Primo piano IL DIKTAT: NIENTE FOTO Party d’addio degli Obama: parata di vip e ore piccole Si è fatto festa fino a notte inoltrata alla Casa Bianca per il party di addio organizzato dagli Obama che lasceranno la residenza presidenziale fra due settimane. Niente fotografie o video all’interno, ma che la lista di vip fosse quella delle grandi occasioni era già trapelato. La conferma agli arrivi: Bruce Springsteen, Stevie Wonder, Maryl Streep giunta in taxi, Robert De Niro e George Lucas solo per citarne alcuni. In un video registrato alle 4.33 del mattino all’uscita dalla Casa Bianca e postato su Instagram, il rapper Chance l’ha descritta come una festa «incredibile»: «Sappiate che è stato storico!». Intervista a Vittorio Strada «Usa-Russia, è la Rete la nuova frontiera della Guerra fredda» l L’esperto: «L’ingerenza informatica di Putin nel voto americano è una strategia pianificata a tavolino che avrà altri momenti di attuazione» Umberto De Giovannangeli «Non siamo di fronte a un fatto isolato, ma a un strategia pianificata a tavolino che avrà altri momenti di attuazione. La frontiera della nuova “Guerra fredda” è quella che ha come campo di battaglia la rete. E su questo tavolo il gruppo dirigente russo ha puntato tutte le sue carte». A sostenerlo è il più autorevole studioso italiano del «pianeta Russia»: il professor Vittorio Strada. In questi giorni è in uscita il suo saggio, quanto mai di attualità, Impero e rivoluzione. Russia 1917-2017 (Marsilio Editori). Professor Strada, l’intelligence Usa conferma: Putin ordinò d’influenzare il voto per le presidenziali che hanno «incoronato» Trump. Qual è il segno di questa ingerenza che il nuovo inquilino della Casa Bianca ha minimizzato ma non smentito? «Indubbiamente ci troviamo a dover fare i conti con una svolta clamorosa, direi decisiva nella storia dei rapporti tra potenze. Lo scontro avviene ormai in forme mediatiche, viaggia nella rete, a “combatterlo” non sono soldati ma hacker. E questo tipo di conflitto viene teorizzato apertamente dagli strateghi della politica russa che attribuiscono alla rete un ruolo essenziale, addirittura di carattere strategico. E quella di cui stiamo parlando sarebbe la prima forma di un intervento diretto in una fase decisiva nella vita politica americana come sono le elezioni presidenziali. Quanto sia stata davvero pervasiva questa “ingerenza informatica” russa non è dato ancora sapere e forse non lo si saprà mai, ma basta il riconoscimento del fatto che ci sia stata per parlare, appunto, di una svolta clamorosa. Clamorosa e non episodica. Nel senso che questo non è che l’inizio di una forma di intervento che certamente, in questo caso in particolare, avrà conseguenze politiche di lunga durata». Lunga quanto? «Non azzardo previsioni temporali, ma quel che è certo è che il contrasto tra Russia e Stati Uniti, e più in generale tra la Russia, i suoi vecchi e nuovi alleati e l’Occidente, è già entrato in una fase di turbolenza nuova, di cui la tutt’altro che risolta crisi ucraina e ancor più la guerra in Siria sono le espressioni più evidenti, con una grande incognita, e cioè la linea di comportamento che sarà tenuta nei fatti, al di là delle dichiarazioni in campagna elettorale, dal nuovo presidente americano. In proposito, va sottolineato come nel mondo politico ufficiale russo, c’è una grandissima aspettativa per una svolta radicale nei rapporti tra le due potenze e questo sulla base della nuova linea di politica internazionale che viene attribuita a Trump». Influenza il voto americano, si pone al centro della partita mediorientale: siamo all’apoteosi dello “Zar del Cremlino”? «Vede, l’errore che si commette spesso nel raccontare le vicende russe, è quello dell’estrema personalizzazione, ritenendo che si sia di fronte, per l’appunto, a uno “zar”. Nessuno