TESI DI DIPLOMA ACCADEMICO DI 1° LIVELLO IN MUSICA ELETTRONICA (Indirizzo tecnico di sala di registrazione) ANALISI ESTETICA E COMPOSITIVA DEL BRANO “TRENODIA PER LE VITTIME DI HIROSHIMA” RELATORE: M° Emanuele Pasqualin DIPLOMANDO: Giulio Natali MATRICOLA: 11445 Anno Accademico 2014-2015 1 Ringrazio la mia famiglia per il sostegno morale (ed economico), Alessandro Cosentino compagno di corso e di sventure in questi anni, i miei amici della BatCaverna e della Sherwood Forest, Giorgia e Laura, tutti i ragazzi del Calcio Caselle, Irene Cannizzaro e Nicola Giunta. Infine: il Maestro Pasqualin, non solo per la sua disponibilità e competenza come Relatore, ma anche per l’ispirazione accademica da lui trasmessami col suo insegnamento della Musica. 2 Indice Prefazione.......................................................................................................................... 4 Schoenberg è morto.......................................................................................................... 6 Titolo..................................................................................................................................8 Organico strumentale....................................................................................................... 11 Novità e tradizione...........................................................................................................11 Struttura formale..............................................................................................................12 Timbro............................................................................................................................. 13 Microtonalità................................................................................................................... 15 Partitura........................................................................................................................... 17 Analisi Parte 1.................................................................................................................19 Analisi Parte 2.................................................................................................................23 Analisi Parte 3.................................................................................................................28 Note................................................................................................................................. 50 Discografia.......................................................................................................................51 Bibliografia...................................................................................................................... 52 Sitografia......................................................................................................................... 52 3 Prefazione Troppo tecnico per essere artista, troppo artista per essere tecnico. Da quando ho iniziato a frequentare il corso di Musica Elettronica al Conservatorio Pollini, ho sempre vissuto questa sorta di schizofrenia accademica: una qualche forma di crisi di identità che, come studente, non sono mai riuscito a risolvere. Scegliere di non affrontare una tesi sperimentale e che non tratti di informatica musicale non è una decisione facile. Sembra un'esagerazione, ma in questi anni di studio ho sempre avvertito una sorta di benevola repulsione nei miei confronti dalla componente “musicale” del mio corso. Alle lezioni di Storia della Musica, io e i miei compagni siamo quelli che hanno dovuto faticare di più rispetto ai nostri colleghi strumentisti per apprendere nozioni, modi di dire, espressioni e concetti a noi alieni. Ricordo come fosse ieri le lezioni dei corsi di recupero e le espressioni disperate dei Maestri di Armonia quando cercavano di farci armonizzare semplici linee di basso; la sorpresa negli sguardi dei Maestri che tenevano i corsi di Ear Training quando qualcuno di noi riconosceva un intervallo di terza maggiore da uno minore... D’altro canto, anche convivere con la componente “informatica” non è stato facile. Continuamente nel corso del triennio abbiamo dovuto apprendere nuovi linguaggi di programmazione, scrivere codici di cui non capivamo lo scopo: un disorientamento totale. Spesso ho provato a trovare una definizione al mio percorso di studi, che figura è il Tecnico di sala di Musica Elettronica? È un artista perché appunto studia la musica, la sua teoria, la sua storia, la sua estetica? No. Non è però nemmeno un tecnico: non abbiamo sufficienti conoscenze per competere con figure professionali che dispongono di un sapere più operativo e applicativo del nostro. Ritengo quindi che “Troppo tecnico per essere artista, troppo artista per essere 4 tecnico” sia una perifrasi sincera per descrivere la mia formazione. Nonostante queste mie difficoltà nell'integrami in un universo a me quasi sconosciuto, ho scoperto che la parte che più mi ha affascinato e che più ha influito sulla mia formazione, è stata la parte musicale del mio piano di studi. La mia tesi vorrebbe indagare su un aspetto specifico, un particolare: come si fosse sviluppato, dove fosse nato, come fosse stato teorizzato, pensato e realizzato uno dei capolavori della Musica Occidentale moderna; il brano che più mi ha sinceramente sconvolto e che, dopo aver ascoltato il quale posso dire, senza retorica, di non aver più considerato la musica nello stesso modo. Ricordo bene quando il Maestro Pasqualin, il mio Relatore, ci propose, a lezione di Teoria della Musica l'ascolto del brano Trenodia per le vittime di Hiroshima di Krzysztof Penderecki: