DINAMICA 1. INTRODUZIONE ALLA DINAMICA....................................................................... 36 2. LA SECONDA LEGGE DELLA DINAMICA........................................................... 36 3. LA MASSA INERZIALE............................................................................................. 38 4. LA LEGGE DI NEWTON E LO SPAZIO DELLE FASI......................................... 40 5. TEOREMA DELL’IMPULSO .................................................................................... 42 6. IL TERZO PRINCIPIO DELLA DINAMICA (AZIONE E REAZIONE) ............. 44 7. IL PRIMO PRINCIPIO DELLA DINAMICA (LEGGE D’INERZIA)................... 45 8. CAMPI DI FORZE ....................................................................................................... 46 9. L’ENERGIA POTENZIALE ....................................................................................... 48 10. IL LAVORO COMPIUTO DA UN CAMPO DI FORZE ....................................... 49 11. ESEMPIO DI FORZA CONSERVATIVA: LA FORZA ELASTICA................... 51 12. ESEMPIO DI FORZA DISSIPATIVA: ATTRITO................................................. 52 13. TEOREMA DELL’ENERGIA CINETICA ............................................................. 53 14. TEOREMA DI CONSERVAZIONE DELL’ENERGIA TOTALE MECCANICA ............................................................................................................................................. 53 15. L’ENERGIA DI UN MOTO AD ACCELERAZIONE COSTANTE..................... 54 16. L’ENERGIA DI UN MOTO ARMONICO .............................................................. 56 17. L’ENERGIA DI UN CAMPO GRAVITAZIONALE.............................................. 58 18. CAMPI DI FORZA CENTRALI............................................................................... 60 19. PATTINATORE SUL GHIACCIO E MOMENTO ANGOLARE ........................ 62 20. IL GIROSCOPIO........................................................................................................ 63 21. I CAMPI CENTRALI DI FORZA ELASTICA ....................................................... 63 22. IL CAMPO DI FORZA GRAVITAZIONALE ........................................................ 66 23. IL TEOREMA DI GAUSS ......................................................................................... 67 24. IL CAMPO GRAVITAZIONALE ALL’INTERNO DI UNA MASSA SFERICA UNIFORME ...................................................................................................................... 69 25. IL CAMPO DI FORZA GRAVITAZIONALE GENERATO DA UNA MASSA SFERICA UNIFORME .................................................................................................... 70 34 26. LA FORZA DI GRAVITÀ TERRESTRE................................................................ 72 27. IL PENDOLO SEMPLICE (LE PICCOLE OSCILLAZIONI) ............................. 74 28. IL PROBLEMA DI KEPLERO................................................................................. 76 29. IL TEOREMA DEL VIRIALE PER LA PARTICELLA SINGOLA.................... 78 30. OLTRE L’UNIVERSO MECCANICO DI NEWTON............................................ 81 La serie di Balmer.........................................................................................................................82 L’atomo idrogenoide.....................................................................................................................84 Il modello di Bohr.........................................................................................................................85 Descrizione ondulatoria. ...............................................................................................................86 L’equazione di Schroedinger ........................................................................................................87 I polinomi di Hermite e l’oscillatore armonico quantistico. .........................................................87 Il principio di corrispondenza e l’oscillatore quantistico..............................................................89 35 1.INTRODUZIONE ALLA DINAMICA Il passo successivo alla cinematica consiste nel cercare di rispondere alla seguente domanda : qual’è la causa del moto ? Newton riuscì a trovare una risposta inventando così la dinamica, che dunque è quella branca della Fisica che studia le cause del moto e le leggi naturali che collegano le cause con gli effetti. Osservando i fenomeni naturali Newton scoperse che alcuni moti, non tutti, apparivano essere connessi con una ben precisa causa. Se ad esempio un giocatore di bigliardo colpisce con una stecca una biglia ferma essa si pone in movimento e tanto maggiore è il colpo tanto più velocemente la biglia si muove. Inoltre la direzione di moto della biglia dipende dalla direzione da cui proviene il colpo. Da questo esempio sembrerebbe di capire che la causa del moto deve essere una grandezza vettoriale, perchè l’effetto del colpo dipende sia dall’intensità che dalla direzione. Tuttavia vi erano moti che almeno apparentemente non sembravano causati da nulla: il moto dei pianeti, la caduta dei corpi pesanti, ecc. L’ipotesi di Newton era molto semplice ma assolutamente rivoluzionaria: assumere che qualsiasi moto fosse causato da una grandezza fisica vettoriale, cui diede il nome di FORZA. In particolare Newton riuscì a spiegare le leggi empiriche di Keplero sul moto dei pianeti, inventando la forza di gravità. Noi oggi sappiamo che il nostro Universo è governato soltanto da quattro forze fondamentali, di cui una è la forza di GRAVITÀ, le altre sono: • la forza ELETTROMAGNETICA (responsabile dei fenomeni luminosi, fenomeni elettrici e magnetici, formazione di atomi e molecole, ecc.), • la forza FORTE (responsabile dell’aggregazione della materia nei nuclei atomici), • la forza DEBOLE (responsabile dei decadimenti radioattivi). Proprio lo studio delle caratteristiche di queste forze ci ha portato a comprendere non soltanto i fenomeni del mondo microscopico, ma ad esempio anche i meccanismi di formazione e di evoluzione dell’Universo su grande scala. 2.LA SECONDA LEGGE DELLA DINAMICA Partendo dalle tre leggi empiriche che Keplero aveva dedotto dai dati astronomici sul moto dei pianeti di Tycho Brahe, e assumendo che esistesse una forza gravitazionale che determinava tale moto dipendente dall’inverso del quadrato della distanza dei pianeti dal sole, Newton dedusse la seguente equazione fondamentale della dinamica o Legge di Newton: 36 r r 1. F = m a r Tale legge definisce una relazione analitica tra la causa (la forza F ) e r l'effetto (l'accelerazione a ) del moto di un corpo. La costante m rappresenta una proprietà del corpo che si chiama massa inerziale, che dipende soltanto dalla quantità di materia che compone il corpo. Il nome inerziale deriva dal fatto che tale grandezza rappresenta qualche cosa che in un certo modo si oppone al moto. Infatti dall’equazione (1) a parità di forza applicata al corpo, tanto maggiore è la massa, tanto minore è l’effetto del moto (accelerazione). Nel caso limite di un corpo con massa infinita non si ha nessun movimento qualunque sia la forza che agisce sul corpo. In altri termini si puo dire che la massa inerziale di un corpo è la proprietà che fa sì che il corpo resista alle variazioni della propria velocità. Nella descrizione di Newton tale massa è costante, mentre è noto che nella teoria della Relativitá Ristretta di Einstein la massa dipende dalla velocita. Tale dipendenza diventa rilevante soltanto quando il corpo si muove con velocità prossime a quella della luce (300.000 Km/s). Per i processi di moto a velocita piu basse (ad esempio i pianeti che si muovono attorno al sole con velocità di circa 5-30 Km/s) l’approssimazione newtoniana è accettabile. È importante osservare che l'equazione fondamentale della dinamica non è una equazione algebrica ma differenziale del second'ordine il cui r integrale generale è la posizione r : r r d 2 r (t ) 2. F = m dt 2 r dove cioè l'incognita è la funzione r (t ) del tempo t e la soluzione esplicita del moto (integrale particolare dell'eq.