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I DIZIONARI
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DIZIONARIO DELLA GRANDE GUERRA
Cronologia, Stati, personaggi, eventi, eserciti, simboli, culture, eredità
a cura di
Gustavo Corni - Enzo Fimiani
REDAZIONE DELLE VOCI
Alessandro Chebat
Alessandro Salvador
Alberto Guasco
RICERCA ICONOGRAFICA
Sonia Di Marcoberardino
www.artegrandeguerra.it
INFOGRAFICHE
Elisa Corni
www.lagrandeguerrapiu100.it
SUPERVISIONE E COORDINAMENTO EDITORIALE
Stefania De Nardis
TEXTUS
EDIZIONI
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I DIZIONARI
Nella stessa collana
Costantino Di Sante
Dizionario del Risorgimento
DIZIONARIO DELLA GRANDE GUERRA
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Progetto graMco
Andrea Padovani
Copyright Textus Edizioni
via Cappadocia, 9 - L’Aquila
www.textusedizioni.it
mail textusedizioni libero.it
I diritti di riproduzione, memorizzazione elettronica e
di adattamento anche parziale, eVettuato con qualsiasi mezzo
compresi i microWlm e le copie fotostatiche sono riservati
Prima edizione ottobre 2014
ISBN 978-88-87132-78-6
Foto di apertura
Paul von BeneckendorV und von Hindenburg
Thomas Woodrow Wilson
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INDICE
LE PREMESSE
17
Introduzione
25
Nota per il lettore
LA STORIA
31
Il contesto
43
Cronologia (1870-1920)
LA GUERRA
77
Gli Stati e le diplomazie
107
I personaggi e le persone
175
Gli eventi e le azioni
223
Gli eserciti e le armi
257
I simboli e le culture
323
Le eredità
I DOCUMENTI
345
I trattati di pace
GLI STRUMENTI
389
BibliograWa
BibliograW
398
FilmograWa
403
Musei
408
SitograWa
411
LEMMARIO
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Introduzione
Cesura storica o (e?) mattanza di massa; ultima guerra ottocentesca oppure
prima contemporanea; oscena fucina di morte o evocatrice di modernità; Wne
di un Mondo oppure incipit epocale; fenomeno volontario o di coscrizione coattiva; termine del cosiddetto «lungo Ottocento» degli storici (1789-1914)
oppure evento dal quale far partire il Novecento inteso come «secolo breve»
(1914-1991); coagulo di miti antichi o ediWcatrice di nuovi apparati mitologici
per la politica di massa, e altro, molto altro ancora, tanto che potremmo riempirne pagine: quante sono state le etichette partorite e le suggestioni innescate dalla Prima guerra mondiale combattuta tra l’agosto 1914 e il novembre
1918? Quante le parole (sì, è stato anche un conXitto di parole) generate e parlate e scritte intorno al sangue, al rivolgimento degli spazi Wsici, alla mutazione degli orizzonti mentali di milioni di uomini e donne? E quante le
interpretazioni di una guerra non a caso percepita e detta «Grande» già da
chi allora la stava vivendo e ne moriva? Più lo si studia, cambiando approcci
storiograWci, raYnando
nando strumenti e problematizzando metodi della ricerca,
l’aVremutando domande e prospettive di generazione in generazione, e più l’aV
sco dello scontro bellico appare sfuggente alle riduzioni a univocità. Di portata incommensurabile rispetto a canoni e unità di misura dei conXitti dei
secoli precedenti, la narrazione della Grande guerra si mostra oggi refrattaria
alle sempliWcazioni,
cazioni, quasi volesse farci scantonare rispetto al suo cuore di tenebra: in una coazione a ripetere già lunga un secolo, essa sembra impegnarsi,
ancora nel nostro presente, a diVondere cortine fumogene intorno a sé, quasi
come facevano i suoi eserciti. Appropriazioni indebite sul piano politico delle
ragioni e delle soVerenze di quel conXitto, armamentari retorici (sempre dietro l’angolo quando si tratta di eventi che toccano le dimensioni simboliche
delle nazioni), secrezioni patrie che fuoriescono dalle rinascenti e presunte
identità covanti sotto la cenere dell’Europa che non riesce a farsi unione,
hanno Wnito, e Wniscono pure oggi, per nascondere o fuorviare agli occhi dei
più tanta parte della complessiva esperienza della Prima guerra mondiale. I
sentieri di montagna o gli accessi alle trincee – metafore perfette e terribili di
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Introduzione
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quel tempo – che dovrebbero condurci a ricomprenderla Wnalmente in tutta
la sua complessità entro il nostro sguardo del secolo XXI, si rivelano invece
tuttora scivolosi, a volte inWdi. Come abbarbicato al netto di quell’evento, infatti (netto che pure, già di per sé, è stato un enorme innesco che ha accelerato
la storia), ha Wnito per collocarsi tutto un lordo che occorre discernere e distillare dal suo corpo storico, al Wne di comprenderne la reale natura. Si tratta
di un lordo fatto di evocazione di miti, parole d’ordine, linguaggi politici, stilemi di propaganda, spregiudicate utilizzazioni ideologiche ex post, eredità
pesanti, e molto altro ancora...
Cosa è stata davvero la guerra «Grande», dunque? Il lettore non si aspetti
da questo libro risposte che esso, è quasi banale ricordarlo, non può fornire.
Piuttosto, un Dizionario solo questo può dirci: forse che esistono nuove domande, a loro volta possibili camminamenti in grado di condurci un po’ più
vicino alla sorgente del Wume della guerra. Per noi uomini del secolo XXI –
avvezzi, non in larga compagnia, a guardare non solo agli esiti Wnali dello
scontro e alle sue conseguenze successive, ma anche a volgere lo sguardo all’indietro, per capire – la strada da percorrere sembrerebbe simile a quella
seguita dal poeta dell’Allegria di naufragi. Ungaretti decideva di denominare
all’inverso le tappe del suo procedere poetico. Lo faceva in modo provocatorio dal punto di vista intellettuale: suddivideva infatti la propria raccolta,
frutto appunto dell’esperienza bellica, in tracce di poesie e narrazioni che
partivano dalle Ultime per arrivare alle Prime. In termini metaforici, egli muoveva dalla conclusione e non dall’inizio, dallo straniamento provato all’aprirsi
convulso della foce, quando tutte le tragedie erano illusoriamente apparse
Wnite dopo una lunga apnea, al tramonto del 1918 e all’alba del dopoguerra.