un groviglio di suoni incomprensibili, di energia devastante. Un'orchestra d'archi con una violenza e un potere evocativo inesprimibile a parole, “La musica esprime l'inesprimibile” . Lo scopo di questa mia tesi dunque è semplice: osservare, analizzare, guardare da vicino, con gli strumenti e le conoscenze a mia disposizione, una creazione musicale di altissimo livello, un'espressione artistica complicatissima che molto probabilmente mai comprenderò a pieno. Il mio intento sarebbe di realizzare due parti: una di analisi storica incentrata sulla genesi del pezzo, su quale sia stata la sua estetica, il suo contesto culturale; l'altra, un'indagine più prettamente compositiva, tecnica e musicale. Verranno utilizzati, a commento o a dimostrazione di concetti rilevati dalla suddetta analisi compositiva, dei grafici realizzati con il software Matlab. In poche parole: una tesi troppo tecnica per essere artistica e troppo artistica per essere tecnica. 5 Schoenberg è morto Arnold Schoenberg muore il 13 luglio 1951 a Los Angeles. Pochi mesi più tardi, nel maggio del 1952, Krzysztof Penderecki ha 19 anni e Pierre Boulez, all’epoca ventisettenne, pubblica sulla rivista The Score un articolo con una conclusione più che lapidaria. Due estratti dall’articolo di Boulez. Al di là dei toni sardonici e dello stile permeato da un qual certa arroganza avanguardista, il messaggio di Boulez è chiaro: ormai la musica è cambiata, e con essa anche il mondo. L’esperienza della Dodecafonia è tramontata, l’esplorazione e la sperimentazione dei compositori del secondo Dopoguerra si stanno muovendo verso nuovi orizzonti. 6 Dal 1939 al 1945 il mondo viene scosso da un secondo conflitto mondiale: morte e devastazione avvolgono l’Europa, vengono svelati gli orrori dei campi di sterminio nazisti, guerre civili infuriano in diversi paesi europei, nell’agosto del ‘45 gli Stati Uniti sganciano due bombe atomiche sul Giappone, con la conclusione della Seconda Guerra Mondiale si gettano le premesse per la così detta “Guerra Fredda”. Con la sconfitta delle truppe del Terzo Reich, L’URSS invade la Polonia creandone una repubblica socialista. È una situazione atipica quella che vive la Polonia rispetto alle altre repubblichesatellite dell’Unione Sovietica: l’oppressione russa viene allentata dalla rivolta del 1956 e, a detta dello stesso Penderecki, gli artisti godono di una certa libertà d’azione ed espressione (1). Anche musicalmente, come ben sintetizzato dall’invettiva di Pierre Boulez, la situazione è stata stravolta: la Dodecafonia ormai è tradizione. Webern diventa un modello da emulare, con i suoi criteri estetici e compositivi affermati e diffusi al punto da far nascere l’espressione “Webernismo”. L’Avanguardia, definita anche dal Fubini come “Musica Post-Webernista” (2), spazza via la scuola dodecafonica, impadronendosene, arricchendola e superandola. Serialismo, Avanguardia e... Musica Elettronica. Tra gli anni ‘50 e ‘60 del Novecento, nasce e si sviluppa un modo completamente diverso di fare musica. Concreta, puntillistica, aleatoria, spaziale: la Musica Elettronica crea un nuovo mondo di timbri, di ritmi, di stili di composizione, di suggestioni artistiche e meta-musicali, di sistemi di notazione. Negli ultimi anni ‘50, Krzysztof Penderecki inizia a scrivere un brano per gli strumenti che meglio conosce: gli archi (in gioventù studia violino) Il lavoro è mastodontico: cinquantadue archi è l’organico previsto. Nonostante all’epoca non avesse ancora compiuto trent’anni, Penderecki ha già assistito a troppi sconvolgimenti musicali (e non) per comporre solamente in maniera tradizionale. 7 La partitura di Trenodia per le vittime di Hiroshima infatti, con i suoi nuovi simboli, con i suoi effetti grafici, con la sua propria concezione di tempo e di densità sonora scriverà una nuova pagina della Storia della Musica divenendo un vero e proprio capolavoro. Titolo “Trenodìa, s. f. [dal gr. ϑρηνῳδία, comp. di ϑρῆνος «treno» e ῳδή «canto»], letter. – Sinon. di treno, canto funebre.” (3) L'analisi meramente lessicale ed etimologica del significato della parola “Trenodia” consente di fare delle interessanti considerazioni su questa composizione. È un rimando al mondo greco antico, ad un canto ancestrale di lamento funebre, da notare i due concetti racchiusi in questo titolo: laicità e coralità. Penderecki, definisce se stesso come un “comunista religioso” (4), l'influenza della tradizione Cristiana è evidente in tanti titoli successivi al 1960: Passio et mors Domini nostri Jesus Christi secundum Lucam (1966), Dies Irae (1967), Paradise Lost (1978) … Eppure, per questo brano, che descrive con una notevole intensità la distruzione totale lasciata dalla bomba atomica di Hiroshima, non sembra esserci spazio nemmeno per sentimenti religiosi. Alla voce umana che, per il suo vantaggio di trasmettere un messaggio simultaneamente su due livelli (quello intonato e quello testuale) resta senza dubbio lo “strumento” principe della musica, vengono qui preferiti gli archi, strumenti apparentemente più inclini ad un'espressione “artistica”, filtrata da un'arte della condotta dell'arco e da un trattamento che secoli di tradizione hanno reso elegante e virtuosistico. Penderecki crea un quadro sonoro di cordoglio che altri compositori avrebbero realizzato più facilmente tramite l’impiego della voce umana. Per esiti espressivi ed 8 effettismi introdotti, Trenodia si pone a fianco dei più efficaci lavori che affollano la letteratura musicale da esequie: difficile, ad esempio, non collegare il vibrato lento e allucinato ottenuto facendo scivolare il polpastrello sulle corde alle oscillazioni vocali all'inizio