La riabil. dopo intervento di ricostruzione del LCA

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La riabilitazione dopo intervento di ricostruzione del L.C.A.
con allograft
Marco Zanobbi
Negli ultimi anni la chirurgia delle lesioni legamentose del ginocchio ed in particolare del
legamento crociato anteriore (LCA) si è evoluta e continua a migliorare ricercando tecniche che
riducano sensibilmente la morbilità dei tessuti e che consentano un accorciamento dei tempi di
recupero.
Attualmente la tecnica maggiormente utilizzata prevede il trapianto di tessuto autologo sotto guida
artroscopica. I tessuti maggiormente utilizzati per questo tipo di trapianto sono i tendini della zampa
d’oca (semitendinoso e gracile) ed il terzo medio del tendine rotuleo con brattee ossee.
Con sempre maggiore frequenza tuttavia assistiamo ad interventi di ricostruzione del LCA effettuati
con trapianto di tessuto omologo (Fig. 1). Questo tipo di chirurgia viene ancora oggi utilizzata
fondamentalmente in casi selezionati cioè quando i tessuti del paziente non sono disponibili, quando
sono di scarsa qualità o nella chirurgia di revisione.
La scelta del trapianto
La scelta di utilizzare o meno materiali biologici prelevati da cadavere è un tema ampiamente
dibattuto tra gli ortopedici di tutto il mondo e ancora esistono pareri decisamente contrastanti poichè
alcuni autori nutrono delle perplessità sulla loro capacità meccanica e rigenerativa.
Il diffondersi di queste tecniche è dovuto al fatto che alcune delle problematiche degli autotrapianti
riguardano i danni procurati al sito donatore, quindi, attraverso l’uso di parti anatomiche di un
donatore d’organi deceduto, si possono evitare le conseguenze del prelievo autologo.
In questa ottica, in particolare negli Stati Uniti dove è da tempo fiorente una industria di prelievo,
trattamento e conservazione di parti d’organi da cadavere, si è sviluppata negli anni 80 una tendenza
all’uso di fresh-frozen o freeze-dried di fascia lata, tendine d’Achille, tendine rotuleo e tibiale
anteriore. In Italia tuttavia si privilegia l’utilizzo di tessuto prelevato direttamente dal paziente (es.
ischio crurali o tendine rotuleo) poiché permette di avere tempi di strutturazione abbreviati senza la
probabilità di trasmissione di malattie o di reazione immunologica.
Questi i vantaggi dell’utilizzo di tessuto da innesto eterologo:
• tempi operatori abbreviati
• incisioni piccole
• nessuna morbilità del sito donatore
• nessuna precauzione riabilitativa sull’apparato estensore o flessore del ginocchio
• nessuna limitazione di dimensione.
Questi gli svantaggi dell’utilizzo di tessuto da innesto eterologo:
• tempi di strutturazione più lunghi
• possibilità di reazioni immunologiche
• difficoltà di reperire il tessuto
• costi maggiori.
Tra gli svantaggi è da considerare anche il rischio potenziale di trasmissione di malattie virali,
poiché le tecniche di preparazione non sradicano necessariamente tutti i virus. È stato valutato che il
rischio di trasmissione di malattie con l’utilizzo dell’innesto eterologo è minore di 1 per 1.000.000
di utilizzi, presumendo che siano state seguite le linee guida attuali della American Association of
Tissue Banks.
La radiazione uccide i virus, ma il dosaggio necessario altera il collagene e riduce la forza
dell’innesto pertanto il solo requisito assoluto da ricercare negli allograft è che l’innesto scelto abbia
una forza adeguata in modo da garantire stabilità a lungo termine.
Nella ricostruzione con allograft si utilizzano protocolli più “protettivi” o più “aggressivi”
rispetto agli autograft?
Per rispondere a questa domanda è necessario fare una considerazione di tipo biologico ed una di
tipo funzionale. Da un punto di vista biologico si dovrebbe rallentare perché il processo di
ligamentizzazione è più lento, mentre dal punto di vista funzionale si potrebbe sicuramente essere
maggiormente “aggressivi” poiché il paziente lamenta minore dolore, minore impotenza funzionale
ed è quindi maggiormente disponibile ad effettuare precocemente anche intensi esercizi di rinforzo
della muscolatura.