Poi, in cammino lento e impervio, risaliva verso il luogo simbolico dove tutto
era incominciato, poiché gli sembrava che lì occorresse recarsi, per comprenderne i perché, i come, i quando. Rimontare perciò la china tragica del
conXitto e tutte le sue inWnite implicazioni – disboscando, lungo la marcia,
la vegetazione lussureggiante delle mille retoriche, intese in senso lato, che
per un secolo, Wn dal primo urlo di cannone, vi sono cresciute – appare una
possibile chiave di lettura per orientarsi all’interno di un universo vasto,
quasi apparente zibaldone storico, come la guerra Grande. A patto, peraltro,
che si sia coscienti di quanto un evento del genere, a guardarlo inWne dal
principio, sia destinato a procurarci una inevitabile vertigine del baratro.
Unico e poliedrico al contempo, quindi, è stato il tempo del 1914-1918. In
primo luogo, se è vero che la Sarajevo del 28 giugno 1914 ha funto solo da mero
detonatore di cariche già predisposte dalla storia nei decenni precedenti, è
altrettanto dimostrato, ormai, quanto poco fossero consci governi e diplomazie, vertici militari e istituzionali del loro ruolo di apprendisti stregoni. Ciò
che tutti più o meno auspicavano non era certo una conXagrazione di dimensioni apocalittiche. Dopo quasi mezzo secolo – caratterizzato dai miti della
lunga pace europea e poi della elle : poque, Wno alla «false dawn», all’alba del
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Introduzione
1914 deWnita falsa e illusoria poiché, promettendo magniWche sorti e progressive, aveva portato morte e distruzioni – i protagonisti del dramma puntavano piuttosto a dar vita ad uno sgomitare e un attrito reciproci, pur se un po’
più decisi e risolutori del solito, dentro la ressa geopolitica nel vecchio continente (e nell’Oriente vicino e lontano, e nell’Africa coloniale), togliendo qualche spazio ai concorrenti, guadagnando posizioni più favorevoli sullo
scacchiere internazionale, magari unendo a ciò anche qualche ulteriore vantaggio collaterale sul piano delle tensioni sociali interne. Dare voce alle armi,
alla mobilitazione bellica, all’organizzazione della vita militare sottoposta a
conXitto, poteva signiWcare infatti anche rispondere alle sollecitazioni da
parte di chi, da una guerra, aveva molto da guadagnare, sia sul piano econonanziario, sia sul terreno del disciplinamento e del controllo sociale
mico-Wnanziario,
(dimensioni, queste ultime, messe in diYcoltà dall’avanzamento di partiti e
movimenti che, su scala europea, reclamavano diritti e partecipazione, arrino, come nel caso della Germania dopo le elezioni del 1912, a provando perWno,
spettare un proprio ingresso nei gabinetti della decisione politica).
In secondo luogo, se da un lato è stato possibile interpretare il conX
conXitto
tra 1914 e 1918 come parte di una più lunga tragedia europea, durata perlomeno trent’anni e conclusasi solo con una Seconda guerra mondiale valutata
quasi come mera prosecuzione della Prima; dall’altro lato si è giunti a ipotizzare una teoria, discutibile quanto discussa, che ipotizza una «guerra civile
europea» assai più durevole, cominciata nella Sedan del conXitto francoprussiano nel 1870 e durata, calda o fredda, Wno al disfacimento dell’Unione
sovietica (non a caso nata nel 1917, proprio nel cuore del conXitto) e alla caduta dei muri di un nuovo e ben diverso Ottantanove, quello del declinante
Novecento. Se così fosse, all’interno di questa sorta di guerra dei cento (e venti)
anni tra stati grandi e piccoli d’Europa, senza dubbio l’immane scontro bellico avviatosi nell’estate del 1914 andrebbe considerato una tappa cruciale,
quasi Wne
ne e inizio, in contemporanea, di mutamenti epocali.
InWne,
ne, in terzo luogo, se le periodizzazioni in storia sono libere, purché
sorrette da salde fondamenta di metodo e razionalità interpretativa, e se perciò il 1914-1918 rientra ovviamente in un più ampio arco cronologico, è però
altrettanto impossibile prescindere da quei cinquantuno mesi, da quegli oltre
diciottomila giorni di armi usate per uccidere militari e civili in numero elevatissimo: alla Grande guerra, pertanto, va prima di ogni altra cosa restituito
il suo ruolo di spartiacque storico, vero, non Wnto o solo declamato. Essa si rivela, appunto, un misto inestricabile di unicità e di inaVerrabile molteplicità.
Forse è questa una delle sue essenze più profonde.
Di tutto ciò, nelle pagine che seguono si cercherà di rimandare almeno un
piccolo riverbero, un bagliore di questioni che sono in realtà di portata storica enorme: è possibile che da lemmi, testi, apparati, immagini, approcci
del Dizionario riesca a trasparire almeno qualcuna delle mille implicazioni
del conXitto.
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Introduzione
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Tra i memorabili mutamenti messi in moto (o forse solo disvelati, poiché
presenti, in nuce, nel corso della storia pregressa), emerse l’accelerazione
del tramonto dell’egemonia europea su scala mondiale. Benché già di fatto in
corso, la decadenza del vecchio continente dal suo ruolo baricentrico sarebbe
divenuta una specie di simbolica quintessenza dell’intera Grande guerra.
