L’incipit dell’opera (De bello Gallico, I, 1) Introduzione All’interno dell’asciutto resoconto militare dei Commentarii de bello Gallico sulla campagna di sottomissione e conquista condotta oltralpe tra il 58 e il 52 a.C., Giulio Cesare (101/100 - 44 a.C.) sa convogliare una pluralità di interessi e di prospettive diverse. Il primo capitolo si presenta infatti come una rapida introduzione di carattere geografico ed etnografico agli eventi che presto verranno narrati; con il piglio del comandante in capo, Cesare dispone sulla pagina tute le informazioni necessarie a tracciare un quadro preciso ed attendibile della situazione. La caratterizzazione delle popolazioni procede con ordine secondo la suddivisione dell’intera Gallia in tre grandi macroregioni: la Gallia Belgica, quella Celtica e la Gallia Aquitania, cui s’aggiunge la regione della Gallia Cisalpina e la “provincia” della Gallia Narbonense. Lo sguardo di Cesare si sofferma qui soprattutto su Belgi ed Elvezi, di cui loda la virtus, intesa sia in senso morale sia come dote fondamentale al combattimento. È un tema affine a quello del metus hostilis (cioè, “la paura del nemico”) che - secondo la storiografia romana - ha alimentato il valore dei Romani al tempo delle guerre contro Cartagine: perché Roma per preservare il proprio dominio, necessita di nemici forti e temibili. A queste motivazioni ideali si sovrappongono ovviamente anche le necessità pratiche di Cesare, che sono quelle di sottolineare e ribadire l’importanza dell’intervento militare (da lui stesso effettuato, per di più) in difesa degli Allobrogi e degli Edui, affinché i confini di Roma restino sicuri. Il primo brano del De bello Gallico è anche un buon esempio dello stile atticista della prosa di Cesare: a partire dalla tradizione degli hypomnemata 2 e basandosi sul metodo storico di Polibio (206ca. - 104 a.C.), Cesare consegna una narrazione assai pulita e asciutta, che evita gli effetti stilistici e retorici più evidenti per una sintassi semplice e piana e un lessico selezionato secondo i principi dell’analogismo. L’obiettivo della massima chiarezza e perspicuità si lega alle finalità del testo, composto da un Cesare-narratore che descrive in maniera sobria, precisa, ed efficiente le gesta del Cesare-condottiero militare. Ed è noto che lo stile di Cesare venne apprezzato sia dai contemporanei (tra cui Cicerone, che ne tesse le lodi nel suo dialogo sull’oratoria, il Brutus) sia da parte di autori quali Michel de Montaigne (1533-1592) e Alessandro Manzoni (1785-1873). Gallia est omnis divisa in partes tres, quarum unam incolunt Belgae, aliam Aquitani, tertiam qui ipsorum lingua Celtae, nostra Galli appellantur. Hi omnes lingua institutis legibus inter se differunt. Gallos ab Aquitanis Garunna flumen, a Belgis Matrona et Sequana dividit. Horum omnium fortissimi sunt Belgae, propterea quod a cultu atque humanitate Provinciae longissime absunt minimeque ad eos mercatores saepe commeant atque ea quae ad effeminandos animos pertinent important proximique sunt Germanis qui trans Rhenum incolunt, quibuscum continenter bellum gerunt. Qua de causa Helvetii quoque reliquos Gallos virtute praecedunt, quod fere cotidianis proeliis cum Germanis contendunt, cum aut suis finibus eos prohibent aut ipsi in eorum finibus bellum. Eorum una pars, quam Gallos obtinere dictum est, initium capit a flumine Rhodano, continetur Garunna flumine Oceano finibus Belgarum, attingit etiam ab Sequanis et Helvetiis flumen Rhenum, vergit ad Septentriones. Belgae ab extremis Galliae finibus oriuntur, pertinent at inferiorem partem fluminis Rheni, spectant in Septentrionem et Orientem solem. Aquitania a Garunna flumine ad Pyrenaeos montes et eam partem Oceani quae est ad Hispaniam pertinent; spectat inter occasum solis et Septentriones. La Gallia nel suo insieme è divisa in tre parti, una delle quali è abitata dai Belgi, un'altra dagli Aquitani ed una terza da coloro che nella loro lingua si chiamano Celti e nella nostra sono chiamati Galli. Tutti loro differiscono fra di loro per lingua, istituzioni e leggi. Il fiume Garonna divide i Galli dagli Aquitani, la Marna e la Senna li dividono dai Belgi. I più forti tra di loro sono i Belgi per il fatto che si tengono molto lontani dal raffinato tenore di vita della provincia e rarissimamente giungono da loro i mercanti e rarissimamente importano ciò che mira agli animi effeminati e sono vicini ai Germani vivono al di là del Reno con i quali fanno continuamente guerra. Per questo motivo gli Elvezi precedono anche gli altri Galli per valore, poiché combattono con i Germani in battaglia quasi ogni giorno, quando o li tengono lontani dal loro territorio o quando questi fanno guerra nel loro territorio. Da qui deriva anche l’eccellenza degli Elvezi per valore su tutti gli altri Galli; poiché si misurano quasi ogni giorno con i Germani in combattimento, a volte respingendoli dai propri confini, a volte portando la guerra nel loro territorio. La parte della regione occupata, come si è detto, dai Galli comincia dal fiume Rodano, è compresa tra il fiume Garonna, l’Oceano e il territorio dei Belgi, e dal lato dei Sequani e degli Elvezi raggiunge il Reno per poi volgersi verso Settentrione e a Oriente. L’Aquitania si estende dal fiume Garonna alla catena dei Pirenei e alla parte dell’Oceano che fronteggia la Spagna; è disposta tra Occidente e Settentrione. Note 2 Nel mondo greco, gli hypomnemata erano taccuini di appunti personali che funzionavano da promemoria; il termine commentarium, -ii ne è la traduzione in latino. 