PROGRAMMA DI GEOGRAFIA LICEO DELLA COMUNICAZIONE INDICE UNITA’ 1 • LINEAMENTI DI GEOGRAFIA GENERALE PARTE 1 Il pianeta Terra…………………………………………………..P.3 • PARTE 2 Distribuzione delle terre e delle acque…………………………..P.5 • PARTE 3 Forme della Terra………………………………………………..P.10 • PARTE 4 La rappresentazione della Terra…………………………………P.11 • PARTE 5 Il clima…………………………………………………………..P.16 • PARTE 6 Le piante………………………………………………………….P.18 • PARTE 7 Gli animali………………………………………………………..P.19 • PARTE 8 L’agricoltura………………………………………………………P.21 • PARTE 9 L’industria…………………………………………………………P.23 • PARTE 10 Il terziario…………………………………………………………P.24 • PARTE 11 Il popolamento terrestre…………………………………………...P.26 • PARTE 12 Le migrazioni………………………………………………………P.33 UNITA’ 2 GEOGRAFIA DEI CONTINENTI NELLE SUE FORME ESSENZIALI • PARTE 1 Europa………………………………………………………………..P.36 • PARTE 2 Asia…………………………………………………………………..P.38 • PARTE 3 Africa………………………………………………………………….P.40 • PARTE 4 Oceania……………………………………………………………….P.44 • PARTE 5 America……………………………………………………………….P.48 UNITA’ 1 PARTE 1 LA TERRA La Terra è il pianeta su cui vive l'umanità, il terzo in ordine di distanza dal Sole. È il più grande dei pianeti terrestri del sistema solare, sia per quanto riguarda la massa sia per il diametro, ed è l'unico corpo planetario del sistema solare adatto a sostenere la vita, almeno tra quelli conosciuti alla scienza moderna (anche se vi sono ipotesi e in alcuni casi anche deboli indizi a sostegno della tesi per cui la vita, probabilmente in forma microscopica, sarebbe stata presente o potrebbe tuttora sussistere su alcuni corpi del sistema solare come Marte, Venere e alcuni satelliti naturali dei pianeti gassosi). È il primo pianeta conosciuto a possedere acqua in tutti e tre gli stati (solido, liquido, gassoso) sulla sua superficie, e il solo nell'Universo noto per la presenza attuale di vita elementare o evoluta. Possiede un campo magnetico, che, insieme a una atmosfera composta in prevalenza da azoto e ossigeno, la protegge dalle radiazioni nocive alla vita; l'atmosfera inoltre funziona come scudo contro le piccole meteore, causandone la distruzione per calore da attrito prima del raggiungimento della superficie. La formazione della Terra è datata a circa 4,54 miliardi di anni fa. Essa possiede un solo satellite naturale, la Luna, la cui età, stimata analizzando alcuni campioni delle rocce più antiche, è risultata compresa tra 4,29 e 4,56 miliardi di anni. Il suo asse di rotazione è inclinato rispetto alla perpendicolare al piano dell'eclittica: questa inclinazione, combinata con la rivoluzione della Terra intorno al Sole, è causa dell'alternarsi delle stagioni. Le condizioni atmosferiche primordiali sono state alterate in maniera preponderante dalla presenza di forme di vita, le quali hanno creato un diverso equilibrio ecologico, plasmando la superficie del pianeta. Circa il 71% della superficie è coperta da oceani ad acqua salata, mentre il restante 29% è rappresentato dai continenti e dalle isole. La superficie esterna è suddivisa in diversi segmenti rigidi, o placche tettoniche, che si spostano lungo la superficie in periodi di diversi milioni di anni. La parte interna, attiva dal punto di vista geologico, è composta da uno spesso strato relativamente solido o plastico, denominato mantello, e da un nucleo, diviso a sua volta in nucleo esterno, dove si genera il campo magnetico, e un nucleo interno solido, costituito principalmente da ferro e nichel. Tutto ciò che riguarda la composizione della parte interna della terra resta comunque pura ipotesi e manca di verifica e osservazione diretta. Importanti sono le influenze esercitate sulla Terra dallo spazio esterno; infatti la Luna è all'origine del fenomeno delle maree, stabilizza lo spostamento dell'asse terrestre e ha lentamente modificato la lunghezza del periodo di rotazione del pianeta (rallentandolo); un bombardamento di comete durante le fasi primordiali ha giocato un ruolo fondamentale nella formazione degli oceani e, in un periodo successivo, alcuni impatti di asteroidi hanno provocato significativi cambiamenti delle caratteristiche della superficie e ne hanno alterato la vita presente. La linea orizzontale rappresenta l'equatore, mentre quella verticale un meridiano. UNITA’ 1 PARTE 2 DISTRIBUZIONE DELLE TERRE E DELLE ACQUE L'interno della Terra, detto anche geosfera, è costituito da rocce di diversa composizione e fase (solida, principalmente, ma talvolta anche liquida). Grazie allo studio dei sismogrammi si è giunti a considerare l'interno della terra suddiviso in una serie di gusci; difatti si è notato che le onde sismiche subiscono fenomeni di rifrazione nell'attraversare il pianeta. La rifrazione consiste nella modifica della velocità e della traiettoria di un'onda quando questa si trasmette a un mezzo con differente densità. Si sono potute così rilevare superfici in profondità in cui si verifica una brusca accelerazione e deviazione delle onde, e in base a queste sono state identificate quattro zone sferiche concentriche: la crosta, il mantello, il nucleo esterno e il nucleo interno. L'interno della Terra, come quello degli altri pianeti terrestri, è diviso chimicamente in una crosta formata da rocce da basiche ad acide, un mantello ultrabasico e un nucleo terrestre composto principalmente da ferro. Il pianeta è abbastanza grande da avere un nucleo differenziato in un nucleo interno solido e un nucleo esterno liquido, che produce un debole campo magnetico a causa della convezione del suo materiale elettricamente conduttivo. Dal punto di vista delle proprietà meccaniche, la crosta e la porzione superiore del mantello formano la litosfera, rigida; mentre una porzione intermedia del mantello, che si comporta in un certo senso come un fluido enormemente viscoso, costituisce l'astenosfera. Materiale proveniente dall'astenosfera si riversa continuamente in superficie attraverso vulcani e dorsali oceaniche non conservando però la composizione originale perché soggetto a cristallizzazione frazionata. Lo schema seguente riassume le profondità, la caratteristica principale per la definizione dei vari gusci che compongono la Terra e la loro densità: Profondità (km) Porzione terrestre 0-60 Litosfera: varia tra i 5 km e i 120 km; comprende crosta e la parte più superficiale del mantello fisiche superiore. Proprietà Densità g/cm³ — 0-35 Crosta: varia tra i 5–10 km di quella oceanica, ai chimiche 2,2-2,9 30-70 di quella continentale. 35-60 Mantello litosferico o litosfera densa: parte fisiche superficiale del mantello superiore. 352900 Mantello terrestre 100700 3,4-4,4 fisiche e 3,4-5,6 chimiche Mantello superiore, di cui la parte superficiale si fisiche associa alla litosfera. La parte più spessa è detta — astenosfera, di 100–250 km di spessore. La parte inferiore è definita "zona di transizione" verso il mantello superiore, o mesosfera, da non confondere con l'omonimo strato atmosferico. 700Mantello inferiore, di circa 2000 km di spessore. fisiche 2900 — 29005100 Nucleo esterno fisiche e 9,9chimiche 12,2 5100≈6375 Nucleo interno fisiche e 12,8chimiche 13,1 In accordo con la teoria della tettonica a zolle, che è oramai accettata dalla quasi totalità degli esperti in Scienze della Terra, la zona più esterna della Terra è suddivisa in due parti: la litosfera, comprendente la crosta terrestre e la parte più superficiale del mantello superiore, e l'astenosfera che forma la parte più interna e profonda del mantello. L'astenosfera si comporta come un liquido sovrariscaldato che fa muovere le placche litosferiche, ed è estremamente viscoso. La litosfera sostanzialmente galleggia sulla astenosfera ed è suddivisa in quelle che comunemente sono chiamate placche tettoniche. Queste placche sono segmenti rigidi che si muovono le une rispetto alle altre secondo tre tipologie di movimento: convergente, divergente e trasforme. Un'ultima tipologia di movimento avviene quando due placche si muovono lateralmente rispetto a un'altra, utilizzando una faglia strike-slip. Tramite gli spostamenti di queste placche il pianeta è stato plasmato, alternando momenti in cui era presente un solo super-continente, a situazioni simili alla odierna. Esistono le placche litosferiche di tipo continentale e di tipo oceanico. Inoltre la collisione tra due o più placche tettoniche è la base per la genesi delle catene montuose, sulla parte di placca litosferica di tipo continentale; mentre una loro divergenza può portare alla nascita di una dorsale oceanica, sulla parte di placca litosferica di tipo oceanica e; quindi, di nuova crosta. Pertanto i limiti tra le placche tettoniche sono zone di elevata attività geologica e di intensi sforzi, e lungo di esse si concentrano la maggior parte delle aree sismiche, con terremoto anche di forte intensità, e delle aree vulcaniche. Le placche principali sono: Nome della placca Area 106 km² 106 mi² Copertura Placca africana 61,3 23,7 Africa Placca antartica 60,9 23,5 Antartide Placca australiana 47,2 18,2 Australia Placca euroasiatica 67,8 26,2 Asia e Europa Placca nordamericana 75,9 29,3 Nord America e nord-est Siberia Placca sudamericana 43,6 16,8 Sud America Placca pacifica 39,9 Oceano pacifico 103,3 Numerose sono le placche minori o di più piccola dimensione, tra esse le principali sono: la Placca indiana, la Placca arabica, la Placca caraibica, la Placca di Nazca lungo la costa occidentale del Sud America e la Placca scozzese nell'Oceano Atlantico meridionale. Le placche a movimento più rapido si trovano nelle zone oceaniche, con la Placca di Cocos che si sposta con un tasso di 75 mm/anno e la Placca pacifica che si sposta con un tasso di 52–69 mm/anno. All'estremo, la placca con il movimento più lento è quella euroasiatica, in movimento con un tasso medio di circa 21 mm/anno. Superficie La superficie terrestre può variare enormemente da luogo a luogo. Circa il 70,8% della superficie è coperta da acqua; inoltre la maggior parte della piattaforma continentale si trova al di sotto del livello marino. Nella parte sommersa del pianeta sono presenti tutte le caratteristiche tipiche di un territorio montuoso, comprendenti un sistema di dorsali medio oceaniche, dei vulcani sommersi, delle fosse oceaniche, dei canyons sottomarini, degli altipiani e delle piane abissali. Il rimanente 29,2% emerso consiste di montagne, deserti, pianure, altipiani e altre zone geomorfologiche minori. La superficie planetaria si modifica costantemente secondo tempi geologici a causa dei movimenti delle varie placche tettoniche e dell'erosione; inoltre le sue caratteristiche geografiche, create o deformate dai movimenti tettonici, sono sottoposte agli influssi meteorologici (pioggia, neve, ghiaccio, vento), a svariati cicli termici (ad es. gelo/disgelo delle zone alpine o elevata escursione termica giornaliera nel caso dei deserti) e all'azione chimica. Infine, nel modellamento del pianeta, sono compresi anche grandi eventi come glaciazioni e impatti meteorici. Durante la migrazione di due placche tettoniche continentali, la crosta oceanica viene subdotta al di sotto dei margini di queste ultime. Nello stesso tempo, a causa della risalita di materiale mantellico, nuova crosta oceanica viene generata lungo margini divergenti nelle dorsali medio oceaniche. Questo ciclo sostituisce continuamente il materiale di crosta oceanica in un processo che ha portato essa ad avere una età minore di 100 milioni di anni. La placca oceanica più antica, localizzata nel Pacifico Occidentale, è stata stimata con una età di circa 200 milioni di anni. Per comparazione la crosta continentale più antica, datata grazie alla presenza di fossili, ha una età di circa 3 miliardi di anni. I movimenti subduttivi delle varie placche vengono regolati da contrasti di densità; infatti le placche continentali sono formate da rocce meno dense, specialmente da rocce intrusive, come graniti e andesiti, mentre quelle oceaniche sono formate da rocce effusive, prevalentemente basaltiche. Questa differenza costitutiva spiega il perché nel contrasto tra due placche di tipologia differente sia sempre quella oceanica ad andare in subduzione. Differente sviluppo ha il caso in cui le due placche appartengano allo stesso tipo, per cui intervengono fattori più sensibili come gli sforzi e le direzioni di movimento. Su entrambe le tipologie di crosta si possono trovare, in casi favorevoli alla loro messa in posto, le rocce sedimentarie. Esse sono formate dall'accumulo di sedimenti in maniera spesso così individuabile, quando è presente una stratificazione, da poter risalire indietro nel tempo alle condizioni presenti all'atto della formazione di ogni singolo strato e alla evoluzione di tali condizioni verso il presente. Inoltre le rocce sedimentarie sono le uniche in cui possono esser ritrovati fossili, fondamentali per una datazione precisa della roccia stessa e per trarre informazioni paleoambientali su clima, geografia, fauna e sulla flora presente in quella epoca. Va aggiunto anche che in tali rocce vengono ricercati e sfruttati quasi tutti i principali giacimenti di idrocarburi e carboniferi. Circa il 75% di tutta la superficie dei continenti è coperta da sedimenti, sebbene essi formino solamente circa il 5% della crosta. La terza tipologia di roccia presente sul pianeta, dopo quelle vulcaniche (intrusive ed effusive) e quelle sedimentarie, è quella delle rocce metamorfiche. Esse derivano dalla trasformazione di rocce pre-esistenti di qualsiasi tipo attraverso l'influenza di alte pressioni, di alte temperature o di entrambe queste variabili. Il processo metamorfico può essere di varia intensità, provocando sia una semplice ricristallizzazione di alcune specie minerali verso altre maggiormente stabili, sia la parziale fusione e deformazione della roccia, trasformandola in una completamente differente. Attraverso i processi di fusione, si crea inoltre una circolazione di fluidi caldi all'interno della roccia. All'interno di questi fluidi vengono portati in soluzione e concentrati, laddove presenti, elementi rari altrimenti dispersi in quantità infinitesimali. Le rocce metamorfiche o i depositi derivanti dal loro smantellamento, pertanto, sono uno dei luoghi preferenziali di ricerca di giacimenti di materie prime, di pietre e metalli preziosi. Il rilievo della superficie terrestre varia dal punto più basso, −418 m del Mar Morto, a una stima del 2005 della massima altitudine di 8848 m della cima del Monte Everest; inoltre l'altezza media della terra posta al di sotto del livello marino è di 686 m Il termine Idrosfera si riferirebbe ai soli oceani, tuttavia tecnicamente include tutti i mari interni, i laghi, i fiumi e l'acqua di falda fino a 2000 m di profondità. La Terra è l'unico pianeta del sistema solare la cui superficie ospita acqua liquida. L'acqua copre il 71% della superficie terrestre ed è suddivisa in un 97% di acqua salata e un 3% di acqua dolce, il cui 68% circa è sotto forma di ghiaccio. L'acqua suddivide il pianeta in cinque oceani e sette continenti. Il punto più profondo sotto la massa d'acqua è rappresentato dalla Fossa delle Marianne nell'oceano Pacifico con -10 911 m; mentre la profondità media degli oceani è di 3,794 m, più di cinque volte l'altezza