può negare la forte personalità di Putin ma ciò non deve mettere in ombra l’affermarsi di una forma mentis, di una ideologia che sono proprie di una élite dirigente di 6 l l’Unità Domenica, 8 Gennaio 2017 cui certamente Putin è l’espressione più alta e non solo per la carica che ricopre. Alcuni commentatori politici si spingono a parlare di una fase “post putiniana”, anticipando i tempi, ma io penso che se anche uscisse di scena, ipotesi al momento fantascientifica, questa tendenza permarrebbe, perché è preparata da tutta un’azione che chiamerei politico-culturale, la quale attribuisce alla Russia il ruolo di leadership, addirittura etico-politica, rispetto a un Occidente in fase di decadenza». In precedenza, Lei ha fatto riferimento alle aspettative dei circoli politici russi sulla presidenza Trump. C’è un ambito in particolare dove queste aspettative si orientano maggiormente? «L’aspettativa riguarda un accordo globale, di carattere politico ed economico. L’intervento russo in Siria, che adesso, a missione compiuta, va riducendosi, è stato con tutta evidenza un intervento a favore del regime di Assad, tuttavia la richiesta fatta dalla dirigenza russa alle potenze occidentali, e in primo luogo agli Usa, è stata quella di un rinnovo dell’alleanza antifascista «A Mosca è in atto l’affermarsi di una ideologia che è propria della nuova élite dirigente» «Lo scontro avviene ormai in forme mediatiche, viaggia su internet e a “combatterlo” non sono soldati ma hacker» della Seconda guerra mondiale, riattualizzata in chiave di lotta al terrorismo dell’Isis. Questo ha rimescolato le carte sul piano dei rapporti tra gli Stati e in questo senso il caso della Turchia è il più significativo. In Russia addirittura qualcuno ha azzardato l’ipotesi di una uscita di Ankara dalla Nato. Di certo, il nuovo presidente americano e l’Europa si trovano a dover fare i conti con una situazione profondamente mutata rispetto a quella dei tempi recenti, e per l’Europa, intesa come Ue, questo rappresenta, ancor più che per gli Stati Uniti, una sfida politica cruciale, in quanto l’Europa è priva di una sua politica estera e di difesa condivisa e di una visione strategica, deficit ancora più gravi sotto l’impatto dei problemi migratori». Nel pieno della crisi, armata, ucraina, Barack Obama, grande sostenitore delle sanzioni contro Mosca, definì la Russia una “potenza regionale”. Alla fine, a vincere è stato Putin? «In quel caso, ma non solo in quello, Obama dimostrò di non aver capito la nuova politica estera russa. È chiaro che il gruppo dirigente russo ha dato una preminenza alla politica estera rispetto a quella interna, investendo nella prima tutti i mezzi e le risorse disponibili. I sostenitori della “marginalità” russa pongono l’accento sul fatto che la Russia attuale è una potenza economica del tutto secondaria sul piano mondiale, ma si dimentica, o si sottovaluta erroneamente, che la Russia è una super potenza nucleare che a suo tempo ha ricevuto dall’Ucraina il monopolio degli armamenti nucleari sovietici. E una potenza nucleare di questa portata, enorme, non può essere declassata a potenza “regionale” come ha fatto Obama. In definitiva, si può sostenere, a ragion veduta, che il gruppo dirigente russo guidato da Putin si è dimostrato il più abile giocatore sul piano internazionale. Resta da vedere se si tratta di un bluff o di una vera superiorità destinata a pesare nel tempo nella grande partita che è in corso. Per il momento il vincitore sta al Cremlino, è Vladimir Vladimirovič Putin». Nyt e Wp: «Nessuna influenza sull’esito?» U.D.G. Cyberwar. Il presidente russo Putin accusato dall’intelligence Usa di aver ordinato di influenzare il voto Usa. FOTO: ANSA Un brindisi per la vittoria. Missione compiuta. Decine di alti funzionari del governo russo hanno