del Dies Irae della Messa di Requiem di Verdi. L'immediatezza espressiva che questi strumenti raggiungono nel realizzare l'attacco di un grido, il lamento inconsolabile, quasi non umano, grazie a lente escursioni di quarti di tono, lo stridore causato dalla simultaneità di suoni cercati in un campo di frequenze irraggiungibili dalla voce. Gli archi sono quindi irrinunciabili per riprodurre la disperazione e una suggestione che non si può descrivere solo con il timbro umano. Trenodia per le vittime di Hiroshima è quindi un canto senza voci, senza epoca, spoglio di tradizioni Ortodosse, che si perde in una dimensione atavica in cui ogni riferimento è venuto a mancare. Nella Polonia Ortodossa, e soprattutto nella Polonia divenuta sovietica nel Secondo Dopoguerra, un ruolo fondamentale è quello della collettività. Le trenodie del mondo antico appartengono alla tradizione della lirica corale, includono nella loro genesi e nel loro sviluppo una partecipazione raccolta di più individui. Non è quindi casuale la scelta di un termine così specifico per una composizione che ha l'intento di rendere omaggio, laicamente e coralmente, a migliaia di vittime. Penderecki spesso ricorrerà, nei suoi lavori, all'uso di orchestre allargate e a cori imponenti. La suggestione del rapporto individuo/collettività, il suo contrasto, è una componente importante in Trenodia in cui gli strumenti sono trattati a gruppi, non come individualità singole. Tutti gli archi insieme intonano un pianto di disperazione, che è così imponente proprio perché così grandemente corale. Sono corali i canti da requiem della tradizione cristiana, i momenti della vita sociale imposta dal regime comunista, corali i sentimenti nazionalisti e di appartenenza che animano le coscienze di chi abita una terra che per secoli ha subito invasione e brutalità. 9 Impossibile non accennare alla diatriba che da sempre gravita attorno alla scelta del titolo di questo pezzo: originariamente il brano era stato chiamato 8' 37'' (forse un omaggio al celebre 4'33'' di Cage?) Qual'è quindi il motivo di questo brusco cambio? Il brano avrebbe avuto la stessa fortuna se avesse conservato il suo titolo originale? Forse a questi interrogativi non ci sarà mai risposta, forse è giusto che non ci sia. È difficile decontestualizzare un'opera, che si tratti di arte figurativa, o letteraria o musicale dal suo titolo, il titolo è parte dell'opera stessa, un suo attributo fondamentale. Ma per quanto fondamentale, essendo un attributo, una componente, il titolo non coincide con l'essenza, con la natura dell'opera stessa. Trenodia è un capolavoro, riconosciuto da moltissima letteratura musicale, di composizione e orchestrazione, di originalità e di sperimentazione timbrica. Penderecki viene citato in quasi ogni testo o trattazione di musica contemporanea anche grazie alla composizione di questo brano. Anche se si trattasse di un'etichetta applicata in modo freddo e distaccato, ipotesi molto farraginosa vista la personalità e il vissuto personale del compositore polacco che ha vissuto in prima persona le devastazioni della guerra (5), la scelta di parole così potenti ed evocative, così raffinate e così appropriate, per una creazione musicale così oscura e terribilmente lugubre, porta l'ascoltatore in una dimensione molto precisa. Un paesaggio dell'anima di morte ineluttabile e irreversibile, una fredda e macabra disperazione. Il titolo “Trenodia per le vittime di Hiroshima” cela una percezione della fine della vita fortemente novecentesca, una brutalità che riduce l'uomo non a caduto di guerra, non a eroe, ma semplicemente a vittima. Non sarebbe semplicistico ridurre un titolo così potente ad una mera speculazione economica o di fama? 10 Organico strumentale L'organico indicato in partitura è un'orchestra di 52 archi. Sono previsti 24 violini divisi in 4 gruppi da 6 elementi ciascuno, 10 viole e 10 violoncelli (sia viole che violoncelli sono divisi in 2 gruppi da 5 strumenti) infine, 8 contrabbassi divisi in 2 gruppi da 4. Questa scelta strumentale, con la capillare suddivisione della sua massa, nega un trattamento musicale tradizionale nel duplice trattamento della scrittura d'arte, di monodia accompagnata (canto e accompagnamento), e di scrittura polifonica tradizionalmente intesa. Gli stessi violini, classicamente ripartiti in due masse, quasi mai vengono dimezzati con l'intento di subordinare una sezione all'altra. Penderecki, nella famiglia degli archi, così spezzettata, cerca piuttosto di ottenere l'effetto della “moltitudine” con una quantità di “voci” che intrecciano un tessuto sonoro, che ricorda certi giganteschi mottetti polifonici tardo rinascimentali e barocchi, come il Miserere a 9 voci di Gregorio Allegri. Gli archi, nella tradizione classica, sono suonati principalmente in due modi: tramite sfregamento dell'arco o pizzicando le corde con le dita. Penderecki, violinista, affascinato dai Quartetti di Bela Bartok da lui lungamente studiati, ne fa un uso completamente rivoluzionario ed innovativo, indagando sulla produzione di un catalogo di effetti sonori, tutti singolarmente simboleggiati da una serie di nuovi segni nella legenda che precede la partitura. Novità e tradizione A fronte di tante novità timbriche, strumentali e di carattere espressivo, Trenodia è strutturalmente un pezzo tradizionale. Di tradizione polifonica corale è l'esordio e la condotta delle parti, di tipo contrappuntistico è la tecnica con cui Penderecki fa succedere le varie sezioni in cui si articola il brano (per accostamento, o per incastro, spesso anche “in profondità” tra due sezioni). Il canone a tre parti della sezione 11 conclusiva del