media dei continenti. La massa stimata dell'acqua oceanica è di circa 1,35 x 1018 tonnellate, comparabili a 1/4400 dell'intera massa terrestre; essa inoltre occupa un volume di 1,386 x 109 km³. La media salina all'interno dell'acqua oceanica è di 35 g/l: tuttavia, essendo tale valore legato agli apporti esterni di acqua e all'evaporazione (temperatura), può aumentare considerevolmente in bacini chiusi o diminuire in zone ad acque molto fredde. Tali sali provengono dalla diretta emissione vulcanica o dallo smantellamento chimico e fisico effettuato nel tempo a discapito delle rocce magmatiche. Le masse acquee sono, inoltre, enormi serbatoi di sostanze gassose, possiedono una importante funzione termoregolatrice e mitigatrice del clima e sono agenti attivi dal punto di vista geomorfologico. Al loro interno vive un intero ecosistema acquatico, completo dal punto di vista della piramide alimentare e integrato con quello di superficie, nonché rivelatosi fondamentale per lo sviluppo umano passato e presente. La presenza di acqua liquida sulla superficie terreste è una combinazione delle giuste caratteristiche orbitali, del vulcanismo, della gravità, dell'effetto serra, del campo magnetico e dell'atmosfera ricca di ossigeno. Ci sono varie ipotesi che Europa, un satellite di Giove, ospiti dell'acqua liquida sotto lo strato di ghiacci che ricopre interamente la superficie. La Terra è in effetti oltre il bordo esterno delle orbite che permetterebbero a un pianeta di essere abbastanza caldo per formare acqua liquida. Senza una qualche forma di effetto serra, l'acqua della Terra congelerebbe. I reperti paleontologici indicano che a un certo punto, dopo che i batteri blu-verdi (Archea) colonizzarono gli oceani, l'effetto serra smise di funzionare, e la Terra si congelò completamente per un periodo compreso tra 10 e 100 milioni di anni. Sugli altri pianeti, come Venere, l'acqua gassosa è dissociata dagli ultravioletti solari, e l'idrogeno è ionizzato e soffiato via dal vento solare. L'effetto è lento, ma inesorabile. Si pensa che questa sia la causa della mancanza d'acqua di Venere. Privato dell'idrogeno, l'ossigeno reagisce con la superficie e viene inglobato in minerali solidi. Sulla Terra, uno scudo di ozono assorbe la maggior parte degli ultravioletti energetici nell'alta atmosfera, riducendo questo effetto. Infine il vulcanismo, aiutato dagli effetti di marea della Luna, emette continuamente vapore d'acqua dall'interno. La tettonica a placche della Terra ricicla il carbonio e l'acqua mediante la subduzione di zone ricche di sedimenti, convertendoli in magma ed emessi dai vulcani come biossido di carbonio gassoso e vapore. Le correnti oceaniche, inoltre, sono ritenute causa di una particolare oscillazione dell'asse di rotazione terrestre, detta oscillazione di Chandler. UNITA’ 1 PARTE 3 FORME DELLA TERRA La Terra è il maggiore sia per dimensione che per massa dei quattro pianeti terrestri (insieme a Mercurio, Marte e Venere), composto per lo più da roccia e silicati; tale termine è contrapposto ai giganti gassosi, pianeti appartenenti al sistema solare esterno. Sempre tra i pianeti terrestri è quello con la maggiore densità, la più alta gravità e il più forte campo magnetico. Forma La forma della Terra viene correttamente definita come geoide, ma è decisamente simile a uno sferoide oblato (solido di rotazione che si ottiene dalla rotazione di un'ellisse attorno al proprio asse minore), da cui si discosta per un massimo di 100 metri. Il diametro medio dello sferoide di riferimento è circa 12 742 km, tuttavia, in maniera più approssimativa si può definire come 40 009 km/π, dato che il metro è stato originariamente definito come 1/10 000 000 della distanza tra l'equatore e il polo nord passando per Parigi, Francia. La rotazione della Terra è la causa del rigonfiamento equatoriale, che comporta un diametro equatoriale di 43 km maggiore di quello polare. Le maggiori deviazioni locali sulla superficie sono: il Monte Everest, con 8850 m (sopra il locale livello del mare) e la Fossa delle Marianne, con 10 924 m (sotto il locale livello marino). Se si paragona la Terra a un perfetto ellissoide, essa ha una tolleranza di circa una parte su 584, o di 0,17%, che è minore dello 0,22% di tolleranza ammesso nelle palle da biliardo. A causa della presenza del rigonfiamento, inoltre, il luogo maggiormente distante dal centro della Terra è situato attualmente sul Monte Chimborazo in Ecuador. UNITA’ 1 PARTE 4 LA RAPPRESENTAZIONE DELLA TERRA Il rilevamento topografico e l’aerofotogrammetria. Il rilevamento topografico e l’aerofotogrammetria sono metodi di misurazione e di registrazione delle coordinate planimetriche ed altimetriche (quote) dei punti, mediante i quali diviene possibile costruire la riproduzione di una certa parte della superficie terrestre. A tale scopo la topografia moderna opera nel seguente modo: · viene definita una prima rete, detta geodetica o triangolazione del I ordine, costituita da un certo numero di triangoli sferoidici di notevole ampiezza, aventi a due a due in comune un lato; vengono misurate direttamente sul terreno, con grande precisione alcune particolari distanze, dette basi geodetiche, dalle quali, con misure angolari e calcoli trigonometrici, si ricostruiscono la lunghezza dei lati più vicini della suddetta triangolazione del I ordine; sempre con misure angolari e metodi trigonometrici vengono quindi determinate le lunghezze di tutti gli altri lati e le coordinate dei vertici della stessa triangolazione. · entro la prima vengono costruite reti di triangoli più piccoli, di cui vengono rilevati e calcolati gli stessi elementi (triangolazione del II, III ordine) · per l’ultima fase, ossia per il rilievo di dettaglio, oltre a triangolazioni vengono eseguiti anche rilevamenti per coordinate polari o con altri metodi particolarmente rapidi, fino ad ottenere le coordinate del maggior numero di punti possibile, in modo che sia possibile disegnare la carta. Le quote dei punti vengono spesso ricavate mediante apposite misure dette livellazioni. Oggi alla maggior parte delle triangolazioni sono subentrate le “trilaterazioni”: i triangoli vengono cioè definiti attraverso la misura dei loro lati, che viene effettuata, con grande precisione, per mezzo di strumenti a raggi laser o infrarossi. Da alcuni decenni tutte queste operazioni sono state sostituite dal rilevamento con fotografie aeree. Queste ultime, elaborate per mezzo di apparecchi speciali, detti restitutori, permettono, con enorme risparmio di tempo e di lavoro, di eseguire direttamente la carta con tutti i suoi particolari. Negli ultimi anni vengono utilizzate per questo scopo anche le immagini da satellite; è stato così possibile ottenere nuove carte di vaste regioni della Terra, senza eseguire laboriose operazioni sul terreno; con lo stesso sistema è stata ottenuta una dettagliatissima carta della superficie lunare. Queste tecniche sono l’oggetto della aerofotogrammetria, che è oggi in continuo perfezionamento, grazie anche all’utilizzazione dei calcolatori elettronici. Le operazioni cartografiche. Per ottenere delle riproduzioni ridotte e fedeli della superficie terrestre sarebbe necessario ricorrere a dei modelli tridimensionali che potessero risolvere entrambi i seguenti problemi: · · tener conto della curvatura terrestre riprodurre il rilievo orografico (ossia quello delle montagne, degli altipiani ecc.) e, volendo, riprodurre anche le profondità degli oceani e dei mari. Di solito però nei modelli tridimensionali che sono in uso, non risulta né conveniente né possibile rispettare contemporaneamente queste condizioni. In effetti nei globi terracquei, che forniscono riproduzioni fortemente ridotte dell’intera superficie terrestre, e in quei plastici chiamati comunemente “vele”, nei quali sono riprodotti, con una riduzione meno spinta, interi continenti o loro parti, ci si preoccupa soprattutto di rispettare la curvatura terrestre; il rilievo orografico, alle riduzioni adottate sarebbe così poco evidente che o viene del tutto trascurato oppure viene enormemente esagerato. Infatti in uno dei globi comunemente usati il rilievo del Monte Everest, se fedelmente riprodotto, sarebbe inferiore a quello di un granello di sabbia. Nei plastici di aree più piccole, per i quali non è necessario ricorrere a forti riduzioni ed è quindi possibile rendere fedelmente il rilievo orografico, viene invece generalmente trascurata la curvatura terrestre (spesso però anche in questi, i dislivelli vengono esagerati di proposito). Tutti questi modelli tridimensionali hanno una notevole validità didattica, ma presentano l’inconveniente di essere poco maneggevoli. Perciò si pone il problema di ottenere delle rappresentazioni su carta, opportunamente ridotte, della superficie terrestre, o per lo meno di quei lineamenti e di quei punti che, caso per caso possono essere considerati interessanti. La soluzione di questo problema costituisce, come già detto, l’obiettivo principale della disciplina chiamata cartografia. La prima operazione necessaria per risolvere tale problema la si compie proiettando i punti della superficie terrestre sull’ellissoide di riferimento (oggi l’Ellissoide Internazionale). La seconda consiste nel trasferire su un piano questa superficie ellissoidica, con i punti che sono stati su di essa proiettati. Quest’ultimo problema è moto semplice quando si tratta di rappresentare una zona di dimensioni talmente modeste che diventa possibile, senza andare incontro ad errori sensibili, sostituire, alla porzione di ellissoide interessata, il piano tangente nel suo centro. E’ più complesso quando si tratta invece di rappresentare in un’unica carta regioni abbastanza vaste (e al limite l’intera superficie terrestre): è infatti evidente che la superficie ellissoidica, come quella sferica, non è sviluppabile in un piano. La Carta Geografica La Carta Geografica può essere definita come la rappresentazione ridotta, approssimata e simbolica della superficie terrestre. Le caratteristiche principali di una carta geografica sono dunque la scala (ossia il coefficiente di riduzione), il sistema di rappresentazione (che è in relazione con l’approssimazione che si vuol ottenere) e la simbologia (che è in relazione al contenuto della carta, ossia degli oggetti reali che si vogliono rappresentare). La scala Come si è detto con la scelte della “scala” si affronta il problema di quanto debba venir ridotta la superficie terrestre nella rappresentazione cartografica. Le carte forniscono questa informazione sotto forma di scala numerica oppure di scala grafica (o spesso con entrambe le notazioni). Si definisce scala numerica il rapporto fra una lunghezza misurata sulla carta e la corrispondente lunghezza sulla superficie terrestre. Tale rapporto è generalmente espresso sotto forma di frazione con numeratore unitario. Dunque chiamata S la scala numerica, abbiamo: Prospettiche orizzontali Cilindriche PROIEZIONI VERE di Sviluppo Coniche Cilindriche PROIEZIONI MODIFICATE Coniche Pseudocilindriche PROIEZIONI CONVENZIONALI Pseudoconiche dove n, chiamato denominatore di scala, esprime il numero di volte in cui le distanze reali sono state rimpicciolite nella carta. Perciò la scala numerica costituisce il coefficiente di riduzione che è stato adottato per la costruzione della carta. Così, ad esempio, se alla distanza di 25 mm sulla carta corrispondono 2.500 m sul terreno, sarà possibile costruire la seguente proporzione (esprimendo tutto in mm): da cui è facile ricavare che n (denominatore di scala) vale 100.000 e che la scala numerica è 1/100.000; normalmente sulle carte si scrive 1:100.000. E’ chiaro a questo punto che debbono essere definite “a grande scala” le carte in cui il rapporto 1/n è grande (e quindi n - denominatore di scala - è piccolo), ossia le carte nelle quali la riduzione non è stata forte. Viceversa debbono essere chiamate “a piccola scala” le carte il cui rapporto 1/n è piccolo (e quindi il denominatore di scala è grande), ossia le carte dove la riduzione è stata particolarmente forte. Quindi una carta di dimensioni maneggevoli, supponiamo del formato di mezzo metro quadro, se a grande scala potrà rappresentare al massimo una provincia, a piccola scala potrà comprendere un intero continente o un emisfero. Si tenga infine presente che la scala di una carta si riferisce solamente alle misure di lunghezza, e non alle aree, le quali variano invece in funzione del quadrato delle lunghezze. Classificazione delle carte in base alla scala Con riguardo alla scala le carte vengono classificate con i seguenti nomi: 1. piante o mappe: la scala è maggiore o uguale a 1: 10.000; generalmente si usano per le rappresentazioni dei centri urbani o delle proprietà rurali (mappe catastali); 2. carte topografiche: le scale sono comprese fra 1:10.000 e 1:100.000; sono generalmente piuttosto particolareggiate e servono fra l’altro per la costruzione di carte di scala più piccola: sono infatti definite “carte base”; in Italia assolvono a questa funzione le carte dell’Istituto Geografico Militare (I.G.M.), con scala 1:25.000 e 1:100.000; 3. carte corografiche: le scale sono comprese tra 1:100.000 e 1:1.000.000; sono di questo tipo le cosiddette “carte automobilistiche” (ad esempio, in Italia le carte prodotte dal Touring Club Italiano e le carte 1:200.000 e 1:250.000 prodotte dallo stesso (I.G.M.); 4. carte geografiche propriamente dette: le scale sono sempre minori di 1:1.000.000. Vengono infine definite “planisferi” le carte che rappresentano l’intera superficie terrestre, e “mappamondi” quelle che rappresentano la Terra divisa in due emisferi UNITA’ 1 PARTE 5 IL CLIMA L'atmosfera terrestre non ha limiti definiti, ma diviene lentamente sempre più rarefatta e sottile procedendo verso lo spazio esterno. Circa il 75% della sua intera massa è contenuta all'interno dei primi 11 km (circa 7 mi) a partire dalla superficie del pianeta, nello strato denominato come troposfera. L'irraggiamento solare, riscalda questa parte atmosferica, sia direttamente, sia indirettamente, tramite il calore ceduto alla superficie terrestre e provoca la dilatazione dell'aria in essa contenuta.La perdità di densità conseguente all'aumento di temperatura, pone in risalità la massa d'aria, richiamandone altra al suo posto, più fredda e densa, sia da luoghi adiacenti, che soprastanti. Il risultato di questo processo è la circolazione atmosferica, la quale controlla, tramite la ridistribuzione dell'energia termica, sia il clima che il tempo atmosferico. Le zone di circolazione atmosferica principali sono situate nella zona equatoriale al di sotto dei 30º di latitudine, tramite l'azione delle correnti occidentali, e nelle medie latitudini, tra i 30º e i 60º, tramite gli alisei. Le correnti oceaniche, inoltre, rappresentano un importante fattore di influenza sul clima; particolarmente la circolazione termoalina, che ridirtribuisce l'energia termica catturata dall'acqua, dalle zone oceaniche equatoriali verso quelle polari. Il vapore acqueo generato tramite l'evaporazione superficiale della lama d'acqua per contrasto di umidità e/o temperatura con l'aria viene trasportato nell'atmosfera. In presenza