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Cristina, sovrano di Svezia
A un campione della guerra come Gustavo Adolfo, succedette sul trono svedese una donna amante
delle arti.
A differenza della Francia o dell’Impero tedesco, dove le donne erano in ogni caso escluse dal
trono, e al pari invece di altri regni (Inghilterra o Spagna), il diritto dinastico svedese ammetteva la
successione femminile in mancanza di eredi maschi.
Il re di Svezia Gustavo Adolfo Vasa, caduto nel 1632 nella battaglia di Lützen, non lasciò eredi
maschi e il diritto di successione toccò all’unica figlia, Cristina. Poiché Cristina aveva nel 1632
soltanto cinque anni, in suo nome agì un consiglio di reggenza guidato da Axel Oxenstierna, l’uomo
politico che aveva svolto le funzioni di gran cancelliere durante il regno di Gustavo Adolfo.
Una donna colta poco propensa al matrimonio
Già prima dei diciotto anni Cristina aveva rivelato una personalità notevole. Conosceva il latino e il
greco e parlava diverse lingue europee. Collezionava quadri dei maggiori pittori del Cinquecento e
del Seicento; possedeva una biblioteca che, fra rari manoscritti e libri a stampa, arrivò a contare
quasi quarantamila volumi. Nel 1647 si fece inviare dalle sue truppe che avevano occupato Praga
l’intera collezione di antichità raccolte dall’imperatore Rodolfo II. Chiamò alla corte di Stoccolma
artisti e scrittori da tutta Europa e, nel dicembre 1649, riuscì a portare in Svezia, perché le desse
lezioni, il famoso filosofo francese Cartesio, che però non riuscì a superare il rigido inverno nordico
e morì tre mesi dopo di polmonite.
Le funzioni di governo continuavano intanto a essere esercitate da Oxenstierna, mentre Cristina,
ormai ventitreenne, sembrava preoccuparsi poco delle sorti della dinastia, dimostrando scarsa
propensione al matrimonio e, almeno per il momento, anche nei confronti dell’altro sesso. Nel 1650
si fece formalmente incoronare re (e non regina) di Svezia, ma soltanto quattro anni dopo, nel luglio
1654, abdicò al trono in favore del cugino Carlo Gustavo (uno degli svariati mariti che le erano stati
offerti e che aveva regolarmente rifiutato).
La conversione al cattolicesimo
Fra le ragioni dell’abdicazione vi fu la conversione dalla confessione protestante a quella cattolica,
tenuta segreta perché sarebbe stata inaccettabile al paese (per questo stesso motivo un altro Vasa,
Sigismondo II, era stato deposto nel 1599).
Le circostanze della conversione di Cristina furono piuttosto singolari. Nell’estate del 1650 e poi
nel 1652 alcuni gesuiti spagnoli si erano presentati alla corte svedese, nascondendo la loro vera
identità e facendo sorgere gravi dubbi religiosi nella regina nel corso delle lunghe conversazioni che
svolsero con lei in latino. Ma uguale peso avevano avuto le capacità di seduzione dell’ambasciatore
spagnolo Antonio Pimentel.
La notte di Natale del 1654 Cristina lasciò di nascosto la Svezia, abiurò al protestantesimo a
Bruxelles e il 3 novembre 1655 pronunciò una pubblica professione della fede cattolica nella città
austriaca di Innsbruck.
L’imbarazzante presenza di Cristina a Roma
Subito poté trasferirsi a Roma, dove fu accolta con grandi onori dal papa Alessandro VII. Data la
grande fama che circondava il personaggio, si trattava di un’importante vittoria per il mondo
cattolico, che ripose molte anche se vaghe aspettative in quella conversione. Ma Cristina, con la sua
libertà di costumi, divenne presto una presenza imbarazzante nella città dei papi, che pure non
brillava per morigeratezza. Divenuta amante notoria di un cardinale, negli anni successivi, prima a
Parigi e poi ancora a Roma, fu coinvolta in svariati scandali e anche in un omicidio. Visse fino
all’età di 63 anni, facendo cadere con la sua cultura e il suo mecenatismo un po’ di oblio sugli
agitati trascorsi della giovinezza.
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