Partito dal suo cuore, infatti, lo scontro bellico avrebbe inWne ferito l’Europa
gravemente. D’altronde, la tregua instabile che si era apprestata tra Impero
tedesco e Repubblica francese dal 1871 in avanti, aveva svelato reciproche e
insanabili tensioni: in mezzo a queste e a molte altre vicende, a dinamiche
diplomatiche e sistemi di alleanze militari, l’Europa era andata alla guerra
credendo di uscirvi, di lì a non troppo, dalla porta principale, pagando un
conto in morti misurabile in migliaia, o al massimo in qualche decina di migliaia di uomini, con annessi relativi danni materiali. La sua uscita di scena,
invece, sarebbe stata da comprimaria, accompagnata non soltanto da dieci,
forse dodici milioni di morti in totale, da epocali distruzioni, dalla medesima scomparsa di milioni di animali, dalla devastazione dell’ambiente naturale che avrebbe restituito al dopoguerra un paesaggio mutato in modo
profondo e innaturale, in alcuni casi per sempre; ma anche da una folla di
fatti, questioni, nodi inestricabili di problemi, così metaforicamente simile
alle folle di militi senza volto che si agitavano nelle grandi battaglie di massa
del conXitto e destinata a giocare un ruolo decisivo nella inquietante storia
posteriore al 1918. Un esempio ne furono i grovigli nati dall’attribuzione della
colpa della guerra: addossata solo alla Germania, essa si trovò dichiarata in
forma uYciale sulla carta dei trattati di pace seguiti al conXitto, per poi fornire comodo alimento alla propaganda nazionalista e di destra durante la fragile e avveniristica parabola della Repubblica tedesca di Weimar. Le colpe, in
realtà, avrebbero dovuto riguardare tutti i contendenti, ciascuno per la sua
più o meno grande parte, a prescindere dall’appartenenza (mai tanto labile
come allora, messa in crisi anche solo dalla presenza della Russia zarista o
dai discutibili sistemi di potere interni a molti stati) a presunti campi avversi: di qua le democrazie, di là gli autoritarismi, cioè paesi dell’Intesa contrapposti agli imperi centrali. Benché il conXitto combattuto a latere, vale a
dire con le armi diverse della propaganda aYnata proprio durante la guerra,
avesse già conosciuto uno sconWtto – appunto la Germania, principale imputato davanti al tribunale della storia – oggi ci è chiaro come le responsabilità andassero ripartite tra tutti, sebbene naturalmente con sfumature,
quantità e qualità diVerenti tra loro e a volte marcate.
Pertanto, questa sorta di chiamata in correità Wnisce oggi per trascinare
con sé un processo virtuoso, che potremmo deWnire di salutare problematizzazione della guerra anziché di sempliWcazione. Di un unico libro del 1914-1918,
si squadernano in tal modo pagine forse un po’ diverse rispetto a quelle che
siamo abituati a leggere. Sfogliandole, e pur tralasciando qui decine di altre pagine anche molto importanti, ce ne restano negli occhi almeno altrettante, che
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Introduzione
ci aiutano a vagliare meglio la complessità della Grande guerra e i processi innescati nel suo ventre, in parte destinati a lasciare eredità profonde:
– il restringimento dei diritti individuali e collettivi che, dovuto all’eterno
stato di eccezione nel quale venne vissuto e gestito l’intero conXitto, conobbe
forme moderne di coazione, spinte anche dai citati strumenti della propaganda e dalla volontà di arginare o recintare possibili spinte eversive dell’ordine sociale;
– la connessa ipertroWa del potere politico esecutivo e degli alti comandi
militari, nonché la conduzione di fatto extraparlamentare del conXitto, fattori che marchiarono un segno potente sull’esperienza del 1914-18 e contribuirono ad aprire la strada a successivi regimi antidemocratici, alcuni di
stampo totalitario;
– la seduzione cavernosa della violenza, veleno iniettato in milioni di uomini i quali, dopo aver vissuto per anni la ‘normalità’ di una quotidiana esistenza violenta, avrebbero trasportato nella vita civile postbellica una simile
predisposizione, destinata a tradursi anch’essa in un contributo non trascurabile ai tragici esperimenti dittatoriali tra le due guerre mondiali;
– la dicotomia amico/nemico, acuita proprio dal conXitto, evocata ogni
giorno, piantata senza sfumature, in una logica di bianco/nero, nel mondo
mentale dei combattenti e in genere anche tra i civili, nei fronti interni che
partecipavano alla mobilitazione bellica: una tale scissione netta si sarebbe
ripercossa sulle dinamiche dello scontro politico del dopoguerra, quando
partiti e movimenti contrapposti avrebbero conosciuto il destino di venire
percepiti non come avversari, in una dialettica anche aspra ma contrassegnata da reciproci riconoscimenti o legittimazioni, bensì quali nemici da eliminare, spesso in senso Wsico;
– la guerra come generatrice di crisi tanto profonde da innescare rivoluzioni, specie in Russia (per due volte nel 1917, anzi tre considerando l’anticipazione del 1905, che spesso si tende a dimenticare) ma poi anche nella
Germania del 1918-1919, in un intreccio destinato a segnare tanta parte del
mondo successivo, si può dire dell’intero Novecento;
– i mutamenti dalle doppie facce, a cavallo tra modernizzazione e arretratezza, capaci di penetrare comunque nelle viscere stesse delle società coinvolte: una simile metamorfosi assunse le forme di sistemi economici
Wnalizzati alla guerra, di un coinvolgimento profondo delle donne nei meccanismi della produzione e in genere nelle dinamiche delle società mobilitate, di una modernizzazione tecnologica quasi tutta al servizio dello scontro
bellico, di un impatto di massa nel numero delle morti in trincea, in montagna, sui mari, ma anche nella vita civile, il tutto nel contesto del cosiddetto
fronte interno, dotato di importanza simile se non pari ai veri e propri fronti
di guerra guerreggiata;
– la nascita di miti potenti, suscitati da contrasti polarizzanti (il già richiamato dualismo: amico/nemico, e poi positivo/negativo, militare/civile,
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Introduzione
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città/campagna, intellettuali/contadini), rinforzatisi oltremodo dopo la Wne
del conXitto: si trattava di un apparato mitologico in grado di attraversare
l’intero secolo XX per giungere sino a noi, innervato da molti elementi iconici e volutamente antitetici tra loro, tra i quali: la trincea, il sacriWcio, il cameratismo, i Militi ignoti, la cruda realtà della guerra, e poi le eredità dei
combattenti e il culto dei caduti, da un lato; imboscamento, disfattismo, cedimento del fronte interno, pugnalata alla schiena, velleità illusorie degli intellettuali, e poi ancora forze antipatriottiche e antinazionali, dall’altro;
– lo svelamento, in misure mai prima sperimentate dalla storia, di fenomeni dalle enormi proporzioni, come la prigionia di guerra, le dinamiche
delle occupazioni e le dure esperienze dei civili, gli spostamenti forzati di popolazioni profughe, tutti moltiplicatori di conseguenze che nel dopoguerra
avrebbero avuto un impatto profondo sulle società europee;
– inWne, la complessità dell’evento Grande guerra è data anche dalla natura medesima di un conXitto dopo il quale nulla sarebbe più stato come
prima: un motore possente e impressionante di accelerazione della storia
contemporanea, destinato a rivelarsi fucina della politica di massa del Novecento e oYcina di mutazioni economico-sociali di portata planetaria e di
lungo periodo.