brano, con attacchi delle parti in strettissimo, utilizza i procedimenti manipolandoli secondo le regole del contrappunto fiammingo. Struttura formale Nonostante all'ascolto possa apparire come un pelago di altezze indefinite e disordinate e di forme ritmiche che si susseguono casualmente, il brano si presenta diviso in tre parti. I contributi più consistenti ad un'analisi formale del brano provengono dal lavoro che risale agli Anni ‘60 ad opera di Robert P. Morgan. D’obbligo a questo punto una precisazione riguardo l’analisi del brano che verrà sviluppata in questa sede. La composizione viene qui divisa, per facilità di esposizione e per caratteristiche riscontrate a seguito di osservazioni grafiche ed acustiche del pezzo, in una maniera diversa da quanto fa la critica di Morgan. Ovviamente, in questa nuova suddivisione, non vi è la pretesa di eguagliare in competenza o contenuti la letteratura tradizionale, ne tanto meno di sviluppare nuovi criteri analitici o estetici. Quella di seguito proposta è una scansione che ha funzioni solamente di esposizione. Il brano verrà diviso quindi in Parte 1 (da battuta 1 a 10), Parte 2 (da battuta 11 a 25) e Parte 3 (da battuta 26 a 70). Anche sull’uso della parola “battuta” una precisazione: verrà usata in modo improprio e come sinonimo di rehearsing numbers. Ad una prima parte molto densa di eventi sonori e ritmicamente frenetica ne segue una più rarefatta, sospesa. La parte finale, dalla scrittura più complessa e intricata, riprende gesti musicali e timbriche presenti nella prima e nella seconda parte, che lentamente ridanno volume e corpo a grappoli di note, a cluster orchestrali che poi si 12 dissolvono in una gigantesca fascia sonora nel finale. La struttura tripartita è una forma che nella storia della musica ha avuto una grandissima fortuna: dalla sinfonia e dalla sonata settecentesche, alla forma-sonata, al lied... Sarebbe rischioso cercare paragoni estetici o similitudini formali. La divisione del brano, influenzato da Avanguardismo e musica elettronica, composto nella seconda metà del XX secolo, non ha nulla a che vedere con i criteri tonali e musicali che per secoli si sono espressi tramite la sopracitata forma tripartita. Nelle tre parti individuate in questa analisi infatti, gli strumenti ad arco si comportano in modo sempre mutevole, si assiste ad un'evoluzione timbrica costante. La struttura formale quindi è dettata dalla densità, o rarefazione e dalle caratteristiche del materiale sonoro, dal suo dipanarsi e dalle uniche due pause nettamente percepibili nel brano (segnate anche in partitura presso la battuta 10 e 21). La composizione infatti, ad eccezione di queste due pause ben distinguibili, è un continuum sonoro. La divisione in tre parti quindi, in questa trattazione, è da intendersi come una definizione emersa a posteriori di un'analisi compositiva, che esula quindi dalla classica definizione di forma tripartita. La durata complessiva, nonostante le precise indicazioni cronometriche, può variare a seconda delle esecuzioni ed è compresa in un range che oscilla tra un minimo di 8 minuti e 37 secondi (somma algebrica delle durate indicate da Penderecki) a un massimo di circa 9 minuti. Timbro “Il timbro è tutto”. Questa espressione, ormai divenuta aforisma, è una citazione appropriata per descrivere quanto avviene in Trenodia per le vittime di Hiroshima. Il brano, utilizzando le parole di Penderecki stesso, “ […] è suonato da un'orchestra d'archi, ma non suona come un'orchestra d'archi.” (6) 13 Negli anni '50 e '60, le sperimentazioni avvenute dopo la scuola viennese, il serialismo, il lavoro di Stockhausen e Boulez, insieme a moltissimi altri fattori storici e culturali ed extra-musicali (impossibili da enunciare completamente in questa sede) portano a considerare il timbro come un aspetto imprescindibile della composizione. Penderecki, che in quegli anni completava i suoi studi musicali, viene affascinato da queste innovative teorie compositive. Complice di questo suo interesse per la ricerca timbrica potrebbe essere anche forse l'amicizia con il fisico acustico e studioso di organologia Mieczyslaw Drobner (7). Tra le tante caratteristiche innovative del brano, si annovera anche una legenda allegata alla partitura del pezzo. Ci sono simboli di notazione microtonale, in linea con le teorie avanguardiste da cui Penderecki è influenzato: non esistono centri tonali di riferimento, il suono di Trenodia è aspro, acuto, stridente, si distribuisce in modo ampio nel range di frequenze udibili e avvolge l'ascoltatore in una massa di dissonanze impenetrabile. Sono presenti nella legenda indicazioni per differenti modalità di eseguire la tecnica di vibrato, udibili specialmente nella prima parte del brano, per bruschi sfregamenti di archetto, indicazioni per percuotere la cassa di risonanza degli strumenti, per arpeggi da eseguirsi oltre il ponte che sorregge le corde. Pitch indefinito: viene riportata anche un simbolo per eseguire la nota più alta possibile suonabile da uno strumento. Il risultato di tutte queste indicazioni, che all'epoca destarono scalpore, o addirittura indignazione al punto che alcune orchestre si rifiutarono di eseguire il pezzo (8), è stupefacente: masse di suono imponenti, un organico allargato di gusto post-Romantico che genera una gamma timbrica fortemente eterogeneo. Fasce sonore lunghissime, cluster dissonanti, fremiti, vibrati, suoni percussivi... Il timbro è tutto. 