s ADRIANA DIOMEDI IL NESSO "PERFEZIONE-FILOSOFIA" IN DANTE Per meglio comprendere la con sarà necessario iniziare dinamica del principio dantesco perfezione di un'analisi filosofica del concetto chiave "tutti gli uomini naturalmente desiderano di sapere"^ Principio base di tale affermazione secondo Aristotele,- è che sapere è il un'esigenza naturale dettata dall'istinto di perfezione, una necessità comune ad ogni cosa tanto innata esistente animale razionale, protende attraverso la ma altret- verso cui l'uomo, in quanto potenzialità intellettiva resa attiva dalla conoscenza. L'intelletto, di capirle", al dice lo "non è niente delle cose che esistono prima Stagirita,^^ momento come una della nascita esso è tabula rasa, allo stato di semplice potenza, e la sua possibilità di passare all'atto è strettamente connessa con la conoscenza. Se non avesse modo l'intelletto di conoscere la sua potenzialità resterebbe in gran parte allo stato latente, immersa nelle tenebre, e l'individuo sussisterebbe in alle sole i bruti. non essere dovuto stato di quasi funzioni delle anime vegetativa e sensitiva"* che ha in comune con La sua sarebbe perciò un'esistenza incompleta, vissuta in un certo senso solo sua uno umana in parte, e insufficiente per soddisfare natura che come tale richiede il le naturali perfezionamento È da qui dunque, da questa umana necessità di esigenze della intellettuale. perfezionamento secondo le piij alte'^ qualità della propria natura, che emerge nell'uomo di sapere, di conoscere, appunto perché quanto più l'uomo secondo Aristotele, quanto più egli conosce tanto più ale di perfezione (intellettuale) e realizzazione dal Ho si tanto più è sa, avvicina punto desiderio il al di vista attinge le nozioni base della sua dottrina sulla riprese nel Convivio, a partire dal primo permettendone uno sviluppo che sempre più completa, più Nel Convivio il da questi che Dante man mano e più tardi nella a più Commedia, va inglobando una visione universale. richiamo allo QiADERSÌ secondo conoscenza che espone trattato, ide- umano. ritenuto importante esporre le implicazioni di tale principio un'ottica prettamente aristotelica^ poiché è soprattutto suo Stagirita per quanto riguarda d'italianistica \o\\.\mQ XX, No. 1-2, 1999 la conoscenza Adriana diomedi non potrebbe abbiamo visto, essere infatti chiaro. piili fonda per lo più su si discorso del filosofo in materia, Il base dovuti: tre concetti 1) all'innata necessità di sapere; che 2) alla ragione di questa necessità, ed fezione, egli attribuisce all'istinto di per- infine 3) alla responsabilità umana assecondare di esigenze della propria le natura (dettata appunto dall'istinto di perfezione), con ed essere di realizzarsi intellettualmente Ebbene, (Conv., I, tutto preciso scopo felici. processo viene riassunto da Dante nel suo primo il 1) in i, il trattato un solo paragrafo. "Si come gli uomini naturalmente desiderano dice lo Filosofo nel principio de la Prima Filosofia, tutti di sapere. La ragione di che puote essere ed è che ciascuna cosa, da previdenza di prima natura impinta, che la è inclinabile a sua propria perfezione; onde, acciò la scienza è ultima perfezione de senio subietti {Coìiv., L'espressione iniziale, I, i, 1-2) la nostra anima, ne naturalmente sta la nostra ultima felicitade, tutti al la quale suo desiderio . come vediamo, è ripresa alla lettera dal testo di "Omnes Metafisica aristotelico, a Dante pervenuta nella traduzione latina homines natura da cui segue: "Ogni cosa da provvidenza scire desiderant",^ prima natura impinta è inclinabile a di con sua perfezione"; presupponendo la ciò che ogni cosa abbia in sé l'inclinazione naturale ad una meta ideale, proprio inclinazione ad un come fattore naturale ci informa secondo cui arrivare filosofo,^ attribuendo tale il da paragonarsi al fatto che ciò che è caldo tende per natura a scaldarsi e ciò che è pesante a scendere giù. Per Dante, è chiaro, la tendenza dell'uomo è quella di attuare le capacità dell'intelletto, parte più nobile della sua natura che lo la essendo questo possibile solo attraverso sempre la quale che questa è sta la nostra modo "tutti egli arriva al conoscenza o "scienza" che per l'individuo vivere non naturalmente le esigenze al la nostra il poeta, suo desiderio semo intellettuali come uomo ma come parafrasando l'espressione boeziana "asinum rebbe preclusa ogni de egli, nocciolo di un discorso esistenziale che permette di dedurre che ignorare "E' sopra del bruto, ed ultima felicitade", è ovvio, secondo ragione per cui la subietti". In tal vista al di sulla scorta di Aristotele, definisce "ultima perfezione anima ne gli la pone vivit",!^ significherebbe bestia, io dice l'autore, nel senso che possibilità di perfezione e realizzazione dal gli punto umano. da sapere", fa notare in proposito — 192 il poeta (Conv., — II, vii, ver- 3-4), che di Nesso "Perfezione-Filosofia" Il "le Dante cose cleono essere denominate da l'ultima nobilitade de come l'uomo da la ragione, e non dal senso né meno nobile. Onde quando si dice l'uomo vivere, forma; che sì sia intendere l'uomo usare de in la pure ragione, che è la sua più nobile parte. E però chi da la la la non parte sensitiva, vi\e sua speziale ragione uomo, ma vive si la loro d'altro vita si dee e atto parte, e usa bestia; si come dice quello eccellentissimo Boezio: "Asino vive".^^ È in in base a convinzioni di necessità o affermazione intellettuale, tali insita ogni essere umano, che emergerebbe nell'animo dantesco l'amore per filosofia, suscitato appunto da un esigenze ra intellettuale, le cui mento legato richiamo dei sensi. Bisogna atto di responsabilità verso la propria natu- faranno sempre più evidenti con prima fase giovanile e della visione della sua al si di il supera- un amore per lo più ^^ momento premettere che fino a quel infatti la l'interesse dantesco, individuabile soprattutto nelle sue rime giovanili e nella Vita Nuova, era di materia tutt'altro che "Amore e sì come il intellettuale basti ricordare 1 cor gentile sono una cosa, l'altro osa com'alma razionai sanza ragione". cui il Vita Nuova, XX. di sentimento procurava delle noie, poiché avvertito ragione, mento, 1-4) un amore che tendendo passione dissolveva ogni intralcio morale ed anche Erano cioè versi basati sull'ideologia della versi stilnovistici, saggio in suo dittare pone, e così esser l'un sanza mazione i non per questo lo si accettava come nei casi in contrario alla suscitava nell'individuo l'esigenza di dicendo che, alla subli- un cambia- in fin dei conti, "Oi anima pensosa. Questi è uno Che spiritel reca innanzi me novo d'amore, li suoi dèsiri" (Vita Nuova, XXXVIII, 