Dal punto di vista riabilitativo è quindi fondamentale conoscere i principi di biomeccanica che
regolano il movimento articolare del ginocchio, ma anche gli effetti biologici e metabolici che
l’immobilizzazione ed i carichi di lavoro hanno soprattutto sul trofismo muscolare. E’ inoltre
importante conoscere la tecnica utilizzata dal chirurgo, il mezzo di fissazione utilizzato e la qualità
del tessuto trapiantato, tutte informazioni importanti per il rieducatore nell’impostare correttamente
il programma riabilitativo.
Il protocollo riabilitativo
Il protocollo riabilitativo dopo intervento di ricostruzione del LCA con allograft non presenta
particolari differenze rispetto ad un protocollo tradizionale suddiviso nelle ormai consolidate 5 fasi
(tabella 1) alle quali vanno aggiunte la fase pre-operatoria ed il mantenimento dopo la dimissione
del paziente.
Nel corso di questo articolo cercheremo di evidenziare per ogni singola fase della riabilitazione le
peculiarità legate all’utilizzo degli allograft cercando di definire le strategie ed i tempi per
raggiungere gli obiettivi di ogni singola fase e, in base alla nostra esperienza, le avvertenze
principali da osservare.
EDUCAZIONE PRE-OPERATORIA
L’obiettivo fondamentale di questa fase è, oltre a quello di consegnare al chirurgo un’articolazione
nel migliore stato possibile (articolarità, flogosi, dolore ecc.), quello di educare il paziente su ciò
che dovrà svolgere nelle prime settimane dopo l’intervento chirurgico.
Prendere confidenza con l’atmosfera della palestra di rieducazione, conoscere il proprio rieducatore
e collaudare i primi esercizi di reclutamento del quadricipite e di recupero dell’articolarità
rappresentano un aspetto fondamentale che agevola il lavoro delle prime settimane e che velocizza i
tempi di recupero grazie alla migliore collaborazione che si ottiene da subito da parte del paziente.
Sono in media sufficienti tre sedute effettuate la settimana precedente all’intervento per “educare”
sufficientemente il paziente e trasmettergli quegli stimoli e quella determinazione che risulteranno
preziosissimi alleati del rieducatore nei giorni seguenti.
FASE 1
In questa prima fase il paziente effettua 4-6 sedute settimanali della durata di circa due ore,
inizialmente in palestra poi, appena la cicatrice chirurgica lo consente, anche in piscina.
Nelle primissime ore dopo l’intervento, l’obiettivo principale è controllare la flogosi post
chirurgica, affrontando il dolore, riducendo l’edema, gestendo l’infiammazione e limitando il
versamento articolare che è alla base della formazione di aderenze intrarticolari.
Al paziente viene concessa l’immediata estensione, non viene applicato alcun tutore ne CPM, e per
la prima settimana esegue esercizi attivi a domicilio seguiti da crioterapia due volte al giorno.
La crioterapia e la mobilizzazione graduale e controllata contribuiscono a ridurre l’edema e
l’infiammazione del ginocchio ed a prevenire l’idrartro. L’idrartro è infatti una delle complicanze
più importanti da controllare in questa fase poiché, oltre ad essere causa di tensione capsulare e di
dolore, determina sempre una inibizione dell’attività muscolare volontaria con conseguenti deficit
funzionali.
Nella nostra esperienza, in particolare nei pazienti operati con allograft, è frequente una iniziale
reazione dell’articolazione al “corpo estraneo”. Consigliamo quindi di avere molta cautela nei primi
10 gg. post operatori richiedendo al paziente di effettuare esercizi sempre sotto soglia del dolore.
Non si deve mai forzare l’articolarità in flessione e occorre controllare con grande attenzione la
presenza di idrartro. Questi giorni di assestamento non allungheranno i tempi di riabilitazione e, se
ben gestiti, permetteranno al paziente di intraprendere precocemente un programma di lavoro
decisamente più impegnativo sempre nel rispetto di una corretta progressione dei carichi. Dopo
circa due settimane dall’intervento chirurgico è previsto il graduale abbandono delle stampelle che
di norma avviene in ventesima giornata circa.
