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Il teatro greco trae origini dalle primitive sistemazioni dei luoghi all'aperto in
cui si svolgevano danze con rituali connessi al culto dionisiaco.Un primo
tentativo di costruzione a forma circolare si attuò durante il periodo di Gelone I e
Dionisio III, a Siracusa. Solo nel IV secolo a.C. si ebbero delle costruzioni in
pietra, come quelle di Epidauro, Atene, Corinto e Delfi. Per teatro greco si
intende l'arte teatrale nel periodo della Grecia classica. Le forme teatrali che oggi
conosciamo discendono da quelle che si praticavano e che vennero perfezionate
nella Atene del V secolo a.C.
IL TEATRO GRECO
Gli Ateniesi organizzavano alcuni giorni l'anno grandi manifestazioni in cui tre
autori teatrali dell'epoca gareggiavano per conquistare la vittoria decisa da una
giuria composta da dieci giudici, selezionati da varie Tribù. Gli gli spettacoli si
svolgevano durante una festività religiosa, in uno spazio architettonico, situato in
una zona occupata da molteplici costruzioni religiose.
IL TEATRO E LA RELIGIONE
La tradizione attribuisce le prime forme di teatro, a Tespi, giunto ad Atene
dall'Icaria, verso il 535-530 a.C. La tradizione vuole che sul suo carro
trasportasse i primi attrezzi di scena, arredi scenografici, costumi e maschere
teatrali.Le feste durante le quali avvenivano ad Atene le rappresentazioni
teatrali erano:
Le Lenee, feste popolari che si tenevano in inverno, caratterizzate dalla
rappresentazione di commedie e a volte di tragedie.
Le Dionisie, che si dividevano in Grandi Dionisie e Dionisie rurali.
Le prime erano le feste più importanti, celebrate all'inizio della primavera, in
cui venivano messe in scena sia tragedie sia commedie, e a cui potevano
assistere i cittadini di tutte le città della Grecia. Organizzate dallo Stato,
erano finanziate dai cittadini più ricchi
Le Dionisie rurali erano invece feste di minore importanza, organizzate
durante l'inverno nei paesi attorno ad Atene, aperte solo ai cittadini ateniesi e
nelle quali venivano rappresentate solo commedie
Di
Baluganti Sara
Novelli Cristina
Nucci Nicole
Sciabolini Lucia
LE ORIGINI
Nella Grecia antica il teatro era situato nell’agorà: inizialmente esso era
composto dall’altare, in un breve spazio pianeggiante e circolare, e dal
pendio circostante, dove si raggruppavano i cittadini. Solo dopo venne
introdotto il sistema della scalinata di pietre.
Anche la struttura iniziale era quadrangolare, invece che semicircolare.
In un primo tempo la rappresentazione si svolgeva sullo stesso piano
dell’orchestra, poi si passò alla costruzione di un palco rettangolare di legno
dietro al quale era posto una sorta di magazzino; l’orchestra, quindi, venne
sistemata in un cerchio davanti al palco.
I posti a sedere nella cavea erano collegati da corridoi orizzontali e verticali: il
pubblico, inoltre, godeva di un’ottima acustica e di una visuale che aveva
come sfondo una tenda dipinta con immagini di luoghi comuni.
I principali teatri erani quelli di Epidauro (350 a.C.), Delfi, Sparta, Efeso e
Siracusa (475 a.C,).
STRUTTURA E COMPOSIZIONI
Il teatro, in età classica, era composto da tre elementi essenziali:
La cavea, settore circolare o ellittico nel quale erano disposte le
gradinate, suddivise in settori, con i sedili in legno. Essa era divisa in 13
cunei dalle scalette verticali, mentre i corridoi orizzontali separavano i
settori secondo il prestigio di chi l’occupava.
La scena, costruzione a pianta allungata, inizialmente semplice e in legno,
situata ad un livello più alto dell'orchestra con la quale comunicava
mediante scale; la sua funzione originaria era soltanto pratica, cioè
forniva agli attori un luogo appartato per prepararsi senza essere visti,
ma ben presto ci si rese conto che offriva molte possibilità se utilizzata
come sfondo scenico, in origine fatto di tendaggi e pali. Divenne quindi
sempre più complessa e abbellita da colonne, nicchie e frontoni, nonché
iniziò ad essere costruita in pietra.
L’orchestra, era lo spazio centrale del teatro greco, quello riservato
al coro. Al centro di essa era situato l'altare di Dioniso, a forma
circolare che serviva sia per le offerte e sia per i movimenti del coro.