Ce n’è abbastanza, crediamo, per accostarsi ad una maggiore e più ampia
conoscenza di un fenomeno iniziato giusto un secolo fa, che come si è visto è
andato ben oltre la dimensione bellica in senso stretto.
G. St ttner,
Allegoria, 1915
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Dizionario
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NORVEGIA
SVEZIA
DANIMARCA
IRLANDA
INGHILTERRA
PAESI BASSI
RUSSIA
BELGIO
GERMANIA
UCRAINA
Oceano Atlantico
FRANCIA
AUSTRIA
UNGHERIA
SVIZZERA
GA
LLO
ROMANIA
PO
RTO
ITALIA
SPAGNA
SERBIA
MONTENEGRO
ALBANIA
Mediterraneo
Mar Nero
BULGARIA
TURCHIA
GRECIA
Intesa e alleati
Imperi centrali e alleati
MAROCCO
ALGERIA
Neutrali
L’Europa nel 1914
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Il contesto
Le cause
Il 28 giugno 1914, in occasione di una visita uYciale a Sarajevo, capitale della
Bosnia-Erzegovina, da poco annessa all’Impero austro-ungarico, l’erede al
trono arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie cadevano vittima di un attentato. Gli autori erano serbo-bosniaci: chi sparò alla coppia imperiale era il
ventenne Gavrilo Princip. Appartenevano a un gruppo nazionalista radicale,
che si batteva per l’indipendenza della Bosnia-Erzegovina e aveva coperture
nel regno di Serbia. Non è stato però provato che l’attentato sia stato frutto di
una decisione dei politici serbi. La vicenda provocò uno shock. Dopo una lunga
fase di incertezza legata a contrasti fra il governo austriaco e quello ungherese,
Vienna mandò a Belgrado (il 23 luglio) un ultimatum inaccettabile, che ledeva
la sovranità serba chiedendo fra l’altro che le indagini fossero condotte in Serbia da investigatori austro-ungarici. Nelle settimane precedenti si era innescato fra le principali capitali europee un vorticoso gioco diplomatico, che
portò in appena un mese allo scoppio di un conXitto generalizzato.
Quali furono i motivi di questa escalation? Un dato di fatto era rappresentato dall’esistenza di due alleanze politico-militari contrapposte: la Triplice intesa (Francia, Russia, Gran Bretagna) e la Triplice alleanza (Germania,
Austria-Ungheria e Italia). Come tutte le alleanze, anche se difensive, esse
prevedevano automatismi militari che in quella circostanza si rivelarono cruciali. Nella crisi, i militari sottolinearono soprattutto aspetti tecnici, legati a
tempi e modi della mobilitazione dei rispettivi eserciti. A questo proposito,
va ricordato che – con l’eccezione della Gran Bretagna, che aveva una leva volontaria – negli altri paesi vigeva la coscrizione obbligatoria e che la mobilitazione e il richiamo in massa di ex uYciali e di ex soldati richiedeva tempo.
Germania e Austria-Ungheria temevano la Russia, dotata di un enorme potenziale in uomini: quanto più tempo fosse passato prima di agire, tanto maggiori sarebbero state le possibilità per l’orso russo di mobilitare il suo
potenziale.
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Il contesto
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Ci furono anche scelte diplomatiche e politiche gravide di conseguenze,
come quella di Guglielmo II, che ricevendo un diplomatico austriaco il 5 luglio gli assicurò un incondizionato appoggio. Una dichiarazione netta, che
diede a Vienna campo libero per risolvere una volta per tutte il contenzioso
con la Serbia. Altri hanno criticato l’atteggiamento incerto del ministro inglese Edward Grey, che avrebbe potuto insistere per una localizzazione e non
per un’estensione del conXitto. Di recente, critiche sono state mosse dagli
storici alle diplomazie serba e russa, refrattarie al compromesso.
In ogni caso, occorre tenere presente che, accanto a questi elementi incidentali, vi erano profondi motivi di crisi fra le principali potenze:
• Un contenzioso franco-tedesco che risaliva alla sconWtta militare subita
nel 1870 da Napoleone III e che aveva portato alla caduta dell’imperatore
e alla sottrazione alla Francia di due province, l’Alsazia e la Lorena, segnando la Wne del plurisecolare dominio politico-militare della Francia.
Ne era scaturito un clima di persistente voglia di rivincita nella società
francese. A fronte anche dell’evidente allargarsi del divario economico e
demograWco fra i due paesi conWnanti, la Francia attendeva il momento
opportuno per prendersi la rivincita (revanscismo).
• Sarajevo non era a caso il luogo dell’assassinio del 28 giugno: i Balcani,
infatti, rappresentavano da tempo un focolaio di tensione. Dall’ultimo
terzo del secolo XIX il venire meno del dominio ottomano aveva lasciato
strada libera al formarsi di nuovi stati (Serbia, Romania, Bulgaria), spinti
da un forte nazionalismo e rivali l’uno dell’altro, come avevano segnalato
le due guerre balcaniche nel 1912-1913. Accanto ai nazionalismi conXittuali, in quell’area si scontravano le mire egemoniche di due potenze:
l’Austria-Ungheria, interessata a tenere a freno il nazionalismo sudslavo, che poteva rappresentare una potenziale minaccia per il fragile
equilibrio dell’impero multinazionale degli Asburgo; la Russia, che cercava di ampliare la propria inXuenza sui Balcani sia in chiave antiturca e
antiasburgica, sia per avere un accesso ai ‘mari caldi’.