di determinate condizioni atmosferiche, favorenti la risalita di aria umida e calda, il vapore acqueo presente inizia un processo di condensazione ed, in seguito, da origine a precipitazioni, che, in base alle condizioni termiche presenti nella zona atmosferica di condensa, a quelle del tragitto percorso e del suolo, potranno essere di pioggia, nevose o sotto forma di grandine. Per completare il ciclo dell'acqua, essa viene riconvogliata verso basse quote e verso gli oceano o verso i laghi in prevalenza dai corsi d'acqua. Questo processo è un meccanismo fondamentale per sostenere e sviluppare la vita, nonché il primario fattore di erosione, modellazione e trasformazione della superficie terrestre nel corso dei vari periodi geologici. L'entità delle precipitazioni varia considerevolmente da regione a regione, in base alla stagione di riferimento, alla latitudine e alla geografia del territorio, da diversi metri di acqua all'anno, a meno di un millimetro nelle zone desertiche o polari. Il clima terrestre può esser suddiviso in alcune macro regioni a clima approssimativamente omogeneo in base alla latitudine: spostandoci dall'equatore al polo si possono rilevare: una regione equatoriale, una tropicale, una sub tropicale, una temperata e una regione polare. Un'altra classificazione climatica può essere basata sulle temperature e sulle precipitazioni, con una suddivisione delle regioni caratterizzate da abbastanza simili e uniformi masse d'aria. Quella maggiormente utilizzata è la classificazione climatica di Köppen (nella versione modificata dallo studente di Wladimir Köppen, Rudolph Geiger), che suddivide il mondo in cinque vaste aree: tropicale umida, area desertica arida, area umida delle medie latitudini, area a clima continentale e area di freddo polare; le quali sono poi ulteriormente suddivise in molti altri sottotipi più specifici. UNITA’ 1 PARTE 6 LE PIANTE La Terra è l'unico pianeta conosciuto ospitante la vita. Le forme di vita del pianeta compongono la biosfera. Le teorie correnti pongono la sua nascita a qualche centinaio di milioni di anni dopo la formazione del pianeta, tra 3,5 e 4 miliardi di anni fa. La biosfera è divisa in vari biomi, abitati da una popolazione di flora e fauna all'incirca simile. Sulla terra, i biomi sono separati principalmente secondo la latitudine. I biomi a nord del circolo polare artico e a sud del circolo polare antartico sono relativamente vuoti di vita animale e vegetale, mentre quelli più popolati si trovano vicino all'equatore. La complessa interazione fra biosfera e singole forme di vita ha portato alcuni autori all'ipotesi Gaia secondo la quale la vita sulla terra è possibile grazie al comportamento degli esseri viventi che mantengono una delicata omeostasi. La flora rappresenta l'elenco completo delle specie vegetali ospitate da un determinato territorio. Lo studio della flora è un settore della botanica, denominato floristica, ed è preliminare e complementare allo studio della vegetazione, denominato fitosociologia, che descrive i popolamenti vegetali presenti in una determinata nicchia ecologica, studiati sia dal punto di vista floristico (elenco delle specie presenti), che dal punto di vista quantitativo (frequenza relativa delle varie specie nel popolamento oggetto di studio). I trattati di floristica elencano le specie vegetali presenti in una determinata area geografica (nazione, regione, provincia) e le descrivono, consentendone il riconoscimento (detto determinazione) in genere mediante l'uso di chiavi dicotomiche. Un altro strumento utilizzato per descrivere i rapporti fra flora e territorio è l'atlante corologico, che rappresenta la documentata presenza di ognuna delle specie in tutti i "punti" del territorio, suddiviso da un reticolo a maglie regolari. La floristica si avvale tuttora dello strumento, antico ma insuperato, dell'erbario, ossia della raccolta di esemplari vegetali essiccati e compressi, e quindi opportunamente catalogati e conservati. UNITA’ 1 PARTE 7 GLI ANIMALI Fauna è un termine collettivo utilizzato per indicare l'insieme delle specie animali che risiedono in un dato territorio o in un particolare ambiente, oppure appartenenti ad un determinato taxon o viventi in un preciso periodo storico o geologico. Il nome deriva dall'omonima figura mitologica, la dea romana Fauna. Il termine corrispondente usato in botanica per le piante è la flora. Sebbene la definizione sopra indicata sia la più diffusa e comunemente accettata, molti studiosi sono concordi con il pensiero di La Greca, secondo cui, in senso scientifico e naturalistico, il concetto di fauna risulta essere molto più complesso e ne offre una definizione più dettagliata che può essere presa come spunto per ulteriori analisi e riflessioni: "La fauna è costituita dall'insieme di specie e di popolazioni animali, vertebrati ed invertebrati, residenti in un dato territorio, stanziali o di transito abituale, ed inserite nei suoi ecosistemi; essa, costituitasi in seguito ad eventi storici (paleogeografici e paleoclimatici), comprende le specie autoctone e le specie immigrate divenute ormai indigene, come pure le specie introdotte dall'uomo o sfuggite ai suoi allevamenti ed andate incontro ad indigenazione, perché inseritesi autonomamente in ecosistemi appropriati; non fanno parte della fauna gli animali domestici e di allevamento." Questa definizione di fauna si basa su tre aspetti fondamentali che la caratterizzano: la dinamicità, la storicità e l'interattività. La fauna di un territorio, infatti, non è statica ma dinamica, cioè muta col trascorrere del tempo a causa dei processi di estinzione, evoluzione, speciazione e sostituzione, determinati da fattori naturali e, in tempi storici, sempre più antropici. La fauna attuale può essere così considerata il residuo di faune del passato, ognuna con una sua storia ben precisa e strettamente connessa agli eventi paleogeografici (movimenti tettonici, vulcanismo, evoluzione geomorfologica, pedogenesi, ecc.) e paleoclimatici (varazioni del clima, aridità, glaciazioni ecc) avvenuti in quel territorio. Molto importante è anche l'interattività: per appartenere ad una fauna una specie o una popolazione deve far parte integrante dell'ecosistema che la ospita, si deve automantenere e trovare perfettamente inserita in una catena alimentare e quindi all'interno di quei flussi energetici che regolano gli equilibri di quell'ecosistema. Per questo motivo ne fanno parte soltanto le specie stanziali o di transito abituale (animali migratori che ritornano in quel luogo più o meno regolarmente) e sono da escludere le specie avvistate eccezionalmente e le forme domestiche e di allevamento, elementi estranei ai meccanismi regolatori di quella biocenosi. Il concetto di fauna, inteso sempre scientificamente, equivale pertanto al termine di "fauna selvatica", poiché, per i motivi appena citati, non può esistere una "fauna domestica". Gli elementi costituenti la fauna di un territorio possono così essere distinti in due categorie: le specie autoctone e le specie indigenate. Le specie autoctone sono quelle originariamente presenti nella regione, che hanno quindi subito una speciazione in situ a partire da elementi forniti dal territorio stesso. Appartengono a questa categoria le specie endemiche. Le specie introdotte sono quelle originatesi in altri regioni e che, successivamente, sono immigrate in quel territorio, trovando degli ecosistemi adatti al proprio mantenimento ed inserendosi nei flussi energetici che ne regolano l'equilibrio. L'introduzione può avvenire naturalmente (una specie che allarga il suo areale) o per cause antropiche. Quest'ultime possono essere suddivise in: • • accidentali - animali che sfuggono agli allevamenti (ad es. la nutria e il visone americano per la fauna italiana) intenzionali - come il Persico trota e le numerose specie ittiche importate dal nord America e altri continenti per popolare le acque interne italiane per la pesca sportiva e a pagamento. Un'ultima analisi della definizione di La Greca, ci permette di notare come sia stata volontariamente sottolineata la presenza degli invertebrati all'interno dell'assetto costitutivo di una fauna. Questa ridondanza (gli invertebrati sono già inclusi nella definizione di animali) deriva dalla speranza di poter smontare una concezione sbagliata che in passato (e soprattutto in Italia) ha portato, in ambito legislativo, ad ignorare l'importanza degli insetti e di altri invertebrati nel caratterizzare le comunità animali, focalizzando l'attenzione soltanto sui vertebrati e sulle relative esigenze riguardanti le attività di caccia e di pesca. UNITA’ 1 PARTE 8 L’AGRICOLTURA L'agricoltura è l'attività economica che consiste nella coltivazione di specie vegetali. La finalità principale dell'agricoltura è quello di ottenere prodotti delle piante da utilizzare a scopo alimentare o non, ma sono possibili anche altre finalità che non prevedano necessariamente l'asportazione dei prodotti. Tradizionalmente, nella cultura italiana, l'agricoltura è popolarmente riferita allo sfruttamento delle risorse vegetali a fini alimentari, mentre lo sfruttamento delle corrispondenti risorse di origine animale, l'allevamento, ne è quasi ritenuta antitetica, riflettendo il secolare dualismo pastore-contadino. A fini scientifici e giuridici, comunque, entrambe le materie sono comunemente riunite nella più vasta accezione di agricoltura, che abbraccia la coltivazione delle piante (arboree, erbacee), l'allevamento degli animali e lo sfruttamento delle foreste. I fattori naturali della produzione vegetale sono i seguenti: • • • • Fattori biologici intrinseci: sono tali le basi genetiche che influenzano l'anatomia, la morfologia (biologia) e la fisiologia delle singole specie agrarie e le caratteristiche specifiche dei loro prodotti. Fattori biologici estrinseci: sono tali le relazioni ecologiche che si instaurano fra le specie agrarie e gli altri organismi viventi (piante, animali, microrganismi) che popolano l'ecosistema naturale, con interazioni di competizione, predazione, parassitismo, simbiosi, neutralismo, ecc. Fattori climatici: sono tali i fenomeni dovuti all'interazione dell'atmosfera e del sole con la superficie terrestre nelle sue diverse componenti (litosfera, idrosfera, biosfera). I principali fattori climatici che influenzano la produzione vegetale sono la radiazione solare, la temperatura, le precipitazioni o idrometeore, il vento, l'umidità atmosferica, l'evapotraspirazione, la composizione chimica dell'aria. Di minore rilevanza diretta è invece la pressione atmosferica. Fattori pedologici: sono tali i fenomeni dovuti all'interazione del terreno con l'idrosfera, l'atmosfera, il sole, l'idrosfera e la biosfera. Il terreno è un ambiente complesso, derivato dalla pedogenesi, generato dall'equilibrio fra la litosfera e gli altri elementi che interagiscono sulla superficie terrestre. Sono fattori pedologici le proprietà fisiche del terreno, le proprietà chimiche, le proprietà biologiche, che nel complesso concorrono a determinarne la fertilità. A differenza della semplice raccolta dei prodotti naturali della terra, l'agricoltura è una tecnica che interviene modificando i fattori naturali della produzione vegetale allo scopo di incrementare, in qualità e quantità, il prodotto. La raccolta, infatti, sfrutta la produzione naturale del tutto subordinata alle esigenze specifiche delle piante e alle dinamiche dell'ecosistema senza alcun intervento dell'uomo. L'agricoltura prevede invece l'intervento dell'uomo nel correggere, a suo favore, le condizioni intrinseche ed estrinseche che determinano la produzione vegetale. Gli interventi dell'uomo che concorrono a delineare un'attività agricola, distinguendola da quella della semplice raccolta, sono ad esempio i seguenti: • • • • Interventi sui fattori biologici intrinseci: sono tali ad esempio la selezione, il miglioramento genetico, le biotecnologie, l'ibridazione, la potatura, l'innesto, la densità di piantagione. Nel complesso questi interventi concorrono a indirizzare la naturale tendenza produttiva delle singole specie agrarie verso specifiche esigenze dell'uomo. Interventi sui fattori biologici estrinseci: sono tali ad esempio il diserbo, la fitoiatria e la difesa dei vegetali in senso lato, che mirano a contenere i fenomeni di antagonismo biologico, altri come la consociazione o forme più o meno avanzate di biotecnologia (micorrizazione, batterizzazione e altre forme di inoculo di organismi simbionti), mirano a promuovere fenomeni di sinergia biologica. Altri ancora, come l'avvicendamento colturale, hanno un ruolo complesso nel determinare l'equilibrio fra antagonismi e sinergie. Interventi sui fattori climatici: sono tali ad esempio gli apprestamenti protettivi mirati a ridurre l'influenza negativa del clima o potenziarne quella positiva fino a correggere drasticamente uno o più fattori. Sono interventi sui fattori climatici l'allestimento di frangiventi, di opere di protezione dal freddo (serra, tunnel, pacciamatura, ecc.), l'irrigazione. Meno palese è il ruolo svolto da altre pratiche agricole in quanto si tratta di forme di adattamento a condizioni climatiche esistenti: sono tali la scelta dell'epoca di semina, il trapianto, la scelta varietale, la densità di piantagione, l'orientamento dei filari, alcune lavorazioni del terreno, ecc. Interventi sui fattori pedologici: sono i più complessi perché trattasi di azioni che possono modificare contemporaneamente differenti proprietà del terreno. Sono tali le lavorazioni del terreno, che influenzano principalmente (ma non solo) le proprietà fisiche, la fertilizzazione, che influenzano principalmente le proprietà chimiche ma hanno un ruolo non secondario anche su quelle fisiche e biologiche, l'irrigazione, che influenza le proprietà fisiche, chimiche e biologiche, ecc. L'agronomia è una scienza applicata che studia il ruolo dei singoli fattori della produzione vegetale e le interazioni reciproche, elabora le tecniche agricole con il coordinamento dei fattori a differenti livelli, al fine di ottimizzare la produzione ai fini economici. Per estensione agronomia e agricoltura sono talvolta usati come sinonimi, tuttavia, a rigore l'agronomia è una scienza applicata collegata alle altre scienze (biologia, chimica, fisica, geologia, ecc.), il cui ambito principale d'applicazione è l'agricoltura. L'agricoltura è invece un insieme di tecniche che riassumono le conoscenze empiriche tramandate di generazione in generazione in una pratica millenaria e quelle tecniche fornite dalla ricerca scientifica in campo agronomico. Le varie forme di agricoltura derivano dal ruolo ponderale che hanno, da un lato, l'agronomia e, dall'altro, la tradizione. UNITA’ 1 PARTE 9 L’INDUSTRIA L'industria appartiene al settore secondario ed esercita un'attività di trasformazione delle materie prime in semilavorati o prodotti finiti. Il termine industria deriva dal latino industria (-ae), ovvero operosità, attività, diligenza, che, a sua volta, viene da endo- (dentro) e -struo (costruisco). Scopo principe dell'industria è il produrre al meglio ed al miglior rapporto costo/beneficio il bene richiesto. In economia