Malattie Autoimmuni
La funzione principale del sistema immunitario è quella di distinguere ciò che è
proprio dell’organismo (self) da ciò che è estraneo all’organismo (non self),
verso cui il sistema rivolge la sua azione.
Nelle patologie autoimmuni il sistema immunitario fallisce in questa sua
funzione, generando autoanticorpi e cellule T autoreattive che attivano la
risposta immune nei confronti di strutture ed organi dell’organismo stesso.
Nella patogenesi delle malattie autoimmuni interviene quindi una interruzione
della tolleranza immunologica.
Le malattie autoimmuni colpiscono circa il 2-5% degli individui nel mondo
occidentale ed evidenziano una correlazione con sesso ed età.

Sono più colpite le donne (forse in relazione al ruolo degli ormoni sessuali)

In genere interessano l’età adulta ( più frequenti dopo i 40 anni)
Tendono ad essere croniche e progressive (si auto-mantengono nel tempo).
Eziopatogenesi delle malattie
autoimmuni (1)
Sono su base autoimmune un numero crescente di patologie che vanno da
forme sistemiche come il LES (lupus eritematoso sistemico) a forme organospecifiche quali la tiroidite di Hashimoto.
 Nelle
forme organo-specifiche il danno immunopatologico è limitato ad
uno specifico organo o tessuto (reazioni di ipersensibilità di tipo II e
cellulo-mediata)
 Nelle
forme sistemiche il danno immunopatologico interessa in
maniera diffusa diversi tessuti ed organi (es. precipitazione di
immunocomplessi determina l’infiammazione attraverso diversi
meccanismi quali l’attivazione del complemento e di cellule
fagocitiche)
Nelle malattie autoimmuni, la presenza di autoanticorpi è la prova che il
processo autoimmunitario è l’agente causale delle lesioni.
Eziopatogenesi delle malattie
autoimmuni (2)
Le malattie autoimmuni hanno eziologia multifattoriale ed ad esse concorrono:
 Fattori genetici di predisposizione
 Fattori ambientale scatenanti (es. eventi infettivi).
La perdita della tolleranza al self è espressione di:
 Difetti nella selezione negativa e nell’editing dei recettori
 Perdita della condizione di anergia
 Inattivazione dei sistemi apoptotici
 Carenza o diffetti nei linfociti Treg
Tireotossicosi neonatale
La tireotossicosi è caratterizzata dalla produzione di autoanticorpi diretti contro il
recettore per il TSH. Nella tireotossicosi neonatale le IgG della madre affetta, attraverso
la placenta, possono raggiungere il feto. Sono stati segnalati casi di bambini figli di
madri affette da tireotossicosi che, alla nascita, mostravano segni di ipereattività tiroidea
che scomparivano non appena gli anticorpi materni erano stati catabolizzati.
Miastenia grave
Un fenomeno simile si osserva per i figli di madri affette da miastenia grave
caratterizzata da autoanticorpi diretti verso il recettore per l’acetilcolina. Anche in questi
caso segni di debolezza muscolare, presenti alla nascita, sono attribuibili ad un
trasferimento passivo di autoanticorpi dalla madre al feto.
Eziopatogenesi delle malattie
autoimmuni (3)
Fattore non trascurabile è il ruolo del genotipo nella patogenesi delle malattie
autoimmuni. Studi di associazione nell’uomo hanno evidenziato che, nella
maggior parte dei casi il locus HLA contribuisce alla suscettibilità genetica.
Di particolare interesse è l’associazione tra alleli HLA di classe II (HLA-DR o
HLA-DQ) e patologie autoimmuni
 Il 95% dei pazienti con diabete mellito di tipo 1 esprime l’antigene HLA
DR3 e/o DR4, presente solo nel 40% dei soggetti normali. La
suscettibilità/resistenza alla patologia è però dipendente dalla variazione
dell’aminoacido in posizione 57 della catena beta dell’antigene DQ: la
presenza di una asparagina induce resistenza alla patologia.
Studi di associazione hanno anche identificato altre regioni del genoma
correlabili alle patologie autoimmuni
 Si tratta di solito di loci che includono geni che influenzano lo sviluppo e
la regolazione della risposta immunitaria.
Eziopatogenesi delle malattie
autoimmuni (3)
Tra i meccanismi patogenetici delle malattie autoimmuni occorre ricordare che
antigeni microbici cross-reattivi possono mimare epitopi self inducendo
l’attivazione di cellule T e B autoreattive. Nella febbre reumatoide, antigeni
glicidici dello streptococco cross-reagiscono con un autoantigene delle valvole
cardiache eludendo la tolleranza immunologica e attivando la produzione di
autoanticorpi.
Nelle malattie autoimmuni diversi possono essere i meccanismi effettori del
danno tissutale:
Inibizione della funzione recettoriale (miastenia grave, anemia perniciosa,
tireotossicosi, etc.)
 Reazioni citotossiche e citolitiche (anemia emolitica, tiroidite di Hashimoto etc.)
 Reazioni da immunocomplessi (LES, artrite reumatoide)
 Reazioni cellulo-mediate (tiroidite di Hashimoto, artrite reumatoide, epatiti
autoimmuni).