La cavea
La cavea aveva la forma di un semicerchio leggermente allungato.
In età classica era divisa in più settori verticali per favorire l’ingresso e
l’uscita e un corridoio orizzontale separava la sezione superiore da
quella inferiore. La cavea poteva ospitare poco più di 17000 spettatori. I
sedili erano dapprima in legno, poi furono fatti in pietra o in marmo: nel
piano superiore si sedeva lo spettatore, e in quello inferiore
leggermente curvo vi si poneva i piedi. Esisteva anche una fila di sedili
d'onore muniti di schienali e braccioli (generalmente erano 77)
destinata a sacerdoti, personaggi ufficiali, capi tribù ecc. La cavea era
in genere costruita scavando o adattando un pendio naturale del
terreno.
L'orchestra
L'orchestra (dal greco “orhke”) era lo spazio per gli spostamenti del
coro. Nei teatri greci più antichi era di forma circolare o
trapezoidale o poligonale. Di solito è circondata per poco più della
metà del perimetro dalla cavea, addossata quasi sempre a un pendio
naturale. Un canale coperto di lastre correva tutto introno
all'orchestra, per permettere all'acqua della cavea di defluire. Il
piano dell'orchestra era di terra battuta.
Ai lati c'erano due entrate (parodoi) o passaggi laterali arricchiti di
statue e dediche votive, utili agli attori, agli spettatori e al coro,
chiusi da porte solo in età più tarda. Dalla parodoi di destra
entravano gli abitanti della città, da quella di sinistra gli abitanti
della campagna.
MASCHERE E COSTUMI
•
Le maschere hanno implicazioni
religiose ed erano la caratteristica
più importante dell'attore greco.
Fatte di lino/sughero e legno
avevano una parrucca, una fisionomia
fissa ed una bocca leggermente
aperta per amplificare la voce.
Erano fondamentali per gli attori,
che dovevano sostenere anche dieci
ruoli diversi e quindi, dovevano
essere accessoriate per ottenere da
pochi tipi una serie di personaggi
dissimili. Le maschere erano molto
scomode da indossare e gli attori
dovevano rappresentare diversi
stati d'animo aiutandosi con una
forte gestualità.
I COSTUMI
•
I costumi (forse introdotti da
Eschilio) indossati dagli attori, erano
costituiti da: Calzature alte, i
coturni e una veste lunga (il chitone).
L'abito convenzionale era una tunica
lunga fino alle caviglie con vivacissimi
disegni colorati e legata da una
cintura sotto il petto o più corta ed
aperta sui fianchi. Sul chitone veniva
indossato un lungo mantello raccolto
sulla spalla destra (Imation) o un
mantello corto (clamide) portato
sulla spalla sinistra.
I COSTUMI
•
Il colore dei costumi era
importante, (il nero indicava il lutto
e la sventura, il porpora la dignità
regale), ma i personaggi erano
distinguibili pure da particolari
caratterizzanti (la bakthria, cioè il
bastone per i vecchi, la spada per il
guerriero, una ghirlanda per il
messaggero). Per aumentare la
statura dell'attore per motivi
scenici era diffuso l'uso del
koJornoV (coturno), un tipo di
calzatura che aumentava di almeno
venti centimetri la solennità del
personaggio.
OPERE ED AUTORI
AGAMENNONE
•
L'Agamennone è il primo dramma della trilogia dell'Orestea che, con le
Coefore e le Eumenidi, ricostruisce la sventura abbattutasi sulla stirpe
degli Atridi.Reduce dalla guerra di Troia, Agamennone torna ad Argo
insieme a Cassandra, la troiana che aveva ottenuto in sorte come
prigioniera di guerra, sua schiava e concubina. Ad attenderli c'è
Clitemnestra, la moglie di Agamennone che, in assenza del marito, è
diventata l'amante di Egisto e medita vendetta per la morte della figlia
Ifigenia, sacrificata dal padre a Diana perché propiziasse i venti alla
partenza della spedizione greca per Troia. La donna accoglie il re con tutti
gli onori su tappeti di porpora, ma pensa solo a ucciderlo. Una volta entrato
nel Palazzo, Agamennone troverà la morte per mano della moglie e così
Cassandra che aveva profetizzato tutto. Dramma a tinte fosche,
l'Agamennone pone la questione dell'ineluttabilità delle leggi del destino e
dell'ereditarietà del delitto, temi centrali nella poesia di Eschilo, che qui si
esplicita nella vicenda del re greco e dell'atroce Clitemnestra.
