PROGRAMMA DI GEOGRAFIA
LICEO DELLA COMUNICAZIONE
INDICE
UNITA’ 1
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LINEAMENTI DI GEOGRAFIA GENERALE
PARTE 1
Il pianeta Terra…………………………………………………..P.3
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PARTE 2
Distribuzione delle terre e delle acque…………………………..P.5
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PARTE 3
Forme della Terra………………………………………………..P.10
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PARTE 4
La rappresentazione della Terra…………………………………P.11
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PARTE 5
Il clima…………………………………………………………..P.16
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PARTE 6
Le piante………………………………………………………….P.18
•
PARTE 7
Gli animali………………………………………………………..P.19
•
PARTE 8
L’agricoltura………………………………………………………P.21
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PARTE 9
L’industria…………………………………………………………P.23
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PARTE 10
Il terziario…………………………………………………………P.24
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PARTE 11
Il popolamento terrestre…………………………………………...P.26
•
PARTE 12
Le migrazioni………………………………………………………P.33
UNITA’ 2
GEOGRAFIA DEI CONTINENTI NELLE SUE FORME
ESSENZIALI
•
PARTE 1
Europa………………………………………………………………..P.36
•
PARTE 2
Asia…………………………………………………………………..P.38
•
PARTE 3
Africa………………………………………………………………….P.40
•
PARTE 4
Oceania……………………………………………………………….P.44
•
PARTE 5
America……………………………………………………………….P.48
UNITA’ 1
PARTE 1
LA TERRA
La Terra è il pianeta su cui vive l'umanità, il terzo in ordine di distanza dal Sole. È il
più grande dei pianeti terrestri del sistema solare, sia per quanto riguarda la massa sia
per il diametro, ed è l'unico corpo planetario del sistema solare adatto a sostenere la
vita, almeno tra quelli conosciuti alla scienza moderna (anche se vi sono ipotesi e in
alcuni casi anche deboli indizi a sostegno della tesi per cui la vita, probabilmente in
forma microscopica, sarebbe stata presente o potrebbe tuttora sussistere su alcuni
corpi del sistema solare come Marte, Venere e alcuni satelliti naturali dei pianeti
gassosi).
È il primo pianeta conosciuto a possedere acqua in tutti e tre gli stati (solido, liquido,
gassoso) sulla sua superficie, e il solo nell'Universo noto per la presenza attuale di
vita elementare o evoluta.
Possiede un campo magnetico, che, insieme a una atmosfera composta in prevalenza
da azoto e ossigeno, la protegge dalle radiazioni nocive alla vita; l'atmosfera inoltre
funziona come scudo contro le piccole meteore, causandone la distruzione per calore
da attrito prima del raggiungimento della superficie.
La formazione della Terra è datata a circa 4,54 miliardi di anni fa. Essa possiede un
solo satellite naturale, la Luna, la cui età, stimata analizzando alcuni campioni delle
rocce più antiche, è risultata compresa tra 4,29 e 4,56 miliardi di anni. Il suo asse di
rotazione è inclinato rispetto alla perpendicolare al piano dell'eclittica: questa
inclinazione, combinata con la rivoluzione della Terra intorno al Sole, è causa
dell'alternarsi delle stagioni.
Le condizioni atmosferiche primordiali sono state alterate in maniera preponderante
dalla presenza di forme di vita, le quali hanno creato un diverso equilibrio ecologico,
plasmando la superficie del pianeta. Circa il 71% della superficie è coperta da oceani
ad acqua salata, mentre il restante 29% è rappresentato dai continenti e dalle isole.
La superficie esterna è suddivisa in diversi segmenti rigidi, o placche tettoniche, che
si spostano lungo la superficie in periodi di diversi milioni di anni.
La parte interna, attiva dal punto di vista geologico, è composta da uno spesso strato
relativamente solido o plastico, denominato mantello, e da un nucleo, diviso a sua
volta in nucleo esterno, dove si genera il campo magnetico, e un nucleo interno
solido, costituito principalmente da ferro e nichel. Tutto ciò che riguarda la
composizione della parte interna della terra resta comunque pura ipotesi e manca di
verifica e osservazione diretta.
Importanti sono le influenze esercitate sulla Terra dallo spazio esterno; infatti la Luna
è all'origine del fenomeno delle maree, stabilizza lo spostamento dell'asse terrestre e
ha lentamente modificato la lunghezza del periodo di rotazione del pianeta
(rallentandolo); un bombardamento di comete durante le fasi primordiali ha giocato
un ruolo fondamentale nella formazione degli oceani e, in un periodo successivo,
alcuni impatti di asteroidi hanno provocato significativi cambiamenti delle
caratteristiche della superficie e ne hanno alterato la vita presente.
La linea orizzontale rappresenta l'equatore, mentre quella verticale un meridiano.
UNITA’ 1
PARTE 2
DISTRIBUZIONE DELLE TERRE E DELLE ACQUE
L'interno della Terra, detto anche geosfera, è costituito da rocce di diversa
composizione e fase (solida, principalmente, ma talvolta anche liquida).
Grazie allo studio dei sismogrammi si è giunti a considerare l'interno della terra
suddiviso in una serie di gusci; difatti si è notato che le onde sismiche subiscono
fenomeni di rifrazione nell'attraversare il pianeta. La rifrazione consiste nella
modifica della velocità e della traiettoria di un'onda quando questa si trasmette a un
mezzo con differente densità. Si sono potute così rilevare superfici in profondità in
cui si verifica una brusca accelerazione e deviazione delle onde, e in base a queste
sono state identificate quattro zone sferiche concentriche: la crosta, il mantello, il
nucleo esterno e il nucleo interno.
L'interno della Terra, come quello degli altri pianeti terrestri, è diviso chimicamente
in una crosta formata da rocce da basiche ad acide, un mantello ultrabasico e un
nucleo terrestre composto principalmente da ferro. Il pianeta è abbastanza grande da
avere un nucleo differenziato in un nucleo interno solido e un nucleo esterno liquido,
che produce un debole campo magnetico a causa della convezione del suo materiale
elettricamente conduttivo. Dal punto di vista delle proprietà meccaniche, la crosta e la
porzione superiore del mantello formano la litosfera, rigida; mentre una porzione
intermedia del mantello, che si comporta in un certo senso come un fluido
enormemente viscoso, costituisce l'astenosfera.
Materiale proveniente dall'astenosfera si riversa continuamente in superficie
attraverso vulcani e dorsali oceaniche non conservando però la composizione
originale perché soggetto a cristallizzazione frazionata.
Lo schema seguente riassume le profondità, la caratteristica principale per la
definizione dei vari gusci che compongono la Terra e la loro densità:
Profondità
(km)
Porzione terrestre
0-60
Litosfera: varia tra i 5 km e i 120 km; comprende
crosta e la parte più superficiale del mantello fisiche
superiore.
Proprietà
Densità
g/cm³
—
0-35
Crosta: varia tra i 5–10 km di quella oceanica, ai
chimiche 2,2-2,9
30-70 di quella continentale.
35-60
Mantello litosferico o litosfera densa: parte
fisiche
superficiale del mantello superiore.
352900
Mantello terrestre
100700
3,4-4,4
fisiche e
3,4-5,6
chimiche
Mantello superiore, di cui la parte superficiale si
fisiche
associa alla litosfera. La parte più spessa è detta
—
astenosfera, di 100–250 km di spessore. La parte
inferiore è definita "zona di transizione" verso il
mantello superiore, o mesosfera, da non
confondere con l'omonimo strato atmosferico.
700Mantello inferiore, di circa 2000 km di spessore. fisiche
2900
—
29005100
Nucleo esterno
fisiche e 9,9chimiche 12,2
5100≈6375
Nucleo interno
fisiche e 12,8chimiche 13,1
In accordo con la teoria della tettonica a zolle, che è oramai accettata dalla quasi
totalità degli esperti in Scienze della Terra, la zona più esterna della Terra è suddivisa
in due parti: la litosfera, comprendente la crosta terrestre e la parte più superficiale del
mantello superiore, e l'astenosfera che forma la parte più interna e profonda del
mantello. L'astenosfera si comporta come un liquido sovrariscaldato che fa muovere
le placche litosferiche, ed è estremamente viscoso. La litosfera sostanzialmente
galleggia sulla astenosfera ed è suddivisa in quelle che comunemente sono chiamate
placche tettoniche. Queste placche sono segmenti rigidi che si muovono le une
rispetto alle altre secondo tre tipologie di movimento: convergente, divergente e
trasforme. Un'ultima tipologia di movimento avviene quando due placche si muovono
lateralmente rispetto a un'altra, utilizzando una faglia strike-slip. Tramite gli
spostamenti di queste placche il pianeta è stato plasmato, alternando momenti in cui
era presente un solo super-continente, a situazioni simili alla odierna. Esistono le
placche litosferiche di tipo continentale e di tipo oceanico. Inoltre la collisione tra due
o più placche tettoniche è la base per la genesi delle catene montuose, sulla parte di
placca litosferica di tipo continentale; mentre una loro divergenza può portare alla
nascita di una dorsale oceanica, sulla parte di placca litosferica di tipo oceanica e;
quindi, di nuova crosta. Pertanto i limiti tra le placche tettoniche sono zone di elevata
attività geologica e di intensi sforzi, e lungo di esse si concentrano la maggior parte
delle aree sismiche, con terremoto anche di forte intensità, e delle aree vulcaniche.
Le placche principali sono:
Nome della placca
Area
106 km² 106 mi²
Copertura
Placca africana
61,3
23,7
Africa
Placca antartica
60,9
23,5
Antartide
Placca australiana
47,2
18,2
Australia
Placca euroasiatica
67,8
26,2
Asia e Europa
Placca nordamericana 75,9
29,3
Nord America e nord-est Siberia
Placca sudamericana 43,6
16,8
Sud America
Placca pacifica
39,9
Oceano pacifico
103,3
Numerose sono le placche minori o di più piccola dimensione, tra esse le principali
sono: la Placca indiana, la Placca arabica, la Placca caraibica, la Placca di Nazca
lungo la costa occidentale del Sud America e la Placca scozzese nell'Oceano Atlantico
meridionale. Le placche a movimento più rapido si trovano nelle zone oceaniche, con
la Placca di Cocos che si sposta con un tasso di 75 mm/anno e la Placca pacifica che
si sposta con un tasso di 52–69 mm/anno. All'estremo, la placca con il movimento più
lento è quella euroasiatica, in movimento con un tasso medio di circa 21 mm/anno.
Superficie
La superficie terrestre può variare enormemente da luogo a luogo. Circa il 70,8% della
superficie è coperta da acqua; inoltre la maggior parte della piattaforma continentale
si trova al di sotto del livello marino. Nella parte sommersa del pianeta sono presenti
tutte le caratteristiche tipiche di un territorio montuoso, comprendenti un sistema di
dorsali medio oceaniche, dei vulcani sommersi, delle fosse oceaniche, dei canyons
sottomarini, degli altipiani e delle piane abissali. Il rimanente 29,2% emerso consiste
di montagne, deserti, pianure, altipiani e altre zone geomorfologiche minori. La
superficie planetaria si modifica costantemente secondo tempi geologici a causa dei
movimenti delle varie placche tettoniche e dell'erosione; inoltre le sue caratteristiche
geografiche, create o deformate dai movimenti tettonici, sono sottoposte agli influssi
meteorologici (pioggia, neve, ghiaccio, vento), a svariati cicli termici (ad es.
gelo/disgelo delle zone alpine o elevata escursione termica giornaliera nel caso dei
deserti) e all'azione chimica. Infine, nel modellamento del pianeta, sono compresi
anche grandi eventi come glaciazioni e impatti meteorici. Durante la migrazione di
due placche tettoniche continentali, la crosta oceanica viene subdotta al di sotto dei
margini di queste ultime. Nello stesso tempo, a causa della risalita di materiale
mantellico, nuova crosta oceanica viene generata lungo margini divergenti nelle
dorsali medio oceaniche.
Questo ciclo sostituisce continuamente il materiale di crosta oceanica in un processo
che ha portato essa ad avere una età minore di 100 milioni di anni. La placca oceanica
più antica, localizzata nel Pacifico Occidentale, è stata stimata con una età di circa
200 milioni di anni. Per comparazione la crosta continentale più antica, datata grazie
alla presenza di fossili, ha una età di circa 3 miliardi di anni.
I movimenti subduttivi delle varie placche vengono regolati da contrasti di densità;
infatti le placche continentali sono formate da rocce meno dense, specialmente da
rocce intrusive, come graniti e andesiti, mentre quelle oceaniche sono formate da
rocce effusive, prevalentemente basaltiche. Questa differenza costitutiva spiega il
perché nel contrasto tra due placche di tipologia differente sia sempre quella oceanica
ad andare in subduzione. Differente sviluppo ha il caso in cui le due placche
appartengano allo stesso tipo, per cui intervengono fattori più sensibili come gli sforzi
e le direzioni di movimento.
Su entrambe le tipologie di crosta si possono trovare, in casi favorevoli alla loro
messa in posto, le rocce sedimentarie. Esse sono formate dall'accumulo di sedimenti
in maniera spesso così individuabile, quando è presente una stratificazione, da poter
risalire indietro nel tempo alle condizioni presenti all'atto della formazione di ogni
singolo strato e alla evoluzione di tali condizioni verso il presente. Inoltre le rocce
sedimentarie sono le uniche in cui possono esser ritrovati fossili, fondamentali per una
datazione precisa della roccia stessa e per trarre informazioni paleoambientali su
clima, geografia, fauna e sulla flora presente in quella epoca. Va aggiunto anche che
in tali rocce vengono ricercati e sfruttati quasi tutti i principali giacimenti di
idrocarburi e carboniferi.
Circa il 75% di tutta la superficie dei continenti è coperta da sedimenti, sebbene essi
formino solamente circa il 5% della crosta. La terza tipologia di roccia presente sul
pianeta, dopo quelle vulcaniche (intrusive ed effusive) e quelle sedimentarie, è quella
delle rocce metamorfiche. Esse derivano dalla trasformazione di rocce pre-esistenti di
qualsiasi tipo attraverso l'influenza di alte pressioni, di alte temperature o di entrambe
queste variabili.
Il processo metamorfico può essere di varia intensità, provocando sia una semplice
ricristallizzazione di alcune specie minerali verso altre maggiormente stabili, sia la
parziale fusione e deformazione della roccia, trasformandola in una completamente
differente. Attraverso i processi di fusione, si crea inoltre una circolazione di fluidi
caldi all'interno della roccia. All'interno di questi fluidi vengono portati in soluzione e
concentrati, laddove presenti, elementi rari altrimenti dispersi in quantità
infinitesimali. Le rocce metamorfiche o i depositi derivanti dal loro smantellamento,
pertanto, sono uno dei luoghi preferenziali di ricerca di giacimenti di materie prime,
di pietre e metalli preziosi.
Il rilievo della superficie terrestre varia dal punto più basso, −418 m del Mar Morto, a
una stima del 2005 della massima altitudine di 8848 m della cima del Monte Everest;
inoltre l'altezza media della terra posta al di sotto del livello marino è di 686 m
Il termine Idrosfera si riferirebbe ai soli oceani, tuttavia tecnicamente include tutti i
mari interni, i laghi, i fiumi e l'acqua di falda fino a 2000 m di profondità.
La Terra è l'unico pianeta del sistema solare la cui superficie ospita acqua liquida.
L'acqua copre il 71% della superficie terrestre ed è suddivisa in un 97% di acqua
salata e un 3% di acqua dolce, il cui 68% circa è sotto forma di ghiaccio.
L'acqua suddivide il pianeta in cinque oceani e sette continenti.
