ANNO SCOLASTICO 2013-2014
ISTITUTO SUPERIORE “GIULIO NATTA” (BG)
ALUNNO: ANDREA GAMBA
CLASSE 5°D LST
Il Lampo:
Un bagliore di Vita
Andrea Gamba 5^D LST
Tesina d’esame
Italiano:
Storia:
Giovanni Pascoli
Seconda guerra mondiale
Fisica:
Chimica:
I circuiti elettrici
Bomba al napalm
un bagliore di vita
Filosofia:
Scienze della Terra:
Friedrich Nietzsche
Fulmini
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LAMPO: UN BAGLIORE DI VITA
Perché ho deciso di scegliere proprio questo argomento come tesi d’esame?
Perché i lampi mi hanno sempre affascinato, questo squarcio nel cielo che dura non più di qualche attimo,
questo bagliore colmo di elettricità seguito da un potente tumulto, il tuono, che con la sua impressionante
potenza mi fa sempre sentire piccolo e impotente di fronte alla meravigliosa e, allo stesso tempo,
terrificante forza della natura, che intimorisce le persone. E sono proprio i momenti di paura che attivano
l’istinto di sopravvivenza e ci inducono ad attaccarci alla vita.
Elenco adesso i collegamenti con le diverse materie, con breve introduzione all’argomento:
- Italiano  La poesia “Il lampo” tratta dalla raccolta Myricae di Giovanni Pascoli.
- Fisica  I circuiti elettrici, il lampo è elettricità.
- Scienze della terra  Meteorologia, origine di un temporale.
- Storia Seconda guerra mondiale, ciò che i tedeschi pensavano potesse essere una “guerra-lampo”.
- (riprendendo da storia: ) Chimica  Bomba al napalm, utilizzata per la prima volta nella seconda
guerra mondiale.
- Filosofia  “l’attimo è un lampo” cit. Friedrich Nietzsche, ciclicità del tempo.
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Italiano
“Il lampo” di Giovanni Pascoli (tratto dalla raccolta
“Myricae”)
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E cielo e terra si mostrò qual era:
la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d’un tratto;
come un occhio, che, largo, esterrefatto,
s’aprì si chiuse, nella notte nera.
Questa lirica, scritta da Giovanni Pascoli, è uno dei maggiori esempi della poetica pascoliana delle “piccole
cose”, del “nido” e del “fanciullino”. Questi temi sono espressi nella raccolta poetica Myricae. Il titolo di
quest’opera è un termine ripreso dalle Bucoliche di Virgilio (“arbusta iuvant humilesque myricae”), la cui
traduzione dal latino significa “tamerici”, ovvero piante cespugliose della macchia mediterranea. Con
questo titolo, Pascoli preannuncia una poesia umile, attenta ai sentimenti comuni e alle piccole cose.
Pascoli è un poeta simbolista, crede infatti che le cose nascondano un significato non percepibile con la
ragione; il poeta sceglie quindi le parole non per il loro significato oggettivo quanto piuttosto per il loro
potere di suggestione, privilegiando gli aspetti fonici dei termini.
Pascoli è sempre stato molto legato al “nido”, ovvero la cerchia ristretta di familiari e di ambienti che gli
hanno permesso di vivere in sicurezza. Per allontanarsi dal mondo esterno, visto come un luogo pericoloso
e violento da cui fuggire, il poeta si rinchiude nel nido, da cui può trarre conforto e sostegno.
Altra caratteristica che differenzia Pascoli dagli altri poeti è il “fanciullino”, ovvero un modo di guardare il
mondo con cui ci si meraviglia di tutto, come si vedesse qualcosa per la prima volta. Questa visione è innata
nei bambini, ma con la crescita si perde questa abilità e, secondo Pascoli, l’unico adulto in grado di
mantenerla è il poeta capace di vedere tutto con la meraviglia tipica dei bambini.
Tornando alla lirica, possiamo scorgere in essa molti di questi temi. Il simbolismo di Pascoli si nota già dal
titolo, infatti il lampo sembra richiamare la figura paterna, scomparsa quando il poeta era ancora un
ragazzino, non per cause naturali bensì per omicidio. Anche il richiamo all’occhio potrebbe alludere agli
ultimi momenti di vita del padre che vede il bagliore (il lampo appunto) del colpo di pistola. Pascoli rimase
segnato per sempre dalla morte del padre, infatti la decisione di rinchiudersi nel nido per proteggersi dal
mondo esterno deriva proprio da questo accaduto. Nella lirica il nido è però minacciato, infatti la casa, che
rappresenta appunto il nido, appare bianchissima allo sprigionarsi della luce, per poi scomparire nel buio
che quasi misteriosamente la inghiotte.
