Quaderni d`italianistica : revue officielle de la Société canadienne

s
ADRIANA DIOMEDI
IL
NESSO "PERFEZIONE-FILOSOFIA" IN DANTE
Per meglio comprendere
la
con
sarà necessario iniziare
dinamica del principio dantesco
perfezione
di
un'analisi filosofica del concetto chiave "tutti gli
uomini naturalmente desiderano
di sapere"^
Principio base di tale affermazione
secondo
Aristotele,- è
che
sapere è
il
un'esigenza naturale dettata dall'istinto di perfezione, una necessità
comune ad ogni cosa
tanto innata
esistente
animale razionale, protende attraverso
la
ma
altret-
verso cui l'uomo, in quanto
potenzialità intellettiva resa attiva
dalla conoscenza.
L'intelletto,
di capirle", al
dice lo
"non è niente delle cose che esistono prima
Stagirita,^^
momento
come una
della nascita esso è
tabula rasa, allo stato
di semplice potenza, e la sua possibilità di passare all'atto è strettamente
connessa con
la
conoscenza. Se
non avesse modo
l'intelletto
di
conoscere
la
sua potenzialità resterebbe in gran parte allo stato latente, immersa nelle
tenebre, e l'individuo sussisterebbe in
alle sole
i
bruti.
non essere dovuto
stato di quasi
funzioni delle anime vegetativa e sensitiva"* che ha in
comune con
La sua sarebbe perciò un'esistenza incompleta, vissuta in un certo
senso solo
sua
uno
umana
in parte,
e insufficiente per soddisfare
natura che
come
tale richiede
il
le naturali
perfezionamento
È da qui dunque, da questa umana necessità
di
esigenze della
intellettuale.
perfezionamento secondo
le piij alte'^ qualità della
propria natura, che emerge nell'uomo
di sapere, di conoscere,
appunto perché quanto più l'uomo
secondo
Aristotele,
quanto più
egli
conosce tanto più
ale di perfezione (intellettuale) e realizzazione dal
Ho
si
tanto più è
sa,
avvicina
punto
desiderio
il
al
di vista
attinge le nozioni base della sua dottrina sulla
riprese nel Convivio, a partire dal
primo
permettendone uno sviluppo che
sempre più completa, più
Nel Convivio
il
da questi che Dante
man mano
e più tardi nella
a più
Commedia,
va inglobando una visione
universale.
richiamo allo
QiADERSÌ
secondo
conoscenza che espone
trattato,
ide-
umano.
ritenuto importante esporre le implicazioni di tale principio
un'ottica prettamente aristotelica^ poiché è soprattutto
suo
Stagirita
per quanto riguarda
d'italianistica \o\\.\mQ
XX, No.
1-2,
1999
la
conoscenza
Adriana diomedi
non potrebbe
abbiamo visto,
essere
infatti
chiaro.
piili
fonda per lo più su
si
discorso del filosofo in materia,
Il
base dovuti:
tre concetti
1) all'innata necessità di sapere;
che
2) alla ragione di questa necessità,
ed
fezione,
egli attribuisce all'istinto di per-
infine
3) alla responsabilità
umana
assecondare
di
esigenze della propria
le
natura (dettata appunto dall'istinto di perfezione), con
ed essere
di realizzarsi intellettualmente
Ebbene,
(Conv.,
I,
tutto
preciso scopo
felici.
processo viene riassunto da Dante nel suo primo
il
1) in
i,
il
trattato
un solo paragrafo.
"Si
come
gli
uomini naturalmente desiderano
dice lo Filosofo nel principio de
la
Prima
Filosofia, tutti
di sapere. La ragione di
che
puote essere ed è che ciascuna cosa, da previdenza di prima natura impinta,
che
la
è inclinabile a
sua propria perfezione; onde, acciò
la
scienza è ultima perfezione de
senio subietti {Coìiv.,
L'espressione iniziale,
I,
i,
1-2)
la
nostra anima, ne
naturalmente
sta la nostra ultima felicitade, tutti
al
la
quale
suo desiderio
.
come vediamo,
è ripresa alla lettera dal testo di
"Omnes
Metafisica aristotelico, a Dante pervenuta nella traduzione latina
homines natura
da cui segue: "Ogni cosa da provvidenza
scire desiderant",^
prima natura impinta è inclinabile a
di
con
sua perfezione"; presupponendo
la
ciò che ogni cosa abbia in sé l'inclinazione naturale
ad una meta
ideale, proprio
inclinazione ad
un
come
fattore naturale
ci
informa
secondo cui
arrivare
filosofo,^ attribuendo tale
il
da paragonarsi
al fatto
che ciò che è caldo
tende per natura a scaldarsi e ciò che è pesante a scendere giù. Per Dante,
è chiaro,
la
tendenza dell'uomo è quella
di attuare le capacità dell'intelletto,
parte più nobile della sua natura che lo
la
essendo questo possibile solo attraverso
sempre
la
quale
che questa è
sta la nostra
modo
"tutti
egli arriva al
conoscenza o "scienza" che
per l'individuo vivere non
naturalmente
le
esigenze
al
la
nostra
il
poeta,
suo desiderio semo
intellettuali
come uomo ma come
parafrasando l'espressione boeziana "asinum
rebbe preclusa ogni
de
egli,
nocciolo di un discorso esistenziale che
permette di dedurre che ignorare
"E'
sopra del bruto, ed
ultima felicitade", è ovvio, secondo
ragione per cui
la
subietti". In tal
vista
al di
sulla scorta di Aristotele, definisce "ultima perfezione
anima ne
gli
la
pone
vivit",!^
significherebbe
bestia, io
dice l'autore,
nel senso che
possibilità di perfezione e realizzazione dal
gli
punto
umano.
da sapere",
fa
notare in proposito
—
192
il
poeta (Conv.,
—
II,
vii,
ver-
3-4),
che
di
Nesso "Perfezione-Filosofia"
Il
"le
Dante
cose cleono essere denominate da l'ultima nobilitade de
come l'uomo da la ragione, e non dal senso né
meno nobile. Onde quando si dice l'uomo vivere,
forma;
che
sì
sia
intendere l'uomo usare
de
in
la
pure
ragione, che è
la
sua più nobile parte. E però chi da
la
la
la
non
parte sensitiva,
vi\e
sua speziale
ragione
uomo, ma vive
si
la
loro
d'altro
vita
si
dee
e atto
parte, e usa
bestia;
si
come
dice quello eccellentissimo Boezio: "Asino vive".^^
È
in
in
base a
convinzioni di necessità o affermazione intellettuale,
tali
insita
ogni essere umano, che emergerebbe nell'animo dantesco l'amore per
filosofia, suscitato
appunto da un
esigenze
ra intellettuale, le cui
mento
legato
richiamo dei sensi.
Bisogna
atto di responsabilità verso la propria natu-
faranno sempre più evidenti con
prima fase giovanile e della visione
della sua
al
si
di
il
supera-
un amore per
lo più
^^
momento
premettere che fino a quel
infatti
la
l'interesse dantesco,
individuabile soprattutto nelle sue rime giovanili e nella Vita Nuova, era di
materia
tutt'altro
che
"Amore e
sì
come
il
intellettuale basti ricordare
1 cor gentile
sono una cosa,
l'altro
osa
com'alma razionai sanza ragione".
cui
il
Vita
Nuova, XX.
di
sentimento procurava delle noie, poiché avvertito
ragione,
mento,
1-4)
un amore che tendendo
passione dissolveva ogni intralcio morale ed anche
Erano cioè versi basati sull'ideologia
della
versi stilnovistici,
saggio in suo dittare pone,
e così esser l'un sanza
mazione
i
non per questo
lo si accettava
come
nei casi in
contrario alla
suscitava nell'individuo l'esigenza di
dicendo che,
alla subli-
un cambia-
in fin dei conti,
"Oi anima pensosa.