10-12). L'attenuante emergeva dal riconoscimento della travolgente superiorità del- l'amore passione nei confronti di quello di natura intellettuale-razionale. "Amore che me ... cominciò a prendere sopra convenia fare tutti li me tanta sicuritade e tanta signoria suoi piaceri compiutamente" (Vita Nuova, ... II, 7-8). L'elemento intellettuale-filosofico, anche se di tanto — 193 — in tanto già percepibile Adriana diomedi Nuova, spunterà definitivamente solo più in alcuni passi della Vita "Sì tardi. lungamente m'ha tenuto Amore e costumato a che sì com'elli m'era forte pria, mi così sua segnoria la sta soave ora nel cuore iVita Nuova, XXVII, 1-4). come Espressioni prevalere la queste, in cui senso di responsabilità di far maturazione morale-spirituale che, come ho accennato, di evidenzierà poi piìj il il ragione sulla signoria delle passioni, fungono da preannuncio ad un processo mento avverte si Commedia chiaramente nel Convivio e nella si col supera- di concetti stilnovistici, basati sulla fatalità dell'amore passione,!^ a cui poeta si era fatto trasportare nella sua adolescenza. Beatrice l'amore per la donna gentile, Con la morte di che nella Vita Nuova era mosso da un appetito sensibile spesso contrastato dalla ragione, viene così a subire una metamorfosi radicale, attuandosi che ne permetterà la in una sorta di intellettualismo filosofico sublimazione determinando il passaggio dall'amore o meglio, dall'amore sensuale avversario della ragione {Vita Nuova, XXXIX, 1) all'amore intellettivo, sinonimo di perfezione passione all'amore dell'attività virtù^^, che intellettuale, permette gli di trascendere debolezza o "vana tentazione" (Vita Nuova, XXXIX, 6) per il puro gusto verità superiori e di aprirsi a tutta quella verità necessaria al apprendere di 2, umana ogni solo "ben dell'intelletto". Dico "puro gusto" per contaminato da altri significare, è vero, interessi personali, ma il solo desiderio di sapere, non anche, e soprattutto, per inten- dere quello naturale, allo stato puro, dettato esclusivamente dall'innata necessità di perfezionamento intellettuale che Dante sente nel profondo del suo intimo di poter accedere attraverso acquista piena coscienza solo È base a questi in un verità universali, ma di cui tardi. che nel Convivio (III, xi, 1), come dicevo, prevale tipo di intellettualismo, di per sé determinante del passaggio dall'amore passione per Filosofia za, fattori pii^i le si o vero necessità la donna gentile a quello per la donna de lo ntelletto che chiama", ^^' che per l'autore è nient'altro che "amistanza a sapiena sapere" iConv., umana di sapere, Ili, xi, 6), poiché dettato appunto dalla sola da intendere nella sua più nobile forma in quan- un sapere) acquisito non per derivarne "moneta e dignitade" (Conv., i^ Ili, xi, 10)1^ ma col preciso scopo di appagamento intellettuale, Come Dante sia entrato in questo ordine di idee e a valorizzare l'atto stes- to (è so del filosofare determinante di tale perfezione, — 194 — ce lo spiega egli stesso nel Nksso "Perfezione-Filosofia" Il suo secondo però "E la Convivio trattato del dico che ... mia anima come per me Dante 1-4). (II, xii, perduto fu io rima.si di tanta tri.stizia ... in lo primo de diletto punto, che conforto non mi valeva alcuno. Tuttavia, dopo alquanto tempo, la mia mente, che si argomentava di sanare, provide, poi che né mio né l'altri con.solare valea, ritornare al modo che alcuno sconsolato aveva ' 1 tenuto a consolarsi; e misimi a leggere quello non conosciuto libro di Boezio, -^ nel quale, cattivo e di.scacciato consolato s'avea. E udendo ancora che Tullio avea scritto un avea toccate le altro libro, nel parole de quale trattando del'Amistade, Consolazione la di Lelio misimi a leg- ... gere quello". È per uscire da questo dei mezzo di cui si stato di "tristizia" erano dunque che il poeta, avvalendosi serviti gli antichi in simili situazioni, to nello studio della filosofia. Che morte del suo "primo la cerca confor- diletto" ne costi- movente sembrerebbe perciò indubbio, anche se sappiamo che alla base di ogni azione umana, e soprattutto di personalità complesse come quella dantesca, non possono non annidarsi altri fattori, spesso legati all'imtuisca il patto psicologico di esperienze passate che incidono, anche se indiretta- mente, sulla formazione di decisioni Se consideriamo ad esempio che attuali. Beatrice morì nel 1290, Dante avrebbe superato in quel periodo ticinque anni di età, assegnava fatta il termine che alla fanciullezza, e consapevolezza insieme adulto, secondo l'autore, abbia contribuito tentazione"( ViYtìf ha egli, concorde con non è da escludere all'innata nuove e più un amore più Nuova, XXXIX, 2, 6) a parte, sif- anche se inconscia necessità che ogni di abbracciare alla ricerca di "tristizia" ven- medievale, la filosofia che, i che qualità proprio di un'età più matura. ^o nobili conoscenze, elevato, lontano da ogni "vana gli avrebbe impedito che starebbe a II il salto di significare che Dante, sulla soglia della giovinezza, avrebbe avvertito lo spontaneo moto dell'animo verso nuovi e più vasti orizzonti conoscitivi dettati appunto dal- veniva l'innata necessità di perfezione intellettuale, a cui egli man mano a sensibilizzarsi. Ciò non toglie comunque che è dopo dedica allo studio della di Boezio e // De filosofia, a partire dal amicitia di Cicerone-^ "e va cercando argento e fuori de di consolarsi, e di scienze e dedurlo dagli non solo la sì di Beatrice II, 'ntenzione truova oro 5). xii, Come degli stessi autori. — 195 — che il poeta si De Consolatione Philosophiae come essere suole che l'uomo trova alle sue "lagrime rimedio di libri" (Conv., scritti morte la ..." ma egli che cercava vocaboli d'autori questo avvenga è possibile Adriana diomedi Con alla De il Consolatione, Dante viene ad aprirsi alla problematica relativa vera nobiltà-- e a realtà metafisiche che determinano il naturale rappor- l'uomo e Dio. to fra "Repetunt proprios quaeque recursus redituque suo singula gaudent nec manet nisi quod ulli fini traditus ordo, vi è orbem".23 fecerit Fondamentale principio uomo ortum iunxerit stabilemque sui rapporto è che insito nella natura di ogni di tale un innato desiderio di per quanto lo che, felicità si voglia perseguire, è impossibile soddisfarlo in questa vita poiché diretto verso quel bene assoluto che è solo mente, come in in Dio e che anche un sogno, quale gli animali percepiscono vaga- loro ultima meta.--^ "Vos quoque, o terrena animalia, tenui licet imagine vestrum tamen prin- cipium somniatis verumque illum beatitudinis finem licet minime perspicaci, qualicumque tamen cogitatione prospicitis coque vos et verum bonum naturalis ducit intentio ..."