Nella lirica si possono inoltre notare alcune parole “suggestive” che Pascoli ha inserito, infatti queste non
sono scritte banalmente, bensì sono parole ricercate al fine di creare il maggiore effetto di suggestione ed
evocazione nel lettore. A questo scopo, Pascoli utilizza anche numerose onomatopee, ovvero parole che
riecheggiano alcuni suoni.
Nella poesia, la tecnica compositiva utilizzata da Pascoli sembra accostare dati reali a particolari del
paesaggio senza apparenti legami logici, ma in realtà la struttura si regge proprio su precise
contrapposizioni: all’immagine della terra e del cielo lividi e tragici segue la visione improvvisa della casa
bianca, paragonata a un occhio umano, immenso, isolato dal volto, che si apre e si richiude
istantaneamente, impaurito dalla visione del cielo in tempesta.
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Storia
Seconda Guerra Mondiale
Il 1° settembre fu l’inizio della più grande e sanguinosa guerra che la Terra ebbe mai visto. Hitler decise di
mettere in atto il piano di conquista che già da tempo aveva preparato. La Germania invase quindi la
Polonia, segnando l’inizio della guerra che secondo gli obiettivi dello stato maggiore tedesco doveva essere
una guerra-lampo, in virtù dei mezzi militari dispiegati. E i fatti diedero inizialmente ragione ai tedeschi che
in meno di un mese conquistarono la Polonia. Questo fatto provocò la reazione di Gran Bretagna e Francia,
che dichiararono guerra al Reich nazista.
Sul fronte occidentale, Francia e Germania avviarono i combattimenti con ritmi lentissimi, ma Hitler stava
solo aspettando di poter concentrare tutte le proprie truppe a ovest e attendere le condizioni migliori per
effettuare un attacco. E questo avvenne nel giugno 1940, quando i tedeschi entrarono a Parigi (14 giugno),
causando il ritiro in Inghilterra di circa 300'000 soldati francesi.
La Francia avviò le trattative per l’armistizio: la zona settentrionale venne posta sotto il controllo diretto
della Germania, mentre la parte meridionale si creò un regime collaborazionista sotto la guida del
maresciallo Pétain, dando vita alla “Repubblica di Vichy”.
L’Italia si manteneva in uno stato di “non belligeranza” perché non era ancora pronta, ma Mussolini fu
“obbligato” da Hitler a intervenire, e così, il 10 giugno 1940 entrò in guerra. L’impreparazione dell’esercito
si notò fin da subito nella conquista coloniale, dove l’Italia incontrò numerose difficoltà, richiedendo
costantemente aiuto all’alleato tedesco. Quest’incapacità dell’esercito italiano nel portare a compimento le
operazioni militari ebbe forti ripercussioni sul consenso fascista, già in crisi dal 1938, quando i legami con la
Germania si fecero sempre più stretti.
La Gran Bretagna divenne la nazione-simbolo della lotta antitedesca poiché non volle riconoscere a Hitler
le posizioni da egli conquistate. Così il cancelliere decise di avviare l’operazione “Leone marino” (luglio
1940), nome in codice per il progetto nazista per l’invasione della Gran Bretagna. Contro la superiorità
navale inglese, Hitler decise così di far valere la superiorità della propria aviazione, bombardando
incessantemente la capitale Londra.
Altra nazione che rientrava nelle mire tedesche era l’Unione Sovietica, territorio dotato di grandi risorse
quali grano, petrolio e soprattutto forza-lavoro. Il 22 giugno 1941 la Germania attaccò l’Urss, che si trovò
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impreparata all’offensiva, ma l’esercito russo riuscì a tenere testa a quello tedesco fino al lungo inverno
russo che trovò impreparati i soldati tedeschi, sottoposti a un inesorabile logoramento.
Intanto nell’oceano Pacifico, il Giappone si stava espandendo notevolmente, fino a che non dovette
incrociarsi con gli Stati Uniti. Anche se non ufficialmente, gli Stati Uniti appoggiavano le nazioni che
lottavano contro il Reich, questo lo si può notare dal fatto che concedevano aiuti e rifornimenti (di materiali
bellici) a tutti questi Paesi. Nell’agosto 1941 Roosevelt e Churchill ufficializzarono un patto con la Carta
atlantica.
