I Cavalieri templari

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I Cavalieri templari
- Storia dell’Ordine, Ordinamento, Caratteristiche Militari–
Durante il concilio di Clermont svoltosi nel 1095, Papa Urbano II incitò le genti alla "guerra
all'infedele"; in molti ne presero parte, venendo da ogni regione e di qualsiasi ceto sociale; povera
gente, commercianti, nobili cavalieri e principi. La Prima Crociata, guidata da Goffredo di
Buglione, riuscì a liberare Gerusalemme. Lo scopo di questa crociata non fu economico bensì
spirituale; difatti, dopo aver liberato la città di Gerusalemme, egli si rifiutò di diventarne il Re
ritenendosi soltanto Difensore del Santo Sepolcro. Riconquistata la città molti crociati tornarono in
Europa lasciando quasi completamente priva di difesa Gerusalemme. Questo momento storico
coincide con la data presunta in cui Hugues de Payns insieme ad altri otto cavalieri partirono dalla
Francia per andare in Terra Santa con lo scopo dichiarato di difendere i pellegrini dagli attacchi dei
musulmani. Questi nove Cavalieri avevano anche un altro scopo, trovare antiche reliquie dai poteri
immensi
quali
l’Arca
dell’Alleanza
ed
il
Santo
Graal.
All’inizio furono chiamati i Poveri Cavalieri di Cristo ed erano un Ordine monastico e guerriero.
Questo Ordine fu una cosa rivoluzionaria per quel tempo. Infatti i ceti sociali dell’epoca si
dividevano tra: Bellatores (coloro che combattevano), Oratores (coloro che pregavano), e
Laboratores
(coloro
che
lavoravano).
I Cavalieri Templari unirono la mansuetudine del monaco alla forza del guerriero.
I monaci tradizionali avevano tre voti: obbedienza, povertà e castità. I Cavalieri Templari, oltre a
questi tre voti, ne avevano un quarto, cioè lo "stare in armi", quindi il combattimento armato.
Furono dei veri e propri monaci guerrieri. Questi nove Cavalieri, si presentarono nell’Anno Domini
1119 al Re di Gerusalemme Baldovino II dichiarando di essere disposti a proteggere i pellegrini e a
controllare le strade di Gerusalemme. I cavalieri erano coperti da un semplice mantello bianco
senza nessun altro fregio o armatura luccicante. Hugues de Payns disse al re che non erano le vesti
che
facevano
i
buoni
e
coraggiosi
cavalieri
bensì
il
cuore.
Il Re Baldovino II, dopo averli ascoltati, diede loro come quartier generale un'ala del monastero
fortificato di Nostra Signora di Sion, accanto a quello che era stato il Tempio di Salomone. I
cavalieri cominciarono così a controllare le strade come promesso al re, il quale fu soddisfatto del
loro operato. Dopo poco tempo, con l’aumentare dei cavalieri, il quartier generale si trasferì
occupando tutta l'area di quella che era la spianata del Tempio di Salomone, ossia l'area fra la
Moschea
della
Roccia
e
la
Moschea
di
Al-Aqsa.
A questo punto presero il nome di Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di
Gerusalemme, e furono più semplicemente riconosciuti come "Templari".In questo periodo i
Cavalieri Templari incontrarono grandi difficoltà, sia dal punto di vista militare (a causa dell’esiguo
numero) che dal punto di vista economico. Hugues de Payns, considerate le necessità menzionate,
tornò in Francia nel 1127 a cercare rinforzi morali ed economici. Proprio in questo periodo avviene
la svolta decisiva dell’Ordine del Tempio: Hugues de Payns dopo aver incontrato a Roma il Papa
Onorio II arriva a Troyes. Bisogna ritenere che la creazione di questo Ordine non aveva precedenti
nella storia cristiana, e anche il Papa mostrava evidenti segni di imbarazzo. Certo, i Cavalieri
Templari non furono i primi monaci con altre finalità oltre la preghiera e la meditazione, anche i
Cavalieri di San Giovanni conosciuti come Ospitalieri o Gerosolimitani e oggi come Cavalieri di
Malta già esistevano, ma non avevano il voto delle armi, si occupavano soprattutto della cura dei
feriti, degli invalidi e dei pellegrini in seguito però, sull’esempio dei Cavalieri Templari presero
anche loro le armi. Anche i Cavalieri Teutonici presero le armi, copiando sia la Regola Latina
Templare, sia la divisa, con l’eccezione del colore della Croce nera invece che rossa dei Cavalieri
Templari. Lo stesso dicasi per gli altri Ordini Cavallereschi, soprattutto quelli della Penisola Iberica.