(2)) dipende ovviamente da due parametri arbitrari che chiamiamo condizioni iniziali r r ⎧ r (t = 0) = r 0 3. ⎨ r r ⎩v (t = 0 ) = v 0 r r dove r 0 posizione iniziale e v 0 velocità iniziale permettono di definire i due parametri arbitrari da cui dipende l'integrale generale dell'eq.(2) . Naturalmente questa legge non ha senso se non si definiscono gli osservatori (sistemi di riferimento) rispetto ai quali essa vale. La risposta a questa domanda sarà data dal primo principio della dinamica. L’equazione (2) si può anche scrivere: r r dv 4. F = m dt e dunque una forza causa una variazione di velocità. Quindi tutte le volte che si verifica su di un corpo un cambiamento di velocità ciò vuol dire che su tale corpo ha agito una forza. Esempio 1: Una palla di bigliardo colpita dalla stecca di un giocatore si mette in moto sul tavolo. Ciò significa che il giocatore ha applicato una forza 37 sulla palla mediante la stecca. Con la legge di Newton siamo in grado di calcolare la forza F impressa dal giocatore sulla biglia: Δv m F=m = v Δt Δt essendo v la velocità assunta dalla biglia e Δt l’intervallo di tempo durante il quale la stecca è stata a contatto con la biglia. Supponendo che il tempo di contatto sia sempre lo stesso, si può concludere che la velocità della biglia è proporzionale alla forza impiegata. La grandezza FΔt si chiama anche impulso della forza, e in tal caso la forza è una forza impulsiva. Esempio 2: Una palla di bigliardo in moto con velocità costante v urta contro una sponda del tavolo da bigliardo. La palla rimbalza, cioè cambia almeno la direzione se non il modulo della sua velocità. Allora si può dire che la sponda del tavolo da bigliardo ha applicato una forza sulla biglia: Figure 1 ed essendo l’angolo di incidenza uguale all’angolo di riflessione, ne consegue che la forza F è diretta perpendicolarmente alla sponda del bigliardo. 3.LA MASSA INERZIALE Il rapporto tra la causa del moto (forza) e l'effetto (accelerazione) é una costante che dipende soltanto dalla quantità di materia contenuta nel corpo su cui la forza agisce. Questo rapporto si chiama massa inerziale perché rappresenta essenzialmente la capacità di ogni corpo ad opporsi al moto, cioè è la sua inerzia a rispondere alle forze che lo sollecitano a muoversi. Con un ragionamento al limite potremmo dire che, se esistesse nell'universo un corpo con massa estremamente grande (diciamo infinita), esso persisterebbe nel suo 38 stato di moto, ad esempio starebbe fermo, qualunque fosse la forza che su di esso agisce. Ricordiamoci che Newton assunse la seguente forma per la forza gravitazionale: r r M g mg r 5. F = −G r2 r dove G è una costante che si chiama costante di gravitazione universale, Mg ed mg sono le masse gravitazionali del sole e del pianeta rispettivamente ed r è il vettore posizione del pianeta rispetto al sole. In linea di principio massa inerziale m e gravitazionale mg possono rappresentare due proprietà diverse della materia. Mettendo assieme quest’ultima equazione (5) con la (1) si ottiene: ⎛ GM g ⎞⎛ m g ⎞ a = −⎜ 2 ⎟⎜ ⎟ ⎝ r ⎠⎝ m ⎠ e siccome la prima parentesi non dipende dal corpo, l’accelerazione a dipende soltanto dal rapporto tra massa gravitazionale e massa inerziale. Siccome però l’accelerazione di gravità è uguale tra tutti i corpi (g sulla terra) allora il rapporto: mg = 1±10 −11 m non può dipendere dal corpo, le due masse devono perciò essere tra loro proporzionali per lo stesso corpo. Gli esperimenti confermano che queste due grandezze sono proporzionali tra di loro. Quindi pur di scegliere opportunamente le unità di misura tali masse si possono far coincidere. Gli esperimenti sino ad oggi hanno dimostrato che tale coincidenza è verificata entro un fattore 10-11. Qualche considerazione si deve anche fare per chiarire cosa intendiamo per quantità di materia di cui é composto il corpo. Intanto osserviamo che nell'universo esistono fenomeni immateriali, cioé a massa nulla. Basti ricordare i fenomeni elettromagnetici in cui si manifestano i fotoni che sono particelle senza massa dotate soltanto di energia. Oggi noi sappiamo che la materia é essenzialmente concentrata nei nuclei degli atomi, che sono composti da protoni e neutroni. Queste particelle si chiamano anche barioni, possiamo quindi dire che la massa inerziale di un corpo é essenzialmente proporzionale dunque al numero di barioni che lo costituiscono. Il problema della materia barionica è di grande attualità per almeno due aspetti di grande rilevanza: la stabilità della materia e la chiusura dell'universo. Le più recenti teorie così dette di grande unificazione prevedono la possibilità che il protone non sia stabile, cioè che la materia barionica possa decadere trasformandosi in energia. Questo processo naturalmente deve essere molto raro per il fatto stesso che noi vediamo l'universo esistere ancora dopo 13 miliardi di anni di vita. Infatti i più attuali limiti sul tempo di decadimento del protone (vita media) forniscono 1032 anni. La quantità di materia totale contenuta nell'universo è direttamente collegata con la possibilità o meno che l'universo stesso, attualmente in una 39 fase espansiva dopo il big bang, possa ad un certo momento cominciare una nuova fase compressiva per effetto delle dominanti forze gravitazionali. Le misure attualmente valide danno come risultato che la quantità di materia barionica contenuta nell'universo non sarebbe sufficiente per giustificare una tale compressione, portando quindi alla descrizione di un universo in espansione indefinita. È da questa osservazione che, per esempio si ipotizza la presenza di un altro tipo di materia non barionica, cioè non composta da protoni e neutroni, che per il fatto di non essere visibile ha preso il nome di materia oscura. Recentissime misure fatte sui satelliti hanno inoltre mostrato che nell’Universo deve esistere anche una forma di energia, fino ad ora sconosciuta: chiamata per questo motivo energia oscura. 4.LA LEGGE DI NEWTON E LO SPAZIO DELLE FASI La legge di Newton impone che, per la determinazione univoca di un moto, si debbano conoscere le condizioni iniziali (cioè i due parametri arbitrari da cui dipende l' integrale generale dell' eq. 2). In altri termini per determinare univocamente il moto di un punto bisogna conoscerne ad un r r determinato istante (ad es. al tempo t=0) la posizione r 0 e la velocità v 0 . Ciò vuol dire che lo stato di moto di un punto materiale è univocamente determinato quando siano note la sua posizione e la sua velocità in un dato istante. r r Si può allora costruire uno spazio astratto a 6 dimensioni (r , v ), detto spazio delle fasi, in cui ogni "punto" (vettore Y) rappresenta lo stato del punto mobile in funzione del tempo. Y = (x, y, z ; vx , vy , vz) a) Spazio delle fasi per il moto rettilineo uniforme ⏐ vx ⏐= K di un punto che si muove in una scatola di semilato a. 40 Figure 2 b) Spazio delle fasi per il moto uniformemente accelerato Figure 3 ⎧⎪x = 1 K t 2 2 ⎨ ⎪v = K t ⎩ x vx = 2 K x c) Spazio delle fasi per il moto armonico Figure 4 41 ⎧x = R cos(ω t ) ⎨ ⎩v x = − R ω sin(ω t ) v x = ± R ω 1 − cos2 (ω t ) vx = ±ω R2 − x 2 v x2 = ω 2R 2 − ω 2 x2 v x2 + ω 2x 2 = ω 2 R2 equazione di un'ellisse con semiassi a , b: a=R b = ωR 5.TEOREMA DELL’IMPULSO L'equazione fondamentale della dinamica può essere usata per ricavare una importante legge che governa il moto dei corpi. Si definisce la seguente grandezza fisica r 6. IF (t ) = t ∫ r F (r,T)dT (3.4) 0 che chiamiamo Impulso della forza. Riferendoci alla fig.5 riscriviamo r l'impulso della forza F applicata al punto P di massa m tra l'istante t A e l'istante t B , ricordando che l'equazione (3.1) può anche scriversi r r d v (t ) F=m dt 42 F ( P, t ) P, t B, tB v ( tA) A, tA fig.9 Figure 5 r IF = tB ∫( r r F P ,t dt ) tA tB =m ∫ r dv dt dt tA tB =m ∫ r dv tA r r = m v B − mv A r Definiamo la quantità di moto del corpo di massa m e velocità v r r q=m v che sostituita nella precedente equazione porta al Teorema dell'Impulso r r r r 7. IF = q B − q A = Δq 43 Si noti che l'impulso di una forza dipende soltanto dallo stato iniziale e da quello finale . In figura è mostrato un esempio di forze impulsive. L’area tratteggiata rappresenta l’impulso della forza. Figure 6 Esempio : Calcoliamo l'impulso di una forza costante , ad esempio della m forza peso P = mg dove g = 9.8 2 è l'accelerazione di gravità s Δt I= ∫ mgdt = mg Δt 0 quindi Δq = mg Δt Δv =g Δt ritroviamo cioè che il punto si muove con accelerazione g costante . 