Questi è uno
Che
spiritel
reca innanzi
me
novo d'amore,
li
suoi dèsiri" (Vita Nuova, XXXVIII, 10-12).
L'attenuante emergeva dal riconoscimento della travolgente superiorità del-
l'amore passione nei confronti di quello di natura intellettuale-razionale.
"Amore
che
me
...
cominciò a prendere sopra
convenia fare
tutti
li
me
tanta sicuritade e tanta signoria
suoi piaceri compiutamente" (Vita Nuova,
...
II,
7-8).
L'elemento intellettuale-filosofico, anche se di tanto
—
193
—
in tanto già percepibile
Adriana diomedi
Nuova, spunterà definitivamente solo più
in alcuni passi della Vita
"Sì
tardi.
lungamente m'ha tenuto Amore
e costumato a
che
sì
com'elli m'era forte pria,
mi
così
sua segnoria
la
sta
soave ora nel cuore iVita Nuova, XXVII,
1-4).
come
Espressioni
prevalere
la
queste, in cui
senso
di responsabilità di far
maturazione morale-spirituale che, come ho accennato,
di
evidenzierà poi
piìj
il
il
ragione sulla signoria delle passioni, fungono da preannuncio
ad un processo
mento
avverte
si
Commedia
chiaramente nel Convivio e nella
si
col supera-
di concetti stilnovistici, basati sulla fatalità dell'amore passione,!^ a cui
poeta
si
era fatto trasportare nella sua adolescenza.
Beatrice l'amore per
la
donna
gentile,
Con
la
morte
di
che nella Vita Nuova era mosso da un
appetito sensibile spesso contrastato dalla ragione, viene così a subire una
metamorfosi radicale, attuandosi
che ne permetterà
la
in
una
sorta di intellettualismo filosofico
sublimazione determinando
il
passaggio dall'amore
o meglio, dall'amore sensuale avversario della
ragione {Vita Nuova, XXXIX, 1) all'amore intellettivo, sinonimo di perfezione
passione all'amore
dell'attività
virtù^^,
che
intellettuale,
permette
gli
di
trascendere
debolezza o "vana tentazione" (Vita Nuova, XXXIX,
6) per
il
puro gusto
verità superiori e di aprirsi a tutta quella verità necessaria al
apprendere
di
2,
umana
ogni
solo "ben dell'intelletto".
Dico "puro gusto" per
contaminato da
altri
significare,
è vero,
interessi personali,
ma
il
solo desiderio di sapere,
non
anche, e soprattutto, per inten-
dere quello naturale, allo stato puro, dettato esclusivamente dall'innata
necessità di perfezionamento intellettuale che Dante sente nel profondo del
suo intimo
di
poter accedere attraverso
acquista piena coscienza solo
È
base a questi
in
un
verità
universali,
ma
di
cui
tardi.
che nel Convivio
(III, xi,
1),
come
dicevo, prevale
tipo di intellettualismo, di per sé determinante del passaggio dall'amore
passione per
Filosofia
za,
fattori
pii^i
le
si
o vero
necessità
la
donna
gentile a quello per la
donna de
lo
ntelletto
che
chiama", ^^' che per l'autore è nient'altro che "amistanza a sapiena sapere" iConv.,
umana
di sapere,
Ili,
xi,
6),
poiché dettato appunto dalla sola
da intendere nella sua più nobile forma
in
quan-
un sapere) acquisito non per derivarne "moneta e dignitade" (Conv.,
i^
Ili, xi, 10)1^ ma col preciso scopo di appagamento intellettuale,
Come Dante sia entrato in questo ordine di idee e a valorizzare l'atto stes-
to (è
so del filosofare determinante di
tale perfezione,
— 194 —
ce lo spiega egli stesso nel
Nksso "Perfezione-Filosofia"
Il
suo secondo
però
"E
la
Convivio
trattato del
dico che
...
mia anima
come per me
Dante
1-4).
(II, xii,
perduto
fu
io rima.si di tanta tri.stizia
...
in
lo
primo
de
diletto
punto, che conforto non
mi valeva alcuno. Tuttavia, dopo alquanto tempo, la mia mente,
che si argomentava di sanare, provide, poi che né
mio né l'altri con.solare valea, ritornare al modo che alcuno sconsolato aveva
'
1
tenuto a consolarsi; e misimi a leggere quello non conosciuto libro
di
Boezio,
-^
nel quale, cattivo e di.scacciato consolato s'avea. E
udendo ancora che
Tullio avea scritto un
avea toccate
le
altro libro, nel
parole de
quale trattando del'Amistade,
Consolazione
la
di Lelio
misimi a leg-
...
gere quello".
È per uscire da questo
dei
mezzo
di cui
si
stato di "tristizia"
erano
dunque che
il
poeta, avvalendosi
serviti gli antichi in simili situazioni,
to nello studio della filosofia.
Che
morte del suo "primo
la
cerca confor-
diletto"
ne
costi-
movente sembrerebbe perciò indubbio, anche se sappiamo che alla
base di ogni azione umana, e soprattutto di personalità complesse come
quella dantesca, non possono non annidarsi altri fattori, spesso legati all'imtuisca
il
patto psicologico di esperienze passate che incidono, anche se indiretta-
mente, sulla formazione di decisioni
Se consideriamo ad esempio che
attuali.
Beatrice morì nel 1290, Dante avrebbe superato in quel periodo
ticinque anni di età,
assegnava
fatta
il
termine che
alla fanciullezza,
e
consapevolezza insieme
adulto,
secondo
l'autore,
abbia contribuito
tentazione"(
ViYtìf
ha
egli,
concorde con
non è da escludere
all'innata
nuove e più
un amore più
Nuova, XXXIX,
2,
6)
a parte,
sif-
anche se inconscia necessità che ogni
di abbracciare
alla ricerca di
"tristizia"
ven-
medievale,
la filosofia
che,
i
che
qualità proprio di un'età più matura. ^o
nobili conoscenze,
elevato, lontano da ogni "vana
gli
avrebbe impedito
che starebbe a
II
il
salto di
significare
che
Dante, sulla soglia della giovinezza, avrebbe avvertito lo spontaneo moto
dell'animo verso nuovi e più vasti orizzonti conoscitivi dettati appunto dal-
veniva
l'innata necessità di perfezione intellettuale, a cui egli
man mano
a
sensibilizzarsi.
Ciò non toglie
comunque che è dopo
dedica allo studio della
di
Boezio e
//
De
filosofia, a partire dal
amicitia di Cicerone-^ "e
va cercando argento e fuori de
di consolarsi,
e di scienze e
dedurlo dagli
non solo
la
sì
di Beatrice
II,
'ntenzione truova oro
5).
xii,
Come
degli stessi autori.
—
195
—
che
il
poeta
si
De Consolatione Philosophiae
come essere suole che l'uomo
trova alle sue "lagrime rimedio
di libri" (Conv.,
scritti
morte
la
..."
ma
egli
che cercava
vocaboli d'autori
questo avvenga è possibile
Adriana diomedi
Con
alla
De
il
Consolatione, Dante viene ad aprirsi alla problematica relativa
vera nobiltà-- e a realtà metafisiche che determinano
il
naturale rappor-
l'uomo e Dio.
to fra
"Repetunt proprios quaeque recursus
redituque suo singula gaudent
nec manet
nisi
quod
ulli
fini
traditus ordo,
vi
è
orbem".23
fecerit
Fondamentale principio
uomo
ortum
iunxerit
stabilemque sui
rapporto è che insito nella natura di ogni
di tale
un innato desiderio
di
per quanto lo
che,
felicità
si
voglia
perseguire, è impossibile soddisfarlo in questa vita poiché diretto verso quel
bene assoluto che è solo
mente,
come
in
in
Dio e che anche
un sogno, quale
gli
animali percepiscono vaga-
loro ultima meta.--^
"Vos quoque, o terrena animalia, tenui
licet
imagine vestrum tamen prin-
cipium somniatis verumque illum beatitudinis finem licet minime perspicaci, qualicumque tamen cogitatione prospicitis coque vos et verum bonum
naturalis ducit intentio ..."^^
Nel dialogo ciceroniano.
