Profilo critico dei nuovi farmaci ipoglicemizzanti orali nella terapia

Profilo critico dei nuovi farmaci ipoglicemizzanti
orali nella terapia del DM2
SIDS
Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia
2014 ©
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
Introduzione
In questo modulo verranno trattati i nuovi farmaci "ipoglicemizzanti",
intendendosi con questa espressione i farmaci diversi dall'insulina e
dalle sulfaniluree e dalle biguanidi, che per molti anni hanno
rappresentato gli unici farmaci disponibili per la terapia del diabete
mellito (DM). Negli ultimi vent'anni la ricerca farmacologica ha
prodotto farmaci ipoglicemizzanti caratterizzati da meccanismi
d'azione diversi, che consentono una maggiore personalizzazione della
terapia del DM2, innovazioni che sono andate di pari passo con
l'immissione in commercio delle "nuove insuline", trattate in un
precedente modulo a cui si rimanda per tante parti comuni. In questo
modo, si completa il quadro dei farmaci antidiabetici, offrendo al farmacista un panorama
aggiornato su questi farmaci, alcuni dei quali assenti finora dal canale "farmacia" in quanto posti in
distribuzione diretta da parte delle ASL, e pertanto poco noti a molti farmacisti.
Il modulo si propone inoltre di fornire al farmacista indicazioni sugli spazi sui quali può utilmente
intervenire a beneficio del paziente diabetico, sottolineando in particolare le informazioni da
offrire al paziente per migliorarne l'aderenza alla terapia.
Inquadramento della patologia
Il DM2 è una malattia tipica, anche se non esclusiva dell'età adulta, caratterizzata da iperglicemia
cronica a seguito di una progressiva riduzione della secrezione di insulina e da una ridotta
sensibilità dei tessuti periferici all'azione dell'ormone (insulino-resistenza). All'esordio della
malattia l'iperglicemia si manifesta soprattutto dopo il pasto, mentre
nelle fasi successive compare anche a digiuno e durante la notte.
La causa della malattia può essere ricercata in anomalie dei
glucorecettori delle cellule ß, che risponderebbero solo a
concentrazioni più elevate di glucosio, oppure alla ridotta sensibilità
all'insulina dei tessuti periferici, per una riduzione del numero di
recettori all'ormone o per una loro minore sensibilità. Oltre
all'iperglicemia, nei soggetti affetti da DM2 è frequente il riscontro di
ipertensione, dislipidemia, obesità addominale. Questo complesso di disfunzioni viene spesso
indicato anche come "sindrome metabolica" o "sindrome X" o, ancora, come "sindrome da
insulino-resistenza":
Oltre ai sintomi correlati all'iperglicemia, quali sete intensa, poliuria e
gravato da pesanti complicazioni, come: malattie cardiovascolari
insufficienza renale, amputazioni e ictus, una causa importante di
principali caratteristiche distintive del DM1 e del DM2 sono riassunte
tabella 2 sintetizza le principali complicanze delle due forme di diabete.
perdita di peso, il DM2 è
(angina, infarto), cecità,
mortalità prematura. Le
nella tabella 1, mentre la
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Tabella 1 - Caratteristiche distintive del DM1 e del DM2
Caratteristica
Diabete mellito di tipo 1
Diabete mellito di tipo 2
In genere < 30 anni
In genere > 30 anni
10%
90%
Improvviso
Lento
Iperglicemia con glicosuria,
poliuria e disidratazione, sete
intensa (polidipsia), perdita di
peso nonostante la polifagia.
Stanchezza, pelle secca, vista
offuscata e aumentata
sensibilità alle infezioni.
Gli stessi del DM1 ma più
sfumati e tardivi, tanto che
l'iperglicemia viene rilevata
spesso quando già si sono
manifestate complicanze del
diabete.
Tendenza alla chetoacidosi
Si
No
Obesità associativa
No
Si
Assente o molto bassa
Presente, ma variabile e
associata a insulino
resistenza.
<50%
>90%
Presenza di anticorpi per le
cellule beta del pancreas
Si
No
Rischio associato di
retinopatia, nefropatia,
neuropatia , malattia
coronarica e malattia vascolare
periferica
Si
Si
Risposta agli ipoglicemizzanti
orali
No
Si
Età di insorgenza
Frequenza sul totale dei casi
Modalità dell'esordio
Sintomi e segni correlati
Secrezione di insulina
endogena
Concordanza tra gemelli
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Fattori di rischio predisponenti per il DM2
Tra i fattori di rischio per la malattia diabetica di tipo 2 vanno ricordati:








familiarità: circa il 40% dei diabetici di tipo 2 ha parenti di primo grado (genitori, fratelli)
affetti dalla stessa malattia. Nei gemelli monozigoti, nel 90% dei casi il DM2 è presente in
entrambi i soggetti
obesità (indice di massa corporea > 25 kg/m2 )
ipertensione arteriosa
valori elevati di colesterolo e trigliceridi nel sangue
precedente diabete insorto in gravidanza (diabete gravidico)
sedentarietà
età: l'attività delle cellule beta del pancreas si riduce con l'età
etnia: particolarmente a rischio di DM2 sono le popolazioni del sud est asiatico, gli afro
caraibici e gli ispanici.