Tireopatie autoimmuni
Sono le meglio conosciute tra le malattie autoimmuni organo-specifiche con due forme
in particolare:
 La tiroidite di Hashimoto, principale causa di ipotiroidismo
 La tireotossicosi (morbo di Graves-Basedow), principale causa di
ipertiroidismo.
La presenza di autoanticorpi diretti contro la tiroide caratterizza queste patologie:
 Anticorpi anti-tireoglobulina (principalmente presenti ad alto titolo nei
pazienti affetti da tiroidite di Hashimoto e che probabilmente attivano le
reazioni citotossiche e citolitiche dirette contro il tireociti e determinando
ipotiroidismo )
 Anticorpi anti-TSH (presenti nei pazienti affetti da tireotossicosi in cui
l’anticorpo legandosi al recettore mima il ligando ed determina una
iperstimolazione responsabile dell’ipertiroidismo)
 Anticorpi anti-antigene microsomiale, di recente riconosciuto nella
perossidasi tiroidea, enzima che iodina la tireoglobulina (sono presenti sia
nella tiroidite di Hashimoto che nella tireotossicosi, con un ruolo ancora
non ben definito nella patogenesi delle tireopatie autoimmuni).
Lupus eritematoso sistemico (LES)
E’ la tipica malattia autoimmune sistemica in cui i
processi infiammatori sono a carico di più organi.
Autoanticorpi diretti contro il nucleo (in particolare antiDNA) sono caratteristici del LES.
Questi sembrano diretti principalmente contro i gruppi
fosfodiesterici della molecola di DNA e questi
determinanti sono presenti anche nei fosfolipidi di
membrana e nella parete di certi batteri. Ciò porta a
ipotizzare
che
un
possibile
meccanismo
eziopatogenetico per il LES sia ricercabile in fenomeni di
cross-reattività indotta da antigeni batterici.
Dal punto di vista immunopatologico, il LES è una
malattia da immunocomplessi: gli autoanticorpi legano
gli antigeni nucleari (DNA) formando immunocomplessi
che attivano il complemento e il processo infiammatorio.
Miastenia gravis
E’ una malattia della giunzione muscolare con debolezza muscolare che si
manifesta sotto sforzo è può teoricamente interessare tutti i muscoli. Anomalie
timiche (es. timoma) sono talora associate alla miastenia.
Nella miastenia grave si riconoscono autoanticorpi diretti contro il recettore per
l’acetilcolina.
Il meccanismo patogenetico più accreditato è che la produzione di questi
autoanticorpi sia risultato della risposta ad un virus che utilizza l’acetilcolina
come recettore, con gli anticorpi anti-virus che mimano l’acetilcolina.
Il danno immunopatologico sarebbe il risultato della lisi delle giunzioni
neuromuscolari e del rapido turnover dei recettori per l’acetilcolina indotti
dall’autoanticorpo.
Reazioni Immunopatogene
Nelle reazioni immunopatogene normali processi immunologici risultano in
manifestazioni patologiche.
Queste reazioni atipiche dell’organismo sono definite reazioni di ipersensibilità e, quando
determinate da antigeni autologhi (autoantigeni) concorrono alla patogenesi delle
malattie autoimmuni.
Caratteristica comune a tutte le reazioni immunopatogene è che, perché si verifichino,
l’organismo deve venire a contatto con l’antigene almeno due volte.
In tutte le reazioni di persensibilità, indipendentemente dal tipo di risposta attivata si
riconoscono 3 fasi:
 Sensibilizzazione (con il primo contatto)
 Periodo di latenza (selezionie di linfociti effettori e di memoria)
 Scatenamento della reazione (danno immunologico con il secondo o i successivi
contatti).
Le reazioni immunopatogene (o di ipersensibilità) vengono anche distinte in:
 di tipo immediato (con manifestazione a brevissima distanza di tempo dallo
scatenamento)
 di tipo ritardato (con manifestazione a distanza di ore o di giorni).
Reazioni Immunopatogene di I tipo
(anafilattiche e allergiche)
La reazione di ipersensibilità di I tipo o anafilattica si genera in risposta ad
antigeni ambientali molto diffusi, detti allergeni.
Gli allergeni inducono la produzione di IgE specifiche da parte dei linfociti
B.
La risposta dell’individuo sensibilizzato compare molto rapidamente e
quindi si parla anche di ipersensibilità immediata.
Gli individui predisposti alla produzione di IgE sono detti atopici e le
manifestazioni patologiche allergie o atopie.
Circa il 20% della popolazione occidentale soffre
allergia.
una o più forme di
La predisposizione a produrre IgE è influenzata da molti geni. E’ evidente
la natura poligenica di questa condizione di suscettibilità che convolge loci
per alcune interleuchine (cromosoma 5), alleli HLA di classe II, il locus per
la catena b del FceRI
Allergeni