rappresenta l'insieme dei settori di un sistema preposto alla produzione di beni materiali e servizi su larga scala, utilizzando gli studi e/o i contributi prodotti principalmente dagli studiosi di economia industriale ed economia aziendale. Secondo l'economia tradizionale, il prodotto dell'industria è anche definito "bene secondario", rispetto al "bene primario" dell'agricoltura e a quello "terziario" dei servizi, di recente sviluppo. L'industria si suddivide in molteplici settori, ognuno con una propria specializzazione ed è in costante mutamento adattandosi di volta in volta alle esigenze del consumo ed alle nuove tecnologie di produzione. Di solito le industrie dovrebbero seguire la vocazione del territorio al fine di avere un impatto minimo sul territorio stesso, per questo chi governa dovrebbe fare dei piani di industrializzazione razionali al fine di ottenere il massimo da un territorio senza per questo rovinare il suo equilibrio ecologico ed ambientale. Il problema è che poiché le industrie sono agganciate alla logica del profitto, non sempre quest'ultimo è in armonia con il territorio. Si è detto prima che scopo dell'industria è il produrre al miglior rapporto costo/beneficio, che in termini economici significa col massimo profitto a parità di spesa: ed è questa la vocazione dell'industria che non sempre coincide con quella del territorio. In un sistema di economia dirigista l'industria, svincolata dalla logica del profitto, può essere indirizzata al meglio. Le industrie infatti portano lavoro sia diretto che nell'indotto ma necessitano di forti infrastrutture, quindi per costruire un sito industriale è necessario fare prima uno studio di fattibilità. Alcune branche importati dell'industria sono: industria meccanica, industria automobilistica, industria aeronautica, industria elettronica, industria alimentare, industria chimica, industria tessile, industria mineraria, etc. Il termine industria indica un sistema di processo il quale partendo da un prodotto detto "primo" (grezzo) se ne produce un "secondo" (manufatto) con un valore aggiunto.Il valore aggiunto, in breve, è proprio quello che il processo produttivo attraverso la tecnologia dà, trasformando il prodotto grezzo in un prodotto rifinito, pronto per essere introdotto nella filiera di distribuzione. In definitiva, l'industria è un sistema organizzato per produrre ricchezza, costituita appunto dal valore aggiunto. UNITA’ 1 PARTE 10 IL TERZIARIO Il terziario è il settore economico in cui si producono o forniscono servizi e comprende tutte quelle attività complementari e di ausilio alle attività dei settori primario (agricoltura) e secondario (industria) che vanno sotto il nome di servizi. In sostanza si occupa di prestazioni immateriali le quali possono essere incorporate o meno in un bene. Il settore terziario si può suddividere in tradizionale, comprendente servizi tradizionalmente presenti praticamente in ogni epoca e cultura, e avanzato, caratteristico degli ultimi decenni. Se in un'economia poco sviluppata esistono senz'altro attività di questo settore (si pensi ai servizi alberghieri), la società in cui si sviluppa il settore terziario avanzato offre servizi sempre più complessi. Attività economica del settore terziario: • • • • • • servizi a rete, cioè trasporti e comunicazioni; servizi commerciali; gastronomia, turismo, ospitalità; servizi assicurativi e bancari; attività amministrativa degli organi di stato; servizi avanzati, come fornitura di attrezzature, macchinari e beni, informatica, ricerca e sviluppo, consulenza legale, fiscale e tecnica, analisi e collaudi, formazione, marketing. Se da una parte la moderna società dei servizi è caratterizzata da un aumento massiccio della produttività, va d'altro canto incontro a nuovi problemi come quelli relativi all'invecchiamento della popolazione. Servizi di consulenza e di elaborazione delle informazione, di solito tipiche del terziario avanzato, vengono sempre più spesso considerate a parte, sotto il termine di settore quaternario. Si tratta di un neologismo sempre più diffuso. La produzione (o erogazione) dei servizi presenta alcune caratteristiche particolari che influenzano direttamente l'assetto organizzativo e le metodologie di controllo (di gestione) che le aziende devono adottare. Particolare importanza riveste la gestione del rapporto con il cliente a causa del frequente caso del contatto diretto tra l'erogazione (o produzione) del servizio ed il cliente fruitore dello stesso. Per questo motivo si assiste ad una percezione di deterioramento della qualità del servizio quando il rapporto di fiducia del cliente è compromesso dalla scarsa attenzione verso le esigenze, anche immateriali, che il cliente stesso si attende dal rapporto contrattuale posto in essere. Di contro, buoni risultati di miglioramento si possono ottenere coinvolgendo (maggiormente) il cliente nel processo produttivo inducendolo a collaborare nella sua realizzazione. Ciò è dovuto al fatto che il cliente nei servizi fa parte del processo produttivo, a differenza della produzione primaria o secondaria. Per loro natura i servizi richiedono un diverso approccio organizzativo a causa, principalmente, del fatto che non è possibile separare il momento della produzione dal momento della erogazione/fruizione. Questo fa sì, che non si possa, in caso di ciclo negativo delle commesse, lavorare per il magazzino ovvero produrre ugualmente i servizi ed immagazzinarli in attesa della ripresa del mercato, finanziandosi con riserve o ricorrendo al credito. Infatti non è possibile, ad esempio, immagazzinare clienti già trasportati da parte di un'impresa di trasporti o clienti già mangiati da parte di un servizio di ristorazione. Nella conduzione dell'impresa del terziario è necessario adottare metodi e sistemi organizzativi che massimizzino la flessibilità dell'utilizzo delle risorse per adeguarle il più possibile alle fluttuazioni cicliche o stagionali e al variare delle preferenze della clientela. Quando il settore in cui un'azienda opera richiede forti investimenti in mezzi e impianti fissi, ad esempio nei trasporti (di ogni tipo), la fluttuazione ciclica o la variazione congiunturale del mercato di riferimento, generano forti influenze negative sul conto economico. In questi casi, un diffuso comportamento delle aziende, è di reagire alle fluttuazioni del mercato agendo sugli altri fattori di flessibilità: personale, approvvigionamenti e subfornitori. Le azioni intraprese producono - quasi sempre un effetto di sensazione di peggioramento del servizio che viene percepito dai clienti; si innesca, così, un circolo vizioso difficile da interrompere e da invertire se non a prezzo di una operazione forte che coniughi: lungimiranza, leadership, investimenti e comunicazione. UNITA’ 1 PARTE 11 IL POPOLAMENTO TERRESTRE In ecologia si definisce popolazione l'insieme degli individui della medesima specie che popolano lo stesso habitat o area considerata. La popolazione animale numericamente sopravanza notevolmente quella umana e si riferisce tipicamente ad una dimensione globale. In geografia è il numero di abitanti di una località o regione. Le caratteristiche numeriche dei sottoinsiemi (p.e. le etnie) possono far parte della descrizione della voce popolazione. Eventuali variazioni di popolazione attraverso il tempo sono oggetto di studio della demografia. La storia della popolazione mondiale La popolazione del nostro pianeta ha raggiunto i 6 miliardi di abitanti nel 2000. Si suppone che la popolazione della terra sfiorerà gli 8 miliardi entro il 2025. In realtà non è possibile prevedere con sufficiente esattezza quali mutamenti economici, sociali e culturali si verificheranno nel mondo nel lungo periodo. La crescita della popolazione è caratterizzata da ritmi molto elevati negli ultimi due secoli e solo negli ultimi decenni ha rallentato (o si è quasi arrestata) nei paesi sviluppati e accenna a rallentare in alcuni fra i paesi meno sviluppati pur rimanendo globalmente ingente. In passato, la crescita è stata generalmente più lenta ma ha comunque conosciuto dei cambi di velocità. Non è facile ricostruire con esattezza la storia della popolazione mondiale. Oggi, in quasi tutti i paesi del mondo si svolgono più o meno regolarmente (in Italia, a partire dal 1861, ogni dieci anni) dei censimenti della popolazione che i governi organizzano con grande impegno. Tuttavia, ancora oggi, non dappertutto i censimenti si svolgono con la necessaria regolarità. Per esempio, ci sono paesi nei quali non vengono eseguiti perché un gruppo dominante religioso, etnico, linguistico, sociale vuole nascondere il fatto che un altro gruppo è cresciuto di più e potrebbe quindi avanzare delle rivendicazioni. Ma, soprattutto, il censimento generale della popolazione, eseguito con metodi scientifici, è uno strumento moderno che si è affermato negli ultimi due secoli (anche se non mancano illustri precedenti nella Roma antica o nell'impero cinese). Una decisa ripresa, con l'inizio di un altro balzo, si ebbe verso la fine del Settecento. In poco meno di due secoli, fra il 1800 e il 1992, la popolazione del mondo si è quasi sestuplicata. Ma la crescita non è stata uguale per tutti i continenti. In Europa la popolazione è cresciuta di circa tre volte e mezzo; in Asia, di cinque volte; in Africa, di più di sei. Le Americhe fanno storia a sé. Conobbero un pauroso declino demografico fra il Cinquecento e il Seicento, dopo la conquista europea, quando le popolazioni native vennero sterminate soprattutto dalle malattie arrivate dall'Europa. Ancora all'inizio dell'Ottocento, le Americhe non ospitavano più di 24 milioni di persone. Questa cifra si è moltiplicata per più di 30 in meno di due secoli a causa dell'arrivo in America di coloni europei. In particolare l'America Latina è passata da 19 milioni di abitanti nel 1800 a 543 nel 2003. La popolazione è distribuita in modo non uniforme sulla Terra Quasi tutta l'umanità vive concentrata su poco più di un sesto delle terre emerse. Alcuni fattori hanno condizionato in passato, e in parte condizionano ancora oggi, il popolamento. In effetti, la distanza dall'Equatore porta verso le regioni a clima temperato e monsonico dove si concentra una buona parte dell'umanità. Sono le regioni in cui l'agricoltura si è sviluppata con buoni risultati fin dall'antichità. Verso i Poli, per il grande freddo, la popolazione diminuisce rapidamente. Un secondo fattore è la distanza del mare e dei grandi corsi d'acqua. In tutti i continenti il popolamento è molto elevato lungo le coste dei mari e degli oceani, mentre diminuisce man mano che ci si allontana dalla costa e dall'acqua. Un terzo fattore è l'altitudine. Il popolamento più fitto si trova nelle aree di pianura, mentre le montagne e gli altopiani elevati, freddi e di difficile coltivazione, hanno sempre respinto gli uomini. Infine, gli insediamenti dipendono dalle risorse che ogni ambiente offre e che gli uomini sono in grado di sfruttare. In effetti, le steppe aride, i terreni gelati, i luoghi desertici e privi di vie d'acqua, i territori scarsi di risorse alimentari hanno in passato respinto gli uomini. Oggi il popolamento dipende, per le diverse forme che assume, anche dal grado di sviluppo economico delle varie aree del mondo. Si può dire che il mondo sia diviso da una linea immaginaria, orizzontale, che separa le nazioni ricche ed evolute nel Nord e quelle povere e in via di sviluppo nel Sud della Terra. Le differenze nel livello di vita generano flussi migratori dai luoghi più miseri verso quelli più ricchi. Questo fenomeno accade anche all'interno di ogni stato, ricco o povero: le popolazioni tendono in genere a concentrarsi nelle aree urbane, abbandonando così le campagne. Dove la Terra è molto popolata L'emisfero boreale è più popolato di quello australe. Però aree molto abitate si alternano ovunque ad aree poco popolate. La maggior densità demografica si trova in tre aree. La prima è situata in Asia e si estende tra la pianura del fiume Indo e quella del fiume Gange includendo Pakistan, India e Bangladesh, dove vivono oltre un miliardo di persone; dall'altro lato sono intensamente popolate aree della Cina e del Giappone e, più a Sud, dell'Indocina e dell'Indonesia. In totale, l'area monsonica asiatica accoglie più della metà della popolazione mondiale. L'insediamento umano risale a migliaia di anni fa, quando si svilupparono antiche civiltà dedite alla coltivazione del riso, che ancora oggi è la risorsa alimentare di base delle popolazioni asiatiche. La seconda area con elevate densità abitative è l'Europa, e in particolar modo l'Europa occidentale. La zona può includere anche la Turchia, a volte considerata parte dell'Europa a volte no, ma in questo caso facente parte di quest'area ad elevata densità abitativa; area che passa gli 800 milioni di abitanti. Una terza area fittamente abitata è l'America Settentrionale, in particolar modo la parte orientale della stessa, dove, oltre che per il clima temperato e le favorevoli risorse ambientali, la popolazione è cresciuta per motivi storici derivanti sia dall'immigrazione europea sia dallo sviluppo industriale e urbano. Non comparabile comunque la densità abitativa di quest'area alle prime due. Dove la terra è poco popolata Ci sono spazi immensi dove gli uomini abitano poco o nulla. Si tratta di luoghi bellissimi, necessari all'equilibrio globale della Terra, ma inospitali. Però anche in queste zone vi sono insediamenti di popolazioni che hanno saputo convivere con le difficilissime condizioni di vita. Le foreste tropicali, per esempio, hanno un clima caldo-umido, il suolo è invaso da una fittissima vegetazione spontanea e nelle vastissime paludi ci sono insetti che rendono l'ambiente malsano (zanzare portatrici di malaria, di febbre gialla ecc.). Tuttavia, anche in questo ambiente si sono insediate varie popolazioni, molte delle quali rischiano oggi l'estinzione per la distruzione del loro habitat provocata dallo sfruttamento delle risorse di quelle terre vergini. Le zone aride e desertiche hanno piogge così scarse che i lunghi periodi di siccità rendono quasi impossibile l'agricoltura. Anche qui, tuttavia, sono riusciti a vivere popoli in grado di sfruttare le misere coltivazioni delle oasi e popoli nomadi, dediti alla pastorizia e al commercio (come i Tuareg del Sahara). Le zone montane offrono un habitat adatto all'uomo solo alle quote inferiori ai 2000 metri. Vi sono però popoli che vivono sull'altopiano del Tibet, in Asia, a più di 5000 metri di quota, testimoni, con i loro templi, di civiltà antichissime; inoltre, le popolazioni andine abitano gli altopiani della Cordigliera delle Ande a oltre 4000 metri di altezza. Gli immensi spazi glaciali dell'Artide e dell'Antartide, fondamentali per la regolazione del clima della Terra, sono inospitali, anche se nelle regioni artiche del Canada, dell'Europa e della Groenlandia vivono le popolazioni Inuit e lappone, organizzate in piccole comunità dedite alla caccia e alla pesca. Gli uomini si concentrano nelle città La crescita delle città costituisce uno dei fenomeni più importanti della nostra epoca: in tutto il mondo la popolazione tende a concentrarsi negli