14c. Il ritratto di Annibale e il pregiudizio della Punica perfidia La criminalizzazione del «diverso». Leggi le seguenti considerazioni di Bruno Mazzara, uno studioso di fenomeni sociali, in particolare di stereotipi e pregiudizi nei confronti delle minoranze etniche e sociali. L’espressione di pregiudizio in assoluto più diffusa è la distorsione nella percezione e nella valutazione dei fenomeni che riguardano le minoranze. Si nota spesso una decisa sopravvalutazione delle difficoltà che le minoranze possono creare, sia come categoria sociale sia come singoli individui. Un tipico esempio è la sopravvalutazione della presenza delle minoranze nella criminalità e nelle devianze, una sistematica tendenza ad attribuire ai membri delle minoranze caratteristiche e comportamenti negativi; tale tendenza è stata provata anche da numerose ricerche di tipo sperimentale: ad esempio, mostrando a dei soggetti bianchi delle scene in cui una stessa azione ambigua viene compiuta da un attore bianco oppure da un attore nero, l’azione viene giudicata come più aggressiva nel caso dell’attore nero. Complessivamente, si può osservare una diffusa tendenza a percepire come molto marcate le differenze etniche, e a sopravvalutare il ruolo delle caratteristiche etniche come elemento causativo – nel bene e nel male – dei comportamenti delle persone. In realtà, a ben vedere, il solo fatto di sentire il bisogno di rilevare e comunicare l’informazione sull’appartenenza etnica delle persone con cui si viene in contatto è indice di un’ingiustificata sopravvalutazione di quel tratto rispetto ad altri. Ad esempio, allorché nel riferire di una nostra esperienza (positiva o negativa) con una certa persona sentiamo la necessità di aggiungere che si tratta di un nero, e non, poniamo, che si tratta di un individuo alto e magro, è segno che riteniamo il colore della pelle non un puro ininfluente accidente biologico, bensì un elemento di informazione potenzialmente ricco di significato, in grado di orientare la valutazione dell’episodio che stiamo raccontando1. 1 Bruno M. Mazzara, Stereotipi e pregiudizi, il Mulino, Bologna 1997, pp. 30-33. La perfidia di Annibale e i perfidi Giudei Che la perfidia plus quam Punica di Annibale (ma anche dei Greci, e dei popoli orientali in generale), sia un topos del razzismo antico e di ogni tempo, lo dimostra l’attribuzione per secoli dell’appellativo di perfidi agli Ebrei (l’espressione perfidi Giudei è stata in uso nella liturgia cattolica fino a papa Giovanni XXIII, che vietò di impiegarla nel testo della Messa). La connessione tra Ebrei e Annibale sulla base di una considerazione razzista è ben colta da Sigmun Freud, quando nella sua Interpretazione dei sogni ricorda: “Annibale, era stato l’eroe favorito dei miei anni di ginnasio; al pari di molti coetanei, durante le guerre puniche avevo rivolto le mie simpatie non ai Romani, ma al Cartaginese. Quando poi nel ginnasio superiore capii meglio che cosa significasse appartenere a una razza straniera, e le agitazioni antisemite dei miei compagni mi costrinsero a prendere una posizione definita, la figura del condottiero semita s’innalzò ancora di più ai miei occhi. Annibale e Roma simboleggiavano, per me adolescente, il contrasto fra la tenacia dell’ebraismo e l’organizzazione della chiesa cattolica” (L’interpretazione dei sogni, Boringhieri, Torino 1966, p. 185). Il concetto di fides. Soprattutto la fides, uno dei cardini dell’etica romana antica, non viene rispettata dai popoli che, come i Cartaginesi e i Greci non condividono quest’etica. Che cos’è la fides? Si tratta di un concetto assai complesso, di cui proponiamo, alcune definizioni di studiosi autorevoli, e numerosi testi di autori nei quali questa parola è variamente contestualizzata. Ti proponiamo anche alcuni esercizi. Fides. È in senso proprio il «credito» di cui si gode presso il partner ... Dal fatto che fides designa la fiducia che colui che parla ispira al suo interlocutore, e della quale gode presso di lui, risulta che per lui si tratta di una «garanzia» a cui può far ricorso ... È a partire da qui che si sviluppa fides come nozione soggettiva, non più la fiducia che uno risveglia in qualcuno, ma la fiducia che si mette in qualcuno ... Se si passano in rassegna i diversi rapporti di