EDIPO
RE
è ritenuta il suo capolavoro, nonché il più importante esempio dei meccanismi della tragedia greca.
L’opera si inserisce nel cosiddetto ciclo tebano, ossia la storia mitologica della città di Tebe, e narra
come Edipo, re carismatico ed amato, nel breve volgere di un solo giorno venga a conoscere
l'orrenda verità sul suo passato: senza saperlo ha ucciso il proprio padre per poi generare figli con la
propria madre. Sconvolto da queste rivelazioni, che fanno di lui un uomo maledetto dagli dei, Edipo
reagisce accecandosi, perde il titolo di re di Tebe e chiede di andare in esilio Gli anziani tebani che
costituiscono il coro compiangono la sorte di Edipo, re stimato da tutti che in breve si è scoperto
autore involontario di atti orribili. I tebani vorrebbero non averlo mai conosciuto, tanto è l’orrore e
al tempo stesso la pietà che la sua vicenda suscita in loro.Di fronte alla disperazione di Edipo,
Creonte, lo esorta ad avere fiducia in Apollo. Edipo abbraccia le sue bambine Antigone ed Ismene,
compiangendole perché esse, figlie di nozze incestuose, saranno sicuramente emarginate dalla vita
sociale. Infine chiede a Creonte di essere esiliato, in quanto uomo aborrito dagli dei.
Il coro appare turbato dall’incredulità di Giocasta, la madre(che poi si ucciderà per la
disperazione), davanti agli oracoli, e lancia un ammonimento contro chi pretende di violare le leggi
eterne degli dei: quando gli uomini non riconoscono più la giustizia divina e procedono con
superbia, lì si cela la tirannide.
TEATRO GRECO DI SIRACUSA
LE LOCANDINE NELLA STORIA
RASSEGNA STAMPA
La
violenza
degli
Guido Paduano
Dei
che
segna
le
tragedie
Repubblica – Palermo 13 aprile 2012
Oggi allo Steri e domani all’ hotel Borsa si celebra il convegno sul
tema “Tirannici numi. Violenza divina in “Prometeo e Baccanti”,
organizzato dall’ Istituto del dramma antico per presentare il
nuovo ciclo di spettacoli classici in scena a maggio a Siracusa.
Pubblichiamo un intervento del traduttore di “Prometeo” di
Eschilo sull’ argomento del convegno
Le due tragedie che si rappresentano quest’ anno a Siracusa
sono le due sole, nel corpus superstite, ad affrontare argomenti
di storia religiosa: il Prometeo racconta la punizione inflitta al
Titano per aver troppo favorito l’ umanità, mentre le Baccanti
esprimono il contrastato ritorno dall’ Oriente di Dioniso alla
madrepatria Tebe. Paradossalmente, sono le due tragedie che
discutono il tema divino con arditezza e spregiudicatezza tale
che nel primo caso hanno fatto dubitare della paternità eschilea,
mentre nel secondo hanno prodotto la diffusa definizione delle
Baccanti come “enigma”. Il convegno su “Tirannici numi. Violenza
divina in Prometeo e Baccanti “, si incentra su una parola chiave,
che segna il punto di maggiore divergenza fra la religione greca
e la civiltà cristiana. Questa parola è “violenza”, che nel
Prometeo diventa addirittura un personaggio muto del prologo,
accanto al personaggio parlante “Potere” nella coppia dei fedeli
servitori di Zeus . Le Baccanti hanno una struttura
apparentemente più tradizionale :la violenza, condannata come
tale, è la persecuzione che il sovrano Penteo esercita contro
Dioniso e il suo culto, ma essa è come inglobata nella vendetta
del dio, che la ripaga e la supera, tant’ è vero che all’ una come
all’ altra si applica la parola con cui Eschilo equiparava la colpa
umana allo squilibrio cosmico, vale a dire la hybris.
CLASSE 2 A
•
Gruppi di lavoro:
•
Introduzione,scelta delle immagini,
impaginazione:Umberto Fini
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Struttura architettonica :Baluganti,
Nucci ,Novelli ,Sciabolini
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Costumi abbigliamento
maschere:Bellucci,Chiatti Arrigucci
Razzolini
•
Professione attore:Bassetti, Marziali,
Sinatti, Palazzini
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Genere tetrale della tragedia
Berneschi, Gambassi, Tavanti
•
Teatro greco attraverso le locandine
degli spettacoli e rassegna stampa.
Vanni, Giovacchini, Manenti ,Cechetti
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