insediamenti urbani e già oggi più della metà degli abitanti della Terra vive nelle città, mentre all'inizio del 1800 i cittadini erano solo 5 persone ogni 100. Nei paesi sottosviluppati, la popolazione urbana cresce a un ritmo tre volte superiore rispetto ai paesi sviluppati. C'è però una grande differenza tra quanto accade nei paesi ricchi e in quelli poveri. Nei paesi ricchi l'urbanizzazione è frutto dello sviluppo: le città offrono posti di lavoro e un modo di vita per molti più interessante. Dove la società è più ricca ed evoluta si sta anzi delineando una tendenza contraria: attività industriali, aree commerciali e zone residenziali si spostano dalla città verso altri luoghi. È il decentramento urbano. Numerose fabbriche sono sorte in zone agricole, perché le reti telematiche e i trasporti veloci tendono ad annullare le distanze. In aree extraurbane, talvolta in aperta campagna, sono sorti grandi centri commerciali e insediamenti residenziali. Nei paesi poveri, invece, le grandi masse che si accalcano nelle sterminate periferie delle città, inseguono solo la speranza, spesso solo illusoria, di migliorare la propria esistenza. Le grandi concentrazioni urbane Si definisce metropoli quella città che estende la propria influenza a vaste regioni che la circondano: la metropoli di Houston, in USA, si estende per 1500 chilometri quadrati, quella di Pechino, in Cina, per 16000. Le metropoli hanno una popolazione elevata, spesso superano i 10 milioni di abitanti, e un'alta densità di abitanti (per esempio, 14000 abitanti per chilometro quadrato a Tokyo). Diversa dalla metropoli è la conurbazione, che si è realizzata dove i centri urbani, con le proprie cinture di città satelliti, si sono congiunti senza perdere la propria identità e autonomia. La conurbazione è una configurazione territoriale più vasta e complessa di una singola città. Nelle regioni in cui diverse conurbazioni si sono saldate, si sono formate le megalopoli, costituite da serie di città di varie dimensioni, tra cui si allargano anche aree non edificate ricoperte di boschi e parchi, zone agricole dove si coltivano ortaggi e frutta destinati al consumo degli abitanti. Il territorio della megalopoli è molto articolato e alterna aree urbane a spazi agricoli, industriali, ricreativi. La più grande megalopoli si è formata nel Nord-Est degli Stati Uniti, sulla costa atlantica, lungo l'asse Washington - Boston. Essa è lunga circa 600 chilometri, larga circa 200. Conta circa 50 milioni di abitanti, con una densità media di 300 persone per chilometro quadrato. Comprende altre importanti città come New York, Filadelfia, Baltimora: in totale 30 aree urbane. La megalopoli chiamata "San San" da San Francisco a San Diego, si affaccia per 800 chilometri di lunghezza sulla costa dell'Oceano Pacifico, in California. La megalopoli di Chippitts, da Chicago a Pittsburgh, è disposta invece lungo i grandi laghi centrali. Una grande megalopoli è quella del Tokaido, in Giappone. Anch'essa è sorta lungo il mare e si sviluppa per circa 300 chilometri. La città nei paesi sottosviluppati Molte città dei paesi sottosviluppati hanno un'origine coloniale e furono fondate dagli europei dal nulla o sostituendo gli insediamenti precedenti. Queste città sorsero lungo le coste o sulle foci dei grandi fiumi perché servivano da punti di raccolta delle materie prime che provenivano dall'interno. Perciò le attività urbane si concentravano intorno alle funzioni del commercio e del trasporto delle merci. Nei centri cittadini abitavano gli europei, e alcune famiglie ricche locali associate alle attività dei conquistatori. I centri storici sono quindi molto simili a quelli delle città europee, soprattutto nell'America Meridionale, dove giunse l'azione colonizzatrice della Spagna e del Portogallo. Le città dei paesi sottosviluppati sono divise in due settori del tutto diversi. C'è il settore moderno, con alcuni grattacieli, sedi normalmente di banche o compagnie internazionali, strade ampie e intasate di traffico, alberghi di lusso per i turisti stranieri. Nel settore tradizionale della città, invece, le case sono malandate, pullulano gli artigiani, i lustrascarpe, i piccoli commercianti adagiati sugli scalini di qualche casa. Colori, odori, oggetti di ogni tipo si mescolano e la confusione è sempre grandissima. La pulizia delle strade è scarsa e le auto circolanti sono vecchie e malandanti. La maggior parte della popolazione vive negli insediamenti abusivi che circondano l'area edificata centrale. Si tratta di costruzioni temporanee, innalzate dagli abitanti stessi e fatte con mezzi di fortuna: lamiere ondulate, cartone, legno, ferro, taniche di plastica. Mancano l'acqua corrente, le fognature, la scuola, i negozi alimentari; quasi sempre c'è però un televisore! Sono le baraccopoli che prendono nomi suggestivi: favelas in Brasile, callampas in Cile, villas miseria in Argentina, bustess in India. Queste periferie brulicanti sono estesissime e ospitano più di metà della popolazione urbana dei paesi sottosviluppati. Le dinamiche demografiche La Terra non è sempre stata popolata come oggi. All'inizio del 1900, il nostro pianeta aveva circa un miliardo e seicento milioni di abitanti. La popolazione mondiale per migliaia di anni era rimasta stazionaria: poi si è avviata una lenta crescita proseguita con alti e bassi fino al 1700. In seguito è diventata sempre più intensa e oggi esiste il problema della crescita eccessiva. Normalmente la popolazione cresce di più dove le risorse sono abbondanti e dove l'economia più sviluppata ha migliorato le condizioni di vita. Infatti, nel corso della storia i grandi mutamenti hanno avuto profonde conseguenze sul movimento demografico. L'agricoltura Fra i 7 e gli 11 mila anni fa venne fatta una delle più rivoluzionarie invenzioni: l'agricoltura. Per coltivare i campi, gli uomini abbandonarono il nomadismo e divennero sedentari. A causa dell'agricoltura e dell'allevamento fu possibile garantire una base alimentare a un maggior numero di persone e la popolazione della Terra raggiunse, duemila anni fa, i 200 milioni di abitanti. Lo sviluppo dell'agricoltura permise anche la nascita delle prime città, la cui sopravvivenza era garantita proprio dalle risorse agricole. La Rivoluzione industriale Nei secoli successivi la popolazione della Terra ebbe oscillazioni dovute all'alternarsi di periodi di benessere e periodi di carestia. Fame, pestilenze, e guerre avevano decimato le popolazioni. Ma intorno alla metà del 1700 la situazione cambiò radicalmente perché allo sviluppo dell'agricoltura si unì la Rivoluzione industriale. In Europa e nell'America Settentrionale, pur tra molte disparità sociali, i progressi dell'industria migliorarono le condizioni di vita delle famiglie: le abitazioni diventarono più calde e igieniche, l'alimentazione più varia e completa, le carestie più rare. In seguito, la medicina fece passi da gigante e diminuì la mortalità, sia quella assoluta sia quella durante il primo anno di vita. Fino agli anni recenti, la crescita della popolazione è avvenuta nei paesi in cui lo sviluppo economico era maggiore. Nati e morti nei paesi ricchi Nei paesi ricchi le condizioni di vita sono migliori. La popolazione vive più a lungo e la durata media della vita supera i 70 anni. La mortalità è bassa, inferiore ai 10 per mille, il che significa che su mille abitanti ogni anno ne muoiono meno di dieci. Una bassa mortalità dovrebbe provocare un aumento della popolazione. Invece nei paesi ricchi non avviene così, perché un altro fenomeno contrasta questo aumento: le coppie decidono di avere pochi figli e le famiglie sono piccole. Per via della ridotta natalità, in assenza di flussi migratori in ingresso, la situazione demografica potrebbe peggiorare con una riduzione della popolazione presente sul territorio, dando vita a pericolosi mutamenti sociali ed economici. Un altro fenomeno, dovuto all'innalzamento della speranza di vita, è l'invecchiamento della popolazione, cioè la crescita del numero delle persone anziane rispetto a quelle giovani. L'aumento degli anziani provoca conseguenze sociali importanti e richiederà presto l'implementazione di correttivi per riequilibrare la distribuzione dei carichi di lavoro e delle risorse. Nati e morti nei paesi sottosviluppati Nei paesi più poveri, sia la mortalità sia la natalità sono molto elevate. In molti stati dell'America Meridionale, dell'Africa, dell'Asia la natalità supera il 30 per mille. La mortalità rimane alta, malgrado i progressi della medicina, e la durata della vita media, che non supera i 50 anni, è molto più breve di quella dei paesi ricchi. Su questi valori bassi incide la mortalità infantile, provocata dall'insufficiente nutrizione e dalla scarsa igiene durante il periodo dello svezzamento. Tuttavia la popolazione cresce a ritmi frenetici. In Brasile oltre un quarto degli abitanti ha meno di 15 anni e la popolazione è, complessivamente, giovane. Il peso degli abitanti dei paesi in via di sviluppo sull'intera popolazione della Terra è in forte crescita. L'incremento demografico nei paesi poveri deriva dalle mancate rivoluzioni e cambiamenti culturali e sociali (come il [femminismo] o la rivoluzione culturale del [1968]) o anche solamente politiche degli stati atte a diminuire il numero della prole (vedasi la politica del figlio unico in Cina) che hanno provocato nei paesi più un forte declino della natalità. Per i paesi in via di sviluppo è stato più facile importare medicinali dai paesi sviluppati che trasformare i propri modelli di vita legati a precise culture. Di notevole importanza politica è l'aumento della popolazione nei paesi poveri in quanto potrebbe portare a futuri conflitti per appropriarsi delle riserve idriche o alimentari (la situazione dei paesi che si affacciano sul [Lago Vittoria] è particolarmente critica, in questo senso). Tuttavia l'aumento della popolazione nei paesi in via di sviluppo non è necessariamente un problema: il caso dell'India, che possiede la manodopera più giovane del mondo, ne è l'esempio, con tassi di crescita economica del 9.4% nel 2007. In un complesso mondiale comunque, nascono 3 individui ogni secondo e ne muoiono circa 2,6. Le politiche demografiche I governi degli stati realizzano una politica demografica quando vogliono esercitare un'influenza sulla struttura spontanea della popolazione per farla aumentare o per non farla aumentare troppo. In alcuni paesi europei (Francia, Belgio, Germania, Paesi Bassi), per esempio, i governi hanno incentivato le nascite con sostegni economici alle famiglie numerose. In alcuni paesi in via di sviluppo, invece, si cerca di ridurre le nascite. Per esempio, la Cina ha deciso di pianificare le nascite, anche perché ha una popolazione che supera il miliardo di persone. Si è così passati a una media di sei figli per donna a una media di tre e sono state approvate leggi che danno incentivi economici alle famiglie con un solo figlio e invece impongono tasse o altre punizioni alle famiglie che ne hanno tre o più. UNITA’ 1 PARTE 12 LE MIGRAZIONI I movimenti migratori - l'abbandono di un dato territorio, dove si è svolta la vita del soggetto singolo o gruppo fino a quel momento, per insediarsi in modo permanente o temporaneo in un altro territorio - sono antichi quanto la storia umana. Tali movimenti possono avvenire entro i confini di un dato paese (emigrazione dal Sud al Nord Italia) o tra due paesi (dall'Italia alla Germania o dalla Nigeria all'Italia). Le migrazioni internazionali hanno raggiunto oggi dimensioni sconosciute nei secoli precedenti, grazie in parte allo sviluppo dei mezzi di comunicazione e dei trasporti. La maggior parte delle migrazioni, compresa la fuga dei rifugiati e richiedenti asilo, avvengono in e tra paesi del Sud del mondo, paesi che dispongono di meno risorse per assistere o agevolare l'inserimento dignitoso di un gran numero di persone che migrano. L’aumento delle superfici coltivate e l’urbanizzazione hanno ristretto il territorio delle migrazioni interne. Il dibattito intorno alle cause delle migrazioni internazionali è acceso e controverso. Secondo vari autori, possono essere interne ai Paesi di emigrazione (cause di espulsione) o d’immigrazione (cause di attrazione). Le cause che spingono ad abbandonare il proprio Paese sono molteplici: * mancanza di prospettive per il futuro; * peggioramento delle condizioni di vita; * cause economiche; * equilibrio nel mercato del lavoro; * degrado ambientale; * cause demografiche; * disgregazione della struttura sociale tradizionale; * instabilità politica; * violazione dei diritti umani; * trattati internazionali e confini arbitrari. Le cause di attrazione verso un certo Paese sono altrettanto varie: * aspettative di migliori condizioni di vita; * presenza di opportunità di lavoro; * minore densità demografica; * cause psicologiche: curiosità e gusto per l’avventura; * conoscenza di modelli di vita occidentali e di sviluppo industriale; * maggiore modernizzazione; * divario tecnologico. Gli effetti delle migrazioni nelle zone di esodo possono essere diversi: * squilibri tra le fasce d’età della popolazione; * effetti economici: rimesse degli emigranti, alleggerimento del mercato del lavoro, inflazione, nuovo mercato estero per i prodotti locali; * abbandono delle aree agricole; effetti sociali (diminuisce il conflitto ma aumenta la disgregazione); * maggiori conoscenze acquisite da chi rientra in patria. Nelle zone d’immigrazione questi effetti possono essere i seguenti: * aumento demografico; * effetti economici: gli immigrati spesso coprono settori abbandonati dalla manodopera locale, favoriscono la flessibilità del lavoro impedendo a non poche fabbriche di chiudere e risultando così funzionali al sistema economico * dei Paesi di destinazione; * conflitti tra generazioni; * xenofobia; * perdita dell’identità culturale. Le alternative alle migrazioni sono legate agli investimenti economici e tecnologici da parte dei Paesi industrializzati nel Terzo mondo e a un’appropriata politica demografica da parte di quest’ultimo. Quel che è certo è che non vanno affatto d’accordo il processo di integrazione economica globale e la mancata liberalizzazione nella politica della circolazione delle persone, qualunque opinione si abbia su entrambi i fenomeni. Legati all'immograzioni si hanno vari fenomeni: Assimilazione L’assimilazione è un processo di abbandono della propria cultura, che ha per conseguenza l’assunzione di modelli culturali peculiari della società ospitante. Frutto, in principio, di una visione etnocentrica e coloniale e, più di recente, dell’appello a principi egalitaristi, essa è generalmente naufragata contro il persistere di un’identità etnica, intesa come risorsa organizzativa e canale di solidarietà. Integrazione L’integrazione è viceversa, secondo una definizione dell’Onu, un processo progressivo verso la partecipazione attiva delle persone immigrate alla vita del loro nuovo Paese di residenza, grazie a una conoscenza, un adattamento e una comprensione reciproca da parte sia delle persone arrivate, sia di quelle autoctone. Pluralismo culturale Il pluralismo culturale è una vera e propria coabitazione tra culture diverse: si