LA FABBRICA DEL CERVELLO
Un’idea ed una produzione dellaFONDAZIONE MARINO GOLINELLI
in collaborazione conL A TRIENNALE DI MILANO
La struttura più complessa dell’universo
Lo sviluppo della mente umana è uno dei temi scientifici più affascinanti, ma anche fra i meno conosciuti.
Abbiamo infatti ancora un’idea piuttosto vaga di come un abbozzo di cellule, già evidente nella seconda
settimana di gestazione, quando tutto l’embrione misura appena un decimo di millimetro, diventi dopo
qualche anno il cervello di una persona, cioè una struttura fatta di centomila miliardi di cellule nervose, i
neuroni (ogni minuto arrivano a nascere circa 250.000 neuroni!) collegate fra loro da qualcosa come un
milione di miliardi di connessioni. E sono proprio queste ultime, le protagoniste.
Tutto ciò che siamo, che sappiamo e che sappiamo fare dipende da una particolare architettura nei collegamenti fra i neuroni del cervello, e ogni apprendimento non è altro che una variazione e una maturazione, al livello più fine, di questa architettura.
L’eredità genetica può stabilire solo a grandi linee come dev’essere costruito l’edificio, ed esaurisce il suo
compito intorno ai quindici anni di età. Tutto il resto, compresa la maggior parte delle variazioni che
rendono il cervello di una persona diverso da quello di qualsiasi altra, dipende invece dalle esperienze
uniche vissute nel corso della vita. Soprattutto nei primi cruciali anni di vita.
Una crescita “aperta”
Al momento della nascita, le dimensioni del cervello sono appena un quarto di quelle di un adulto: uno
stadio particolarmente immaturo, rispetto a quanto avviene negli altri mammiferi, dovuto alla difficoltà di
far passare una testa più grande attraverso il canale del parto. Questo fatto, se rende i “cuccioli d’uomo”
particolarmente inetti rispetto a quelli delle altre specie e a lungo dipendenti dalle cure dei genitori,
consente tuttavia loro di allontanarsi molto di più dalle condizioni naturali per adattarsi molto meglio ad
ambienti più complessi come quelli che, grazie all’evoluzione culturale, le società umane si sono create.
La seconda caratteristica che ci distingue è l’eccezionale lunghezza del periodo di maturazione del
cervello, che ormai sappiamo protrarsi fino ai 18-20 anni. Abbiamo così a disposizione un tempo enormemente più lungo per imparare a stare al mondo. Anche se in realtà non finiamo mai di imparare e di
continuare a rimodellare le nostre reti neurali cerebrali, le basi fondamentali di questo apprendimento si
gettano proprio negli anni dell’infanzia, i più plastici della nostra vita.
L’apprendimento del linguaggio
Il numero dei neuroni che ci accompagneranno per tutta la vita resterà quello presente alla nascita. Quello
che cambierà sono invece il numero, la velocità e l’efficienza delle connessioni fra i neuroni, una cosa che
avviene proprio grazie agli stimoli provenienti dall’ambiente, cioè dalle piccole e grandi esperienze che
ciascun individuo compie ogni giorno. Un po’ come se l’hardware venisse costantemente modificato dal
software che vi si fa girare.
L’eredità genetica ha predisposto una serie di “finestre di apprendimento” per imparare a camminare,
distinguere i volti, e così via, cioè di momenti di particolare sensibilità a certi tipi di stimoli piuttosto che
ad altri. Ma il contenuto, per così dire, ce lo mette l’ambiente.
Fino all’età di cinque mesi, ad esempio, un bambino è in grado di riconoscere tutte le combinazioni fonetiche in tutte le lingue possibili, ed è quindi in grado di imparare qualsiasi lingua. Già prima del compimento del primo compleanno, però, riesce a percepire correttamente e a produrre solo i fonemi tipici di
una sola lingua: quella che ha ascoltato, che praticamente sempre coincide con quella parlata dai genitori
e dal suo gruppo sociale. Negli anni successivi, la sua capacità di apprendere correttamente un’altra lingua
dal punto di vista fonetico diminuisce rapidamente, per poi scomparire.
Moltiplicazione e “potatura”
Nei primi sei anni di vita avviene una straordinaria esplosione di connessioni neurali, che arrivano a essere
circa il doppio di quelle presenti in un cervello adulto. Ogni esperienza può crearne di nuove, correggerne
altre, oppure rinforzare quelle già esistenti. Oppure può far sì che le vie nervose più usate vengano rivestite da una speciale guaina isolante capace di rendere più veloce e precisa la comunicazione fra una
cellula e l’altra, che avviene per mezzo di un segnale elettrico.
Il principio è simile a quello dell’allenamento dei muscoli: più vengono usate, più si rafforzano. Per questo
è così importante che i bambini abbiamo un’infanzia ricca di esperienze – sensoriali, emotive, sociali, intellettuali e così via – veicolate soprattutto attraverso il gioco: si costruiscono in questo modo un repertorio
base di competenze che saranno loro utili per tutta la vita.
Poi, prima della pubertà, moltissime di queste connessioni vengono perdute nel corso di un processo che
è stato paragonato a una grande “potatura”: sono quelle che sono state usate di meno, e che saranno
quindi verosimilmente meno utili negli anni a venire. La diminuzione del numero delle connessioni fra
neuroni permette a quelle sopravvissute di funzionare molto meglio di prima, e al bambino di trasformarsi in ragazzo.
L’importanza cruciale delle esperienze infantili, tuttavia, resta. Ciò che il cervello sarà, quindi la persona
sarà, per tutto il resto della vita, si costruisce infatti su quelle fondamenta.
Un’idea ed una produzione dellaFONDAZIONE MARINO GOLINELLI
in collaborazione conL A TRIENNALE DI MILANO
Link esterni
• Brain development. [ENG]
• The infant brain. [ENG]
Libri
Edoardo Boncinelli
La vita della nostra mente
Editori Laterza, 2011
Steven Pinker
Come funziona la mente
Mondadori, 2002
Steven Pinker
L’istinto del linguaggio
Mondadori, 1998