Nel luglio 1941 il Giappone invase il Vietnam (Indocina francese) e questo scatenò la reazione di Stati Uniti
e Gran Bretagna. Nel dicembre dello stesso anno il Giappone decise di attaccare la base navale americana
di Pearl Harbor, provocando ingenti danni e vittime. Fu così che gli Stati Uniti entrarono in guerra contro i
governi totalitaristi e da quel momento le sorti del conflitto si spostarono decisamente a sfavore delle
potenze dell’Asse.
Dalla seconda metà del 1942, l’espansione giapponese subì quindi un arresto proprio grazie agli Stati
Uniti, mentre in Europa, sul fronte orientale, i tedeschi subirono la prima vera pesante sconfitta che segnò
una svolta. Anche nelle colonie africane, le truppe italo-tedesche continuavano a perdere territori
importanti, costringendo Hitler ad occupare anche il Sud della Francia per paura che potessero essere
messe in atto delle rivolte.
Tra i piani americani, c’era il progetto di aprire un nuovo fronte in Italia, dove ormai non vi era più il
consenso al fascismo e quindi il popolo era più disposto a terminare il conflitto mondiale. Così, il 10 luglio
1943, una flotta angloamericana sbarcò sulle coste della Sicilia dove, come previsto, non incontrarono
alcuna resistenza. Intanto Mussolini venne dimesso e arrestato, mentre l’Italia avviava le trattative con gli
angloamericani. Fu così che il 3 settembre 1943 l’Italia firmò un armistizio senza garanzie che gettò il Paese
nel caos: l’Italia dichiarò guerra alla Germania, ottenendo la qualifica di cobelligerante. Nel mentre però un
commando tedesco liberò Mussolini e formò un nuovo Stato fascista nell’Italia settentrionale con sede a
Salò (Repubblica di Salò), dando inizio alla guerra civile italiana tra coloro che appoggiavano ancora
Mussolini e quelli che ormai avevano perso la fiducia.
Il 6 giugno 1944 avvenne lo sbarco in Normandia delle truppe angloamericane. In quella zona i tedeschi
avevano adottato un ottimo sistema di fortificazioni, ma dopo due mesi di aspri combattimenti, le truppe
naziste cedettero e gli alleati liberarono Parigi (agosto 1944) e poi tutta la Francia (settembre 1944).
Intanto in Italia, la resistenza continuava a conquistare sempre più territori a discapito dei tedeschi. Il 28
aprile 1945 venne catturato e ucciso Mussolini mentre cercava di scappare in Svizzera, e il Nord Italia venne
così liberato.
Hitler, ormai consapevole che la sua Germania stava perdendo la guerra, decise di suicidarsi proprio
mentre stavano entrando a Berlino i sovietici. Il suo successore, Dönitz, chiese subito la resa agli alleati.
Questi due atti non segnarono però la fine del conflitto mondiale, infatti, nel Pacifico, Giappone e Stati
Uniti continuavano a battagliare. Ai giapponesi vennero proposte la resa incondizionata o la distruzione
totale, così al rifiuto di arrendersi, il presidente americano Harry Truman (succeduto alla morte di
Roosevelt) decise di impiegare la nuova bomba atomica. Due di queste furono sganciate il 6 e il 9 agosto
sulle città di Hiroshima e Nagasaki portando conseguenze terribili su sopravvissuti e ambiente. Il 15 agosto
1945 il Giappone accettò quindi la resa incondizionata.
Con la resa del Giappone terminò anche il conflitto più sanguinoso che l’umanità abbia mai visto, con più
di 35 milioni di vittime tra militari e civili (in maggior numero).
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Chimica
Dal napalm agli acidi carbossilici
Attacco con Napalm
Il Napalm è una mistura di benzina e di un agente addensante. Il nome è un acronimo tra acido naftenico
e acido palmitico, il Napalm infatti è un derivato di questi due acidi. Fu usato per costruire bombe e mine
incendiarie e come combustibile per i lanciafiamme. Infatti il napalm risultava essere altamente
infiammabile e inoltre presentava la caratteristica di essere impermeabile all’acqua e per questo era
veramente difficile spegnere gli incendi che provocava.
Acido naftenico
acido palmitico
La sua preparazione risale alla seconda guerra mondiale, precisamente nel 1943, una ricerca a effettuata
da un gruppo di scienziati statunitensi. Già nel 1944, in Italia, i soldati angloamericani sbarcati a Salerno
erano equipaggiati con lanciafiamme al napalm. Il napalm venne utilizzato, sempre durante la seconda
guerra mondiale, anche in alcuni bombardamenti aerei contro basi tedesche in Italia (Bologna) e in Francia
(Saint-Malo).