Diagnosi
I criteri per la diagnosi di diabete sono:
 sintomi di diabete (poliuria, polidipsia, perdita di peso inspiegabile) associati a un valore di
glicemia casuale, cioè indipendentemente dal momento della giornata, ≥ 200 mg/dl
oppure
 glicemia a digiuno ≥ 126 mg/dl. Il digiuno è definito come mancata assunzione di cibo da
almeno 8 ore
oppure
 un livello di emoglobina glicata (HbA1c) ≥ 6,5%
Esistono, inoltre, situazioni cliniche in cui la glicemia non supera i livelli stabiliti per la definizione di
diabete, ma che comunque non costituiscono una condizione di normalità. In questi casi si parla di
Alterata Glicemia a Digiuno (IFG) quando i valori di glicemia a digiuno sono compresi tra 100 e 125
mg/dl. Si tratta di situazioni cosiddette di "pre-diabete", che indicano un elevato rischio di
sviluppare la malattia diabetica anche se non rappresentano una situazione di malattia. Spesso
sono associati a sovrappeso, dislipidemia e/o ipertensione e si accompagnano a un maggior rischio
di eventi cardiovascolari
(Spesso i valori della glicemia sono espressi in mmol/L. Una mmol corrisponde a 18 mg di glucosio.
Il range dei valori normali della glicemia variano tra i 70 e i 125 mg/L, pari a 3,9-7 mmol/L).
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Principali complicanze del diabete
Tabella 2 - Principali comlicanze del diabete
Complicanze acute
Chetoacidosi
diabetica
E' causata soprattutto dalla interruzione del trattamento insulinico in
pazienti con DM1, da traumi, infarto o infezioni acute. Si manifesta con
poliuria, nausea, vomito e, soprattutto nei bambini, dolori addominali.
Successivamente possono comparire sonnolenza, letargia e coma.
Coma iperglicemicoiperosmolare non
chetosico
E' una complicazione del DM2 e si manifesta con alterazione dello stato
di coscienza, talora con convulsioni, grave disidratazione e grave
iperglicemia non accompagnata da chetoacidosi. Può essere precipitata
da una infezione acuta o da farmaci che riducono la tolleranza al
glucosio (es. corticosteroidi) o che aumentano l'eliminazione di acqua
(diuretici).
Complicanze tardive
Malattie
cardiovascolari(angina
e/o infarto cardiaco,
claudicatio
intermittens e
gangrena)
Sono la principale causa di morte prematura nei pazienti diabetici. Il
70% dei pazienti con diabete sono ipertesi e la maggior parte di quelli
con DM2 sono obesi, hanno una ipercolesterolemia (con bassi livelli di
HDL), ipertrigliceridemia, tutti fattori di rischio per le malattie CV.
Retinopatia diabetica
Si manifesta con visione offuscata, difficoltà nella lettura, percezione di
aloni luminosi o macchie scure a seguito dei danni al microcircolo indotti
dall'iperglicemia e dall'ipertensione. Può portare a cecità per danni
permanenti alla retina (edema maculare, retinopatia proliferativa con
distacco della retina, emorragia). I pazienti diabetici sono anche più
soggetti a cataratta e glaucoma. La prevenzione si basa su regolari visite
oftalmiche e, se necessario, a fotocoagulazione con laser.
Nefropatia diabetica
I danni renali sono più frequenti nel DM1 e possono portare a
insufficienza renale con necessità di dialisi o trapianto d'organo. La
nefropatia si sviluppa lentamente e in modo insidioso. Le infezioni delle
vie urinarie sono frequenti nei pazienti diabetici, con eliminazione di
urina torbida, dolore o bruciore alla minzione, urgenza minzionale,
dolore lombare, brivido e febbre.
I pazienti diabetici devono effettuare controlli annuali per la presenza di
albumina nell'urina (microalbuminuria), indicatore precoce di danno
renale.
Neuropatia diabetica
Fino al 50% dei diabetici manifestano una qualche forma di neuropatia,
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ma non sempre sono presenti sintomi. L'iperglicemia protratta è la
causa dei danni alle terminazioni nervose con intorpidimento, formicolii,
parestesie, dolore e debolezza agli arti e alle estremità, con maggior
frequenza per piedi e gambe. I danni possono interessare anche altri
organi, con ritardo nello svuotamento dello stomaco (gastroparesi) e
sintomi correlati (bruciore di stomaco, nausea, vomito, senso di gonfiore
dopo il pranzo, disfunzioni esofagee), alterazioni della risposta della
frequenza cardiaca all'ortostatismo, ridotta funzionalità della vescica,
impotenza ed eiaculazione retrograda nell'uomo, stipsi o diarrea.
I danni neurologici possono portare a deformazione dei piedi e nei punti
di maggior pressione si possono formare bolle, piaghe o ulcere infette.
Nei casi più gravi questi processi portano ad amputazioni più o meno
estese. Spesso le infezioni si sviluppano a seguito di microtraumi (taglio
scorretto delle unghie, calli, scarpe strette, fessurazioni della cute e
scottature). A causa della neuropatia il paziente non avverte dolore e le
infezioni possono progredire sino ad interessare i tessuti molli profondi.
Infezioni
Il diabete riduce le difese immunitarie e i pazienti possono essere più
esposti a infezioni comuni come l'influenza. In caso di infezione,
aumenta l'iperglicemia e i pazienti devono continuare l'assunzione
dell'insulina, regolandone la dose in base all'automonitoraggio, o quella
degli ipoglicemizzanti orali. I pazienti diabetici di qualsiasi età devono
sottoporsi alla vaccinazione annuale contro l'influenza.
La presenza di glucosio nella saliva favorisce la crescita della placca
batterica che se non rimossa regolarmente espone i pazienti diabetici ad
un maggior rischio di gengiviti e periodontiti. Inoltre, sono più probabili
le infezioni fungine. Nelle donne è frequente la candidosi vaginale.
Epidemiologia
La diffusione del DM2 ha raggiunto livelli estremamente preoccupanti nei paesi occidentali. Si
ritiene che le cause risiedano soprattutto nell'aumentata razione calorica e nella ridotta attività
fisica delle popolazioni.