• Dall’inizio del secolo si era aggiunto un altro motivo di tensione. La Gran
Bretagna godeva di un’indisturbata supremazia navale, sia sul piano mercantile sia su quello militare. Una supremazia considerata condicio sine
qua non per il prosperare dell’impero coloniale britannico, legato alla
madrepatria dall’egemonia sui mari ( ritannia rules the 5 aves). Dalla Wne
dell’Ottocento questa supremazia era stata messa in discussione da una
politica di riarmo navale da parte tedesca. Perseguendo obiettivi di politica internazionale non più limitati – come all’epoca di Bismarck – al continente europeo, il nuovo imperatore e i suoi governi, assecondando gli
interessi dell’industria pesante, avevano lanciato una nuova strategia: la
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33
Il contesto
Weltpolitik. Questa, che aveva trovato modo di esplicarsi, fra l’altro, nell’intromissione tedesca in Cina, nelle punture di spillo alla Francia sul
Marocco, trovò espressione soprattutto nella politica di riarmo dell’ammiraglio Alfred von Tirpitz. Nonostante l’impegno, la Xotta tedesca non
riuscì a ridurre il divario rispetto a quella inglese. Tale politica ebbe però
una conseguenza: spinse tutti gli stati, grandi e piccoli, a una corsa verso
il riarmo, sia per terra sia per quanto riguarda le Xotte, alle quali si attribuiva un particolare rilievo.
Sullo sfondo di questi nodi d’instabilità internazionale (bisognerebbe
aggiungere anche la tensione italo-austriaca, solo in parte mascherata dalla
comune appartenenza alla Triplice alleanza), stavano però problemi più profondi. Seguendo le indicazioni oVerte da Lenin nel suo studio sull’imperiaL’imperialismo, fase suprema del capitalismo, 1916), i contrasti
lismo (L’imperialismo,
economici internazionali si erano accentuati nei decenni precedenti il 1914
a causa di una sempre più accesa corsa alle colonie, la cui disponibilità ormai
stava riducendosi. L’Italia era l’ultima arrivata, subendo nel 1896 la pesante
tta di Adua ma poi conquistando nel 1911-1912 la Libia. Tensioni che
sconWtta
nascevano da una concorrenza economica sempre più spietata, alla ricerca
di nuovi mercati e materie prime. Contrasti di tipo imperialistico che servivano ai governi nazionali per tenere a freno gli attriti di classe all’interno
degli stati europei. Mentre il primo aspetto – quello della concorrenza economica – oggi viene considerato di minore peso, al secondo, deWnito dal nazionalista Enrico Corradini «social-imperialismo», la storiograWa dà
maggiore credito.
Quest’ultimo si lega a un ulteriore elemento: la cultura del primo Novecento, nutrita da una quasi illimitata Wducia nel progresso delle scienze, stava
declinando verso elementi irrazionali. La lunga crisi economica di Wne Ottocento aveva mostrato come il progresso industriale non fosse indeWnito. Il
pessimismo si rispecchiava nel diVondersi di visioni apocalittiche, che trovavano risonanza nel pubblico, come nel caso di Nietzsche.
A trionfare nelle culture nazionali erano la paura e la diYdenza verso lo
straniero. Il nazionalismo ottocentesco, egualitario e inclusivo, si era trasformato in un nazionalismo gerarchico ed esclusivo: la propria nazione era
la più forte (nello sport, nelle scienze, nell’economia, in guerra) e doveva imporsi sulle altre. Fu appunto in questo contesto che il razzismo assunse dimensioni di massa, declinato anche nelle forme dell’antisemitismo: si pensi
all’affaire Dreyfus nella Francia di Wne Ottocento, o alle violenze antiebraiche in Russia pochi anni dopo. Intellettuali di tutti i paesi europei avevano
esaltato la guerra, prima che scoppiasse, come un evento liberatorio, che
avrebbe valorizzato le vere qualità del popolo: la guerra come «sola igiene
del mondo» (secondo Marinetti). Era in questo clima culturale che la corsa
agli armamenti e l’esaltazione dei trionW coloniali trovavano fertile terreno.
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1870
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19 luglio
La Francia, retta dal Secondo Impero di Napoleone III, dichiara
guerra alla Prussia: prende avvio il
cosiddetto conXitto
itto franco-prussiano, che durerà Wno al maggio 1871
e vedrà la partecipazione di quasi
tutti gli stati, confederati o indipendenti, dell’area tedesca al Wanco e
sotto la guida della Prussia.
2-4 settembre
Disfatta francese nei pressi di
Sedan, nelle Ardenne: l’imperatore
Luigi Napoleone Bonaparte si consegna ai tedeschi, mentre in Francia
viene proclamato un governo di difesa nazionale.
1871
18 gennaio
Nel luogo simbolo della reggia francese di Versailles, si ratiWca l’atto
che uniWca la Germania, sotto l’Impero guidato da Guglielmo I di Hohenzollern.
28 gennaio
La Francia Wrma l’armistizio: si avvia
di fatto l’iter che condurrà alla nascita della Terza Repubblica francese.
Le cinque repubbliche francesi
La Prima Repubblica nasce in Francia
dagli esiti della grande Rivoluzione
iniziata nel 1789: viene proclamata nel
1792 e termina con la restaurazione
monarchica di Napoleone Bonaparte,
che diviene imperatore nel 1804. La
Seconda sarà anch’essa frutto di
eventi rivoluzionari, nel 1848, che
chiuderanno l’esperienza della cosiddetta monarchia di luglio: durerà Wno
a quando il presidente Luigi Napoleone Bonaparte, dopo il suo colpo di
Stato del 1851, ristabilirà il secondo
Impero nel 1852. La Terza è Wnora la
sconWtta
più longeva: si forma dopo la scon
militare di Napoleone III nel 1870,
prende il deWnitivo assetto nel 1875 e
dura Wno a un’altra sconWtta militare
francese, nel 1940, a opera della Germania nazista durante la Seconda
guerra mondiale. La Quarta segnerà la
rinascita democratica in Francia dopo
il conXitto, ma avrà vita breve, dal
1945 al 1958, per essere sostituita
dalla Quinta, che invece è la Repubblica alla quale sono tuttora aYdate le
sorti istituzionali della democrazia
francese.
1° marzo
La neoeletta Assemblea legislativa
francese ratiWca i termini dell’armistizio con la Germania uniWcata: oltre
a una forte indennità di guerra, i ter-
Cronologia
1870
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1873
Guglielmo I di
Germania
46
ritori dell’Alsazia e di una parte della
Lorena passano ai tedeschi.
18 marzo
A Parigi comincia l’esperienza storica
della Comune, a guida socialista: durata Wno al 27 maggio, prima sotto
l’assedio tedesco alla cinta urbana,
poi repressa dallo stesso governo
francese guidato da Louis-Adolphe
Thiers, costituirà uno dei riferimenti
e miti rivoluzionari più potenti dei
decenni successivi.