Il Napalm è, come già detto, un derivato tra due acidi carbossilici. Ma cosa sono gli acidi carbossilici?
Gli acidi carbossilici sono i composti che contengono un gruppo funzionale chiamato gruppo carbossilico
(o carbossile). Il nome di questo gruppo è la contrazione dei nomi delle due parti che lo compongono, il
carbonile e l’ossidrile. La formula generale degli acidi carbossilici è:
oppure RCOOH oppure RCO2H
Gli acidi carbossilici, essendo molto abbondanti in natura, sono stati tra i primi ad essere studiati dai
chimici organici. Per dare il nome IUPAC a un acido carbossilico, al posto della lettera finale -o del nome
dell’alcano corrispondente, si aggiunge il suffisso -oico mentre si antepone la parola acido. La catena di
atomi di carbonio viene numerata a partire dall’atomo di carbonio carbossilico.
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Es: acido 3-bromobutanoico
I più importanti gruppi acilici (acidi il cui gruppo ossidrile che viene sostituito) sono:
Formile (metanoile)
Acetile (etanoile)
Propanoile
Benzoile
Sono composti che manifestano un comportamento acido debole a causa della stabilizzazione per
risonanza dell'anione che viene a formarsi (uno ione carbossilato) per dissociazione dello ione H+ del
gruppo idrossile.
La costante di dissociazione acida degli acidi carbossilici è generalmente inferiore a 10−4, e questo fa sì che
essi siano più acidi dei fenoli.
La presenza nella molecola di gruppi capaci di stabilizzare l'anione disperdendone o attenuandone la
carica negativa (sia per risonanza che per effetto induttivo) tende ad aumentare la forza dell'acido; gruppi
che invece destabilizzano l'anione intensificandone la carica negativa hanno l'effetto opposto di diminuire
l'acidità della molecola.
I derivati degli acidi carbossilici sono composti nei quali l’ossidrile carbossilico viene sostituito da altri
gruppi. Tutti questi derivati hanno la caratteristica comune di dare, per idrolisi, i corrispondenti acidi
carbossilici. Questi derivati sono:
Estere
-
-
-
Alogenuro acilico
Anidride
Ammide primaria
Gli Esteri derivano dagli acidi per sostituzione del gruppo –OH con un gruppo –OR. Il metodo di
preparazione più conosciuto è l’esterificazione di Fischer. Gli esteri sono comunemente idrolizzati
dalle basi e la reazione si chiama saponificazione (partendo dai grassi si ottengono saponi).
Gli alogenuri acilici si ottengono sostituendo il gruppo ossidrile (che diventa un buon gruppo uscente)
con un alogenuro (che diventa un buon nucleofilo). Il meccanismo è simile a quello di formazione di
alogenuri da alcoli. Sono i derivati degli acidi carbossilici più reattivi.
Le anidridi derivano dagli acidi per eliminazione di acqua da due gruppi carbossilici e connessione dei
due frammenti.
Le ammidi possono essere preparate per reazione dell’ammoniaca con gli esteri, con gli alogenuri
acilici o con le anidridi degli acidi. Sono i derivati degli acidi carbossilici meno reattivi fra tutti.
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Fisica
I circuiti elettrici
Il lampo è un processo meteorologico con cui la carica elettrica viene trasferita tra i centri dotati di carica
opposta all’interno di una nube, tra una nube e il suolo o tra due nubi differenti.
Anche un circuito elettrico trasferisce carica elettrica da due poli opposti. Il più semplice circuito elettrico
è costituito dai due poli collegati tra loro tramite un filo metallico. All'interno del filo passa la corrente
elettrica che si sposta (per convenzione) dal polo positivo a quello negativo.
Collegando una lampadina (utilizzatore) al circuito, la corrente circolante sarà utilizzata per alimentare la
lampadina. Una pila (generatore) può fornire alle cariche elettriche l'energia sufficiente a muoversi (e
quindi produrre corrente elettrica) lungo il filo.
Quando i conduttori di un circuito sono collegati tra loro in modo continuo, ovvero senza interruzioni, il
circuito si dice chiuso. Se la corrente si interrompe anche in un solo punto, il circuito si dice aperto: in
questo tipo di circuito la corrente non circola.