festeggiato il successo di Donald Trump su Hillary Clinton, visto come un importante cambiamento geopolitico in favore di Mosca. A rivelarlo è il Washington Post che cita alcune comunicazioni intercettate dall’intelligence americana. E a festeggiare, rilancia il britannico The Independent sono stati anche alcuni dei funzionari sospettati di aver guidato l'attacco hacker russo alle elezioni Usa. E negli Stati Uniti la polemica riesplode. «Vladimir Putin non è nella nostra squadra», ha detto il presidente americano uscente Obama rivolto al successore in una intervista all’emittente televisiva Abc dopo che un rapporto dei servizi americani ha accusato il leader russo di aver «ordinato» una campagna per influenzare le elezioni a favore del miliardario newyorchese. «Una delle cose che mi preoccupano è il livello cui siamo arrivati, con repubblicani, opinionisti e commentatori televisivi che sembrano avere più fiducia in Putin che in altri americani perché questi americani sono democratici. Questo non può essere», ha affermato Obama. «Dobbiamo ricordarci che siamo nella stessa squadra. Vladimir Putin non è nella nostra squadra», ha aggiunto il presidente, secondo le anticipazioni dell'intervista. Secondo il rapporto delle agenzie di intelligence americane, del quale è stata resa nota al pubblico una versione di 14 pagine, il presidente russo Putin ha «personalmente ordinato» una campagna di haching per influenzare le elezioni Usa. Il lato oscuro dell’intelligence Usa, accusata Il Focus M. Mon. Iran, Cile, Guatemala, Brasile, e i tentativi a Cuba e in Canada: tutte le volte che la Cia ha condizionato le elezioni BRUXELLES Non sono stati solo gli hacker russi a tentare di manipolare le elezioni americane: per i democratici, a partire da Hillary Clinton, nella vittoria del repubblicano Donald Trump c’è anche lo zampino dell’Fbi, che secondo il senatore democratico Harry Reid avrebbe anche coperto le attività russe per favorire Trump. Del resto l’intelligence americana ha una lunga storia di attività che non brillano per il rispetto dei principi democratici: dai tanti colpi di Stato orchestrati dalla Cia allo scandalo delle intercettazioni della Nsa dei nostri giorni. Pochi giorni dopo la vittoria di Il direttore della Cia. John O. Brennan Trump, Hillary Clinton, in una conference call con i donatori della sua campagna elettorale, ha accusato il direttore dell’Fbi James Comey di averle fatto perdere le elezioni con la lettera del 28 ottobre con cui ha riaperto il caso sullo scandalo delle email in piena campagna elettorale, per poi concludere a poche ore dal voto che nelle nuove email del marito dell’assistente di Hillary Clinton non c’era materiale per aprire una nuova indagine o per incriminare la candidata democratica. «Ci sono molte ragioni per cui un’elezione come questa non ha successo», ha detto Clinton, «la nostra analisi è che la lettera di Comey, che sollevava dubbi infondati e da provare, abbia fermato il nostro slancio». Ancora più grave l’accusa lanciata Dopo la sconfitta Clinton ha accusato l’Fbi di averle fatto perdere la Casa Bianca dal senatore democratico Herry Reid, secondo cui James Comey, noto militante repubblicano, avrebbe coperto le prove della manipolazione russa per favorire Trump. L’Fbi aveva da tempo il materiale che dimostrava l’interferenza russa nella campagna elettorale, ha spiegato Reid, «ma Comey, che ovviamente è un repubblicano, si è rifiutato di divulgare informazioni specifiche sulla Russia e sull’elezione presidenziale». Il senatore democratico ha chiesto le dimissioni di Comey e ha invitato le altre agenzie di intelligence a indagare sul suo comportamento. Anche la Cia però è sospettata di aver denunciato l’intenzione dei russi di favorire Trump solo ad elezioni concluse. Durante la campagna elettorale