^^ Nel dialogo ciceroniano. De Amicitia,^^ con rilevanza di tale desiderio la che egli assicura, per autorità di Lelio convalida in convinzione la altri sapienti, di di una un certo senso vita dopo la morte argomentazioni filosofiche e di rivelazioni, che egli percepisce per certe perché conferite in sogno al suo amico Scipione Africano Minore, da Scipione Africano Maggiore dopo la quando questi era già salito al concilio degli dei. L'anima, conferma Lelio, non può morire con il corpo poiché ha un'origine divina che la richiama a sé e rattristarsi della morte di un amico (nel suo caso di Scipione), che morte, è finalmente liberato della prigione del suo corpo per ritornare si al cielo, sarebbe più un segno di invidia che di amicizia. Dalla speranza di una vita dopo necessità insita in ogni essere lata da Boezio) emerge la la morte (postulata da Cicerone) e dalla umano di ritornare al proprio principio (rive- sconosciuta che suscita in Dante si la dimostrava veracemente, cioè ne de li filosofanti; si che in picciol cominciai tanto a sentire una visione di la l'innoltrarsi completa ma anche piiì necessità di ricerca del vero "là dov'ella le scuole de tempo, forse li religiosi e a le disputazioni di trenta mesi (dice l'autore) sua dolcezza che lo suo amore cacciava e dis- truggeva ogni altro pensiero" (Conv., Con felicità piti II, xii, nell'apprendimento della 7-8). filosofia, aver scoperto che è in quella "dolcezza" che deriva — 196 — la Dante dice dunque sua felicità: di nella spec- Nesso "Perfezione-Filosofia" Il vero e nel godimento che questa stessa del Illazione Dante in essendo essa "eccellentissima dilezione" che contrariamente "non paté alcuna intermissione o vero ta, sua mente inizia a configurarsi un amore di difetto" {Conv.. la perfezione e con un desiderio di vSapere che in questa to, xi, Ili, 14). Nella la il suo appagamen- essendo esso sempre più chiaramente avvertito dal poeta come con fino a fondersi il come uno sviluppo platonico^^ e bene per la donna terrena in quello, de Filosofia" (Coni'.. dantesca, avrà il II, xv, 12): la meno donna segno il l'ignoranza e fra nobili e quella del elevato, della "bellissima e onestis- il la quale Pittagora pose gentile che, le secondo prestabilito (Dio), chiede implica egli il colmando (II,xii, punto alla in un il certo o passioni tanto discussa questione della 6) in rapporto a quella della Vita il conseguentemente massimo nuova visione vero, fra la conoscenza di cose a questo gentile del Convivio conciliarsi e 1), la nome porte del vero e di dirigerlo, con come possa cioè concetto di un amore mente inteso dal poeta come sviamento della ragione si il bene supremo. LA DONNA GENTILE Non si può non accennare donna piij potere di dischiudere resto dell'umanità, verso senso l'abisso delle passioni terrene al di là a sfociare nel mistico, trasformando imperatore de lo universo a lo spon- quella di Boezio e di Cicerone, veniva così a subire figlia lo bene supremo. La sua dialettica d'amore, sima visione dell'attività intellettuale trova attività taneo moto dell'anima verso un bene che va Ci a quella passa- nesso: perfezione-filosofia, ossia il nobile connesso con piià produce, attività integrarsi della razionalità (Conv., possa sostenere infine che sia Convivio e della Vita Nuova) a cui goricamente un'unica cosa, giovanile, originaria- (Vita Nuova, XXXIX, con un amore II, x\', Nuova. 12), filosofico e soprattutto come due amori che la donna gentile essi appartengono rappresentino i che (del alle- la filosofia. Certo è che Dante lo afferma apertamente nel Convivio identificando appunto donna pietosa della Vita Nuova (XXXV, 2-3) che "giovane e bella guardava da una finestra per confortarlo, con la donna gentile del la molto" lo Convivio (la filosofia). "E immaginava (dice l'autore) non la per che poteva immaginare sì lei fatta come una in atto alcuno, se dc^nna gentile, e non misericordioso; volentieri lo senso di vero la mirava" (Coni:. L'obiezione da molti rilevata non sta comunque — 197 — II. xii, 6-7)-^ nell'identificazione della Adriana diomedi donna per sé plausibile finzione poetica probabilmente dettata da gentile, di un'ulteriore necessità di sviluppo artistico dell'opera e che, in quanto tale, non to costituirebbe un problema e volendo considerare, con minato dal fatto Gilson,29 il legame analogico deter- la sua "nobilissima donna"(F/f« Nuova, XXXVI, dell'altra Quello il contraddizione, soprattut- quella del Convivio, al punto che "molte fiate" ricordava comune con poeta Barbi ed il meno una donna della Vita Nuova (XXXV, 2-3) è "bella e tutto sommato ha una certa bellezza o beatitudine che anche molto" oltre che gentile in tanto a cui 1-2). obietta è invece la natura dell'amore che lo stesso si al Dante dice di nutrire per questa donna, l'uno sensitivo-irrazionale, "un desiderio malvagio" {Vita Nuova, XXXIX, 2) e perfetto iConvivio). che rende contraddittorio e inaccettabile Il un amore un qualsiasi l'altro intellettuale-razionale, tentativo di unificazione concettuale, nonostante l'esplicita affermazione di Dante nel Convivio, potesse considerare XV, 12), quanto sarebbe inconcepibile pensare che in la filosofia, come "vana che a suo parere è che ha destato di esegeti dell'opera dantesca, è quella del ii, 1), Dio {Conv., figlia di II, tentazione". L'allusione sotto scrutinio qui, e (II, egli da Dante scritto circa tre l'interesse dei più gran- secondo anni e due mesi trattato del dopo Convivio trapassamen- il to di Beatrice. ^0 menzionare ne la fine de la Vita Nuova, paive primamente, accompagnata d'Amore a li occhi miei e prese luogo alcuno ne la mia mente. E sì come è ragionato per me ne lo allegato libello, più da sua gentilezza che da mia elezione "Quella gentile donna, cui feci ad essere suo consentisse; che passionata di tanta misericordia si dimostrava sopra la mia vedovata vita, che li spiriti de li occhi miei si fecero massimamente amici. E così fatti, dentro Ime] venne le ch'io poi fero tale, che lo mio beneplacito fu contento di disposarsi a quella immagine". Ma quel che è ragionato "ne lo allegato XXXV-XXXVIII a cui l'episodio della "donna poeta qui il il ricollega {Conv., e non solo II, 1) ii, la suindicato passo del Convivio^, ma per natura 1) tanto superando quella "vana tentazione" {Vita Nuova, XXXIX, la riprendendo abbiamo visto, una realtà un pò donna gentile non è passionato e miseri- simo" e "avversario della ragione" (Vita Nuova, XXXIX, costanzia de 6) "vilis- che è solo "contra la ragione" {Vita Nuova, XXXIX, 2)3i che l'amore del poeta potrà ritornare alla morta Beatrice per poi sviluppare, attraverso ra nei