erano disturbati dal fatto che Gesù fosse vicino ai poveri e ai diseredati e proclamasse la loro maggiore vicinanza al regno di Dio, rispetto ai ricchi, troppo legati ai beni materiali e spesso lontani per questo da Dio. IL SINEDRIO, ORGANO GIUDIZIARIO E RELIGIOSO Il Gran Sinedrio era composto di settantun membri, compreso il presidente che era il sommo sacerdote. Sotto i procuratori romani l'autorità del gran Sinedrio crebbe grandemente; i Romani infatti, seguendo anche in Palestina il loro costante modo di operare, lasciavano ai popoli sottomessi una libertà piena in campo religioso e subordinata in quello degli affari civili interni, e trovarono che al gran Sinedrio di Gerusalemme si poteva opportunamente affidare l'amministrazione di questa doppia libertà; inoltre il gran Sinedrio era composto in prevalenza da aristocratici, che nelle province erano graditi ai Romani ben più degli innovatori, spesso rappresentanti del popolo. Il Simedrio divideva in tre gruppi, «Sommi sacerdoti », «Anziani» (soprattutto Sadducei) e Scribi, o Dottori della Legge (soprattutto Farisei, ma anche Sadducei) Qualsiasi causa religiosa e civile, avente attinenza con la Legge giudaica, poteva essere giudicata dal gran Sinedrio. All'epoca dei procuratori romani le sentenze del gran Sinedrio avevano valore esecutivo, e potevano essere applicate anche con ricorso alle forze di polizia giudaica o romana: soltanto un caso Roma aveva sottratto alla potestà esecutiva del gran Sinedrio, ed era il caso di sentenza capitale, la quale poteva bensì essere pronunziata da quel consesso, ma non già eseguita se non fosse stata individualmente confermata dal magistrato rappresentante di Roma. IL PROCESSO E LA MORTE DI GESU’ Gesù, fu incarcerato a Gerusalemme per ordine del Sinedrio. Dopo un processo relativo alle sue affermazioni in campo religioso, di cui la più grave era stata considerata quella di proclamarsi Figlio di Dio e Messia, Gesù fu condannato a morte. “Cristo davanti a Caifa” di Luca Cambiaso I Romani, in accordo con la decisione del Sinedrio, decisero di giustiziarlo mediante crocifissione, la pena più grave e umiliante. Il fatto avvenne probabilmente nel 29 d.C. Fin dai mesi successivi, tuttavia, i seguaci di Cristo cominciarono la diffusione del suo messaggio religioso. LA PRIMA DIFFUSIONE DEL CRISTIANESIMO TRA LE COMUNITÀ EBRAICHE I primi seguaci e testimoni di Cristo e della sua predicazione cominciarono a diffondere il suo messaggio, chiamato “e u a n g e l i o n ” (buona novella) nelle comunità ebraiche presenti all’interno delle città del Vicino Oriente e in Africa Settentrionale: A n t i o c h i a , E f e s o , A l e s s a n d r i a d ’ E g i t t o , C a r t a g i n e . Intorno al 40 d.C., il messaggio cristiano si diffuse anche all’interno della comunità ebraica presente a Roma, oltre che a Pozzuoli e Pompei, in Campania. L’APOSTOLATO DI PAOLO DI TARSO (44 – 60 D.C.) Il fariseo Paolo (Saulo) era cresciuto in una famiglia benestante della città costiera di Tarso. Cittadino romano, Paolo fu educato nella religione ebraica, ma acquisì anche una buona conoscenza della lingua e della cultura greca. Si recò a Gerusalemme per accedere al rabbinato, quindi divenne persecutore dei cristiani, Mentre si recava in Siria per partecipare a una missione contro i cristiani, ebbe un’esperienza mistica che cambiò la sua vita e lo spinse a diventare un fedele cristiano. Paolo diventò il maggiore diffusore del messaggio di Cristo tra i “gentili”, i non ebrei, attraverso quattro lunghi viaggi attraverso la zona orientale del Mediterraneo, fino a Roma. Dalle sue “lettere pastorali”, con le quali indicava alle comunità cristiane le modalità di interpretazione del messaggio di Cristo e affrontava le questioni spinose della loro organizzazione, emerge la consapevolezza che l’idea di una comunità universale di fedeli fondata sulla diffusione del messaggio di Cristo implicava una rottura radicale con le sette giudaiche, legate alle idee e ai costumi loro propri. I QUATTRO VIAGGI DI PAOLO (49 -60) VICENDE DEI VIAGGI DI PAOLO FINO ALLA MORTE (65) Paolo dal 49 al 52 compì un viaggio che lo portò fino in Grecia, dove fondò, a Corinto, una nutrita comunità di cristiani. Nel terzo viaggio, a Efeso, Paolo fu coinvolto nei tumulti violenti sorti tra difensori e accusatori del culto della dea Artemide, e abbandonò la città. Nel 60 fu arrestato a Gerusalemme per volontà del Sinedrio e consegnato all’autorità romana con l’accusa di essere un agitatore e un perturbatore dell’ordine pubblico. Essendo cittadino romano, chiese e ottenne di essere processato a Roma, dove fu assolto dopo un lungo procedimento. Rimase però coinvolto nelle persecuzioni di Nerone contro