fides e le circostanze in cui essi vengono sfruttati, si vedrà che i partners della «fiducia» non hanno pari statuto. Colui che detiene la fides messa in lui da un uomo ha quest’uomo in suo potere. Ecco perché fides diventa quasi sinonimo di potestas e di dicio. Nella loro forma primitiva, queste relazioni comportano una certa reciprocità: mettere la propria fides in qualcuno procurava in cambio la sua grazia e il suo appoggio. (E. Benveniste, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee, tr. it. Einaudi, Torino, pp. 87 ss.) La fides significa l’abbandono, al tempo stesso fiducioso e completo, di una persona a un’altra. Essa interviene ... come salvaguardia del vincolo sociale e in tutti i rapporti che collegano l’individuo ai suoi simili, sia che si tratti del matrimonio, dei vincoli tra il cliente e il suo patrono, oppure di una tutela, o dei contratti che istituiscono una società e stipulano delle vendite. Fides significa dunque tributare a ciascuno ciò che gli è dovuto, nel rispetto degli accordi stabiliti. La fides si instaura quindi solo allorché lo ius di ciascuno è riconosciuto e garantito dagli altri; essa è la condizione stessa di ogni vita sociale. Non ci stupirà perciò che Cicerone possa dichiarare: «Il fondamento di ogni giustizia è la fides, vale a dire la fedeltà agli impegni presi e la sincerità nelle parole». (De officiis, I, 23) (M. Meslin, L’uomo romano, Milano 1981, p. 216) Se ... proviamo a seguire la storia del termine nel suo corrispondente fonetico italiano, fede, non ci sarà difficile concludere che il senso della parola è quello schematizzato in figura, quando la persona A è Dio e la persona B è il credente; ma anche che la fede nuziale, intesa come «anello», vuole essere precisamente il simbolo del rapporto reciproco di fiducia e lealtà che si instaura fra due persone attraverso il patto matrimoniale. Le delucidazioni di Benveniste e di Meslin ... consentono una rappresentazione mentale del concetto. (L. Stupazzini, Strumenti lessicali per la comprensione di parole-chiave del sistema di valori romano, in F. Piazzi (a cura di), Didattica breve-materiali 4, IRRSAE E.-R, Bologna 1997) La mêtis di Ulisse. Il terreno militare si presta meglio di altri al confronto tra le due mentalità. Come dimostra Giovanni Brizzi2, la dimensione «intelligente» della guerra cui non sono estranee la furbizia e la frode – la mêtis impersonata dal polýmetis (molto astuto) Ulisse autore dello stragemma del cavallo – è, almeno in linea di principio, estranea all’etica e al codice militare romani. Tanto è vero che manca in latino un termine che renda il greco stratéghema da cui deriva il nostra stratagemma. Parole come fraus, perfidia, dolus, calliditas hanno una connotazione semantica negativa estranea al greco stratéghema. Gli stratagemmi e i trucchi impliciti nell’esercizio della mêtis non sono compatibili con la fides, la virtù romana per eccellenza essenziale ad ogni tipo di rapporto sia privato sia pubblico. L’importanza della fides. La fides è il presupposto di ogni patto, il fondamento d’ogni sodalizio civile. è il cardine del diritto delle genti e come tale attiene alla sfera del sacro. Chi non l’osserva è perfidus e perfidia (da per e fides) è la slealtà. A fides si legano etimologicamente foedus (il patto) e i fetiales (feziali), sacerdoti preposti alla dichiarazione di guerra e alle procedure (riti, controlli, cautele) indispensabili a rendere iustum il bellum. Infatti solo una guerra giusta sul piano etico e religioso può assicurare la protezione degli dei. Il rispetto della fides è un prerequisito per l’esercizio del comando militare (imperium). Anche fuori dall’ambito bellico, l’inganno è estraneo al codice etico romano. Due sono secondo Cicerone i modi di commettere iniuria (cioè di violare il ius, il diritto): aut vi aut fraude, con la violenza o con l’inganno (De officiis I 41). Tuttavia, sebbene entrambi siano contrari alla natura umana (homine alienissimum), il secondo è più ripugnante (fraus odio digna maiore). Una lealtà tra pari. Tornando al terreno militare, per i Romani «con il nemico sembra instaurarsi un rapporto che, nell’ostentato ripudio di ogni fellonia, richiama alla mente l’etica cavalleresca di età medioevale» (Brizzi). Ma, proprio come per il