De Amicitia,^^
con
rilevanza di tale desiderio
la
che
egli assicura,
per autorità di
Lelio convalida in
convinzione
la
altri
sapienti, di
di
una
un certo senso
vita
dopo
la
morte
argomentazioni filosofiche
e di rivelazioni, che egli percepisce per certe perché conferite in sogno
al
suo amico Scipione Africano Minore, da Scipione Africano Maggiore dopo
la
quando questi era già salito al concilio degli dei. L'anima, conferma
Lelio, non può morire con il corpo poiché ha un'origine divina che la richiama a sé e rattristarsi della morte di un amico (nel suo caso di Scipione), che
morte,
è finalmente liberato della prigione del suo corpo per ritornare
si
al cielo,
sarebbe più un segno di invidia che di amicizia.
Dalla speranza di una vita
dopo
necessità insita in ogni essere
lata
da Boezio) emerge
la
la
morte (postulata da Cicerone) e dalla
umano
di ritornare al proprio principio (rive-
sconosciuta che suscita in Dante
si
la
dimostrava veracemente, cioè ne
de
li
filosofanti; si
che
in picciol
cominciai tanto a sentire
una
visione di
la
l'innoltrarsi
completa
ma
anche
piiì
necessità di ricerca del vero "là dov'ella
le
scuole de
tempo, forse
li
religiosi e a le disputazioni
di trenta
mesi (dice l'autore)
sua dolcezza che lo suo amore cacciava e dis-
truggeva ogni altro pensiero" (Conv.,
Con
felicità piti
II,
xii,
nell'apprendimento della
7-8).
filosofia,
aver scoperto che è in quella "dolcezza" che deriva
—
196
—
la
Dante dice dunque
sua
felicità:
di
nella spec-
Nesso "Perfezione-Filosofia"
Il
vero e nel godimento che questa stessa
del
Illazione
Dante
in
essendo essa "eccellentissima dilezione" che contrariamente
"non paté alcuna intermissione o vero
ta,
sua mente
inizia a configurarsi
un amore
di
difetto" {Conv..
la
perfezione
e con un desiderio di vSapere che in questa
to,
xi,
Ili,
14). Nella
la
il
suo appagamen-
essendo esso sempre più chiaramente avvertito dal poeta come
con
fino a fondersi
il
come
uno sviluppo platonico^^ e
bene per la donna terrena in quello,
de
Filosofia" (Coni'..
dantesca, avrà
il
II,
xv, 12): la
meno
donna
segno
il
l'ignoranza e
fra
nobili e quella del
elevato, della "bellissima e onestis-
il
la
quale Pittagora pose
gentile che,
le
secondo
prestabilito (Dio),
chiede
implica
egli
il
colmando
(II,xii,
punto
alla
in
un
il
certo
o passioni
tanto discussa questione della
6) in rapporto a quella della Vita
il
conseguentemente
massimo
nuova visione
vero, fra la conoscenza di cose
a questo
gentile del Convivio
conciliarsi e
1),
la
nome
porte del vero e di dirigerlo, con
come possa cioè concetto di un amore
mente inteso dal poeta come sviamento della ragione
si
il
bene supremo.
LA DONNA GENTILE
Non si può non accennare
donna
piij
potere di dischiudere
resto dell'umanità, verso
senso l'abisso
delle passioni terrene
al di là
a sfociare nel mistico, trasformando
imperatore de lo universo a
lo
spon-
quella di Boezio e di Cicerone, veniva così
a subire
figlia
lo
bene supremo.
La sua dialettica d'amore,
sima
visione
dell'attività intellettuale
trova
attività
taneo moto dell'anima verso un bene che va
Ci
a quella passa-
nesso: perfezione-filosofia, ossia
il
nobile connesso con
piià
produce,
attività
integrarsi
della razionalità (Conv.,
possa sostenere infine che
sia
Convivio e della Vita Nuova) a cui
goricamente un'unica cosa,
giovanile, originaria-
(Vita
Nuova, XXXIX,
con un amore
II,
x\',
Nuova.
12),
filosofico
e soprattutto
come
due amori che la donna gentile
essi appartengono rappresentino
i
che
(del
alle-
la filosofia.
Certo è che Dante lo afferma apertamente nel Convivio identificando
appunto
donna pietosa della Vita Nuova (XXXV, 2-3) che "giovane e bella
guardava da una finestra per confortarlo, con la donna gentile del
la
molto" lo
Convivio
(la filosofia).
"E immaginava (dice l'autore)
non
la
per che
poteva immaginare
sì
lei fatta
come una
in atto alcuno, se
dc^nna gentile, e
non
misericordioso;
volentieri lo senso di vero la mirava" (Coni:.
L'obiezione da molti rilevata
non
sta
comunque
— 197 —
II. xii,
6-7)-^
nell'identificazione della
Adriana diomedi
donna
per sé plausibile finzione poetica probabilmente dettata da
gentile, di
un'ulteriore necessità di sviluppo artistico dell'opera e che, in quanto tale,
non
to
costituirebbe
un problema e
volendo considerare, con
minato dal
fatto
Gilson,29
il
legame analogico deter-
la
sua "nobilissima donna"(F/f« Nuova, XXXVI,
dell'altra
Quello
il
contraddizione, soprattut-
quella del Convivio, al punto che "molte fiate" ricordava
comune con
poeta
Barbi ed
il
meno una
donna della Vita Nuova (XXXV, 2-3) è "bella
e tutto sommato ha una certa bellezza o beatitudine
che anche
molto" oltre che gentile
in
tanto
a cui
1-2).
obietta è invece la natura dell'amore che lo stesso
si
al
Dante
dice di nutrire per questa donna, l'uno sensitivo-irrazionale, "un desiderio
malvagio" {Vita Nuova, XXXIX, 2) e
perfetto iConvivio).
che rende contraddittorio e inaccettabile
Il
un amore
un qualsiasi
l'altro intellettuale-razionale,
tentativo di unificazione concettuale, nonostante l'esplicita affermazione di
Dante nel Convivio,
potesse considerare
XV, 12),
quanto sarebbe inconcepibile pensare che
in
la filosofia,
come "vana
che a suo parere è
che ha destato
di esegeti dell'opera dantesca, è quella del
ii,
1),
Dio {Conv.,
figlia di
II,
tentazione".
L'allusione sotto scrutinio qui, e
(II,
egli
da Dante
scritto circa tre
l'interesse dei più gran-
secondo
anni e due mesi
trattato del
dopo
Convivio
trapassamen-
il
to di Beatrice. ^0
menzionare ne la fine de la Vita
Nuova, paive primamente, accompagnata d'Amore a li occhi miei e
prese luogo alcuno ne la mia mente. E sì come è ragionato per me
ne lo allegato libello, più da sua gentilezza che da mia elezione
"Quella gentile donna, cui
feci
ad essere suo consentisse; che passionata di tanta misericordia si dimostrava sopra la mia vedovata vita, che li spiriti de
li occhi miei si fecero massimamente amici. E così fatti, dentro Ime]
venne
le
ch'io
poi fero
tale,
che
lo
mio beneplacito
fu contento di disposarsi a
quella immagine".