Il punto più profondo sotto la massa d'acqua è rappresentato dalla Fossa delle
Marianne nell'oceano Pacifico con -10 911 m; mentre la profondità media degli
oceani è di 3,794 m, più di cinque volte l'altezza media dei continenti.
La massa stimata dell'acqua oceanica è di circa 1,35 x 1018 tonnellate, comparabili a
1/4400 dell'intera massa terrestre; essa inoltre occupa un volume di 1,386 x 109 km³.
La media salina all'interno dell'acqua oceanica è di 35 g/l: tuttavia, essendo tale valore
legato agli apporti esterni di acqua e all'evaporazione (temperatura), può aumentare
considerevolmente in bacini chiusi o diminuire in zone ad acque molto fredde. Tali
sali provengono dalla diretta emissione vulcanica o dallo smantellamento chimico e
fisico effettuato nel tempo a discapito delle rocce magmatiche.
Le masse acquee sono, inoltre, enormi serbatoi di sostanze gassose, possiedono una
importante funzione termoregolatrice e mitigatrice del clima e sono agenti attivi dal
punto di vista geomorfologico. Al loro interno vive un intero ecosistema acquatico,
completo dal punto di vista della piramide alimentare e integrato con quello di
superficie, nonché rivelatosi fondamentale per lo sviluppo umano passato e presente.
La presenza di acqua liquida sulla superficie terreste è una combinazione delle giuste
caratteristiche orbitali, del vulcanismo, della gravità, dell'effetto serra, del campo
magnetico e dell'atmosfera ricca di ossigeno. Ci sono varie ipotesi che Europa, un
satellite di Giove, ospiti dell'acqua liquida sotto lo strato di ghiacci che ricopre
interamente la superficie.
La Terra è in effetti oltre il bordo esterno delle orbite che permetterebbero a un
pianeta di essere abbastanza caldo per formare acqua liquida. Senza una qualche
forma di effetto serra, l'acqua della Terra congelerebbe. I reperti paleontologici
indicano che a un certo punto, dopo che i batteri blu-verdi (Archea) colonizzarono gli
oceani, l'effetto serra smise di funzionare, e la Terra si congelò completamente per un
periodo compreso tra 10 e 100 milioni di anni.
Sugli altri pianeti, come Venere, l'acqua gassosa è dissociata dagli ultravioletti solari,
e l'idrogeno è ionizzato e soffiato via dal vento solare. L'effetto è lento, ma
inesorabile. Si pensa che questa sia la causa della mancanza d'acqua di Venere.
Privato dell'idrogeno, l'ossigeno reagisce con la superficie e viene inglobato in
minerali solidi.
Sulla Terra, uno scudo di ozono assorbe la maggior parte degli ultravioletti energetici
nell'alta atmosfera, riducendo questo effetto.
Infine il vulcanismo, aiutato dagli effetti di marea della Luna, emette continuamente
vapore d'acqua dall'interno. La tettonica a placche della Terra ricicla il carbonio e
l'acqua mediante la subduzione di zone ricche di sedimenti, convertendoli in magma
ed emessi dai vulcani come biossido di carbonio gassoso e vapore.
Le correnti oceaniche, inoltre, sono ritenute causa di una particolare oscillazione
dell'asse di rotazione terrestre, detta oscillazione di Chandler.
UNITA’ 1
PARTE 3
FORME DELLA TERRA
La Terra è il maggiore sia per dimensione che per massa dei quattro pianeti terrestri
(insieme a Mercurio, Marte e Venere), composto per lo più da roccia e silicati; tale
termine è contrapposto ai giganti gassosi, pianeti appartenenti al sistema solare
esterno. Sempre tra i pianeti terrestri è quello con la maggiore densità, la più alta
gravità e il più forte campo magnetico.
Forma
La forma della Terra viene correttamente definita come geoide, ma è decisamente
simile a uno sferoide oblato (solido di rotazione che si ottiene dalla rotazione di
un'ellisse attorno al proprio asse minore), da cui si discosta per un massimo di 100
metri.
Il diametro medio dello sferoide di riferimento è circa 12 742 km, tuttavia, in maniera
più approssimativa si può definire come 40 009 km/π, dato che il metro è stato
originariamente definito come 1/10 000 000 della distanza tra l'equatore e il polo nord
passando per Parigi, Francia.
La rotazione della Terra è la causa del rigonfiamento equatoriale, che comporta un
diametro equatoriale di 43 km maggiore di quello polare. Le maggiori deviazioni
locali sulla superficie sono: il Monte Everest, con 8850 m (sopra il locale livello del
mare) e la Fossa delle Marianne, con 10 924 m (sotto il locale livello marino). Se si
paragona la Terra a un perfetto ellissoide, essa ha una tolleranza di circa una parte su
584, o di 0,17%, che è minore dello 0,22% di tolleranza ammesso nelle palle da
biliardo. A causa della presenza del rigonfiamento, inoltre, il luogo maggiormente
distante dal centro della Terra è situato attualmente sul Monte Chimborazo in
Ecuador.
UNITA’ 1
PARTE 4
LA RAPPRESENTAZIONE DELLA TERRA
Il rilevamento topografico e l’aerofotogrammetria.
Il rilevamento topografico e l’aerofotogrammetria sono metodi di misurazione
e di registrazione delle coordinate planimetriche ed altimetriche (quote) dei punti,
mediante i quali diviene possibile costruire la riproduzione di una certa parte della
superficie terrestre. A tale scopo la topografia moderna opera nel seguente modo:
·
viene definita una prima rete, detta geodetica o triangolazione del I ordine,
costituita da un certo numero di triangoli sferoidici di notevole ampiezza, aventi a
due a due in comune un lato; vengono misurate direttamente sul terreno, con
grande precisione alcune particolari distanze, dette basi geodetiche, dalle quali, con
misure angolari e calcoli trigonometrici, si ricostruiscono la lunghezza dei lati più
vicini della suddetta triangolazione del I ordine; sempre con misure angolari e
metodi trigonometrici vengono quindi determinate le lunghezze di tutti gli altri lati
e le coordinate dei vertici della stessa triangolazione.
·
entro la prima vengono costruite reti di triangoli più piccoli, di cui vengono
rilevati e calcolati gli stessi elementi (triangolazione del II, III ordine)
·
per l’ultima fase, ossia per il rilievo di dettaglio, oltre a triangolazioni vengono
eseguiti anche rilevamenti per coordinate polari o con altri metodi particolarmente
rapidi, fino ad ottenere le coordinate del maggior numero di punti possibile, in
modo che sia possibile disegnare la carta. Le quote dei punti vengono spesso
ricavate mediante apposite misure dette livellazioni.
Oggi alla maggior parte delle triangolazioni sono subentrate le “trilaterazioni”:
i triangoli vengono cioè definiti attraverso la misura dei loro lati, che viene effettuata,
con grande precisione, per mezzo di strumenti a raggi laser o infrarossi.
Da alcuni decenni tutte queste operazioni sono state sostituite dal rilevamento con
fotografie aeree. Queste ultime, elaborate per mezzo di apparecchi speciali, detti
restitutori, permettono, con enorme risparmio di tempo e di lavoro, di eseguire
direttamente la carta con tutti i suoi particolari.
Negli ultimi anni vengono utilizzate per questo scopo anche le immagini da
satellite; è stato così possibile ottenere nuove carte di vaste regioni della Terra, senza
eseguire laboriose operazioni sul terreno; con lo stesso sistema è stata ottenuta una
dettagliatissima carta della superficie lunare.
Queste tecniche sono l’oggetto della aerofotogrammetria, che è oggi in
continuo perfezionamento, grazie anche all’utilizzazione dei calcolatori elettronici.
Le operazioni cartografiche.
Per ottenere delle riproduzioni ridotte e fedeli della superficie terrestre sarebbe
necessario ricorrere a dei modelli tridimensionali che potessero risolvere entrambi i
seguenti problemi:
·
·
tener conto della curvatura terrestre
riprodurre il rilievo orografico (ossia quello delle montagne, degli altipiani ecc.)
e, volendo, riprodurre anche le profondità degli oceani e dei mari.
Di solito però nei modelli tridimensionali che sono in uso, non risulta né conveniente
né possibile rispettare contemporaneamente queste condizioni.
In effetti nei globi terracquei, che forniscono riproduzioni fortemente ridotte
dell’intera superficie terrestre, e in quei plastici chiamati comunemente “vele”, nei
quali sono riprodotti, con una riduzione meno spinta, interi continenti o loro parti, ci
si preoccupa soprattutto di rispettare la curvatura terrestre; il rilievo orografico, alle
riduzioni adottate sarebbe così poco evidente che o viene del tutto trascurato oppure
viene enormemente esagerato. Infatti in uno dei globi comunemente usati il rilievo del
Monte Everest, se fedelmente riprodotto, sarebbe inferiore a quello di un granello di
sabbia.
Nei plastici di aree più piccole, per i quali non è necessario ricorrere a forti
riduzioni ed è quindi possibile rendere fedelmente il rilievo orografico, viene invece
generalmente trascurata la curvatura terrestre (spesso però anche in questi, i dislivelli
vengono esagerati di proposito).
Tutti questi modelli tridimensionali hanno una notevole validità didattica, ma
presentano l’inconveniente di essere poco maneggevoli. Perciò si pone il problema di
ottenere delle rappresentazioni su carta, opportunamente ridotte, della superficie
terrestre, o per lo meno di quei lineamenti e di quei punti che, caso per caso possono
essere considerati interessanti. La soluzione di questo problema costituisce, come già
detto, l’obiettivo principale della disciplina chiamata cartografia.
La prima operazione necessaria per risolvere tale problema la si compie
proiettando i punti della superficie terrestre sull’ellissoide di riferimento (oggi
l’Ellissoide Internazionale). La seconda consiste nel trasferire su un piano questa
superficie ellissoidica, con i punti che sono stati su di essa proiettati.
Quest’ultimo problema è moto semplice quando si tratta di rappresentare una
zona di dimensioni talmente modeste che diventa possibile, senza andare incontro ad
errori sensibili, sostituire, alla porzione di ellissoide interessata, il piano tangente nel
suo centro. E’ più complesso quando si tratta invece di rappresentare in un’unica carta
regioni abbastanza vaste (e al limite l’intera superficie terrestre): è infatti evidente che
la superficie ellissoidica, come quella sferica, non è sviluppabile in un piano.
La Carta Geografica
La Carta Geografica può essere definita come la rappresentazione ridotta,
approssimata e simbolica della superficie terrestre.
Le caratteristiche principali di una carta geografica sono dunque la scala (ossia
il coefficiente di riduzione), il sistema di rappresentazione (che è in relazione con
l’approssimazione che si vuol ottenere) e la simbologia (che è in relazione al
contenuto della carta, ossia degli oggetti reali che si vogliono rappresentare).
La scala
Come si è detto con la scelte della “scala” si affronta il problema di quanto
debba venir ridotta la superficie terrestre nella rappresentazione cartografica. Le carte
forniscono questa informazione sotto forma di scala numerica oppure di scala grafica
(o spesso con entrambe le notazioni).
Si definisce scala numerica il rapporto fra una lunghezza misurata sulla carta e
la corrispondente lunghezza sulla superficie terrestre. Tale rapporto è generalmente
espresso sotto forma di frazione con numeratore unitario.
Dunque chiamata S la scala numerica, abbiamo:
Prospettiche orizzontali
Cilindriche
PROIEZIONI VERE
di Sviluppo
Coniche
Cilindriche
PROIEZIONI MODIFICATE
Coniche
Pseudocilindriche
PROIEZIONI CONVENZIONALI
Pseudoconiche
dove n, chiamato denominatore di scala, esprime il numero di volte in cui le distanze
reali sono state rimpicciolite nella carta. Perciò la scala numerica costituisce il
coefficiente di riduzione che è stato adottato per la costruzione della carta.
Così, ad esempio, se alla distanza di 25 mm sulla carta corrispondono 2.500 m
sul terreno, sarà possibile costruire la seguente proporzione (esprimendo tutto in mm):
da cui è facile ricavare che n (denominatore di scala) vale 100.000 e che la scala
numerica è 1/100.000; normalmente sulle carte si scrive 1:100.000.
E’ chiaro a questo punto che debbono essere definite “a grande scala” le carte
in cui il rapporto 1/n è grande (e quindi n - denominatore di scala - è piccolo), ossia le
carte nelle quali la riduzione non è stata forte. Viceversa debbono essere chiamate “a
piccola scala” le carte il cui rapporto 1/n è piccolo (e quindi il denominatore di scala è
grande), ossia le carte dove la riduzione è stata particolarmente forte.
Quindi una carta di dimensioni maneggevoli, supponiamo del formato di
mezzo metro quadro, se a grande scala potrà rappresentare al massimo una provincia,
a piccola scala potrà comprendere un intero continente o un emisfero.
Si tenga infine presente che la scala di una carta si riferisce solamente alle
misure di lunghezza, e non alle aree, le quali variano invece in funzione del quadrato
delle lunghezze.
Classificazione delle carte in base alla scala
Con riguardo alla scala le carte vengono classificate con i seguenti nomi:
1.
piante o mappe: la scala è maggiore o uguale a 1: 10.000; generalmente si usano
per le rappresentazioni dei centri urbani o delle proprietà rurali (mappe catastali);
2.
carte topografiche: le scale sono comprese fra 1:10.000 e 1:100.000; sono
generalmente piuttosto particolareggiate e servono fra l’altro per la costruzione di
carte di scala più piccola: sono infatti definite “carte base”; in Italia assolvono a
questa funzione le carte dell’Istituto Geografico Militare (I.G.M.), con scala
1:25.000 e 1:100.000;
3.
carte corografiche: le scale sono comprese tra 1:100.000 e 1:1.000.000; sono di
questo tipo le cosiddette “carte automobilistiche” (ad esempio, in Italia le carte
prodotte dal Touring Club Italiano e le carte 1:200.000 e 1:250.000 prodotte dallo
stesso (I.G.M.);
4.
carte geografiche propriamente dette: le scale sono sempre minori di
1:1.000.000.
Vengono infine definite “planisferi” le carte che rappresentano l’intera superficie
terrestre, e “mappamondi” quelle che rappresentano la Terra divisa in due emisferi
UNITA’ 1
PARTE 5
IL CLIMA
L'atmosfera terrestre non ha limiti definiti, ma diviene lentamente sempre più rarefatta
e sottile procedendo verso lo spazio esterno. Circa il 75% della sua intera massa è
contenuta all'interno dei primi 11 km (circa 7 mi) a partire dalla superficie del pianeta,
nello strato denominato come troposfera. L'irraggiamento solare, riscalda questa parte
atmosferica, sia direttamente, sia indirettamente, tramite il calore ceduto alla
superficie terrestre e provoca la dilatazione dell'aria in essa contenuta.La perdità di
densità conseguente all'aumento di temperatura, pone in risalità la massa d'aria,
richiamandone altra al suo posto, più fredda e densa, sia da luoghi adiacenti, che
soprastanti. Il risultato di questo processo è la circolazione atmosferica, la quale
controlla, tramite la ridistribuzione dell'energia termica, sia il clima che il tempo
atmosferico. Le zone di circolazione atmosferica principali sono situate nella zona
equatoriale al di sotto dei 30º di latitudine, tramite l'azione delle correnti occidentali, e
nelle medie latitudini, tra i 30º e i 60º, tramite gli alisei. Le correnti oceaniche, inoltre,
rappresentano un importante fattore di influenza sul clima; particolarmente la
circolazione termoalina, che ridirtribuisce l'energia termica catturata dall'acqua, dalle
zone oceaniche equatoriali verso quelle polari.