passi pietosa", presenta, diversa in quanto l'amore per cordioso (come attesta si libello", ormai evanescente, in modo la sua figu- intellettuale-spirituale e a trasformarsi in — 198 — Il Nesso 'Terfezione-Filosofia" che più anelito per quella "spera "quella benedetta Beatrice, est Dante in larga gira" (Vita Nuova, XLI, 10) dove gloriosamente mira ne ... faccia di colui 'qui la per omnia secula benedictus". Questa è la situazione come ci si presenta nella Vita Nuova, quella di un amore non misericordioso ma contrario alla ragione che bisogna sconfiggere per raggiungere un più alto traguardo, e possiamo ben capire come tentativo di unificazione dei due concetti con il senso allegorico abbia creato contraddizioni che hanno destato l'interesse di non pochi critici. il Dalle ipotesi più frequentemente avanzate, che spaziano l'interpre- tra tazione letterale-autobiografica (spirituale e cristiana o con sviluppo pretta- mente ico, agiografico si con intellettuale) a quella allegorica, o analogico del reale,^- tuttte le emergono sue varianti di tipo mist- varie tesi e da esse diver- quesiti fra cui: Se 1) Vita la Nuova vada intesa in senso letterale accettando un amore realmente avvertito dal poeta. un senso 2) Se attribuire a tutta l'opera una donna l'esistenza di allegorico e negare in caso tal o gentile vera e propria, 3) Se considerare l'allegoricità, asserita dal poeta, solo per quanto riguar- da l'episodio della donna gentile della Vita Nuova, e indipendente- mente dal fatto che tale allegoria possa essere o rifacimento tentativo di rielaborazione Tali quesiti si aprono ai dell'opera. più svariati e contrastanti giudizi Michele Barbi,33 sostenitore della prima afferma Dante (Conv., o meno un posteriore II, ii. 1), si alla seconda ipotesi "sarebbe contrario all'intenzione del poeta, anche durante scriveva Vita Nuova"^"* se solo to nella iConv., come Convivio considerare il II, xii, conforto nella Beatrice-^'' di 1-4), si che "perduto filosofia. E "quale do quanto viene primo il fatto, diletto" della sua anima egli cercò non II, xii, 1-4), che prima della sua iniziazione filosofica egli avesse "concepito allegoria di sorta". rivela apertamente il 1), ossia "l'allegoria della il un li donna pietosa". Beatrice angeli e in terra una "donna vera e propria". Con tale affermazione, Vita Nuova sia una figura vi sia -^^^ "Va inoltre Barbi che nello stesso passo del Convivio dove Dante "beata che vive in cielo con ii, quella viva Anche perché non sembrerebbe, secon- indicato dal poeta (Conv., osservato secondo tempo che il da Dante stesso asserito diletto", dice lo studioso, se cui aveva già parlato? dicendo che allegorico l'amore per Beatrice narra- ricorda lo quello di che, contrariamente a quanto tesi, oppone fra cui Barbi con la rimane quella mia anima" (Conv., II, -^^ non solo esclude che allegorica della filosofia qualsiasi rapporto di continuum, in 199 la donna ma che quanto del gentile della due opere parere che due fra le i Adriana diomedi episodi, 38 narrati prima nella Vita Nuova (XXXV), da "poi per a partire alquanto tempo", e successivamente nel secondo passo del Convivio sono "manifestazione 1), perciò essere intesi d'arte di come due periodi indipendenti l'uno l'approvazione del Gilson39 e del De e successivi" e distinti dall'altro. (II, ii, devono Tale giudizio riscuote aggiunge quest'ultimo, Robertis-^o a cui due episodi (del Convivio e della Vita Nuova) ma anche le rispettive interpretazioni debbano essere considerate come distinte in quanto la donna gentile che nella Vita Nuova (XXXV) distoglie per qualche tempo che non solo il i rapporto contemplativo che si era creato fra Dante e Beatrice come morte, sarà successivamente descritta nel Convivio della filosofia, "e le rime a lei dedicate come Sarà nel Convivio che l'esperienza dantesca timentale per assumere un episodio, nella forma in cui la sua figura allegorica esaltazione di questo incontro". distaccherà dalla vicenda sen- si ed carattere prettamente intellettuale si dopo presentava per la Vita Nuova, il vecchio servirà "in quan- to dichiarata finzione retorica, a giustificare l'immaginazione della filosofia, "come una donna gentile" iConv., 6) e la ripresa "del vecchio lin- xii, II, guaggio" per descrivere un amore non più sentimentale De Robertis non esclude^^i che l'intervento amento, "fornisse materia per cettabilità, za e non ma dopo di Beatrice, intellettuale. Il giovanile svi- il mess'in scena del Convìvio e per un'ac- la un diverso piano, del nuovo amore, in quanto amore di sciencreatura umana, perciò conciliabile e integrabile con quello di su di Beatrice". 42 La seconda e della Vita tesi, donna basata sull'accettazione della Nuova come gentile del Convivio allegoria della filosofia, viene appoggiata, fra che, al contrario, individuando un molti, da Maria to continuità lessicale, sequenziale e temporale fra di oppone Corti'^^ alla tesi letteraria rimproverando al Barbi di i definitivo rappor- due opere, le non aver si "fatto atten- zione ad alcune spie testuali del significato allegorico", rilevando in proposito che l'epiteto "savia" {Vita Nuova, XXXVIII, 1) che nella Vita Nuova si donna gentile, viene usato nel Convivio come inno alla filosofia "Voi che stendendo il terzo ciel movete" in quanto donna "pietosa e umile / saggia e cortese ne la sua grandezza" (w. 46-47).'*4 Molto signiriferisce solo alla ficativa, a sua opinione, sarebbe la presenza di altri ad esempio, l'aggettivo "nobilissimo" riscontrato Per la studiosa il senso allegorico dell'opera si guaggio, nella sequenza degli episodi in quanto 'spiritel d'amor gentile', canzone allegorica 'voi nunciati nella prosa compreso il rimprovero che 'ntendendo XXXVII della Vita il ambedue ". lessicali quali, le opere. evidenzia oltre che nel il lin- "contrasto fra l'anima e lo agli occhi, terzo ciel movete' Nuova 200 in elementi contenuto nella sono già prean- Il Nesso "Perfezione-Filosofia" in Dante é La messa in scena farebbe pensare, secondo nuovo amore ma mente del poeta configurata nella si sia la Corti, attraverso "la Vita inequivocabilmente visione del già nella Vita Nuova^'' De Robertis,^'' Dante l'abbia Nuova stessa, forse composta per la soluzione studiosa, donna la circostanza temporale, se gentile della Vita Nuova sono in cui studiava la filosofia filosofanti' ^" il passi della Vita escluse le "ne si fissare religiosi li Nuova andrebbero intesi in i e a le il tempo disputazioni de almeno gli ultimi senso allegorico. E non vanno tutti, o\^ie rispondenze formali verificabili nei passi della Vita altri testi della passi dedicati alla dal poeta durante stati scritti scuole de le sempre