6.IL TERZO PRINCIPIO DELLA DINAMICA (AZIONE E REAZIONE) r Se il corpo A applica una forza F B sul corpo B allora sul corpo A agisce r una forza di reazione F A uguale e contraria , quindi la forza risultante è nulla r r r F A + F B = 0. È questo il caso ad esempio di due particelle che si urtano. Nell'ipotesi che le forze agiscano per un tempo Δt durante l'urto , calcoliamo l'impulso della forza risultante 44 Δt ∫ (F A + FB)dt = 0 r r 0 cioè Δt ∫ r F A dt + 0 Δt ∫ r r F B dt = 0 0 ed introducendo gli impulsi delle forze si ottiene r r r IA + IB = 0 . Applicando quindi il teorema dell'impulso r r IA = Δq A r r IB = Δq B dove r r r Δ q A = m A v' A − m A v A r r r Δq B = m B v 'B − m B v B essendo v' A,B e v A,B rispettivamente le velocità dei corpi A,B dopo e prima dell'urto, si ottiene, sommando membro a membro, la seguente formulazione del principio dell'azione e reazione applicato all'urto tra due particelle r r r r 8. m A v ' A + m B v' B = m A v A + m B v B che rappresenta il Teorema di Conservazione della Quantità di Moto totale del sistema di particelle interagenti. 7.IL PRIMO PRINCIPIO DELLA DINAMICA (LEGGE D’INERZIA) Se su di un corpo non agisce nessuna forza o se agisce un insieme di forze la cui risultante è nulla, allora il corpo persiste nel suo stato di quiete ( se era fermo ) o di moto rettilineo uniforme ( se era in moto ), rispetto a tutti i sistemi di riferimento inerziali. 45 Questo enunciato asserisce essenzialmente che la legge di Newton è valida nei sistemi di riferimento inerziali. Cioè le Forze Vere sono solo quelle che appaiono nella legge di Newton riferita ai sistemi inerziali. Questo principio è di fatto una definizione dei sistemi di riferimento inerziali, cioè degli osservatori privilegiati rispetto ai quali nella legge di Newton appaiono le forze vere che agiscono sul corpo. Ma come definire operativamente i sistemi inerziali ? La relatività galileiana asserisce che tutti gli osservatori in moto rettilineo uniforme tra loro misurano su un punto in moto la stessa accelerazione e dunque la legge di Newton è invariante cioè valida per tutti questi osservatori. Allora basterebbe definire un solo osservatore inerziale per riconoscere tutti i sistemi di riferimento inerziali. Un buon sistema di riferimento inerziale per descrivere i fenomeni che avvengono nell’ambito del sistema solare è costituito dalle stelle così dette fisse. Per tale classe di fenomeni tutti gli osservatori fermi o in moto rettilineo uniforme rispetto alle stelle fisse sono inerziali. Ma se vogliamo ad esempio descrivere il moto delle stelle all’interno della nostra galassia? In tal caso non possiamo più considerare fisse le stelle e dunque dobbiamo cercare un altro riferimento inerziale. Il trucco consiste nel cercare un osservatore molto lontano rispetto al fenomeno di cui vogliamo studiare il moto. Nel caso delle stelle nella nostra galassia possiamo assumere come osservatore inerziale il sistema delle galassie lontane dalla nostra. Ma se vogliamo descrivere il moto delle galassie nel nostro universo ? Come si vede la scelta operativa dei sistemi di riferimento inerziali è in qualche modo soggetta a delle approssimazioni. 8.CAMPI DI FORZE r Si definisce Campo di Forze un insieme di forze F definite in ogni punto P di un determinato volume V dello spazio r r F = F(P ) , P ∈ V. 46 Z V F( r ) P r O Y X fig.10 Figure 7 r r F Si definisce Intensità del Campo f = nel punto P la forza che agisce su m una massa unitaria m collocata nel punto P. Si definiscono Linee di Forza o Linee del Campo le curve nello spazio dx dy dz = = F x Fy Fz oppure ⎧F x dy = F y dx ⎪ ⎨F y dz = Fz dy ⎪⎩F dx = F dz z x Esempio Le linee di forza di un campo uniforme sono rette parallele alla r direzione del campo . Infatti scriviamo il campo uniforme F = (0,0,k ) diretto come l'asse z. 47 Z F = (o,o,k) Y0 O Y X0 X fig.11 Figure 8 Le equazioni delle linee del campo sono allora ⎧k dx = 0 ⎨ ⎩k dy = 0 ed integrando ⎧k (x − x0 )= 0 ⎨ ⎩k (y − y 0 ) = 0 cioè ⎧x = x 0 ⎨ ⎩y = y 0 dove x 0 e y 0 sono costanti di integrazione e z è arbitrario. equazioni rappresentano tutte le rette parallele all'asse z . Queste 9.L’ENERGIA POTENZIALE r Riferendosi ad un sistema cartesiano si dice che un campo di forze F (x,y,z ) ammette energia potenziale V se esiste la funzione scalare V(x,y,z) tale che 48 ⎧ ∂V Fx = − ⎪ ∂x ⎪ ∂V 9. ⎨F y = − ∂y ⎪ ⎪F z = − ∂ V ∂z ⎩ Introducendo l'operatore scalare differenziale gradiente r ∂ r ∂ r ∂ r i+ j+ k gr a d = ∂ x ∂y ∂z possiamo scrivere r r 10. F = − gr a d (V ) Se il potenziale è regolare in modo che valga per esso il teorema di inversione delle derivate parziali , allora dalla eq. (9) si deduce ⎧ ∂ Fx ∂ Fz = ⎪ ∂z ∂x ⎪⎪ ∂ F y ∂ Fx 11. ⎨ = ∂x ∂y ⎪ ⎪ ∂ Fz = ∂ F y ⎪⎩ ∂ y ∂z Introducendo l'operatore vettoriale differenziale rotore r r ⎛ ∂ F z ∂ F y ⎞⎟ r ⎛⎜ ∂ F x ∂ F z ⎞ r ⎜⎛ ∂ F y ∂ F x ⎞⎟ r i+ k rot F = ⎜ − − − j+ ⎝ ∂z ∂z ⎠ ∂x ⎠ ∂y ⎠ ⎝ ∂y ⎝ ∂x r si ha che un campo di forze F che ammette potenziale ed ha la regolarità (11) è irrotazionale cioè r r r 12. r o t F = 0 () () 10.IL LAVORO COMPIUTO DA UN CAMPO DI FORZE r Definiamo Lavoro infinitesimo dL compiuto da un campo di forze F per r spostare un punto materiale P di massa m di un tratto infinitesimo d s lungo la traiettoria Γ (fig.12) il prodotto scalare r r dL = F ⋅ ds 13. = Fx dx + Fy dy + Fz dz Il lavoro totale per spostare P dal punto A al punto B lungo Γ è dunque 49 14. L Γ = ∫( ) F xdx + Fy dy + F z dz . Γ Z B Γ A P O ds Y X fig.12 Figure 9 Nota Bene : in generale il lavoro dipende dal cammino di integrazione Γ. Se il campo è irrotazionale allora il lavoro non dipende più da Γ ma solo dai punti iniziale A e finale B. Infatti l'eq.(11) che conduce all'eq.(12) è la condizione necessaria e sufficiente affinchè l'espressione F xdx + F y dy + F z dz = dU (x,y,z ) sia un differenziale esatto della funzione U(x,y,z) dU = ∂U ∂U ∂U dx + dy + dz ∂x ∂y ∂z da cui si deduce che ⎧ ∂U Fx = ⎪ ∂x ⎪ ∂U ⎨F y = ∂y ⎪ ⎪F = ∂ U z ∂z ⎩ e dunque V = −U allora l'eq.(13) diventa 15. dL = − dV 50 Integrando si deduce la forma assai notevole 16. L = − (VB − VA ) valida per i campi irrotazionali. In particolare si deduce dall'eq.(16) che il lavoro compiuto da un campo irrotazionale, lungo una qualsiasi linea chiusa, è nullo 17. ∫ r r F ⋅d s = 0 Si usa questa proprietà come definizione di campo conservativo. Nota bene : a) se esiste almeno una linea chiusa per la quale non valga l'eq.(17) allora il campo non è conservativo b) viceversa se il campo è conservativo allora il lavoro compiuto dalle forze del campo dipende soltanto dalla posizione iniziale A e da quella finale B (eq.(16)) e non dalla particolare traiettoria. c) In ogni punto di un campo conservativo le linee di forza e le superfici equipotenziali sono sempre tra loro perpendicolari. Infatti se lo spostamento r d s avviene su una superfice equipotenziale dU=0 ne deriva dall'eq.(15) che dL=0 e dunque F ds cos(θ ) = 0 da cui cos (θ ) = 0 . 11.ESEMPIO DI FORZA CONSERVATIVA: LA FORZA ELASTICA Si definisce forza elastica la forza che causa il moto armonico: F=-kx Infatti l’equazione di Newton diventa: m x’’ = -k x 2 che è l’equazione del moto armonico con pulsazione ω = k/m. La circuitazione durante un periodo T=2π/ω diventa: T T r r T k kR 2 ⎡ 2 ⎛ 2 π ⎞⎤ C = ∫ F ⋅ dx = − ∫ kx dx = − x 2 = − cos t ⎜ ⎟⎥ ⎢ ⎝ T ⎠⎦0 0 2 ⎣ 2 0 [] [ ] kR2 C =− cos2 (2 π ) − cos2 0 = 0 2 Concludendo la forza elastica è una forza conservativa. 