I vari elementi di un circuito possono essere collegati in serie o in parallelo:
Due conduttori collegati in serie sono attraversati dalla stessa corrente, in
successione;
In due conduttori collegati in parallelo la corrente si divide in due rami, per
poi riunirsi dopo aver percorso i due conduttori.
Resistenza e leggi di Ohm
La relazione tra differenza di potenziale e corrente circolante varia da conduttore a conduttore. La prima
legge di Ohm stabilisce infatti che la differenza di potenziale (ΔV) applicata agli estremi di un conduttore è
direttamente proporzionale all'intensità della corrente (I) che lo attraversa: ΔV = I ∙ R , dove la costante di
proporzionalità R è detta resistenza elettrica e varia in base al conduttore.
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La resistenza elettrica è l’opposizione che la corrente incontra quando circola all'interno di un conduttore.
Quindi, tanto più R è grande, tanto minore è la corrente che attraversa il conduttore con una determinata
differenza di potenziale. Per ottenere una certa corrente, in conduttori con resistenze maggiori bisognerà
applicare differenze di potenziale maggiori.
L'unità di misura della resistenza elettrica nel Sistema Internazionale è l'ohm (Ω). In particolare definiamo
il rapporto fra 1 V e 1 A uguale a 1 ohm, infatti abbiamo: 1 Ω = (1A/1V)
La seconda legge di Ohm stabilisce che se a parità di materiale si fanno variare la lunghezza L e la
sezione S del conduttore, la resistenza R del conduttore è proporzionale al rapporto L/S:
, dove ρ (“rho”) è una costante di proporzionalità che determina la resistenza che il materiale
offre al passaggio della corrente e prende il nome di resistività.
La potenza elettrica
Nel circuito elettrico, è necessaria l’energia per far scorrere la corrente e quindi per far funzionare i vari
dispositivi. La potenza è quindi la rapidità con la quale questa energia viene erogata.
Se una corrente I scorre attraverso una differenza di potenziale ΔV, la corrispondente potenza elettrica è:
P = I ∙ ΔV . L'unità di misura della potenza è il watt (W) che è pari a 1 joule/secondo.
Se una differenza di potenziale V produce una corrente I in una resistenza R, la potenza elettrica
trasformata in calore è: P = I 2 ∙ R = ΔV 2 / R = I ∙ ΔV .
Resistori in serie e in parallelo
Il resistore è una componente elettrica che fornisce resistenza elettrica al passaggio della corrente
elettrica. Poiché ogni resistore è caratterizzato da un determinato valore di resistenza, i resistori vengono
spesso chiamati "resistenze". I resistori, come gli altri elementi del circuito, possono venire collegati in serie
o in parallelo.
In un circuito con più resistori collegati in serie, la resistenza equivalente Req del circuito è data dalla
somma delle resistenze dei resistori del circuito: Req = R1 + R2 + R3 + …+Rn
In un circuito con resistori collegati in parallelo, l'inverso della loro resistenza complessiva Req è uguale alla
somma degli inversi delle resistenze dei singoli resistori: (1/Req) = (1/R1 + 1/R2 + 1/R3 + … + 1/Rn)
Leggi di Kirchhoff
Le leggi di Kirchhoff sono enunciati sulla conservazione della carica e sulla conservazione dell’energia
applicate ai circuiti elettrici chiusi.
La legge sulla conservazione della carica, detta anche legge dei nodi, spiega che la somma algebrica di
tutte le correnti che si incontrano nel nodo di un circuito deve essere uguale a zero. Le correnti che entrano
nel nodo sono considerate per convenzione positive, mentre quelle che ne escono sono considerate
negative.
La legge sulla conservazione dell’energia, detta anche legge delle maglie, spiega che la somma algebrica di
tutte le differenze di potenziale lungo una maglia chiusa è uguale a zero. Il potenziale aumenta nell’andare
dal terminale – al terminale + della batteria e diminuisce quando si percorre una resistenza nel verso della
corrente.
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Circuiti contenenti condensatori
Il condensatore è un componente elettrico capace di accumulare l’energia. La sua funzione è importante
poiché è capace di mantenere la carica e l’energia accumulate all’infinito.
I condensatori, come gli altri elementi del circuito elettrico, possono essere collegati in serie o in parallelo.