parla di multiculturalità quando è un pluralismo fatto anche d’incomprensioni, rifiuti e conflitti; d’interculturalità, al contrario, quando è capace di rispettare il mantenimento delle differenze, i diritti umani e la legittimità di ogni cultura. Profughi e rifugiati Le persone profughe sono quelle costrette a lasciare il proprio Paese. Tra di esse, l’UNHCR (Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati) considera rifugiato (profughi e rifugiati) «chiunque, a seguito di un timore assai fondato di essere perseguitato per motivi razziali, religiosi e nazionali, o perché appartiene a un determinato gruppo sociale o professa certe opinioni politiche, vive fuori del territorio della propria patria e si trova nell’impossibilità e persino, a causa dei suoi timori, rifiuta di avvalersi della protezione della propria patria». I confini tra emigrato (scelta volontaria), profugo (costretto per svariati motivi) e rifugiato (costretto perché perseguitato) non sono sempre netti. Gli Stati tendono sempre più a considerare i profughi e i rifugiati come migranti per motivi economici, in modo da assoggettarli alle norme sull’immigrazione anziché a quelle sull’asilo, il che consente loro di respingere o espellere i nuovi arrivati. Secondo una stima delle Nazioni Unite, all'inizio del 1998 c'erano più di 120 milioni di persone che vivevano in paesi diversi da quelli d'origine e 13 milioni di rifugiati riconosciuti dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR); l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) stima che le migrazioni internazionali interessino circa 16 - 20 milioni di persone in Africa, 6 - 9 milioni in Asia, 20 milioni in Europa escluse l'ex-URSS e l'ex-Iugoslavia, 15 - 17 milioni nel Nord America, 7 - 12 milioni nell'America centrale e meridionale e 6 - 7 milioni nell'Asia occidentale (stati arabi). Di fronte a questa dimensione del fenomeno, l'ONU ha ritenuto opportuno ribadire che i diritti dei migranti sono diritti umani, promuovendo ed approvando il 18 dicembre 1990 dall'Assemblea Generale la "Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie". UNITA’ 2 PARTE 1 EUROPA L'Europa è una regione geografica della Terra costituita principalmente da una penisola situata nella parte occidente del continente Eurasia. In conseguenza a fattori storico-culturali, è comunque considerata essa stessa un continente, benché fra i più piccoli, la sua superficie infatti si estende per soli 10.400.000 km² (estensione soltanto di poco superiore all'Oceania ed all'Antartide, i due continenti più piccoli della Terra) popolati tuttavia da 800.000.000 di abitanti che la portano ad essere il terzo continente più popolato (dopo l'Asia e l'Africa). Il suo confine naturale è costituito per un lungo tratto dal mare: è delimitata a nord dal mare Glaciale Artico, ad ovest dall'oceano Atlantico, a sud dal mar Mediterraneo, a sud-est dal mar Nero e dal Caucaso, ad est dal mar Caspio, dalla catena montuosa degli Urali e dal fiume Ural. La storia europea e la sua cultura hanno influenzato notevolmente tutto il mondo civilizzato. La posizione centrale dell'Europa, rispetto agli altri continenti, e la penetrazione del mare hanno sempre favorito le comunicazioni fra le popolazioni delle diverse regioni e le migrazioni verso le altre regioni del mondo. Il clima mite di buona parte del continente, inoltre, ha fatto sì che divenisse densamente abitata. L'origine del nome "Europa" Il toponimo "Europa" viene dalla lingua greca (in greco: Ευρώπη) che significa "largo viso" (probabilmente un appellativo della luna) ed era una figura della mitologia greca. Europa era la figlia di Agenore re di Tiro, antica città fenicia e colonia greca in area mediterraneo-mediorientale. Zeus, innamoratosi di questa, decise di rapirla e si trasformò in uno splendido toro bianco. Mentre coglieva i fiori in riva al mare Europa vide il toro che le si avvicinava. Era un po' spaventata ma il toro si sdraiò ai suoi piedi ed Europa si tranquillizzò. Vedendo che si lasciava accarezzare Europa salì sulla groppa del toro che si gettò in mare e la condusse fino a Creta. Zeus si ritrasformò in dio e le rivelò il suo amore. Ebbero tre figli: Minosse, Sarpedonte e Radamanto. Minosse divenne re di Creta e diede vita alla civiltà cretese, culla della civiltà europea. Il nome Europa, da quel momento, indicò le terre poste a nord del Mar Mediterraneo. Nascita dell'Europa e degli europei In epoca greca e romana l'Europa era un termine geografico indefinito, una terra a nord del Mediterraneo, della quale non si conoscevano i confini settentrionali. Nella ricostruzione del geografo greco Ecateo di Mileto (m. 480 a.C) la terra comprendeva due continenti divisi dal Mediterraneo, centro del mondo: da una parte l'Europa confinata a nord dalle sconosciute regioni iperboree; dall'altra l'Asia, nella quale erano compresi anche l'Egitto e la Libia. Assai raramente gli autori latini citano i termini "Europa" ed "europei". Il primo che usa il termine con un significato assai pertinente alla fine del VI secolo fu l'abate irlandese San Colombano, futuro fondatore dell'abbazia di Bobbio, che lo citò (tutus Europae) in una delle lettere al papa Gregorio Magno. Anche il monaco Isidoro Pacensis, usò il termine per indicare i soldati che sotto la guida di Carlo Martello, avevano combattuto a Poitiers (prospiciunt Europenses Arabum tentoria, nescientes cuncta esse pervacua). La battaglia aveva assunto infatti un grande valore simbolico: l'Occidente cristiano idealmente rappresentato dall'Europa, che aveva fermato l'espansione araba; e quindi Isidoro aveva usato l'aggettivo "europeo" per attribuire un'identità collettiva ai guerrieri che avevano fermato gli invasori musulmani. L'Europa diviene per la prima volta una concreta e nuova realtà politica con l'impero di Carlo Magno. Tra la fine del VIII e l'inizio del IX secolo, alla fine di un trentennio di guerre contro Longobardi, Avari, Sassoni e Slavi, nasce una nuova entità nella quale convergono l'antica potenza di Roma, l'autorità spirituale del sommo pontefice e la forza dei giovani popoli germanici. Carlo, un giovane condottiero franco fonda l'Europa, che da generica espressione geografica diventa un grande Impero che usa la stessa moneta, che adotta il latino come lingua ufficiale scritta e che professa una sola religione. UNITA’ 2 PARTE 2 ASIA L'Asia, il più vasto dei continenti (la sua superficie è più di quattro volte quella dell'Europa e pari a quasi un terzo di tutte le terre emerse), si presenta nel suo complesso come una massa continentale di grandi dimensioni, ed è la sola tra le terre emerse a essere bagnata da tre oceani: l'Oceano Atlantico (con il Mar Glaciale Artico e il Mar Mediterraneo), l'Oceano Indiano e il Pacifico. La massa continentale si spinge a sud con le tre grandi penisole dell'Arabia, dell'Indiana e dell'Indocinese. A quest'ultima seguono, come prolungamento naturale, le isole dell'Indonesia, mentre più a est, nell'Oceano Pacifico, vi sono grandi festoni di isole che, dalle Curili al Giappone e alle Filippine, delimitano mari costieri. I punti estremi dell'Asia sono: A nord Capo Čeljuskin, sulla costa siberiana (77° 40' latitudine nord); A sud Capo Buru, all'estremità della penisola di Malacca (1° 16' latitudine nord); A ovest Capo Baba, in Asia Minore (26° 5' longitudine est); A est Capo Orientale, sullo stretto di Bering (170° longitudine ovest). L'asse nord-sud è di 8600 km ca., quello ovest-est di 9000 km ca. L'Asia è unita all'Europa, con la quale forma una sola massa continentale, detta Eurasia, ed è unita anche all'Africa dall'istmo di Suez; è separata dall'America settentrionale dallo stretto di Bering (largo 92 km); il complesso insulare indonesiano la collega all'Australia. L'Asia non è soltanto il continente più esteso della Terra, è anche quello in cui più profondi sono i contrasti fisici, umani ed economici. Il monte Everest (8844,43 m) è il punto più alto della Terra, mentre la fossa delle Marianne quello più profondo. L'Asia si espande in tutte e tre le zone astronomiche dell'emisfero boreale: la glaciale, la temperata e la torrida. Di conseguenza molto forti sono i contrasti climatici: nella Siberia settentrionale, infatti, si registrano temperature sino a -70 °C (Verkhojansk e Ojmjakon), mentre nel deserto di Lut, in Iran, si toccano i +54 °C all'ombra; ai piedi dell'Himalaya, a Cherrapunji, cadono oltre 11.000 mm di pioggia all'anno, mentre nelle aree desertiche interne del continente non piove quasi mai e vi è pochissima umidità. In Asia si trova il più grande lago del mondo il mar Caspio (371.000 km²), quello più profondo il Bajkal (1741 m), in Russia, e quello più depresso, il Mar Morto (-395 m). Un fenomeno meteorologico stagionale che colpisce sporadicamente gran parte dell'Asia Orientale durante i mesi primaverili è quello delle tempeste di polvere asiatiche che si origina nei deserti della Mongolia, della Cina e del Kazakistan settentrionale. La grande varietà di climi causa le più svariate formazioni vegetali: dalla tundra e dalla grande foresta di conifere (taiga) delle regioni settentrionali, alla vegetazione tropicale delle savane e delle foreste equatoriali. Inoltre dall'Asia sono pervenute la maggior parte delle piante utili all'uomo, come il frumento, l'orzo, la fava, la lenticchia, il fagiolo, l'olivo, la vite, la canna da zucchero ecc. Così pure ricca e variata è la fauna: dalla renna e dagli animali da pelliccia al cammello, al cavallo, alla pecora, alla tigre, alla pantera, al leone ecc. Anche nel campo antropico si riscontrano grandi contrasti: l'Asia ha una popolazione che rappresenta quasi i 3/5 della popolazione terrestre, ma distribuita in modo poco uniforme: si passa dalle aree desertiche, praticamente disabitate, a quelle della costa cinese, del Giappone e dell'Indonesia, dove si raggiungono i 1000 ab./km². Grandi sono le differenze etniche L'Asia è stata la sede delle prime più importanti e complesse manifestazioni culturali; in Asia vennero probabilmente messi in atto i primi metodi di agricoltura e di allevamento, fu inventata la metallurgia e sorsero i primi Stati; tutte le più importanti religioni (giudaismo, cristianesimo, islamismo, induismo, buddismo) nacquero in Asia e si diffusero in seguito in tutta la Terra. Negli immensi spazi asiatici sono sorti e si sono sviluppati i più grandi imperi continentali che la storia ricordi: dal persiano, all'arabo, al turco, al bizantino e tuttora enormi sono le dimensioni di alcuni Stati asiatici, come la Cina, che si estende per oltre 9,3 milioni di km². L'Asia è il continente con la maggiore altitudine media (960 m); dal punto di vista geografico, può essere divisa in tre grandi regioni: la regione settentrionale, pianeggiante, costituita dal bassopiano turanico-siberiano e dal tavolato siberiano; la regione mediana, con i giganteschi sistemi montuosi; la regione meridionale, frazionata in tre grandi penisole. Il fiume Jenisej divide in due parti il tavolato siberiano: l'orientale (altopiano siberiano), con bassi rilievi che generalmente non superano i 500 m, con alcune cime più elevate (monti Putorana, 2037 m; monti dello Jenisej, 1122 m); l'occidentale (bassopiano siberiano), con terre pianeggianti divise dal bassopiano turanico dalle alture della Chirghisia. La regione mediana dei grandi sistemi montuosi comprende una fascia gigantesca di acrocori, altipiani e di catene che si annodano nel Pamir, il "tetto del mondo". Da occidente la grande fascia orografica presenta l'altopiano anatolico, con a nord i monti Eusini e a sud il Tauro, l'Acrocoro Armeno, che raggiunge i 5165 m con il monte Ararat, e si collega a nord con il sistema dal Caucaso formato da catene parallele altissime (Elbrus, 5633 m), e a sud-est con l'altopiano iranico chiuso tra i monti Elbrus e i monti del Khorasan e dell'Afghanistan a nord, i monti della Persia meridionale e del Belucistan a sud che terminano, con i monti Sulaiman, nella pianura dell'Indo. Da queste masse montuose si dipartono poi catene minori nella Cina e, verso sud, nella penisola indocinese. Fra i due fasci di catene che si dipartono dal Pamir, si stende l'altopiano di Hanhai (mare disseccato), la cui parte orientale è occupata dal deserto di Gobi. La regione meridionale dell'Asia presenta due grandi penisole bagnate dall'oceano Indiano: l'Arabia e l'India, formate da tavolati con orli montagnosi, morfologicamente simili all'Africa; il tavolato indiano (Deccan) è orlato lungo le coste da rilievi, Ghati Occidentali e Ghati Orientali, ed è separato dai grandi sistemi montuosi centrali dal bassopiano indogangetico. I festoni insulari e peninsulari della parte orientale del continente sono frammenti di catene montuose periferiche caratterizzate dalla presenza di molti vulcani (116 attivi tra le isole Curili e il Giappone), allineati nella cosiddetta cintura di fuoco pacifica. UNITA’ 2 PARTE 3 AFRICA L'Africa è il terzo continente per estensione dopo l'Asia e le Americhe. La sua superficie, pari a 30.227.467 km², rappresenta il 20,2% delle terre emerse del pianeta; i suoi abitanti (oltre 920.000.000 al 2005) costituiscono un settimo della popolazione mondiale. L'Africa è delimitata a Nord dal mar Mediterraneo, a Ovest dall'oceano Atlantico, a Sud dall'oceano Antartico e a Est dall'oceano Indiano. A Nord-Est è separata dall'Asia dall'artificiale Canale di Suez. È attraversata dall'equatore e caratterizzata da una grande varietà di climi. Il termine Africa significa "terra degli Afri", nome di alcune genti che abitavano nel Nord Africa vicino Cartagine. Il nome Afri è generalmente connesso con l'etimo fenicio afar, "polvere", ma una recente teoria lo collega alla parola berbera ifri n Qya (cioè grotta di Qya) o Ifran, che significa "grotta". Altre etimologie proposte per l'antico nome "Africa": • • lo storico Flavio Giuseppe (Ant. 1.15) sostenne che esso derivasse da Epher, nipote di Abramo, i cui discendenti avrebbero invaso la Libia; dalla parola latina aprica ("soleggiato") di cui fa menzione Isidoro di Siviglia nelle Etymologiae XIV.5.2. Il continente africano è principalmente orientato su un asse nord-sud, ha una forma tozza, dallo sviluppo costiero poco articolato, grossomodo triangolare, allargata nella parte settentrionale che si assottiglia in corrispondenza della zona a sud dell'Equatore. Il continente è completamente circondato dal mare ad eccezione di una piccola zona in corrispondenza dell'istmo di Suez, a nord è bagnato dal mar Mediterraneo, a est dal mar Rosso e dall'oceano Indiano, a ovest dall'oceano Atlantico. Gli unici collegamenti con gli altri continenti sono rappresentati dalla penisola del Sinai che lo lega all'Eurasia. Lo stretto di Gibilterra e il canale di Sicilia lo separano dall'Europa. La distanza dal punto più settentrionale (Ras ben Sakka, immediatamente a ovest di Cap Blanc, in Tunisia, a 37°21' N) al punto più meridionale (Cape Agulhas in Sudafrica, a 34°51'15" S) è pari a circa 8.000 km mentre dal punto più occidentale (Capo Verde, a 17°33'22" O) a quello più orientale (Ras Hafun in Somalia, 51°27'52" E) è pari a circa 7.400 km. Lo stato più grande del continente è il Sudan mentre quello più piccolo sono