a parere considera che che farebbe pensare che, se non rapporto a quelli di cauta- in crisi". Altro fattore di fondamentale importanza sarebbe, in la che, stando anche allopinione del mente bloccato li che Nuova danteschi che lasciano delle tracce anche nell'episodio di Casella, nel PurgatorioA^ Ma queste soluzioni, che in un primo momento sembrerebbero non l'interpretazione allegorica su quella letterale, se da i passi dedicati alla bero vagio la " ragione per cui donna altro per quanto riguar- non spiegherebvenga presentata come un "desiderio mal- gentile dell' "allegato libello la filosofia favorire ", e "vana tentazione" {Vita Nuova, XXXIX, 6) proprio nel periodo fra 1292-93, tempo va (nel 1293) alla filosofia. la in cui, dopo aver completato canzone "voi che 'ntendendo La riflessione non sfugge Vita la il alla Corti Nuova, il il poeta scrive- terzo ciel movete" in lode che mette irrimediabilmente in forse la sua stessa soluzione. Sembrerebbe, in ogni caso, che neanche l'interpretazione allegorica riesca a risolvere, a causa dell'incongruenza dei due sintagmi "desiderio malvagio" e "vana tentazione" {Vita Nuova, XXXIX, 6) rapporto vi sia, fra l'amore per la donna questione del rapporto, se la gentile della Vita del Convivio e, non solo ma, eliminerebbe a prioti, sempre contraddizione, la possibilità di solo episodio relativo alla una donna rifacimento dell'opera in quanto, sare che terza tesi Dante concepisse l'amore per del Convivio, come e quella a causa di tale dovuta allallegorizzazione del gentile (Vita abbiamo Nuova Nuova) o ad un posteriore visto, sarebbe inaccettabile pen- la filosofia, desiderio contrastante con la prima o dopo ragione. "Che la la stesura memoriz- non sempre costante e continua in noi, lo abbia tradito?" Suggerisce Questo non si sa, e forse l'ipotesi avanzata dal Nardi per quanto riguarda la possibilità di un fine della Vita Nuova originariamente diverso da quello che noi leggiamo, a causa di un'altra redazione a noi pervenuta, non zazione, la Corti. ^9 sembrerebbe poi tanto improbabile anche se opposta da vari critici fra cui Maria Corti e Mario Marti, soprattutto per mancanza di un preciso riscontro — 201 — Adriana diomedi filologico con o che ne procurino l'evidenza e perché di manoscritti in contrasto concetto di autonomia di ogni opera dantesca. 50 il Resta perciò che fatto il il rapporto di continuità sostanziale importanza per stabilire la fra precisa identità della posizione dantesca, o amore che egli dice di nutrire per timentale che non è sia), risolvibile in due opere, di donna gentile e le lei (filosofico maniera soddisfacente. Ogni o sen- tesi pre- senta soluzioni, molto discordanti fra loro e che per una ragione o per tra non convincono poiché in ognuna viene a mancare senza del quale è impossibile completare sello quell" importante l'al- tas- sempre più suggestivo il donna gentile. A prescindere tuttavia dal fatto che l'esegesi critica non sia arrivata ad un giudizio unanime sull'argomento e che la dicotomia donna vera-filosofia tutmosaico che potrebbe far luce sulla vera identità della tora persista, di particolare interesse per studio confermi il periodo in cui nella un amore volta balzata la visione di Se osserva a si fine della il mente mia filosofico. otto mesi dalla odo in nonché secondo fine la rilevanza del dato di fatto dovuto, tal morte del "'primo diletto",^- cui scriveva la fine della l'intervento di Beatrice, tale del poeta sarebbe per la prima dopo nardiana,5i alla circostanza temporale, (visto che Dante, l'analisi che ricerca è che aggirava intorno si Nuova, studiava già Vita avvenuto circa al peri- filosofia), la in seguito al "giovanile sviamen- dantesco e sempre negli ultimi episodi della Vita Nuova, per richia- to" marlo all'antica fedeltà ( Vita Nuova, XXXIX), una nuova visione dell'amore da Dante religiosi "e a le disputazioni amore filosofico che, de che piili li il acquisita, pensare ad tutto farebbe appunto, nelle scuole dei filosofanti (Conv., allo stato latente, II, xii, 7-8). sarebbe già Ossia un in stato di sviluppo negli ultimi passi della Vita Nuova, tempo in cui l'autore avrebbe avvertito la possibilità di trascendere lo stato di "tristizia" (Conv., 4) causatogli dalla verso con di Beatrice, attraverso xii, 1- un bene più elevato teso bellezza del vero e di "quella spera che più larga gira" {Vita la Nuova, XLI, to morte II, la 10). L'ultimo sonetto della Vita visione di questa sfera ed il Nuova (XLI, 10) si apre appun- proiettarsi del pensiero dantesco verso un nuovo universo intellettuale che nella prosa finale (Vita Nuova, XLII, 2-3) sa nella non si trasformerà in anelito per "quella benedetta Beatrice", immer- contemplazione di colui "qui est a caso, Dante, nel Convivio visione, parlerà di Beatrice con la Nuova, l'autore si angeli e in terra Vita come (II, ii, per omnia secula benedictus". E i), come per richiamarsi a questa una "beata che vive di (sua) anima". Non la gli filosofia offriva, attraverso possibilità di affinamento intellettuale-spirituale e di — con va quindi escluso che, già nella rendesse conto che 202 in cielo sublimazione del vec- Nesso "Perfezione-Filosofia" Il chio amore, l'unico Il tutto mezzo di ravvicinamento sarebbe perciò indicativo avvertito nella Vita Nuova, e che tere intellettuale) esigesse durre in scena fedeltà, {Vita il in morta Beatrice. filosofico, dall'autore già dal precedente. A pro del quale terreno dottrinale necessario per intropretesto del richiamo all'antica il un secondo momento, nel Convivio, egli modo non del tutto convincente,^-^ di neutraliz- Nuova, XXXIX), ed avrebbe tentato, anche se Dante sua diversa natura (di carat- in virtù della morta Beatrice, con la alla im amore di un netto distacco Dante avrebbe prima preparato in in amore allegorizzandolo con quello filosofico. È cioè possibile, in altre parole, che Dante, dopo aver avvertito la "dolcezza " (Conv., II, xii, 7-8) del nuovo amore, abbia considerato due possibilità di sviluppo del zare l'antico primo concetto: sublimazione e/o totale assimilazione o neutralizzazione anche se quest'ultimo sviluppo andrebbe attraverso l'amore intellettuale, non come vero e proprio annullamento del primo concetto dell'amore (che l'autore, tutto sommato, non intende derogare in alcun modo, Conv.,l, 16), ma come finzione retorica per inserire in scena la nuova visione inteso i, filosofica. il Il che mi rende concorde con dopo drastico intervento di Beatrice, il De Robertis^^ nel riconoscere che giovanile sviamento Vita ( Nuova, messin scena del Convivio e per un'acsu un diverso piano del nuovo amore", anche se, non per questo, XXXÏX), "fornisse