14 Microtonalità “Il terzo di tono batte già da tempo alla porta, e non diamo ancora ascolto al suo annunzio.” F. Busoni, Scritti e pensieri sulla musica, Ricordi, Milano 1954, p.149 L'impiego dei quarti di tono non è certo un'invenzione da attribuire a Penderecki, ne tanto meno una novità per la musica occidentale degli anni '60. Un'altra questione poi potrebbe sorgere spontanea: perché ricorrere alla microtonalità per un pezzo che di per se è già atonale? Perché Trenodia non è solo un brano atonale, “Schoenberg è morto”: il semitono non basta più. Le vie espressive che il compositore polacco vuole percorrere sono avanguardiste, oltre la Dodecafonia. Il risultato di questo impiego della musica microtonale produce nell'ascoltatore un impatto sonoro ed emotivo davvero impressionante. Vengono usati, specialmente nella seconda parte, i quarti di tono in glissandi molto lenti, i passaggi microtonali arricchiscono di amarezza e forza i cluster orchestrali; estendono la gamma espressiva amplificando il senso di disagio e tensione che il pezzo vuole creare. In una composizione che fa dell'impatto e della potenza espressiva timbrica il suo punto di forza, forse, la microtonalità è stata considerata da Penderecki non come un elemento di contorno, ma una componente necessaria. 15 Due diversi impieghi di microtonalità: entrambi gli estratti provengono dalla Parte 2, dove il quarto di tono emerge con più definizione. Si può osservare il suo impiego all’interno di un glissando dei violoncelli nel primo caso, o in un cluster di violini nel secondo. 16 Partitura La notazione musicale del Novecento è caratterizzata da un proliferare di nuovi segni semiotici (9), un sistema di scrittura tradizionale risulta inadeguato e limitante per i compositori del XX secolo: l’intento, nella ricerca ed invenzione di nuovi simboli, è di trovare nuovi espedienti, nuovi mezzi per descrivere gesti musicali e sperimentazioni sonore sempre più complesse, impossibili da tradurre su pentagramma tradizionale. La partitura di Trenodia per le vittime di Hiroshima, ovviamente, non è esente dagli stravolgimenti e dalle innovazioni portate dagli stravolgimenti novecenteschi. Penderecki conserva però nella scrittura del brano molti elementi di scrittura tradizionale e di notazione classica su pentagramma. Interessante notare come nella partitura di Penderecki coesistano in modo simbiotico due stili di scrittura: quella novecentesco-avanguardista da un lato e quella classica tradizionale dall'altro. Non è l’unico dualismo apparentemente inconciliabile presente. È possibile notare infatti altre due filosofie di per se contrastanti: iperdeteminsmo e indefinitezza, due aspetti che si ritrovano nelle innovazioni della scrittura del polacco e si pongono su un duplice piano, quello gestuale ed esecutivo, e spaziale e temporale. Da un punto di vista gestuale ed esecutivo il compositore indica quattordici gesti musicali nella legenda (v. sopra), ricorre cioè a veri e propri geroglifici (10). Ogni simbolo corrisponde non ad una nota o ad una pausa, ma ad un gesto musicale più o meno complesso, descritto con precisione deterministica: come pizzicare la corda, come percuotere la cassa di risonanza degli strumenti, che variazione di frequenza imprimere al vibrato (da notare come siano codificati da Penderecki ben quattro modalità di vibrato). 17 Negli stessi geroglifici della composizione però c’è spazio anche per le indicazioni indefinite: la celebre indicazione “highest note of the instrument (no definite pitch)”, le figure ritmiche presenti nella prima parte del brano, da eseguire quanto più velocemente possibile, scritture e simboli determinati precisamente che però lasciano all’esecutore la libertà sul come suonare ed interpretare quelle note dal punto di vista dinamico ed agogico. L’aspetto più complesso forse è il secondo: l'aspetto spaziale e temporale della scrittura: non esistono stanghette verticali per la divisione delle battute, il tempo è cronometrico. La quantità della distribuzione del materiale sonoro è, in parte, a discrezione del direttore: non esistono due esecuzioni uguali di Trenodia (11). La composizione risulta fortemente aritmica e legata alla sensibilità dell’esecutore. Si potrebbe ipotizzare, ancora una volta, l’influenza della filosofia e dell’estetica di Cage: una musica in continuo divenire, mai uguale a se stessa e che muta a seconda dell’ambiente e del contesto in cui viene eseguita (ancora una volta si potrebbe cercare un parallelo con 4’33’’). Come accennato sopra, se da un lato la partitura lascia libertà ed interpretazione, dall’altro non si può non notare la precisione e il rigore con cui certe indicazioni vengono riportate. La notazione impiegata nella scrittura dei cluster è un un esempio di rigore deterministico: i grappoli di note sono indicati con estrema precisione, togliendo ogni elemento aleatorio al grappolo accordale, che diviene una struttura rigida e ben definita. Viene indicato su di un pentagramma tradizionale quali note ogni gruppo di strumenti deve intonare, gli intervalli sono minimi, i suoni che concorrono alla formazione del cluster sono disposti per potenti ampie fasce sonore. Anche l’aspetto spaziale della partitura vede la coesistenza di concezione iperdeteminista e indefinita: se da un lato non esiste una stretta correlazione tra tempo cronometrico e gesti musicali segnati (le prime note del brano per esempio, battuta 1, dovrebbero durare 15 secondi, ma in quasi nessuna esecuzione durano effettivamente 15 secondi) dall’altro la partitura, con la distribuzione grafica (specialmente per i cluster 18 della seconda parte del brano) Penderecki crea un rapporto tra spazio-tempo e gesto sonoro: compaiono quindi nella partitura costruzioni a piramide (battuta 18), frecce che indicano glissandi di pitch verso il grave o verso l’acuto (battuta 