FASE 2
Il paziente continua a frequentare palestra e piscina dalle 4 alle 6 volte a settimana.
Importante obiettivo di questa fase è il recupero completo dell’estensione del ginocchio, prima
passivamente attraverso esercizi di stretching selettivo, poi attivamente ricercando un corretto
reclutamento della muscolatura estensoria in catena cinetica chiusa.
Anche il recupero della fluidità di movimento e la risoluzione delle eventuali contratture muscolari
è necessaria per riprendere la deambulazione corretta e per prevenire i dolori anteriori di ginocchio.
Tale obiettivo può essere ottenuto con esercitazioni in piscina, che hanno il vantaggio di essere
proponibili assai precocemente e di essere di norma gradite dal paziente e con l’utilizzo di tecniche
manuali o di esercizi specifici. Particolarmente utili nei casi di rigidità articolare sono alcune terapie
fisiche come ad esempio l’ipertermia (Fig. 2) che, attraverso la somministrazione di calore
opportunamente modulato, consente di ottenere un rilassamento della muscolatura contratta
facilitando quindi eventuali manovre per il recupero dell’articolarità,
Nei pazienti operati con allograft di norma non è necessario forzare l’articolazione per il recupero
dell’articolarità che di regola avviene progressivamente per essere completa nei primi 30 gg.
dall’intervento.
FASE 3
In questa fase viene progressivamente abbandonata la rieducazione in acqua per concentrarsi
maggiormente sul rinforzo muscolare in palestra per 4 volte a settimana con pausa di un giorno a
metà settimana.
Vengono introdotti esercizi di rinforzo progressivamente più intensi in catena cinetica chiusa,
inizialmente contro resistenza manuale, per poi utilizzare una pressa orizzontale con resistenza ad
elastici tipo Vector (fig. 3), con la quale si riesce a modulare in modo ottimale il carico imposto, e
successivamente con una Leg-press inclinata.
Si passa poi agli esercizi in catena cinetica aperta, utilizzando ogni tipo di resistenza, dalla
resistenza elastica fino ad i classici esercizi isotonici ad arto libero. Particolare cura dovrà essere
prestata ad individuare l’arco di movimento più sicuro per non stressare il neo legamento e tale da
non generare dolore che porterebbe ad una contrazione muscolare inefficace.
All’incirca a 50gg. dall’intervento chirurgico, se il paziente non presenta dolore nella
deambulazione, se il r.o.m. è completo e se vi è un adeguato trofismo di quadricipite, ischio crurali
e tricipite, viene concessa la corsa su tapis roulant.
Il rinforzo specifico della muscolatura posteriore della coscia di norma non viene ricercato fino
all’introduzione degli esercizi sulla macchina isocinetica. L’allenamento isocinetico inizia con
velocità angolari elevate (250°/s) ed arco di movimento di sicurezza fino al progressivo
raggiungimento di velocità angolari basse (60-90°/s) che preparano il paziente ad effettuare il test
isocinetico nella fase successiva. Il protocollo prevede la sollecitazione della forza massima con 4-6
serie da 6-10 ripetizioni a varie velocità angolari per un totale di circa 120-150 movimenti per
seduta.
Nei pazienti operati con allograft il rieducatore si troverà ad avere in questa fase le maggiori
soddisfazioni poiché non dovrà avere particolari precauzioni verso l’apparato estensore o flessore in
quanto risultano completamente integri e disponibili ad essere sollecitati con gli esercizi di rinforzo.
E’ tuttavia opportuno ricordare che dovrà comunque essere rispettata una corretta progressione sia
per ciò che riguarda la tipologia di esercizio sia per ciò che riguarda i carichi proposti: una tendinite
rotulea può infatti insorgere anche in un tendine sano e vanificherebbe i vantaggi legati alla scelta
dell’utilizzo dell’allograft.