Ma
quel che è ragionato "ne lo allegato
XXXV-XXXVIII
a cui
l'episodio della
"donna
poeta qui
il
il
ricollega {Conv.,
e
non solo
II,
1)
ii,
la
suindicato passo del Convivio^,
ma
per natura
1) tanto
superando quella "vana tentazione" {Vita Nuova, XXXIX,
la
riprendendo
abbiamo visto, una realtà un pò
donna gentile non è passionato e miseri-
simo" e "avversario della ragione" (Vita Nuova, XXXIX,
costanzia de
6)
"vilis-
che è solo
"contra
la
ragione" {Vita Nuova, XXXIX, 2)3i che l'amore del poeta
potrà ritornare alla morta Beatrice per poi sviluppare, attraverso
ra
nei passi
pietosa", presenta,
diversa in quanto l'amore per
cordioso (come attesta
si
libello",
ormai evanescente,
in
modo
la
sua figu-
intellettuale-spirituale e a trasformarsi in
— 198 —
Il
Nesso 'Terfezione-Filosofia"
che più
anelito per quella "spera
"quella benedetta Beatrice,
est
Dante
in
larga gira" (Vita
Nuova, XLI, 10) dove
gloriosamente mira ne
...
faccia di colui 'qui
la
per omnia secula benedictus".
Questa è
la
situazione
come
ci si
presenta nella Vita Nuova, quella di un
amore non misericordioso ma contrario alla ragione che bisogna sconfiggere
per raggiungere un più alto traguardo, e possiamo ben capire come
tentativo di unificazione dei due concetti con il senso allegorico abbia creato
contraddizioni che hanno destato l'interesse di non pochi critici.
il
Dalle ipotesi più frequentemente avanzate, che spaziano
l'interpre-
tra
tazione letterale-autobiografica (spirituale e cristiana o con sviluppo pretta-
mente
ico, agiografico
si
con
intellettuale) a quella allegorica,
o analogico
del reale,^-
tuttte le
emergono
sue varianti di tipo mist-
varie tesi e da esse diver-
quesiti fra cui:
Se
1)
Vita
la
Nuova vada
intesa in senso letterale accettando
un amore
realmente avvertito dal poeta.
un senso
2) Se attribuire a tutta l'opera
una donna
l'esistenza di
allegorico e negare in
caso
tal
o
gentile vera e propria,
3) Se considerare l'allegoricità, asserita dal poeta, solo per
quanto
riguar-
da l'episodio della donna gentile della Vita Nuova, e indipendente-
mente
dal fatto che tale allegoria possa essere
o rifacimento
tentativo di rielaborazione
Tali quesiti
si
aprono
ai
dell'opera.
più svariati e contrastanti giudizi
Michele Barbi,33 sostenitore della prima
afferma Dante (Conv.,
o meno un posteriore
II,
ii.
1), si
alla
seconda
ipotesi
"sarebbe contrario all'intenzione del poeta, anche durante
scriveva
Vita Nuova"^"* se solo
to nella
iConv.,
come
Convivio considerare
il
II, xii,
conforto nella
Beatrice-^'' di
1-4),
si
che "perduto
filosofia.
E "quale
do quanto viene
primo
il
fatto,
diletto" della
sua anima egli cercò
non
II,
xii,
1-4),
che prima della sua
iniziazione filosofica egli avesse "concepito allegoria di sorta".
rivela
apertamente
il
1),
ossia
"l'allegoria della
il
un
li
donna
pietosa". Beatrice
angeli e in terra
una "donna vera e propria".
Con tale affermazione,
Vita Nuova sia una figura
vi sia
-^^^
"Va inoltre
Barbi che nello stesso passo del Convivio dove Dante
"beata che vive in cielo con
ii,
quella viva
Anche perché non sembrerebbe, secon-
indicato dal poeta (Conv.,
osservato secondo
tempo che
il
da Dante stesso asserito
diletto", dice lo studioso, se
cui aveva già parlato?
dicendo che
allegorico l'amore per Beatrice narra-
ricorda
lo
quello di
che, contrariamente a quanto
tesi,
oppone
fra cui
Barbi
con
la
rimane quella
mia anima" (Conv.,
II,
-^^
non solo esclude che
allegorica della filosofia
qualsiasi rapporto di continuum, in
199
la
donna
ma che
quanto del
gentile della
due opere
parere che
due
fra le
i
Adriana diomedi
episodi, 38 narrati prima nella
Vita
Nuova (XXXV),
da "poi per
a partire
alquanto tempo", e successivamente nel secondo passo del Convivio
sono "manifestazione
1),
perciò essere intesi
d'arte di
come
due periodi
indipendenti l'uno
l'approvazione del Gilson39 e del
De
e successivi" e
distinti
dall'altro.
(II,
ii,
devono
Tale giudizio riscuote
aggiunge quest'ultimo,
Robertis-^o a cui
due episodi (del Convivio e della Vita Nuova) ma anche le
rispettive interpretazioni debbano essere considerate come distinte in quanto la donna gentile che nella Vita Nuova (XXXV) distoglie per qualche tempo
che non solo
il
i
rapporto contemplativo che
si
era creato fra Dante e Beatrice
come
morte, sarà successivamente descritta nel Convivio
della filosofia, "e le rime a lei dedicate
come
Sarà nel Convivio che l'esperienza dantesca
timentale per assumere
un
episodio, nella forma in cui
la
sua
figura allegorica
esaltazione di questo incontro".
distaccherà dalla vicenda sen-
si
ed
carattere prettamente intellettuale
si
dopo
presentava per
la Vita
Nuova,
il
vecchio
servirà "in
quan-
to dichiarata finzione retorica, a giustificare l'immaginazione della filosofia,
"come una donna
gentile" iConv.,
6) e la ripresa "del vecchio lin-
xii,
II,
guaggio" per descrivere un amore non più sentimentale
De
Robertis
non
esclude^^i
che l'intervento
amento, "fornisse materia per
cettabilità,
za e
non
ma
dopo
di Beatrice,
intellettuale.
Il
giovanile svi-
il
mess'in scena del Convìvio e per un'ac-
la
un diverso piano, del nuovo amore, in quanto amore di sciencreatura umana, perciò conciliabile e integrabile con quello di
su
di
Beatrice". 42
La seconda
e della Vita
tesi,
donna
basata sull'accettazione della
Nuova come
gentile del Convivio
allegoria della filosofia, viene appoggiata, fra
che, al contrario, individuando
un
molti,
da Maria
to
continuità lessicale, sequenziale e temporale fra
di
oppone
Corti'^^
alla tesi letteraria
rimproverando
al
Barbi di
i
definitivo rappor-
due opere,
le
non aver
si
"fatto atten-
zione ad alcune spie testuali del significato allegorico", rilevando in proposito
che
l'epiteto "savia" {Vita
Nuova, XXXVIII, 1) che nella Vita Nuova
si
donna gentile, viene usato nel Convivio come inno alla
filosofia "Voi che stendendo il terzo ciel movete" in quanto donna "pietosa
e umile / saggia e cortese ne la sua grandezza" (w. 46-47).'*4 Molto signiriferisce solo alla
ficativa, a
sua opinione, sarebbe
la
presenza di
altri
ad esempio, l'aggettivo "nobilissimo" riscontrato
Per
la
studiosa
il
senso allegorico dell'opera
si
guaggio, nella sequenza degli episodi in quanto
'spiritel
d'amor
gentile',
canzone allegorica
'voi
nunciati nella prosa
compreso
il
rimprovero
che 'ntendendo
XXXVII
della Vita
il
ambedue
".
lessicali quali,
le
opere.
evidenzia oltre che nel
il
lin-
"contrasto fra l'anima e lo
agli occhi,
terzo ciel movete'
Nuova
200
in
elementi
contenuto nella
sono
già prean-
Il
Nesso "Perfezione-Filosofia"
in
Dante
é
La messa in scena farebbe pensare, secondo
nuovo amore
ma
mente del poeta
configurata nella
si sia
la Corti,
attraverso "la Vita
inequivocabilmente
visione del
già nella Vita Nuova^''
De Robertis,^'' Dante l'abbia
Nuova stessa, forse composta per
la
soluzione
studiosa,
donna
la
circostanza temporale, se
gentile della Vita
Nuova sono
in cui studiava la filosofia
filosofanti'
^"
il
passi della Vita
escluse
le
"ne
si
fissare
religiosi
li
Nuova andrebbero
intesi in
i
e a
le
il
tempo
disputazioni de
almeno gli ultimi
senso allegorico. E non vanno
tutti,
o\^ie rispondenze formali verificabili nei passi della Vita
altri testi
della
passi dedicati alla
dal poeta durante
stati scritti
scuole de
le
sempre a parere
considera che
che farebbe pensare che, se non
rapporto a quelli di
cauta-
in crisi".