In un circuito in cui i condensatori sono collegati in serie, l’inverso della capacità equivalente Ceq è uguale
alla somma degli inversi delle capacità dei condensatori: (1/Ceq) = (1/C1 + 1/C2 + 1/C3 + … + 1/Cn) = Σ (1/C)
In un circuito in cui i condensatori sono collegati in parallelo, la capacità equivalente Ceq è data dalla
somma delle capacità dei condensatori: Ceq = C1 + C2 + C3 + … + Cx = Σ C
Nei circuiti che contengono sia condensatori che resistenze esiste un tempo caratteristico, τ = R∙C ,
durante il quale avvengono variazioni significative. Tale tempo è detto “costante di tempo” del circuito. Il
più semplice circuito di questo tipo, detto «circuito RC», consiste di una resistenza e di un condensatore
collegati in serie. Il condensatore, come già detto, è in grado di accumulare e poi rilasciare l’energia.
Esistono quindi due momenti specifici, che prendono il nome di “carica” e “scarica” di un condensatore.
La carica di un condensatore in un circuito RC varia nel tempo secondo la seguente legge:
q(t) = C ∙ ε ∙ (1 – e – t / τ ) , mentre la corrispondente intensità di corrente è: I(t) = (ε / R) ∙ e – t / τ .
Se un condensatore in un circuito RC parte con una carica Q nell’istante t = 0, la sua carica nel tempo
successivo è: q(t) = Q ∙ e – t / τ , mentre la corrispondente intensità di corrente è: I(t) = (ε / R) ∙ (1 – e – t / τ ) .
Ma cosa succede quando t assume un comportamento che tende a 0 o a ∞? Nel primo caso, appena dopo
aver chiuso l’interruttore in un circuito RC, il condensatore si comporta come un filo ideale, cioè non offre
alcuna resistenza al passaggio della corrente. Nel secondo caso, invece, dopo molto tempo dalla chiusura
dello stesso interruttore, il condensatore si comporta come un circuito aperto, non permettendo quindi alla
corrente di circolare.
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Filosofia
Friedrich Nietzsche
“E’ un prodigio: l’attimo, in un lampo è presente, in un lampo è passato, dopo un niente, ma tuttavia torna
come fantasma e turba la pace di un istante successivo. Continuamente si stacca dal rotolo del tempo, cade,
vola via – e improvvisamente rivola indietro, in grembo all’uomo. Allora l’uomo dice «Mi ricordo».”
Il termine “lampo” viene utilizzato non come fenomeno meteorologico bensì per indicare qualcosa che
avviene rapidamente. E Nietzsche lo accosta non a caso all’attimo.
Nietzsche parla dell’attimo nella seconda delle quattro Considerazioni Inattuali, una raccolta di saggi
scritti tra il 1873 e il 1876. Sono “inattuali” perché erano in contrasto il pensiero dell’epoca, non erano
conformi allo spirito di quel tempo, andavano controcorrente, erano critiche verso una cultura (in generale
quella europea) considerata dal filosofo come decadente.
Nella seconda inattuale, “Sull’utilità e il danno della storia per la nostra vita”, Nietzsche effettua una
riflessione sul carattere temporale dell’esistenza umana: secondo il filosofo, l’uomo è un animale storico
poiché è in grado di ricordare il passato, e in questo modo la sua esistenza abbraccia inevitabilmente il
passato, non permettendogli di vivere l’attimo presente nella sua totale pienezza.
Il presente risulta in questo modo condizionato dal passato, viene vissuto come qualcosa che è comunque
destinato ad essere superato, l’esistenza stessa viene percepita come qualcosa di inevitabilmente
incompiuto.
Azione, pienezza e felicità richiedono oblio. Per valorizzare l’attimo presente è necessario imparare a
vivere in maniera non storica, ovvero liberandoci dal passato che ci opprime.
Eppure l’uomo ricorda.
Secondo Nietzsche la storia ha senso solo se essa è al servizio della vita e non viceversa.
Nietzsche individua tre modalità differenti di fare storia, ognuna con i suoi punti positivi e negativi:
-
Storia monumentale  con essa si studia il passato per ricercare in esso alcuni esempi di
grandezza. Essa può infondere coraggio a chi ha alte aspirazioni, mentre in altri casi può portare a
fanatismo oppure può demotivare.
-
Storia antiquaria  con essa si può preservare il passato nel momento in cui esso ha un senso nel
presente. Può aiutare a riconoscere la propria appartenenza e le proprie origini, ma venerando il passato
solo in quanto tale, è possibile che ci si possa astrarre dal presente.
-
Storia critica  con essa si può criticare il passato. Permette di liberarsi di un passato opprimente
ma così facendo si rischia di rimanere limitati alla sola fase distruttiva (leone*), senza dedicarsi a nulla di
nuovo e creativo (fanciullo*).
