cos`e` la leucemia mieloide cronica

Dexter – By Ultimefile Crew
COS’E’ LA LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA
La leucemia mieloide cronica (LMC) è una affezione neoplastica del midollo osseo: trae
origine da una alterazione acquisita della cellula staminale totipotente del midollo osseo.
Questa alterazione, permanente, causa una proliferazione difettiva e incontrollata del
midollo osseo stesso con produzione di un numero elevato di globuli bianchi. Questi
globuli bianchi in eccesso escono dal midollo osseo e vanno a colonizzare il sangue
periferico e la milza. Se si preleva infatti una provetta di sangue ad un individuo
normale e lo si lascia depositare, i globuli bianchi andranno ad occupare un sottile
cercine biancastro mentre la parte preponderante ha un colore rosso rubino derivato dai
globuli rossi. Nel paziente con LMC, la stessa operazione dimostrerà la presenza di una
larga fascia biancastra derivante appunto dall’elevato numero di globuli bianchi.
Prima di approfondire gli aspetti della biologia della LMC è utile richiamare l'attenzione
sul significato della trasduzione del segnale e la funzione delle tirosin-chinasi.
Nozioni essenziali sulla trasduzione del segnale e tirosin-chinasi
Tra le principali attività di tutte le cellule, comprese le cellule che producono gli
elementi del sangue, figurano le seguenti:
• Crescita o proliferazione - si verifica attraverso un processo nel quale le cellule
diventano più grandi per poi dividersi in due cellule figlie
• Differenziamento - si riferisce al processo attraverso il quale una cellula primitiva
si sviluppa in una cellula più matura in grado di svolgere funzioni specifiche,
legate ad un certo tipo di attività di un tessuto.
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Questi processi sono articolati in varie fasi:
Membrana cellulare
Membrana del nucleo
NUCLEO
Trascrizione del DNA
RNA trasportato
fuori dal nucleo
Traduzione
di mRNA
proteina
CITOPLASMA
• In primo luogo, la trascrizione: il DNA, acido desossiribonucleico, è la matrice
della vita. Esso è costituito da piccoli mattoncini sistemati a gruppi, unità
operative definite geni: ogni gene è una piccola unità operativa che al momento
opportuno entra in azione. Ciascun gene deve essere prima trascritto in una
proteina intermedia definita RNA (acido ribonucleico). L’RNA trasporta il
segnale dal nucleo della cellula (“residenza” del DNA) al citoplasma, struttura
periferica della cellula dove gli ordini impartiti dal DNA vengono tramutati in
prodotti finiti. Infatti, l’RNA viene tradotto per la realizzazione di proteine, nel
numero e nel momento adatto a consentire alla cellula di svolgere una data
funzione. Nel soggetto sano il risultato finale è armonico, adatto alle esigenze
fisiologiche del paziente. Eventuali anomalie di questo processo che si producono
per errore vengono rapidamente corrette da stretti meccanismi di controllo
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dell’integrità cellulare. Nella cellula esistono cioè "squadre di pronto intervento"
capaci di riparare rapidamente le anomalie prodotte. Nonostante la presenza di
tali meccanismi di controllo, sappiamo che nell’uomo la comparsa di tumore è
molto frequente.
Venendo alla LMC, quale problema si viene a creare a seguito della alterazione
citogenetica (il cromosoma di Philadelphia) con rottura di 2 cromosomi e formazione di
un nuovo gene, prima non presente? I meccanismi di controllo falliscono e purtroppo,
nel caso della LMC l’errore è apparentemente piccolo ma porta a conseguenze
disastrose. Infatti, questo nuovo gene produce una proteina con attività tirosin-chinasica
molto esaltata e refrattaria ai tentativi di controllo messi in atto dalla cellula.
Viene di seguito analizzato più dettagliatamente il concetto di attività tirosin-chinasica
perché consentirà di capire meglio come funziona Glivec. Le tirosin-chinasi sono
enzimi deputati al trasferimento dei gruppi fosfato dall'adenosin trifosfato (ATP), una
molecola di stoccaggio dell'energia, all'aminoacido tirosina della proteina successiva
nella cascata. Tale meccanismo, fosforilazione della tirosina, molto diffuso, viene
utilizzato dalla cellula per trasmettere segnali di attivazione di un determinato sistema.
La fosforilazione della tirosina è specifica per ogni sistema cellulare: ogni tirosinchinasi ha un gruppo strettamente definito di possibili proteine di substrato con cui può
interagire.
L’importanza delle tirosin-chinasi e, più in particolare, l’importanza delle tirosin-chinasi
presenti nei tumori e fondamentali per il loro mantenimento, era stata già intravista e
documentata molti anni orsono. Negli anni 70’-80’ sono state sperimentate in vitro
sostanze ad azione anti-tirosin-chinasica (come l’erbimicina A) che possiamo
considerare precursori di Glivec, molto efficienti nel bloccare la crescita tumorale ma,
che a differenza di Glivec, erano del tutto aspecifiche e quindi estremamente tossiche
per le cellule normali.
La biologia molecolare della leucemia mieloide cronica
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La malattia è caratterizzata dalla presenza del cromosoma Philadelphia (Ph), che prende
il nome dalla città nella quale fu scoperto dal Dr. Peter Nowell e dal Dr. David
Hungerford nel 1960. Questo unico marcatore cromosomico, che rappresenta
l'aberrazione genetica specifica della LMC, è il risultato di uno scambio (o
traslocazione) di DNA tra i cromosomi 9 e 22 e dà luogo ad un cromosoma 22 più
corto, detto appunto Philadelphia. Tale cromosoma oltre che nella LMC è presente
anche nel 5% dei bambini e nel 30% degli adulti affetti da leucemia linfoblastica acuta.