Altro fattore di fondamentale importanza sarebbe,
in
la
che, stando anche allopinione del
mente bloccato
li
che
Nuova
danteschi che lasciano delle tracce anche
nell'episodio di Casella, nel PurgatorioA^
Ma
queste soluzioni, che in un primo
momento sembrerebbero
non
l'interpretazione allegorica su quella letterale, se
da
i
passi dedicati alla
bero
vagio
la
"
ragione per cui
donna
altro
per quanto riguar-
non spiegherebvenga presentata come un "desiderio mal-
gentile dell' "allegato libello
la filosofia
favorire
",
e "vana tentazione" {Vita Nuova, XXXIX, 6) proprio nel periodo fra
1292-93,
tempo
va (nel 1293)
alla filosofia.
la
in cui,
dopo aver completato
canzone "voi che 'ntendendo
La riflessione
non sfugge
Vita
la
il
alla Corti
Nuova,
il
il
poeta scrive-
terzo ciel movete" in lode
che mette irrimediabilmente
in forse la sua stessa soluzione.
Sembrerebbe,
in
ogni caso, che neanche l'interpretazione allegorica riesca
a risolvere, a causa dell'incongruenza dei
due sintagmi "desiderio malvagio"
e "vana tentazione" {Vita Nuova, XXXIX, 6)
rapporto
vi sia, fra
l'amore per
la
donna
questione del rapporto, se
la
gentile della Vita
del Convivio e,
non solo ma, eliminerebbe a prioti, sempre
contraddizione,
la possibilità di
solo episodio relativo alla
una
donna
rifacimento dell'opera in quanto,
sare che
terza tesi
Dante concepisse l'amore per
del Convivio,
come
e quella
a causa di tale
dovuta allallegorizzazione del
gentile (Vita
abbiamo
Nuova
Nuova) o ad un posteriore
visto,
sarebbe inaccettabile pen-
la filosofia,
desiderio contrastante con
la
prima o dopo
ragione. "Che
la
la
stesura
memoriz-
non sempre costante e continua in noi, lo abbia tradito?" Suggerisce
Questo non si sa, e forse l'ipotesi avanzata dal Nardi per quanto
riguarda la possibilità di un fine della Vita Nuova originariamente diverso da
quello che noi leggiamo, a causa di un'altra redazione a noi pervenuta, non
zazione,
la Corti. ^9
sembrerebbe poi tanto improbabile anche se opposta da
vari critici fra cui
Maria Corti e Mario Marti, soprattutto per mancanza di un preciso riscontro
— 201 —
Adriana diomedi
filologico
con
o
che ne procurino l'evidenza e perché
di manoscritti
in contrasto
concetto di autonomia di ogni opera dantesca. 50
il
Resta perciò
che
fatto
il
il
rapporto di continuità
sostanziale importanza per stabilire
la
fra
precisa identità della
posizione dantesca, o amore che egli dice di nutrire per
timentale che
non è
sia),
risolvibile in
due opere, di
donna gentile e
le
lei (filosofico
maniera soddisfacente. Ogni
o sen-
tesi pre-
senta soluzioni, molto discordanti fra loro e che per una ragione o per
tra
non convincono poiché
in
ognuna viene
a
mancare
senza del quale è impossibile completare
sello
quell"
importante
l'al-
tas-
sempre più suggestivo
il
donna gentile.
A prescindere tuttavia dal fatto che l'esegesi critica non sia arrivata ad un
giudizio unanime sull'argomento e che la dicotomia donna vera-filosofia tutmosaico che potrebbe
far luce sulla
vera identità della
tora persista, di particolare interesse per
studio confermi
il
periodo
in cui nella
un amore
volta balzata la visione di
Se
osserva a
si
fine della
il
mente
mia
filosofico.
otto mesi dalla
odo in
nonché
secondo
fine la rilevanza del dato di fatto dovuto,
tal
morte del "'primo
diletto",^-
cui scriveva la fine della
l'intervento di Beatrice,
tale
del poeta sarebbe per la prima
dopo
nardiana,5i alla circostanza temporale, (visto che Dante,
l'analisi
che
ricerca è
che
aggirava intorno
si
Nuova, studiava già
Vita
avvenuto
circa
al peri-
filosofia),
la
in seguito al "giovanile
sviamen-
dantesco e sempre negli ultimi episodi della Vita Nuova, per richia-
to"
marlo
all'antica fedeltà
(
Vita
Nuova, XXXIX),
una nuova visione dell'amore da Dante
religiosi "e a le disputazioni
amore
filosofico che,
de
che
piili
li
il
acquisita,
pensare ad
tutto farebbe
appunto, nelle scuole dei
filosofanti (Conv.,
allo stato latente,
II,
xii,
7-8).
sarebbe già
Ossia un
in stato di
sviluppo negli ultimi passi della Vita Nuova, tempo in cui l'autore avrebbe
avvertito
la
possibilità di trascendere lo stato di "tristizia" (Conv.,
4) causatogli dalla
verso
con
di Beatrice, attraverso
xii,
1-
un bene più elevato teso
bellezza del vero e di "quella spera che più larga gira" {Vita
la
Nuova, XLI,
to
morte
II,
la
10). L'ultimo
sonetto della Vita
visione di questa sfera
ed
il
Nuova
(XLI, 10)
si
apre appun-
proiettarsi del pensiero
dantesco
verso un nuovo universo intellettuale che nella prosa finale (Vita Nuova,
XLII, 2-3)
sa nella
non
si
trasformerà in anelito per "quella benedetta Beatrice", immer-
contemplazione
di colui "qui est
a caso, Dante, nel Convivio
visione, parlerà di Beatrice
con
la
Nuova, l'autore
si
angeli e in terra
Vita
come
(II,
ii,
per omnia secula benedictus". E
i),
come per
richiamarsi a questa
una "beata che vive
di
(sua) anima".
Non
la
gli
filosofia offriva, attraverso
possibilità di affinamento intellettuale-spirituale e di
—
con
va quindi escluso che, già nella
rendesse conto che
202
in cielo
sublimazione del vec-
Nesso "Perfezione-Filosofia"
Il
chio amore, l'unico
Il
tutto
mezzo
di
ravvicinamento
sarebbe perciò indicativo
avvertito nella Vita
Nuova, e che
tere intellettuale) esigesse
durre in scena
fedeltà, {Vita
il
in
morta Beatrice.
filosofico, dall'autore già
dal precedente.
A
pro del quale
terreno dottrinale necessario per intropretesto del richiamo all'antica
il
un secondo momento, nel Convivio, egli
modo non del tutto convincente,^-^ di neutraliz-
Nuova, XXXIX), ed
avrebbe tentato, anche se
Dante
sua diversa natura (di carat-
in virtù della
morta Beatrice, con
la
alla
im amore
di
un netto distacco
Dante avrebbe prima preparato
in
in
amore allegorizzandolo con quello filosofico. È cioè possibile,
in altre parole, che Dante, dopo aver avvertito la "dolcezza " (Conv., II, xii,
7-8) del nuovo amore, abbia considerato due possibilità di sviluppo del
zare l'antico
primo concetto: sublimazione e/o
totale assimilazione
o neutralizzazione
anche se quest'ultimo sviluppo andrebbe
attraverso l'amore intellettuale,
non come vero e proprio annullamento del primo concetto dell'amore
(che l'autore, tutto sommato, non intende derogare in alcun modo, Conv.,l,
16), ma come finzione retorica per inserire in scena la nuova visione
inteso
i,
filosofica.