10 maggio
Firmato il trattato di pace tra Impero
tedesco e Francia.
1873
22 ottobre
Nasce la lega dei tre imperatori, alleanza difensiva tra Austria- ngheria, Germania e Russia.
1875
30 gennaio
Insediamento formale della Terza Repubblica in Francia, cui segue nei
mesi successivi una serie di leggi costituzionali.
1878
3 marzo
Con il trattato di Santo Stefano, si
chiude la guerra tra Russia e Impero
ottomano: gli esiti sono assai sfavorevoli a quest’ultimo.
13 giugno
Si apre a Berlino una conferenza delle
potenze europee, durata Wno al 13 luglio: largamente inXuenzata dal cancelliere tedesco Otto von Bismarck,
delinea un nuovo equilibrio nell’instabile area balcanica, ridimensionando di molto i vantaggi russi acquisiti con il trattato di Santo Stefano,
incrinando il patto dei tre imperatori
e preparando l’avvicinamento tra
Russia, Francia e Regno nito.
1882
20 maggio
Firma a Vienna della Triplice alleanza, patto militare difensivo tra Impero austro-ungarico, Impero tedesco
e Italia.
1892
18 agosto
Dopo un anno di negoziati e bozze di
accordi, Wrma di un’alleanza militare
tra Francia e Russia (detta anche Duplice intesa).
1899
11 ottobre
Prende avvio la seconda, e più grave,
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1903
47
Francesco
Giuseppe I
d'Austria
Alessandro II di
Russia
1900
21 giugno
Sotto l’inXuenza
uenza della rivolta dei Boxer, la Cina dichiara guerra alle potenze occidentali: dopo l’intervento
armato di un corpo di spedizione internazionale, il conXitto si chiuderà
solo nel settembre 1901.
I Boxer
Gli aYliati al movimento nazionalista
dei Boxer, nato nel 1898, si deWnivano yihequan (‘pugno di giustizia e
fratellanza’, da cui l’approssimativa
traduzione inglese con cui vennero
conosciuti in Occidente). Acuiti i propri tratti xenofobi e anticristiani, essi
tentarono un’insurrezione che aveva
l’obiettivo di eliminare le inXuenze
straniere sull’Impero asiatico e che,
trovati inWne appoggi anche nella dinastia regnante e nel suo governo,
sfociò in guerra aperta contro le potenze occidentali, considerate corruttrici e sfruttatrici. Un corpo di spedizione internazionale prontamente
organizzato sconWsse i Boxer e le
truppe cinesi, lasciandosi però andare a terribili violenze e distruzioni.
I profondi disaccordi tra le potenze
occidentali, evitarono comunque la
spartizione coloniale della Cina.
1901
23 gennaio
Dopo sessantaquattro anni di regno,
muore in Gran Bretagna la regina Vittoria.
1903
11 giugno
In Serbia, uYciali dell’esercito uc-
Cronologia
guerra boera, tra l’Impero britannico
e i coloni sudafricani di origine olandese per il possesso dell’area del Sudafrica e delle sue ricchezze: si concluderà con la vittoria inglese, a prezzo
di alte perdite, solo nel maggio 1902.
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1914
53
LE DICHIARAZIONI DI GUERRA
1914
28 luglio
1° agosto
3 agosto
4 agosto:
Impero austro-ungarico Regno di Serbia
Impero germanico Impero russo
Impero germanico Repubblica francese
Impero germanico Regno del Belgio, Impero britannico e i suoi Dominions
(Canada, Australia, Nuova Zelanda e Unione Sudafricana)
5 agosto
Regno di Montenegro Impero austro-ungarico
6 agosto
Impero austro-ungarico e Impero germanico Impero russo e Regno di Serbia
9 agosto
Impero germanico Regno di Montenegro
12 agosto Impero britannico e suoi Dominions Impero austro-ungarico
22 agosto Impero austro-ungarico Regno del Belgio
23 agosto Impero del Giappone Impero germanico
25 agosto Impero del Giappone Impero austro-ungarico
1° novembre Impero russo Impero ottomano
2 novembre Regno di Serbia Impero ottomano
5 novembre Impero britannico e suoi Dominions Impero ottomano
1915
23 maggio
3 giugno
21 agosto
14 ottobre
15 ottobre
16 ottobre
19 ottobre
Regno d’Italia Impero austro-ungarico
Repubblica di San Marino Impero austro-ungarico
Regno d’Italia Impero ottomano
Regno di Bulgaria Impero ottomano
Regno di Bulgaria Impero Britannico, suoi Dominions e Regno di Montenegro
Repubblica francese Regno di Bulgaria
Regno d’Italia e Impero russo Regno di Bulgaria
1916
9 marzo
Impero germanico Repubblica di Portogallo
15 marzo
Impero austro-ungarico Repubblica di Portogallo
27 agosto Impero austro-ungarico e impero germanico Regno d’Italia e Regno di Romania
28 agosto Impero germanico Regno di Romania
30 agosto Impero ottomano Regno di Romania
1° settembre Regno di Bulgaria regno di Romania
1917
6 aprile
7 aprile
10 aprile
13 aprile
20 aprile
2 luglio
22 luglio
4 agosto
14 agosto
6 ottobre
7 ottobre
26 ottobre
7 dicembre
1918
23 aprile
8 maggio
23 maggio
12 luglio
19 luglio
Repubblica del Guatemala Impero germanico
Repubblica di Nicaragua Impero austro-ungarico e Impero germanico
Repubblica del Costa Rica Impero germanico
Repubblica di Haiti Impero germanico
Repubblica di Honduras Impero germanico
Cronologia
Stati Uniti d’America Impero germanico
Repubblica di Cuba e Repubblica di Panama Impero germanico
Regno di Bulgaria interrompe le relazioni diplomatiche con Stati Uniti d’America
Repubblica di Bolivia interrompe le relazioni diplomatiche con Impero germanico
Impero ottomano interrompe le relazioni diplomatiche con Stati Uniti d’America
Regno di Grecia Impero germanico, Impero austro-ungarico, Impero ottomano e Regno di Bulgaria
Regno del Siam Impero austro-ungarico e Impero germanico
Repubblica di Liberia Impero germanico
Repubblica di Cina Impero germanico e Impero austro-ungarico
Repubblica del Perù interrompe le relazioni diplomatiche con Impero germanico
Repubblica di Uruguay interrompe le relazioni diplomatiche con Impero germanico
Repubblica degli Stati Uniti del Brasile Impero germanico
Stati Uniti d’America Impero austro-ungarico
Repubblica dell’Ecuador interrompe le relazioni diplomatiche con Impero germanico
10 dicembre Repubblica di Panama Impero austro-ungarico
16 dicembre Repubblica di Cuba Impero austro-ungarico
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1915