Secondo i dati ISTAT 2012 soffrono di diabete oltre
3.000.000 di persone (circa il 5,5% degli italiani). Di
questi, circa il 90% è affetto da DM2. La prevalenza
del diabete aumenta con l'età fino a raggiungere il
20,3% nelle persone con età uguale o superiore ai 75
anni, e maggiore fra gli uomini e tra le persone con un
basso livello d'istruzione e con difficoltà economiche.
La prevalenza indica la frazione di
popolazione che manifesta una
particolare condizione (o caratteristica)
in un determinato momento
(prevalenza puntuale) o durante un
certo periodo di tempo (prevalenza
periodale).
Sempre secondo l'ISTAT, sono oltre 20 mila i decessi registrati nel 2009 in cui il diabete è stata la
principale causa di morte, mentre sono oltre 71 mila i casi in cui il diabete è stato segnalato come
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causa multipla di morte. Tra le cause di morte più frequenti riscontrate nei soggetti con diabete vi
sono le malattie cardiache, cerebro-vascolari (incluse le malattie ipertensive e le malattie
ischemiche del cuore) e i tumori del pancreas.
Prevenzione e trattamento
Un test di screening per il diabete è raccomandato dopo i 45 anni di età, da ripetere almeno ogni 3
anni, in tutte le persone asintomatiche e prive di fattori di rischio. Le persone con fattori di rischio
per lo sviluppo della malattia diabetica dovrebbero sottoporsi a test di screening più
frequentemente e indipendentemente dall'età. Alcuni studi di ampie dimensioni hanno
dimostrato che nei soggetti con diagnosi di pre-diabete è possibile ridurre del 58% il rischio di
sviluppare il diabete nell'arco di in un periodo di 3 anni intervenendo in modo attivo sulle abitudini
di vita (es. 30 minuti al giorno di esercizi aerobici e una restrizione calorica della dieta con
riduzione del peso del 7%) [1].
Terapia: gli obiettivi
Quando la sola modifica degli stili di vita non è più sufficiente a mantenere un adeguato controllo
metabolico, il ricorso ai farmaci ha come primo obiettivo il controllo glicemico.
Secondo le principali linee guida internazionali la terapia dovrebbe
consentire il raggiungimento di livelli di HbA 1c < 7% o anche più bassi in
caso di soggetti con malattia di recente diagnosi, di pazienti più giovani,
esenti da altre patologie concomitanti, a basso rischio di episodi
ipoglicemici e altamente motivati [2]. Il secondo obiettivo è quello di
evitare pericolosi episodi di ipoglicemia. Il terzo è quello di controllare i
fattori di rischio cardiovascolare. Il quarto obiettivo è la prevenzione
delle complicanze del diabete, in modo da assicurare al paziente una
normale qualità e aspettativa di vita.
Il raggiungimento di questi obiettivi va ricercato attraverso complessi interventi che vanno dalle
modifiche alle abitudini di vita (sedentarietà, obesità, fumo), che devono comunque essere
abbastanza flessibili da soddisfare le esigenze del paziente, agli interventi informativi,
all'automonitoraggio della glicemia e infine agli interventi farmacologici che prevedono, molto
spesso, oltre ai farmaci antidiabetici, anche altri farmaci, quali antipertensivi e ipolipemizzanti.
Un po' di ripasso
Per molti anni la terapia del DM2 si è basata su due sole classi di ipoglicemizzanti orali, le
sulfaniluree e le biguanidi.
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Sulfaniluree
I primi farmaci impiegati come ipoglicemizzanti sono stati sintetizzati
verso la metà degli anni '50. Della prima generazione di sulfaniluree resta
in commercio in Italia la sola clorpropamide. A partire dagli anni '70 sono
arrivati molti altri composti tutt'ora molto utilizzati (tabella 3), che hanno
come indicazione approvata il trattamento del DM2, quando la dieta,
l'esercizio fisico e la riduzione di peso corporeo da soli non sono
sufficienti.
Le sulfaniluree agiscono aumentando il rilascio di
insulina dalle cellule β del pancreas, ed agiscono
pertanto come secretagoghi.
Nelle cellule β del pancreas la proinsulina
viene scissa in due frammenti, insulina e
peptide C in quantità equimolecolari. La
misura del peptide C rappresenta
pertanto un modo per valutare la capacità
delle cellule β di secernere insulina
Le sulfaniluree si legano alla sub-unità SUR1 dei
recettori presenti sulle cellule β, bloccando in
questo modo i canali del potassio ATP-dipendenti.
L'aumento della concentrazione intracellulare di
ioni K+ depolarizza la cellula e provoca l'ingresso
nella cellula di ioni Ca++ che a loro volta liberano, per esocitosi, l'insulina.
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Tabella 3 - Sulfaniluree: caratteristiche farmacocinetiche e preparazioni in commercio
Farmaco
Durata
d'azione
(h)
Legami
proteico
(%)
Emivita
(h)
Dose minima e
massima
Eliminazione
Preparazioni
Clorpropamide
20-60
88-96
24-42
125 - 500 mg/die in
dose unica
Metabolismo epatico,
con metaboliti attivi, ed
escrezione renale in
forma immodificata
cpr 250 mg
Glibenclamide
10-15
99
10-16
All'inizio: 2,5-mg/die,
aumentabile a 5-10
mg/die in base alla
risposta, che possono
essere somministrati
in dose unica al
mattino con la
colazione. Se
necessario, si
possono
somministrare fino a
15mg/die
aggiungendo 1 cpr da
5 mg alla sera.