il
Il
che mi rende concorde con
dopo
drastico intervento di Beatrice,
il
De
Robertis^^ nel riconoscere che
giovanile sviamento
Vita
(
Nuova,
messin scena del Convivio e per un'acsu un diverso piano del nuovo amore", anche se, non per questo,
XXXÏX), "fornisse materia per
cettabilità
il
la
mi è chiaro
concetto di indipendenza di questi passi, che egli condivide
con
Barbi. Non vedo come il De Robertis possa ritenere che
due episodi e rispettive interpretazioni, quali sono "narrati prima nella Vita Nuova e
poi nel Convivio", vadano tenuti separati, nel momento in cui egli stesso ne
stabilisce un legame. Il semplice fatto cioè che lo studioso denoti la possiil
il
bilità,
i
per remota che
episodi della Vita
di per sé,
sia,
che Dante
Nuova per
creare
un qualche legame, anche
si
la
sia servito della
messa
se
visto,
rimane incerto
a
meno
esiste, se
non
altro
quello intellettuale,
il
fatto
di continuità che,
come
causa del successivo uso dantesco di sin-
tagmi {Vita Nuova, XXXtX, 6) inconciliabili con
filosofico. Resta tuttavia
scena del Convivio, implica
non necessariamente un vero e pro-
prio rapporto di interdipendenza e ancor
abbiamo
in
materia degli ultimi
che
fra
la
sua concezione dell'amore
questi episodi
un qualche legame
per quanto riguarda l'evoluzione dell'amore giovanile in
i
come abbiamo visto, sono già verificabili
Nuova a cui
poeta si ricollega nel Convivio
cui segni,
negli ultimi passi della Vita
il
donna pietosa. Il concetto di indipendenza degli
episodi dunque, anche se non totalmente da escludere, andrebbe in qualche
attraverso l'episodio della
modo
ridimenzionato.
Quel che non porrebbe dei dubbi
tuttavia è
— 203
che
il
ritorno di Beatrice nella
Adriana diomedi
costituisca la ragione per cui l'autore
Nuova,
Vita
amore. Che questo
sia
dovuto ad una
precedente abbandono verso
avvenuto dopo
fonda
le "false
crisi spirituale-cristiana
o
vecchio
il
ravvedimento da un suo
sorta di
immagini del bene" (Purg., XXX,
morte dell'amata, se
la
abbandonerà
invece
sia
di natura
il
una
risultato di
131),
pro-
pii^i
esclusivamente intellettuale da con-
con quella naturale necessità di perfezione o di sapere insita, secondo Dante, in ogni essere umano, è difficile dire. Quello di cui si è certi è che
nonostante l'aggettivo "malvagio" o "vana tentazione" (Vita Nuova, XXXIX,
nettere
amore filosofico, ne rilasci connotati decivamente negativi, nella Vita Nuova, ed in particolare dopo
il ritorno di Beatrice, si avverte sempre più profondamente l'imminente subriferimento
6), in
al
desiderio dantesco per questo
limazione dell'amore passione in quello intellettuale, che
troverà
piiì tardi
pieno sviluppo nel Convivio. Anche perché, non bisogna ignorare, che, se
modo
Beatrice era morta, l'unico
Dante avrebbe potuto seguirla era
in cui
appagamento
attraverso quella nobile attività dell'intelletto e
che
filosofico
permetterà di trascendere ogni "umana debolezza" e di aprirsi
gli
conoscenza del vero bene. La
ritrovata dantesca, quale sintesi della
dinamica dell'amore, Beatrice-filosofia-Sapienza
un
plausibile
LaTrobe
mezzo
University,
offriva,
alla
nuova
bisogna ammettere,
di conciliazione.
Melbourne
NOTE
1
Conv.,
l,
i,
1; Cfr.
The Methaphysics,
2 Cfr. St
C
voi.
Aristotelis
1,
1,
Metaphysica,
voi.
1,
980a 21-983a (I960);
1,
980a 21-983a, books I-IX (1933-80).
the Metaphysics of Aristotle,
Thomas Aquinas, Commentary on
Cfr. Aristotle,
Vol.
1, L.
1,
De Anima
di
1,
1-35 (1961).
3 Ibid; Cfr.
De Anima,
III,
4,
(429 a 23).
Averroè (Commentariiim 1953, 387):
quod
e.st
in potentia
omnes
è quello che
sali,
e
^
A
distinguere
Cfr.
De
1'
uomo
V.E.,
I,
tutti gli esseri esistenti la
5 Aristotle,
Ethica,
in atto
ii,
prima che
"Cioè,
il
commento
al
non
est in
definizione dell'intelletto
mate-
la
intellezioni delle
lo capisca".
dal bruto è la ragione e
1:
inoltre
formaaim materialium universalium.
antequam intelligat ipsum".
comprende in potenza tutte le
non è alcun ente
pensiero.
veda
"Idest, diffinitio igitur intellectus materialis est illud
intentiones
actu aliquod entium
riale
Si
et
forme materiali univer-
(Traduzione mia).
la
necessità di comunicare
"Eorum que sunt omnium
soli
homini datum
il
proprio
est loqui
"
("di
parola è data solo all'uomo").
1, 6,
1097b, 33-1098
a, 14; Cfr.
Tommaso
d'Aquino, Exp. Eth.,
I,
lect.
autem nutritivam et sensitivam non relinquitur
quae est operativa secundum rationem. Quae quidem vita propria est lioniini.
Nam homo speciem sortitur ab hoc, quod est rationale"; Cfr. Coni'.. II, vii, 4.
Cfr. Metaphysics, cit., vol. 1, 1, 980a 21-983a. Per una segnalazione dei passi di
metafisica anstotelica, con tutta probabilità noti a Dante, si veda B. Nardi (Nel mondo
X, 124-126, e soprattutto 126: "Post vitam
nisi vita
'^
— 204 —
Il
Non
1944).
si
Nesso "Perfezione-Filosofia"
esclude, secondo
il
Nardi,
la
possibilità
za del testo di Metafisica aristotelico anche dai
Magno,
che
visto
poeta distingue, con
il
in
Dante
che Dante abbia
commenti
di
attinto la
conoscen-
Tommaseo d'Aquino e Alberto
padri della chiesa e contrariamente ad Aristotele,
i
Metafisico dalla Teologia. In quanto ad una spiegazione delle sette .scienze del Trivio e
del Quadrivio si veda Agostino: De ordine (\8òl, 994-1020), De Musica (1861, 1082-1194),
la
Doctriiia Christiana (1930). Cfr.
inoltre
il
commento
del
De
versione ingle.se
la
Ou
Christian Doctrine (1958).
Robertis nella nota relativa a Cunv.,
II.
Si veda
8 (Opere Minori
xiii,
1988).
"^
Convivio (Opere minori 1988, 4-6). Cfr. Par,
1015, a 13-15: cfr. B. Nardi (1944, 46-7).
4,
^
Cfr.
frase
la
Metaphysicam
'-'
1, L.
vol.
cit.,
1,
c
latina
di
Aristotle,
Metaph., V,
Thomae Aquinatis
Sancti
(hi
I,
Chapter
190 a 21-983 a
1,
3;
Commento
cfr.
di
Tommaso,
3.
10 Cfr. Aristotle. Eth..
um
dell'edizione
veda
si
1915).
Metaphysics,
Metaphysics.
apertura
di
109-120;
I,
I.
3.
1095
b, 1-4-22; cfr. H.\p. tomi.sta.
1,
led. V, 60; "Circa primi-
est, quod \ita voluptuosa, quae ponit finem circa delectationem sennecesse habet ponere finem circa maximas delectationes, quae sequuntur naturales
operationes, quibus scilicet natura conservatur secundum individum per cibum et potum
considerandum
sus,
secundum speciem per mixtionem .sexuum. Huiusmodi autem delectationes sunt
communes hominibus et bestiis: unde multitudo hominum ponentium finem in huiusmodi \'oluptatibus, videntur omnio bestiales, quasi eligentes talem vitam, in qua pecudes
,
et
simul nobiscum communicant".