Era necessario quindi trovare una posizione chiara e precisa, avendo anche una Regola Latina che si
adattasse perfettamente alla situazione. Questa Regola Latina fu redatta da uno dei personaggi più
carismatici ed autorevoli del tempo: San Bernardo da Clairvaux (Chiaravalle) appartenente
all’ordine monastico nato a Cistercium (I Cistercensi) e fondatore dell’abbazia di Chiaravalle. Fu
proprio nel Concilio di Troyes (1128) che venne presentata la Regola Latina e l’Ordine. Oltre al
Papa Onorio II ed allo stesso San Bernardo da Chiaravalle, erano presenti anche gli arcivescovi di
Reims, Sens, Chartres, Amiens e Tolosa, oltre ai vescovi di Auxerre, Troyes e Payns. Tutti gli
Statuti dell'Ordine furono approvati e la Regola Latina Templare fu sottoscritta da tutti e vi fu
apposto il sigillo papale, mentre Hugues de Payns, anch'egli presente al Concilio, fu nominato Gran
Maestro dell'Ordine. In questo Concilio fu presentato il "De laude novae militiate",vero e proprio
proclama di esaltazione dell'Ordine Templare di cui cito uno dei passi ove si evince l’essenza stessa
dello
spirito
templare:
"Una nuova cavalleria è apparsa nella terra dell'Incarnazione... essa è nuova, dico... che si combatta
contro il nemico non meraviglia... ma che si combatta anche contro il Male è straordinario... essi
non vanno in battaglia coperti di pennacchi e fronzoli, ma di stracci e con un mantello bianco... essi
non hanno paura del Male in ogni sua forma... essi attendono in silenzio ad ogni comando
aiutandosi l'un l'altro nella dottrina insegnata dal Cristo... essi fra loro non onorano il più nobile, ma
il più valoroso... essi sono i Cavalieri di Dio... essi sono i Cavalieri del Tempio". Vale la pena
sottolineare come il Proclama evidenzi la nobiltà d’animo dimostrata da chi, in controtendenza con
la “Moda del momento”, vada in battaglia con stracci e non combatte solo contro il nemico ma
anche contro ciò che non si vede, un’entità astratta che è il Male, dimostrandosi solidale coi propri
fratelli ed aiutandosi, nei momenti di sconforto, facendo riferimento alla dottrina del Cristo. Anche
San Bernardo da Chiaravalle esprime , in un suo scritto , quale sia lo Spirito che guida gli
appartenenti all’Ordine Templare: "Le armi nemiche avrebbero forse avuto paura dell'oro,
avrebbero rispettato gemme e non oltrepassato la seta? sono necessarie solo tre cose: abilità,
prontezza e circospezione; abilità nel cavalcare, prontezza nel colpire, circospezione nel guardarsi
quando ci si recasse in terre e fra genti sconosciute". A Troyes poi i Cavalieri Templari adottarono
il motto: "Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", ossia "Non a noi, Signore,
non a noi, ma al Tuo nome da gloria". E’ facile immaginare come un simile motto potesse
accendere
gli
animi.
San Bernardo da Chiaravalle inoltre trasmise ai cavalieri la devozione a Maria e il grande rispetto
per la donna, la Regola Latina infatti cita: "Maria presiedette al principio del nostro Ordine, ne
presieda anche, se questa sarà la volontà del Signore, la fine". In devozione a Maria, Jacques de
Molay l’ultimo Gran Maestro, sul rogo il 18 marzo 1314, pregò i suoi carnefici di legarlo con il viso
rivolto verso Notre Dame de Paris. D’esempio per i Cavalieri Templari furono quindi i Cistercensi e
gli Agostiniani, di cui ammirarono la loro vita comunitaria e il gusto per la liturgia sontuosa.La
Regola Latina Templare era formata da 72 articoli ed era durissima. Veniva vietato qualsiasi
contatto con le donne (non si poteva baciare neanche la madre, ma bisognava salutarla
compostamente chinando il capo), non si poteva andare a caccia, erano banditi il gioco dei dadi e
delle carte, aboliti mimi, giocolieri e tutto ciò che è divertimento, non si poteva ridere
scompostamente, parlare troppo o urlare senza motivo, i capelli andavano corti o rasi, in inverno la
sveglia era alle 4 del mattino, in estate alle 2, bisognava dormire in armi per essere sempre pronto
alla battaglia poiché "...il demonio colpisce di giorno e di notte, quindi che si difenda il Sacro
Sepolcro
dall'alba
all'alba
successiva
sempre
in
armi...".
C’erano regole anche sul mangiare e sul vestirsi. Bisognava veramente avere una sincera e profonda
vocazione per sottostare a tali ferree regole. Dopo questa ufficiale approvazione ecclesiastica, la
fama dell'Ordine del Tempio crebbe rapidamente, e con essa aumentò anche la potenza e la
ricchezza dell'Ordine stesso, che ricevette elargizioni e donazioni spontanee praticamente da ogni
ceto sociale. Ogni elargizione o donazione veniva usata per finanziare la campagna di guerra in
Terra Santa, e tutti, pur non partecipando attivamente alla guerra, potevano però dare il loro
contributo: in pratica, donare ai Cavalieri Templari significava contribuire materialmente alla
liberazione dei "Possessi di Dio" come veniva chiamata spesso la Terra Santa. L'Ordine Templare
crebbe anche in prestigio, tanto che i nobili facevano a gara per entrare nell'Ordine. A causa delle
moltissime donazioni ed elargizioni, Hugues de Payns dovette lasciare in Francia parecchi
confratelli per amministrare l'enorme patrimonio acquisito, onde far fronte alle grosse spese delle
campagne di guerra in Terra Santa. Di vitale importanza fu la bolla Omne datum optimum del 1139
di Papa Innocenzo II che concesse all'Ordine la totale indipendenza, compreso l'esonero dal
pagamento di tasse e gabelle, oltre al fatto che l'Ordine non doveva rendere conto a nessuno del suo
operato, tranne che al Papa. Così l’Ordine Templare divenne un organismo a parte con una
posizione
molto
privilegiata.
Hugues de Payns tornò a Gerusalemme con un gran numero di reclute, che divennero perfetti
Cavalieri Templari.