Metabolismo epatico
con escrezione biliare
cpr 5 mg
Gliclazide
12
94
12
40-240 mg/die in 1-2
somministrazioni. Per
le forme a rilascio
modificato 30-40 mg
in unica
somministrazione
mattutina con la
colazione
Metabolismo epatico
cpr 60 mg
e
cpr 30 mg
a rilascio
modificato
Glimepiride
24
90
5-8
1-4 mg/die, raramente
6 mg, in unica
somministrazione,
subito prima o durante
la prima colazione.
Metabolismo epatico ed
eliminazione di
metaboliti con le feci
(40%) e renale in forma
immodificata (60%)
cpr 2-3-4
mg
Gliquidone
Breve
99%
3-4
30-120 mg/die
Metaboliti inattivi escreti
con la bile ed eliminati
per via fecale (95%) e
per via renale (5%)
cpr 30 mg
Glipizide
6-12
92-99
3-7
2,5 - 20 mg/die in due
somministrazioni da
assumere 30' prima
dei pasti.
Metabolismo epatico
cpr 5 mg
9
* Le dosi inferiori sono in genere utilizzate all'inizio della terapia e vengono progressivamente incrementate fino ad
ottenere l'effetto terapeutico ottimale.
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Sulfaniluree: effetti indesiderati e ruolo in terapia
Effetti indesiderati
Ipoglicemia, solitamente di grado lieve, ma è
più probabile e di maggiore gravità e durata
con sulfaniluree a lunga durata d'azione, come
clorpropamide e glibenclamide, e in persone
anziane con insufficienza epatica o renale.
Consigli per il paziente
Il farmacista dovrebbe accertarsi che il paziente
sia a conoscenza della possibilità di ipoglicemia
e che sappia come riconoscerne i sintomi, che
comprendono: fame, perdita dell'equilibrio e
vertigini, confusione mentale, difficoltà a
parlare, sensazione di ansia o debolezza.
L'ipoglicemia può essere pericolosa quando si
deve guidare un veicolo o utilizzare macchinari.
Può essere di aiuto mangiare o bere qualcosa
contenente zuccheri.
Disturbi gastrointestinali: nausea, vomito,
bruciore di stomaco, anoressia, diarrea, sapore
metallico (effetti in genere lievi e dose
dipendenti).
Per ridurre i disturbi GI, le sulfaniluree vanno
assunte durante la colazione o i pasti principali,
salvo glipizide, che va assunta circa 30 minuti
prima di mangiare.
Aumento di peso
Rispettare strettamente le indicazioni
dietetiche concordate con il proprio medico
curante.
Eruzioni cutanee, prurito e
fotosensibilizzazione.
Reazioni di ipersensibilità gravi: epatite e ittero
colestatico, alterazioni della crasi ematica,
eritema multiforme o sindrome di Stevens
Johnson, dermatite esfoliativa e eritema
nodoso
Contattare il medico in caso di sintomi non
diversamente spiegabili quali febbre, mal di
gola, eruzioni cutanee, sanguinamenti.
Evitare intense esposizioni al sole.
Reazioni disulfiram-simile (soprattutto con
clopropamide) per ingestione di bevande
alcoliche.
Evitare le bevande alcoliche (oltre alla reazione
disulfiram-simile aumentano l'effetto
ipoglicemizzante).
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Vantaggi e svantaggi delle sulfaniluree - Ruolo in terapia
Sono farmaci molto ben studiati e poco costosi. Riducono l'HbA1c e la glicemia
nei pazienti sintomatici, ma tendono a perdere in parte la loro efficacia nel
tempo. Le sulfaniluree sono generalmente ben tollerate, ma possono
provocare aumento di peso per cui vanno evitate in molti pazienti obesi con
DM2. Soprattutto clorpropamide e glibenclamide possono causare episodi di
ipoglicemia, ma raramente gravi.
Una revisione sistematica di 72 studi clinici condotti su un totale di 22.589 pazienti ha concluso
che attualmente non ci sono prove sufficienti per sostenere la scelta di una sulfanilurea come
monoterapia del DM2 [3]. Vanno considerate invece come farmaci alternativi alla metformina,
quando questa è controindicata o non è tollerata o aggiuntivi alla dieta, all'esercizio fisico e alla
metformina o a metformina + insulina, quando con questi provvedimenti non si riesca ad ottenere
un controllo glicemico soddisfacente.
Biguanidi
La prima biguanide sintetizzata fu la fenformina, introdotta in terapia nel 1957 ma ritirata dal
commercio in molti Paesi, verso la fine degli anni '70 per i molti casi segnalati di acidosi lattica. In
Italia, il farmaco, in associazione, è rimasto in commercio fino ad ottobre 2013.
Per contro, la metformina, anch'essa entrata in terapia in Europa nel 1957, è stata autorizzata
negli Stati Uniti solo nel 1995, dopo che i risultati di un importante studio ne avevano dimostrato
la maggior sicurezza e la grande utilità nella terapia del DM2. La metformina è autorizzata nel
trattamento del DM2, in particolare nei pazienti in sovrappeso, quando il regime alimentare e
l'esercizio fisico da soli non bastano ad un controllo adeguato della glicemia, in monoterapia o in
associazione con altri farmaci antidiabetici orali o con insulina.
A differenza delle sulfaniluree, la metformina non stimola il rilascio di
insulina dal pancreas ma agisce riducendo i livelli elevati di glucosio
riducendone la produzione da parte del fegato, probabilmente interferendo
con la neoglucogenesi, ritardando l'assorbimento intestinale del glucosio e
aumentando l'azione dell'insulina sui muscoli e il tessuto adiposo (azione
insulino sensibilizzante). Non inducendo la liberazione di insulina, non
provoca ipoglicemia anche quando somministrata a dosi elevate.
Dopo anni di trattamento con metformina, le cellule-ß pancreatiche
riducono la loro capacità secretagoga tanto da rendere necessario associare
altri farmaci per migliorare il controllo glicemico.