FASE 4
In questa 4° fase il numero di sedute settimanali dipende dalle esigenze del paziente ma non scende
mai sotto alle tre sedute per settimana.
Il rinforzo muscolare prevede ora un importante lavoro di tipo eccentrico e viene sempre integrato
con un allenamento di tipo propriocettivo per poter accelerare le risposte di tipo neuromotorio in
relazione alle diverse condizioni nelle quali si troverà il paziente. Tale allenamento viene proposto
inizialmente in carico bipodalico poi monopodalico sia utilizzando le classiche tavolette sia
dispositivi computerizzati (Fig. 4) che permettono anche di effettuare delle valutazioni
dell’aumentato controllo proriocettivo.
Alla propriocettiva tradizionale siamo soliti associare esercizi di Core Stability o “rinforzo centrale”
che rappresentano oggi un approccio fondamentale sia a livello preventivo che riabilitativo, utili
anche per il miglioramento della performance. Si tratta di un allenamento che permette di reclutare
selettivamente la muscolatura profonda del tronco e di imparare il controllo della posizione della
colonna lombare durante i movimenti dinamici. Il paziente atleta inoltre effettua uno specifico
allenamento aerobico, di norma ad inizio seduta, con il controllo della frequenza cardiaca in
preparazione agli allenamenti che presto svolgerà sul campo sportivo.
In questa fase della rieducazione è utile effettuare un test isocinetico (Fig. 5), per valutare
quantitativamente la forza e la resistenza in condizioni dinamiche. Il test isocinetico viene
effettuato con le velocità angolari di 180°/s per la resistenza e 90°/s per la forza. Quando la
differenza di forza e resistenza fra l’arto operato ed il controlaterale è inferiore al 20% e se le
condizioni clinico-funzionali del ginocchio sono buone (ginocchio asciutto, stabile, articolarità
completa, buon controllo propriocettivo), si può iniziare la corsa sul campo sportivo passando così
alla fase successiva della rieducazione.
Nei pazienti operati con allograft, non dovendo avere attenzioni particolari durante il rinforzo
muscolare, i tempi di questa fase sono ridotti di circa 1/3 rispetto ai pazienti operati con trapianto
autologo.
FASE 5
In questa ultima fase è il campo il protagonista; il paziente effettua 2-3 sedute sul campo sportivo
(tabella 2) e 1-2 sedute in palestra ogni settimana per 4 settimane.
Sul campo si perseguiranno due diversi obiettivi: il recupero del gesto atletico specifico ed il
ricondizionamento fisico, inteso come recupero della capacità dell’apparato cardiocircolatorio di
adattarsi alle necessità metaboliche dell’atleta.
La corsa verrà effettuata sul campo a circa 70 giorni dall’intervento, dapprima in linea, poi con
curve ad ampio raggio, a piccolo raggio, per passare successivamente ad effettuare, negli atleti,
balzi, corsa con scatti, arresti e ripartenze, allenamenti eccentrici e pliometrici, cambi di direzione,
simulazioni e situazioni via via più stressanti, quali i contrasti di gioco con avversari oppure i gesti
tecnici sport specifici.
La guarigione avverrà solo in assenza di reazioni articolari, come gonfiore e dolore.
In linea di massima, il paziente atleta operato con allograft potrà tornare a praticare attività fisica
competitiva dopo circa 4 mesi e mezzo dall’intervento, quando avrà recuperato il 100% della forza
al test isocinetico, avrà effettuato una ultima valutazione clinica e strumentale (KT 2000) da parte
del chirurgo e avrà completato con successo almeno 3 settimane in campo.
MANTENIMENTO
Agli atleti consegnamo di routine un programma di esercizi da eseguire autonomamente in palestra
nei tre mesi successivi alla dimissione con una frequenza di due sedute settimanali anche dopo la
ripresa dell’attività agonistica. Questo programma viene personalizzato a seconda delle
caratteristiche del paziente e comprende esercizi di rinforzo per il quadricipite, ischiocrurali,
tricipite surale, esercizi propriocettivi e di core stability.