Tutte le degenerazioni dipendono dal non considerare il passato nell’ottica della vita. Per Nietzsche
l’uomo moderno si porta addosso inutili quantità “indigeribili” di conoscenza, e per questo l’uomo deve
effettuare una scissione tra interiorità ed esteriorità.
*Il leone e il fanciullo sono due delle tre “trasformazioni” che lo spirito deve attraversare per trovare un nuovo senso alla realtà
dopo che il leone ha messo in crisi tutti i valori. Nietzsche parla di tutto ciò nello scritto “Delle tre metamorfosi”.
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Sempre riguardo al tempo, Nietzsche ha ipotizzato qualcosa di innovativo: nel suo scritto “Il peso più
grande”, un demone appare a un uomo per dirgli di immaginare cosa accadrebbe se la vita già vissuta, un
giorno dovesse ripetersi e ripetersi ancora innumerevoli volte, che ogni dolore o piacere già provato lo si
dovesse provare ancora altre volte. Infine il demone chiede come reagirebbero gli uomini se sapessero che
dovranno ripetere ancora tutto questo, se si getterebbero nello sconforto per il peso che questo
comporterebbe oppure se dovrebbero amare la vita proprio perché la potranno rivivere ancora.
Nietzsche ipotizza quindi che il tempo, anziché lineare, potrebbe essere circolare, che tutto potrebbe
ripetersi innumerevoli volte, quindi proprio per questo noi dovremmo amare la nostra vita e vivere il nostro
presente al meglio, proprio perché un giorno potremmo rivivere ancora queste sensazioni.
In un altro suo scritto, “La visione e l’enigma” (tratto da “Così parlò Zarathustra”), un uomo di nome
Zarathustra cerca di salire una montagna ma continua a scivolare, ormai il Sole è ormai tramontato
(metafora dei valori che “tramontano”) ed è tutto buio, il nichilismo (credere in valori assoluti che si basano
sul nulla) della massa lo assale, non permettendogli di “osare” ad andare avanti.
Un “nano-talpa” (simbolo dello spirito di gravità) è seduto sulla sua spalla e lo induce a fermarsi, a
rimanere nella sua condizione. Questo nano è storpio e vuole “storpiare” Zarathustra, provando in tutti i
modi a demotivarlo, ma egli è coraggioso e decide di mettersi comunque in gioco, soffrendo, ma
affrontando la vita.
Zarathustra e il nano arrivano davanti a una porta, la “porta dell’attimo”, che separa due tempi infiniti
(passato e futuro). Il nano però suggerisce che essi potrebbero anche essere una cosa sola, e quindi che il
tempo possa essere circolare.
In seguito, Zarathustra vede un pastore rotolarsi perché un serpente gli è entrato in bocca mentre
dormiva e adesso lo sta soffocando. Questo serpente rappresenta la circolarità del tempo (serpente che si
morde la coda). Zarathustra suggerisce quindi al pastore di mordere il serpente e dopo che lo uccide in
questo modo, il pastore inizia a ridere come mai nessuno aveva riso prima di quel momento. Il pastore
liberatosi dal serpente rappresenta l’oltre uomo, capace di dare un nuovo senso alla vita.
Nietzsche alla fine di tutto ciò dice che non è importante la struttura del tempo ma il significato che noi
uomini le diamo, il modo in cui noi la viviamo. L’eterno ritorno è semplicemente un modo di interpretare la
realtà; che l’attimo ritorni o meno non conta, l’importante è vivere ogni attimo nella massima pienezza. E
l’unico capace di fare ciò è l’oltre uomo, qualcosa che egli intuisce per sua decisione: ogni attimo condensa
in sé l’eternità del tempo.
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Scienze della Terra
I fulmini
I fulmini sono delle scariche elettriche improvvise e violente che avvengono nell’atmosfera e che si
verificano tra due corpi con una elevata differenza di potenziale elettrico. Il più delle volte essi si
riscontrano tra due nubi, tra una nube e la superficie terrestre o anche nella stessa nuvola. Il fenomeno si
manifesta con un effetto luminoso (lampo) ed uno sonoro (tuono) che non vengono però percepiti nello
stesso momento dall'osservatore a causa delle diverse velocità di propagazione che hanno la luce
(3∙106Km/s) e il suono (1’238 Km/s). Il lampo infatti viene visto istantaneamente, mentre il tuono viene
udito dopo un intervallo di tempo che è tanto più grande quanto più è distante il fulmine.