Le associazioni precostituite di metformina e una sulfanilurea consentono di sfruttare il loro
diverso meccanismo d'azione in modo sinergico. Ovviamente vanno tenuti presenti i possibili
effetti indesiderati di entrambi i farmaci, ed in particolar modo il rischio di ipoglicemia dovuto alla
sulfanilurea.
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Farmaco
Durata
d'azione(h)
Metformina
6-8
Eliminazione
Posologia e modalità di somministrazione
In forma
immodificata
con le urine
Di norma la dose iniziale è 500-850 mg 2 o 3
volte al giorno durante o dopo i pasti. Dopo 1015 giorni la dose deve essere adeguata sulla
base dei valori di glucosio ematico. La dose
massima raccomandata è 3 g al giorno in 3
somministrazioni separate.
Biguanidi: effetti indesiderati e ruolo in terapia
Effetti indesiderati
Consigli per il paziente
Compaiono in circa il 20% dei pazienti e
comprendono diarrea, dolori addominali,
nausea, sapore metallico e anoressia
I disturbi GI possono essere ridotti aumentando
gradualmente il dosaggio e assumendo il
farmaco con il cibo.
L' acidosi lattica è una complicanza metabolica
rara (0,03 casi/1000 anni paziente) ma grave
(mortalità >50%) , che può insorgere in seguito
ad un accumulo di metformina in caso di grave
insufficienza renale o di condizioni associate
come chetoacidosi, eccessivo consumo di
alcool, digiuno prolungato.
Il paziente deve essere informato del rischio di
acidosi lattica e essere messo a conoscenza dei
sintomi e delle condizioni predisponenti al suo
manifestarsi. Interrompere immediatamente
l'assunzione e contattare il medico in caso di
iperventilazione inspiegabile, dolori muscolari,
malessere, sonnolenza inusuale, dolori
addominali.
Consigliare al paziente di evitare eccessive
quantità di bevande alcoliche.
Ricordare al paziente che deve segnalare l'assunzione del farmaco in occasione di interventi
chirurgici che comportino restrizioni dietetiche e qualora debba sottoporsi ad esami radiologici
con mezzi di contrasto iodati somministrati e.v. che possono alterare la funzionalità renale.
Vantaggi e svantaggi della metformina - Ruolo in terapia
La metformina riduce i valori dell' HbA1c di circa il 2%. Non provoca ipoglicemia
né aumento di peso, caratteristica molto favorevole nei pazienti obesi. Riduce i
trigliceridi plasmatici del 15-20%.
Sino ad ora è il solo farmaco che abbia dimostrato di ridurre l'incidenza di
eventi macrovascolari nel DM2. Essendo un "vecchio" farmaco, il suo costo è decisamente basso.
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Secondo le più recenti linee guida ([4], [5]) è il farmaco di prima
scelta nella persona con DM2 neo-diagnosticato. La metformina è
stata studiata per molti anni su migliaia di persone con DM2,
incluse in numerosi studi clinici i cui risultati hanno mostrano un
rapporto beneficio/rischio nettamente positivo. In monoterapia ha
mostrato di ridurre il rischio di complicanze microvascolari, è
associata a un basso rischio di ipoglicemie, e non provoca
incrementi del peso corporeo [6]. L'aggiunta di metformina in
soggetti già trattati con insulina consente di diminuirne il dosaggio
e quindi di ridurre i tipici effetti indesiderati della terapia
insulinica,
quali
l'incremento
di
peso
e
l'ipoglicemia.
Tra gli svantaggi va ricordata la frequente comparsa di disturbi gastrointestinali, come diarrea e
meteorismo, che possono essere minimizzati iniziando la somministrazione del farmaco a basso
dosaggio, e la grave, seppur rara, acidosi lattica che impone l'esclusione del suo impiego nelle
persone con funzione renale compromessa. Attualmente rappresenta il farmaco di prima scelta
nel trattamento del DM2, in aggiunta alle modifiche agli stili di vita.
Acarbosio
Prima novità terapeutica dopo tantissimi anni, l'acarbosio è un inibitore dell'alfaglucosidasi, unico farmaco attualmente in commercio in Italia che agisce con questo meccanismo.
Commercializzato nel 1995, è approvato sia nei pazienti con DM2 sottoposti a trattamento
mediante la sola dieta o con l'associazione di dieta e ipoglicemizzanti orali, sia in pazienti con DM1
sottoposti a terapia insulinica e dietetica.
L'alfa-glucosidasi è l'enzima presente sull'orletto a spazzola degli enterociti che rivestono i villi
intestinali. Questo enzima scinde i disaccaridi e gli oligosaccaridi in monosaccaridi assorbibili. La
sua inibizione porta ad un rallentamento della digestione degli amidi, delle destrine e dei
disaccaridi, come il saccarosio, a livello intestinale e all'attenuazione dei picchi glicemici
postprandiali e dei livelli di emoglobina glicata [7].
Il farmaco è assorbito in minima misura in forma immodificata (<2%), mentre la parte non
assorbita esplica la propria attività farmacologica per essere poi metabolizzata esclusivamente
dagli enzimi intestinali e dalla flora microbica.
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Farmaco
Durata
d'azione
Acarbosio
3h
Posologia e modalità di somministrazione
Eliminazione
50-100 mg x 3 die. Le compresse vanno
assunte intere assieme ad una piccola quantità
di liquido, oppure masticate e ingerite con i
primi bocconi di cibo, in entrambi i casi
all'inizio del pasto. La dose massima
giornaliera è di 600 mg.
Via fecale per il
farmaco non
assorbito o
metabolizzato a
livello intestinale. I
metaboliti assorbiti
sono eliminati con le
urine.
