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Andare per piante spontanee commestibili
Prima parte
La pioggia ha fecondato la terra; oggi si alza un sole lucente nell'aria trasparente e la
rugiada del mattino svanisce in nuvole evanescenti.
Eccoci pronti; calzati di scarponcini o stivali; attrezzati di cesti, contenitori, guanti,
coltellino; ci aspettano campi selvatici, lontani dai coltivi inquinati. Andiamo insieme
allegri e vocianti.
In questa stagione i nostri campi si presentano pieni zeppi di verde, con infinite
varietà di sfumature e di forme ad altezze diverse, per lo più rosette basali, alcune
delle quali, come la cicoria, hanno ancora vicino gli stecchi secchi delle piante che li
hanno generati.
Siamo in presenza delle piante selvatiche che da sole, con spinta propulsiva di
energia ammirabile, vogliose di vita, occupano tutti gli spazi possibili: sì abbarbicano
sulle ripe scoscese, si fanno posto tra le fessure delle pietre dei muri e anche nel
selciato, fra i sassi, lungo i sentieri sterrati, nella sabbia e vivono accostate
commestibili e no.
Ammirando l'insieme, l’occhio esperto ha già individuato, nella vastità
apparentemente confusa, le piante commestibili dominanti e le altre abituali
conviventi.
Alcune piante sono tossiche e possono assomigliare alle altre buone, perciò per
distinguerle occorre affinare la propria capacità di osservazione esaminando ogni
pianta nelle sue parti e confrontandole con altre che sembrano uguali. A tal fine è
bene mettere in gioco tutti i sensi: la vista per osservare la variazione delle forme e
dei colori, il tatto per differenziare le varie gradazioni dal liscio al rugoso, l’udito per
cui ad esempio se strofiniamo fra loro le foglie dello stridolo Silene inflata sentiamo
il suono dello sfregamento, l’odorato per cogliere e identificare in ogni pianta il
proprio profumo e l’intensità della sua gradazione, inoltre si possono assaggiare le
parti di piante commestibili per puntualizzare sulle differenze fra i sapori.
Questa analisi è necesssaria anche per la grande adattabilità agli ambienti delle
diverse specie per cui ad esempio una rosola in un terreno asciutto è più attaccata
alla terra e vive allungando i suoi raggi più rasenti al suolo, in un terreno più umido
si alza baldanzosa in forme più estrose e quindi se una persona non ha capito la sua
essenza non la riconosce.
Suggerimenti per la raccolta
- Non cogliere più del necessario perché oltre a una lodevole abitudine a non
sciupare, c'è un'economia di lavoro che segue, da non sottovalutare.
- Si possono raccogliere germogli, innovazioni primaverili, rosette, cimette fiorite,
foglie, fiori, bacche, radici carnose, rizomi, tuberi e bulbi.
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- È bene fare attenzione a non ammassare il raccolto in buste di plastica che portano
al surriscaldamento e quindi danneggiano il patrimonio di vitamine, oligoelementi e
fitochimici di cui sono particolarmente ricche le piante selvatiche.
- Come pure il successivo processo di cottura deve essere adeguato, per non
mettere in disordine il complesso biologico delle erbe.
- Si recidono le erbe al colletto, si nettano sul posto eliminando la terra e le foglie
ingiallite e sciupate; si controlla che non vi siano parassiti e si depositano con cura in
un cesto, senza pressarle.
- Arrivati a casa si continua a ripulirle da eventuali altri danneggiamenti subiti.
- Ancora intere, si lavano molto bene in abbondante acqua a temperatura ambiente,
si scolano e si utilizzano subito, o mangiandole crude, o cuocendole.
- Le porzioni sotterranee vanno pulite della terra, senza lasciarle in ammollo.
- Fiori e cimette fiorite, che sono molto delicati, si lavano celermente e si lasciano
sgrondare senza ammassarli, si aggiungono poi all'ultimo momento, alle misticanze
e/o come guarnizioni.
Le erbe di primavera
In marzo e in aprile le piante erbacee commestibili che s’incontrano più
frequentemente sono le seguenti ed io mi soffermo a descrivere la sola parte che
viene raccolta in questo periodo per uso culinario.
Negli incolti, lungo le strade, le scarpate :
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- Sonchus spp, Crespigno, fam. Asteraceae, di cui il più comune è l’Oleraceus; ha
foglie della rosetta basale molli, opache, non spinulose, di elevata variabilità, da
lanceolate a roncinate, grossolanamente lobate o incise.
- Picris Echioides, Aspraggine, fam. Asteraceae ha foglie basali spatolate o ovalooblunghe, picciolate, talora rossastre lungo la nervatura centrale con picciolo alato,
grosse verruche biancastre.
- Tragopogon Porrifolius, Barba di becco violetta, fam. Asteraceae la cui rosetta nel
primo anno di vegetazione ha foglie lineari, gradatamente assottigliate fino all’apice
acuto, con margine intero, ondulato. Ha un sapore amarognolo-attenuato.
- Ho notato la presenza in ogni stagione dell’intera pianta di Taraxacum officinale,
Tarassaco, fam. Asteraceae con radice fittonante, carnosa, avvolta al colletto da
squame brunastre. Foglie riunite nella rosetta basale, adagiate sul terreno, erette,
variabili per dimensione, profondità delle intaccature e presenza di peluria, margine
che presenta intaccature profonde da far diventare la foglia pennatifida o
pennatopartita, lobi regolari, arcuati, falciformi, divisi in lacinie, volti verso la base,
lobo terminale grande di forma triangolare; peli lunghi, molli e cotonosi solo alla
base delle foglie, glabri nella parte restante. I fusti sono semplici, fistolosi, privi di
foglie, numerosi. Infiorescenze a capolino solitario apicale, protetto da un involucro
di brattee esterne brevi e piegate verso il basso, brattee interne lunghe, erette fino
alla maturazione dei frutti, poi riflesse. Fiori giallo aranciati, ligule a cinque denti. Si
possono raccogliere sia le rosette basali che i boccioli (da fare anche sotto aceto), i
capolini e le radici (per surrogare il caffè).
-Cichorium Intybus, Cicoria, fam. Asteraceae ha radice a fittone ingrossata e carnosa,
biancastra all’interno e bruniccia all’esterno (tagliata a tocchetti, essicata, tostata e
macinata serve anch’essa per surrogare il caffè). La rosetta basale ha foglie
polimorfe, allungato-lanceolate, intere al margine, pennatopartite, pennatofide,
roncinate. Nervature principali rossicce e talora anche macchie rossicce anche sulla
lamina. Sempre sulle nervature della pagina inferiore si presenta una peluria fitta
biancastra e ruvida. La cicoria, con il suo sapore amaro-salino non deve prevalere
sulle altre erbe, ma il suo apporto è importante per la salute e per ravvivare i toni
delicati delle une e i sentori erbacei dolcigni, agri e solforosi delle altre.
- L’habitat del Papaver rhoeas, Rosolaccio, fam. Papaveraceae, la cui rosetta viene
chiamata “rosola”, oltre ai luoghi sopracitati si trova anche nei coltivi e nei terreni
arati. Le foglie sono polimorfe, lanceolate, ellittico-allungate, pennatopartite e/o
pennatosette in segmenti irregolarmente dentati e con denti terminanti ciascuno
con un pelo.
Valda Valentini
Fotografia di Vanni Gozi
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