58
Il terremoto della Marsica
Si trattò di un sisma tra i più terribili nell’intera storia moderna dell’Italia e della stessa
Europa. Oltre all’impressionante numero di morti, all’enorme quantità di vittime a vario titolo (feriti, senza casa, disoccupati, orfani, ecc.), alla distruzione quasi completa di
città come Avezzano o Pescina e di molti paesi dell’area marsicana e del Fucino in particolare, all’avvio di una penosa esperienza che ancora molti decenni dopo non avrebbe permesso di completare una decente ricostruzione e i cui eVetti sono ben visibili persino oggi,
ad un secolo di distanza, quel terremoto ebbe anche una serie di altri eVetti, più direttamente attinenti alla Grande guerra. Esso, infatti, per un verso innescò un’emergenza nazionale che mise a dura prova le capacità organizzative e Wnanziarie del Regno d’Italia mentre si avvicinavano i mesi di più acuta crisi che avrebbero condotto all’entrata nel conXitto;
e per altro verso signiWcò una non trascurabile crescita di considerazione proprio nei confronti dell’esercito, che ebbe una parte cruciale e più visibile nella faticosa opera di soccorso post-sismico. Se a ciò aggiungiamo che sotto le macerie perì un’intera leadership
locale – socialista, anarchica e sindacalista – quasi tutta impegnata a favore del non intervento,
capiamo che il terremoto sortì anche conseguenze politiche.
Il centro di Avezzano dopo il terremoto
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Gli Stati e le diplomazie
Imperi, patti, conferenze, convenzioni
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Albert
109
organizzando con successo il lavoro e
la produzione degli armamenti e divenendo così una Wgura decisiva nella vittoria Wnale.
Albertini, Luigi (Ancona 1871-Milano
1941)
Politico e giornalista. Dopo la laurea
in giurisprudenza a Bologna si dedicò al giornalismo. La carriera di Albertini fu rapida: nel 1896 approdò al
«Corriere della Sera» come segretario di redazione e nel 1900 ne fu nominato direttore. Egli fece del «Corriere» uno strumento di informazione moderno ed eYcace riuscendo
a far aumentare considerevolmente la
sua tiratura, anche grazie al successo
editoriale del supplemento «La Domenica del Corriere» e al sodalizio
con l’illustratore Achille Beltrame. Di
orientamento liberal-conservatore,
allo scoppio della Grande guerra aderì all’interventismo e fu eletto senatore. Nel dopoguerra, dopo un inziale sostegno al fascismo, ne divenne un
duro oppositore e fu tra i Wrmatari del
Manifesto degli intellettuali antifascisti. Nel 1925 fu estromesso dalla direzione del «Corriere». Il suo volu-
I personaggi e le persone
Albert, Thomas (Champigny-surMarne 1878-Parigi 1932)
Politico francese. Studente di storia
e letteratura presso l’École normale supérieure e l’Università di Parigi, si
avvicinò al socialismo e fu giornalista per «L’Humanité» e la per «Revue socialiste». Nel 1905 fondò la
«Revue syndicaliste». Entrò in politica nel 1904 come consigliare municipale di Champigny, divenendone
sindaco otto anni dopo. Nel 1910
venne eletto nella Camera dei deputati per il Dipartimento della Senna,
mettendosi in luce per le doti di organizzatore all’interno del Comitato
dei lavori pubblici, delle ferrovie e
delle Wnanze.
nanze. Allo scoppio della guerra servì per poche settimane in un
reggimento territoriale e fu poi chiamato a coordinare i rapporti tra comando supremo dell’esercito e ministero dei Lavori pubblici. Nel dicembre del 1915 divenne sottosegretario all’artiglieria e alle munizioni
e un anno dopo ministro della Guerra Wno al settembre del 1917. Fu uno
degli esponenti socialisti chiamati
al governo durante il conXitto. A tutti gli eVetti ebbe il ruolo di coordinatore della mobilitazione di guerra,
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Alberto I
110
me Le origini della guerra del 1914 è ancora oggi un classico della storiograWa sulla Prima guerra mondiale.
Alberto I del Belgio
Alberto I del Belgio (BruHelles 1875Marche Les Dames 1934)
Re del Belgio dal 1909. Nel 1900 sposò la duchessa Elisabetta di Baviera. Allo
scoppio della guerra assunse il comando delle forze armate, riWutandosi di seguire il governo in esilio. Si dimostrò un comandante vicino alle
proprie truppe recandosi spesso al
fronte. Durante il conXitto riWutò di
partecipare alle operazioni coordinate dall’Intesa, mantenendo il comando autonomo delle proprie truppe.
Nel 1916 riWutò la mediazione del re di
Spagna, Alfonso III, che gli oVriva di incontrare il ministro degli Esteri tedesco. Nel 1918, vista l’imminente vittoria dell’Intesa, decise di partecipare col
proprio esercito all’oVensiva delle
Fiandre, che respinse l’esercito tedesco Wno a Gand, concludendo il conXitto. Rientrò trionfalmente a Bruxelles il 22 novembre 1918. Dopo la guerra promosse diverse riforme, come il
riconoscimento delle due lingue nazionali (Vallone e Fiammingo) e l’introduzione del suVragio universale.
Morì nel 1934 per un incidente in
montagna.
Allenby, Edmund H. Hynman (Brackenhurst 1861-Londra 1936)
Militare britannico. Frequentò la scuola militare di Sandhurst e servì durante la Seconda guerra boera, divenendo
maggiore generale nel 1909. Durante
la Grande guerra fu impiegato sul fronte occidentale. Nell’aprile 1917, nell’oVensiva di Arras, sfondò le linee nemiche, ma dovette interrompere l’attacco a causa del malcontento generato dalle altissime perdite subite. In seguito venne trasferito in Egitto. Quella che sembrava una punizione divenne la sua riscossa: grazie al suo comando e all’abilità nello sfruttare le risorse a sua disposizione, conseguì una
serie di fulminee vittorie, aiutato anche dagli arabi comandati dal generale Lawrence. Nel dicembre 1917 prese
Gerusalemme e da lì avanzò inesorabile Wno alla conquista di Damasco e
Tripoli nell’ottobre del 1918, che portò alla capitolazione turca. Rimase in
Egitto Wno al 1925, per poi ritirarsi a vita
privata.