3 omnis: l’aggettivo omnis, -e va qui inteso nel suo significato di “tutto nel suo complesso”, indicando cioè la Gallia nella sua interezza, come insieme di parti e regioni distinte; nel primo capitolo del De bello Gallico la descrizione prende cioè avvio da una visione aerea complessiva dello scenario, cui segue, con l’ordine e la lucidità del comandante militare, la messa a fuoco delle singole regioni e delle popolazioni che vi abitano. 4 Belgae: nel I secolo a.C. i Belgi sono situati sulla riva occidentale del fiume Reno, anche se loro tracce si troveranno in seguito anche in Britannia. Si tratta di una mescolanza di tribù celtiche e germaniche, che Cesare combatte e sconfigge nel secondo libro del De bello Gallico (capitoli 9-10). Ottaviano Augusto creerà poi la provincia della Gallia Belgica (sui territori attuali di Belgio, Olanda, Lussemburgo e alcune regioni della Francia e della Germania) tra il 27 e il 22 a.C. 5 Aquitani: popolazione di origine celtibera, che risiede nei territori sudoccidentali della Gallia; nel corso della campagna cesariana, furono combattuti e sottomessi nel 56 a.C. da Publio Licinio Crasso (86ca.- 53 a.C.), luogotenente (praefectus equitum). 6 Come si vede, Cesare, coerentemente con i propri convincimenti stilistici, distribuisce con ordine i temi da trattare nel suo studio della Gallia secondo un approccio etnografico ed antropologico: la lingua, le strutture sociali, il sistema delle leggi. 7 Garumna: la Garonna, fiume della Francia sud-occidentale che nasce in Spagna e poi sfocia nell’Atlantico dopo aver attraversato Bordeaux. Il nome “Garonna” deriva da una voce aquitana (kar, cioè “roccia”) e il suffisso celtico onna, che significa “fiume”. 8 Matrona: si tratta del fiume Marna, uno dei principali affluenti della Senna; il suo nome sarebbe derivato dal nome della dea celtica (chiamata Modron) identificabile con la “madre nutrice”. 9 Cesare inizia a introdurre qui un tema classico per gli autori latini di opere storiche dopo di lui, ovvero quello della purezza morale e del valore militare di popolazioni non “guastate” dal contatto e dalla civilizzazione portata da Roma; si tratta di un argomento - ovviamente utilizzato anche a fini propagandistici per sostenere opportune campagne militari all’estero - che si ritroverà nella Germania di Tacito. La “provincia” cui si fa riferimento è quella della Gallia Narbonense, nell’attuale Francia meridionale, divenuta provincia romana nel 121 a.C. e ii cui abitanti Giulio Cesare vuole difendere dalla marcia degli Elvezi alla conquista dell’intera Gallia. È un punto che Cesare tocca sempre nel primo libro del De bello Gallico, nel capitolo settimo. 10 commeant: dal verbo commeo, commeas, commeavi, commeatum, commeare, “fare avanti e indietro”. 11 pertinent: da pertineo, pertines, pertinui, pertinere, qui con il significato di “concernere, tendere, avere come scopo” mentre più avanti sarà usato nel senso fisico e concreto di “stendersi, diffondersi”. 12 prohibent: dal verbo prohibeo, prohibes, prohibui, prohibitum, prohibere, “respingere, allontanare, tenere lontano da” costruito con l’accusativo della persona che si tiene lontano e l’ablativo della cosa da cui si tiene lontano qualcuno. 13 eorum: il pronome personale si riferisce ai Germani; il valore degli elvetici insomma si misura sia nel sapere tenere gli invasori fuori dai propri confini (“prohibent eos suis finibus”) sia nel muovere direttamente e costantemente (“fere cotidianis proeliis”) guerra contro di loro. Non manca in queste parole del Cesare-narratore una sfumatura di opportunità politica: meglio presentare come forti e pericolosi i nemici che saranno sconfitti a breve. 14 obtinere dictum est: è un tratto tipico dello stile di Cesare il procedere in maniera logica e consequenziale, rimandando a quanto detto in precedenza per far progredire il discorso. Il verbo obtineo, obtines, obtinui, obtentum, obtinere ha, tra i suoi molti significati, quello di “vivere, risiedere, abitare”. 15 continetur: forma passiva del verbo contineo, contines, continui, contentum, continere, “circondare, racchiudere, cingere”. 16 vergit: il verbo vergo, vergis, vergere, in ambito geografico, assume il significato di “essere rivolto verso, guardare a, estendersi”.