I Cavalieri Templari si distinsero sempre per la loro incredibile determinazione in battaglia,
avevano una disciplina disumana e una spietata fermezza di fronte all’avversario. Non a caso
venivano chiamati dai musulmani i diavoli rossi, mentre i Gerosolimitani erano chiamati i diavoli
neri. Pretendevano il privilegio della prima linea durante i combattimenti, molto spesso dovettero
pagare con un alto tributo di sangue questo privilegio, ma con la loro fama di essere i più valorosi
difensori della Croce non avevano difficoltà a reclutare nuovi combattenti.
Le loro sconfitte furono assai poche, furono gli ultimi a lasciare la Terra Santa e nell’assedio di San
Giovanni d'Acri non mollarono fino all’ultimo, la difesa della fortezza che era chiaramente senza
speranza, benché senza alcun pericolo potevano salvarsi via mare, ma i Cavalieri Templari
combatterono e morirono quasi tutti. Non potendo più guidare l’avanguardia in battaglia si
trasformarono
in
retroguardia
e
sacrificarono
così
le
loro
vite.
E’ tragico pensare che i Cavalieri Templari sopravvissuti ai Musulmani caddero poi vittime nel
1314 dei carnefici del Re di Francia Filippo IV il Bello (Cristiano) e del Papa Clemente V, tra di
essi c’era anche l’ultimo Gran Maestro, Jacques de Molay e il precettore di Normandia Goffredo di
Charney, il primo europeo ad aver posseduto la Sacra Sindone. Ma i Templari non furono
protagonisti solo in Terra Santa: quando le orde dei Mongoli minacciarono l’Europa i Cavalieri
Templari contribuirono non poco alla sua difesa, che trovò provvisoria soluzione con la battaglia di
Liegnitz nel 1241. Nella penisola iberica i sovrani di Spagna e Portogallo difficilmente avrebbero
conseguito le loro vittorie senza i Cavalieri Templari, affidando loro le proprie fortezze più munite e
ricompensandoli con munifiche donazioni. Anche la flotta Templare era tra le migliori, nessuno si
sarebbe mai azzardato ad attaccare una nave battente bandiera Templare e i Musulmani se ne
tenevano ben alla larga. San Bernardo da Chiaravalle, riprendendo il concetto della "guerra giusta"
espresso da Sant'Agostino, considerò il voto templare dell'uso delle armi contro gli infedeli non una
intenzione di "omicidio", ma una vera e propria azione contro il Male, ossia un "malicidio" ("De
laude novae militiate"), anche perché i Cavalieri Templari difendevano i Luoghi Santi, che
dovevano essere a disposizione di tutti, quindi chiunque avesse preteso di tenerli soltanto per se
sarebbe stato considerato "malvagio" e andava quindi eliminato.Per noi uomini di oggi è difficile
accettare la violenza giustificata esclusivamente da motivazioni religiose, ferisce la "sensibilità" di
molti, ma bisogna entrare nella mentalità dell’epoca e non pensare subito "è sbagliato".
In quel tempo il Cavaliere Templare era il Guerriero di Dio per antonomasia, ed il suo compito era
servire
Dio
combattendo
l’eresia
e
le
ingiustizie.
Una grave ingiustizia era quella perpetrata dai musulmani in Terra Santa.
Fin dall’800, infatti, i pellegrini che si recavano al Santo Sepolcro venivano uccisi, derubati, le
donne violentate, nel migliore dei casi veniva imposta loro una forte tassa.
La setta degli "Assassini" nacque proprio in questo periodo ed aveva come scopo l’uccisione
sistematica dei pellegrini Cristiani. Questo atteggiamento intollerante da parte dei musulmani portò
ad una reazione violenta degli Europei. San Bernardo da Chiaravalle con "De laude novae militiate"
espresse bene questa mentalità. Le Crociate avevano un costo altissimo, sia per gli armamenti, per il
viaggio, per la costruzione di fortezze, e queste spese non potevano essere affrontate dai soli
Cavalieri Templari, che nei loro monasteri si dedicavano per lo più alla coltivazione e
all’allevamento. Le ricchezze ottenute dai Cavalieri Templari furono immense e loro stessi furono
bravi a gestirle: investirono il denaro munificamente, soprattutto facendo servizio di tesoreria e
prestiti per nobili e re.Gli affari che svolgevano erano soprattutto di quattro categorie:
1) deposito tributi e somme di denaro di un principe votatosi alla Crociata;
2)
trasferimento
in
Terra
Santa
di
dette
somme;
3)
riscossione
delle
decime
pontificie
per
le
crociate;
4) prestiti a principi o nobili, che motivassero tale bisogno di denaro con pii motivi.
Inventarono l’assegno o lettera di cambio: per esempio i pellegrini che si volevano recare in Terra
Santa, ma avevano paura di essere rapinati, potevano lasciare denari in una qualsiasi magione
templare e ricevere una quietanza di riscossione; all’arrivo in Terra Santa portavano la quietanza
nella magione e tornavano in possesso della somma di denaro lasciata prima della loro partenza. Da
notare che il più famoso sigillo templare era un cavallo cavalcato da due cavalieri che stava ad
indicare la povertà iniziale dei cavalieri che erano costretti ad andare in due su un solo cavallo e il
dualismo universale delle cose, a cui si rifà il loro ideale, cioè la convivenza pacifica in Terra Santa
della cultura Cristiana e di quella Islamica.