51 12.ESEMPIO DI FORZA DISSIPATIVA: ATTRITO In generale la forza di attrito si manifesta tra due corpi solidi che strisciano l’uno sull’altro o tra un corpo ed il fluido in cui il corpo si muova. È una forza che si oppone al moto ed è proporzionale oltre che alla superficie di contatto tra i due corpi anche alla velocità relativa. r r F =−k v Si dimostra che la circuitazione non è nulla. Infatti per tale moto si calcola la velocità in funzione del tempo risolvendo l’equazione di Newton. −k v = mvÝ vÝ k =− v m ln v = − k t+c m k − t e m v = v0 essendo v0 la velocità al tempo t=0. Calcoliamo ora la circuitazione: r r r c = ∫ F ⋅ ds = −k ∫ v ⋅ ds e moltiplicando e dividendo per dt c = −k ∫0 v 2 dt t ∫ e t c = −kv02 0 − 2k t m dt 2k − t⎞ 1 2⎛ ⎜ c = − mv0 ⎜1− e m ⎟⎟ < 0 2 ⎝ ⎠ e tale integrale è sempre negativo e diverso da zero. Essendo la circuitazione il lavoro compiuto dalle forze del campo, ne consegue che chi compie lavoro è dunque il corpo che si muove per opporsi al campo di forza. Questo lavoro viene compiuto a spese dell’energia cinetica del corpo ed è dissipato in continuazione (in generale sotto forma di calore) nel senso che il corpo non recupererà più tale energia. Dall’ultima formula si conclude che il corpo dissipa in continuazione la sua energia cinetica che dunque varia nel tempo secondo la legge: 2k ΔT = − Δt T m infatti integrando tale equazione si ottiene: − 2k t m T = T0 e che rappresenta l’energia cinetica rimanente dopo il tempo t. 52 13.TEOREMA DELL’ENERGIA CINETICA Consideriamo il lavoro compiuto da un campo di forze durante uno spostamento infinitesimo r r dL = F⋅ d s r r dv ricordando l'equazione di Newton F = m dt r r ds r r dL = m d v ⋅ = m v ⋅d v dt r r 1 r r 1 ed essendo v ⋅d v = d (v ⋅ v ) = dv 2 si ottiene 2 2 ⎛1 dL = d ⎝ mv 2 ⎞⎠ 2 Se definiamo energia cinetica di un corpo di massa m e velocità v 18. E cin = 1 m v2 2 si ottiene in conclusione 19. dL = dE cin Il lavoro elementare compiuto dalle forze di un campo che agiscono su un corpo è pari alla variazione dell'energia cinetica subita dal corpo stesso. 14.TEOREMA DI CONSERVAZIONE DELL’ENERGIA TOTALE MECCANICA Consideriamo l'energia potenziale V di un corpo immerso in un campo di forze conservative , possiamo allora riscrivere l'eq. (15) nella forma 20. d (L + V ) = 0 ed applicando il teorema dell'energia cinetica (19) si ha ( ) 21. d Ecin + V = 0 Definiamo Energia Totale Meccanica del corpo la somma dell'energia cinetica e dell'energia potenziale 22. E tot = Ecin + V si ottiene allora la notevole proprietà di Conservazione dell'energia Totale Meccanica di un corpo in moto in un campo di forze conservative 53 23. E tot = costan te Nota 1 : Se il campo di forze non è conservativo bisogna tenere conto anche di un termine dissipativo additivo che è dovuto al lavoro compiuto dalle forze non conservative (ad esempio l'energia dissipata per effetto delle forze di attrito sotto forma di calore). In questo caso si ha d (Etot − L diss )= 0 dove L diss è il lavoro compiuto dalle forze non conservative. Essendo il lavoro una forma di energia si può anche enunciare la legge (23) nel seguente modo Il contenuto totale di energia in un processo isolato si conserva , cioè l'energia in un processo isolato può soltanto trasformarsi da una forma ad un'altra senza essere creata o distrutta. Nota 2 : Di fatto l'energia cinetica è definita nel teorema dell'energia cinetica come un indice di stato fisico , nel senso che tale teorema resta valido anche se definiamo l'energia cinetica in modo più generale E cin = 1 mv 2 + costan te 2 È evidente che assumere non nulla tale costante additiva equivale ad assegnare una energia non nulla al corpo quando esso è in quiete. La teoria della relatività ristretta assume questa costante pari a 2 m0 c dove m 0 è la massa a riposo e c è la velocità della luce . 15.L’ENERGIA DI UN MOTO AD ACCELERAZIONE COSTANTE. Consideriamo la caduta di un grave, è questo un moto ad accelerazione costante pari all’accelerazione di gravità g. Per tale moto l’equazione di Newton diventa: mg=mz’’ 54 Figure 10 Se il grave si trova nel punto z = 0 al tempo t = 0 ed ha in tale istante velocità nulla, allora esso tende a cadere lungo la direzione dell’asse z con accelerazione costante z’’ = g, con velocità z’ = gt e con una posizione che dipende quadraticamente dal tempo z = 1/2 g t2. Essendo l’energia potenziale: F = mg = − dU dz si ricava U = −mgz +U 0 essendo U0 l’energia potenziale nel punto iniziale z = 0. l’energia cinetica del grave: 1 1 m z' 2= m g 2t 2 = m g z 2 2 L’energia totale è dunque costante, come ci si doveva aspettare T= Etot = T + U = U0. 55 Calcoliamo Figure 11 In figura sono mostrati gli andamenti dell’energia potenziale U (decrescente) e dell’energia cinetica T (crescente) in funzione della quota z. 16.L’ENERGIA DI UN MOTO ARMONICO Il moto armonico è quello subito dal punto proiezione su un diametro del moto circolare uniforme. L'equazione del moto armonico è dunque: x = A cos(ω t + φ) che è l'integrale della così detta equazione armonica o equazione dell'oscillatore armonico: 2 24. Ý xÝ+ ω x = 0 . Questo moto è causato dalla forza elastica F = −kx Infatti l'equazione di Newton per questa forza diventa: mÝ xÝ= − k x cioè xÝÝ+ k x=0 m k m Da cui k = mω2. L'energia potenziale dell'oscillatore armonico è: dU k F=− , U = x2 dx 2 1 U = m ω2 x2 2 essendo ovviamente ω = 56 avendo assunto essere nulla l'energia potenziale per x=0, mentre l'energia cinetica è: 2 1 1 1 ⎛ dx ⎞ T = m ⎜ ⎟ = m A 2 ω 2 sen 2 (ω t + ϕ) = m A 2 ω 2 1 − cos2 (ω t + ϕ ) = 2 2 2 ⎝ dt ⎠ [ ] ⎡ ⎛ x ⎞ 2⎤ 1 1 1 1 1 2 2 = m A ω ⎢1 − ⎜ ⎟ ⎥ = m A 2 ω 2 − m ω 2 x 2 = k A 2 − k x 2 2 2 2 2 2 ⎣ ⎝ A⎠ ⎦ 1 1 T = m ω 2 A2 − m ω 2 x 2 2 2 in conclusione l'energia totale è: 1 Etot = T +U = m ω 2 A 2 2 cioe' Etot = π m ν 2 A 2 che si verifica essere ovviamente costante (per il teorema della conservazione dell'energia totale). È interessante notare che l’energia totale di un oscillatore armonico è proporzionale al quadrato della frequenza ν ed al quadrato dell’ampiezza A. Possiamo allora rappresentare graficamente l'andamento dell'energia cinetica e dell'energia potenziale (fig. 12) in funzione di x. E Etot = 1/2 kA 2 T U -A 0 A x Figure 12 Si noti che l'energia potenziale è massima dove l'energia cinetica è minima e viceversa. 57 17.L’ENERGIA DI UN CAMPO GRAVITAZIONALE Calcoliamo l’energia potenziale del campo gravitazionale che agisce tra due masse puntiformi M (supposta ferma) e m , poste ad una distanza r. F = −G dU = G Mm r2 Mm r2 Mm U = −G r =− dU dr dr Supponendo per semplicità che la velocità sia soltanto radiale si calcola l’energia totale della massa m, che è costante. e dunque: 1 Mm E tot = m v 2 − G 2 r v2 = (costante) 2E tot 2GM + m r v 2GM r0 v0 Etot=0 O rmax r0 r Si presentano allora 2 casi: Il primo caso per E tot < 0 Per descrivere il moto, consideriamo lo spazio delle fasi (r,v) come in figura. Supponiamo per semplicità che la velocità iniziale sia positiva (v0 > 0) cioè la massa m si muova inizialmente verso l’esterno del campo. La traiettoria nello 58 spazio delle fasi sarà allora del tipo mostrato in figura. La traiettoria è quella disegnata in rosso, il punto si allontana inizialmente per raggiungere una distanza massima rmax e poi ricade verso la massa M. È questo il caso di un moto confinato. Si calcola la massima distanza: rmax = GMm E tot In generale vale il principio che il moto è confinato quando l’energia totale è negativa. Il secondo caso per E tot ≥ 0 . v v0 O Etot=0 r0 rmax r v0 In tal caso le traiettorie nello spazio delle fasi sono mostrate nella figura, sia per il caso di v0 ≥ 2GM 2GM , che per v0 ≤ − . Se inizialmente la massa r0 r0 m si allontana da M allora essa si allontanerà indefinitivamente. È questo il caso di moto non confinato. Se invece m inizialmente si muove verso M, allora essa cadrà sulla massa M. 59 18.CAMPI DI FORZA CENTRALI Si definisce campo centrale o campo di forza centrale ogni campo di forza che possiede le seguenti proprietà : a) in ogni punto del campo la forza è diretta secondo una retta passante per un punto fisso detto centro del campo, b) il modulo f(r) della forza F in un punto del campo dipende soltanto dalla distanza del punto dal centro del campo. Quindi su una qualsiasi superficie sferica la forza è costante in modulo. r r r 25. F = f(r ) r F r Figure 13 Se f è positiva allora il campo è repulsivo, altrimenti è attrattivo. Dimostriamo che un campo centrale è conservativo. Infatti 60 r r r r r ⋅d s dL = F⋅d s = f(r ) r r r r ed essendo dr = ⋅d s si ottiene r dL = f(r )dr il campo ammette cioè energia potenziale U(r), essendo dL=-dU: dU = − f (r) dr e quindi è conservativo. Le superfici equipotenziali di un campo centrale sono sfere con centro nel centro del campo, infatti dU=0 implica dr = 0, dovendo in generale essere f≠0. Ma il luogo dei punti in cui non varia r è una sfera: r = cos tan te Come conseguenza le linee di forza sono rette uscenti dal centro del campo dovendo essere perpendicolari r alle superfici equipotenziali. Definiamo Momento della forza F rispetto al centro del campo il seguente prodotto vettoriale r r r 26. M = r × F se il campo di forza è centrale si ha r r r r r×r =0 27. M = f (r ) r e dunque il momento di un campo centrale rispetto al suo centro è sempre nullo. Definiamo Momento Angolare oppure Momento della Quantità di Moto di un r corpo di massa m e velocità v il seguente prodotto vettoriale: r r r 28. L = r × m v derivando il momento angolare rispetto al tempo si ottiene r dL r r r r = v × mv+ r × ma dt il primo prodotto vettore del secondo membro è nullo e dunque r r dL 29. =M dt Tale equazione è valida in generale per tutti i campi in un sistema di riferimento inerziale (abbiamo usato l’equazione di Newton). In particolare per i campi centrali diventa r r L = c ost 61 che rappresenta il Teorema di Conservazione del Momento Angolare per il r r moto nei campi di forze centrali. Inoltre poichè per definizione r e v sono r sempre perpendicolari a L ne consegue che il moto avviene in un piano perpendicolare al momento angolare e passante per il centro del campo (moto z α e’ il piano L definito da r e da v v r y o α x Figure 14 piano). 