Cfr.
De
Boezio,
Consolatione philosophic. W. prosa
3,
W.15, 19-21.
11
Ibid (Boezio,
1-
Per Boezio, vivere
De consolatione phil) Cfr.
come uomo, significa
.
CoiW.
II,
vii, 4.
innanzitutto seguire
il
bene, e raggiungere,
tramite questo fine, la perfezione intellettuale e morale spirituale della propria natura. Chi
si
dà
a vizi vari
tia.
o non
si
impegna
in
alcun
modo
per soddisfare
tali
esigenze, rinuncia alla
giustamente notare Dante, vive non come uomo ma come besPer ima più precisa spiegazione in merito, si rimanda il lettore all' opera boeziana. De
sua umanità,
e,
come
fa
cot L^olat ione philosophie, libro IV. soprattutto prosa 3, 16-25; Si veda il testo latino a fronte
con traduzione italiana. La consolazione della filosofia (1994): [16] "... cum ultra homines
quemque provehere sola probitas possit, necesse est ut, quos ab humana condicione
deiecit. infra hominis meriami detrudat improbitas; evenit igitur ut, quem transformatum
\itiis
videas.
hominem
tus ereptor: lupi
comparabis.
[20] Irae
aestimare
similem dixeris.
[19] Insidiator
intemperans
metuenda formidat:
non
[18]
fenet alienarum opum \iolenFerox atque inquies linguam litigiis exercet: cani
possis. [17] Avaritia
occultus subripuisse fraudibus gaudet: vulpeculis exaequetur.
frémit: leonis
animum
gestare credatur. [21] Pavidus ac fugax
asinum \ivit. [23]
immundisque libi-
cervis similis habeatur. [11\ Segnis ac stupidus torpet:
Levis atque inconstans studia permutât: nihil avibus differt. [24] Foedis
dinibus immergitur: sordidae suis voluptate detinetur.
homo
non
[25] Ita
fit
ut qui probitate deserta
cum in divinam condicionem transire non possit, vertatur in beluam".
momento che soltanto l'onestà può fare a\'anzare qualcuno oltre limiti fissati per
l'uomo, è inevitabile che la malvagità abbassi al di sotto della dignità di essere umano col"...
es.se desierit.
dal
i
oro che essa ha espulso dalla condizione umana: av\'iene pertanto che tu non potrai piij
considerare uomo colui che \edi e.s.sere stato deformato dai vizi. [17] Arde di avidità colui
che con la violenza .strappa agli altri le loro ricchezze: lo potresti dire simile al lupo. [18]
Una persona
[19]
feroce e implacata esercita
la
sua lingua a
litigare: lo
Colui che tende insidie di nasco.sto è lieto di derubarti con
siderato uguale alle volpi spregevoli. [20] Chi
non
sa frenare
paragonerai ad un cane.
la
l'ira,
frode: e allora sia con-
freme:
si
può credere
che egli abbia un animo di leone. [21] Colui che è vile e pronto a fuggire teme anche quello che non de.sta paura: lo si consideri simile ai cervi. [22] Colui che è pigro e ristupidito
— 205 —
Adriana diomedi
come un asino. [23] La persona leggera e incostante cambia sempre
non c'è nessuna differenza tra lui e gli uccelli. [24] Uno è immerso in libidini sporche e immonde: è impigliato nel piacere che è proprio di un sozzo maiale. [25]
Ne consegue che colui che, abbandonata l'onestà, ha smesso di essere un uomo, dal
momento che non può passare nella condizione di essere Dio, si muta in una bestia
se ne sta inerte: vive
i
suoi interessi:
feroce". (Ibid).
1^
Per una visione più complessiva della Vita Nuova,
si
veda
lo studio di
Edoardo
Sanguineti (Dante Reazionario 1992).
1^ Cfr.
commento
il
65-70). Cfr.
e
Capelli (La Divina
"V.
dello
stilistico
introduttivo al canto
stil
novo che
si
Commedia
mio saggio
il
1^ Cfr.
Conv.
II,
XV,
(in
3.
deìì'Inferno (La Divina
Commedia
1979-87,
1994, 63-67). In quanto al recupero tematico
evidenzierà nel Purgatorio,
Oliva in (Letture 1998, 7-17, soprattutto p.
15 Cfr.
V
si
veda
saggio di Gianni
il
8).
Spunti 1994, 77-88). Si veda inoltre Mark Musa (Aspetti 1991).
come per San Tommaso (Exp. Etbica, I, Lect. i, I) la
Per Dante
conseguentemente identificata con la Sapienza "Est potissima perfectio ratiocuius proprium est cognoscere ordinem". Cfr. Aristotele, Metaph., 1, 2, 982 a, 14-21.
filosofia sarà
nis,
1^ T.
d'Aquino,
18 Cfr. la
19
Boezio,
20
Va ricordata
sabilità di
Lixp.
Metaph.,
I,
lect.
ili,
56.
spiegazione di K. "Vòssler (Medieval Culture 1929-50, 153).
De
Consolatione,
cit.;
Cfr. P.
ogni individuo di perseguire
7-9, 11; Cfr. B.
Caurcelle {La Consolation 1967).
in proposito la visione dantesca della nobiltà dell'anima e della responle
virti^i
adatte ad ogni sua età. Cfr. Conv, IV, xxiv,
Nardi (Grande antologia 1954, 1228-1230).
21
Laelius de Amicitia, IV, 13:14.
22
De
metro 6. Tutte le citazioni su Boezio, in
italiano o in latino, sono state riprese dal volume La consolazione della filosofia (1994).
23 Ibid., Ili, 2, 34 - 38: "Ogni cosa vuole correre indietro / e ciascuna gode a tornare,
/ ma a nessuna rimane l'ordine assegnato, / se non unirà la fine all'inizio / e non farà di
sé
uno
Consolatione Philosopbiae.,
Ili,
prosa
6,
stabile circolo".
2, 3: (2) "Omnis mortalium cura, quam multiplicium studiomm labor
quidem calle procedit, sed ad unum tamen beatitudinis finem nititur pervenire. Id autem est bonum, quo quis adepto nihil ulterius desiderare queat. (3) Quod
quidem est omnium summum bonorum cunctaque intra se bona continens; cui si quid
aforet, summum esse non posset, quoniam relinqueretur extrinsecus quod posset optari.
Liquet igitur esse beatitudinem statum bonorum omnium congregatione perfectum. (4)
Hunc, uti diximus, diverso tramite mortales omnes conantur adipisci; est enim mentibus
^^ Ibid.,
Ili,
prose
exercet, diverso
hominum
boni naturaliter inserta cupiditas, sed ad falsa devius error abducit".
(2)"Ogni cura dei mortali, che è tormentata dalla fatica di vari desideri procede, sì, per
vie diverse, ma cerca pur sempre di giungere ad un unico fine, che è quello della felicità. Tale fine consiste nel bene: ognuno, una volta che lo ha ottenuto, non può piià
desiderare altro. (3) Questo è certo il sommo tra tutti beni e contiene al suo interno tutti
gli altri: se gliene mancasse qualcuno, non potrebbe essere il sommo bene, poiché rimarrebbe al di fuori di esso qualche bene che potrebbe essere desiderato. È chiaro, dunque,
che la felicità è una condizione, resa perfetta dal fatto che tutti beni vi si raccolgono
insieme. (4) Questa condizione, come abbiamo detto, mortali cercano di conseguirla percorrendo vie diverse: è, infatti, insito per natura nella mente degli uomini il desiderio del
vero bene, ma l'errore li svia e li porta verso falsi beni"
25 Ibid., Ili, prosa
"
Anche voi, o esseri viventi sulla terra, sognate, sia pure in una
3, I,
tenue immagine, il vostro principio, e quello che è veramente il fine della vostra felicità
voi lo vedete comunque con il pensiero, anche se esso non è particolarmente acuto, e per
questo motivo l'impulso della natura vi conduce al vero bene ...".