In seguito a tale traslocazione si produce una proteina anomala definita Bcr-Abl che
implica conseguenze disastrose per le cellule del midollo osseo, in particolare la
proliferazione incontrollata dei globuli bianchi.
Cromosoma 9
Cromosoma 22
Cromosoma 9+
Cromosoma Ph
Proteina di fusione
con elevata attività
tirosin-chinasica
Il cromosoma Philadelphia. Una traslocazione reciproca tra i cromosomi 9 e 22 genera due
cromosomi anormali, il più piccolo dei quali è detto Ph. In questo nuovo cromosoma Ph, il gene
abl del cromosoma 9 si fonde con il gene bcr per creare una nuova proteina di fusione con
attività tirosina-chinasica.
Ruolo di Bcr-Abl
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La proteina di fusione Bcr-Abl ha caratteristiche che la coinvolgono in molteplici
percorsi di normale trasmissione del segnale. Di queste caratteristiche, la funzione
tirosina-chinasica di Bcr-Abl è mantenuta in uno stato di perpetua attivazione che i
normali meccanismi di controllo della cellula non sono in grado di regolare.
Nelle cellule ematopoietiche, Bcr-Abl svolge tre azioni che contribuiscono alla sua
capacità di provocare la leucemia:
• Aumento della trasmissione del segnale della crescita cellulare o proliferazione
• Diminuzione della trasmissione del segnale della morte delle cellule o apoptosi
(questo meccanismo di morte cellulare programmata è fondamentale per mantenere la
normale omeostasi cellulare).
• Alterazione dell'adesione alle cellule stromali nel midollo osseo
Durante la fase cronica le cellule ammalate, che possiedono il cromosoma di
Philadelphia e quindi la proteina Bcr-Abl, possiedono un grande vantaggio nei confronti
delle cellule normali. Queste ultime non vengono eliminate ma vengono relegate in un
limbo di incapacità proliferativa.
In questa fase della malattia, il paziente gode di buona salute, e può essere curato
efficacemente anche con metodiche “dolci” (farmaci di facile assunzione e ben
tollerati). Purtroppo in questo modo bcr-abl viene tollerato (non eliminato) e per molti
mesi o anni non si producono danni ulteriori. Con il passare del tempo, bcr-abl provoca
ulteriori danni a carico del patrimonio genetico della cellula, con ulteriore esaltazione
della sua capacità di alterare sempre più profondamente la proliferazione cellulare
all’interno del midollo osseo. Queste anomalie secondarie, che insorgono durante la fase
accelerata e la crisi blastica conducono ad una ulteriore disregolazione del controllo
della crescita e maturazione cellulare con conseguente marcato scompenso della
produzione midollare e trasformazione della leucemia da cronica ad acuta e di una
situazione clinica incompatibile per la vita (la fase terminale della LMC altro non è che
la più aggressiva e incurabile delle leucemie acute).
Quadro clinico
Quando sono presenti, i sintomi nei pazienti con LMC comprendono:
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•
•
•
•
Stanchezza;
Sudorazione notturna;
Perdita di peso;
Senso di ripienezza addominale (legata alla presenza di una milza ingrandita).
Quando la malattia progredisce possono comparire febbre, dolori ossei e all’addome
(legati all’ulteriore incremento volumetrico della milza). Negli stadi avanzati la LMC
presenta segni e sintomi tipici della leucemia acuta; l’esame del sangue rivela ulteriore
aumento numerico dei globuli bianchi e ulteriore sovvertimento della loro
composizione, anemia, aumento delle piastrine o drastica riduzione.
Storia naturale
La LMC progredisce attraverso tre fasi caratterizzate da un progressivo peggioramento
delle condizioni cliniche. Al momento della diagnosi il 90% dei pazienti sono in fase
cronica, i rimanenti sono già in fase accelerata o blastica.
Fase cronica
I pazienti presentano un elevato numero di globuli bianchi in tutti gli stadi di
maturazione e, meno del 10% di cellule indifferenziate (definite blastiche), nel sangue
periferico e nel midollo osseo. La fase cronica può durare 5 o 6 anni prima di progredire
verso la fase accelerata.
Fase accelerata
La fase accelerata è una fase intermedia nella storia della malattia in cui si comincia ad
evidenziare una certa resistenza alle terapie. E' caratterizzata dalla presenza nel sangue
periferico o nel midollo osseo del 10-30% di cellule indifferenziate. I sintomi
peggiorano e comprendono febbre di origine sconosciuta, dolore osseo, sintomi correlati
all'ingrossamento della milza o del fegato, come nausea e dolori addominali. Possono
manifestarsi anche diminuzione delle piastrine e anemia progressiva. Si osservano
anche nuove e multiple anomalie cromosomiche. La fase accelerata dura in media da 6 a
9 mesi.
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Sebbene la progressione della malattia alla fase blastica nella maggior parte dei pazienti
passi attraverso la fase accelerata, in circa il 25% dei pazienti, la malattia passa dalla
fase cronica direttamente alla fase blastica.
Crisi blastica
La crisi blastica, che rappresenta lo stadio terminale della malattia, è caratterizzata dalla
presenza di oltre il 30% di blasti nel sangue periferico o nel midollo osseo e da un
aumento dei sintomi legato al progressivo e grave scompenso della funzione midollare:
facile affaticabilità legata alla anemia, complicanze emorragiche legate alla carenza di
piastrine e complicanze infettive legate alla progressiva riduzione/scomparsa di globuli
bianchi maturi. I pazienti in crisi blastica hanno una prognosi pessima. Questa fase è
rapidamente fatale con una mediana di sopravvivenza di 3-6- mesi.