19.PATTINATORE SUL GHIACCIO E MOMENTO ANGOLARE Consideriamo un pattinatore P che ruota attorno al suo asse verticale con velocità di rotazione v, che risulta perpendicolare al vettore r. Sia PB il suo braccio di estensione r e sia m una massa tenuta nella sua mano. La forza che trattiene la massa m ad una distanza r dall’asse di rotazione è di tipo centrale. Dunque si conserva il momento angolare L rispetto all’asse di rotazione. v P r L=mrv=costante Da cui si ricava 62 B v=L/mr. Cioè la velocità di rotazione è inversamente proporzionale all’estensione r del braccio. Quindi per aumentare la velocità di rotazione il pattinatore deve diminuire l’estensione del suo braccio e viceversa. 20.IL GIROSCOPIO Il giroscopio è un attrezzo costituito da una ruota, che gira rapidamente attorno al suo asse, alla quale è consentito disporsi in una qualsiasi giacitura nello spazio. Il momento angolare è diretto come il suo asse di rotazione e si conserva, cioè non cambia fintanto che dura la rotazione. Se dunque si sposta l’asse di rotazione in una direzione diversa da quella di partenza, la ruota tende a ritornare nella giacitura originale. Le applicazioni sono molteplici soprattutto nel campo della navigazione. 21.I CAMPI CENTRALI DI FORZA ELASTICA Il più generale campo di forza elastica centrale si può scrivere r r 30. F = − k r r dove r è il vettore posizione rispetto al centro del campo e k è una costante positiva. Proiettando l'eq (30) sugli assi cartesiani ed applicando l'equazione fondamentale della dinamica si ottiene ⎧m x" = − k x ⎪ 31. ⎨m y" = − k y ⎪m z" = − k z ⎩ 63 che è un sistema di tre equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti del second'ordine . Equazioni di questo tipo si chiamano armoniche. r L'integrale generale fornisce la posizione r (x, y, z ) come funzione oscillante del tempo ⎧x = A x cos(ω t + φ x ) ⎪ 32. ⎨y = A y cos ω t + φ y ⎪ ⎩z = A z cos(ω t + φ z ) ( ) k è la pulsazione, A x,y,z sono le ampiezze del moto oscillante m rispetto agli assi cartesiani, φ x,y,z sono le costanti di fase e (ω t + φ ) è detta la dove ω = fase del moto. Calcoliamo ora l'equazione del piano sul quale avviene il moto. Abbiamo dimostrato che le equazioni (32) descrivonor un moto che si sviluppa su un rispetto al centro del piano che è normale al momento angolare L calcolato r r L campo. Per comodità introduciamo il vettore l ≡ che ha la stessa direzione m del momento angolare e per la definizione di prodotto vettore si ha ⎧l x = yz' − zy' ⎪ ⎨l y = zx' − xz' ⎪⎩l = xy' − yx' z Derivando le equazioni (32) rispetto al tempo si ottiene ⎧x' = − ω A xsen (ω t + φ x ) ⎪ ⎨y' = − ω A y sen ω t + φ y ⎪ ⎩z' = − ω Az sen (ω t + φ z ) ( ) che sostituite nelle precedenti danno ( ) ( ⎧l x = − ω A z A y cos ω t + φ y sen (ω t + φ z )+ ⎪ ⎪ ω A z A y cos(ω t + φ z )sen ω t + φ y ⎪⎪l = − ω A A cos ω t + φ sen ω t + φ + y x ( z z ) ) ( x ) ⎨ ⎪ ω A x A z cos(ω t + φ x )sen (ω t + φ z ) ⎪l z = − ω A x A y cos(ω t + φ x )sen ω t + φ y + ⎪ ⎪⎩ ω A x A y cos ω t + φ y sen (ω t + φ x ) ( ( cioè 64 ) ) ( ) ( ) ⎧l = ω A A sen φ − φ x y z y z ⎪ 33. ⎨l y = ω Az A x sen (φ z − φ x ) ⎪ ⎩l z = ω A x A y sen φ x − φ y Si noti che il momento angolare è ovviamente costante cioè rnon dipende r dal tempo. Essendo dunque sempre r perpendicolare a l si deduce l'equazione del piano su cui avviene il moto (condizione di perpendicolarità) r r 34. r ⋅ l = xlx + yly + zl x = 0 Vogliamo ora calcolare l'equazione della traiettoria. Scegliamo una qualsiasi coppia di assi cartesiani (θ , η) sul piano del moto definito dall'equazione (34). Proiettando le equazioni (31) su questi due nuovi assi otteniamo ⎧θ "+ ω 2 θ = 0 ⎨ 2 ⎩ η"+ ω η = 0 i cui integrali generali sono ⎧θ = H cos(ω t + ψ θ ) ⎨ ⎩ η = K cos ω t + ψ η ( ) Si noti che il caso in cui le costanti di fase sono uguali ψ θ = ψ η è un caso degenere nel senso che il moto si riduce ad una oscillazione su di una retta K con coefficiente angolare pari a . H ⎧ θ = cos(ω t )cos ψ − sen (ω t )sen ψ θ θ ⎪H 35. ⎨ η ⎪ = cos(ω t )cos ψ η − sen (ω t )sen ψ η ⎩K moltiplicando le due equazioni rispettivamente per cos ψ η e cos ψ θ e sottraendo membro a membro si ottiene θ 36. H cos ψ η − η K [ cos ψ θ = sen ω t −sen ψ θ cos ψ η + sen ψ η cos ψ θ ( = sen ω t sen ψ η − ψ θ ) e moltiplicando le equazioni (35) rispettivamente per sen ψ η e sen ψ θ e sottraendo membro a membro si ottiene θ η sen ψ η − sen ψ θ = cos ω t sen (ψ η − ψ θ ) H K infine quadrando e sommando le equazioni (36) e (37) si ha 37. 65 ] 38. ( ) cos ψ η − ψ θ 1 2 1 2 θ + η − 2 θη = sen 2 ψ η − ψ θ 2 2 H K HK ( ) che è l'equazione di una conica. Data l'equazione generale di una conica a 11x 2 + 2a 12xy + a 22 y 2 + 2a 13x + 2a 23 y + a 33 = 0 dal valore assunto dal discriminante: Δ ≡ a 11a 22 − a 122 si presentano i seguenti casi a) Δ > 0 la conica è un ellisse b) Δ = 0 la conica è una parabola c) Δ < 0 la conica è un'iperbole e dall'equazione (3.34) si ottiene Δ= [ ( 1 2 2 1− cos ψ η − ψ θ H K 2 )]> 0. Si noti che Δ = 0 solo nel caso degenere ψ η = ψ θ , che corrisponde, come abbiamo già visto, ad una oscillazione lungo una retta. In conclusione Le forze elastiche centrali causano un moto piano la cui traiettoria è una ellisse oppure provocano nel caso degenere, un moto oscillante lungo una retta. π Nota : se le condizioni iniziali sono tali per cui H=K e ψ η − ψ θ = allora 2 l'ellisse si riduce ad una circonferenza di raggio H. 22.IL CAMPO DI FORZA GRAVITAZIONALE Ogni corpo di massa m è sorgente di un campo di forza che agisce su ogni altro corpo di massa m' secondo la legge della gravitazione universale: r r m m' r 39. F = k 2 r r Si noti che m ed m' si chiamano masse gravitazionali che a priori sono diverse dalle masse inerziali fino a qui studiate. Se ne dimostra l'equivalenza attraverso misure sperimentali. La costante k = 6.66 ⋅10 −8 cm 3 s −1gr −1 non dipende nè dal mezzo in cui sono immersi i corpi , nè dalla natura chimica o fisica dei corpi stessi. Si noti ancora che il campo gravitazionale è un campo centrale e dunque è conservativo. Consideriamo per semplicità il caso monodimensionale di una massa m che attrae una massa m' con una forza F=k dV m m' 2 =− dr r da cui si ricava l'energia potenziale gravitazionale della massa m' 66 V = −k m m' r 23.IL TEOREMA DI GAUSS Una massa m sia collocata nel punto N e ad una distanza r sia posta una r massa m' su una superficie infinitesima con areola dΣ e versore normale n , r che forma un angolo α con la direzione di r . n α P m' r dΣ F dΩ N m Figure 15 Ricordiamo che la superficie dΣ sottende dal punto N un angolo solido dΩ dΩ = d Σcos(α ) r2 essendo dΣ cos(α) l'areola proiettata sul piano perpendicolare alla r direzione r . Sulla massa m’ agirà allora una forza gravitazionale: r r m m' r F = −G 2 r r r Definiamo il flusso infinitesimo dΦ del campo F attraverso la superficie dΣ nel seguente modo 67 r r dΦ = F ⋅ n dΣ = F cos(π − α )d Σ quindi si ottiene dΦ = G m m' dΩ cos(π − α ) = −G m m' dΩ r 2 cos α da cui Φ = - G m m' ∫ dΩ r Calcoliamo ora il flusso totale di F attraverso una superficie chiusa Σ: ⎧−4 πGmm' N interno