26 Si veda Marco Tullio Cicerone, Laelius de Amicitia IV / Lelio l'amicizia (1987, 13veri
,
i
i
i
i
— 206 —
Il
14): (13)
Nesso "Perfezione-Filosofia"
"Neque enim adsentior
iis,
in
Dante
cum
qui haec nuper disserere coepeaint.
simul aniinos interire atque omnia morte deleri; plus apud
me
corporibus
anticjuorum auctoritas valet,
nostrorum maioaim, qui mortuis tam religiosa iura tribuerunt, quod non fecissent profecto, si nihil ad eos pertinere arbitrarentur; vel eonim, qui in hac terra fuerunt
Magnamque Graeciam quae nunc quidem deleta est, tLini tlorebat, institutis et praeceptis
vel
non turn
idem semper, animos hominum esse divinos, iisque,
cum ex corpore excessissent. reditum in caelum patere, optimoque et iustissimo cuique
expeditissimum. (14) Quod idem Scipioni videbatur; qui quidem, quasi prae.sagiret, persuis erudierimt; vel eius, qui Apollonis oraculo sapientissimus est iiidicatus, qui
tum
hoc.
illud, ut in
paucis ante
mortem
Scae\ola,
mecum
extremum
fere
plerisque, sed
diebus,
cum
et Philus et
Manilius ade.s.sent
triduum disseruit de
venisses,
et alii piures,
tuque etiam,
cuius disputationis
publica;
re
fuit
de immortalitate animorum, quae se in quiete per visum ex Africane^ aud-
optumi cuiusque animus in morte facillime evolet tamquam e
cui censemus cursum ad deos faciliorem fuisse quam
Scipioni? Quocirca maerere hoc eius exentu vereor, ne invidi magis quam amici sit. Sin
autem illa veriora, ut idem interitus sit animorum et corporum nec ullus sensus maneat,
ut nihil boni est in morte, sic certe nihil mali; sensu enim amisso fit idem, quasi natus non
esset omnino; quem tamen esse natum et nos gaudemus et haec civitas, dum erit,
laetabitur. " Non sono infatti per niente d'accordo con coloro che, da poco tempo a questa parte, sostengono che l'anima muore con il corpo e che tutto si dissolve con la morte.
Per me vale di piij l'autorità degli antichi: quella dei nostri antenati che tanto sacri diritti
attribuirono ai morti, cosa che non avrebbero certamente fatto se si fo.ssero convinti che
nulla aveva per loro importanza; o quella di coloro che abitarono questa nostra terra e
che con il loro insegnamento contribuirono alla civiltà della Magna Grecia che ora, è vero,
è decaduta ma che allora era fiorente; o quella di colui che fu giudicato il più saggio dall'oracolo di Apollo, che a questo proposito non sosteneva, come in molti altri casi, ora
una tesi ora un'altra, ma affermava sempre la stessa cosa, e cioè che l'anima degli uomiisse dicebat. Id si ita est, ut
custodia
\'inclisque
corporis,
ni è di origine divina e che,
una
via tanto più agevole
quando esce
dal corpo, le
quanto più uno è buono e
si
apre
la via di
giusto. (14)
ritorno al cielo,
E questa era anche
la
convinzione di Scipione: egli per l'appunto, quasi avesse un pre.sentimento, pochissimi
giorni prima di morire, alla presenza di Filo, di Manilio e di parecchi altri (anche tu
Scevola, ti eri recato lì con me), per tre giorni tenne una conversazione sullo stato: quasi
tutta l'ultima parte della trattazione riguardò l'immortalità dell'anima ed egli affermava di
averla ascoltata in sogno dalla \'oce dell'Africano, nel sonno. Se è vero questo, che quan-
uno è buono tanto più speditamente l'anima vola via dal corpo come dalle catene
pensiamo che abbia potuto salire verso gli dei più agevolmente di
Scipione? Perciò mostrarsi addolorati per la sua sorte, temo che sia .segno d'invidia più che
to più
di
un
carcere, chi
di amicizia. Se invece .sono più vicine al
vero quelle
altre affermazioni, e cioè
che
l'ani-
ma muore allo stesso modo del corpo e che non rimane .sensibilità alcuna, in tal caso,
come nessun bene è nella morte, così, senza dubbio, non c'è in essa alcun male. 'Venuta
meno infatti la sensibilità, è come se Scipione non fosse mai nato: ma fatto che egli è
il
nato
ci
riempie di .soddisfazione e
.sarà
per sempre motivo di gioia per questa nostra
città.
2^ Cfr. E.
Garin (Storia 1966,182-184). In quanto all'influsso esercitato da queste ed altre
dottrine sul pensiero dante.sco, si veda Amilcare A. lannucci (in Quaderni 1997, 251-260,
.soprattutto pp. 256-7).
-^ Si noti che il concetto di filosofia intesa nel .senso di
donna
di derivazione boeziana. Cfr. Boezio, in Coìisolatione Philosophie,
cit.,
I,
prosa
I,
metro
I,
3. metro 2.
M. Barbi {Problemi 1965, 119); E. Gilson (Dante and Philosophy 1949-63, 89-92).
50 La morte di Beatrice ri.salirebbe all'otto giugno 1290 (Cfr. Vita Nuova, XXIX), menl'apparizione della "donna gentile" si avrebbe il 21 agosto del 1293. tre anni dopo la
e prosa
29
tre
gentile e consolatrice è
— 207 —
Adriana diomedi
morte
32
mondo 1944, 3 sg.)
saggio di Enrico Fenzi (in La gloriosa dotìna 1994, 195-224).
visione che permette di accedere "una conoscenza non tanto "mistica" quanto
di Beatrice. Cfr. B. Nardi {Nel
31 Si
veda
Una
il
'metafisica' del divino". Si
61).
33
veda
la
spiegazione
in
proposito di M. Picone {Dante 1987, 59-
M. Barbi (Problemi 1965, 113-139).
34 Ibid., 118.
35 Ibid. 115, 116.
36 Ibid, 115.
37 Ibid.
38 Ibid., 113-139
(Dante and Philosophy 1949-63, 89-90); Cfr. M. Barbi (Problemi 1965, 115).
De Robertis, "Introduzione alla Vita Nuova" (Opere 1984, 9 e commento 217).
39 E. Gilson
^0 D.
Nuova (1984, 218).
Nuova (1984, 218-218). Per un'interpretazione della questione
biografica della Vita Nuova e dello sviluppo relativo al concetto "donna vera-filosofia", si
veda l'articolo di Daria De Vita (in Belfagor 1998, 1-25); a cui fa seguito un altro suo arti41
42
Commento
alle note. Vita
Commento,
Vita
colo (in Belfagor 1999, 147-169).
43 M. Com (La felicità 1983, 148-149).
44 Cfr. anche la prosa di Conv.,
45 M. Corti (1983, 149).
II,
xv, 3-
46 D. De Robertis, nel commento alle note della Vita Nuova (Opere 1984, 218).
47 Cfr. B. Nardi a proposito del commento al brano di Conv., II, xii, 2-9, relativo ai
trenta
mesi
di studi filosofici,
presumibilmente
iniziati otto
mesi dopo la morte di Beatrice,
tempo di composizione, si veda
'Convivio' I960, 1-7). Per quanto
Carlo Paolazzi, La 'Vita Nuova' 1994, soprattutto da p. 20 in poi).
Dal
riguarda l'ipotesi sul
48
M. Corti (1983, 149).
49 Ibid., 154.
50
M. Marti (Vita e morte 1965, 657-69).
51 B.
Nardi,
commento
relativo ai passi del Convivio
II,
XII, 2-9
(Dal Convivio' I960,
1-7).
52 Ibid.
53
Forse proprio a causa del fatto che era solo un tentativo e che molto probabilmente
era rimasto incompleto.
54 Si
veda
il
suo commento
alla Vita
Nuova, XXXV,
1
(Opere 1984, 217-218).
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