Il vapore acqueo generato tramite l'evaporazione superficiale della lama d'acqua per
contrasto di umidità e/o temperatura con l'aria viene trasportato nell'atmosfera. In
presenza di determinate condizioni atmosferiche, favorenti la risalita di aria umida e
calda, il vapore acqueo presente inizia un processo di condensazione ed, in seguito, da
origine a precipitazioni, che, in base alle condizioni termiche presenti nella zona
atmosferica di condensa, a quelle del tragitto percorso e del suolo, potranno essere di
pioggia, nevose o sotto forma di grandine.
Per completare il ciclo dell'acqua, essa viene riconvogliata verso basse quote e verso
gli oceano o verso i laghi in prevalenza dai corsi d'acqua. Questo processo è un
meccanismo fondamentale per sostenere e sviluppare la vita, nonché il primario
fattore di erosione, modellazione e trasformazione della superficie terrestre nel corso
dei vari periodi geologici.
L'entità delle precipitazioni varia considerevolmente da regione a regione, in base alla
stagione di riferimento, alla latitudine e alla geografia del territorio, da diversi metri di
acqua all'anno, a meno di un millimetro nelle zone desertiche o polari.
Il clima terrestre può esser suddiviso in alcune macro regioni a clima
approssimativamente omogeneo in base alla latitudine: spostandoci dall'equatore al
polo si possono rilevare: una regione equatoriale, una tropicale, una sub tropicale, una
temperata e una regione polare.
Un'altra classificazione climatica può essere basata sulle temperature e sulle
precipitazioni, con una suddivisione delle regioni caratterizzate da abbastanza simili e
uniformi masse d'aria. Quella maggiormente utilizzata è la classificazione climatica di
Köppen (nella versione modificata dallo studente di Wladimir Köppen, Rudolph
Geiger), che suddivide il mondo in cinque vaste aree: tropicale umida, area desertica
arida, area umida delle medie latitudini, area a clima continentale e area di freddo
polare; le quali sono poi ulteriormente suddivise in molti altri sottotipi più specifici.
UNITA’ 1
PARTE 6
LE PIANTE
La Terra è l'unico pianeta conosciuto ospitante la vita.
Le forme di vita del pianeta compongono la biosfera. Le teorie correnti pongono la
sua nascita a qualche centinaio di milioni di anni dopo la formazione del pianeta, tra
3,5 e 4 miliardi di anni fa. La biosfera è divisa in vari biomi, abitati da una
popolazione di flora e fauna all'incirca simile. Sulla terra, i biomi sono separati
principalmente secondo la latitudine. I biomi a nord del circolo polare artico e a sud
del circolo polare antartico sono relativamente vuoti di vita animale e vegetale,
mentre quelli più popolati si trovano vicino all'equatore.
La complessa interazione fra biosfera e singole forme di vita ha portato alcuni autori
all'ipotesi Gaia secondo la quale la vita sulla terra è possibile grazie al comportamento
degli esseri viventi che mantengono una delicata omeostasi.
La flora rappresenta l'elenco completo delle specie vegetali ospitate da un
determinato territorio. Lo studio della flora è un settore della botanica, denominato
floristica, ed è preliminare e complementare allo studio della vegetazione,
denominato fitosociologia, che descrive i popolamenti vegetali presenti in una
determinata nicchia ecologica, studiati sia dal punto di vista floristico (elenco delle
specie presenti), che dal punto di vista quantitativo (frequenza relativa delle varie
specie nel popolamento oggetto di studio).
I trattati di floristica elencano le specie vegetali presenti in una determinata area
geografica (nazione, regione, provincia) e le descrivono, consentendone il
riconoscimento (detto determinazione) in genere mediante l'uso di chiavi
dicotomiche.
Un altro strumento utilizzato per descrivere i rapporti fra flora e territorio è l'atlante
corologico, che rappresenta la documentata presenza di ognuna delle specie in tutti i
"punti" del territorio, suddiviso da un reticolo a maglie regolari.
La floristica si avvale tuttora dello strumento, antico ma insuperato, dell'erbario, ossia
della raccolta di esemplari vegetali essiccati e compressi, e quindi opportunamente
catalogati e conservati.
UNITA’ 1
PARTE 7 GLI ANIMALI
Fauna è un termine collettivo utilizzato per indicare l'insieme delle specie animali che
risiedono in un dato territorio o in un particolare ambiente, oppure appartenenti ad un
determinato taxon o viventi in un preciso periodo storico o geologico. Il nome deriva
dall'omonima figura mitologica, la dea romana Fauna. Il termine corrispondente usato
in botanica per le piante è la flora.
Sebbene la definizione sopra indicata sia la più diffusa e comunemente accettata,
molti studiosi sono concordi con il pensiero di La Greca, secondo cui, in senso
scientifico e naturalistico, il concetto di fauna risulta essere molto più complesso e ne
offre una definizione più dettagliata che può essere presa come spunto per ulteriori
analisi e riflessioni:
"La fauna è costituita dall'insieme di specie e di popolazioni animali, vertebrati ed
invertebrati, residenti in un dato territorio, stanziali o di transito abituale, ed inserite
nei suoi ecosistemi; essa, costituitasi in seguito ad eventi storici (paleogeografici e
paleoclimatici), comprende le specie autoctone e le specie immigrate divenute ormai
indigene, come pure le specie introdotte dall'uomo o sfuggite ai suoi allevamenti ed
andate incontro ad indigenazione, perché inseritesi autonomamente in ecosistemi
appropriati; non fanno parte della fauna gli animali domestici e di allevamento."
Questa definizione di fauna si basa su tre aspetti fondamentali che la caratterizzano: la
dinamicità, la storicità e l'interattività.
La fauna di un territorio, infatti, non è statica ma dinamica, cioè muta col trascorrere
del tempo a causa dei processi di estinzione, evoluzione, speciazione e sostituzione,
determinati da fattori naturali e, in tempi storici, sempre più antropici. La fauna
attuale può essere così considerata il residuo di faune del passato, ognuna con una sua
storia ben precisa e strettamente connessa agli eventi paleogeografici (movimenti
tettonici, vulcanismo, evoluzione geomorfologica, pedogenesi, ecc.) e paleoclimatici
(varazioni del clima, aridità, glaciazioni ecc) avvenuti in quel territorio.
Molto importante è anche l'interattività: per appartenere ad una fauna una specie o una
popolazione deve far parte integrante dell'ecosistema che la ospita, si deve
automantenere e trovare perfettamente inserita in una catena alimentare e quindi
all'interno di quei flussi energetici che regolano gli equilibri di quell'ecosistema. Per
questo motivo ne fanno parte soltanto le specie stanziali o di transito abituale (animali
migratori che ritornano in quel luogo più o meno regolarmente) e sono da escludere le
specie avvistate eccezionalmente e le forme domestiche e di allevamento, elementi
estranei ai meccanismi regolatori di quella biocenosi. Il concetto di fauna, inteso
sempre scientificamente, equivale pertanto al termine di "fauna selvatica", poiché, per
i motivi appena citati, non può esistere una "fauna domestica".
Gli elementi costituenti la fauna di un territorio possono così essere distinti in due
categorie:
le
specie
autoctone
e
le
specie
indigenate.
Le specie autoctone sono quelle originariamente presenti nella regione, che hanno
quindi subito una speciazione in situ a partire da elementi forniti dal territorio stesso.
Appartengono
a
questa
categoria
le
specie
endemiche.
Le specie introdotte sono quelle originatesi in altri regioni e che, successivamente,
sono immigrate in quel territorio, trovando degli ecosistemi adatti al proprio
mantenimento ed inserendosi nei flussi energetici che ne regolano l'equilibrio.
L'introduzione può avvenire naturalmente (una specie che allarga il suo areale) o per
cause antropiche. Quest'ultime possono essere suddivise in:
•
•
accidentali - animali che sfuggono agli allevamenti (ad es. la nutria e il visone
americano per la fauna italiana)
intenzionali - come il Persico trota e le numerose specie ittiche importate dal
nord America e altri continenti per popolare le acque interne italiane per la
pesca sportiva e a pagamento.
Un'ultima analisi della definizione di La Greca, ci permette di notare come sia stata
volontariamente sottolineata la presenza degli invertebrati all'interno dell'assetto
costitutivo di una fauna. Questa ridondanza (gli invertebrati sono già inclusi nella
definizione di animali) deriva dalla speranza di poter smontare una concezione
sbagliata che in passato (e soprattutto in Italia) ha portato, in ambito legislativo, ad
ignorare l'importanza degli insetti e di altri invertebrati nel caratterizzare le comunità
animali, focalizzando l'attenzione soltanto sui vertebrati e sulle relative esigenze
riguardanti le attività di caccia e di pesca.
UNITA’ 1
PARTE 8
L’AGRICOLTURA
L'agricoltura è l'attività economica che consiste nella coltivazione di specie vegetali.
La finalità principale dell'agricoltura è quello di ottenere prodotti delle piante da
utilizzare a scopo alimentare o non, ma sono possibili anche altre finalità che non
prevedano necessariamente l'asportazione dei prodotti.
Tradizionalmente, nella cultura italiana, l'agricoltura è popolarmente riferita allo
sfruttamento delle risorse vegetali a fini alimentari, mentre lo sfruttamento delle
corrispondenti risorse di origine animale, l'allevamento, ne è quasi ritenuta antitetica,
riflettendo il secolare dualismo pastore-contadino. A fini scientifici e giuridici,
comunque, entrambe le materie sono comunemente riunite nella più vasta accezione
di agricoltura, che abbraccia la coltivazione delle piante (arboree, erbacee),
l'allevamento degli animali e lo sfruttamento delle foreste.
I fattori naturali della produzione vegetale sono i seguenti:
•
•
•
•
Fattori biologici intrinseci: sono tali le basi genetiche che influenzano
l'anatomia, la morfologia (biologia) e la fisiologia delle singole specie agrarie
e le caratteristiche specifiche dei loro prodotti.
Fattori biologici estrinseci: sono tali le relazioni ecologiche che si instaurano
fra le specie agrarie e gli altri organismi viventi (piante, animali,
microrganismi) che popolano l'ecosistema naturale, con interazioni di
competizione, predazione, parassitismo, simbiosi, neutralismo, ecc.
Fattori climatici: sono tali i fenomeni dovuti all'interazione dell'atmosfera e
del sole con la superficie terrestre nelle sue diverse componenti (litosfera,
idrosfera, biosfera). I principali fattori climatici che influenzano la produzione
vegetale sono la radiazione solare, la temperatura, le precipitazioni o
idrometeore, il vento, l'umidità atmosferica, l'evapotraspirazione, la
composizione chimica dell'aria. Di minore rilevanza diretta è invece la
pressione atmosferica.
Fattori pedologici: sono tali i fenomeni dovuti all'interazione del terreno con
l'idrosfera, l'atmosfera, il sole, l'idrosfera e la biosfera. Il terreno è un ambiente
complesso, derivato dalla pedogenesi, generato dall'equilibrio fra la litosfera e
gli altri elementi che interagiscono sulla superficie terrestre. Sono fattori
pedologici le proprietà fisiche del terreno, le proprietà chimiche, le proprietà
biologiche, che nel complesso concorrono a determinarne la fertilità.
A differenza della semplice raccolta dei prodotti naturali della terra, l'agricoltura è una
tecnica che interviene modificando i fattori naturali della produzione vegetale allo
scopo di incrementare, in qualità e quantità, il prodotto. La raccolta, infatti, sfrutta la
produzione naturale del tutto subordinata alle esigenze specifiche delle piante e alle
dinamiche dell'ecosistema senza alcun intervento dell'uomo. L'agricoltura prevede
invece l'intervento dell'uomo nel correggere, a suo favore, le condizioni intrinseche ed
estrinseche che determinano la produzione vegetale.
Gli interventi dell'uomo che concorrono a delineare un'attività agricola,
distinguendola da quella della semplice raccolta, sono ad esempio i seguenti:
•
•
•
•
Interventi sui fattori biologici intrinseci: sono tali ad esempio la selezione, il
miglioramento genetico, le biotecnologie, l'ibridazione, la potatura, l'innesto,
la densità di piantagione. Nel complesso questi interventi concorrono a
indirizzare la naturale tendenza produttiva delle singole specie agrarie verso
specifiche esigenze dell'uomo.
Interventi sui fattori biologici estrinseci: sono tali ad esempio il diserbo, la
fitoiatria e la difesa dei vegetali in senso lato, che mirano a contenere i
fenomeni di antagonismo biologico, altri come la consociazione o forme più o
meno avanzate di biotecnologia (micorrizazione, batterizzazione e altre forme
di inoculo di organismi simbionti), mirano a promuovere fenomeni di sinergia
biologica. Altri ancora, come l'avvicendamento colturale, hanno un ruolo
complesso nel determinare l'equilibrio fra antagonismi e sinergie.
Interventi sui fattori climatici: sono tali ad esempio gli apprestamenti protettivi
mirati a ridurre l'influenza negativa del clima o potenziarne quella positiva
fino a correggere drasticamente uno o più fattori. Sono interventi sui fattori
climatici l'allestimento di frangiventi, di opere di protezione dal freddo (serra,
tunnel, pacciamatura, ecc.), l'irrigazione. Meno palese è il ruolo svolto da altre
pratiche agricole in quanto si tratta di forme di adattamento a condizioni
climatiche esistenti: sono tali la scelta dell'epoca di semina, il trapianto, la
scelta varietale, la densità di piantagione, l'orientamento dei filari, alcune
lavorazioni del terreno, ecc.
Interventi sui fattori pedologici: sono i più complessi perché trattasi di azioni
che possono modificare contemporaneamente differenti proprietà del terreno.
Sono tali le lavorazioni del terreno, che influenzano principalmente (ma non
solo) le proprietà fisiche, la fertilizzazione, che influenzano principalmente le
proprietà chimiche ma hanno un ruolo non secondario anche su quelle fisiche
e biologiche, l'irrigazione, che influenza le proprietà fisiche, chimiche e
biologiche, ecc.
L'agronomia è una scienza applicata che studia il ruolo dei singoli fattori della
produzione vegetale e le interazioni reciproche, elabora le tecniche agricole con il
coordinamento dei fattori a differenti livelli, al fine di ottimizzare la produzione ai fini
economici. Per estensione agronomia e agricoltura sono talvolta usati come sinonimi,
tuttavia, a rigore l'agronomia è una scienza applicata collegata alle altre scienze
(biologia, chimica, fisica, geologia, ecc.), il cui ambito principale d'applicazione è
l'agricoltura. L'agricoltura è invece un insieme di tecniche che riassumono le
conoscenze empiriche tramandate di generazione in generazione in una pratica
millenaria e quelle tecniche fornite dalla ricerca scientifica in campo agronomico. Le
varie forme di agricoltura derivano dal ruolo ponderale che hanno, da un lato,
l'agronomia e, dall'altro, la tradizione.
UNITA’ 1
PARTE 9
L’INDUSTRIA
L'industria appartiene al settore secondario ed esercita un'attività di trasformazione
delle materie prime in semilavorati o prodotti finiti.
Il termine industria deriva dal latino industria (-ae), ovvero operosità, attività,
diligenza, che, a sua volta, viene da endo- (dentro) e -struo (costruisco).
Scopo principe dell'industria è il produrre al meglio ed al miglior rapporto
costo/beneficio il bene richiesto.
In economia rappresenta l'insieme dei settori di un sistema preposto alla produzione di
beni materiali e servizi su larga scala, utilizzando gli studi e/o i contributi prodotti
principalmente dagli studiosi di economia industriale ed economia aziendale.
Secondo l'economia tradizionale, il prodotto dell'industria è anche definito "bene
secondario", rispetto al "bene primario" dell'agricoltura e a quello "terziario" dei
servizi, di recente sviluppo.
L'industria si suddivide in molteplici settori, ognuno con una propria specializzazione
ed è in costante mutamento adattandosi di volta in volta alle esigenze del consumo ed
alle nuove tecnologie di produzione.