Gli allergeni più comuni sono proteine o sostanze chimiche che si legano a
proteine
Allergeni comuni sono: polline, forfora di gatto, feci dell’acaro della polvere,
alimenti, farmaci, veleno d’insetti.
Introdotto per via sottocutanea, nei soggetti sensibilizzati, l’allergene provoca
rapidamente una reazione ponfo-eritematosa causata dalla degranulazione dei
mastociti.
Reazioni Immunopatogene di II tipo
(citolitiche o citotossiche)
Sono mediate da anticorpi prodotti contro antigeni espressi sulla superficie
delle cellule o apteni che si siano fissati stabilmente sulla superficie
cellulare. L’azione citotossica e citolitiche dipende dall’attivazione della via
classica del complemento.
Sono coinvolti anticorpi di classe IgM e IgG.
Possono essere responsabili di tale reazione:
 autoanticorpi
 alloanticorpi (cioè anticorpi diretti contro alloantigeni, antigeni di
individui geneticamente diversi ma appartenenti alla stessa specie)
 anticorpi diretti contro antigeni o apteni estranei che, penetrati
nell’organismo formano complessi stabili con proteine della superficie
di alcune cellule
I meccanismi patogenetici dell’ipersensibilità di II tipo sono:
• Opsonizzazione e fagocitosi delle cellule riconosciute dagli anticorpi
• Danno tissutale e infiammazione mediata dal complemento
• Inteferenza con le normali funzioni cellulari
Reazioni Immunopatogene di III
tipo (da immunocomplessi)
L’immunocomplesso si forma ogni volta che un’antigene solubile incontra
lo specifico anticorpo, preferenzialmente di classe IgG.
Di norma gli immunocomplessi si trovano a bassa concentrazione e sono
efficacemente eliminati dal sistema reticolo endoteliale ma, se in eccesso,
possono depositarsi in vari tessuti ed organi attivando la risposta
infiammatoria:
 attivazione della via classica del complemento
 attivazione dei macrofagi che si legano agli immunocomplessi
tramite i recettori per il frammento Fc.
Per immunocomplessi circolanti il danno interessa le pareti dei vasi o
strutture filtranti dove restano intrappolati.
La patogenesi delle malattie da immunocomplessi comprende:
 Formazione dei complessi antige –anticorpo
 Deposizione di immunocomplessi in diversi distretti
 Inizio della risposta infiammatoria acuta
Reazioni immunopatogene di IV
tipo (o di ipersensibilità ritardata)
Sono così denominate in quanto le manifestazioni patologiche si
evidenziano non meno di 24 ore dopo il contatto con l’antigene e si
differenziano dalle altre manifestazioni di ipersensibilità in quanto non sono
mediate da anticorpi ma dai linfociti T, prevalentemente CD4+.
Reazioni di ipersensibilità ritardata possono essere determinate da diversi
antigeni:
 costituenti di microrganismi intracellulari (mycobacterium tuberculosis)
 composti vegetali
 molecole secrete da numerosi insetti
 agenti chimici
 antigeni di istocompatibilità (rigetto dei trapianti)
 agenti virionici associati a MHC di classe I
 autoantigeni nel caso di alcune patologia autoimmuni.
Reazioni immunopatogene di
IV tipo (2)
Sensibilizzazione
Gli antigeni sono captati e processati da cellule APC (macrofagi o
cellule di Langherans a livello cutaneo). I linfociti T CD4+
riconoscono l’antigene complessato a molecole MHC di tipo II e
proliferano determinando l’espansione del clone linfocitario.
Scatenamento
Ad una nuova penetrazione dell’antigene, i linfociti T sensibilizzati
migrano e si accumulano lentamente nel sito dove è localizzato
l’antigene associato a molecole MHC di classe I.
Essi si attivano producendo numerose citochine, alcune delle quali
stimolano le cellule endoteliali a produrre sostanze vasoattive (NO) e
molecole di adesione che guidano i leucociti verso il verso il focolaio
infiammatorio.
Patologia cellulare