materia per cettabilità il la mi è chiaro concetto di indipendenza di questi passi, che egli condivide con Barbi. Non vedo come il De Robertis possa ritenere che due episodi e rispettive interpretazioni, quali sono "narrati prima nella Vita Nuova e poi nel Convivio", vadano tenuti separati, nel momento in cui egli stesso ne stabilisce un legame. Il semplice fatto cioè che lo studioso denoti la possiil il bilità, i per remota che episodi della Vita di per sé, sia, che Dante Nuova per creare un qualche legame, anche si la sia servito della messa se visto, rimane incerto a meno esiste, se non altro quello intellettuale, il fatto di continuità che, come causa del successivo uso dantesco di sin- tagmi {Vita Nuova, XXXtX, 6) inconciliabili con filosofico. Resta tuttavia scena del Convivio, implica non necessariamente un vero e pro- prio rapporto di interdipendenza e ancor abbiamo in materia degli ultimi che fra la sua concezione dell'amore questi episodi un qualche legame per quanto riguarda l'evoluzione dell'amore giovanile in i come abbiamo visto, sono già verificabili Nuova a cui poeta si ricollega nel Convivio cui segni, negli ultimi passi della Vita il donna pietosa. Il concetto di indipendenza degli episodi dunque, anche se non totalmente da escludere, andrebbe in qualche attraverso l'episodio della modo ridimenzionato. Quel che non porrebbe dei dubbi tuttavia è — 203 che il ritorno di Beatrice nella Adriana diomedi costituisca la ragione per cui l'autore Nuova, Vita amore. Che questo sia dovuto ad una precedente abbandono verso avvenuto dopo fonda le "false crisi spirituale-cristiana o vecchio il ravvedimento da un suo sorta di immagini del bene" (Purg., XXX, morte dell'amata, se la abbandonerà invece sia di natura il una risultato di 131), pro- pii^i esclusivamente intellettuale da con- con quella naturale necessità di perfezione o di sapere insita, secondo Dante, in ogni essere umano, è difficile dire. Quello di cui si è certi è che nonostante l'aggettivo "malvagio" o "vana tentazione" (Vita Nuova, XXXIX, nettere amore filosofico, ne rilasci connotati decivamente negativi, nella Vita Nuova, ed in particolare dopo il ritorno di Beatrice, si avverte sempre più profondamente l'imminente subriferimento 6), in al desiderio dantesco per questo limazione dell'amore passione in quello intellettuale, che troverà piiì tardi pieno sviluppo nel Convivio. Anche perché, non bisogna ignorare, che, se modo Beatrice era morta, l'unico Dante avrebbe potuto seguirla era in cui appagamento attraverso quella nobile attività dell'intelletto e che filosofico permetterà di trascendere ogni "umana debolezza" e di aprirsi gli conoscenza del vero bene. La ritrovata dantesca, quale sintesi della dinamica dell'amore, Beatrice-filosofia-Sapienza un plausibile LaTrobe mezzo University, offriva, alla nuova bisogna ammettere, di conciliazione. Melbourne NOTE 1 Conv., l, i, 1; Cfr. The Methaphysics, 2 Cfr. St C voi. Aristotelis 1, 1, Metaphysica, voi. 1, 980a 21-983a (I960); 1, 980a 21-983a, books I-IX (1933-80). the Metaphysics of Aristotle, Thomas Aquinas, Commentary on Cfr. Aristotle, Vol. 1, L. 1, De Anima di 1, 1-35 (1961). 3 Ibid; Cfr. De Anima, III, 4, (429 a 23). Averroè (Commentariiim 1953, 387): quod e.st in potentia omnes è quello che sali, e ^ A distinguere Cfr. De 1' uomo V.E., I, tutti gli esseri esistenti la 5 Aristotle, Ethica, in atto ii, prima che "Cioè, il commento al non est in definizione dell'intelletto mate- la intellezioni delle lo capisca". dal bruto è la ragione e 1: inoltre formaaim materialium universalium. antequam intelligat ipsum". comprende in potenza tutte le non è alcun ente pensiero. veda "Idest, diffinitio igitur intellectus materialis est illud intentiones actu aliquod entium riale Si et forme materiali univer- (Traduzione mia). la necessità di comunicare "Eorum que sunt omnium soli homini datum il proprio est loqui " ("di parola è data solo all'uomo"). 1, 6, 1097b, 33-1098 a, 14; Cfr. Tommaso d'Aquino, Exp. Eth., I, lect. autem nutritivam et sensitivam non relinquitur quae est operativa secundum rationem. Quae quidem vita propria est lioniini. Nam homo speciem sortitur ab hoc, quod est rationale"; Cfr. Coni'.. II, vii, 4. Cfr. Metaphysics, cit., vol. 1, 1, 980a 21-983a. Per una segnalazione dei passi di metafisica anstotelica, con tutta probabilità noti a Dante, si veda B. Nardi (Nel mondo X, 124-126, e soprattutto 126: "Post vitam nisi vita '^ — 204 — Il Non 1944). si Nesso "Perfezione-Filosofia" esclude, secondo il Nardi, la possibilità za del testo di Metafisica aristotelico anche dai Magno, che visto poeta distingue, con il in Dante che Dante abbia commenti di attinto la conoscen- Tommaseo d'Aquino e Alberto padri della chiesa e contrariamente ad Aristotele, i Metafisico dalla Teologia. In quanto ad una spiegazione delle sette .scienze del Trivio e del Quadrivio si veda Agostino: De ordine (\8òl, 994-1020), De Musica (1861, 1082-1194), la Doctriiia Christiana (1930). Cfr. inoltre il commento del De versione ingle.se la Ou Christian Doctrine (1958). Robertis nella nota relativa a Cunv., II. Si veda 8 (Opere Minori xiii, 1988). "^ Convivio (Opere minori 1988, 4-6). Cfr. Par, 1015, a 13-15: cfr. B. Nardi (1944, 46-7). 4, ^ Cfr. frase la Metaphysicam '-' 1, L. vol. cit., 1, c latina di Aristotle, Metaph., V, Thomae Aquinatis Sancti (hi I, Chapter 190 a 21-983 a 1, 3; Commento cfr. di Tommaso, 3. 10 Cfr. Aristotle. Eth.. um dell'edizione veda si 1915). Metaphysics, Metaphysics. apertura di 109-120; I, I. 3. 1095 b, 1-4-22; cfr. H.\p. tomi.sta. 1, led. V, 60; "Circa primi- est, quod \ita voluptuosa, quae ponit finem circa delectationem sennecesse habet ponere finem circa maximas delectationes, quae sequuntur naturales operationes, quibus scilicet natura conservatur secundum individum per cibum et potum considerandum sus, secundum speciem per mixtionem .sexuum. Huiusmodi autem delectationes sunt communes hominibus et bestiis: unde multitudo hominum ponentium finem in huiusmodi \'oluptatibus, videntur omnio bestiales, quasi eligentes talem vitam, in qua pecudes , et simul nobiscum communicant". Cfr. De Boezio, Consolatione philosophic. W. prosa 3, W.15, 19-21. 