Di solito le industrie dovrebbero seguire la vocazione del territorio al fine di avere un
impatto minimo sul territorio stesso, per questo chi governa dovrebbe fare dei piani di
industrializzazione razionali al fine di ottenere il massimo da un territorio senza per
questo rovinare il suo equilibrio ecologico ed ambientale. Il problema è che poiché le
industrie sono agganciate alla logica del profitto, non sempre quest'ultimo è in
armonia con il territorio. Si è detto prima che scopo dell'industria è il produrre al
miglior rapporto costo/beneficio, che in termini economici significa col massimo
profitto a parità di spesa: ed è questa la vocazione dell'industria che non sempre
coincide con quella del territorio. In un sistema di economia dirigista l'industria,
svincolata dalla logica del profitto, può essere indirizzata al meglio. Le industrie
infatti portano lavoro sia diretto che nell'indotto ma necessitano di forti infrastrutture,
quindi per costruire un sito industriale è necessario fare prima uno studio di fattibilità.
Alcune branche importati dell'industria sono: industria meccanica, industria
automobilistica, industria aeronautica, industria elettronica, industria alimentare,
industria chimica, industria tessile, industria mineraria, etc.
Il termine industria indica un sistema di processo il quale partendo da un prodotto
detto "primo" (grezzo) se ne produce un "secondo" (manufatto) con un valore
aggiunto.Il valore aggiunto, in breve, è proprio quello che il processo produttivo
attraverso la tecnologia dà, trasformando il prodotto grezzo in un prodotto rifinito,
pronto per essere introdotto nella filiera di distribuzione. In definitiva, l'industria è un
sistema organizzato per produrre ricchezza, costituita appunto dal valore aggiunto.
UNITA’ 1
PARTE 10
IL TERZIARIO
Il terziario è il settore economico in cui si producono o forniscono servizi e
comprende tutte quelle attività complementari e di ausilio alle attività dei settori
primario (agricoltura) e secondario (industria) che vanno sotto il nome di servizi. In
sostanza si occupa di prestazioni immateriali le quali possono essere incorporate o
meno in un bene.
Il settore terziario si può suddividere in tradizionale, comprendente servizi
tradizionalmente presenti praticamente in ogni epoca e cultura, e avanzato,
caratteristico degli ultimi decenni. Se in un'economia poco sviluppata esistono
senz'altro attività di questo settore (si pensi ai servizi alberghieri), la società in cui si
sviluppa il settore terziario avanzato offre servizi sempre più complessi.
Attività economica del settore terziario:
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•
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servizi a rete, cioè trasporti e comunicazioni;
servizi commerciali;
gastronomia, turismo, ospitalità;
servizi assicurativi e bancari;
attività amministrativa degli organi di stato;
servizi avanzati, come fornitura di attrezzature, macchinari e beni, informatica,
ricerca e sviluppo, consulenza legale, fiscale e tecnica, analisi e collaudi,
formazione, marketing.
Se da una parte la moderna società dei servizi è caratterizzata da un aumento
massiccio della produttività, va d'altro canto incontro a nuovi problemi come quelli
relativi all'invecchiamento della popolazione.
Servizi di consulenza e di elaborazione delle informazione, di solito tipiche del
terziario avanzato, vengono sempre più spesso considerate a parte, sotto il termine di
settore quaternario. Si tratta di un neologismo sempre più diffuso.
La produzione (o erogazione) dei servizi presenta alcune caratteristiche particolari che
influenzano direttamente l'assetto organizzativo e le metodologie di controllo (di
gestione) che le aziende devono adottare.
Particolare importanza riveste la gestione del rapporto con il cliente a causa del
frequente caso del contatto diretto tra l'erogazione (o produzione) del servizio ed il
cliente fruitore dello stesso.
Per questo motivo si assiste ad una percezione di deterioramento della qualità del
servizio quando il rapporto di fiducia del cliente è compromesso dalla scarsa
attenzione verso le esigenze, anche immateriali, che il cliente stesso si attende dal
rapporto contrattuale posto in essere. Di contro, buoni risultati di miglioramento si
possono ottenere coinvolgendo (maggiormente) il cliente nel processo produttivo
inducendolo a collaborare nella sua realizzazione. Ciò è dovuto al fatto che il cliente
nei servizi fa parte del processo produttivo, a differenza della produzione primaria o
secondaria.
Per loro natura i servizi richiedono un diverso approccio organizzativo a causa,
principalmente, del fatto che non è possibile separare il momento della produzione dal
momento della erogazione/fruizione.
Questo fa sì, che non si possa, in caso di ciclo negativo delle commesse, lavorare per
il magazzino ovvero produrre ugualmente i servizi ed immagazzinarli in attesa della
ripresa del mercato, finanziandosi con riserve o ricorrendo al credito. Infatti non è
possibile, ad esempio, immagazzinare clienti già trasportati da parte di un'impresa di
trasporti o clienti già mangiati da parte di un servizio di ristorazione.
Nella conduzione dell'impresa del terziario è necessario adottare metodi e sistemi
organizzativi che massimizzino la flessibilità dell'utilizzo delle risorse per adeguarle il
più possibile alle fluttuazioni cicliche o stagionali e al variare delle preferenze della
clientela. Quando il settore in cui un'azienda opera richiede forti investimenti in mezzi
e impianti fissi, ad esempio nei trasporti (di ogni tipo), la fluttuazione ciclica o la
variazione congiunturale del mercato di riferimento, generano forti influenze negative
sul conto economico. In questi casi, un diffuso comportamento delle aziende, è di
reagire alle fluttuazioni del mercato agendo sugli altri fattori di flessibilità: personale,
approvvigionamenti e subfornitori. Le azioni intraprese producono - quasi sempre un effetto di sensazione di peggioramento del servizio che viene percepito dai clienti;
si innesca, così, un circolo vizioso difficile da interrompere e da invertire se non a
prezzo di una operazione forte che coniughi: lungimiranza, leadership, investimenti e
comunicazione.
UNITA’ 1
PARTE 11
IL POPOLAMENTO TERRESTRE
In ecologia si definisce popolazione l'insieme degli individui della medesima specie
che popolano lo stesso habitat o area considerata.
La popolazione animale numericamente sopravanza notevolmente quella umana e si
riferisce tipicamente ad una dimensione globale.
In geografia è il numero di abitanti di una località o regione.
Le caratteristiche numeriche dei sottoinsiemi (p.e. le etnie) possono far parte della
descrizione della voce popolazione.
Eventuali variazioni di popolazione attraverso il tempo sono oggetto di studio della
demografia.
La storia della popolazione mondiale
La popolazione del nostro pianeta ha raggiunto i 6 miliardi di abitanti nel 2000. Si
suppone che la popolazione della terra sfiorerà gli 8 miliardi entro il 2025. In realtà
non è possibile prevedere con sufficiente esattezza quali mutamenti economici, sociali
e culturali si verificheranno nel mondo nel lungo periodo. La crescita della
popolazione è caratterizzata da ritmi molto elevati negli ultimi due secoli e solo negli
ultimi decenni ha rallentato (o si è quasi arrestata) nei paesi sviluppati e accenna a
rallentare in alcuni fra i paesi meno sviluppati pur rimanendo globalmente ingente. In
passato, la crescita è stata generalmente più lenta ma ha comunque conosciuto dei
cambi di velocità.
Non è facile ricostruire con esattezza la storia della popolazione mondiale. Oggi, in
quasi tutti i paesi del mondo si svolgono più o meno regolarmente (in Italia, a partire
dal 1861, ogni dieci anni) dei censimenti della popolazione che i governi organizzano
con grande impegno. Tuttavia, ancora oggi, non dappertutto i censimenti si svolgono
con la necessaria regolarità. Per esempio, ci sono paesi nei quali non vengono eseguiti
perché un gruppo dominante religioso, etnico, linguistico, sociale vuole nascondere il
fatto che un altro gruppo è cresciuto di più e potrebbe quindi avanzare delle
rivendicazioni. Ma, soprattutto, il censimento generale della popolazione, eseguito
con metodi scientifici, è uno strumento moderno che si è affermato negli ultimi due
secoli (anche se non mancano illustri precedenti nella Roma antica o nell'impero
cinese).
Una decisa ripresa, con l'inizio di un altro balzo, si ebbe verso la fine del Settecento.
In poco meno di due secoli, fra il 1800 e il 1992, la popolazione del mondo si è quasi
sestuplicata. Ma la crescita non è stata uguale per tutti i continenti. In Europa la
popolazione è cresciuta di circa tre volte e mezzo; in Asia, di cinque volte; in Africa,
di più di sei.
Le Americhe fanno storia a sé. Conobbero un pauroso declino demografico fra il
Cinquecento e il Seicento, dopo la conquista europea, quando le popolazioni native
vennero sterminate soprattutto dalle malattie arrivate dall'Europa. Ancora all'inizio
dell'Ottocento, le Americhe non ospitavano più di 24 milioni di persone. Questa cifra
si è moltiplicata per più di 30 in meno di due secoli a causa dell'arrivo in America di
coloni europei. In particolare l'America Latina è passata da 19 milioni di abitanti nel
1800 a 543 nel 2003.
La popolazione è distribuita in modo non uniforme sulla Terra
Quasi tutta l'umanità vive concentrata su poco più di un sesto delle terre emerse.
Alcuni fattori hanno condizionato in passato, e in parte condizionano ancora oggi, il
popolamento.
In effetti, la distanza dall'Equatore porta verso le regioni a clima temperato e
monsonico dove si concentra una buona parte dell'umanità. Sono le regioni in cui
l'agricoltura si è sviluppata con buoni risultati fin dall'antichità. Verso i Poli, per il
grande freddo, la popolazione diminuisce rapidamente.
Un secondo fattore è la distanza del mare e dei grandi corsi d'acqua. In tutti i
continenti il popolamento è molto elevato lungo le coste dei mari e degli oceani,
mentre diminuisce man mano che ci si allontana dalla costa e dall'acqua. Un terzo
fattore è l'altitudine. Il popolamento più fitto si trova nelle aree di pianura, mentre le
montagne e gli altopiani elevati, freddi e di difficile coltivazione, hanno sempre
respinto gli uomini.
Infine, gli insediamenti dipendono dalle risorse che ogni ambiente offre e che gli
uomini sono in grado di sfruttare. In effetti, le steppe aride, i terreni gelati, i luoghi
desertici e privi di vie d'acqua, i territori scarsi di risorse alimentari hanno in passato
respinto gli uomini. Oggi il popolamento dipende, per le diverse forme che assume,
anche dal grado di sviluppo economico delle varie aree del mondo.
Si può dire che il mondo sia diviso da una linea immaginaria, orizzontale, che separa
le nazioni ricche ed evolute nel Nord e quelle povere e in via di sviluppo nel Sud della
Terra. Le differenze nel livello di vita generano flussi migratori dai luoghi più miseri
verso quelli più ricchi. Questo fenomeno accade anche all'interno di ogni stato, ricco
o povero: le popolazioni tendono in genere a concentrarsi nelle aree urbane,
abbandonando così le campagne.
Dove la Terra è molto popolata
L'emisfero boreale è più popolato di quello australe. Però aree molto abitate si
alternano ovunque ad aree poco popolate. La maggior densità demografica si trova in
tre aree.
La prima è situata in Asia e si estende tra la pianura del fiume Indo e quella del fiume
Gange includendo Pakistan, India e Bangladesh, dove vivono oltre un miliardo di
persone; dall'altro lato sono intensamente popolate aree della Cina e del Giappone e,
più a Sud, dell'Indocina e dell'Indonesia. In totale, l'area monsonica asiatica accoglie
più della metà della popolazione mondiale. L'insediamento umano risale a migliaia di
anni fa, quando si svilupparono antiche civiltà dedite alla coltivazione del riso, che
ancora oggi è la risorsa alimentare di base delle popolazioni asiatiche.
La seconda area con elevate densità abitative è l'Europa, e in particolar modo l'Europa
occidentale. La zona può includere anche la Turchia, a volte considerata parte
dell'Europa a volte no, ma in questo caso facente parte di quest'area ad elevata densità
abitativa; area che passa gli 800 milioni di abitanti.
Una terza area fittamente abitata è l'America Settentrionale, in particolar modo la
parte orientale della stessa, dove, oltre che per il clima temperato e le favorevoli
risorse ambientali, la popolazione è cresciuta per motivi storici derivanti sia
dall'immigrazione europea sia dallo sviluppo industriale e urbano. Non comparabile
comunque la densità abitativa di quest'area alle prime due.
Dove la terra è poco popolata
Ci sono spazi immensi dove gli uomini abitano poco o nulla. Si tratta di luoghi
bellissimi, necessari all'equilibrio globale della Terra, ma inospitali. Però anche in
queste zone vi sono insediamenti di popolazioni che hanno saputo convivere con le
difficilissime condizioni di vita. Le foreste tropicali, per esempio, hanno un clima
caldo-umido, il suolo è invaso da una fittissima vegetazione spontanea e nelle
vastissime paludi ci sono insetti che rendono l'ambiente malsano (zanzare portatrici di
malaria, di febbre gialla ecc.). Tuttavia, anche in questo ambiente si sono insediate
varie popolazioni, molte delle quali rischiano oggi l'estinzione per la distruzione del
loro habitat provocata dallo sfruttamento delle risorse di quelle terre vergini. Le zone
aride e desertiche hanno piogge così scarse che i lunghi periodi di siccità rendono
quasi impossibile l'agricoltura. Anche qui, tuttavia, sono riusciti a vivere popoli in
grado di sfruttare le misere coltivazioni delle oasi e popoli nomadi, dediti alla
pastorizia e al commercio (come i Tuareg del Sahara). Le zone montane offrono un
habitat adatto all'uomo solo alle quote inferiori ai 2000 metri. Vi sono però popoli che
vivono sull'altopiano del Tibet, in Asia, a più di 5000 metri di quota, testimoni, con i
loro templi, di civiltà antichissime; inoltre, le popolazioni andine abitano gli altopiani
della Cordigliera delle Ande a oltre 4000 metri di altezza. Gli immensi spazi glaciali
dell'Artide e dell'Antartide, fondamentali per la regolazione del clima della Terra,
sono inospitali, anche se nelle regioni artiche del Canada, dell'Europa e della
Groenlandia vivono le popolazioni Inuit e lappone, organizzate in piccole comunità
dedite alla caccia e alla pesca.
Gli uomini si concentrano nelle città
La crescita delle città costituisce uno dei fenomeni più importanti della nostra epoca:
in tutto il mondo la popolazione tende a concentrarsi negli insediamenti urbani e già
oggi più della metà degli abitanti della Terra vive nelle città, mentre all'inizio del
1800 i cittadini erano solo 5 persone ogni 100.
Nei paesi sottosviluppati, la popolazione urbana cresce a un ritmo tre volte superiore
rispetto ai paesi sviluppati. C'è però una grande differenza tra quanto accade nei paesi
ricchi e in quelli poveri. Nei paesi ricchi l'urbanizzazione è frutto dello sviluppo: le
città offrono posti di lavoro e un modo di vita per molti più interessante. Dove la
società è più ricca ed evoluta si sta anzi delineando una tendenza contraria: attività
industriali, aree commerciali e zone residenziali si spostano dalla città verso altri
luoghi. È il decentramento urbano. Numerose fabbriche sono sorte in zone agricole,
perché le reti telematiche e i trasporti veloci tendono ad annullare le distanze. In aree
extraurbane, talvolta in aperta campagna, sono sorti grandi centri commerciali e
insediamenti residenziali. Nei paesi poveri, invece, le grandi masse che si accalcano
nelle sterminate periferie delle città, inseguono solo la speranza, spesso solo illusoria,
di migliorare la propria esistenza.