La patologia cellulare include tutte quelle alterazioni
patologiche in cui è possibile riconoscere definite
alterazioni morfologiche della cellula.
Patologia dell’organismo
ORGANISMO
ORGANO/TESSUTO
CELLULA
PROCESSO BIOCHIMICO
MOLECOLA
Patologia molecolare
Omeostasi Cellulare
Accrescimento cellulare non
neoplastico (1)
Organi e tessuti possono rispondere a determinati stimoli
ambientali o endogeni con variazioni positive o negative
delle loro dimensioni.
A livello cellulare, l’ingrandimento di un organo o di un
tessuto è definito:


Ipertrofia se espressione di una aumento delle dimensioni
delle cellule parenchimali.
Iperplasia se espressione di un aumento di numero delle
cellule.
Normoplasia
Ipertrofia
Iperplasia
Accrescimento cellulare non
neoplastico (2)
Si parla invece di:


Ipotrofia se vi è una riduzione delle dimensioni
delle cellule parenchimali.
Ipoplasia se vi è una riduzione di numero delle
cellule.
Normoplasia
Ipotrofia
Ipoplasia
Le ipertrofie (1)



Le ipertrofie si distinguono in vere o false
(pseudoipertrofie).
Nelle pseudoipertrofie l’accrescimento dell’organo è
dipendente da cause diverse, ad esempio ristagno di
sangue (stasi) o di acqua (edema) o da altre cause.
L’ipertrofia vera si caratterizza per la:


Reversibilità – riacquisto delle normali dimensioni
dell’organo/tessuto al cessare dello stimolo
ipertrofizzante.
Distrettualità – coinvolgimento di un particolare organo
o tessuto ma non dell’intero organismo.
Le ipertrofie (2)
Dal punto di vista eziologico, le principali cause d’ipertrofia sono:
 Aumento della richiesta funzionale
• Ipertrofia muscolare
• Ipertrofia renale compensatoria
• Ipertrofia cardiaca (indotta da vizio cardiaco)
 Aumento della stimolazione ormonale
• Ipertrofia della muscolatura uterina in gravidanza.
• Iperplasia della ghiandola mammaria
 Iperalimentazione o condizioni disendocrine
• Iperplasia delle cellule adipose
Dal punto di vista patogenetico è oggi evidente i ruolo di numerosi
fattori di crescita ed il processo, fisiologico o patologico, è da
considerarsi una forma di adattamento a stimolazioni persistenti.
Iperplasia



L’iperplasia è una tipica risposta adattativa in cui l’aumento di
volume dell’organo è espressione dell’aumento del numero di
cellule che lo compongono.
E’ propria dei tessuti in cui le cellule possono andare in divisione
 Cellule labili (sottoposte a turnover, es. cell. epiteliali)
 Cellule stabili (normalmente quiescenti, es. epatociti)
 Cellule perenni (non si dividono, es. cell. nervose e muscolari)
Un’iperplasia fisiologica si verifica a seguito di
 Esposizione ad elevati livelli di fattori trofici circolanti
(mammella e utero in gravidanza)
 Meccanismi compensatori in condizioni di perdita cellulare per
varie cause (morte cellulare, asportazione di tessuto/organo)
Rigenerazione epatica a
seguito di epatectomia parziale





Nel fegato adulto normale solo lo 0.5-1% delle cellule va
incontro a replicazione del DNA.
Nel ratto, dopo parziale apatectomia (2/3 dell’organo) tutte
le popolazioni cellulari proliferano.
Il tessuto epatico perduto è ricostituito in 10-15 gg.
Gli epatociti passano dalla fase G0 in G1 del ciclo cellulare
in risposta a specifiche citochine (TNF, IL-6)
L’entrata nella fase S del ciclo è in risposta a specifici
fattori di crescita:
 Fattore di crescita per gli epatociti (HGF)
 Fattore di crescita trasformante alfa (TGFa)
Ipertrofia



L’ipertrofia è una risposta adattativa in cui l’aumento di
volume dell’organo è espressione di un aumento delle
dimensioni delle cellule che lo compongono.
L’aumento delle dimensioni è riconducibile alla sintesi di
una maggiore quantità di componenti strutturali della
cellula.
L’ipertrofia è anche delle cellule che possono dividersi ma
è l’unica risposta adattativa delle cellule perenni (cell.
muscolari e nervose)
Ipertrofia del muscolo
cardiaco



Ipertrofia del muscolo striato cardiaco da sovraccarico
funzionale ventricolare (ipertensione, stenosi valvolare
aortica)
E’ espressione dell’aumento delle strutture contrattili per
singola fibra.
Se si oltrepassa il limite oltre il quale l’aumento della massa
muscolare non è in grado di compensare l’aumentata
richiesta funzionale si instaura lo scompenso con
modificazione degenerative.
Atrofia (o ipotrofia)




L’atrofia è una risposta adattativa che si manifesta come
riduzione del volume dell’organo/tessuto a seguito della
riduzione della dimensione delle cellule che lo compongono.
La riduzione è riconducibile alla riduzione di stimoli trofici o di
apporto ematico.
E’ conseguenza di un aumento della degradazione di costituenti
strutturali (principalmente proteici)
 Aumento dell’ubiquitinazione delle proteine e dell’attività del
proteosoma
 Presenza di vacuoli autofagici (componenti strutturali sono
degradate dall’attività degli enzimi lisosomiali)
L’obiettivo è raggiungere un nuovo stato di equilibrio che
consenta la sopravvivenza della cellula ed una minima risposta
funzionale.
Atrofia
muscolare