I Cavalieri Templari godevano di un’altissima stima da parte delle popolazioni Medioevali, li
vedevano come la Cavalleria di Cristo, i Cavalieri Templari erano l’incarnazione del vero spirito
Cavalleresco, che San Bernardo da Chiaravalle contribuì ad esaltare con i suoi scritti, ma non solo,
scriveva infatti Papa Clemente III nel 1191: "Consacrati al servizio dell’Onnipotente, vanno
considerati parte della Cavalleria Celeste". Anche Pietro il Venerabile ammoniva: "Chi non si
rallegra con tutto il suo animo in Dio suo Salvatore, che la Cavalleria dell’Eterno, i Templari, abbia
lasciato gli accampamenti celesti per scendere a ingaggiar nuove battaglie, a battere i principi di
questo mondo, a sconfiggere i nemici della Croce di Cristo?... e siete Monaci nelle vostre virtù,
Cavalieri nelle vostre azioni; le une le realizzate con la forza dello spirito, le altre le esercitate con
la
vigoria
del
corpo".
Tra i Cavalieri Templari vigeva l’assoluto rispetto per i superiori, esistevano infatti dei Marescialli,
dei
Precettori,
dei
Balivi,
dei
Priori,
dei
Gran
Priori.
Era una organizzazione perfetta, visto che ognuno per la gestione interna era totalmente
indipendente dall'altro, e ognuno doveva rendere conto al suo superiore diretto, fino ad arrivare al
Gran Maestro che era il "primus inter pares". La prima vera battaglia Templare fu con il secondo
Gran Maestro, Robert de Craon, nel 1138 a Tecua, vicino Ghaza, dove i Templari ebbero una
gravosa sconfitta, dovuta al fatto che i comandanti Crociati non vollero ritirarsi dopo aver
conquistato la città (rifiutando il consiglio di Robert de Craon, visto che la città non era
sufficientemente fortificata) dando il tempo ai musulmani di riorganizzarsi e di reagire compiendo
un vero e proprio massacro. La situazione in Terra Santa comunque non era delle migliori, un
valoroso condottiero islamico dominava la scena: Zinki (Zengi), un uomo che riuscì a riunire gli
sceiccati mettendo assieme un formidabile esercito di oltre 100.000 uomini pronti a tutto pur di
riconquistare le loro terre. Zengi iniziò fra i musulmani la predicazione della "jihad" o guerra santa,
incitandoli alla riconquista dell'intero Oriente. Alla testa del suo esercito, nel 1128 si impadronì di
Aleppo e il Principato di Antiochia, fino a conquistare nel 1144 Edessa e tutta la sua Contea. La
caduta di Edessa provocò un grande scalpore in Europa, e Baldovino III chiese al Papa Eugenio III
di bandire un'altra crociata (Seconda Crociata), cosa che avvenne il 1 dicembre 1145 con le relative
bolle pontificie. San Bernardo da Chiaravalle girò l’Europa esortando le folle e i Re (tra cui Corrado
III di Germania). Le truppe Crociate partirono, ma separate, i francesi via mare, mentre i tedeschi
via terra. I tedeschi nel bel mezzo delle montagne furono attaccati e quasi completamente distrutti
dall'esercito turco selgiuchida, tanto che i crociati persero quasi tutte le truppe, e si ritirarono a
Nicea, dove attesero l'esercito francese condotto da Luigi VII. I francesi arrivarono insieme ai
Cavalieri Templari e al loro Gran Maestro Evrard des Barres, ma furono subito attaccati dai
musulmani e non riuscirono a trovare un sicuro riparo nella città di Laodicea. I crociati francesi
erano allo stremo ed ormai molti disertavano e si ribellavano ai loro ufficiali: solo i Cavalieri
Templari rimanevano nei ranghi compatti e disciplinati. A questo punto Evrard des Barres, dopo un
colloquio con Luigi VII, prese il comando dell'esercito, riorganizzandolo, ponendo a capo di
ciascun gruppo di 100 soldati un Cavaliere Templare. Dopodiché si ritrovarono a Gerusalemme
Luigi VII, Corrado III, Il Gran Maestro Templare, quello degli Ospitalieri e quello dei Teutonici,
che insieme presero una sventurata decisione: attaccare e conquistare Damasco. La seconda
Crociata finì nel sangue, e a Damasco ci fu una terribile sconfitta degli Europei, schiacciati da Nur
al-Din (successore di Zengi) e dal suo esercito. Nel 1150, Baldovino III dopo aver fatto fortificare la
città di Gaza la donò ai Cavalieri Templari, perché la difendessero e perché facessero da sentinelle
al sud della Palestina. Non solo da parte dei Crociati furono commesse delle atrocità, ma anche da
parte musulmana. Infatti il 25 gennaio 1153, l'intero esercito cristiano si accampò per assediare
Ascalona, ma dopo quattro mesi, ogni attacco alla città veniva sistematicamente respinto. Verso la
fine di luglio 1153, una torre mobile dell'esercito cristiano prese fuoco, e venne scagliata contro le
mura della città: il forte impatto ed il calore provocarono una breccia dove si trovava un gruppo di
Cavalieri Templari guidati da Bernard de Tramelay. Quest’ultimo vista la breccia colse al volo la
possibilità di buttarsi in prima linea e quindi si lanciò con quaranta Cavalieri Templari dentro la
breccia. Gli altri Crociati in quel momento si trovavano dall’altra parte della città e non fecero in
tempo a seguire i Cavalieri Templari che si erano gettati all’interno di Ascalona. I musulmani,
vedendo solo quaranta uomini, contrattaccarono, massacrando i Cavalieri Templari e lo stesso
Bernard de Tramelay. I corpi dei Cavalieri Templari furono appesi per i piedi fuori dalle mura, e le
loro
teste
lanciate
sul
campo
cristiano
con
delle
piccole
catapulte.