a Σ ⎪ Φ = ⎨−2 πGmm' N su Σ ⎪0 N esterno a Σ ⎩ che rappresenta il teorema di Gauss. Integrando su una superficie chiusa Σ ¾essendo 4π l’angolo solido con cui la N massa m vede la superficie chiusa Σ che la circonda (N interno a Σ), Σ ¾essendo 2π l’angolo con cui la massa m vede la superficie chiusa Σ quando e’ posta su di essa (N posto su Σ), N ¾essendo uguali gli angoli solidi con cui la massa m vede Σ’ e Σ’’, il flusso attraverso Σ’ e’uguale e contrario al flusso attraverso Σ’’ (N esterno a Σ). ⎧−4πGmm' N interno aΣ ⎪ Φ = ⎨−2πGmm' N su Σ ⎪0 N esterno aΣ ⎩ Teorema di Gauss 68 Σ N Σ’ Σ’’ R M Σ r m Figure 16 24.IL CAMPO GRAVITAZIONALE ALL’INTERNO DI UNA MASSA SFERICA UNIFORME Estendendo il teorema di Gauss ad una distribuzione continua sferica di massa M su di un volume V=4/3 π R3, possiamo dire che il flusso del campo gravitazionale attraverso una superficie sferica Σ di raggio r su cui è posta la massa m’ (ad una distanza r < R dal centro di M) indotto dalla massa esterna alla superficie Σ è nullo. Dunque resta soltanto il contributo del flusso indotto attraverso Σ soltanto dalla massa Mr = ρ Vr = 4/3 π ρ r3 (essendo ρ la densità), contenuta all’interno di Σ. Dunque per il teorema di Gauss: 2 r 4 π ) G ρ m' 3 ( Φ Σ F = − 4 π G m' M r = − r 3 ma per definizione di flusso deve essere: () 69 r r r Φ Σ F = ∫ F ⋅ n dΣ = ∫ F (r ) dΣ () Σ dove F(r) e' la componente radiale del campo, ed essendo Σ = π r2 si ha dΣ = 2 π r dr e quindi r Φ Σ F = 2 π ∫ F (r ) r dr. () In conclusione si deve avere : 2 π ∫ F (r ) r dr = − (4 π )2 G ρ m' r 3 3 8 π G ρ m' 3 r ∫ F (r )r dr = − 3 ma ricordando che df (r ) dr = f (r ) dr in conclusione deve essere F = − 8π G ρ m' r F = −cost ⋅ r ∫ che è una forza di tipo elastico. In conclusione una massa m’ posta nel campo gravitazionale all’interno di una distribuzione sferica omogenea di densità ρ si muove di moto armonico. 25.IL CAMPO DI FORZA GRAVITAZIONALE GENERATO DA UNA MASSA SFERICA UNIFORME La forza F generata da una distribuzione uniforme di massa M contenuta in una sfera di raggio R, che agisce su una massa m posta ad una distanza r dal centro della sfera è dunque: mM ⎧ − G , r ≥ R forza gravitazionale ⎪ r2 F=⎨ ⎪− G mM r , r < R forza elastica ⎩⎪ R3 Possiamo dunque rappresentare graficamente l'accelerazione di gravità g = |F| / m in funzione della distanza dal centro della sfera omogenea nella seguente figura. 70 Figure 17 Nota 1: La massa m si muove all'interno della sfera (r<R) di moto oscillante con pulsazione GM ω= R3 cioè con periodo 4 2π V dove V = π R 3 τ= 3 GM Nel caso della terra si ha: ⎛ m3 ⎞ G = 6.65 ⋅10 −11 ⎜ ⎟ ⎝ Kg ⋅sec ⎠ M = 5.98 ⋅10 24 (Kg ) R = 6.4 ⋅10 (m ) si ottiene quindi un periodo pari a τ ≈ 30 minuti 6 Introducendo la densità ρ= M V si ottiene la legge 3π costan te G Si può calcolare l'energia potenziale associata, avendo imposto la continuità nel punto r = R: ρ⋅ τ = ⎧ GmM 1 ⎪− 2 r U =⎨ ⎪− GmM 2R 2 − r 2 ⎩ 2R 3 [ , r≥R ] , r<R 71 che si può rappresentare graficamente nella fig. 19 seguente Figure 18 26.LA FORZA DI GRAVITÀ TERRESTRE Nelle vicinanze della terra il campo di gravità è sempre diretto verso il centro (ammessa l'uniformità della massa terrestre ). Il vettore intensità del campo che ha le dimensioni di una accelerazione si chiama accelerazione di gravità r r P g= m r dove P è la forza di gravità ( peso) cui è sottoposta una qualsiasi massa m 72 g3 g2 g1 fig.13a Figure 19 e dipende generalmente dalla posizione ( diminuisce allontanadosi dalla superfice terrestre perchè aumenta la distanza e diminuisce avvicinandosi al centro della terra perchè diminuisce la massa attrattiva tra il corpo ed il centro della terra fig.20) . Se ci si pone al livello del mare si può dire che l'accelerazione di gravità è sostanzialmente costante. Per effetto della rotazione della terra attorno al suo asse passante per i poli, in qualsiasi punto della superficie terrestre agisce anche una accelerazione centrifuga gc = ωRp2 diretta perpendicolarmente all'asse di rotazione come mostrato dalla figura seguente (ω è la velocità angolare di rotazione della terra). N Rp P gc g O S fig.12 h Figure 20 73 gR L'accelerazione risultante gR non è più diretta verso il centro della terra. L'entità di questo effetto è piccola, alcuni valori dell'accelerazione di gravità sono qui di seguito mostrati. g equatore g o 45 latitudine g polo cm s2 cm = 980.6 2 s cm = 983.2 2 s = 978.0 Nota 0 : La massima intensità del campo si ha sulla superficie esterna della distribuzione di massa. Nota 1 : Si noti che la forza di attrazione per un punto che si muova all' interno della Terra in un tunnel come in fig. è del tipo: F int ≈ − R [forza elastica ] Si determina una oscillazione armonica intorno al centro della Terra. Nota 1.1 : è interessante osservare che il moto armonico è definibile come quel moto indotto dal campo generato da una distribuzione uniforme di carica in un volume sferico, che agisce su una carica puntiforme collocata all' interno della distribuzione di carica, quando e soltanto quando la distribuzione di carica genera un campo centrale (all' esterno della sfera) che vada come R −2 Nota 2 : è interessante notare come un campo di forze tridimensionale centrale, che va come R −2 , generato non da una sorgente puntiforme, ma da una sorgente uniformemente diffusa su di un raggio r si comporti (per tutti i punti che distano dal suo centro R, con R < r ) come un campo di forza elastica (moto armonico). Questa interessante simmetria suggerisce molte cose, tra le quali, ad es., come generare un campo centrale che vada come R −2 partendo dall' oscillatore armonico. In tal caso è però cruciale trovare che cosa è che oscilla armonicamente per generare un tale campo. Nota 3 : Poichè come abbiamo già visto le soluzioni del moto armonico indotto dalle forze centrali elastiche sono soltanto " moti confinati" (ellissi), la presenza di strutture confinate ( cioè limitate nello spazio) quali gli atomi, i sistemi stellari, le galassie, i clusters di galassie, sarebbe una conseguenza derivante dalla dipendenza da R −2 delle forze fondamentali. 27.IL PENDOLO SEMPLICE (LE PICCOLE OSCILLAZIONI) Consideriamo una massa puntiforme m posta nel punto terminale A di un filo inestensibile ed incomprimibile di lunghezza l vincolato nel punto O (fig.22). 74 O θ l A s PL PT θ P fig.14 Figure 21 r Sia P il suo peso che è diretto sempre verso il basso P = mg allora la massa è libera di muoversi lungo un arco di circonferenza con centro in O. Consideriamo la componente tangenziale della forza peso rispetto alla traiettoria circolare P T = − mg sen θ dove il segno negativo è dovuto al fatto che P T agisce nel nenso degli s ⎛ angoli θ decrescenti. Nell'ipotesi delle piccole oscillazioni ⎝ θ = << 1⎞⎠ si ha l P T = − mg θ = − mg s l essendo s il tratto di circonferenza percorso idurante l'oscillazione. Applicando l'equazione fondamentale della dinamica si ottiene P T = ms " cioè g s"+ s = 0 l che è un'equazione armonica, con pulsazione ω = τ= 2π ω = 2π l , il cui integrale fornisce l'equazione del moto g s = s 0 cos(ω t + φ ). 75 g l e periodo Si può concludere che le piccole oscillazioni sono isocrone. 28.IL PROBLEMA DI KEPLERO Studiamo i campi di forza centrali nei quali l'energia potenziale è inversamente proporzionale alla distanza dal centro r V(r ) = − α r e dunque nei quali la forza è inversamente proporzionale a r 2 . In tali condizioni sappiamo che il moto avviene su di un piano (fig.15) Z vr φ v r v φ Y O fig.15 Figure 22 calcoliamo dunque l'energia cinetica E c di una massa m sottoposta ad un tale campo r r 1 r F=k 2 r r r Scomponendo la velocità v nelle componenti v r radiale e v φ trasversale v r = r' v φ = r φ' da cui Ec = ( ) ( ) 1 1 1 mv 2 = m v r 2 + v φ 2 = m r' 2 +v φ 2 . 2 2 2 L'energia totale è dunque 76 E = E c + V (r ) = ( ) 1 m r' 2 +v φ 2 + V (r ). 2 Calcoliamo il momento angolare rispetto al centro del campo r r r M =m r ×v che sappiamo essere costante nel tempo ed è ovviamente perpendicolare al piano del moto, cioè diretto come l'asse z. Il suo modulo è M = M z = mrv sen φ = mrv φ = costan te da cui ricaviamo vφ = M mr che sostituito nell'espressione dell'energia totale da E= 1 M2 mr' 2 + + V(r ) 2 2mr 2 Questa equazione mostra che la parte radiale del moto , quella cioè che dipende soltanto dalla distanza r si può considerare come un moto lineare (dipendente cioè soltanto dalla posizione e non dalla direzione ) pur di interpretare il campo come un campo dotato di energia potenziale efficace 40. V eff = V (r ) + M2 M2 α = − + 2mr 2 r 2mr 2 Infatti in tal caso l'energia totale si esprime nella solita forma E = E c (r ) + V eff (r ) dove E c = 1 mr ' 2 . 