13) , indicazioni di dinamica inclinate di 45° come per descrivere quasi la forma d’onda risultante (sempre al battuta 18) o blocchi geometrici trapezoidali che descrivono l’andamento di cluster e glissandi nel tempo (battuta 10). Analisi Parte 1 Forma d’onda della Parte 1 Nei primi quindici secondi si assiste all’entrata dei dieci gruppi: ogni gruppo di strumenti intona la sopracitata “nota più alta possibile” con pitch indefinito. Per ragioni esecutive e acustiche, sarà impossibile ottenere una stessa identica nota per tutti gli strumenti, si ottiene è una fascia sonora in espansione graduale. I dieci gruppi infatti non iniziano a suonare simultaneamente: fanno il loro ingresso con un carattere imitativo, inizia il quarto gruppo di violini, per poi essere seguito pochi secondi dopo dal primo gruppo (sempre di violini), avviene poi l’ingresso del primo gruppo di contrabbassi… Con questi attacchi sfasati di note acutissime e di intonazioni indefinite, si crea un'atmosfera aspra ed inquietante, che cala subito l’ascoltatore in un paesaggiosonoro di forte tensione. 19 Dall’estratto della partitura soprastante si può osservare come l’entrata dei vari gruppi sia organizzato a carattere imitativo, senza tuttavia specificare con precisione la scansione temporale di quando debbano essere eseguiti gli attacchi dalle varie sezioni di archi. Dalla battuta 2, sempre seguendo il criterio di imitazione e di ingresso sfasato tra gruppi verificatosi nei primi quindici secondi, si iniziano ad udire vibrati di due tipologie: o si generano variazioni di quarti di tono per i vibrati tenuti dai violini, o sono più intensi e rapidi, come quelli eseguiti dai primi due gruppi di viole. Le note tenute in vibrato si esauriscono completamente alla battuta 9, dove anche i contrabbassi, variano la loro proposta musicale. Nel frattempo però, violini, viole e violoncelli stanno già suonando qualcos’altro. Dalla battuta 6 infatti, violoncelli prima, e viole poi, iniziano ad eseguire figure che il compositore definisce come “un alveare di suoni” (12). Compaiono da questo momento in poi, molte delle figure segnate in legenda della partitura, i gesti musicali inventati dall'esplorazione timbrica di Penderecki. 20 Tali figure musicali, di scrittura apparentemente casuale, seguono in realtà delle logiche compositive: la prima figura intonata dal primo gruppo di violoncelli viene riproposta, in modo retrogrado dal secondo gruppo (sempre di violoncelli), esiste inoltre un rapporto speculare tra le quattro figure eseguite dai quattro gruppi di violoncelli e le figure suonate dalla battuta 7 dai gruppi di viole: il primo gruppo di viole suona la stessa figura eseguita dal quarto gruppo di violoncelli, il secondo gruppo di viole esegue la figura suonata dal terzo gruppo di violoncelli, mentre il primo gruppo di viole suona la figura che aveva iniziato ad eseguire il quarto gruppo di violoncelli. Queste relazioni risultano più immediate osservando l’estratto dalla partitura proposto poc’anzi. La peculiarità sonora di questa parte del brano è la ricchezza timbrica espressa: i suoni percussivi, i pizzicati, le note suonate tra il ponte e la coda dello strumento e tutti gli altri gesti musicali segnati generano un turbine frenetico di frequenze e di rumore. Per le battute 8 e 9, si verifica la stessa proposta di figure musicali con attacchi e ingressi tra loro sfasati, ad eseguire queste figure però saranno i gruppi di violini e contrabbassi, che fino a questa variazione continuavano a sostenere note in vibrato. 21 Grafico Hertz/secondi della parte che va da battuta 6 a battuta 9. La frenesia di suoni generata crea una notevole ricchezza dello spettro: Il range 20 Hz – 1,5 kHz è una densa maglia di eventi sonori molto diversi tra loro. 22 Nel secondo grafico, della stessa tipologia del primo, si trova rappresentata invece rappresentata una visione generale della Parte 1. I suoni percussivi hanno componenti che scavalcano, in altezza, la celebre “nota più alta possibile” suonata dagli strumenti nella parte introduttiva del brano. Tutti i gruppi di archi quindi continuano a ripetere la figura musicale a loro assegnata fino all’esaurirsi di questa prima sezione. Alla battuta 9 infatti si conclude l’esposizione delle otto figure, si ha un respiro e improvvisamente il materiale sonoro diviene molto più rarefatto e sospeso: inizia quella che, in questa analisi, viene denominata come Parte 2. Analisi Parte 2 Forma d’onda della Parte 2. Il panorama sonoro cambia improvvisamente in questa sezione del brano: suoni lunghi, fasce sonore in espansione e contrazione, cluster orchestrali: il gesto musicale che contraddistingue questa suddivisione, che va dalla battuta 10 alla battuta 25 (compresi) è il glissando. L’attenzione del compositore qui si focalizza sulle variazioni microtonali, sui range di frequenze che gli archi devono percorrere ed esprimere. Si ha un orizzonte musicale più dilatato ed espressivo. Si assiste nuovamente ad un’entrata sfasata e distribuita nel tempo dei vari gruppi, viene mantenuto quel criterio di imitazione, di canone quasi. 