Le grandi concentrazioni urbane
Si definisce metropoli quella città che estende la propria influenza a vaste regioni che
la circondano: la metropoli di Houston, in USA, si estende per 1500 chilometri
quadrati, quella di Pechino, in Cina, per 16000. Le metropoli hanno una popolazione
elevata, spesso superano i 10 milioni di abitanti, e un'alta densità di abitanti (per
esempio, 14000 abitanti per chilometro quadrato a Tokyo).
Diversa dalla metropoli è la conurbazione, che si è realizzata dove i centri urbani, con
le proprie cinture di città satelliti, si sono congiunti senza perdere la propria identità e
autonomia. La conurbazione è una configurazione territoriale più vasta e complessa di
una singola città. Nelle regioni in cui diverse conurbazioni si sono saldate, si sono
formate le megalopoli, costituite da serie di città di varie dimensioni, tra cui si
allargano anche aree non edificate ricoperte di boschi e parchi, zone agricole dove si
coltivano ortaggi e frutta destinati al consumo degli abitanti. Il territorio della
megalopoli è molto articolato e alterna aree urbane a spazi agricoli, industriali,
ricreativi.
La più grande megalopoli si è formata nel Nord-Est degli Stati Uniti, sulla costa
atlantica, lungo l'asse Washington - Boston. Essa è lunga circa 600 chilometri, larga
circa 200. Conta circa 50 milioni di abitanti, con una densità media di 300 persone per
chilometro quadrato. Comprende altre importanti città come New York, Filadelfia,
Baltimora: in totale 30 aree urbane. La megalopoli chiamata "San San" da San
Francisco a San Diego, si affaccia per 800 chilometri di lunghezza sulla costa
dell'Oceano Pacifico, in California. La megalopoli di Chippitts, da Chicago a
Pittsburgh, è disposta invece lungo i grandi laghi centrali. Una grande megalopoli è
quella del Tokaido, in Giappone. Anch'essa è sorta lungo il mare e si sviluppa per
circa 300 chilometri.
La città nei paesi sottosviluppati
Molte città dei paesi sottosviluppati hanno un'origine coloniale e furono fondate dagli
europei dal nulla o sostituendo gli insediamenti precedenti. Queste città sorsero lungo
le coste o sulle foci dei grandi fiumi perché servivano da punti di raccolta delle
materie prime che provenivano dall'interno. Perciò le attività urbane si concentravano
intorno alle funzioni del commercio e del trasporto delle merci. Nei centri cittadini
abitavano gli europei, e alcune famiglie ricche locali associate alle attività dei
conquistatori. I centri storici sono quindi molto simili a quelli delle città europee,
soprattutto nell'America Meridionale, dove giunse l'azione colonizzatrice della
Spagna e del Portogallo. Le città dei paesi sottosviluppati sono divise in due settori
del tutto diversi. C'è il settore moderno, con alcuni grattacieli, sedi normalmente di
banche o compagnie internazionali, strade ampie e intasate di traffico, alberghi di
lusso per i turisti stranieri. Nel settore tradizionale della città, invece, le case sono
malandate, pullulano gli artigiani, i lustrascarpe, i piccoli commercianti adagiati sugli
scalini di qualche casa. Colori, odori, oggetti di ogni tipo si mescolano e la confusione
è sempre grandissima. La pulizia delle strade è scarsa e le auto circolanti sono vecchie
e malandanti. La maggior parte della popolazione vive negli insediamenti abusivi che
circondano l'area edificata centrale. Si tratta di costruzioni temporanee, innalzate dagli
abitanti stessi e fatte con mezzi di fortuna: lamiere ondulate, cartone, legno, ferro,
taniche di plastica. Mancano l'acqua corrente, le fognature, la scuola, i negozi
alimentari; quasi sempre c'è però un televisore! Sono le baraccopoli che prendono
nomi suggestivi: favelas in Brasile, callampas in Cile, villas miseria in Argentina,
bustess in India. Queste periferie brulicanti sono estesissime e ospitano più di metà
della popolazione urbana dei paesi sottosviluppati.
Le dinamiche demografiche
La Terra non è sempre stata popolata come oggi. All'inizio del 1900, il nostro pianeta
aveva circa un miliardo e seicento milioni di abitanti. La popolazione mondiale per
migliaia di anni era rimasta stazionaria: poi si è avviata una lenta crescita proseguita
con alti e bassi fino al 1700. In seguito è diventata sempre più intensa e oggi esiste il
problema della crescita eccessiva. Normalmente la popolazione cresce di più dove le
risorse sono abbondanti e dove l'economia più sviluppata ha migliorato le condizioni
di vita. Infatti, nel corso della storia i grandi mutamenti hanno avuto profonde
conseguenze sul movimento demografico.
L'agricoltura
Fra i 7 e gli 11 mila anni fa venne fatta una delle più rivoluzionarie invenzioni:
l'agricoltura. Per coltivare i campi, gli uomini abbandonarono il nomadismo e
divennero sedentari. A causa dell'agricoltura e dell'allevamento fu possibile garantire
una base alimentare a un maggior numero di persone e la popolazione della Terra
raggiunse, duemila anni fa, i 200 milioni di abitanti. Lo sviluppo dell'agricoltura
permise anche la nascita delle prime città, la cui sopravvivenza era garantita proprio
dalle risorse agricole.
La Rivoluzione industriale
Nei secoli successivi la popolazione della Terra ebbe oscillazioni dovute all'alternarsi
di periodi di benessere e periodi di carestia. Fame, pestilenze, e guerre avevano
decimato le popolazioni. Ma intorno alla metà del 1700 la situazione cambiò
radicalmente perché allo sviluppo dell'agricoltura si unì la Rivoluzione industriale. In
Europa e nell'America Settentrionale, pur tra molte disparità sociali, i progressi
dell'industria migliorarono le condizioni di vita delle famiglie: le abitazioni
diventarono più calde e igieniche, l'alimentazione più varia e completa, le carestie più
rare. In seguito, la medicina fece passi da gigante e diminuì la mortalità, sia quella
assoluta sia quella durante il primo anno di vita. Fino agli anni recenti, la crescita
della popolazione è avvenuta nei paesi in cui lo sviluppo economico era maggiore.
Nati e morti nei paesi ricchi
Nei paesi ricchi le condizioni di vita sono migliori. La popolazione vive più a lungo e
la durata media della vita supera i 70 anni. La mortalità è bassa, inferiore ai 10 per
mille, il che significa che su mille abitanti ogni anno ne muoiono meno di dieci. Una
bassa mortalità dovrebbe provocare un aumento della popolazione. Invece nei paesi
ricchi non avviene così, perché un altro fenomeno contrasta questo aumento: le coppie
decidono di avere pochi figli e le famiglie sono piccole. Per via della ridotta natalità,
in assenza di flussi migratori in ingresso, la situazione demografica potrebbe
peggiorare con una riduzione della popolazione presente sul territorio, dando vita a
pericolosi mutamenti sociali ed economici. Un altro fenomeno, dovuto
all'innalzamento della speranza di vita, è l'invecchiamento della popolazione, cioè la
crescita del numero delle persone anziane rispetto a quelle giovani. L'aumento degli
anziani provoca conseguenze sociali importanti e richiederà presto l'implementazione
di correttivi per riequilibrare la distribuzione dei carichi di lavoro e delle risorse.
Nati e morti nei paesi sottosviluppati
Nei paesi più poveri, sia la mortalità sia la natalità sono molto elevate. In molti stati
dell'America Meridionale, dell'Africa, dell'Asia la natalità supera il 30 per mille. La
mortalità rimane alta, malgrado i progressi della medicina, e la durata della vita
media, che non supera i 50 anni, è molto più breve di quella dei paesi ricchi. Su questi
valori bassi incide la mortalità infantile, provocata dall'insufficiente nutrizione e dalla
scarsa igiene durante il periodo dello svezzamento. Tuttavia la popolazione cresce a
ritmi frenetici. In Brasile oltre un quarto degli abitanti ha meno di 15 anni e la
popolazione è, complessivamente, giovane. Il peso degli abitanti dei paesi in via di
sviluppo sull'intera popolazione della Terra è in forte crescita. L'incremento
demografico nei paesi poveri deriva dalle mancate rivoluzioni e cambiamenti culturali
e sociali (come il [femminismo] o la rivoluzione culturale del [1968]) o anche
solamente politiche degli stati atte a diminuire il numero della prole (vedasi la politica
del figlio unico in Cina) che hanno provocato nei paesi più un forte declino della
natalità. Per i paesi in via di sviluppo è stato più facile importare medicinali dai paesi
sviluppati che trasformare i propri modelli di vita legati a precise culture. Di notevole
importanza politica è l'aumento della popolazione nei paesi poveri in quanto potrebbe
portare a futuri conflitti per appropriarsi delle riserve idriche o alimentari (la
situazione dei paesi che si affacciano sul [Lago Vittoria] è particolarmente critica, in
questo senso). Tuttavia l'aumento della popolazione nei paesi in via di sviluppo non è
necessariamente un problema: il caso dell'India, che possiede la manodopera più
giovane del mondo, ne è l'esempio, con tassi di crescita economica del 9.4% nel 2007.
In un complesso mondiale comunque, nascono 3 individui ogni secondo e ne muoiono
circa 2,6.
Le politiche demografiche
I governi degli stati realizzano una politica demografica quando vogliono esercitare
un'influenza sulla struttura spontanea della popolazione per farla aumentare o per non
farla aumentare troppo. In alcuni paesi europei (Francia, Belgio, Germania, Paesi
Bassi), per esempio, i governi hanno incentivato le nascite con sostegni economici
alle famiglie numerose. In alcuni paesi in via di sviluppo, invece, si cerca di ridurre le
nascite. Per esempio, la Cina ha deciso di pianificare le nascite, anche perché ha una
popolazione che supera il miliardo di persone. Si è così passati a una media di sei figli
per donna a una media di tre e sono state approvate leggi che danno incentivi
economici alle famiglie con un solo figlio e invece impongono tasse o altre punizioni
alle famiglie che ne hanno tre o più.
UNITA’ 1
PARTE 12
LE MIGRAZIONI
I movimenti migratori - l'abbandono di un dato territorio, dove si è svolta la vita del
soggetto singolo o gruppo fino a quel momento, per insediarsi in modo permanente o
temporaneo in un altro territorio - sono antichi quanto la storia umana. Tali
movimenti possono avvenire entro i confini di un dato paese (emigrazione dal Sud al
Nord Italia) o tra due paesi (dall'Italia alla Germania o dalla Nigeria all'Italia). Le
migrazioni internazionali hanno raggiunto oggi dimensioni sconosciute nei secoli
precedenti, grazie in parte allo sviluppo dei mezzi di comunicazione e dei trasporti. La
maggior parte delle migrazioni, compresa la fuga dei rifugiati e richiedenti asilo,
avvengono in e tra paesi del Sud del mondo, paesi che dispongono di meno risorse per
assistere o agevolare l'inserimento dignitoso di un gran numero di persone che
migrano.
L’aumento delle superfici coltivate e l’urbanizzazione hanno ristretto il territorio delle
migrazioni interne. Il dibattito intorno alle cause delle migrazioni internazionali è
acceso e controverso. Secondo vari autori, possono essere interne ai Paesi di
emigrazione (cause di espulsione) o d’immigrazione (cause di attrazione). Le cause
che spingono ad abbandonare il proprio Paese sono molteplici:
* mancanza di prospettive per il futuro;
* peggioramento delle condizioni di vita;
* cause economiche;
* equilibrio nel mercato del lavoro;
* degrado ambientale;
* cause demografiche;
* disgregazione della struttura sociale tradizionale;
* instabilità politica;
* violazione dei diritti umani;
* trattati internazionali e confini arbitrari.
Le cause di attrazione verso un certo Paese sono altrettanto varie:
* aspettative di migliori condizioni di vita;
* presenza di opportunità di lavoro;
* minore densità demografica;
* cause psicologiche: curiosità e gusto per l’avventura;
* conoscenza di modelli di vita occidentali e di sviluppo industriale;
* maggiore modernizzazione;
* divario tecnologico.
Gli effetti delle migrazioni nelle zone di esodo possono essere diversi:
* squilibri tra le fasce d’età della popolazione;
* effetti economici: rimesse degli emigranti, alleggerimento del mercato del lavoro,
inflazione, nuovo mercato estero per i prodotti locali;
* abbandono delle aree agricole;
effetti sociali (diminuisce il conflitto ma aumenta la disgregazione);
* maggiori conoscenze acquisite da chi rientra in patria.
Nelle zone d’immigrazione questi effetti possono essere i seguenti:
* aumento demografico;
* effetti economici: gli immigrati spesso coprono settori abbandonati dalla
manodopera locale, favoriscono la flessibilità del lavoro impedendo a non poche
fabbriche di chiudere e risultando così funzionali al sistema economico * dei Paesi di
destinazione;
* conflitti tra generazioni;
* xenofobia;
* perdita dell’identità culturale.
Le alternative alle migrazioni sono legate agli investimenti economici e tecnologici da
parte dei Paesi industrializzati nel Terzo mondo e a un’appropriata politica
demografica da parte di quest’ultimo. Quel che è certo è che non vanno affatto
d’accordo il processo di integrazione economica globale e la mancata liberalizzazione
nella politica della circolazione delle persone, qualunque opinione si abbia su
entrambi i fenomeni.
Legati all'immograzioni si hanno vari fenomeni:
Assimilazione
L’assimilazione è un processo di abbandono della propria cultura, che ha per
conseguenza l’assunzione di modelli culturali peculiari della società ospitante. Frutto,
in principio, di una visione etnocentrica e coloniale e, più di recente, dell’appello a
principi egalitaristi, essa è generalmente naufragata contro il persistere di un’identità
etnica, intesa come risorsa organizzativa e canale di solidarietà.
Integrazione
L’integrazione è viceversa, secondo una definizione dell’Onu, un processo
progressivo verso la partecipazione attiva delle persone immigrate alla vita del loro
nuovo Paese di residenza, grazie a una conoscenza, un adattamento e una
comprensione reciproca da parte sia delle persone arrivate, sia di quelle autoctone.
Pluralismo culturale
Il pluralismo culturale è una vera e propria coabitazione tra culture diverse: si parla di
multiculturalità quando è un pluralismo fatto anche d’incomprensioni, rifiuti e
conflitti; d’interculturalità, al contrario, quando è capace di rispettare il mantenimento
delle differenze, i diritti umani e la legittimità di ogni cultura.
Profughi e rifugiati
Le persone profughe sono quelle costrette a lasciare il proprio Paese. Tra di esse,
l’UNHCR (Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati) considera rifugiato
(profughi e rifugiati) «chiunque, a seguito di un timore assai fondato di essere
perseguitato per motivi razziali, religiosi e nazionali, o perché appartiene a un
determinato gruppo sociale o professa certe opinioni politiche, vive fuori del territorio
della propria patria e si trova nell’impossibilità e persino, a causa dei suoi timori,
rifiuta di avvalersi della protezione della propria patria». I confini tra emigrato (scelta
volontaria), profugo (costretto per svariati motivi) e rifugiato (costretto perché
perseguitato) non sono sempre netti. Gli Stati tendono sempre più a considerare i
profughi e i rifugiati come migranti per motivi economici, in modo da assoggettarli
alle norme sull’immigrazione anziché a quelle sull’asilo, il che consente loro di
respingere o espellere i nuovi arrivati.