cavaliere medioevale, la lealtà è un obbligo solo verso i propri pari. Il vincolo della fides è infatti operante nei confronti di popoli considerati giuridicamente ed eticamente affini: cum iusto et legitimo hoste ... adversus quem et totum ius fetiale et multa sunt iura communia, contro un nemico 2 G. Brizzi, Il guerriero, l’oplita, il legionario - gli eserciti nel mondo classico, il Mulino, Bologna 2002, p. 36 ss. e 74 ss. regolare, rispetto al quale vige la norma feziale ed è comune gran parte del diritto (De officiis III 29, 108). In assenza di questa parità non c’era iustum bellum, ma latrocinium, cioè uno scontro senza regole, disonorevole, condotto more latronum, come briganti o ladri di strada. Punica fides e Graeca fides. Quando nel 217 a.C. subirono la dura sconfitta del lago Trasimeno (217 a.C.) ad opera di Annibale, un maestro di tattica e di stratagemmi, i Romani furono obbligati a modificare la loro mentalità. Il segno del mutamento fu la consacrazione di un tempio a Venus Erýcina, la Venere di Erice, e di un altro tempio a Mens, dea dell’accortezza e connessa al culto di Venere. La quale era anche madre di Enea, il troiano capostipite dei Romani famoso per la saggezza, che Omero nell’Iliade definisce boulephóros, dal saggio consiglio, e che Filostrato contrappone a Ettore come la mente (noûs) al braccio (cheîr), secondo la stessa dialettica che opponeva, nell’armata greca, Odisseo ad Aiace. Dunque, in un momento drammatico della propria storia, sotto la minaccia di un grande stratega e mentitore (proverbiale era la Punica fides o Punica perfidia, la slealtà dei Cartaginesi), Roma chiede alla dea Mens l’antidoto che, pur nella compatibilità con la fides romana, serva ad affrontare le arti e i trucchi del Cartaginese. Anche i Romani, per sopravvivere, dovranno imparare a mentire (il verbo mentiri è imparentato con mens e mendacium). La trasformazione, che consisteva nell’apprendere almeno in parte un’arte non romana, richiede la mediazione di Enea, eroe pius per eccellenza, la cui proverbiale pietas era una garanzia di un uso moderato e circoscritto della menzogna. Ma che c’entra Annibale con i Greci? «Annibale – scrive Giovanni Brizzi – è allievo di un Greco ... e proprio negli insegnamenti di Sosilo vanno forse cercati presupposti ed essenza delle sue artes, delle sue insidiose malizie. Qualcuno comincia a capire come in realtà la Punica fides sia, per ripetere la frase di Momigliano, piuttosto una Graeca fides, e come il valore ellenico da prendere a riferimento sia quello della mêtis. Ad esso dovrà d’ora in poi contrapporsi la mens; un acume dal quale Enea, eroe dell’ingegno, è dotato al punto da poter rappresentare la controparte troiana, e dunque anche romana, del polýmetis Odýsseus». Ritornando alla satira di Giovenale, è confermata la disposizione menzognera dei Greci, maestri di perfidia anche nei confronti degli altri orientali. • In che cosa consiste il più celebre stratéghema della letteratura di tutti i tempi, quello messo in atto da Ulisse (grecamente Odìsseo) per conquistare Troia? • Cerca sul vocabolario di latino il significato delle parole fraus, perfidia, dolus, calliditas, verificando se possiedono una connotazione semantica negativa. Ciò vale anche per le parole italiane derivate frode, perfidia, dolo, callidità? • Verifica il significato esatto del latino perfidia. Ha lo stesso significato del corrispondente termine italiano o si tratta di «falsi amici» (cioè di parole con la forma fonica identica, ma significati diversi)? • Perché è importante la fides? • Quale dei due modi di commettere iniuria indicati da Cicerone è più ripugnante? • Il vincolo della fides vale nel rapporto con qualsiasi popolo? • Senza fides che tipo di guerra è possibile? • Quando e perché i Romani considerano la possibilità di derogare da una condotta militare totalmente improntata alla fides? • A quali due divinità i Romani chiederanno assistenza, per fronteggiare gli stratagemmi di Annibale? • Quali parole si connettono al nome della dea Mens? • Quale funzione ha Enea, nella modifica della mentalità che porta i Romani ad apprendere l’arte del mentire al nemico? • Perché Punica fides è di fatto una Graeca fides? • In che cosa le considerazioni sin qui fatte confermano la tesi di Giovenale?