Obama aveva chiesto dettagli sulle in- FINANCIAL TIMES Pechino avvisa Washington: ritorsioni se imponete dazi Il governo cinese ha avvisato gli Stati Uniti che Pechino è pronta a ritorsioni se l'amministrazione entrante di Donald Trump dovesse imporre nuovi dazi ai prodotti del Paese asiatico. È quanto dichiara in un’intervista al Financial Times il segretario al Commercio uscente, Penny Pritzker, spiegando di essere stata informata da funzionari governativi in un incontro successivo al voto di novembre. «La dirigenza cinese mi ha detto: “se voi ponete un dazio all’import su di noi allora faremo lo stesso con voi”», ha detto Pritzker, «e hanno aggiunto che “sarà negativo per entrambi”». Per questo, sottolinea Pritzker, la prossima amministrazione dovrà muoversi sulla «linea sottile che separa l’essere duri e l'avviare una guerra commerciale». L’avvertimento cinese arriva dopo gli attacchi di Trump a Ford, Gm e Toyota colpevoli di produrre le auto fuori dal territorio americano. Alle critiche per l’impianto in Messico, Ford ha risposto accantonando il progetto. Gm è rimasta in silenzio. Mentre Toyota ha risposto: «Lo stabilimento in Messico non cambierà i livelli di produzione e di occupazione negli Stati Uniti». Da Parigi a Berlino, ora nel mirino degli hacker le elezioni in Europa l L’obiettivo è quello di appoggiare le forze euroscettiche, come quella di Marine Le Pen che nel 2014 ha ricevuto da Mosca un prestito di 9 milioni Marco Mongiello BRUXELLES «Il governo russo sta utilizzando un ampio ventaglio di strumenti come think tank, tv e social media per dividere l’Europa» La campagna puntava inizialmente a minare la fede del pubblico nel processo democratico, a «denigrare» la candidata democratica Hillary Clinton e a danneggiare la sua futura presidenza. Successivamente la Russia ha «sviluppato una chiara preferenza per il presidente eletto Trump», si legge nel rapporto messo a punto da Cia, Fbi e il Direttore della National Intelligence. Le tre agenzie hanno concluso che i servizi russi di intelligence sono penetrati in numerosi sistemi informatici legati ai partiti politici americani e hanno trasmesso le email trafugate a Wikileaks. La campagna russa è andata oltre la pirateria informatica, con propaganda sulle piattaforme di news controllate da Mosca ed un estensivo uso dei social media e di «trolls» per ampliare la discordia elettorale negli Stati Uniti e incoraggiare l’opposizione alla Clinton. Illustrato a Obama giovedì, il rapporto è stato mostrato l’altro ieri al presidente eletto Trump dal capo della Cia John Brennan, dell’Fbi James Comey e dal Direttore della National Intelligence James Clapper. Per la prima volta, dopo essere stato informato personalmente del contenuto dell’indagine dai rappresentanti delle agenzie di intelligence, Trump ha riconosciuto che la Russia ha avuto un ruolo nella violazione dei sistemi informatici del Partito Democratico, ma ha insistito sul fatto che l’attacco informatico e le sue conseguenze non abbiano avuto effetto sul risultato elettorale dello scorso 8 novembre. Ma è proprio così? Il rapporto dell’intelligence Usa sulle interferenze russe non arriva a sostenere che l’attività di hackeraggio russa non ha influenzato il risultato del voto, come afferma il presidente eletto Donald Trump scriveva ieri il New York Times, citando un passaggio del rapporto stesso, in cui si legge: «Non abbiamo fatto una valutazione dell’impatto che le attività russe hanno avuto sul risultato delle elezioni del 2016». Analizzare i «processi politici» o l’opinione pubblica americana, si afferma ancora nel rapporto, andava oltre la sua responsabilità. Così anche il Washington Post, secondo cui il rapporto non affronta questo aspetto. Intanto ieri Trump qunato al rapporto con Mosca ieri in un tweet ha aggiunto: «Ho già abbastanza problemi nel mondo senza doverne avere altri. Quando sarò presidente, la Russia ci rispetterà più di quanto faccia ora». Hacker permettendo. Dopo il tentativo ormai assodato di inquinare le elezioni americane il prossimo obiettivo della macchina della disinformazione russa è l’Europa e in particolare le elezioni in Francia, Germania e Olanda che si terranno quest’anno. A lanciare l’allarme è stato il Parlamento europeo che il 23 novembre scorso ha approvato una risoluzione per denunciare che «il governo russo sta utilizzando un ampio ventaglio di strumenti come think tank, tv multilingua come Russia Today, pseudo-agenzie di stampa e service come Sputnik, social media e troll sul web per sfidare i valori democratici e dividere l’Europa». Un’operazione pianificata a tavolino da Mosca dopo l’annessione della Crimea nel 2014 e le successive sanzioni americane ed europee. La strategia è quella di appoggiare le forze anti-europee, sfruttando anche le polemiche sull’immigrazione, per rendere l’Unione europea divisa e inoffensiva. L’Europarlamento, si legge nella risoluzione, «deplora il sostegno russo alle forze anti-europee nell’Unione, soprattutto in relazione ai partiti di estrema destra, alle forze populiste e ai movimenti che negano i valori fondamentali delle democrazie liberali». In cima alla lista delle amorevoli attenzioni del Cremlino c’è il Front National francese di Marine Le Pen, che nel 2014 ha ricevuto un prestito di 9 milioni di euro dalla First Czech Russian Bank. Ora l’intelligence americana sta indagando sulla richiesta di Marine Le Pen a una banca vicina a Putin di un altro prestito da 30 milioni di dollari per finanziare la sua campagna elettorale alle presidenziali francesi di aprile. Del resto l’estrema destra francese è l’unico partito europeo a giudicare legittima l’annessione della Crimea da parte della Russia. Venerdì Marine Le Pen ha giudicato le conclusioni della Cia sull’inquinamento delle elezioni americane come «teorie complottiste» senza vere prove. Secondo il deputato socialista francese Sebastien Pietrasanta il rischio che la propaganda e gli hacker russi influenzino la campagna presidenziale francese è molto alto. «La questione di cyberattacchi è una vera preoccupazione che sta crescendo a tutti i livelli - ha spiegato Pietrasanta al sito Politico.eu – lo Stato ha impiegato dei mezzi finanziari, ma c’è ancora molto timore visto quello che è successo negli Stati Uniti con l’attacco informatico al Partito Democratico». In particolare, ha aggiunto, «quello che mi preoccupa è che i deputati e i membri delle campagne politiche non hanno ricevuto nessuna for- mazione di sensibilizzazione sullo spionaggio e sugli attacchi informatici» e «utilizziamo tutti i nostri account email personali per vari compiti». In Germania lo scorso 29 novembre è stato il capo dell’intelligence Bruno Kahl a denunciare sul quotidiano Sueddeutsche Zeitungil rischio di interferenze russe sulle elezioni del prossimo autunno in cui la cancelliera Angela Merkel, forte sostenitrice delle sanzioni contro Mosca, tenterà di farsi rieleggere. «L’Europa, e la Germania in particolare, è al centro di questo tentativo di manipolazione», ha ammonito Kahl, sottolineando che i cyber attacchi mirano a «provocare incertezza politica». A novembre un attacco informatico alla rete di Deutsche Telekom aveva lasciato 900 mila tedeschi senza connessione Internet. Merkel aveva commentato: «Questi cyber attacchi, o conflitti ibridi come sono chiamati nella dottrina russa, ora sono parte della nostra vita quotidiana e dobbiamo imparare a conviverci». Già all’inizio dell’anno scorso l’intelligence tedesca aveva accusato la Russia di essere il mandante di una serie di attacchi informatici ai computer dell’amministrazione pubblica, compresi