L'acarbosio è indicato:
a) per il trattamento del DM2 in pazienti sottoposti a trattamento mediante la sola dieta o con
l'associazione di dieta e ipoglicemizzanti orali;
b) per il trattamento del DM1 in pazienti sottoposti a terapia insulinica e dietetica.
Acarbosio: effetti indesiderati e ruolo in terapia
Effetti indesiderati
Consigli per il paziente
Gli effetti indesiderati sono frequenti
soprattutto nelle prime settimane di terapia e
consistono in disturbi gastrointestinali,
soprattutto flatulenza, dolori addominali e
diarrea, a causa dell'azione dei batteri sul
farmaco non assorbito a livello del colon.
I disturbi GI possono essere ridotti con
l'incremento graduale della dose, riducendo il
consumo di zucchero e di cibi contenenti
zucchero.
Aumenti asintomatici degli enzimi epatici.
Valutare col medico l'opportunità di controlli
periodici delle transaminasi.
L'acarbosio non provoca ipoglicemia. Lo sviluppo di ipoglicemia nei pazienti trattati
contemporaneamente con acarbosio e sulfaniluree, metformina o insulina, tuttavia, non può
essere corretta con saccarosio o carboidrati complessi per l'inibizione dell'alfa-glucosidasi. E'
importante avvertire il paziente che deve avere a disposizione del glucosio.
Vantaggi e svantaggi dell'acarbosio - Ruolo in terapia
L'acarbosio riduce la glicemia post-prandiale e non provoca ipoglicemia, per cui
può essere utilizzato in monoterapia nei pazienti anziani o nei pazienti con
iperglicemia prevalentemente post-prandiale, non adeguatamente controllati
con gli interventi sugli stili di vita. La riduzione dei livelli di HbA 1c tuttavia è solo
dello 0,5-1% rispetto al placebo, inferiore a quella ottenibile con metformina e
14
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
sulfaniluree. In genere perciò è utilizzato in associazione ad altri antidiabetici orali o all'insulina.
Non ha effetti sul peso corporeo né sui lipidi plasmatici. Provoca frequentemente effetti
indesiderati a livello gastro-intestinale per cui è necessaria un'attenta titolazione del dosaggio e
non va utilizzato in caso di problemi che possono essere aggravati da un aumento della produzione
di gas a livello intestinale, grosse ernie, ostruzioni o ulcerazioni intestinali o di enteropatie
croniche (malattia infiammatoria intestinale, ulcerazione del colon, ostruzione intestinale parziale
o predisposizione all'ostruzione intestinale) associate o meno a disturbi della digestione e
dell'assorbimento. Va somministrato frequentemente e questo può ridurre l'aderenza alla terapia.
Una rassegna sistematica degli studi clinici non ha trovato effetti significativi degli inibitori
dell'alfa-glucosidasi sulla mortalità, morbilità e qualità della vita in pazienti con DM2 [8]. Ha un
costo modesto.
Tiazolidindioni (glitazoni)
Il troglitazone, il primo esponente di questa classe di farmaci, venne
immesso in commercio nel 1997 ma fu presto ritirato a causa della sua
epatotossicità. Due anni dopo vennero approvati ilrosiglitazone e
il pioglitazone. Il rosiglitazone è stato anch'esso ritirato dal commercio nel
2010, per l'aumentato rischio di insufficienza cardiaca, cosicché
il pioglitazone è oggi il solo principio attivo disponibile di questa classe.
Formulazione e dosaggi
Pioglitazone
cpr 15 mg; cpr 30 mg; cpr 45 mg
Classe di concedibilità SSN
A
Il pioglitazone è autorizzato nel trattamento orale del DM2 sia in monoterapia che in
associazione con metformina o con una sulfonilurea o con entrambe. Il pioglitazone è anche
indicato in combinazione con insulina nei pazienti adulti con DM2 che non raggiungono un
sufficiente controllo glicemico con insulina, per i quali l'uso di metformina è inappropriato a causa
di controindicazioni o intolleranza.
Agisce come agonista su un recettore nucleare chiamato PPAR gamma (recettore gamma attivato
di proliferazione dei perossisomi) che viene espresso soprattutto negli adipociti, nel fegato e nei
muscoli scheletrici. Questa azione stimola la trascrizione dei geni che sono sensibili all'insulina e
che regolano il metabolismo glucidico e lipidico [9]. L'azione del pioglitazone perciò si esplica
principalmente aumentando la sensibilità all'insulina dei tessuti periferici ed è perciò attivo solo se
è presente l'insulina stessa. Riduce inoltre la produzione di glucosio nel fegato e aumenta il
trasporto del glucosio all'interno degli adipociti e nel muscolo. Occorrono circa 2 settimane di
terapia perché gli effetti del farmaco sulla glicemia si manifestino ed occorrono 3-6 mesi per
osservare una riduzione dell'HbA1c.
15
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
Farmaco
Durata
d'azione
(h)
Pioglitazone
24
Eliminazione
Posologia e modalità di somministrazione
Urine (15-30%) e
feci, sotto forma di
metaboliti attivi
Il farmaco va assunto in dose di 15-30 mg in
un'unica somministrazione,
indipendentemente dai pasti. La dose
massima è di 45 mg.
Tiazolidindioni: effetti indesiderati e ruolo in terapia
Effetti indesiderati e avvertenze
Informazioni per il paziente in terapia con
pioglitazone
Il pioglitazone è stato raramente associato a
casi di epatotossicità, ma la funzionalità epatica
va monitorata durante la terapia, in quanto i
segni di tossicità possono presentarsi anche
dopo parecchi mesi. Il farmaco è controindicato
in persone con insufficienza epatica.
Informare i pazienti di contattare il proprio
medico in caso di dolore addominale o mal di
stomaco, urine scure, perdita di appetito,
nausea o vomito, stanchezza o debolezza
insolite, o ittero.