Secondo una stima delle Nazioni Unite, all'inizio del 1998 c'erano più di 120 milioni
di persone che vivevano in paesi diversi da quelli d'origine e 13 milioni di rifugiati
riconosciuti dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR);
l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) stima che le migrazioni
internazionali interessino circa 16 - 20 milioni di persone in Africa, 6 - 9 milioni in
Asia, 20 milioni in Europa escluse l'ex-URSS e l'ex-Iugoslavia, 15 - 17 milioni nel
Nord America, 7 - 12 milioni nell'America centrale e meridionale e 6 - 7 milioni
nell'Asia occidentale (stati arabi). Di fronte a questa dimensione del fenomeno, l'ONU
ha ritenuto opportuno ribadire che i diritti dei migranti sono diritti umani,
promuovendo ed approvando il 18 dicembre 1990 dall'Assemblea Generale la
"Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e
dei membri delle loro famiglie".
UNITA’ 2
PARTE 1
EUROPA
L'Europa è una regione geografica della Terra costituita principalmente da una
penisola situata nella parte occidente del continente Eurasia. In conseguenza a fattori
storico-culturali, è comunque considerata essa stessa un continente, benché fra i più
piccoli, la sua superficie infatti si estende per soli 10.400.000 km² (estensione soltanto
di poco superiore all'Oceania ed all'Antartide, i due continenti più piccoli della Terra)
popolati tuttavia da 800.000.000 di abitanti che la portano ad essere il terzo continente
più popolato (dopo l'Asia e l'Africa).
Il suo confine naturale è costituito per un lungo tratto dal mare: è delimitata a nord dal
mare Glaciale Artico, ad ovest dall'oceano Atlantico, a sud dal mar Mediterraneo, a
sud-est dal mar Nero e dal Caucaso, ad est dal mar Caspio, dalla catena montuosa
degli Urali e dal fiume Ural.
La storia europea e la sua cultura hanno influenzato notevolmente tutto il mondo
civilizzato. La posizione centrale dell'Europa, rispetto agli altri continenti, e la
penetrazione del mare hanno sempre favorito le comunicazioni fra le popolazioni
delle diverse regioni e le migrazioni verso le altre regioni del mondo. Il clima mite di
buona parte del continente, inoltre, ha fatto sì che divenisse densamente abitata.
L'origine del nome "Europa"
Il toponimo "Europa" viene dalla lingua greca (in greco: Ευρώπη) che significa "largo
viso" (probabilmente un appellativo della luna) ed era una figura della mitologia
greca. Europa era la figlia di Agenore re di Tiro, antica città fenicia e colonia greca in
area mediterraneo-mediorientale. Zeus, innamoratosi di questa, decise di rapirla e si
trasformò in uno splendido toro bianco. Mentre coglieva i fiori in riva al mare Europa
vide il toro che le si avvicinava. Era un po' spaventata ma il toro si sdraiò ai suoi piedi
ed Europa si tranquillizzò. Vedendo che si lasciava accarezzare Europa salì sulla
groppa del toro che si gettò in mare e la condusse fino a Creta. Zeus si ritrasformò in
dio e le rivelò il suo amore. Ebbero tre figli: Minosse, Sarpedonte e Radamanto.
Minosse divenne re di Creta e diede vita alla civiltà cretese, culla della civiltà
europea. Il nome Europa, da quel momento, indicò le terre poste a nord del Mar
Mediterraneo.
Nascita dell'Europa e degli europei
In epoca greca e romana l'Europa era un termine geografico indefinito, una terra a
nord del Mediterraneo, della quale non si conoscevano i confini settentrionali. Nella
ricostruzione del geografo greco Ecateo di Mileto (m. 480 a.C) la terra comprendeva
due continenti divisi dal Mediterraneo, centro del mondo: da una parte l'Europa
confinata a nord dalle sconosciute regioni iperboree; dall'altra l'Asia, nella quale erano
compresi anche l'Egitto e la Libia.
Assai raramente gli autori latini citano i termini "Europa" ed "europei". Il primo che
usa il termine con un significato assai pertinente alla fine del VI secolo fu l'abate
irlandese San Colombano, futuro fondatore dell'abbazia di Bobbio, che lo citò (tutus
Europae) in una delle lettere al papa Gregorio Magno. Anche il monaco Isidoro
Pacensis, usò il termine per indicare i soldati che sotto la guida di Carlo Martello,
avevano combattuto a Poitiers (prospiciunt Europenses Arabum tentoria, nescientes
cuncta esse pervacua). La battaglia aveva assunto infatti un grande valore simbolico:
l'Occidente cristiano idealmente rappresentato dall'Europa, che aveva fermato
l'espansione araba; e quindi Isidoro aveva usato l'aggettivo "europeo" per attribuire
un'identità collettiva ai guerrieri che avevano fermato gli invasori musulmani.
L'Europa diviene per la prima volta una concreta e nuova realtà politica con l'impero
di Carlo Magno. Tra la fine del VIII e l'inizio del IX secolo, alla fine di un trentennio
di guerre contro Longobardi, Avari, Sassoni e Slavi, nasce una nuova entità nella
quale convergono l'antica potenza di Roma, l'autorità spirituale del sommo pontefice e
la forza dei giovani popoli germanici. Carlo, un giovane condottiero franco fonda
l'Europa, che da generica espressione geografica diventa un grande Impero che usa la
stessa moneta, che adotta il latino come lingua ufficiale scritta e che professa una sola
religione.
UNITA’ 2
PARTE 2
ASIA
L'Asia, il più vasto dei continenti (la sua superficie è più di quattro volte quella
dell'Europa e pari a quasi un terzo di tutte le terre emerse), si presenta nel suo
complesso come una massa continentale di grandi dimensioni, ed è la sola tra le terre
emerse a essere bagnata da tre oceani: l'Oceano Atlantico (con il Mar Glaciale Artico
e il Mar Mediterraneo), l'Oceano Indiano e il Pacifico. La massa continentale si
spinge a sud con le tre grandi penisole dell'Arabia, dell'Indiana e dell'Indocinese. A
quest'ultima seguono, come prolungamento naturale, le isole dell'Indonesia, mentre
più a est, nell'Oceano Pacifico, vi sono grandi festoni di isole che, dalle Curili al
Giappone e alle Filippine, delimitano mari costieri. I punti estremi dell'Asia sono: A
nord Capo Čeljuskin, sulla costa siberiana (77° 40' latitudine nord); A sud Capo Buru,
all'estremità della penisola di Malacca (1° 16' latitudine nord); A ovest Capo Baba, in
Asia Minore (26° 5' longitudine est); A est Capo Orientale, sullo stretto di Bering
(170° longitudine ovest). L'asse nord-sud è di 8600 km ca., quello ovest-est di 9000
km ca. L'Asia è unita all'Europa, con la quale forma una sola massa continentale,
detta Eurasia, ed è unita anche all'Africa dall'istmo di Suez; è separata dall'America
settentrionale dallo stretto di Bering (largo 92 km); il complesso insulare indonesiano
la collega all'Australia.
L'Asia non è soltanto il continente più esteso della Terra, è anche quello in cui più
profondi sono i contrasti fisici, umani ed economici. Il monte Everest (8844,43 m) è il
punto più alto della Terra, mentre la fossa delle Marianne quello più profondo. L'Asia
si espande in tutte e tre le zone astronomiche dell'emisfero boreale: la glaciale, la
temperata e la torrida. Di conseguenza molto forti sono i contrasti climatici: nella
Siberia settentrionale, infatti, si registrano temperature sino a -70 °C (Verkhojansk e
Ojmjakon), mentre nel deserto di Lut, in Iran, si toccano i +54 °C all'ombra; ai piedi
dell'Himalaya, a Cherrapunji, cadono oltre 11.000 mm di pioggia all'anno, mentre
nelle aree desertiche interne del continente non piove quasi mai e vi è pochissima
umidità. In Asia si trova il più grande lago del mondo il mar Caspio (371.000 km²),
quello più profondo il Bajkal (1741 m), in Russia, e quello più depresso, il Mar Morto
(-395 m). Un fenomeno meteorologico stagionale che colpisce sporadicamente gran
parte dell'Asia Orientale durante i mesi primaverili è quello delle tempeste di polvere
asiatiche che si origina nei deserti della Mongolia, della Cina e del Kazakistan
settentrionale.
La grande varietà di climi causa le più svariate formazioni vegetali: dalla tundra e
dalla grande foresta di conifere (taiga) delle regioni settentrionali, alla vegetazione
tropicale delle
savane e delle foreste equatoriali. Inoltre dall'Asia sono pervenute la maggior parte
delle piante utili all'uomo, come il frumento, l'orzo, la fava, la lenticchia, il fagiolo,
l'olivo, la vite, la canna da zucchero ecc. Così pure ricca e variata è la fauna: dalla
renna e dagli animali da pelliccia al cammello, al cavallo, alla pecora, alla tigre, alla
pantera, al leone ecc.
Anche nel campo antropico si riscontrano grandi contrasti: l'Asia ha una popolazione
che rappresenta quasi i 3/5 della popolazione terrestre, ma distribuita in modo poco
uniforme: si passa dalle aree desertiche, praticamente disabitate, a quelle della costa
cinese, del Giappone e dell'Indonesia, dove si raggiungono i 1000 ab./km². Grandi
sono le differenze etniche
L'Asia è stata la sede delle prime più importanti e complesse manifestazioni culturali;
in Asia vennero probabilmente messi in atto i primi metodi di agricoltura e di
allevamento, fu inventata la metallurgia e sorsero i primi Stati; tutte le più importanti
religioni (giudaismo, cristianesimo, islamismo, induismo, buddismo) nacquero in
Asia e si diffusero in seguito in tutta la Terra. Negli immensi spazi asiatici sono sorti e
si sono sviluppati i più grandi imperi continentali che la storia ricordi: dal persiano,
all'arabo, al turco, al bizantino e tuttora enormi sono le dimensioni di alcuni Stati
asiatici, come la Cina, che si estende per oltre 9,3 milioni di km².
L'Asia è il continente con la maggiore altitudine media (960 m); dal punto di vista
geografico, può essere divisa in tre grandi regioni: la regione settentrionale,
pianeggiante, costituita dal bassopiano turanico-siberiano e dal tavolato siberiano; la
regione mediana, con i giganteschi sistemi montuosi; la regione meridionale,
frazionata in tre grandi penisole. Il fiume Jenisej divide in due parti il tavolato
siberiano: l'orientale (altopiano siberiano), con bassi rilievi che generalmente non
superano i 500 m, con alcune cime più elevate (monti Putorana, 2037 m; monti dello
Jenisej, 1122 m); l'occidentale (bassopiano siberiano), con terre pianeggianti divise
dal bassopiano turanico dalle alture della Chirghisia. La regione mediana dei grandi
sistemi montuosi comprende una fascia gigantesca di acrocori, altipiani e di catene
che si annodano nel Pamir, il "tetto del mondo".
Da occidente la grande fascia orografica presenta l'altopiano anatolico, con a nord i
monti Eusini e a sud il Tauro, l'Acrocoro Armeno, che raggiunge i 5165 m con il
monte Ararat, e si collega a nord con il sistema dal Caucaso formato da catene
parallele altissime (Elbrus, 5633 m), e a sud-est con l'altopiano iranico chiuso tra i
monti Elbrus e i monti del Khorasan e dell'Afghanistan a nord, i monti della Persia
meridionale e del Belucistan a sud che terminano, con i monti Sulaiman, nella pianura
dell'Indo.
Da queste masse montuose si dipartono poi catene minori nella Cina e, verso sud,
nella penisola indocinese. Fra i due fasci di catene che si dipartono dal Pamir, si
stende l'altopiano di Hanhai (mare disseccato), la cui parte orientale è occupata dal
deserto di Gobi.
La regione meridionale dell'Asia presenta due grandi penisole bagnate dall'oceano
Indiano: l'Arabia e l'India, formate da tavolati con orli montagnosi, morfologicamente
simili all'Africa; il tavolato indiano (Deccan) è orlato lungo le coste da rilievi, Ghati
Occidentali e Ghati Orientali, ed è separato dai grandi sistemi montuosi centrali dal
bassopiano indogangetico. I festoni insulari e peninsulari della parte orientale del
continente sono frammenti di catene montuose periferiche caratterizzate dalla
presenza di molti vulcani (116 attivi tra le isole Curili e il Giappone), allineati nella
cosiddetta cintura di fuoco pacifica.
UNITA’ 2
PARTE 3
AFRICA
L'Africa è il terzo continente per estensione dopo l'Asia e le Americhe. La sua
superficie, pari a 30.227.467 km², rappresenta il 20,2% delle terre emerse del pianeta;
i suoi abitanti (oltre 920.000.000 al 2005) costituiscono un settimo della popolazione
mondiale. L'Africa è delimitata a Nord dal mar Mediterraneo, a Ovest dall'oceano
Atlantico, a Sud dall'oceano Antartico e a Est dall'oceano Indiano. A Nord-Est è
separata dall'Asia dall'artificiale Canale di Suez. È attraversata dall'equatore e
caratterizzata da una grande varietà di climi.
Il termine Africa significa "terra degli Afri", nome di alcune genti che abitavano nel
Nord Africa vicino Cartagine. Il nome Afri è generalmente connesso con l'etimo
fenicio afar, "polvere", ma una recente teoria lo collega alla parola berbera ifri n Qya
(cioè grotta di Qya) o Ifran, che significa "grotta".
Altre etimologie proposte per l'antico nome "Africa":
•
•
lo storico Flavio Giuseppe (Ant. 1.15) sostenne che esso derivasse da Epher,
nipote di Abramo, i cui discendenti avrebbero invaso la Libia;
dalla parola latina aprica ("soleggiato") di cui fa menzione Isidoro di Siviglia
nelle Etymologiae XIV.5.2.
Il continente africano è principalmente orientato su un asse nord-sud, ha una forma
tozza, dallo sviluppo costiero poco articolato, grossomodo triangolare, allargata nella
parte settentrionale che si assottiglia in corrispondenza della zona a sud dell'Equatore.
Il continente è completamente circondato dal mare ad eccezione di una piccola zona
in corrispondenza dell'istmo di Suez, a nord è bagnato dal mar Mediterraneo, a est dal
mar Rosso e dall'oceano Indiano, a ovest dall'oceano Atlantico.
Gli unici collegamenti con gli altri continenti sono rappresentati dalla penisola del
Sinai che lo lega all'Eurasia. Lo stretto di Gibilterra e il canale di Sicilia lo separano
dall'Europa.
La distanza dal punto più settentrionale (Ras ben Sakka, immediatamente a ovest di
Cap Blanc, in Tunisia, a 37°21' N) al punto più meridionale (Cape Agulhas in
Sudafrica, a 34°51'15" S) è pari a circa 8.000 km mentre dal punto più occidentale
(Capo Verde, a 17°33'22" O) a quello più orientale (Ras Hafun in Somalia, 51°27'52"
E) è pari a circa 7.400 km.
Lo stato più grande del continente è il Sudan mentre quello più piccolo sono le
Seychelles, un arcipelago al largo della costa orientale. Lo stato più piccolo sulla
terraferma è invece il Gambia.
Morfologia
L'altitudine media del continente è pari a circa 600 m s.l.m.; le aree situate a quote
inferiori ai 180 m s.l.m. sono relativamente poche, così come poche sono le zone che
superano i 3000 m.
Il continente può essere diviso in due aree geografiche, una pianeggiante situata nella
parte settentrionale e la zona degli altopiani che occupa il resto del continente.
Le montagne più alte dell'Africa si trovano sempre in prossimità della Rift Valley:
sono il Ruwenzori (5110 m di altitudine), il Kilimangiaro (5895 m di altitudine) in
Tanzania e il Monte Kenya (5199 m di altitudine) nello stato omonimo. Questi ultimi
sono vulcani spenti, ma sulle loro cime si trovano ghiacci perenni. A ovest c'è un altro
vulcano spento, il Camerun (4071 m di altitudine).