Reversibile e fisiologica:
 a seguito di prolungata immobilità (pazienti allettati lungodegenti, arto
immobilizzato per una frattura)
Patologica:
 Denervazione
• Qualsiasi evento lesivo (corna anteriori del midollo, assoni dei n.
periferici) con conseguente perdita dell’afferenza nervosa.
 Atrofia muscolare spinale (SMA)
• Malattia ereditaria a trasmissione AR, la cui forma più grave SMA-1 è
letale nei primi 3 anni di vita.
• Il gene SMN1 (Survival Motor Neuron gene 1) codifica per un fattore
anti-apoptotico dei neuroni.
• Nel muscolo si osservano numerose aree con fibre ipotrofiche
 Carenze nutrizionali
 Condizioni di disfunzione endocrina (ipertiroidismo, ipercortisolismo nella
s. di Cushing)
Metaplasia: alterazione del
differenziamento cellulare

Risposta adattativa, potenzialmente reversibile, in cui cellule epiteliali
o mesenchimali terminalmente differenziate si trasformano in un altro
tipo cellulare nell’ambito della stessa linea cellulare.
Durante lo sviluppo embriogenico si formano i tre strati germinali: endoderma, mesoderma ed
ectoderma, che generano poi tutti i tessuti corporei.
Le cellule staminali adulte (ASC adult stem cell) , presenti in organi derivati da questi strati,
producono cellule specifiche per l'organo in cui risiedono. Tuttavia alcune cellule staminali
adulte di midollo osseo possono generare anche cellule per tessuti che derivano da endo ed
ectoderma (frecce rosse).
Metaplasia

Evidenziata dalla osservazione morfologica dei tessuti,
con due teorie prevalenti:
1. L’esposizione cronica a stimoli di stress induce una
riprogrammazione genica in cellule somatiche
differenziate (derepressione genica e modificazione
morfologica e funzionale).
2. Condizioni di stress cronico inducono una
riprogrammazione genica nelle poche cell. staminali
adulte (ASC) del tessuto che sono capaci di
differenziarsi in pochi tipi cellulari (teoria più recente).
Metaplasia squamosa (1)

Epiteli di rivestimento (semplici o pavimentosi) non
cheratinizzati sono sostituiti da un epitelio pavimentoso
pluristratificato simile all’epidermide
Metaplasia squamosa (2)



Nei forti fumatori, l’epitelio cilindrico e ciliato delle vie
respiratorie è sostituito da un epitelio pavimentoso
pluristratificato, anche cheratinizzato.
L’epitelio pavimentoso è più resistente alla cronica
esposizione ai composti chimici presenti nel fumo.
Effetti negativi:


La metaplasia elimina l’effetto protettivo del muco.
La metaplasia dell’epitelio respiratoria è considerata,
nei forti fumatori, una lesione pre-neoplastica ad
elevato rischio di trasformazione neoplastica maligna.
Metaplasia ghiandolare



Un epitelio pavimentoso o di
rivestimento e sostituito da un
epitelio ghiandolare.
Nell’esofago/metaplasia di Barrett,
l’epitelio pavimentoso pluristratificato
del terzo inferiore dell’esofago e
sostituito da un epitelio di tipo
intestinale dall’azione lesiva del
reflusso acido gastroesofageo.
Il vantaggio adattativo (protezione
all’azione degli acidi) si traduce in
una lesione pre-neoplastica che può
evolvere in un adenocarcinoma.
Esofago
di
Barret:
Trasformazione
metaplastica dell’epitelio da squamoso (sx)
a batiprismatico muco-secernente (dx).