Il pioglitazone può causare ritenzione idrica ed
edemi agli arti inferiori (5% circa dei pazienti).
Lo sviluppo di edema è più probabile se viene
associato a insulina: l'associazione dei due
farmaci va evitata in pazienti con insufficienza
cardiaca.
Informare i pazienti di contattare il proprio
medico se si avverte dolore al petto, mancanza
di respiro; eccessivo gonfiore delle mani, polsi,
caviglie o dei piedi, o se il peso corporeo sta
aumentando rapidamente.
Nel corso di studi clinici con pioglitazone è
stata osservata nelle donne una riduzione della
densità minerale ossea e aumentata frequenza
di fratture, che interessano soprattutto mani,
piede e arti superiori. Questo effetto non è
stato osservato negli uomini.
Informare le pazienti che se hanno fattori di
rischio per osteoporosi (es. fumatrici, storia
familiare, menopausa precoce) dovrebbero
informarne il medico che eventualmente sia
intenzionato a prescrivere pioglitazone.
Si sono manifestati casi non comuni di
carcinoma della vescica (tumore della vescica)
(da 1 a 10 pazienti su 1000).
Il paziente deve essere informato di riferire
immediatamente al medico segni e sintomi
come: sangue nell’urina, dolore durante la
minzione o l’improvvisa necessità di urinare.
Aumentando la sensibilità nei confronti
dell'insulina, nelle donne che non ovulano a
causa della resistenza all'insulina (per esempio,
quelle affette dalla sindrome dell'ovaio
Le donne che hanno o hanno avuto problemi di
irregolarità del ciclo mestruale possono andare
incontro ad una gravidanza durante terapia con
pioglitazone. Se in età fertile, dovrebbero
16
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
policistico), il pioglitazone potrebbe favorire la
ripresa dell'ovulazione; queste pazienti devono
essere informate che l'assunzione dei due
farmaci può aumentare le probabilità di
gravidanza.
esserne informate di valutare l'opportunità o
meno di una adeguata contraccezione.
Sono stati descritti casi di edema maculare
diabetico con riduzione della acuità visiva
durante trattamento con pioglitazone.
Il paziente deve essere informato di riferire
immediatamente al medico la comparsa di
disturbi alla vista, come offuscamento o
riduzione, durante terapia con pioglitazone, per
un eventuale controllo da parte di un oculista.
Il pioglitazone induce frequentemente
aumento di peso (di circa il 5% o di 3,5 kg
nell'arco di 6 mesi). Sono stati riportati anche
cefalea, giramenti di testa e affaticamento e
una modesta anemia. Segnalati inoltre
artralgia, flatulenza, impotenza, sudorazione.
Dare al paziente diabetico informazioni su un
regime alimentare corretto è importante anche
al di là dell'influenza del pioglitazone sul peso.
Vantaggi e svantaggi del pioglitazone - Ruolo in terapia
Il pioglitazone ha un'efficacia comparabile a quella degli altri ipoglicemizzanti
orali in termini di controllo glicemico. Raramente provoca ipoglicemia quando
impiegato in monoterapia, ma questa è possibile quando è impiegato in terapia
combinata con sulfaniluree o insulina. Si possono invece elencare tra gli
svantaggi l'effetto ipoglicemizzante ritardato (10-14 settimane), la necessità di
monitorare la funzionalità epatica, l'incremento di peso, l'edema e l'aumentato rischio di
scompenso
cardiaco.
Una revisione degli studi clinici di durata di almeno 24 mesi pubblicata nel 2006 non ha fornito
prove convincenti che il pioglitazone riduca la mortalità, la morbilità e la qualità della vita dei
pazienti con DM2, a fronte invece di un aumento dei casi di edema e di insufficienza cardiaca [10].
Successivamente sono stati pubblicati i risultati della studio PERISCOPE (Pioglitazone Effect on
Regression of Intravascular Sonographic Coronary Obstruction Prospective Evaluation) che hanno
messo in evidenza un effetto di rallentamento dell'aterosclerosi coronarica con pioglitazone
rispetto alla glimepiride e la possibilità quindi che anche per il pioglitazone possano esserci benefici
macrovascolari, da confermare in ulteriori studi [11].
I nuovi ipoglicemizzanti: Repaglinide
La repaglinide, introdotta in commercio in Italia nel 2001, è un ipoglicemizzante appartenente ad
una nuova classe di ipoglicemizzanti, le meglitinidi, caratterizzata da una durata d'azione
particolarmente breve.
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Formulazione e dosaggi
Repaglinide
Classe di concedibilità SSN
cpr 1 mg; cpr 2 mg
A
La repaglinide è indicata per gli adulti con DM2 la cui iperglicemia non può essere controllata in
maniera soddisfacente tramite dieta ed esercizio fisico. La repaglinide è indicata anche in
combinazione con metformina negli adulti con DM2 che non sono controllati in maniera
soddisfacente con la sola metformina.
Il farmaco, pur essendo strutturalmente diverso dalle sulfaniluree, presenta lo stesso meccanismo
d'azione: abbassa il livello di glucosio nel sangue stimolando il rilascio di insulina dal pancreas. La
sua attività dipende perciò dalla presenza di cellule β pancreatiche funzionanti. Sia la repaglinide
che le sulfaniluree si legano ad un recettore di membrana a livello della cellula β situato in
prossimità dei canali del potassio. Tale interazione determina un arresto del flusso di ioni potassio
verso l'esterno della cellula con conseguente depolarizzazione della cellula β con attivazione e
apertura dei canali del calcio voltaggio-dipendenti. L'aumentato afflusso degli ioni calcio nel citosol
induce la liberazione di insulina. La differente lipofilia dei due tipi di farmaci, con una conseguente
diversa affinità per il sito recettoriale, potrebbe rendere conto della più rapida azione
ipoglicemizzante della repaglinide [12].