Il settentrione
Nella parte settentrionale del continente, dall'Oceano Atlantico fino al Mar Rosso, si
estende il deserto del Sahara, il più vasto deserto del mondo (9.000.000 km²); la sua
superficie è principalmente pianeggiante, ma vi si trovano anche rilievi che
raggiungono i 2.400 m s.l.m. A nord-ovest il deserto è delimitato dalla catena
dell'Atlante e a nord-est lo separa dal Mediterraneo un altopiano roccioso che digrada
fino al delta del Nilo. A meridione il Sahara sfuma in un'area pianeggiante semi-arida
chiamata Sahel. Il clima è tipicamente mediterraneo al nord,con estati calde e secche e
inverni miti e umidi.
Coste e isole
Lo sviluppo costiero del continente è ridotto a lunghezza complessiva di circa 26.000
km (L'Europa, con una superficie tre volte inferiore, ha circa 32.000 km di coste). La
costa si presenta compatta, priva di penisole e insenature di dimensioni rilevanti.
Verso nord, sul Mar Mediterraneo, si affacciano due importanti golfi: il Golfo della
Sirte davanti alla Libia e il Golfo di Gabes davanti alla catena dell'Atlante.
Le coste sono scoscese, con rilievi che arrivano spesso fino al mare. Coste
pianeggianti si trovano in Libia e Egitto, dove le coste sono basse e sabbiose e spesso
desertiche, così come in Mauritania, Somalia e Namibia. Lungo le coste del Golfo di
Guinea e del Mozambico si sviluppano paludi e acquitrini, e banchi sabbiosi rendono
difficoltosa la navigazione.
L'unica isola di grandi dimensioni è il Madagascar, la quarta più grande del mondo;
isole di dimensioni minori si trovano lungo gran parte della costa. Ci sono arcipelaghi
di piccole isole sia sul versante dell'Atlantico come: Madeira, Canarie e Capo Verde.
C'è anche un'altra isola sulla costa della Tanzania: Zanzibar.
Idrografia
In Africa vi sono vaste zone areiche, ovvero prive di corsi d'acqua (per esempio il
deserto del Sahara) e regioni endoreiche, ovvero con corsi d'acqua che si perdono nel
deserto o in paludi o sfociano in laghi chiusi (per esempio i deserti del Namib e del
Kalahari).
La fascia centrale del continente, dove le piogge sono regolari, forma invece una zona
esoreica, ovvero con corsi d'acqua che sfociano nel mare, principalmente nell'Oceano
Atlantico, come il fiume Niger e il fiume Congo. Il Niger (4.160 km di lunghezza)
nasce dal rilievo del Fouta Djalon e sfocia con un grande delta nel golfo di Guinea. Il
fiume Congo, di 4.200 km di lunghezza, sfocia nell'Oceano Atlantico e dà nome alle
due repubbliche che si affacciano sulle sue rive (la Repubblica del Congo e la
Repubblica Democratica del Congo). I numerosi affluenti del Congo (il più
importante è il Kasai) formano un enorme bacino fluviale. Nella parte più meridionale
scorrono l'Orange, che sfocia nell'Oceano Atlantico, e lo Zambesi, l'unico grande
fiume a sfociare nell'Oceano Indiano.
Il principale fiume africano è il Nilo col suo affluente Kagera, che è stato fino a poco
tempo fa anche il fiume più lungo del mondo (6.671 km) superato recentemente dal
Rio delle Amazzoni (6.868 km). Le sue sorgenti sono nell'Africa equatoriale, da cui
provengono i due rami principali: il Nilo Azzurro, che nasce dall'altopiano Etiopico, e
il Nilo Bianco, emissario del Lago Vittoria il cui tributario, il Kagera, origina dagli
altopiani del Burundi. Il Nilo attraversa l'Africa nord-orientale e quando raggiunge il
Mediterraneo sfocia con un'ampia foce a delta. Il fiume è conosciuto per il limo, terra
che rendeva fertile la distesa sahariana e che consentì lo sviluppo della civiltà egizia;
per questo motivo l'Egitto veniva anticamente chiamato "dono del Nilo". La
costruzione della diga di Assuan ha permesso la creazione di un ampio bacino
artificiale, il lago Nasser; la terra fertile si deposita sul fondo del lago ed è necessario
usare fertilizzanti per migliorare la resa dei terreni.
Una lunga catena di laghi corre lungo la frattura tettonica della Rift Valley, ai confini
tra la Repubblica Democratica del Congo, l'Uganda, la Tanzania, il Burundi e il
Ruanda: i più importanti sono il Lago Vittoria e il Lago Tanganica.
Ambienti naturali
L'Africa presenta una grande varietà di ambienti ed ecosistemi, molti dei quali sono
unici al mondo.
La parte settentrionale del continente è occupata in gran parte dal gigantesco deserto
del Sahara, mentre a sud di questo, l'ambiente predominante è la grande savana,
l'immensa distesa erbacea teatro dei grandi safari per turisti.
Nella zona equatoriale,in particolare nel bacino del Congo,vi sono invece le grandi
foreste tropicali, estese anche su buona parte della zona del Golfo di Guinea. Altre
aree desertiche si trovano nella zona del Corno d'Africa e nella zona sud-ovest del
continente, dove si trova il grande deserto del Kalahari.
Un' estesa foresta pluviale occupa anche la parte orientale del Madagascar, per il resto
ricoperto da savane. Paesaggi tipicamente di alta montagna si trovano nell'altopiano
Etiopico.
L'estrema parte nord-ovest del continente, la zona settentrionale di Algeria,Tunisia e
Marocco, e la punta meridionale, presentano ambienti tipicamente mediterranei.
Clima
Il clima del continente africano è generalmente caldo, anche se con variazioni
notevoli a seconda delle zone. L'estrema porzione settentrionale del continente ha un
clima mediterraneo, con estati secche e inverni umidi. Il resto del Nordafrica presenta
un clima desertico o semidesertico, mentre avvicinandosi all'equatore il clima si fa
tropicale, e nella zona dell'equatore è molto umido; è qui che si registra il massimo di
precipitazioni annuali. Il clima ritorna desertico o semidesertico nelle zone del Corno
d'Africa e del Kalahari, mentre è prevalentemente tropicale nel Madagascar. Climi di
alta montagna si trovano nella zona dell'altopiano Etiopico e sulle vette più alte come
il Kilimangiaro e il Ruwenzori. Le temperature sono generalmente piuttosto elevate.
Fauna
L'Africa è famosa in tutto il mondo per la varietà e l'unicità degli animali che la
popolano. In Africa vivono molte specie di Felini, come il leone, il leopardo, il serval,
il ghepardo e varie specie di gatti selvatici. Presenti anche specie di canidi come i
licaoni e gli sciacalli. Molto diffusi nelle foreste sono le grandi scimmie antropomorfe
come gli scimpanzé e i gorilla, mentre altri primati popolano anche le praterie, come i
mandrilli, le amadriadi e le scimmie leopardo. Le grandi savane sono il regno dei
grandi erbivori come le giraffe, gli elefanti, i rinoceronti, e delle grandi mandrie di
bufali, gnu, zebre, gazzelle, impala e antilopi di varie specie. I grandi deserti sono
popolati da dromedari, orici, fennec, viperidi. Presso i grandi fiumi vivono
ippopotami e coccodrilli.
Le savane sono percorse inoltre dagli struzzi e sorvolate da varie specie di avvoltoi.
Oltre a questi in Africa vi sono numerosissime specie di uccelli. In particolare in
Madagascar vi è un vastissimo ecosistema unico al mondo con un numero
impressionante di volatili. Questa straordinaria fauna è entrata nella leggenda ed ha
ispirato, insieme agli spettacolari paesaggi naturali del continente, varie opere
letterarie e cinematografiche. Questa fauna ha inoltre attirato nella storia migliaia di
cacciatori - specialmente occidentali - che hanno preso parte a innumerevoli battute
della cosiddetta caccia grossa. Fra i personaggi più famosi sedotti dal fascino
selvaggio della caccia grossa in Africa si possono ricordare Theodore Roosevelt e
Ernest Hemingway.
Soprattutto dopo l'avvento degli Europei, la caccia è stata una importante concausa
del progressivo depauperamento della biodiversità africana. In Africa esistono ora
grandi parchi naturali e molte aree protette per preservare le numerose specie a
rischio, ma anche queste riserve hanno grandi difficoltà a opporsi al bracconaggio.
Fra i parchi più famosi si ricordano il Serengeti e Ngorongoro (Tanzania), lo Tsavo e
il Masai Mara (Kenya), il Kruger (Sudafrica) e il Chobe e la riserva del Delta
dell'Okavango (Botswana).
UNITA’ 2
PARTE 4
OCEANIA
In senso stretto, Oceania è un termine utilizzato per indicare l'insieme della Polinesia,
Melanesia e Micronesia, una suddivisione poco scientifica adottata da Jules Dumont
d'Urville nel 1831.
In senso più ampio, con Oceania si intende il continente che comprende anche
l'Australia e la Nuova Zelanda.
La ripartizione tradizionale dell'Oceania, utilizzata anche dalle Nazioni Unite per
dividere il mondo in macroregioni, divide quindi il continente in:
•
•
•
•
Australia e Nuova Zelanda
Micronesia
Melanesia
Polinesia
Geografi e i linguisti preferiscono invece utilizzare una divisione in due sole regioni
individuate in base a criteri geografici, botanici, zoologici culturali e linguistici.
Queste due zone sono:
•
•
Oceania vicina (Near Oceania), che comprende l'Australia, l'isola della Nuova
Guinea e gli arcipelaghi vicini, e le Isole Salomone
Oceania lontana (Remote Oceania) che comprende la Polinesia, la Micronesia
e la Melanesia ad eccezione delle Salomone
La maggior parte delle terre emerse di questo continente appartiene all'Australia, ma
viene usato il termine Oceania per parlare di questo continente perché sono le acque
piuttosto che le terre emerse a collegare le sue varie parti.
L'Oceania è il più piccolo dei continenti, e il penultimo per popolazione, dopo
l'Antartide, con circa 32 milioni di abitanti.
Per la maggior parte l'Oceania consiste in piccole isole nazionali, l'Australia è l'unica
isola di grandezza particolarmente significativa. Papua Nuova Guinea e Timor Est
sono le uniche nazioni con dei confini su terra, con l'Indonesia.
Le nazioni dell'Oceania hanno diversi gradi di indipendenza dalle potenze coloniali
che le possiedono, e hanno negoziato diversi tipi di accordo. La seguente lista
contiene i territori che sono stati classificati come parte dell'Oceania dall'UNESCO;
altri sono a volte aggiunti, secondo diverse interpretazioni.
Di seguito sono riportati gli Stati e i Territori dell'Oceania per ciascuna delle quattro
regioni in cui le Nazioni Unite dividono il continente.
Australia e Nuova Zelanda
Paese
Australia
capitale
Canberra
Isola Norfolk (Aus) Kingston
Nuova Zelanda
densità (ab/km²) superficie (km²) popolazione
2,5
7.686.850
19.855.188*
53
Wellington 15
*
Dati
riferiti
al
Dati
riferiti
***
Dati riferiti ad una stima del 2007
35
1.841**
268.680
4.245.542***
Censimento
**
del
2006
2004
al
Melanesia
Paese
Figi
densità (ab/km²) superficie (km²) popolazione
47
18.270
893.354 *
19.060
244.600**
Papua Nuova Guinea 11
462.840
5.887.000***
Isole Salomone
17
28.450
470.000 ****
Vanuatu
16
12.200
202.609*****
Nuova Caledonia
*
11
Dati
**
riferiti
Dati
riferiti
Dati
riferiti
****
Dati
riferiti
*****
Dati riferiti ad una stima del 2004
al
al
al
al
***
2005
2008
2005
2004
Micronesia
densità
(ab/km²)
superficie
(km²)
popolazione
Guam (US)
307
549
170.000*
Isole Marshall
312
181
56.429 **
Micronesia
194
702
135.869***
168
477
80.362****
Kiribati
131
811
98.549*****
Nauru
644
21
13.528******
Palau
42
458
19.092*******
Paese
Isole
(US)
*
Marianne
Dati riferiti al 2005
Dati riferiti al 2003
**
Settentrionali
***
Dati riferiti al 2002
Dati riferiti al 2005
*****
Dati riferiti al 2003
******
Dati riferiti al 2007
*******
Dati riferiti al 2002
****
Polinesia
Paese
Isole Cook (NZ)
densità (ab/km²) superficie (km²) popolazione
86
240
17.954*
Polinesia Francese (FR) 62
4.167
259.596**
Wallis e Futuna (FR)
77
274
15.480***
Samoa
60
2.944
177.714****
Samoa Americane (US) 353
199
70.260*****
Tuvalu
441
26
11.468******
Tokelau (NZ)
141
10
1.405*******
Tonga
142
748
106.137*******
Niue (NZ)
8
260
2.145*********
Isole Pitcairn (UK)
9,6 (2)
47
48**********
*
Dati riferiti ad una stima del 2005
Dati riferiti al 2007
***
Dati riferiti al 2005
****
Dati riferiti al 2004
*****
Dati riferiti al 2003
******
Dati riferiti al 2004
*******
Dati riferiti al 2004
********
Dati riferiti al 2002
*********
Dati riferiti al 2003
**********
Dati riferiti al 2008
(1) Niue dipende formalmente dalla Nuova Zelanda
(2) Il dato si riferisce alla sola isola di Pitcairn dove si trova la capitale Adamstown
**
Altri territori dell'Oceania
•
•
•
•
Isola di Pasqua (Cile)
Hawaii (Stati Uniti d'America)
Isola del Natale (Australia)
Isole Cocos (Australia)
Densità di popolazione
Lista di paesi/dipendenze ordinati a seconda della densità di popolazione in
abitanti/km2.
Queste cifre includono anche le acque interne (fiumi, laghi, ecc.) quindi possono
essere inferiori a quelle presenti nelle schede dei vari paesi. Secondo i calcoli
scientifici, il numero correlato all'Oceania varia da 36.000 40.000.
Idrografia
L'Oceania è il secondo continente, dopo quello americano, per ricchezza di risorse
idriche in rapporto alla popolazione.
Orografia
Le maggiori catene montuose dell'Oceania si trovano nelle tre maggiori isole, od
arcipelaghi,del-continente.
La catena che raggiunge le maggiori altitudini è quella della Nuova Guinea. Ne fanno
parte le più alte vette del continente: il Puncjak Jaya o Carsztens (5.030 m.) ed il
Monte-Wilhelm-(4.509m.).
Vengono poi le Alpi Neozelandesi, che percorrono le due isole dell'omonimo
arcipelago.La maggiore vetta di questa catena è il Monte Cook o Aoraki (3.764)
nell'Isola-del-Sud.
Infine vi sono le Alpi Australiane, che costeggiano la costa orientale dell'Australia.
Esse raggiungono solo la quota di 2.228 metri(Monte Koszciuszko nella Nuova
Galles-del-Sud).
Bisogna segnalare che anche montagne isolate e massicci presenti nelle isole minori
possono raggiungere altezze elevate. Ad esempio il vulcano Mauna Kea, nell'isola di
Hawaii raggiunge i 4.205 metri.
UNITA’ 2
PARTE 5
AMERICA
Le Americhe, regioni dell'emisfero occidentale che sono abitualmente suddivise in
America settentrionale, America centrale e America meridionale.
America setterntrionale
L'America settentrionale o America del Nord è un subcontinente dell’emisfero
boreale e dell’emisfero occidentale. È delimitato a nord dal mare glaciale artico, a est
dall'oceano Atlantico, a sud-est dal mar dei Carabi, a sud e a ovest dall'oceano
Pacifico. Il Sud America si trova a sud-est. Copre una superficie di circa 24.709.000
km quadrati, circa il 4,8% della superficie terrestre e circa il 16,5% delle terre emerse.