La furia dei cristiani a questo spettacolo fu tale che il 19 agosto 1153, dopo un formidabile ed
intenso assedio, Ascalona fu presa e messa a ferro e fuoco. Dopo questo evento seguì un periodo di
relativa pace. Che permise a Salah al-Din più noto come Saladino di riorganizzare l'esercito
musulmano, portandolo ad oltre 200.000 uomini, con i quali attaccò il Cairo, sbarazzandosi del visir
Shawar, ormai amico dei cristiani, e rivolgendosi direttamente contro Gerusalemme. Tutto il mondo
musulmano
si
unì
a
Saladino
contro
i
cristiani
nel
1174.
Nel novembre 1174 Saladino entrava a Damasco, ed il 9 dicembre dello stesso anno entrava ad
Homs, per poi proseguire per Aleppo, che venne assediata il 30 dicembre. Nel 1178, Baldovino III
fece costruire una fortezza, chiamata "Guado di Giacobbe", che fu affidata ai Cavalieri Templari.
Nel febbraio del 1179 Saladino attaccò ed invase la Galilea, senza però tener conto della resistenza
della fortezza templare del "Guado di Giacobbe", che non cadde, ed impedì a Saladino di
raggiungere Gerusalemme. Il 10 giugno 1179, presso Mesaphat, l'esercito cristiano di Raimondo III
ed i Cavalieri Templari si scontrarono con i 200.000 uomini dell'esercito musulmano. Fu un
massacro, tanto che Saladino poi conquistò il "Guado di Giacobbe", giustiziando tutti i Cavalieri
Templari di stanza nella fortezza, e prendendo prigioniero il Gran Maestro, Eudes de Saint-Amand,
che però non volle che fosse pagato nulla per il suo riscatto, e finì i suoi giorni morendo di fame e di
stenti nel carcere di Damasco. Nel 1187, Rinaldo di Chatillon, marciò irresponsabilmente verso
Medina e La Mecca, con l'intento di appropriarsi della "pietra nera", simbolo sacro musulmano.
Questo suo intento scatenò le ire degli arabi, e Saladino radunò ed organizzò il più grande esercito
che si sia mai visto: fra cavalieri, arcieri e fanti, oltre 300.000 uomini erano agli ordini del
condottiero
musulmano.
La battaglia decisiva si svolse ai corni di Hattin il 4 Luglio 1187. L'esercito Crociato dopo vari
giorni di dura marcia e senza acqua si scontrò con l'esercito di Saladino. Saladino riuscì ad
accerchiare l'esercito Cristiano che fra l'altro non aveva un'unica guida, ma ogni reggimento aveva
un suo capo. Gli Ospitalieri erano guidati da Ruggero di Les Moulins, i Cavalieri Templari da
Gerard de Ridefort e le altre truppe Cristiane da Rinaldo di Chatillon e da altri Baroni; così diviso
l'esercito Cristiano perse molto in efficacia e se ci si aggiungono la stanchezza e la sete si capisce
bene perché i Cristiani furono duramente battuti. Gli arcieri a cavallo musulmani riuscirono fin
troppo bene a tenere a bada la fanteria Cristiana, mentre la fanteria di Saladino ebbe l'arduo compito
di reggere le devastanti cariche della Cavalleria pesante europea. La battaglia durò diverse ore, ma
alla fine, con la graduale perdita di consistenza delle cariche della cavalleria pesante, i musulmani
ebbero la meglio. L'esercito Cristiano fu duramente battuto e soltanto in pochissimi si salvarono: tra
questi c'era Gerard de Ridefort. Da ricordare che il Gran Maestro degli Ospitalieri aveva
sconsigliato di attaccare, ma di concentrare tutto l'esercito su un fronte e cercare di sfondare per
scappare da quella fin troppo ovvia trappola mortale; Gerard de Ridefort rispose sprezzante al Gran
Maestro degli Ospitalieri: "Amate troppo la vostra bionda testa per temere di perderla in battaglia".
Il cavaliere di San Giovanni rispose: "Io morirò in battaglia da uomo coraggioso, ma sarete voi a
scappare come un coniglio ed un traditore". Ed infatti così fu. Gerard de Ridefort venne poi ucciso
da Saladino in persona che gli staccò la testa dal busto con un colpo di scimitarra. Questa sconfitta
portò a non poche ripercussioni per i Regni Cristiani in Terra Santa. Fra l’altro si racconta anche
che in questa battaglia fu persa per sempre la Vera Croce, che cadde in mani musulmane.
Dopo questa battaglia caddero in mano araba Tiberiade, San Giovanni d'Acri, Nablus, Jaffa, Sidon
ed Ascalona. Rimaneva Gerusalemme. Dopo alcune settimane di assedio, il 2 ottobre 1187
Gerusalemme cadde nelle mani di Saladino. La crociata che ne seguì (Terza Crociata), guidata dal
famoso Riccardo I Cuor di Leone e da Federico I Barbarossa (che morì annegato prima di arrivare
in Terra Santa) si risolse soltanto con un patto con i musulmani che asciarono una striscia di terra
sul mare ai Cristiani da Tiro a Jaffa, come porto per lo scalo dei pellegrini. Gerusalemme rimase in
mani musulmane e Saladino fece abbattere tutte le croci ed in generale i segni Cristiani nella città,
sostituendoli con mezzelune e simboli sacri all’islamismo. Saladino però si mostrò magnanimo con
la popolazione di Gerusalemme che venne risparmiata, anche se dietro il forte pagamento di un
riscatto. Ad aggravare la situazione giunsero anche i Mongoli che, oltre ad attaccare l’Est Europeo,
si scagliarono anche contro la Terra Santa e nel 1244 le truppe mongole insieme a quelle egiziane
entrarono a Gerusalemme, dopo aver abbattuto la resistenza dei Cavalieri Templari e Ospitalieri che
si dimostrarono delle vere e proprie macchine da guerra, tenendo in scacco l’esercito mongolo per
molto tempo, prima di cadere. Si salvarono solo 33 Cavalieri Templari, 26 Ospitalieri e 3 Teutonici.