La scarica del fulmine si genera dalle particelle cariche positivamente nelle nuvole che vengono attratte
dalle particelle cariche negativamente nel suolo.
Le condizioni migliori per lo sviluppo di fulmini sono le grosse nubi temporalesche (cumulonembi), che
sono caricate positivamente nella parte più alta e negativamente in quella più bassa a causa della collisione
fra i piccoli cristalli di ghiaccio presenti nella nuvola. Si è teorizzato inoltre che le particelle più piccole
tendano ad acquistare le cariche negative, mentre quelle più grandi acquistino le cariche positive, e per
effetto della forza di gravità queste particelle si separano, finché la nube non assume lo stato elettrico
precedentemente citato (positivo in alto e negativo in basso). Questa divisione produce un’enorme
differenza di potenziale all'interno sia della nube sia fra la nube e la terra, che per induzione tende a
caricarsi positivamente. Quando la differenza di potenziale supera la soglia massima, è allora che scocca il
fulmine.
L’origine del fulmine non è ancora del tutto chiara e al riguardo sono state fatte diverse ipotesi. La più
attendibile di queste teorizza che, nella maggior parte dei casi, dalla nuvola parta un canale ionizzato, detto
anche “scarica pilota”, che avanza nell’aria verso il basso, muovendosi velocemente anche se a tratti.
Quando questo canale, che forma un percorso irregolare e ramificato, raggiunge il suolo, fluisce una elevata
corrente dovuta alla scarica quasi completa del canale ionizzato (“scarica di ritorno”), la quale inizia dal
suolo e si propaga verso la nube rendendo a mano a mano luminoso il percorso e le varie ramificazioni.
Anche se la sua classica forma a saetta può ingannare, un fulmine effettua sempre il percorso con minore
resistenza elettrica. Solitamente, la velocità di un fulmine oscilla da 40'000 a 50'000 km/s, e varia anche in
base alle condizioni di umidità e alla differenza di potenziale.
Esistono quattro diverse tipologie di fulmini:
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Negativo discendente  La scarica pilota ha una carica negativa e parte dall’alto.
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Positivo discendente  La scarica pilota ha una carica positiva e parte dall’alto.
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Negativo ascendente  La scarica pilota ha una carica negativa e parte dal basso.
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Positivo ascendente  La scarica pilota ha una carica positiva e parte dal basso.
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Si possono fare diverse classificazioni a seconda di ciò che interagisce con la nube. Si possono quindi
distinguere tre diverse tipologie:
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Scariche tra nube e terra  Sono i veri e propri fulmini e sono i più pericolosi perché possono causare i
danni maggiori agli oggetti ma anche alle
persone. A differenza di quello che si
pensa, non sono i più comuni. Il
meccanismo è stato già esposto in
precedenza.
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Scariche interne alla stessa nube  Come
suggerito dal nome, le scariche avvengono
all’interno della stessa nube. Il meccanismo
è simile a quello precedente e provocano
quasi unicamente lampi. Sono il tipo più
comune
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Scariche aeree  Sono le scariche che
avvengono fra due diverse nubi.
lampo interno a una nube
La caduta di un fulmine può provocare diverse conseguenze sugli oggetti colpiti e precisamente produce
effetti:
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Termici  L'energia sviluppata da un fulmine ha la capacità di fondere materiali metallici, provocare
l'incendio di materiali combustibili o infiammabili, etc. L'altissima temperatura può sgretolare un
albero, e, a volte, riesce a fondere la sabbia, trasformandola in schegge di vetro.
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Meccanici  Le forti correnti elettriche indotte nelle strutture metalliche colpite causano forze
attrattive, di natura elettrodinamica, tali da produrre deformazioni o rotture. Nel caso di linee
elettriche, le forze attrattive possono produrre schiacciamento di cavi o contatti fra conduttori con
conseguenti cortocircuiti.
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Chimici  Le forti scariche causano la formazione di ozono e di composti nitrici dovuti all'ossidazione
dell'azoto. In quest'ultimo caso è come se nel suolo fossero iniettate gigantesche quantità di materie
azotate.
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Elettromagnetici  Le scariche sono accompagnate da forti emissioni di onde elettromagnetiche che
producono disturbi nelle trasmissioni radio, in particolare nel campo delle onde lunghe e medie. Le
sovratensioni indotte nelle linee elettriche e telefoniche possono causare danneggiamenti nelle
apparecchiature collegate, in particolare di quelle elettroniche.
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