11 Ibid (Boezio, 1- Per Boezio, vivere De consolatione phil) Cfr. come uomo, significa . CoiW. II, vii, 4. innanzitutto seguire il bene, e raggiungere, tramite questo fine, la perfezione intellettuale e morale spirituale della propria natura. Chi si dà a vizi vari tia. o non si impegna in alcun modo per soddisfare tali esigenze, rinuncia alla giustamente notare Dante, vive non come uomo ma come besPer ima più precisa spiegazione in merito, si rimanda il lettore all' opera boeziana. De sua umanità, e, come fa cot L^olat ione philosophie, libro IV. soprattutto prosa 3, 16-25; Si veda il testo latino a fronte con traduzione italiana. La consolazione della filosofia (1994): [16] "... cum ultra homines quemque provehere sola probitas possit, necesse est ut, quos ab humana condicione deiecit. infra hominis meriami detrudat improbitas; evenit igitur ut, quem transformatum \itiis videas. hominem tus ereptor: lupi comparabis. [20] Irae aestimare similem dixeris. [19] Insidiator intemperans metuenda formidat: non [18] fenet alienarum opum \iolenFerox atque inquies linguam litigiis exercet: cani possis. [17] Avaritia occultus subripuisse fraudibus gaudet: vulpeculis exaequetur. frémit: leonis animum gestare credatur. [21] Pavidus ac fugax asinum \ivit. [23] immundisque libi- cervis similis habeatur. [11\ Segnis ac stupidus torpet: Levis atque inconstans studia permutât: nihil avibus differt. [24] Foedis dinibus immergitur: sordidae suis voluptate detinetur. homo non [25] Ita fit ut qui probitate deserta cum in divinam condicionem transire non possit, vertatur in beluam". momento che soltanto l'onestà può fare a\'anzare qualcuno oltre limiti fissati per l'uomo, è inevitabile che la malvagità abbassi al di sotto della dignità di essere umano col"... es.se desierit. dal i oro che essa ha espulso dalla condizione umana: av\'iene pertanto che tu non potrai piij considerare uomo colui che \edi e.s.sere stato deformato dai vizi. [17] Arde di avidità colui che con la violenza .strappa agli altri le loro ricchezze: lo potresti dire simile al lupo. [18] Una persona [19] feroce e implacata esercita la sua lingua a litigare: lo Colui che tende insidie di nasco.sto è lieto di derubarti con siderato uguale alle volpi spregevoli. [20] Chi non sa frenare paragonerai ad un cane. la l'ira, frode: e allora sia con- freme: si può credere che egli abbia un animo di leone. [21] Colui che è vile e pronto a fuggire teme anche quello che non de.sta paura: lo si consideri simile ai cervi. [22] Colui che è pigro e ristupidito — 205 — Adriana diomedi come un asino. [23] La persona leggera e incostante cambia sempre non c'è nessuna differenza tra lui e gli uccelli. [24] Uno è immerso in libidini sporche e immonde: è impigliato nel piacere che è proprio di un sozzo maiale. [25] Ne consegue che colui che, abbandonata l'onestà, ha smesso di essere un uomo, dal momento che non può passare nella condizione di essere Dio, si muta in una bestia se ne sta inerte: vive i suoi interessi: feroce". (Ibid). 1^ Per una visione più complessiva della Vita Nuova, si veda lo studio di Edoardo Sanguineti (Dante Reazionario 1992). 1^ Cfr. commento il 65-70). Cfr. e Capelli (La Divina "V. dello stilistico introduttivo al canto stil novo che si Commedia mio saggio il 1^ Cfr. Conv. II, XV, (in 3. deìì'Inferno (La Divina Commedia 1979-87, 1994, 63-67). In quanto al recupero tematico evidenzierà nel Purgatorio, Oliva in (Letture 1998, 7-17, soprattutto p. 15 Cfr. V si veda saggio di Gianni il 8). Spunti 1994, 77-88). Si veda inoltre Mark Musa (Aspetti 1991). come per San Tommaso (Exp. Etbica, I, Lect. i, I) la Per Dante conseguentemente identificata con la Sapienza "Est potissima perfectio ratiocuius proprium est cognoscere ordinem". Cfr. Aristotele, Metaph., 1, 2, 982 a, 14-21. filosofia sarà nis, 1^ T. d'Aquino, 18 Cfr. la 19 Boezio, 20 Va ricordata sabilità di Lixp. Metaph., I, lect. ili, 56. spiegazione di K. "Vòssler (Medieval Culture 1929-50, 153). De Consolatione, cit.; Cfr. P. ogni individuo di perseguire 7-9, 11; Cfr. B. Caurcelle {La Consolation 1967). in proposito la visione dantesca della nobiltà dell'anima e della responle virti^i adatte ad ogni sua età. Cfr. Conv, IV, xxiv, Nardi (Grande antologia 1954, 1228-1230). 21 Laelius de Amicitia, IV, 13:14. 22 De metro 6. Tutte le citazioni su Boezio, in italiano o in latino, sono state riprese dal volume La consolazione della filosofia (1994). 23 Ibid., Ili, 2, 34 - 38: "Ogni cosa vuole correre indietro / e ciascuna gode a tornare, / ma a nessuna rimane l'ordine assegnato, / se non unirà la fine all'inizio / e non farà di sé uno Consolatione Philosopbiae., Ili, prosa 6, stabile circolo". 2, 3: (2) "Omnis mortalium cura, quam multiplicium studiomm labor quidem calle procedit, sed ad unum tamen beatitudinis finem nititur pervenire. Id autem est bonum, quo quis adepto nihil ulterius desiderare queat. (3) Quod quidem est omnium summum bonorum cunctaque intra se bona continens; cui si quid aforet, summum esse non posset, quoniam relinqueretur extrinsecus quod posset optari. Liquet igitur esse beatitudinem statum bonorum omnium congregatione perfectum. (4) Hunc, uti diximus, diverso tramite mortales omnes conantur adipisci; est enim mentibus ^^ Ibid., Ili, prose exercet, diverso hominum boni naturaliter inserta cupiditas, sed ad falsa devius error abducit". (2)"Ogni cura dei mortali, che è tormentata dalla fatica di vari desideri procede, sì, per vie diverse, ma cerca pur sempre di giungere ad un unico fine, che è quello della felicità. Tale fine consiste nel bene: ognuno, una volta che lo ha ottenuto, non può piià desiderare altro. (3) Questo è certo il sommo tra tutti beni e contiene al suo interno tutti gli altri: se gliene mancasse qualcuno, non potrebbe essere il sommo bene, poiché rimarrebbe al di fuori di esso qualche bene che potrebbe essere desiderato. È chiaro, dunque, che la felicità è una condizione, resa perfetta dal fatto che tutti beni vi si raccolgono insieme. (4) Questa condizione, come abbiamo detto, mortali cercano di conseguirla percorrendo vie diverse: è, infatti, insito per natura nella mente degli uomini il desiderio del vero bene, ma l'errore li svia e li porta verso falsi beni" 25 Ibid., Ili, prosa " Anche voi, o esseri viventi sulla terra, sognate, sia pure in una 3, I, tenue immagine, il vostro principio, e quello che è veramente il fine della vostra felicità voi lo vedete comunque con il pensiero, anche se esso non è particolarmente acuto, e per questo motivo l'impulso della natura vi conduce al vero bene ...". 