le Seychelles, un arcipelago al largo della costa orientale. Lo stato più piccolo sulla terraferma è invece il Gambia. Morfologia L'altitudine media del continente è pari a circa 600 m s.l.m.; le aree situate a quote inferiori ai 180 m s.l.m. sono relativamente poche, così come poche sono le zone che superano i 3000 m. Il continente può essere diviso in due aree geografiche, una pianeggiante situata nella parte settentrionale e la zona degli altopiani che occupa il resto del continente. Le montagne più alte dell'Africa si trovano sempre in prossimità della Rift Valley: sono il Ruwenzori (5110 m di altitudine), il Kilimangiaro (5895 m di altitudine) in Tanzania e il Monte Kenya (5199 m di altitudine) nello stato omonimo. Questi ultimi sono vulcani spenti, ma sulle loro cime si trovano ghiacci perenni. A ovest c'è un altro vulcano spento, il Camerun (4071 m di altitudine). Il settentrione Nella parte settentrionale del continente, dall'Oceano Atlantico fino al Mar Rosso, si estende il deserto del Sahara, il più vasto deserto del mondo (9.000.000 km²); la sua superficie è principalmente pianeggiante, ma vi si trovano anche rilievi che raggiungono i 2.400 m s.l.m. A nord-ovest il deserto è delimitato dalla catena dell'Atlante e a nord-est lo separa dal Mediterraneo un altopiano roccioso che digrada fino al delta del Nilo. A meridione il Sahara sfuma in un'area pianeggiante semi-arida chiamata Sahel. Il clima è tipicamente mediterraneo al nord,con estati calde e secche e inverni miti e umidi. Coste e isole Lo sviluppo costiero del continente è ridotto a lunghezza complessiva di circa 26.000 km (L'Europa, con una superficie tre volte inferiore, ha circa 32.000 km di coste). La costa si presenta compatta, priva di penisole e insenature di dimensioni rilevanti. Verso nord, sul Mar Mediterraneo, si affacciano due importanti golfi: il Golfo della Sirte davanti alla Libia e il Golfo di Gabes davanti alla catena dell'Atlante. Le coste sono scoscese, con rilievi che arrivano spesso fino al mare. Coste pianeggianti si trovano in Libia e Egitto, dove le coste sono basse e sabbiose e spesso desertiche, così come in Mauritania, Somalia e Namibia. Lungo le coste del Golfo di Guinea e del Mozambico si sviluppano paludi e acquitrini, e banchi sabbiosi rendono difficoltosa la navigazione. L'unica isola di grandi dimensioni è il Madagascar, la quarta più grande del mondo; isole di dimensioni minori si trovano lungo gran parte della costa. Ci sono arcipelaghi di piccole isole sia sul versante dell'Atlantico come: Madeira, Canarie e Capo Verde. C'è anche un'altra isola sulla costa della Tanzania: Zanzibar. Idrografia In Africa vi sono vaste zone areiche, ovvero prive di corsi d'acqua (per esempio il deserto del Sahara) e regioni endoreiche, ovvero con corsi d'acqua che si perdono nel deserto o in paludi o sfociano in laghi chiusi (per esempio i deserti del Namib e del Kalahari). La fascia centrale del continente, dove le piogge sono regolari, forma invece una zona esoreica, ovvero con corsi d'acqua che sfociano nel mare, principalmente nell'Oceano Atlantico, come il fiume Niger e il fiume Congo. Il Niger (4.160 km di lunghezza) nasce dal rilievo del Fouta Djalon e sfocia con un grande delta nel golfo di Guinea. Il fiume Congo, di 4.200 km di lunghezza, sfocia nell'Oceano Atlantico e dà nome alle due repubbliche che si affacciano sulle sue rive (la Repubblica del Congo e la Repubblica Democratica del Congo). I numerosi affluenti del Congo (il più importante è il Kasai) formano un enorme bacino fluviale. Nella parte più meridionale scorrono l'Orange, che sfocia nell'Oceano Atlantico, e lo Zambesi, l'unico grande fiume a sfociare nell'Oceano Indiano. Il principale fiume africano è il Nilo col suo affluente Kagera, che è stato fino a poco tempo fa anche il fiume più lungo del mondo (6.671 km) superato recentemente dal Rio delle Amazzoni (6.868 km). Le sue sorgenti sono nell'Africa equatoriale, da cui provengono i due rami principali: il Nilo Azzurro, che nasce dall'altopiano Etiopico, e il Nilo Bianco, emissario del Lago Vittoria il cui tributario, il Kagera, origina dagli altopiani del Burundi. Il Nilo attraversa l'Africa nord-orientale e quando raggiunge il Mediterraneo sfocia con un'ampia foce a delta. Il fiume è conosciuto per il limo, terra che rendeva fertile la distesa sahariana e che consentì lo sviluppo della civiltà egizia; per questo motivo l'Egitto veniva anticamente chiamato "dono del Nilo". La costruzione della diga di Assuan ha permesso la creazione di un ampio bacino artificiale, il lago Nasser; la terra fertile si deposita sul fondo del lago ed è necessario usare fertilizzanti per migliorare la resa dei terreni. Una lunga catena di laghi corre lungo la frattura tettonica della Rift Valley, ai confini tra la Repubblica Democratica del Congo, l'Uganda, la Tanzania, il Burundi e il Ruanda: i più importanti sono il Lago Vittoria e il Lago Tanganica. Ambienti naturali L'Africa presenta una grande varietà di ambienti ed ecosistemi, molti dei quali sono unici al mondo. La parte settentrionale del continente è occupata in gran parte dal gigantesco deserto del Sahara, mentre a sud di questo, l'ambiente predominante è la grande savana, l'immensa distesa erbacea teatro dei grandi safari per turisti. Nella zona equatoriale,in particolare nel bacino del Congo,vi sono invece le grandi foreste tropicali, estese anche su buona parte della zona del Golfo di Guinea. Altre aree desertiche si trovano nella zona del Corno d'Africa e nella zona sud-ovest del continente, dove si trova il grande deserto del Kalahari. Un' estesa foresta pluviale occupa anche la parte orientale del Madagascar, per il resto ricoperto da savane. Paesaggi tipicamente di alta montagna si trovano nell'altopiano Etiopico. L'estrema parte nord-ovest del continente, la zona settentrionale di Algeria,Tunisia e Marocco, e la punta meridionale, presentano ambienti tipicamente mediterranei. Clima Il clima del continente africano è generalmente caldo, anche se con variazioni notevoli a seconda delle zone. L'estrema porzione settentrionale del continente ha un clima mediterraneo, con estati secche e inverni umidi. Il resto del Nordafrica presenta un clima desertico o semidesertico, mentre avvicinandosi all'equatore il clima si fa tropicale, e nella zona dell'equatore è molto umido; è qui che si registra il massimo di precipitazioni annuali. Il clima ritorna desertico o semidesertico nelle zone del Corno d'Africa e del Kalahari, mentre è prevalentemente tropicale nel Madagascar. Climi di alta montagna si trovano nella zona dell'altopiano Etiopico e sulle vette più alte come il Kilimangiaro e il Ruwenzori. Le temperature sono generalmente piuttosto elevate. Fauna L'Africa è famosa in tutto il mondo per la varietà e l'unicità degli animali che la popolano. In Africa vivono molte specie di Felini, come il leone, il leopardo, il serval, il ghepardo e varie specie di gatti selvatici. Presenti anche specie di canidi come i licaoni e gli sciacalli. Molto diffusi nelle foreste sono le grandi scimmie antropomorfe come gli scimpanzé e i gorilla, mentre altri primati popolano anche le praterie, come i mandrilli, le amadriadi e le scimmie leopardo. Le grandi savane sono il regno dei grandi erbivori come le giraffe, gli elefanti, i rinoceronti, e delle grandi mandrie di bufali, gnu, zebre, gazzelle, impala e antilopi di varie specie. I grandi deserti sono popolati da dromedari, orici, fennec, viperidi. Presso i grandi fiumi vivono ippopotami e coccodrilli. Le savane sono percorse inoltre dagli struzzi e sorvolate da varie specie di avvoltoi. Oltre a questi in Africa vi sono numerosissime specie di uccelli. In particolare in Madagascar vi è un vastissimo ecosistema unico al mondo con un numero impressionante di volatili. Questa straordinaria fauna è entrata nella leggenda ed ha ispirato, insieme agli spettacolari paesaggi naturali del continente, varie opere letterarie e cinematografiche. Questa fauna ha inoltre attirato nella storia migliaia di cacciatori - specialmente occidentali - che hanno preso parte a innumerevoli battute della cosiddetta caccia grossa. Fra i personaggi più famosi sedotti dal fascino selvaggio della caccia grossa in Africa si possono ricordare Theodore Roosevelt e Ernest Hemingway. Soprattutto dopo l'avvento degli Europei, la caccia è stata una importante concausa del progressivo depauperamento della biodiversità africana. In Africa esistono ora grandi parchi naturali e molte aree protette per preservare le numerose specie a rischio, ma anche queste riserve hanno grandi difficoltà a opporsi al bracconaggio. Fra i parchi più famosi si ricordano il Serengeti e Ngorongoro (Tanzania), lo Tsavo e il Masai Mara (Kenya), il Kruger (Sudafrica) e il Chobe e la riserva del Delta dell'Okavango (Botswana). UNITA’ 2 PARTE 4 OCEANIA In senso stretto, Oceania è un termine utilizzato per indicare l'insieme della Polinesia, Melanesia e Micronesia, una suddivisione poco scientifica adottata da Jules Dumont d'Urville nel 1831. In senso più ampio, con Oceania si intende il continente che comprende anche l'Australia e la Nuova Zelanda. La ripartizione tradizionale dell'Oceania, utilizzata anche dalle Nazioni Unite per dividere il mondo in macroregioni, divide quindi il continente in: • • • • Australia e Nuova Zelanda Micronesia Melanesia Polinesia Geografi e i linguisti preferiscono invece utilizzare una divisione in due sole regioni individuate in base a criteri geografici, botanici, zoologici culturali e linguistici. Queste due zone sono: • • Oceania vicina (Near Oceania), che comprende l'Australia, l'isola della Nuova Guinea e gli arcipelaghi vicini, e le Isole Salomone Oceania lontana (Remote Oceania) che comprende la Polinesia, la Micronesia e la Melanesia ad eccezione delle Salomone La maggior parte delle terre emerse di questo continente appartiene all'Australia, ma viene usato il termine Oceania per parlare di questo continente perché sono le acque piuttosto che le terre emerse a collegare le sue varie parti. L'Oceania è il più piccolo dei continenti, e il penultimo per popolazione, dopo l'Antartide, con circa 32 milioni di abitanti. Per la maggior parte l'Oceania consiste in piccole isole nazionali, l'Australia è l'unica isola di grandezza particolarmente significativa. Papua Nuova Guinea e Timor Est sono le uniche nazioni con dei confini su terra, con l'Indonesia. Le nazioni dell'Oceania hanno diversi gradi di indipendenza dalle potenze coloniali che le possiedono, e hanno negoziato diversi tipi di accordo. La seguente lista contiene i territori che sono stati classificati come parte dell'Oceania dall'UNESCO; altri sono a volte aggiunti, secondo diverse interpretazioni. Di seguito sono riportati gli Stati e i Territori dell'Oceania per ciascuna delle quattro regioni in cui le Nazioni Unite dividono il continente. Australia e Nuova Zelanda Paese Australia capitale Canberra Isola Norfolk (Aus) Kingston Nuova Zelanda densità (ab/km²) superficie (km²) popolazione 2,5 7.686.850 19.855.188* 53 Wellington 15 * Dati riferiti al Dati riferiti *** Dati riferiti ad una stima del 2007 35 1.841** 268.680 4.245.542*** Censimento ** del 2006 2004 al Melanesia Paese Figi densità (ab/km²) superficie (km²) popolazione 47 18.270 893.354 * 19.060 244.600** Papua Nuova Guinea 11 462.840 5.887.000*** Isole Salomone 17 28.450 470.000 **** Vanuatu 16 12.200 202.609***** Nuova Caledonia * 11 Dati ** riferiti Dati riferiti Dati riferiti **** Dati riferiti ***** Dati riferiti ad una stima del 2004 al al al al *** 2005 2008 2005 2004 Micronesia densità (ab/km²) superficie (km²) popolazione Guam (US) 307 549 170.000* Isole Marshall 312 181 56.429 ** Micronesia 194 702 135.869*** 168 477 80.362**** Kiribati 131 811 98.549***** Nauru 644 21 13.528****** Palau 42 458 19.092******* Paese Isole (US) * Marianne Dati riferiti al 2005 Dati riferiti al 2003 ** Settentrionali *** Dati riferiti al 2002 Dati riferiti al 2005 ***** Dati riferiti al 2003 ****** Dati riferiti al 2007 ******* Dati riferiti al 2002 **** Polinesia Paese Isole Cook (NZ) densità (ab/km²) superficie (km²) popolazione 86 240 17.954* Polinesia Francese (FR) 62 4.167 259.596** Wallis e Futuna (FR) 77 274 15.480*** Samoa 60 2.944 177.714**** Samoa Americane (US) 353 199 70.260***** Tuvalu 441 26 11.468****** Tokelau (NZ) 141 10 1.405******* Tonga 142 748 106.137******* Niue (NZ) 8 260 2.145********* Isole Pitcairn (UK) 9,6 (2) 47 48********** * Dati riferiti ad una stima del 2005 Dati riferiti al 2007 *** Dati riferiti al 2005 **** Dati riferiti al 2004 ***** Dati riferiti al 2003 ****** Dati riferiti al 2004 ******* Dati riferiti al 2004 ******** Dati riferiti al 2002 ********* Dati riferiti al 2003 ********** Dati riferiti al 2008 (1) Niue dipende formalmente dalla Nuova Zelanda (2) Il dato si riferisce alla sola isola di Pitcairn dove si trova la capitale Adamstown ** Altri territori dell'Oceania • • • • Isola di Pasqua (Cile) Hawaii (Stati Uniti d'America) Isola del Natale (Australia) Isole Cocos (Australia) Densità di popolazione Lista di paesi/dipendenze ordinati a seconda della densità di popolazione in abitanti/km2. Queste cifre includono anche le acque interne (fiumi, laghi, ecc.) quindi possono essere inferiori a quelle presenti nelle schede dei vari paesi. Secondo i calcoli scientifici, il numero correlato all'Oceania varia da 36.000 40.000. Idrografia L'Oceania è il secondo continente, dopo quello americano, per ricchezza di risorse idriche in rapporto alla popolazione. Orografia Le maggiori catene montuose dell'Oceania si trovano nelle tre maggiori isole, od arcipelaghi,del-continente. La catena che raggiunge le maggiori altitudini è quella della Nuova Guinea. Ne fanno parte le più alte vette del continente: il Puncjak Jaya o Carsztens (5.030 m.) ed il Monte-Wilhelm-(4.509m.). Vengono poi le Alpi Neozelandesi, che percorrono le due isole dell'omonimo arcipelago.La maggiore vetta di questa catena è il Monte Cook o Aoraki (3.764) nell'Isola-del-Sud. Infine vi sono le Alpi Australiane, che costeggiano la costa orientale dell'Australia. Esse raggiungono solo la quota di 2.228 metri(Monte Koszciuszko nella Nuova Galles-del-Sud). Bisogna segnalare che anche montagne isolate e massicci presenti nelle isole minori possono raggiungere altezze elevate. Ad esempio il vulcano Mauna Kea, nell'isola di Hawaii raggiunge i 4.205 metri. UNITA’ 2 PARTE 5 AMERICA Le Americhe, regioni dell'emisfero occidentale che sono abitualmente suddivise in America settentrionale, America centrale e America meridionale. America setterntrionale L'America settentrionale o America del Nord è un subcontinente dell’emisfero boreale e dell’emisfero occidentale. È delimitato a nord dal mare glaciale artico, a est dall'oceano Atlantico, a sud-est dal mar dei Carabi, a sud e a ovest dall'oceano Pacifico. Il Sud America si trova a sud-est. Copre una superficie di circa 24.709.000 km quadrati, circa il 4,8% della superficie terrestre e circa il 16,5% delle terre emerse. Nel luglio 2007 la sua popolazione è stata stimata in quasi 524 milioni di persone. Per superficie è il terzo più grande continente del mondo, dopo l’Asia e l’Africa, ed