A questo attacco rispose il Papa Innocenzo III che bandì una nuova Crociata. I Cavalieri Templari e
gli Ospitalieri poterono ancora dimostrare il loro coraggio, soprattutto nella battaglia di Al-Mansura
(1250), ma anche questa volta la Crociata finì per essere un massacro e si concluse con un nulla di
fatto. Gli eserciti Crociati e gli Ordini Cavallereschi avevano subito moltissime perdite in queste
battaglie. Inizialmente i Cristiani proposero un’alleanza ai musulmani per combattere i mongoli. I
musulmani rifiutarono e aspettarono l’indebolimento dei due eserciti (cristiano e mongolo),
dopodiché attaccarono. Dopo la caduta del regno di Gerusalemme, il 6 aprile 1291 San Giovanni
d'Acri
fu
assediata
da
oltre
50.000
uomini.
I Cavalieri Templari tennero duro: il 18 maggio tutta San Giovanni d'Acri era in mano musulmana,
tranne la fortezza dove si erano arroccati gli ultimi 150 Cavalieri Templari. Tennero testa a tutti gli
attacchi per dieci giorni, fino a quando i musulmani non riuscirono a forzare le difese, sfruttando
anche il loro numero elevato. Morirono tutti quanti, tranne una decina che scamparono. L'avventura
cristiana in Terra Santa era definitivamente terminata. In due secoli i Cavalieri Templari avevano
lasciato sul terreno dei regni cristiani oltre 12.000 cavalieri. Nel 1303 i Cavalieri Templari vennero
battuti sull'isolotto di Ruad e tornarono in Europa. Nei quasi due secoli trascorsi in Terra Santa, i
Cavalieri Templari persero sette Gran Maestri in combattimento, cinque in seguito a ferite e uno
nelle prigioni saracene. Dunque tredici, sui ventitré Gran Maestri di tutta la storia dell'Ordine.
L'ultimo Gran Maestro, Jacques de Molay, si preparava a rendere più forte l'Ordine nella Francia di
Filippo IV il Bello. Portando con sé il tesoro accumulato in Terra Santa. I Cavalieri Templari erano
ricchissimi e potenti, un vero Stato nello Stato e non soltanto in Francia, dove pare fossero
quindicimila. Tanta ricchezza e tanta potenza scatenò l’invidia del Re di Francia Filippo IV il Bello
che determinò, con l’aiuto e l’inettitudine di Papa Clemente V, la fine dell'Ordine. Il Re di Francia
Filippo IV il Bello infatti, già scomunicato nel 1303 da Papa Bonifacio VIII, pensò che invece di
restituire i capitali che gli erano stati prestati dai Cavalieri Templari per condurre le varie guerre con
Aragonesi, Inglesi e Fiamminghi, fosse più economico eliminare l'Ordine dei Cavalieri Templari e
impossessarsi dei loro beni. Venne dunque istruito un processo-farsa per eresia che durerà ben sette
anni (dal 1307 al 1314) contando sulla testimonianza di due Cavalieri Templari espulsi dall’Ordine.
Li si accusò di essersi dati a pratiche diaboliche, di idolatria verso la testa magica di Bafometto, di
sodomia e di riti iniziatici che comportavano il bacio dell'ano del Maestro e lo sputo sul Crocefisso.
Sottoposti a tortura molti Cavalieri Templari confessarono, persino il Gran Maestro. Ciò che
stupisce è la loro arrendevolezza. Tutti o quasi si fecero prendere senza opporre resistenza. Forse
Jacques de Molay sperava nella protezione del Papa, ma Clemente V non seppe o non volle opporsi
ai voleri del Re di Francia. La bolla papale del 1312 sciolse l'Ordine senza prove ma per legittima
suspicione. Jacques de Molay, ebbe la possibilità di salvarsi, ma ritrattò la confessione resa e venne
condannato al rogo. Il 18 marzo 1314, all'ora del Vespro, Jacques de Molay e Goffredo di Charney,
precettore di Normandia, che si dice custodisse la Sacra Sindone, salirono sul rogo, che gli uomini
di Filippo IV il Bello avevano approntato su un'isoletta della Senna. Questo è ciò che riporta
Goffredo di Parigi, testimone del supplizio:" Il Gran Maestro, quando vide il fuoco acceso, si
spogliò senza esitazioni. Riferisco come lo vidi. Egli si tolse gli indumenti, esclusa la camicia,
lentamente e con aspetto tranquillo, senza affatto tremare, sebbene lo spingessero e lo scuotessero
molto. Lo presero per assicurarlo al palo e gli legarono le mani con una corda, ma egli disse ai suoi
carnefici:" almeno, lasciatemi congiungere un po’ le mani e dire a Dio la mia preghiera, poiché
questo ne è il momento, essendo in punto di morte; e Dio sa, ingiustamente. Ma accadranno ben
presto disgrazie a coloro che ci condannano senza giustizia. Dio vendicherà la nostra morte; muoio
con questa convinzione. Quanto a voi, Signore, rivolgetemi la faccia, vi prego, verso la Vergine
Maria, Madre di Gesù Cristo (Cattedrale di Notre Dame de Paris". Gli fu concessa questa grazia e la
morte lo prese così dolcemente, in questo atteggiamento, che ognuno ne restò meravigliato". La
leggenda dice che, prima di morire, il Gran Maestro dei Templari avesse convocato davanti al
Tribunale di Dio il Papa entro 40 giorni e il Re di Francia Filippo IV il Bello entro l'anno.