26 Si veda Marco Tullio Cicerone, Laelius de Amicitia IV / Lelio l'amicizia (1987, 13veri , i i i i — 206 — Il 14): (13) Nesso "Perfezione-Filosofia" "Neque enim adsentior iis, in Dante cum qui haec nuper disserere coepeaint. simul aniinos interire atque omnia morte deleri; plus apud me corporibus anticjuorum auctoritas valet, nostrorum maioaim, qui mortuis tam religiosa iura tribuerunt, quod non fecissent profecto, si nihil ad eos pertinere arbitrarentur; vel eonim, qui in hac terra fuerunt Magnamque Graeciam quae nunc quidem deleta est, tLini tlorebat, institutis et praeceptis vel non turn idem semper, animos hominum esse divinos, iisque, cum ex corpore excessissent. reditum in caelum patere, optimoque et iustissimo cuique expeditissimum. (14) Quod idem Scipioni videbatur; qui quidem, quasi prae.sagiret, persuis erudierimt; vel eius, qui Apollonis oraculo sapientissimus est iiidicatus, qui tum hoc. illud, ut in paucis ante mortem Scae\ola, mecum extremum fere plerisque, sed diebus, cum et Philus et Manilius ade.s.sent triduum disseruit de venisses, et alii piures, tuque etiam, cuius disputationis publica; re fuit de immortalitate animorum, quae se in quiete per visum ex Africane^ aud- optumi cuiusque animus in morte facillime evolet tamquam e cui censemus cursum ad deos faciliorem fuisse quam Scipioni? Quocirca maerere hoc eius exentu vereor, ne invidi magis quam amici sit. Sin autem illa veriora, ut idem interitus sit animorum et corporum nec ullus sensus maneat, ut nihil boni est in morte, sic certe nihil mali; sensu enim amisso fit idem, quasi natus non esset omnino; quem tamen esse natum et nos gaudemus et haec civitas, dum erit, laetabitur. " Non sono infatti per niente d'accordo con coloro che, da poco tempo a questa parte, sostengono che l'anima muore con il corpo e che tutto si dissolve con la morte. Per me vale di piij l'autorità degli antichi: quella dei nostri antenati che tanto sacri diritti attribuirono ai morti, cosa che non avrebbero certamente fatto se si fo.ssero convinti che nulla aveva per loro importanza; o quella di coloro che abitarono questa nostra terra e che con il loro insegnamento contribuirono alla civiltà della Magna Grecia che ora, è vero, è decaduta ma che allora era fiorente; o quella di colui che fu giudicato il più saggio dall'oracolo di Apollo, che a questo proposito non sosteneva, come in molti altri casi, ora una tesi ora un'altra, ma affermava sempre la stessa cosa, e cioè che l'anima degli uomiisse dicebat. Id si ita est, ut custodia \'inclisque corporis, ni è di origine divina e che, una via tanto più agevole quando esce dal corpo, le quanto più uno è buono e si apre la via di giusto. (14) ritorno al cielo, E questa era anche la convinzione di Scipione: egli per l'appunto, quasi avesse un pre.sentimento, pochissimi giorni prima di morire, alla presenza di Filo, di Manilio e di parecchi altri (anche tu Scevola, ti eri recato lì con me), per tre giorni tenne una conversazione sullo stato: quasi tutta l'ultima parte della trattazione riguardò l'immortalità dell'anima ed egli affermava di averla ascoltata in sogno dalla \'oce dell'Africano, nel sonno. Se è vero questo, che quan- uno è buono tanto più speditamente l'anima vola via dal corpo come dalle catene pensiamo che abbia potuto salire verso gli dei più agevolmente di Scipione? Perciò mostrarsi addolorati per la sua sorte, temo che sia .segno d'invidia più che to più di un carcere, chi di amicizia. Se invece .sono più vicine al vero quelle altre affermazioni, e cioè che l'ani- ma muore allo stesso modo del corpo e che non rimane .sensibilità alcuna, in tal caso, come nessun bene è nella morte, così, senza dubbio, non c'è in essa alcun male. 'Venuta meno infatti la sensibilità, è come se Scipione non fosse mai nato: ma fatto che egli è il nato ci riempie di .soddisfazione e .sarà per sempre motivo di gioia per questa nostra città. 2^ Cfr. E. Garin (Storia 1966,182-184). In quanto all'influsso esercitato da queste ed altre dottrine sul pensiero dante.sco, si veda Amilcare A. lannucci (in Quaderni 1997, 251-260, .soprattutto pp. 256-7). -^ Si noti che il concetto di filosofia intesa nel .senso di donna di derivazione boeziana. Cfr. Boezio, in Coìisolatione Philosophie, cit., I, prosa I, metro I, 3. metro 2. M. Barbi {Problemi 1965, 119); E. Gilson (Dante and Philosophy 1949-63, 89-92). 50 La morte di Beatrice ri.salirebbe all'otto giugno 1290 (Cfr. Vita Nuova, XXIX), menl'apparizione della "donna gentile" si avrebbe il 21 agosto del 1293. tre anni dopo la e prosa 29 tre gentile e consolatrice è — 207 — Adriana diomedi morte 32 mondo 1944, 3 sg.) saggio di Enrico Fenzi (in La gloriosa dotìna 1994, 195-224). visione che permette di accedere "una conoscenza non tanto "mistica" quanto di Beatrice. Cfr. B. Nardi {Nel 31 Si veda Una il 'metafisica' del divino". Si 61). 33 veda la spiegazione in proposito di M. Picone {Dante 1987, 59- M. Barbi (Problemi 1965, 113-139). 34 Ibid., 118. 35 Ibid. 115, 116. 36 Ibid, 115. 37 Ibid. 38 Ibid., 113-139 (Dante and Philosophy 1949-63, 89-90); Cfr. M. Barbi (Problemi 1965, 115). De Robertis, "Introduzione alla Vita Nuova" (Opere 1984, 9 e commento 217). 39 E. Gilson ^0 D. Nuova (1984, 218). Nuova (1984, 218-218). Per un'interpretazione della questione biografica della Vita Nuova e dello sviluppo relativo al concetto "donna vera-filosofia", si veda l'articolo di Daria De Vita (in Belfagor 1998, 1-25); a cui fa seguito un altro suo arti41 42 Commento alle note. Vita Commento, Vita colo (in Belfagor 1999, 147-169). 43 M. Com (La felicità 1983, 148-149). 44 Cfr. anche la prosa di Conv., 45 M. Corti (1983, 149). II, xv, 3- 46 D. De Robertis, nel commento alle note della Vita Nuova (Opere 1984, 218). 47 Cfr. B. Nardi a proposito del commento al brano di Conv., II, xii, 2-9, relativo ai trenta mesi di studi filosofici, presumibilmente iniziati otto mesi dopo la morte di Beatrice, tempo di composizione, si veda 'Convivio' I960, 1-7). Per quanto Carlo Paolazzi, La 'Vita Nuova' 1994, soprattutto da p. 20 in poi). Dal riguarda l'ipotesi sul 48 M. Corti (1983, 149). 49 Ibid., 154. 50 M. Marti (Vita e morte 1965, 657-69). 51 B. Nardi, commento relativo ai passi del Convivio II, XII, 2-9 (Dal Convivio' I960, 1-7). 52 Ibid. 53 Forse proprio a causa del fatto che era solo un tentativo e che molto probabilmente era rimasto incompleto. 54 Si veda il suo commento alla Vita Nuova, XXXV, 1 (Opere 1984, 217-218). OPERE CITATE Dante, Convivio. Opere Minori. Ed. Domenico De Robertis. Tomo 1, parte MilanoNapoli: Ricciardi, 1988. De Vulgati Eloquentiae. Testo latino a fronte a cura di Sergio Cecchin. Alighieri, 2. . Milano: Tea, 1988. . La Divina Commedia. A cura di Umberto Bosco e Giovanni Reggio. Firenze: Le Monnier, 1979-87. Aquinas, Thomas. Rowan. . Commentary on by John P. Litzinger. Vol. 1. the Metaphysics of Aristotle. Trans, 2 vols. Chicago: Regnery, 1961. Commentary on the Nicomachean Ethics. Trans. C. I. Chicago: Regnery. 1964. Thomae. Ln Metaphysicam Aristotelis: Commentarla. Cura et studio M. Aquinatis, — 208 — - R. Il Nesso "Perfezione-Filosofia" in Dante Romae: Marietti, 1915. 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