2 Si noti ancora che il termine M2 è detto Energia 2mr 2 Centrifuga. In conclusione il moto di un corpo di massa m in un campo di forze centrali che 1 và come 2 ( ad esempio le forze gravitazionali oppure quelle elettriche di Coulomb), r si può considerare come un moto lineare ( che dipende cioè da una sola variabile : la distanza dal centro del campo) di una massa m con energia potenziale definita dall'eq.(40) il cui andamento è mostrato nella fig.24. 77 Ue f f r0 O r α2 m 2 M2 fig.16 Figure 23 Si noti ancora che r0 = M2 mα rappresenta la distanza dall'origine del campo alla quale cambia il segno della derivata dell'energia potenziale e dunque cambia il senso della direzione della forza del campo. Dunque il campo è attrattivo per r > r 0 il campo è repulsivo per r < r 0 ed è importante osservare che la presenza dell'energia centrifuga rende il campo repulsivo alle piccole distanze. 29.IL TEOREMA DEL VIRIALE PER LA PARTICELLA SINGOLA Definiamo la seguente grandezza scalare r r A = r ⋅ mv derivando rispetto al tempo si ottiene r r r dr dv r dA =m ⋅ r + mv ⋅ dt dt dt r r = F ⋅ r + mv 2 cioè 41. dA r r = F ⋅ r + 2E c dt Osservando il punto materiale nel suo moto durante un certo intervallo di tempo τ , possiamo calcolare il valore medio dell'equazione (41) utilizzando il teorema della media per una grandezza f (t ) 78 τ 1 <f>= τ ∫ () f t dt 0 per τ sufficientemente grande, ottenendo < r r dA > = < F ⋅ r > + 2 < Ec > dt τ 1 τ ∫ r r dA dt = < F ⋅ r > + 2 < E c > dt 0 e integrando 42. Aτ − A0 r r = < F ⋅ r > + 2 < Ec > τ Imponiamo la condizione che il primo membro dell'equazione (42) sia limitato , cioè a) la posizione e la velocità della particella sono limitate (caso della particella confinata in un volume chiuso) oppure b) la posizione non è limitata (moto non confinato) , ma deve comunque essere r r lim v ⋅ r = k (finito ) r→∞ cioè k r > >1 r v ≈ In una di queste ipotesi , pur di assumere l'intervallo di tempo τ sufficientemente grande si ha Aτ − A0 τ ≈0 e dunque 43. < Ec > = − 1 r r <F⋅r > 2 che rappresenta il Teorema del Viriale per la particella singola. r Se il campo di forza F ammette energia potenziale V e considerando per semplicità il caso monodimensionale riscriviamo l'eq.(43) < Ec > = − 1 dV <x > 2 dx ed assumendo l'energia potenziale V≡ 79 K xn dove n si chiama indice di campo , poichè K dV V = − n n +1 = n x dx x si ottiene in conclusione 44. < Ec > = n <V > 2 In tal caso l'energia cinetica media è proporzionale all'energia potenziale media . 80 30.OLTRE L’UNIVERSO MECCANICO DI NEWTON Così come la meccanica newtoniana è nata dallo studio del campo gravitazionale che governa il moto dei pianeti, anche la meccanica quantistica si è sviluppata essenzialmente dallo studio del campo elettrico che lega due cariche elettriche: il protone e l’elettrone presenti nell’atomo. La meccanica newtoniana è dunque valida per i fenomeni macroscopici e, dagli ultimi esperimenti di astrofisica effettuati sui satelliti, si estende a tutto l’Universo che sembra essere euclideo cioè piatto ed aperto. La meccanica quantistica invece è valida a livello microscopico e descrive in particolare il mondo delle molecole, degli atomi e delle particelle elementari. Sempre dalle più recenti misure di astrofisica risulta che soltanto il 5 % dell’Universo sarebbe composto di materia “barionica”, cioè di materia come noi la intendiamo, mentre ciò che rimane dovrebbe essere ancora da scoprire. Lo studio dei fenomeni elettromagnetici trascende gli scopi di questi appunti, ma è tuttavia possibile comprenderne a grandi linee gli aspetti dinamici quantistici anche senza una conoscenza specialistica dell’elettromagnetismo. Nel 1800 ha avuto un grande sviluppo lo studio dell’emissione e dell’assorbimento della luce da parte degli atomi. Lo strumento principale di misura era lo spettroscopio ottico. Con un prisma di vetro la luce veniva separata (rifrazione) nelle sue componenti di vario colore, cioè di varia lunghezza d’onda (energia). Studiando in tal modo la luce solare J. von Fraunhofer osservò il seguente spettro di fig. 25, Figure 24 in cui si distinguono delle righe: luminose (emissione degli atomi del sole) e scure (assorbimento da parte degli atomi dell’atmosfera terrestre). Lo spettro di luce mostra la variazione d’intensità della radiazione alle differenti lunghezze d’onda (colori). Oggetti con temperature e composizione differenti mostrano spettri diversi. Attraverso l’osservazione dello spettro di una stella gli astronomi sono dunque in grado di determinarne la temperatura, la composizione e le condizioni fisiche. Valgono le seguenti leggi di Kirchhoff: • un solido, un liquido o un gas ad alta pressione producono uno spettro luminoso continuo. 81 • • • Un gas ad alta temperatura e a bassa pressione produce uno spettro discreto di emissione (linee luminose). Quando un gas freddo a grande pressione si interpone tra una sorgente con spettro continuo e l’osservatore, allora si producono nello spettro osservato delle linee discrete nere di assorbimento. La lunghezza d’onda delle linee discrete di emissione o di assorbimento dipende dal tipo di molecole che le producono. Figure 25 La serie di Balmer. In questo campo il maggior contributo dato da Balmer risente maggiormente del suo “fiuto” matematico che del suo senso fisico. Infatti egli trovò una formula matematica che riproduceva la serie di linee spettrali prodotte dall’idrogeno, senza fornirne una spiegazione fisica. 82 La famosa formula di Balmer è: λm,n = hm2/(m2-n2). Mettendo n = 2 e h = 3654.6 10-8 cm, le lunghezze d’onda della formula che si ottengono ponendo m = 3, 4, 5, 6 riproducevano i dati sperimentali con notevole precisione. A dimostrazione che una buona teoria è in grado non solo di spiegare i dati sperimentali, ma è anche in grado di prevedere cose non ancora misurate, la formula di Balmer prevedeva una linea anche per m=7. Poco tempo dopo, un suo collega dell’Università di Basilea confermò sperimentalmente l’esistenza di tale linea. Nessuno però era in grado di spiegare il perché tale formula, si doveva aspettare l’intuito di Niels Bohr nel 1913. Più tardi nel 1890 Rydberg formulò una generalizzazione della formula di Balmer per l’atomo d’idrogeno: 1/L = RH (1/n2 - 1/m2) dove RH = 10972160 m-1 è una costante che prese il suo nome. Non c’era all’epoca alcuna spiegazione fisica di queste formule. L’osservazione principale consiste nel fatto che assieme alla presenza di uno spettro continuo esiste uno spettro discreto. Ciò dimostra che i processi microscopici di emissione e di assorbimento delle onde elettromagnetiche da parte degli atomi avvengono per quantità discrete di energia. Poichè negli atomi i responsabili di questi scambi di energia con l’esterno sono gli elettroni, ne consegue che gli elettroni stessi devono avere stati dinamici discreti nel loro moto attorno ai nuclei. La dinamica di Newton non sapeva prevedere nulla del genere e dunque si doveva cercare una nuova dinamica valida per tali processi microscopici. La nuova dinamica è descritta dalla teoria quantistica. 83 Figure 26 In figura 28 è mostrata la serie di Balmer dell’atomo idrogenoide. L’atomo idrogenoide. Il primo e più importante passo è stato fatto da N.Bohr nel 1913 . Egli infatti per spiegare la cratteristica discreta dello spettro della luce emessa o assorbita dagli atomi, ipotizzò che, per i fenomeni atomici, le energie possibili per gli elettroni legati al nucleo fossero discrete e dunque che le orbite possibili per gli elettroni attorno al nucleo fossero “quantizzate”, vale a dire che solo alcune orbite erano permesse e non altre. Era questo l’inizio della meccanica quantistica, che poi si sviluppò al punto da descrivere completamente i fenomeni atomici. 