YOGAKSHEMAM E-Newsletter
Rivista di Yogakshemam, Francia (associazione legge 1901) e Association Yogakshemam-Svizzera
N° 04 - settembre 2016
Anche pubblicata in Francese, Greco, Inglese, Tedesco e Spagnolo
In ricordo di mio padre T.Krishnamacharya
Tre tipi di ānanda (gioia)
Ci sono tre tipi di ānanda, gioia : la gioia dei piaceri mondani, la gioia dell’adorazione e la
gioia di conoscere Dio o Brahman. La gioia dell’appagamento mondano é quella che
deriva dalle acquisizioni, dal denaro, dai piaceri carnali, dalla celebrità e così via. La gioia
del culto é quella che si prova cantando il nome e gli atti di Dio. La gioia di Brahman é la
gioia della visione di Dio.
Occorre coltivare un gusto per il nome di Dio, indipendentemente dalla denominazione.
Se, attraverso il canto del nome, l’attaccamento a Dio aumenta di giorno in giorno e
l’anima si colma di gioia, non c’é nulla da temere. Scompare ogni idea errata e la grazia di
Dio colmerà la vita.
D’altra parte, nell’induismo ogni Dio o divinità é inghirlandato da 108 diversi nomi che
facilitano l’invocazione del Suo nome attraverso uno dei Suoi nomi o delle Sue forme.
(T.K.Sribhashyam)
Bhakti Yoga
Bhakti é definita come meditazione su Dio eseguita in ogni momento, pertanto questo
sforzo é di per sé un tipo di pratica yoga. Il processo di percorso trascendentale compiuto
dall’anima nel bhakti yoga può essere paragonato ad alcuni dei fenomeni naturali che
incontriamo durante la vita umana. L’albero ankola (alangium salvifolium) si assicura la
progenie attirando automaticamente verso di sé il seme che ha la potenzialità di potersi
sviluppare , le particelle di ferro sono attratte dal magnete , i fiumi scorrono sempre con
l’unico scopo di raggiungere i mari.
Allo stesso modo, é naturale che l’anima (jīvātma é l’anima che vive nel corpo umano) sia,
per sua natura, attratta verso il Signore per stare sempre con Lui. Tuttavia la nostra mente
irrimediabilmente irrequieta é afflitta da distrazioni e fardelli che offuscano tale naturale
tendenza e auspicio. Per consentire all’anima di esprimere liberamente il suo desiderio di
Dio dobbiamo renderci conto della fugace, inconsistente natura della vita ed esistenza nel
mondo che ci circonda. Occorre anche comprendere la dicotomia di base tra il corpo
impermanente e l’anima immortale, prendendo piena coscienza del fatto che il corpo é
sostenuto dall’anima in ogni nascita. Il corpo invecchia e muore ma l’anima trova un corpo
nuovo. Se meditiamo sul fatto che ci si riveste con un corpo nuovo ad ogni nascita
comprendiamo che l’anima possa affrancarsi da ulteriori nascite e ritrovare il suo stato
originario di beatitudine.
Il sapere ciò é la base del bhakti yoga che supporta l’innato desiderio di unione col
Signore.
(T.K. Sribhashyam)
Upadeśa Sāhasri (Mille insegnamenti) di Shankaracharya
Uno studio di William Altman
Nella prospettiva di una serie di articoli sul testo filosofico di Shankaracharya :
Upadesha Sahasri, "Trattato dei mille insegnamenti", ecco un’introduzione sulla vita
di Shankaracharya e sul sistema filosofico da lui sviluppato.
Questa sintetica introduzione si discosta dalle molte storie edificanti che riguardano lui e la
sua vita. Shankaracharya sarebbe vissuto dal 788 all’ 820 della nostra era. Nacque in
quello che ora é lo stato del Kerala, suo padre morì quando il figlio aveva 5 anni. Dopo
esser stato iniziato al Brahmanesimo, in cui dimostrò eccezionali capacità, decise di
diventare sannyasin (colui che rinuncia al mondo per dedicarsi alla vita spirituale). Poiché
sua madre non riusciva ad accettare di lasciarlo partire egli stabilì di restare con lei
qualche tempo per non ferirla. Si dice che un giorno, all’età di 8 anni, mentre si bagnava,
un coccodrillo gli afferrò una gamba ed egli gridò a sua madre : ‘’Se non mi lasci partire
per seguire la vita di sannyasin il coccodrillo mi mangerà e scomparirò.’’ Beninteso la
madre acconsentì subito a che egli seguisse la vita di asceta e il coccodrillo lasciò subito
la presa. Il giovane Shankara si mise in viaggio dopo aver promesso a sua madre che
sarebbe tornato alla sua morte per compiere i riti funerari.