CONCLUSIONI
La rieducazione delle lesioni del LCA trattate con allograft prevede una serie di vantaggi ma anche
alcune attenzioni che il rieducatore deve avere durante il programma riabilitativo.
La rieducazione viene da noi suddivisa funzionalmente in cinque fasi e deve mirare dapprima a
minimizzare il gonfiore e il dolore, a promuovere il recupero dell’articolarità, quindi a recuperare la
forza e la resistenza muscolare. Infine, per restituire al paziente la piena funzionalità dell’arto, negli
atleti è indispensabile effettuare almeno quattro settimane di lavoro sul campo sportivo per la
corretta ripresa del gesto atletico specifico e tornare quindi in sicurezza alla competizione.
L’immediato periodo post-operatorio e le prime settimane di riabilitazione sono il momento più
delicato, la progressione dei carichi riabilitativi va condotta tenendo conto dell’evoluzione clinica e
soprattutto evitando la comparsa del dolore e del gonfiore.
I tempi di recupero sono decisamente ridotti rispetto agli altri interventi che utilizzano tessuto
autologo (Tabella 3) grazie soprattutto alla possibilità di potenziare la muscolatura della coscia
senza precauzioni particolari. Nonostante ciò, permangono nel mondo scientifico delle perplessità
legate soprattutto alla stabilità a lungo termine degli allograft ma probabilmente tra qualche anno le
tecniche e le conoscenze in questo campo saranno ulteriormente progredite e magari gli attuali
dubbi saranno definitivamente risolti.
dott. Marco Zanobbi
Fisioterapista
Isokinetic rehabilitation network Verona
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TABELLA n. 1
(La riabilitazione può essere sempre ricondotta a 5 fasi che corrispondono
a 5 aree di studio e di approfondimento)
FASE
AREA DI STUDIO
FASE 1 Controllo del dolore, del gonfiore e della flogosi
FASE 2 Recupero completo dell’articolarità e della flessibilità
FASE 3 Recupero della forza
FASE 4 Ripresa della coordinazione e della propriocettività
FASE 5 Ripresa del gesto atletico specifico e ritorno all’agonismo
⇒
⇒
⇒
⇒
⇒
Biologia
Biomeccanica
Fisiologia
Neurofisiologia
Psicologia
TABELLA n. 2
(Esemplificazione, su quattro settimane, della progressione degli esercizi di rieducazione
da effettuare sul campo per un atleta)
- Settimana 1 correzione difetti di appoggio corsa lenta per 30 minuti
- Spinte sull’avampiede frequenza cardiaca < soglia aerobica
- Settimana 2 salto della corda corsa con 3-5 ripetute di 8 minuti
- Corsa in cerchio cambi di ritmo ogni 10-50 secondi
- Corsa ad otto corsa con 4-6 ripetute sui 1000m
- Settimana 3 lavoro tecnico (palla, ecc…) tempi inferiori a 4’30”
- Balzi corsa con 6-8 ripetizioni di 600 m (in 1’55”)
- Contrasti corsa con 8-10 ripetizioni di 300 m (in 55”)
- Settimana 4 percorsi complessi corsa con 15-20 ripetizioni di 50-100 m
- Simulazioni di gioco scatti su distanze tra 5 e 20 m
- Uno contro uno e contrasti con avversario.
TABELLA n. 3
Risultati preliminari su uno studio su 45 pazienti
(15 ALLO, 15 STG, 15 BTB) dati Centro Studi Isokinetic Bologna 2007.
Tecnica
chirurgica
Deambulazione Corsa su tapis
libera
roulant
Riabilitazione
sul campo
Ripresa
agonistica
ALLOGRAFT
19
50
66
123
STG
28
83
98
170
BTB
32
79
100
189
Fig.1 Tendine rotuleo con brattee ossee (ArthroCare Corea)
Tendine d’achille con relativa brattea ossea (ArthroCare Corea)
Fig.2 Ipertermia
Fig.3 Esercizio in catena cinetica chiusa con resistenza elastica su Vector
Fig.4 Rieducazione propriocettiva con tavoletta computerizzata Libra
FIG.5 Test Isocinetico
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