Nel luglio 2007 la sua popolazione è stata stimata in quasi 524 milioni di persone. Per
superficie è il terzo più grande continente del mondo, dopo l’Asia e l’Africa, ed è il
quarto per popolazione dopo l'Asia, l'Africa e l'Europa. Il Nord America e il Sud
America sono noti collettivamente come le Americhe.
È comunemente accettato che Nord e Sud America siano stati così nominati in onore
dell'esploratore fiorentino Amerigo Vespucci dal cartografo tedesco Martin
Waldseemüller. Vespucci fu il primo europeo a suggerire che le Americhe non
fossero le Indie Orientali, ma un diverso territorio, precedentemente non ancora
scoperto dagli europei. Vespucci fu il primo a scoprire il Sud America, collegando le
sue scoperte con quelle di Cristoforo Colombo. L'etimologia fu ulteriormente
complicata dalla necessità dei cartografi di arrivare ad un nome che parallelamente a
quello degli altri continenti fosse di genere femminile (ad esempio, Europa, Asia,
ecc.). La convenzione era quella di usare il cognome per la denominazione delle
scoperte, tranne nel caso dei diritti d'autore o quando una derivazione (come nel caso
di Amerigo “Vespucci" potesse presentarsi problematica).
Il Nord America occupa la parte settentrionale del territorio generalmente denominato
Nuovo Mondo (l’emisfero occidentale), le Americhe, o semplicemente l'America (che
a volte è considerata un unico continente e la porzione settentrionale, il Nord
America, un subcontinente). L’America del Nord si lega con il Sud America presso il
confine tra Colombia e Panama secondo la maggior parte delle convenzioni. Altri
individuano il confine presso il Canale di Panama, altri ancora lo pongono presso
l’Istmo di Tehuantepec in Messico in cui separano l'America Centrale che poggia
soprattutto sulla Placca caraibica. Prima che l’America centrale fosse sollevata, la
regione era sommersa e le isole delle Indie Orientali (Caraibi) delineavano un ponte di
terra che collegava l’America del Nord con il Sud America attraverso la Florida e il
Venezuela.
La costa continentale è lunga e irregolare. Il Golfo del Messico è il più grande corpo
idrico che rientri nel continente, seguito dalla Baia di Hudson. Fra i principali si
segnalano il Golfo di San Lorenzo e il Golfo di California.
Numerose sono le isole al largo delle coste del continente: principalmente
l'Arcipelago artico canadese, le Grandi e le Piccole Antille, l'Arcipelago Alexander e
le Isole Aleutine. La Groenlandia, sotto la corona danese, è l’isola più grande del
mondo. Si trova nella stessa placca tettonica (la Placca nordamericana) e fa parte
geograficamente del Nord America.
La stragrande maggioranza del Nord America poggia sulla Placca nordamericana.
Parti della California e del Messico occidentale sono sul bordo con la Placca pacifica
dove le principali zolle si incontrano lungo la Faglia di Sant'Andrea. La maggior parte
della porzione meridionale del continente e delle isole caraibiche si trovano nella
Placca caraibica, mentre lungo le coste sud-occidentali il bordo è segnato dalla Placca
di Cocos.
Il continente può essere suddiviso in quattro grandi regioni (ciascuna delle quali
contiene diverse sotto-regioni): le Grandi Pianure che si estendono dal Golfo del
Messico all'Artico canadese; la montagne geologicamente giovani dell’ovest, che
comprendono le Montagne Rocciose, il Gran Bacino, California e Alaska; l’altopiano
dello Scudo canadese; la variegata regione nord-orientale, che comprende i Monti
Appalachi, la piana costiera lungo il litorale atlantico, e la penisola della Florida. Il
Messico, con le sue lunghe cordigliere e altipiani, rientra in larga parte nella regione
occidentale, anche se la piana costiera orientale si estende verso sud lungo il litorale
del Golfo del Messico.
Le montagne occidentali sono divise a metà, dalle due catene principali: le Montagne
Rocciose (più a est) e le catene costiere di California, Oregon, Washington, e
Columbia Britannica. La vetta più alta è il Monte McKinley in Alaska.
La United States Geographical Survey afferma che il centro geografico del Nord
America è "10 km a ovest di Balta, nella Contea di Pierce nel Dakota del Nord" a
circa
48°10′N 100°10′W_ / 48.167, -100.167.
Le lingue più diffuse nel Nord America sono inglese, spagnolo, e francese. Il termine
Anglo-America è utilizzato per riferirsi ai paesi anglofoni delle Americhe: vale a dire
il Canada (dove l'inglese e il francese sono lingue ufficiali) e gli Stati Uniti
d'America. Talvolta vengono compresi il Belize e alcune isole dei Caraibi. L’America
latina è in riferimento a quella parte delle Americhe (generalmente a sud degli Stati
Uniti) dove le lingue romanze derivate dal latino sono predominanti: per quanto
concerne il Nord America ci si riferisce pertanto alle altre repubbliche dell'America
centrale, al Messico, e alla buona parte delle isole dei Caraibi (oltre naturalmente alla
maggior parte del Sud America).
La lingua francese ha storicamente svolto un ruolo significativo nel Nord America e
conserva una presenza distintiva in alcune regioni. Il Canada è ufficialmente bilingue;
il francese è la lingua ufficiale della provincia canadese del Quebec ed è ufficiale
assieme all'inglese nella provincia del New Brunswick. Il francese è lingua ufficiale
anche in alcune isole delle Indie Occidentali (Haiti, Guadalupa, Martinica, Saint
Barth, Saint Martin) e a Saint-Pierre e Miquelon, così come in Louisiana, dove il
francese è ancora una lingua ufficiale.
Socialmente e culturalmente l’America del Nord presenta una ben definita entità. Il
Canada anglofono e gli Stati Uniti hanno una cultura e tradizioni similari essendo
state entrambe ex colonie britanniche. Un comunanza culturale e un’economica di
mercato si è sviluppata tra le due nazioni, dettato dal potere economico e da legami
storici. Analogie si possono riscontrare nella componente linguistica spagnola del
Nord America. Anche qui si è condiviso un passato comune, come ex colonie della
Spagna. In Messico e nei paesi centroamericani in cui la civiltà Maya si è sviluppata,
le popolazioni indigene preservano ancora alcune tradizioni. Il Québec da parte sua
costituisce una regione che presenta una cultura propria legata all'eredità coloniale
francese.
Economicamente il Canada e gli Stati Uniti sono le due nazioni più ricche e
sviluppate del continente, seguite dal Messico, paese di nuova industrializzazione. I
paesi dell'America centrale e dei Caraibi si presentano molto meno sviluppati. I più
importanti mercati comuni sono il Caribbean Community and Common Market
(CARICOM) e il North American Free Trade Agreement (NAFTA). Recente dai
paesi centro americani è stato firmato un accordo di libero scambio il CAFTA con
l’intento di migliorare la loro situazione finanziaria.
L’America del Nord è spesso suddivisa in sottoregioni, anche se sempre non
unanimemente condivise. L’America Centrale comprende la regione meridionale del
continente, ma la sua estremità settentrionale varia tra le fonti. Geograficamente la
regione inizia con l'Istmo di Tehuantepec in Messico (vale a dire gli stati messicani di
Campeche, Chiapas, Tabasco, Quintana Roo e Yucatán). Le Nazioni Unite includono
il Messico nell’America Centrale (d'altro canto l'Unione Europea vi include sia il
Messico che il Belize), ma Geopoliticamente il Messico non è spesso considerato
parte del Centro America.
Il concetto di Nord America è altresì utilizzato per fare riferimento ai paesi e ai
territori più settentrionali: il Canada, gli Stati Uniti, la Groenlandia, Bermuda, e Saint
Pierre e Miquelon. Vengono considerati distintamente dalle regioni meridionali delle
Americhe, che comprende in gran parte l'America Latina
L’America centrale
L'America centrale è la porzione centrale del continente americano, tra il Messico (in
America settentrionale), e la Colombia (in America meridionale). Caratteristica unica
di quest'area è il fatto di essere un ponte fra le due Americhe e nello stesso tempo
un'area di passaggio fra i due oceani, l'Atlantico e il Pacifico grazie alla presenza del
canale di Panamá.
Comunemente l'America centrale non viene considerata un continente e sè stante ma
viene vista come parte dell'America settentrionale.
I paesi appartenenti all'America centrale sono:
•
•
•
•
•
•
•
Belize (Belmopan)
Costa Rica (San José)
El Salvador (San Salvador)
Guatemala (Città del Guatemala)
Honduras (Tegucigalpa)
Nicaragua (Managua)
Panamá (Panamá)
La dominazione europea
Questa regione, in cui anticamente prosperarono civiltà evolute come quelle dei Maya
è stata sottoposta per tre secoli (dall'inizio del Cinquecento alla fine dell'Ottocento)
alla dominazione spagnola. La lingua e la religione dei conquistatori si sono così
imposte nell'area: in gran parte dei paesi dell'America centrale si parla correntemente
lo spagnolo e la religione più diffusa è quella cattolica. Anche la composizione della
popolazione si è profondamente modificata: agli originari amerindi si sono
sovrapposti e mescolati i bianchi europei (spagnoli, inglesi, francesi e olandesi) e i
neri importati dall'Africa come schiavi per lavorare nelle piantagioni.
L'egemonia degli USA
Il raggiungimento dell'indipendenza, nei primi decenni dell'Ottocento, non ha portato
nella regione stabilità e democrazia. La storia di gran parte dei paesi centroamericani
è stata infatti segnata, anche nel Novecento, da regimi autoritari, colpi di stato e
guerre civili. A partire dal XIX secolo si è affermata nell'area l'influenza dei vicini
Stati Uniti d'America, che hanno forti interessi economici, politici e militari nella
regione. Gli USA hanno costruito il canale di Panamà e sono intervenuti più volte,
militarmente e economicamente, per condizionare le politiche di molti paesi dell'area.
Economia
Negli stati più poveri le risorse (in primo luogo terreni agricoli) appartengono a poche
grandi famiglie, nelle cui mani si concentra la maggior parte della ricchezza.
L'agricoltura, specialmente quella di piantagione, svolge ancora un ruolo primario. I
prodotti sono destinati per la maggior parte all'esportazione. Poiché queste attività
sono gestite da imprese straniere, i vantaggi economici per le popolazioni locali sono
molto ridotti. Lo stesso avviene del resto per le attività industriali e turistiche
(particolarmente sviluppate nei paesi delle Antille), settori in gran parte controllati da
imprese straniere. Un settore importante dell'economia di alcuni stati dell'America
centrale è l'esportazione di materie prime, principalmente verso il continente nord
americano.
L’America meridionale
L'America meridionale o America del Sud è un subcontinente che occupa la parte
meridionale dell'America. Si trova interamente nell'emisfero occidentale, e in buona
parte nell'Emisfero australe, eccezion fatta per alcune regioni situate a nord
dell'Equatore nell'Emisfero boreale. È bagnata ad ovest dall'oceano Pacifico, a nord e
ad est dall'Oceano Atlantico. L'America settentrionale e il mar dei Caraibi si trovano a
nord-ovest.
L'America del Sud fu così nominata nel 1507 dai cartografi Martin Waldseemüller e
Matthias Ringmann dopo che il navigatore fiorentino Amerigo Vespucci, primo in
Europa, suggerì che il continente da poco scoperto non fossero le Indie Orientali, ma
un Nuovo Mondo sconosciuto agli europei.
L'America del Sud ha una superficie di 18.840.000 chilometri quadrati, che
corrisponde a quasi il 3,5% della superficie terrestre. All'inizio del 2005 la sua
popolazione è stata stimata in più di 371.090.000 di abitanti. Il Sud America pertanto
è il quarto continente in termini di superficie (dopo Asia, Africa e America del Nord)
e il quinto per popolazione (dopo Asia, Africa, Europa e America del Nord).
Il Sud America occupa la maggior parte della regione geografica generalmente
denominato Emisfero meridionale, Nuovo Mondo, Emisfero occidentale, le Americhe
o, semplicemente, l'America (a volte è considerato come un unico continente, e il
Sudamerica un subcontinente). Il suo territorio si sviluppa a sud-est della frontiera tra
Panamá e Colombia, secondo la maggior parte delle fonti. Altri concordano che il
confine sia da porre lungo il Canale di Panamá. Quasi tutto il Sudamerica si trova
sopra la placca sudamericana. Geopoliticamente l'intero stato di Panamá (compreso il
segmento ad est del Canale di Panamá) è generalmente considerato parte del
Nordamerica, o comunque dell'America centrale.
Sebbene molte delle isole dei Caraibi, tra cui le Piccole Antille, si trovino sopra la
placca caraibica, le isole di Aruba, Barbados, Trinidad e Tobago fanno parte della
regione settentrionale della piattaforma continentale sudamericana. Le Antille
Olandesi e le isole prospicienti al Venezuela si trovano lungo le coste del Sud
America. Geopoliticamente gli Stati insulari e i territori d'oltremare dei Caraibi sono
generalmente considerati facenti parte del Nord America. Le nazioni del Sud America
che si affacciano sul Mar dei Caraibi (tra cui Colombia, Venezuela, Guyana,
Suriname e Guiana Francese) sono anche denominati Sud America caraibico. Altre
isole del continente sono le Galápagos, l'Isola di Pasqua (in Oceania, ma appartenente
al Cile), l'Isola di Robinson Crusoe, Chiloé e la Terra del Fuoco.
In questo continente si trovano le più alte cascate del mondo, il Salto Angel in
Venezuela, e il più grande fiume in termini di portata d'acqua, il Rio delle Amazzoni,
e la più lunga catena montuosa, le Ande (la cui cima più elevata è l'Aconcagua con
6.962 metri sul livello del mare), il deserto più secco, il deserto di Atacama, la più
vasta foresta pluviale, l'Amazzonia, la più alta capitale, La Paz in Bolivia, il più alto
lago commerciale navigabile, il Lago Titicaca, e la città più meridionale del mondo, la
città di Porto Toro in Cile.
Le principali risorse minerarie sono oro, argento, rame, ferro, stagno e petrolio. Il
Sudamerica è la patria di molte specie animali uniche, tra cui lama, anaconda,
piranha, giaguaro, vigogna e tapiro. Le foreste dell'Amazzonia comunque posseggono
un elevato livello di biodiversità.
Il paese di gran lunga più grande del Sudamerica, sia in termini di superficie che di
popolazione, è il Brasile, seguito dall'Argentina. Le regioni che formano questo
continente sono gli Stati andini, la Guiana, il Cono Sud e il Brasile.
L'America del Sud ospita un'ampia varietà di climi: quello caldo umido della foresta
pluviale amazzonica, quello freddo secco della Patagonia, quello arido del deserto di
Atacama, quello ventoso gelido della Terra del Fuoco. Ciò dipende da:
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L'ampiezza della latitudine che occupa il continente. La maggior parte è
compreso tra l'equatore nella parte settentrionale e il Tropico del Capricorno,
mentre la punta meridionale penetra in una regione subartica.
La differenza di temperatura tra i due oceani. Generalmente la costa esposta
all'Atlantico è più calda e quella sul Pacifico è più fredda per la presenza della
corrente di Humboldt.
La presenza delle Ande, la cui temperatura varia notevolmente a seconda
dell'altitudine.
Nella regione occidentale, tra le Ande e l'Oceano Pacifico, sono presenti alcune delle
zone più umide e più aride del pianeta: Il Choco (Colombia, Ecuador, Perù, Panamá)
e il Deserto di Atacama (Cile, Perù, Bolivia, Argentina) rispettivamente. Il clima è
generalmente tropicale: equatoriale nella regione amazzonica, umido nella savana,
steppico nella pampa, nivale sulle ande.