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Baden
111
1852-SutAsquith, Herbert H. ((Morley 1852
Sutton Courtenay 1928)
Politico britannico. Formatosi a Oxford, intraprese la carriera legale
Wnché, nel 1886, fu eletto come deputato liberale al parlamento inglese. Nel 1892 Gladstone lo nominò ministro degli Interni, ma dal 1895 abbandonò la politica per ritornarvi
solo dieci anni dopo come ministro del
Tesoro nel governo Campbell-Ban-
nermann. Alle dimissioni di questi,
nel 1908, Asquith gli succedette. Il suo
governo fu protagonista di una dispendiosa corsa agli armamenti che
contrapponeva Germania e Gran Bretagna nella costruzione di Xotte sempre più grandi. Nonostante il tradizionale orientamento paciWsta dei
liberali, dopo l’invasione del Belgio
egli si schierò a favore della guerra
contro la Germania, dichiarata dal re
il 4 agosto 1914. La modalità di conduzione del conXitto fu causa di molte critiche e di una spaccatura in
seno al Partito liberale. Dopo la disfatta di Gallipoli, riuscì a formare un
nuovo governo ma, nel dicembre
1916, fu costretto alle dimissioni.
Dopo la guerra ebbe un ruolo importante nel ricompattare la scissione del
Partito liberale.
Baden, Maximilian von (Baden Baden 1867-Salem 1929)
Politico tedesco. Dopo studi di diritto a Lipsia, venne addestrato come
UYuYciale dell’esercito prussiano. U
ciale di Stato maggiore presso il XIV
corpo d’armata, allo scoppio della
guerra lasciò l’incarico perché insoddisfatto della sua posizione. Il
suo ruolo fu quindi soprattutto legato all’attività di supporto e assistenza ai prigionieri, prima come presidente onorario della Croce rossa tedesca e poi, dal 1916, presso l’organizzazione tedesco-americana per
l’assistenza ai prigionieri. Le sue posizioni liberali lo misero spesso in
contrasto con Hindenburg e LudendorV ma, al tempo stesso, ne fecero
il candidato ideale per guidare il go-
I personaggi e le persone
Arz, Strassenburg Arthur von (Hermannstadt [Sibiu] 1857-Budapest 1935)
UYciale austro-ungarico proveniente
dalla nobiltà tedesca in Siebenbürgen
(Transilvania, Romania). Dal 1878
intraprese la carriera militare. Maggiore generale dal 1908. Reputato
uno dei più preparati uYciali imperiali, allo scoppio della guerra fu inviato prima a comandare un corpo
d’armata sul fronte galiziano, poi a
guidare la 1a armata contro la Romania. Alla morte di Francesco Giuseppe, il 1° maggio 1917 l’imperatore Carlo lo nominò capo di Stato
maggiore generale. Prese il posto
dello scomodo maresciallo Conrad.
Privo di ambizioni politiche, il generale fu un fedele consigliere del nuovo imperatore. Nell’estate del 1918 sostenne la necessità di un’ultima oVenV
Vensiva contro l’Italia. In autunno, di
fronte al crollo militare imminente,
premette sul sovrano aYnché Wrmasse un armistizio con l’Italia, per risparmiare vittime inutili. Nel dopoguerra dovette combattere per ottenere una pensione di guerra dal governo ungherese, Wno a morire d’infarto.
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Badoglio
112
verno tedesco all’armistizio. L’incarico, oVertogli nel settembre del
1918, fu accettato con riluttanza e rimesso al socialdemocratico Ebert
mentre infuriava la rivoluzione, nel
novembre dello stesso anno. In seguito, si ritirò a vita privata.
Pietro Badoglio
Badoglio, Pietro (Grazzano Monferrato
1871-Grazzano Badoglio 1956)
Militare italiano. Di origini alto borghesi, fu ammesso all’accademia militare e ne uscì con il grado di tenente. Prese parte ai conXitti in Eritrea e
Libia. Durante la Grande guerra fu assegnato al settore del monte Sabotino, fortemente presidiato dagli austroungarici. Divenuto colonnello, guidò
l’assalto al monte conquistandolo con
poche perdite (1916). Fu l’inizio di una
carriera folgorante: conquistò i monti Kuk e Vodice (1917) e dopo l’11a battaglia arrivò al grado di tenente generale comandando il XXVII corpo d’armata. La brillante carriera rischiò di
essere compromessa dalle sue pesanti responsabilità in occasione di
Caporetto: non aprì il fuoco con l’artiglieria e, nonostante la possibilità di
un’oVensiva austriaca tra Tolmino e
Caporetto, lasciò sguarnito tale settore.
Tuttavia, dopo la disfatta, entrò nello staV di Diaz sfuggendo a ogni responsabilità. Fu nella commissione
che Wrmò l’armistizio di Villa Giusti (4
luglio 1918). In seguito fu capo di
Stato maggiore dell’esercito, maresciallo d’Italia e governatore della Libia, aderendo al fascismo. Nel 1935 comandò le truppe in Etiopia. Nel 1940
accettò passivamente l’ingresso in
guerra dell’Italia. Dopo la caduta del
fascismo (25 luglio 1943), fu capo del
governo e annunciò l’armistizio dell’8
settembre. Scagionato nei processi tenutisi a suo carico nel dopoguerra, si
ritirò a vita privata.
Balfour, Arthur J. (Whittingehame
1848-Londra 1930)
Primo conte di Balfour, politico inglese. Studiò WlosoWa ed entrò in parlamento, per i conservatori, nel 1874.
Fu quindi primo ministro del Regno
Unito (1902-1905) e ministro degli
Esteri (1916-1919), nel governo di
grande coalizione guidato da David
Lloyd George. Anticipando la dissoluzione dell’Impero ottomano a seguito della Grande guerra, si fece
promotore della cosiddetta “Dichia-