84 Figure 27 In figura 27 è mostrato schematicamente il meccanismo dell’assorbimento e dell’emissione di fotoni (particelle della radiazione elettromagnetica) da parte di un atomo. Gli elettroni possono saltare da un’orbita all’altra emettendo o assorbendo energia. I quanti di energia (fotoni) devono corrispondere alle linee dello spettro della luce. Il modello di Bohr Nel 1913 N.Bohr, nel tentativo di spiegare lo spettro discreto della luce emessa e assorbita dagli atomi di idrogeno, mise a punto un modello dell’atomo (atomo idrogenoide) che prevedeva gli elettroni (cariche elettriche negative) “ruotanti” attorno ad un nucleo (solo protoni con carica elettrica positiva, perché i neutroni sarebbero stati scoperti soltanto nel 1932 da Chadwick) per effetto della forza elettrostatica di Coulomb. De Broglie aveva appena ipotizzato che le particelle, quali gli elettroni, potevano essere considerate non solo corpuscoli, ma anche “onde di materia”. In tale schema le orbite potevano essere stabili soltanto se la lunghezza della circonferenza era un multiplo intero della lunghezza d’onda associata all’elettrone (ipotesi di onda stazionaria). La sorprendente conseguenza era che solo certi valori discreti del raggio della traiettoria erano compatibili con un’onda stazionaria. Si era trovato dunque il meccanismo teorico che spiegava la discretizzazione misurata nelle linee spettrali di emissione e di assorbimento. Naturalmente si era trovato il limite di validità della meccanica classica di Newton. Sorgeva inoltre un altro problema: secondo l’elettrodinamica classica una carica, che si muove lungo una traiettoria curva, avrebbe dovuto perdere energia sotto forma d’irraggiamento (luce di sincrotrone). L’elettrone quindi doveva muoversi attorno al nucleo atomico lungo una spirale di raggio decrescente fino a “cadere” rapidamente sul nucleo. Il modello di Bohr superava questo problema, perché nella nuova teoria l’elettrone raggiunge uno stato stabile quando si allinea su una traiettoria con il giusto raggio permesso dalla sua lunghezza d’onda di De Broglie. Però, un elettrone che non sia nello stato più basso (stato fondamentale con n=1) può spontaneamente compiere una 85 transizione verso uno stato di più bassa energia e simultaneamente perdere tanta energia, quanto è la differenza tra i due livelli, sotto forma di radiazione elettromagnetica (particelle di luce, cioè fotoni). Il calcolo delle lunghezze d’onda di tali fotoni dava esattamente conto della formula di BalmerRydberg. Il modello di Bohr si era ispirato anche all’idea di “quantizzazione” discreta dell’energia formulata da M.Planck. Fu questa una rivoluzione altrettanto importante della rivoluzione Newtoniana per i moti nel campo gravitazionale. Dalla grande scala (sistema planetario) si era passati alla piccola scala (sistema atomico). Descrizione ondulatoria. Un passo importante per la meccanica quantistica fu dunque fatto da De Broglie, che ha, nella sua tesi di laurea, aveva ipotizzato l’associazione di una lunghezza d’onda all’elettrone orbitante attorno al nucleo (onde di materia). La traiettoria dell’elettrone, per non avere effetti d’interferenza che avrebbero compromesso la stabilità dell’orbita, doveva essere un multiplo intero di tale lunghezza d’onda. Tale lunghezza d’onda λ dipendeva dall’energia dell’elettrone, come aveva ipotizzato Plank: hc E= . λ 2 3 1 4 n=5 secondo il modello di de Broglie in quest'orbita stazionaria ci sono 5 lunghezze d'onda 5 n=2 secondo il modello di de Broglie in quest'orbita stazionaria ci sono 2 lunghezze d'onda 2 1 Figure 28 Sono cioè possibili soltanto quelle orbite con una lunghezza pari ad un multiplo intero della lunghezza d’onda associata all’elettrone. De Broglie aveva capito un aspetto fondamentale della natura delle particelle elementari: l’aspetto ondulatorio. Ma la realtà era ancora un pò diversa, infatti 86 non ci sono onde di materia che si propagano nello spazio, ma onde di probabilità. Si deve introdurre un nuovo concetto astratto: la funzione d’onda, che rappresenta in qualche modo la probabilità di trovare la particella elementare in un determinato punto dello spazio ad un dato istante di tempo. Si doveva aspettare Schroedinger per avere la prima formulazione della dinamica quantistica mediante una equazione del moto, che ha preso il suo nome. L’equazione di Schroedinger L’equazione di Schrödinger è l’equazione fondamentale della fisica nella descrizione quanto-meccanica del moto. Si chiama anche equazione delle onde. Essa è un’equazione differenziale alle derivate parziali che descrive il modo in cui la probabilità (altrimenti chiamata funzione d’onda associata alla particella microscopica) di trovare un elettrone in una certa posizione ad un certo tempo, in altri termini rappresenta l’evoluzione temporale di un sistema quanto-meccanico. È giusto notare che esiste anche un’altra rappresentazione dovuta ad Heisenberg. L’equazione monodimensionale di Schrödinger ha la seguente forma: 45. dove i è l’unità immaginaria, Ψ è la funzione d’onda dipendente dal tempo, h è la costante di Planck, V(x) è il potenziale del campo in cui la particella si muove, e H è l’operatore Hamiltoniano. Questa equazione si può separare nella sua parte spaziale e temporale, usando il metodo della separazione delle variabili. Si cercano le soluzioni del tipo: e sostituendo si ottiene: Essendo l’energia totale E, si ottiene: che è l’equazione di Schrödinger indipendente dal tempo. I polinomi di Hermite e l’oscillatore armonico quantistico. I polinomi di Hermite H[n,x] rappresentano le funzioni d’onda quantomeccaniche di un oscillatore armonico: 87 U= - k x2. Essi sono soluzioni dell’equazione: y”-2xy+2ny = 0 Figure 29 Sulla sinistra della figura 30 sono plottate le soluzioni dell’equazione di Schrödinger del moto armonico, per i primi 4 stati dell’energia in funzione della posizione (x). La probabilità di trovare la particella nella posizione x è il quadrato della funzione d’onda, come rappresentato in figura 30 sulla destra. Si noti che le soluzioni che si ottengono per valori più grandi di n presentano numeri crescenti di picchi, ed essendo soluzioni che corrispondono a lunghezze d’onda decrescenti, rappresentano stati dell’oscillatore con valori crescenti di momento e di energia. Il valore di x più probabile, secondo la meccanica quantistica, per lo stato di energia più bassa (n=0), è nell’origine. Ciò è l’opposto di quanto avviene per l’oscillatore della meccanica classica, per il quale il maggior tempo è speso agli estremi (dove la velocità tende a zero). Si noti però che al crescere dell’energia la probabilità quantistica tende ad avere una distribuzione più piccata agli estremi in accordo con la teoria classica. Bohr chiamò “principio di corrispondenza” il limite in cui teoria quantistica e classica tendono a fornire gli stessi risultati. 88 Il principio di corrispondenza e l’oscillatore quantistico Sulla scala atomica dunque è necessaria la meccanica quantistica, ma da qualche parte le due descrizioni, la quantistica e la classica, devono convergere. È questa l’idea del principio di corrispondenza. Figure 30 Esaminiamo in maggior dettaglio lo stato fondamentale (n=0) dell’oscillatore quantistico (figura 31) e confrontiamolo con lo stato previsto dall’oscillatore classico. Sono l’uno l’opposto dell’altro. Quantisticamente l’oscillatore passa il maggior tempo vicino all’origine, mentre l’oscillatore classico passa il suo tempo soprattutto agli estremi. Si noti inoltre che mentre per l’oscillatore classico esiste un limite invalicabile che è rappresentato dalle due linee verticali della figura 31, invece l’oscillatore quantistico può allontanarsi dall’origine anche all’infinito, pur con una probabilità che decresce esponenzialmente. 89 Figure 31 Gli stati quantistici ad energie crescenti sono caratterizzati da un addensarsi di picchi di probabilità (figura 31) che approssimano sempre più il comportamento aspettato dalla teoria classica (linea tratteggiata della figura 32). Inoltre la coda quantistica al di fuori della regione strettamente permessa all’oscillatore classico, tende a diminuire rendendo la descrizione classica e quantistica sempre più simili. Beiser, calcolando la frequenza quantistica di radiazione di un atomo per n=10,000, mostra che la differenza tra meccanica-quantistica e meccanica classica è in tal caso trascurabile (dell’ordine di 0.01%). 90