i cristiani, fu condannato e decapitato nel 65 d.C. PRIME OSTILITÀ CONTRO LE “ECCLESIAI” Le prime comunità cristiane, dette “ecclesiai” si organizzarono in modi diversi nelle diverse città, tuttavia sappiamo poco sulle forme primitive del culto cristiano. Il fatto che i cristiani vivessero in modo estremamente discreto, quasi segreto, il proprio culto, e che si diffondessero su di loro credenze infamanti basate sul travisamento di espressioni rituali come “mangiare il corpo di Cristo” e “fratellanza”, li rese sospetti e invisi a livello popolare, ma anche alle massime autorità politiche. La religione cristiana era considerata politicamente sospetta e pericolosa perché non integrabile con i culti ufficiali romani, che erano politeisti, e perché non riconosceva la divinità dell’imperatore. LA PRIMA PERSECUZIONE, NERONE, 64 E’probabile che gli imperatori temessero anche l’aspetto messianico del cristianesimo e l’attesa del regno di Dio, che poteva mettere in discussione i fondamenti del loro potere. Nerone approfittò del clima di sospetto sui cristiani e li incolpò dell’incendio del 64, che distrusse i tre quarti di Roma. I membri della comunità romana furono perseguitati crudelmente, come racconta Tacito (“Annali”, XV) Ma né soccorso umano, né largizione imperatoria, né sacrifizi agli dèi valevano a soffocare la voce infamante che l’incendio fosse stato comandato. Allora, per troncare la diceria, Nerone spacciò per colpevoli e condannò ai tormenti piú raffinati quelli che le loro nefandezze rendevano odiosi e che il volgo chiamava cristiani. Prendevano essi il nome da Cristo, che era stato suppliziato ad opera del procuratore Ponzio Pilato sotto l’impero di Tiberio: e quella funesta superstizione, repressa per breve tempo, riprendeva ora forza non soltanto in Giudea, luogo d’origine di quel male, ma anche in Roma, ove tutte le atrocità e le vergogne confluiscono da ogni parte e trovano seguaci. Furono dunque arrestati dapprima quelli che professavano la dottrina apertamente, poi, su denunzia di costoro, altri in grandissimo numero furono condannati, non tanto come incendiari, quanto come odiatori del genere umano. E quando andavano alla morte si aggiungevano loro gli scherni: si facevano dilaniare dai cani, dopo averli vestiti di pelli ferine, o si inchiodavano su croci, o si dava loro fuoco, perché ardessero a guisa di fiaccole notturne dopo il tramonto del sole. Nerone aveva offerto per tale spettacolo i propri giardini e celebrava giuochi nel circo, frammischiato alla plebe in abito d’auriga, o prendeva parte alle corse, in piedi sul carro. Per questo, sebbene si trattasse di colpevoli che meritavano castighi di una severità non mai veduta, pur nasceva un senso di pietà, in quanto essi morivano per saziare la crudeltà uno, non per il bene di tutti. L’OSTILITÀ DI DOMIZIANO Domiziano, per attuare una politica di legittimazione religiosa del suo potere, volle presentare sé stesso come rappresentante di Giove sulla terra e come l’uomo scelto dal dio stesso come suo inviato. Tutti coloro che non riconoscevano questo ruolo dell’imperatore erano accusati di ateismo, e con questa accusa erano eliminati anche gli oppositori politici di Domiziano. Sembra che tra i perseguitati vi fossero parecchi cristiani, tra cui anche suo cugino Flavio Clemente e la moglie Domizia, accusati di “ateismo”, in quanto interessati alle dottrine giudaiche e cristiane. IL II SECOLO: LA LETTERA DI PLINIO IL GIOVANE A TRAIANO. Il famoso senatore e letterato Plinio il Giovane governò la Bitinia tra il 111 e il 113. Durante questo periodo gli capitò di trattare diversi processi contro i cristiani, sui quali, non sapendo come comportarsi chiese consiglio all’imperatore Traiano. «con coloro che mi venivano deferiti quali Cristiani, ho seguito questa procedura: chiedevo loro se fossero Cristiani. Se confessavano, li interrogavo una seconda e una terza volta, minacciandoli di pena capitale; quelli che perseveravano, li ho mandati a morte.» (…) «Venne messo in circolazione un libello anonimo che conteneva molti nomi. Coloro che negavano di essere cristiani, o di esserlo stati, ritenni di doverli rimettere in libertà, quando, dopo aver ripetuto quanto io formulavo, invocavano gli dei e veneravano la tua immagine.» (…) «Affermavano inoltre che tutta la loro colpa o errore consisteva nell’esser soliti riunirsi prima dell’alba e intonare a cori alterni un inno a Cristo come se fosse un dio, e obbligarsi con giuramento non a perpetrare qualche delitto, ma a non commettere né furti, né frodi, né adulteri, a non mancare alla parola data e a non rifiutare la restituzione di un deposito, qualora ne fossero richiesti. Fatto ciò, avevano la consuetudine