23 Questo secondo “movimento” potrebbe essere suddiviso, sempre ed esclusivamente a fini di analisi, in due sottosezioni. Nella prima parte, come anticipato poc’anzi, si trovano lunghi glissandi, l’intervallo tra nota di partenza e nota d’arrivo è molto ristretto, vengono intonate variazioni minime. Il mescolarsi di quarti di tono conferisce instabilità, come per il resto del brano non esiste nessun riferimento tonale. Le variazioni che interrompono la forma d’onda sono visibili, nella partitura alla battuta 11, tra la battuta 13 e la14 e sul confine tra quest’ultima e la battuta successiva. Si giunge quindi, sul finale della battuta 15 ad un respiro, termina qui la prima sottosezione della Parte 2. La seconda sottosezione è caratterizzata da due episodi sonori, molto visibili osservando la rappresentazione grafica della forma d’onda, facendo riferimento alla partitura invece, questi due cluster orchestrali occupano rispettivamente la pagina 11 e 12. I due cluster hanno un’espansione lenta, progressiva, giungono ad un culmine di intensità e asprezza per poi dissolversi quasi altrettanto lentamente. Il primo episodio di clustering è un processo di sovrapposizione di fasce sonore sostenute dai vari gruppi di archi, violoncelli e contrabbassi eseguono la dissoluzione della loro fascia sonora verso il basso, mentre viole e violini procedono ad un glissando che è quasi speculare (vige sempre il criterio dello sfasamento dei gesti musicali) a quello eseguito da contrabbassi e violoncelli come range di note e lentezza, ma procedono a far sfumare la nota verso l’acuto anziché verso il grave. Il secondo episodio di clustering, che inizia alla battuta 18, consiste in una sequenza di espansioni verso il grave e verso l’acuto. Si verifica uno sdoppiamento dei gruppi di violini, divisi ora in due gruppi da 12, ogni violino intona una nota leggermente diversa dall’altro, sono variazioni di semitono o di quarto di tono. Anche le viole, i violoncelli e in contrabbassi, che però mantengono la loro divisione per gruppi di partenza, come i violini, intonano singolarmente note diverse. Tutti i gruppi di archi di questa sezione procedono con una logica speculare: metà 24 gruppo esegue note che progressivamente sono sempre più alte, mentre l’altra metà procede con variazioni verso il grave. Il risultato sono due cluster di grande intensità e impatto, la densità prodotta da frequenze così vicine genera un muro di suono, un sommarsi di suoni rigidamente organizzati che genera un accordo allargato in cui quasi si perde la natura sonora del timbro degli archi. Lentamente il suono decade, si giunge al respiro previsto alla battuta 19, il tessuto sonoro si estingue sempre più, vibrati veloci di contrabbassi e violoncelli traghettano il brano alla conclusione della Parte 2, rimane un solo violoncello che esegue in pianissimo un vibrato che si esaurisce alla battuta 25. Grafico Hertz/secondi della Parte 2. La rarefazione musicale è evidente. Ben visibili i due episodi di clustering e la loro densità. Il secondo episodio risulta leggermente più esteso in frequenza del primo. 25 Partitura del secondo episodio di clustering. Curioso notare come la disposizione a ventaglio dei pentagrammi riproduca in modo quasi come un calligramma l’espansione e lo sviluppo della forma d’onda (vedi figura sopra). 26 I due cluster della Parte 2 a confronto. 27 Analisi Parte 3 Forma d’onda Parte 3. Nella terza parte si assiste ad una rarefazione dell’organico ed a una sua diversa organizzazione rispetto a quanto sentito nelle due sezioni precedentemente analizzate. Penderecki dispone tre orchestre formate ognuna da quattro violini, tre viole, tre violoncelli e due contrabbassi. Questa rarefazione dell’organico non corrisponde però ad una semplificazione del contenuto musicale: in questa terza fase del brano infatti si ha il punto di maggior complicazione e articolazione compositiva: incontri di suoni, canoni e contrappunto contribuiscono alla creazione di una fitta rete sonora. Ritornano i gesti musicali uditi nella Parte 1: vengono suonate “le note più alte possibili”, ritornano le percussioni della cassa di risonanza degli strumenti, le note sul e prima del ponte… A differenza di quanto udito nell’alveare di suoni della parte iniziale, questa sezione viene organizzata in modo che gli elementi musicali si richiamino tra loro, si inseguano, si sfasino per poi allinearsi e dissolversi nel cluster conclusivo. Le quintine e le sestine, figure che ricorrono spesso in questa ultima parte, contribuiscono a non dare riferimenti agogici, a creare instabilità, a non scandire in senso metronomico il tempo.Per cercare di spiegare meglio le complicate relazioni che regolano questa terza sezione verrà utilizzata la tabella seguente. 28 I numeri da 01 a 17 rappresentano le relazioni di contenuto esistenti tra le tre orchestre, una stessa cifra però non indica automaticamente un’identità di repertorio tra due orchestre. Come esempio, si osservi quello che avviene alla battuta 26: l’Orchestra I espone del materiale che viene ripreso dall’Orchestra II a battuta 38. L’Orchestra II però, prevede un’inversione timbrica delle parti: la parte che nell’Orchestra I era eseguita dai violini passa, con l’ingresso dell’Orchestra II, ai contrabbassi, mentre viole e violoncelli si scambiano le parti. L'orchestra I apre la sezione (a battuta 26), l'orchestra II inizia dodici battute più avanti (battuta 38) e l'orchestra III sei battute dopo battuta 38 (battuta 44). Le proposte musicali (segnate in tabella dalle cifre 01-04) sono state omesse nella Orchestra III. L’Orchestra I alla battuta 43 comincia a riproporre, in modo retrogrado, quanto suonato prima. L’Orchestra II imita l'Orchestra I nel proprio ambito melodico ma a strumenti e registri invertiti. Si verifica la stessa inversione di timbri sopracitata: la parte 29 dei violini viene eseguita dai contrabbassi la parte delle viole passa ai violoncelli e viceversa. L'Orchestra III imita la seconda, tutte le parti però vengono trasposte di una 4^ ascendente (o di una 5^ discendente), anch'essa a registri e strumenti invertiti. I tre moti retrogradi eseguiti dalle tre orchestre stanno nell'ambito melodico originale ma nuovamente