quelli del Bundestag. Gli attacchi sono stati attribuiti a un gruppo di hacker noto come Fancy Bear, con collegamenti allo Stato russo. Le elezioni tedesche sono a rischio di «manipolazione esterna», aveva denunciato lo scorso 12 dicembre Wolfgang Bosbach, deputato della Cdu. Intervistato dal quotidiano Koeler Stadt-Anzeiger, Bosbach ha spiegato che «c’è un pericolo generale, anche per le elezioni 2017 al Bundestag, di interferenza attraverso infiltrazioni mirate dall’esterno allo scopo di manipolare fatti e opinioni». In Italia gli esponenti politici vicini al Cremlino, che si sono recati a Mosca La leader per viaggi di amicizia, sono quelli della del Fn. Lega e del Movimento 5Stelle, non a caMarine Le Pen so quelli più critici sulle sanzioni alla ha giudicato Russia e sull’Unione europea. In partile conclusioni colare i grillini dal 2014 hanno ribaltato della Cia il giudizio su Putin, passato da dittatore sull’inquinamento a vittima delle sanzioni occidentali, e il delle elezioni sito di inchiesta BuzzFeed News ha deUsa come «teorie nunciato che il blog di Beppe Grillo e i complottiste» siti delle galassia 5Stelle fanno disinforsenza vere prove. mazione e diffondono la propaganda FOTO: ANSA del governo russo. dai democratici di aver coperto le interferenze russe Cile. Il golpe del 1973 terferenze russe, ma la Cia non ha mai messo nero su bianco che lo scopo ultimo era quello di favorire Trump. Gene Sperling, ex consigliere di Obama e di Bill Clinton, ha commentato su Twitter: «Così, alla fine di elezioni sul filo del rasoio, l’Fbi ha danneggiato profondamente Hillary Clinton senza avere prove, mentre la Cia è rimasta in silenzio sulle prove chiare dell’interferenza di Putin in favore di Trump». Insomma l’intelligence americana sembra essere ripiombata nel clima torbido di sospetti che hanno accompagnato molti passaggi della sua storia. Non per niente il senatore Reid ha paragonato l’attuale direttore dell’Fbi al suo celebre predecessore John Edgar Hoover, sospettato di non aver indagato adeguatamente sull’omicidio del presidente Kennedy. Per il sentore Reid, l’Fbi ha coperto gli hacker russi per favorire Trump Le attività anti-democratiche della celebre Central Intelligence Agency, creata nel 1947, risalgono agli inizi della sua storia. Dal colpo di Stato in Iran nel 1953, a quello in Guatemala (1954), Vietnam (1963), Bolivia e Brasile (1964), Ghana (1966), di nuovo Bolivia (1971), Cile (1973), Turchia (1980). Dopo l’attacco alle Torri Gemelle del 2001 la guerra al terrorismo è stata fatta dalla Cia anche con sequestri segreti in Paesi alleati, le extraordinary rendition denunciate anche da una commissione speciale del Parlamento europeo. L’ultimo scandalo riguarda l’attuale direttore della Cia John O. Brennan che nel 2014 si è dovuto scusare ufficialmente con i deputati del Congresso americano perché alcuni suoi agenti avevano infiltrato gli account email dei compo- Turchia. Il golpe del 1980 nenti della commissione per i Servizi di intelligence del Senato. Non gode di una fama migliore la National Security Agency, Nsa, l’agenzia per la sicurezza interna creata nel 1952. Nel 2013 le informazioni trafugate da Edward Snowden, informatico che lavorava per la Nsa, hanno rivelato che gli agenti americani spiavano tutto e tutti con programmi di sorveglianza di massa chiamati Prism, XKeyscore e Tempora. A essere spiati erano anche i leader dei Paesi alleati e sotto controllo era anche il cellulare della cancelliera Angela Merkel. A febbraio di quest’anno sono emerse ulteriori rivelazioni che testimoniano le intercettazioni illegali del 2011 ai danni dell’ex premier Silvio Berlusconi e dell’ex presidente francese Nicolas Sarkozy. Nel 2014 degli agenti Cia hanno spiato le email dei senatori americani l’Unità Domenica, 8 Gennaio 2017 7 l