è il quarto per popolazione dopo l'Asia, l'Africa e l'Europa. Il Nord America e il Sud America sono noti collettivamente come le Americhe. È comunemente accettato che Nord e Sud America siano stati così nominati in onore dell'esploratore fiorentino Amerigo Vespucci dal cartografo tedesco Martin Waldseemüller. Vespucci fu il primo europeo a suggerire che le Americhe non fossero le Indie Orientali, ma un diverso territorio, precedentemente non ancora scoperto dagli europei. Vespucci fu il primo a scoprire il Sud America, collegando le sue scoperte con quelle di Cristoforo Colombo. L'etimologia fu ulteriormente complicata dalla necessità dei cartografi di arrivare ad un nome che parallelamente a quello degli altri continenti fosse di genere femminile (ad esempio, Europa, Asia, ecc.). La convenzione era quella di usare il cognome per la denominazione delle scoperte, tranne nel caso dei diritti d'autore o quando una derivazione (come nel caso di Amerigo “Vespucci" potesse presentarsi problematica). Il Nord America occupa la parte settentrionale del territorio generalmente denominato Nuovo Mondo (l’emisfero occidentale), le Americhe, o semplicemente l'America (che a volte è considerata un unico continente e la porzione settentrionale, il Nord America, un subcontinente). L’America del Nord si lega con il Sud America presso il confine tra Colombia e Panama secondo la maggior parte delle convenzioni. Altri individuano il confine presso il Canale di Panama, altri ancora lo pongono presso l’Istmo di Tehuantepec in Messico in cui separano l'America Centrale che poggia soprattutto sulla Placca caraibica. Prima che l’America centrale fosse sollevata, la regione era sommersa e le isole delle Indie Orientali (Caraibi) delineavano un ponte di terra che collegava l’America del Nord con il Sud America attraverso la Florida e il Venezuela. La costa continentale è lunga e irregolare. Il Golfo del Messico è il più grande corpo idrico che rientri nel continente, seguito dalla Baia di Hudson. Fra i principali si segnalano il Golfo di San Lorenzo e il Golfo di California. Numerose sono le isole al largo delle coste del continente: principalmente l'Arcipelago artico canadese, le Grandi e le Piccole Antille, l'Arcipelago Alexander e le Isole Aleutine. La Groenlandia, sotto la corona danese, è l’isola più grande del mondo. Si trova nella stessa placca tettonica (la Placca nordamericana) e fa parte geograficamente del Nord America. La stragrande maggioranza del Nord America poggia sulla Placca nordamericana. Parti della California e del Messico occidentale sono sul bordo con la Placca pacifica dove le principali zolle si incontrano lungo la Faglia di Sant'Andrea. La maggior parte della porzione meridionale del continente e delle isole caraibiche si trovano nella Placca caraibica, mentre lungo le coste sud-occidentali il bordo è segnato dalla Placca di Cocos. Il continente può essere suddiviso in quattro grandi regioni (ciascuna delle quali contiene diverse sotto-regioni): le Grandi Pianure che si estendono dal Golfo del Messico all'Artico canadese; la montagne geologicamente giovani dell’ovest, che comprendono le Montagne Rocciose, il Gran Bacino, California e Alaska; l’altopiano dello Scudo canadese; la variegata regione nord-orientale, che comprende i Monti Appalachi, la piana costiera lungo il litorale atlantico, e la penisola della Florida. Il Messico, con le sue lunghe cordigliere e altipiani, rientra in larga parte nella regione occidentale, anche se la piana costiera orientale si estende verso sud lungo il litorale del Golfo del Messico. Le montagne occidentali sono divise a metà, dalle due catene principali: le Montagne Rocciose (più a est) e le catene costiere di California, Oregon, Washington, e Columbia Britannica. La vetta più alta è il Monte McKinley in Alaska. La United States Geographical Survey afferma che il centro geografico del Nord America è "10 km a ovest di Balta, nella Contea di Pierce nel Dakota del Nord" a circa 48°10′N 100°10′W_ / 48.167, -100.167. Le lingue più diffuse nel Nord America sono inglese, spagnolo, e francese. Il termine Anglo-America è utilizzato per riferirsi ai paesi anglofoni delle Americhe: vale a dire il Canada (dove l'inglese e il francese sono lingue ufficiali) e gli Stati Uniti d'America. Talvolta vengono compresi il Belize e alcune isole dei Caraibi. L’America latina è in riferimento a quella parte delle Americhe (generalmente a sud degli Stati Uniti) dove le lingue romanze derivate dal latino sono predominanti: per quanto concerne il Nord America ci si riferisce pertanto alle altre repubbliche dell'America centrale, al Messico, e alla buona parte delle isole dei Caraibi (oltre naturalmente alla maggior parte del Sud America). La lingua francese ha storicamente svolto un ruolo significativo nel Nord America e conserva una presenza distintiva in alcune regioni. Il Canada è ufficialmente bilingue; il francese è la lingua ufficiale della provincia canadese del Quebec ed è ufficiale assieme all'inglese nella provincia del New Brunswick. Il francese è lingua ufficiale anche in alcune isole delle Indie Occidentali (Haiti, Guadalupa, Martinica, Saint Barth, Saint Martin) e a Saint-Pierre e Miquelon, così come in Louisiana, dove il francese è ancora una lingua ufficiale. Socialmente e culturalmente l’America del Nord presenta una ben definita entità. Il Canada anglofono e gli Stati Uniti hanno una cultura e tradizioni similari essendo state entrambe ex colonie britanniche. Un comunanza culturale e un’economica di mercato si è sviluppata tra le due nazioni, dettato dal potere economico e da legami storici. Analogie si possono riscontrare nella componente linguistica spagnola del Nord America. Anche qui si è condiviso un passato comune, come ex colonie della Spagna. In Messico e nei paesi centroamericani in cui la civiltà Maya si è sviluppata, le popolazioni indigene preservano ancora alcune tradizioni. Il Québec da parte sua costituisce una regione che presenta una cultura propria legata all'eredità coloniale francese. Economicamente il Canada e gli Stati Uniti sono le due nazioni più ricche e sviluppate del continente, seguite dal Messico, paese di nuova industrializzazione. I paesi dell'America centrale e dei Caraibi si presentano molto meno sviluppati. I più importanti mercati comuni sono il Caribbean Community and Common Market (CARICOM) e il North American Free Trade Agreement (NAFTA). Recente dai paesi centro americani è stato firmato un accordo di libero scambio il CAFTA con l’intento di migliorare la loro situazione finanziaria. L’America del Nord è spesso suddivisa in sottoregioni, anche se sempre non unanimemente condivise. L’America Centrale comprende la regione meridionale del continente, ma la sua estremità settentrionale varia tra le fonti. Geograficamente la regione inizia con l'Istmo di Tehuantepec in Messico (vale a dire gli stati messicani di Campeche, Chiapas, Tabasco, Quintana Roo e Yucatán). Le Nazioni Unite includono il Messico nell’America Centrale (d'altro canto l'Unione Europea vi include sia il Messico che il Belize), ma Geopoliticamente il Messico non è spesso considerato parte del Centro America. Il concetto di Nord America è altresì utilizzato per fare riferimento ai paesi e ai territori più settentrionali: il Canada, gli Stati Uniti, la Groenlandia, Bermuda, e Saint Pierre e Miquelon. Vengono considerati distintamente dalle regioni meridionali delle Americhe, che comprende in gran parte l'America Latina L’America centrale L'America centrale è la porzione centrale del continente americano, tra il Messico (in America settentrionale), e la Colombia (in America meridionale). Caratteristica unica di quest'area è il fatto di essere un ponte fra le due Americhe e nello stesso tempo un'area di passaggio fra i due oceani, l'Atlantico e il Pacifico grazie alla presenza del canale di Panamá. Comunemente l'America centrale non viene considerata un continente e sè stante ma viene vista come parte dell'America settentrionale. I paesi appartenenti all'America centrale sono: • • • • • • • Belize (Belmopan) Costa Rica (San José) El Salvador (San Salvador) Guatemala (Città del Guatemala) Honduras (Tegucigalpa) Nicaragua (Managua) Panamá (Panamá) La dominazione europea Questa regione, in cui anticamente prosperarono civiltà evolute come quelle dei Maya è stata sottoposta per tre secoli (dall'inizio del Cinquecento alla fine dell'Ottocento) alla dominazione spagnola. La lingua e la religione dei conquistatori si sono così imposte nell'area: in gran parte dei paesi dell'America centrale si parla correntemente lo spagnolo e la religione più diffusa è quella cattolica. Anche la composizione della popolazione si è profondamente modificata: agli originari amerindi si sono sovrapposti e mescolati i bianchi europei (spagnoli, inglesi, francesi e olandesi) e i neri importati dall'Africa come schiavi per lavorare nelle piantagioni. L'egemonia degli USA Il raggiungimento dell'indipendenza, nei primi decenni dell'Ottocento, non ha portato nella regione stabilità e democrazia. La storia di gran parte dei paesi centroamericani è stata infatti segnata, anche nel Novecento, da regimi autoritari, colpi di stato e guerre civili. A partire dal XIX secolo si è affermata nell'area l'influenza dei vicini Stati Uniti d'America, che hanno forti interessi economici, politici e militari nella regione. Gli USA hanno costruito il canale di Panamà e sono intervenuti più volte, militarmente e economicamente, per condizionare le politiche di molti paesi dell'area. Economia Negli stati più poveri le risorse (in primo luogo terreni agricoli) appartengono a poche grandi famiglie, nelle cui mani si concentra la maggior parte della ricchezza. L'agricoltura, specialmente quella di piantagione, svolge ancora un ruolo primario. I prodotti sono destinati per la maggior parte all'esportazione. Poiché queste attività sono gestite da imprese straniere, i vantaggi economici per le popolazioni locali sono molto ridotti. Lo stesso avviene del resto per le attività industriali e turistiche (particolarmente sviluppate nei paesi delle Antille), settori in gran parte controllati da imprese straniere. Un settore importante dell'economia di alcuni stati dell'America centrale è l'esportazione di materie prime, principalmente verso il continente nord americano. L’America meridionale L'America meridionale o America del Sud è un subcontinente che occupa la parte meridionale dell'America. Si trova interamente nell'emisfero occidentale, e in buona parte nell'Emisfero australe, eccezion fatta per alcune regioni situate a nord dell'Equatore nell'Emisfero boreale. È bagnata ad ovest dall'oceano Pacifico, a nord e ad est dall'Oceano Atlantico. L'America settentrionale e il mar dei Caraibi si trovano a nord-ovest. L'America del Sud fu così nominata nel 1507 dai cartografi Martin Waldseemüller e Matthias Ringmann dopo che il navigatore fiorentino Amerigo Vespucci, primo in Europa, suggerì che il continente da poco scoperto non fossero le Indie Orientali, ma un Nuovo Mondo sconosciuto agli europei. L'America del Sud ha una superficie di 18.840.000 chilometri quadrati, che corrisponde a quasi il 3,5% della superficie terrestre. All'inizio del 2005 la sua popolazione è stata stimata in più di 371.090.000 di abitanti. Il Sud America pertanto è il quarto continente in termini di superficie (dopo Asia, Africa e America del Nord) e il quinto per popolazione (dopo Asia, Africa, Europa e America del Nord). Il Sud America occupa la maggior parte della regione geografica generalmente denominato Emisfero meridionale, Nuovo Mondo, Emisfero occidentale, le Americhe o, semplicemente, l'America (a volte è considerato come un unico continente, e il Sudamerica un subcontinente). Il suo territorio si sviluppa a sud-est della frontiera tra Panamá e Colombia, secondo la maggior parte delle fonti. Altri concordano che il confine sia da porre lungo il Canale di Panamá. Quasi tutto il Sudamerica si trova sopra la placca sudamericana. Geopoliticamente l'intero stato di Panamá (compreso il segmento ad est del Canale di Panamá) è generalmente considerato parte del Nordamerica, o comunque dell'America centrale. Sebbene molte delle isole dei Caraibi, tra cui le Piccole Antille, si trovino sopra la placca caraibica, le isole di Aruba, Barbados, Trinidad e Tobago fanno parte della regione settentrionale della piattaforma continentale sudamericana. Le Antille Olandesi e le isole prospicienti al Venezuela si trovano lungo le coste del Sud America. Geopoliticamente gli Stati insulari e i territori d'oltremare dei Caraibi sono generalmente considerati facenti parte del Nord America. Le nazioni del Sud America che si affacciano sul Mar dei Caraibi (tra cui Colombia, Venezuela, Guyana, Suriname e Guiana Francese) sono anche denominati Sud America caraibico. Altre isole del continente sono le Galápagos, l'Isola di Pasqua (in Oceania, ma appartenente al Cile), l'Isola di Robinson Crusoe, Chiloé e la Terra del Fuoco. In questo continente si trovano le più alte cascate del mondo, il Salto Angel in Venezuela, e il più grande fiume in termini di portata d'acqua, il Rio delle Amazzoni, e la più lunga catena montuosa, le Ande (la cui cima più elevata è l'Aconcagua con 6.962 metri sul livello del mare), il deserto più secco, il deserto di Atacama, la più vasta foresta pluviale, l'Amazzonia, la più alta capitale, La Paz in Bolivia, il più alto lago commerciale navigabile, il Lago Titicaca, e la città più meridionale del mondo, la città di Porto Toro in Cile. Le principali risorse minerarie sono oro, argento, rame, ferro, stagno e petrolio. Il Sudamerica è la patria di molte specie animali uniche, tra cui lama, anaconda, piranha, giaguaro, vigogna e tapiro. Le foreste dell'Amazzonia comunque posseggono un elevato livello di biodiversità. Il paese di gran lunga più grande del Sudamerica, sia in termini di superficie che di popolazione, è il Brasile, seguito dall'Argentina. Le regioni che formano questo continente sono gli Stati andini, la Guiana, il Cono Sud e il Brasile. L'America del Sud ospita un'ampia varietà di climi: quello caldo umido della foresta pluviale amazzonica, quello freddo secco della Patagonia, quello arido del deserto di Atacama, quello ventoso gelido della Terra del Fuoco. Ciò dipende da: • • • L'ampiezza della latitudine che occupa il continente. La maggior parte è compreso tra l'equatore nella parte settentrionale e il Tropico del Capricorno, mentre la punta meridionale penetra in una regione subartica. La differenza di temperatura tra i due oceani. Generalmente la costa esposta all'Atlantico è più calda e quella sul Pacifico è più fredda per la presenza della corrente di Humboldt. La presenza delle Ande, la cui temperatura varia notevolmente a seconda dell'altitudine. Nella regione occidentale, tra le Ande e l'Oceano Pacifico, sono presenti alcune delle zone più umide e più aride del pianeta: Il Choco (Colombia, Ecuador, Perù, Panamá) e il Deserto di Atacama (Cile, Perù, Bolivia, Argentina) rispettivamente. Il clima è generalmente tropicale: equatoriale nella regione amazzonica, umido nella savana, steppico nella pampa, nivale sulle ande.