con registri e strumenti invertiti. La complessità delle voci singole, e delle relazioni che le connettono, conducono il discorso verso un canone difficilmente percettibile. Si assiste in questa parte conclusiva ad un'accumulazione della scrittura analoga alle relazioni formate per il processo imitativo verificato nella prima sezione dell'opera. La strutture canonica e quella retrograda sono sviluppate in modo che, sempre in modo svincolato da regole di tonalità, si possano costituire accordi tra le varie parti nelle battute finali della Parte 3. Le “X” indicate in tabella sono infatti episodi di incontri sonori verticali che progressivamente dissolvono il discorso per favorire l’entrata graduale del gigantesco cluster orchestrale che porta alla conclusione del brano. Le strutture a canone stretto e le strutture retrograde cessano a battuta 56 dell'Orchestra I, 58 nella II e 60 nella III. Le tre orchestre presentano in imitazione libera, a intervalli di due misure, attacchi di insieme molto corti ma coordinati. L’ultima fase inizia con un graduale ritorno alla formazione di partenza: i dodici violini (che prima erano stati esclusi dalle Orchestre I, II e III) riaffiorano, iniziando ad intonare un lunghissimo cluster. Simultaneamente, i contrabbassi si emancipano dalla partecipazione delle tre Orchestre sopracitate ed iniziano in ff ad eseguire sul ponte grumi di note brevi, vengono imitati da dieci violoncelli che entrano a battuta 63. Il cluster si arricchisce sempre di più: da battuta 64 entrano le viole, da battuta 65 subentrano altri 12 violini che, accompagnati dai contrabbassi iniziano a suonare una nota lunga e continua, da battuta 66 poi si uniscono all’accordo allargato i violoncelli. 30 Il cluster finale, che esplode in fff a battuta 70, si mantiene per trenta secondi, il livello dinamico decresce progressivamente e il brano si conclude dissolvendo nel silenzio. Grafico Hertz/secondi della Parte 3. Evidente la natura puntillistica e più rarefatta d questa sezione rispetto alla Parte 1. Il raggruppamento finale è ovviamente il cluster eseguito da tutti gli archi. 31 Orchestra I e II a confronto: ben visibile l’inversione di registri praticata. 32 Grafico Hertz/secondi della preparazione al cluster finale: il canone si esaurisce e gli archi iniziano a confluire verso il gigantesco accordo conclusivo (rappresentato in figura sottostante). 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 Note 1) Intervista a Penderercki di Bruce Duffie tenuta a Chicago, il 9 Marzo 2000 e messa in onda dalla radio WNIB pochi giorni dopo. L’audio dell’intervista si trova presso l’Oral History American Music Archive at Yale University, cui si deve la trascrizione dell’intervista. Questa versione è stata poi rivista da Bruce Duffie e postata nel seguente sito web (http://www.bruceduffie.com/penderecki.html) nell’Ottobre 2006. 2) E. Fubini, L’estetica musicale dal Settecento a oggi, Torino, Einaudi, 1964. p.341 3) http://www.treccani.it/vocabolario/trenodia_%28Sinonimi-e-Contrari%29/ 4) A. Gentilucci Guida all'ascolto della musica contemporanea, Feltrinelli, 1969, p. 296299 5) Krzystof Penderecki: Turning history into avant-garde. Interview by Marc-Christoph Wagner, Louisiana Channel, Louisiana Museum of Modern Art. 2013 (http://channel.louisiana.dk/video/krzysztof-penderecki-turning-history- avant-garde) (accessed on Jan 28, 2014) 6) Intervista a Penderercki di Bruce Duffie (vedi sopra) 7) Danuta, Mirka, “To Cut the Gordian Knot: The Timbre System of Krzysztof Penderecki”, Journal of Music Theory, Vol. 45, 2, (Yale: Duke University Press 2001) pp. 435-456 8) Intervista a Penderercki di Bruce Duffie (vedi sopra) 9) A. Valle, La notazione musicale contemporanea, Torino, EDT, 2003, p. 26-27 10) A. Lanza, Il secondo Novecento, Torino, EDT, 1991, p. 140-141 11) Penderecki in un’intervista del 2010 con Andy Battaglia per la rivista Resident Advisor. 12) Krzystof Penderecki: Turning history into avant-garde. Interview by MarcChristoph Wagner, Louisiana Channel, Louisiana Museum of Modern Art. 2013 (http://channel.louisiana.dk/video/krzysztof-penderecki-turning-history- avant-garde) (accessed on Jan 28, 2014) 50 Discografia Lp Maderna Bruno, Orchestra Sinfonica di Roma della RAI.1967, RCA Victrola Penderecki Krzysztof, Polish National Symphony Orchestra. 1973, EMI/6784242 Kegel Herbert, Leipzig Radio Orchestra, 1978, Berlin Classics/0010122 Cd Maderna Bruno, Orchestra Sinfonica di Roma della RAI.1967, RCA, remast. Sony/49996. Penderecki Krzysztof, Polish National Symphony Orchestra. 1973, EMI remast. 1994. Kegel Herbert, Leipzig Radio Orchestra, 1978, Berlin Classics/0010122, remast. Czepiel Wojciech, Krakow Philharmonic Orchestra.2005, Dux/0475. Wit Antoni, Polish Radio Symphony Orchestra, Katowice. 2000, Naxos/8554491. Kawalla Szymon, Crakow Polish Radio Symphony Orchestra, 2009, Vienna Modern Masters/3010. Penderecki Krzysztof, AUKSO Chamber Archestra. 2012, Nonesuch/755996251. Dvd Urbanski Krzysztof, Sinfonia Varsovia. A Tribute To Krzysztof Penderecki. 2013, Accentus/20276. 51 Bibliografia E. Fubini, L’estetica musicale dal Settecento a oggi, Torino, Einaudi, 1964 A. Gentilucci, Guida all'ascolto della musica contemporanea, Feltrinelli, Milano,1969 A. Gentilucci, Oltre l’Avanguardia - Un invito al molteplice, Discanto, Firenze, 1980 A. Lanza, Il secondo Novecento, Torino, EDT, 1991 A. Valle, La notazione musicale contemporanea, Torino, EDT, 2003 Sitografia Bruce Duffie http://www.bruceduffie.com/penderecki.html Channel Louisiana http://channel.louisiana.dk/video/krzysztof-penderecki-turning-history- avant-garde Treccani Online http://www.treccani.it/ 52