di ritirarsi e riunirsi poi nuovamente per prendere un cibo, ad ogni modo comune e innocente, cosa che cessarono di fare dopo il mio editto nel quale, secondo le tue disposizioni, avevo proibito l’esistenza di sodalizi. (…) Non ho trovato null’altro al di fuori di una superstizione balorda e smodata.» LA RISPOSTA DI TRAIANO «Mio caro Plinio, nell’istruttoria dei processi di coloro che ti sono stati denunciati come Cristiani, hai seguito la procedura alla quale dovevi attenerti. Non può essere stabilita infatti una regola generale che abbia, per così dire, un carattere rigido. Non li si deve ricercare; qualora vengano denunciati e riconosciuti colpevoli, li si deve punire, ma in modo tale che colui che avrà negato di essere cristiano e lo avrà dimostrato con i fatti, cioè rivolgendo suppliche ai nostri dei, quantunque abbia suscitato sospetti in passato, ottenga il perdono per il suo ravvedimento. Quanto ai libelli anonimi messi in circolazione, non devono godere di considerazione in alcun processo; infatti è prassi di pessimo esempio, indegna dei nostri tempi.» IL II SECOLO: CIRCOSPEZIONE E AMBIGUITÀ. Policarpo, vescovo di Smirne La risposta di Traiano costituì un precedente sul modo in cui le autorità dovevano trattare i cristiani: aveva sostanzialmente consigliato a questi ultimi di essere così cauti da non farsi denunciare. Si trattava,però di una soluzione ambigua, che poteva essere interpretata dai suoi successori in modi opposti. Adriano non agì contro i cristiani (a differenza di quanto fece con gli zeloti) Antonino Pio stabilì di perseguire per legge chi introduceva “nuove sètte e religioni sconosciute alla ragione”. In tal modo finì sotto processo anche il vescovo, cioè il capo della comunità cristiana di Smirne Policarpo, che fu ucciso nel 155 o 156. CRISTIANESIMO E POTERE POLITICO /1 I cristiani non si opponevano all’autorità costituita, anzi affermavano di essere leali verso Roma e i suoi magistrati. Il problema del rapporto tra cristiani e potere politico stava nel culto da rendere all’imperatore: nel II e III secolo il potere imperiale era diventato sostanzialmente teocratico (l’imperatore è una divinità), per integrare i diversi culti presenti nell’impero. Il culto imperiale era pubblico e cerimoniale, quindi non obbligava i fedeli di altri culti a avere l’imperatore come unico Dio, purché l’imperatore fosse considerato a sua volta una divinità. I cristiani (come gli ebrei) rifiutavano di tributare atti di culto all’imperatore. Policarpo, durante il suo processo,affermò che un cristiano non può dire “Cesare è il Signore”, in quanto i credenti in Cristo riconoscevano e proclamavano solo Gesù come Signore. CRISTIANESIMO E POTERE POLITICO/2 I magistrati e i governatori delle provincie,spesso per assecondare le folle, imponevano ai cristiani di sacrificare di fronte all’immagine dell’imperatore e di giurare fedeltà al suo “genio”. Se non lo facevano erano considerati “ribelli” e condannati a morte. Nel 183, il senatore cristiano Apollonio,poi ucciso dalle autorità e santificato, affermò in un discorso di fronte a Commodo e al prefetto del pretorio di essere disposto a pregare per l’imperatore, ma senza compiere alcun atto di sacrificio per gli dèi pagani. Egli compiva ogni giorno un sacrificio puro per Commodo e tutti i governanti. Quindi i cristiani rendevano omaggio e obbedienza all’imperatore, ma si rifiutavano di adorarlo come Dio. CRISTIANI E POTERE POLITICO /3 Le argomentazioni esposte da Apollonio diventarono la base per tutti coloro che si impegnarono a difendere i cristiani contro le persecuzioni politiche, come Tertulliano (1) , autore dell”Apologeticum”. 1 Tale impostazione risulterà convincente sul lungo periodo, tanto che le persecuzioni cruente di Decio, Valeriano e Diocleziano, nasceranno come punizione contro una setta che non riconosceva i culti tradizionali, ma l’accusa di non riconoscere l’imperatore come divinità finirà progressivamente con lo scomparire. LA COMPARSA DELLE PRIME SETTE ERETICHE Il più grave episodio di persecuzione del II secolo si verificò nel 177 a Lione (in Gallia), dove si celebrò un processo a “cristiani”, seguito da molte condanne. Probabilmente esso fu dovuto all’opera dei montanisti, una setta nata nel 172, che fu creata da Montano, in Frigia (Asia Minore). Essa credeva che la nuova venuta di Cristo (“parusìa”) fosse vicina e imponeva un ascetismo rigoroso agli adepti per prepararsi a questo evento: digiuno severo; castità sessuale; desiderio di martirio, che arrivava a condannare chi sfuggiva di fronte alle persecuzioni. Probabilmente il loro rigorismo che agli occhi non attenti dei romani li rendeva uguali ai cristiani provocò l’evento del 177.