Le testimonianze scritte gli attribuiscono un numero incalcolabile di opere, commenti,
trattati e altro. Si reputa che avesse già memorizzato i 4 Veda all’età di 8 anni, a undici
anni si ritiene avesse già prodotto degli scritti e, prima dei 16, gli si attribuisce la stesura
dei "Commenti al Brahmasūtra", una delle sue opere maggiori. Il Brahmasūtra é un testo
fondamentale di spiritualità dell’India, scritto da Vyāsa verso il secondo secolo prima della
nostra era. Tratta dell’insegnamento del Vedanta e per questa regione é anche
denominato Vedanta-sūtra.
La tradizione é concorde nel dire ch’egli lasciò il mondo all’età di circa 32 anni. Il sistema
filosofico che si fa risalire a lui è denominato Advaïta Vedānta.
Dvaita significa duale e il prefisso A rappresenta la negazione. Perciò Advaita significa
‘Non Dualità’. Veda significa ‘Conoscenza’, nel senso di ‘Conoscenza Assoluta’,
‘Rivelazione’.
Anta significa ‘fine’, nel senso di compimento, conclusione.
Vedanta significa, dunque, fine del Veda, raggiungimento della Conoscenza Assoluta.
Il Vedanta costituisce uno dei 6 grandi sistemi della filosofia brahmanica, una delle più
importanti correnti di pensiero dell’Induismo classico, una delle 6 Darshana (punti di
vista). Le 6 Darshana sono scuole filosofiche quali il Samkhya, il Nyaya e il Mimamsa
che studiano le varie componenti dell’universo e dell’individuo, le regole che guidano il
ragionamento e la logica sulla quale si fonda la meccanica dei rituali e così via.
La dottrina filosofica di Shankaracharya propugna una forma assoluta di ‘’non dualità ‘’,
partendo dal concetto che non esiste alcuna altra realtà se non Brahman, vale a dire un
unico Essere, Infinito, Eterno, dal quale dipende ogni altra realtà manifestata
nell’universo : Brahman (sostantivo neutro), in altra parola Paramatman, l’Anima Suprema,
definita, nella sua essenza, come Sat-Cit-Ananda, "Essere-Coscienza e Beatitudine".
Attraverso la conoscenza (Jñana) l’uomo scopre che la sua natura profonda altro non é se
non quell’"Essere Supremo" che si situa fuori dei limiti della condizione umana e al di là
delle rappresentazioni del mondo. Con tale conoscenza l’uomo consegue la
liberazione, moksha, unendo la sua anima all’anima Suprema.
Questo concetto é ben illustrato da un noto esempio : una brocca piena tuffata nell’acqua.
L’acqua nella brocca é della stessa natura dell’acqua in cui la brocca é immersa, é
semplicemente separata dalla struttura della brocca che rappresenta la condizione umana
che impedisce di cogliere l’unità dei due elementi. L’acqua entro la brocca rappresenta il
‘’Sè umano’’ Atman e l’acqua in cui la brocca é immersa rappresenta il ‘’Sé
Supremo’’, Brahman.
Upadesa Sahasri si traduce "I mille insegnamenti". Upadesa significa insegnamento,
soprattutto nel significato di iniziazione, il che sottointende un processo sviluppato nel
tempo, accompagnato da uno studio e da una ricerca approfondita da parte dello
studente. Sahasri significa mille, non solo in senso letterale, ma piuttosto nel senso di
‘numerosi’. L’opera é suddivisa in due parti la prima é in prosa, la seconda in metrica, in
versi. La prima parte é più breve e può essere sintetizzata dal suo primo versetto :
‘’Ora spiegheremo il metodo che insegna i mezzi per conseguire la Liberazione a beneficio
degli aspiranti dotati di fede e di desiderio di ricevere questo insegnamento.’’
Segue poi una serie di domande e risposte tra discepolo e Maestro.
La seconda parte, in versi, conta 19 capitoli. Per quanto affronti gli stessi argomenti trattati
nella prima parte é maggiormente focalizzata sui quesiti essenziali quali : chi é Brahman,
qual é la Sua Natura, quali sono i concetti erronei a Suo riguardo, la vera Conoscenza e
così via. Inoltre secondo il filo conduttore del testo : come cogliere Brahman, come unirsi a
Lui, come lasciarsi invadere da Lui.
I prossimi articoli saranno dedicati al capitolo 19 : « Una conversazione tra il Sè e la
mente ».
(continua)
Traduttori: Aurelia, Claire, Elisabeth, Esteban, Ines, Petra, Sophia, Stella.
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