Trentasette giorni dopo il supplizio morì Clemente V. Otto mesi dopo, lo seguì il Re di
Francia. L’Ordine era suddiviso in 3 classi principali: Cavalieri, Cappellani e Sergenti. Poi ci erano
gli Scudieri, i Fratelli di Mestiere, cioè gli artigiani, agricoltori, muratori, scrivani oltre ai Turcopoli,
(sorta di Legione Straniera), mercenari arruolati fra gli autoctoni. Tutta questa guarnigione era
distribuita in: Terrasanta (Gerusalemme, Terre di Gerusalemme, Tripoli, Antiochia, Cipro,
Armenia) ed in Europa (Germania, Francia, Inghilterra, Italia, Penisola Iberica e Ungheria). Il loro
abbigliamento era stabilito in funzione di due criteri: la gerarchia dei Cavalieri Templari
nell’Ordine del Tempio e la loro posizione geografica (per le condizioni climatiche). Ma, in
generale e come vedremo più avanti, c’era una certa uniformità nell’abbigliamento e tutto era
previsto nella loro bisaccia. Le stoffe potevano essere rivestite internamente di pelle d’agnello o di
montone ma mai con ricche e comode rifiniture. Come è precisato nel loro statuto, i Cavalieri
Templari non dovevano ricercare l’abbellimento del loro corpo ma ripararsi dal freddo, dall’umidità
o dal sole e, per di più, essere comodi: “che chiunque si possa vestire e spogliare, mettere e togliere
i calzari rapidamente”, esortazione necessaria nelle Commanderie e nei castelli della Terrasanta
dove lo stato di allerta era perenne. Fra la data della loro fondazione (1118) e quella del Concilio di
Troyes (1128) dove fu scritta la Regola Latina dell'Ordine, la tenuta dei Poveri Cavalieri di Cristo
apparteneva ancora al mondo della cavalleria. La loro divisa diviene ufficiale, senza tuttavia la
croce patente rossa, a partire dal Concilio di Troyes e fu ornato da questo tipo di croce nel 1145.
C’è da notare dunque che Hugues de Payns, fondatore dell’Ordine, non portò mai questa croce
poiché morì nel 1136. Sebbene l’abito dei fratelli del Tempio fosse concepito in conformità con la
moda della loro epoca, era comunque descritto dettagliatamente dalla Regola Primitiva dell’Ordine
in un gran numero di capitoli. In una ottica di rigore, toccava al fratello drappiere evitare che gli
invidiosi e i maldicenti avessero da eccepire qualcosa sugli abiti del convento. Egli doveva vigilare
scrupolosamente affinché gli abiti stessi non fossero né troppo lunghi, né troppo corti, ma della
giusta taglia di coloro che li dovevano portare. Era in questo modo, e la regola lo ricorda, che si
guadagnava la ricompensa di Dio. In funzione dei viaggi e delle minacce di guerra con i
Musulmani, i Cavalieri Templari avevano un guardaroba composto da numerosi elementi. Per
l’abbigliamento, un “usbergo”: tunica a reticolo di cuoio intrecciato, con le maniche e munita di un
cappuccio che avvolge la testa e lascia scoperto solo il viso. In seguito, l’usbergo verrà fabbricato
in maglia di ferro. Quando il Cavaliere Templare non lo indossava, lo metteva dentro un sacco di
cuoio o dentro una rete fatta di maglia di ferro. Esisteva anche il “giaco”, cioè una cotta senza
maniche, che era più spesso assegnata ai fratelli sergenti. Più leggero dell’usbergo, non prevedeva
la protezione per le braccia. A ciò si aggiungeva “un paio di brache di ferro”, gambali composti di
maglia di ferro che si allacciavano dietro i polpacci al fine di proteggere la gamba ;le brache di ferro
non avevano sempre l’avampiede. Esisteva inoltre il “cappuccio da guerra” che consisteva in una
protezione fatta di maglie fissate da allacciature, che racchiudeva la testa del fratello del tempio e
ricadeva sulle spalle. Essa veniva posta sotto l’”elmo” o il “cappello di ferro”. Quest’ultimo era un
casco dai bordi ribattuti, che chiudeva la testa ed era utilizzato talvolta al posto dell’elmo.
Quest’ultimo poteva essere conico (durante il XII secolo) oppure piatto (fine XII ed inizio XIII
secolo), e lasciava il viso scoperto nel XII secolo. Tuttavia, proteggeva la fronte, la testa, gli occhi,
il naso e le guance. In seguito, l’elmo prende l’aspetto di un casco cilindrico. Dotato di fori per la
vista e la respirazione, poi rinforzato di due lamelle rivettate a forma di croce, ricopriva tutta la
testa. Per portare l’elmo, il Cavaliere Templare doveva avere i capelli corti e la barba rasata come è
stabilito negli statuti della Regola dei Poveri Cavalieri di Cristo, al capitolo XXVIII : “Della
superfluità dei capelli. Bisogna che tutti i fratelli, soprattutto quelli della Magione, abbiano i capelli
tagliati, i modo che appaiano, davanti e dietro, regolari e decenti. Si osserverà inviolabilmente la
stessa regola per la barba i baffi, affinché nulla appaia superfluo e ridicolo”. Un ammortizzatore
piazzato attorno al cranio, come una sorta di ciambella in tessuto era destinato ad assorbire gli urti
dell’elmo. Una cotta d’arme chiamata talvolta “camicia di sopra” era portata sopra la camicia
all’inizio del XIII secolo. Durante le battaglie, dopo aver indossato l’usbergo di maglie, il Cavaliere
Templare infilava la cotta d’arme sopra quella di maglie, per impedire ai raggi del sole di scaldare
l’usbergo e preservarlo dalla ruggine. La cotta di colore bianco, era blasonata (armata) con la croce
rossa del Tempio all’altezza del petto, vicino al cuore. Senza coprire le braccia, larga sul collo, essa
scendeva fin sotto al ginocchio ed era tagliata per non ostacolare le gambe del soldato a cavallo. La
tunica si accorcia verso il 1250 e verrà in seguito rinforzata con piastre all’altezza delle spalle. Il
Cavaliere Templare la portava sempre con la sua cintura ed il suo budriere. Delle spalliere, che
potevano essere di diversi materiali, vennero aggiunte nel corso del XIII secolo. Per quanto riguarda
gli speroni, la Regola ci rivela al capitolo XXXVII, che “Noi non vogliamo assolutamente che
appaiano, in nessun modo, né oro, né argento, che risaltino la ricchezza dei particolari, ai morsi o ai
pettorali, né agli speroni, né alle briglie, e non sarà permesso a nessun fratello di acquistarne. Se si
tratta di vecchi ornamenti donati per carità, che si oscuri l’oro e l’argento, in modo che il loro
splendore e la loro lucentezza non sembrino agli altri un atteggiamento di arroganza. Se vengono
donati da nuovi, che il Maestro ne disponga come gli piacerà”. Delle scarpe completano
l’equipaggiamento. Per quanto riguarda la denominazione di “armatura”, questa non aveva niente a
che fare con il significato che le si attribuisce attualmente (l’armatura di piastre del XV secolo); per
il Cavaliere Templare essa rappresentava l’abbigliamento da combattimento, cioè una tunica d’arme
(cotta d’arme o sopravveste che avvolgeva anche la testa), le spalliere e le scarpe d’arme. Qualche
cronaca ci parla dei Cavalieri Templari che combattono vestiti di un mantello e di spalliere; è quindi
possibile supporre che questo mantello potesse essere quello che portavano i fratelli (il mantello
bianco o bigello) a meno che l’autore non si riferisca alla cotta d’arme che designa la tunica di
stoffa o pelle che si infilava sopra l’usbergo di maglie al fine di impedire al sole di scaldarlo o alla
pioggia di penetrarlo. Per armamento, si consegnava loro soprattutto una “spada” dritta, a doppio
filo e a punta arrotondata; la punta arrotondata induce a pensare che venisse usata solo di taglio.
Poi, uno “scudo”, generalmente triangolare costruito in legno ed imbottito all’interno, ricoperto di
cuoio all’esterno, leggermente ricurvo ai lati, dritto in alto con gli angoli arrotondati, portato a
bandoliera e talvolta rinforzato con lamelle chiodate. Era blasonato della croce del Tempio. Alla
fine del XII secolo, lo scudo misurava 1,50 m di altezza. Seguendo la tendenza dei combattenti
laici, all’inizio del XIII secolo le sue dimensioni diminuirono al punto che alla fine di questo stesso
secolo misurava 0.60 m x 0.60 m. Questo scudo è rappresentato sul sigillo del Tempio con i due
cavalieri sullo stesso cavallo. La “lancia”, fabbricata di preferenza in legno di frassino, di carpine o
di melo, aveva l’asta che non superava i tre metri e terminava con un ferro a losanga o a forma di
foglia di salice a due fili. La Regola al capitolo XXXVIII precisa che le lance e gli scudi non
dovevano avere coperture (custodie). La “mazza turca” era poco impiegata dai cristiani a causa
della suo caratteristica di arma da “villani”. Tuttavia, contro i Musulmani, i Cavalieri Templari
utilizzarono anche quest’arma costituita da un lungo manico di legno e di un pezzo di metallo
contundente situato all’estremità. Riguardo l’arco e la balestra, Marion Melville dichiara “Se essi
vogliono organizzare delle gare di tiro con l’arco o con la balestra, non devono mettere in palio che
cose di poco conto che non costino denaro, quali i picchetti per la tenda, o una lanterna scoperta …
E ogni fratello del Tempio può scommettere contro un altro, con la sua balestra , dieci pezzi di
candela senza permesso ma niente di più; e non più di questo può perdere in una giornata. E può
mettere in palio la sua falsa corda della balestra al posto dei pezzi di candela; ma non deve mai
abbandonare la corda durante la notte senza permesso”. Infine, essi ricevevano un’”ascia” per
spaccare la legna e tre coltelli: il “coltello d’arme” (o pugnale o daga), che era un’arma a due tagli e
a lama larga che veniva portata al fianco destro con l’impugnatura in avanti, il “coltello da taglio”
utilizzato per tagliare il pane ed infine un “temperino”, piccolo coltello a lama dritta, per utilizzo in
varie occasioni.
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