Farmaco
Eliminazione
Posologia e modalità di somministrazione
Repaglinide
Metabolizzazione epatica a
composti privi di attività
ipoglicemizzante;
metaboliti eliminati per via
biliare (92%) e nelle urine
(8%).
0,5-16 mg/die La repaglinide deve essere
assunta subito prima dei pasti principali (da
immediatamente prima fino a 30 minuti
prima). I pazienti che saltano un pasto (o fanno
un pasto in più) devono essere istruiti a saltare
(o aggiungere) una dose in relazione a quel
pasto.
Repaglinide: effetti indesiderati e ruolo in terapia
Effetti indesiderati
Gli effetti indesiderati più comuni della repaglinide consistono in ipoglicemia, dolori addominali e
diarrea. Altri disturbi meno frequenti o rari sono nausea, vomito, disturbi della vista, reazioni da
ipersensibilità quali prurito e rash, mal di schiena, artralgie, mal di testa, parestesie. Come con le
sulfaniluree, i pazienti trattati con repaglinide possono andare incontro ad aumento di peso e a
ipoglicemia.
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
Vantaggi e svantaggi della repaglinide - Ruolo in terapia
Ha meccanismo d'azione (stimolazione della secrezione di insulina), efficacia e
profilo di effetti indesiderati simili alle sulfaniluree ma la struttura diversa
rende possibile la sua somministrazione anche a pazienti allergici alle
sulfaniluree. L'incidenza di ipoglicemia sembra essere lievemente inferiore
rispetto alle sulfaniluree. La rapidità d'azione e la breve emivita del farmaco
simulano in maniera più precisa il controllo fisiologico della glicemia e ne giustificano la
somministrazione immediatamente prima dei pasti. La maggior frequenza delle somministrazioni
può essere causa di minor adesione alla terapia. La repaglinide può essere un'alternativa ad altri
ipoglicemizzanti orali, con potenza simile a quella della metformina. Può essere utilizzato al posto
di questa quando gli effetti indesiderati non sono tollerati dal paziente o quando la metformina è
controindicata [13]. Non va utilizzata in pazienti con gravi disfunzioni epatiche e nei pazienti in
trattamento con gemfibrozil. Non ci sono prove che indichino effetti significativi sulla mortalità a
lungo termine.
Il sistema delle incretine
L'osservazione che la somministrazione per via orale di glucosio a soggetti non diabetici stimola il
rilascio di insulina in misura maggiore rispetto alla somministrazione endovena ha portato alla
scoperta delle incretine, cosi chiamate dalla contrazione dell'espressione intestinal secretion of
insulin. Attualmente si conoscono due ormoni, prodotti in particolari cellule dell'intestino, che
stimolano la secrezione di insulina e riducono quella del glucagone, provocando anche un
rallentamento dello svuotamento gastrico, e quindi della velocità di assorbimento delle sostanze
contenute nei cibi: il polipeptide insulinotropico glucosio dipendente (GIP o Gastric Inhibitory
Polypeptide) e il peptide-1 glucagone-simile (GLP-1 o Glucagon-like Peptide-1).
Nei soggetti con DM2 la secrezione di GLP-1 stimolata dal pasto è sensibilmente ridotta. Una volta
secreti, sia il GIP che il GLP-1 vengono rapidamente degradati da un enzima, la dipeptidilpeptidasi4 (DPP-4), e non possono pertanto essere utilizzati direttamente in terapia.
La ricerca si è perciò orientata in primo luogo verso la messa a punto di farmaci in grado di agire
come agonisti sul recettore del GLP-1, portando alla scoperta dell'exenatide e della liraglutide
(vedi paragfrafi corrispondenti).
Un altro filone di ricerca si è orientato verso la messa a punto di inibitori del DPP-4 (vedi
paragrafo corrispondente) in modo da rallentare la degradazione di GLP-1 e al GIP e di consentire
loro di svolgere la loro azione fisiologica.
Per comprendere pienamente l'azione delle incretine vanno ricordati alcuni altri effetti fisiologici
del GLP-1, in ragione dell'ampia distribuzione dei suoi recettori. Nel pancreas il GLP-1 aumenta la
secrezione di insulina dalle cellule β, quella della somatostatina dalle cellule δ e riduce la
secrezione di glucagone dalle cellule α, in risposta all'iperglicemia, mentre viene preservato il
rilascio di glucagone in risposta all'ipoglicemia. Promuove inoltre la crescita e la rigenerazione
delle cellule β, mentre aumenta la resistenza all'apoptosi, cioè la morte cellulare programmata.
A livello del sistema nervoso centrale, azioni potenzialmente utili per la terapia del diabete sono la
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
soppressione dell'appetito e l'aumento del senso di sazietà con la conseguente riduzione
dell'assunzione di cibo. Nel fegato, nel muscolo e nel tessuto adiposo, aumenta la captazione del
glucosio e la sintesi del glicogeno. Rallenta inoltre lo svuotamento dello stomaco e riduce la
secrezione acida [14].
Fig. 5 - Le molteplici azioni del GIP e del GLP-1 (da ref.[15])
Agonisti del GLP-1: exenatide
L'exenatide è la forma sintetica di un peptide composto di 39 aminoacidi originariamente isolato
dal veleno di una lucertola ( Heloderma suspectum). Il GLP-1 e l'exenatide condividono al 50% circa
la stessa sequenza aminoacidica. Una importante differenza risiede nella presenza dell'aminoacido
glicina anziché alanina nella posizione 2 della catena aminoacidica, il che rende l'exenatide molto
più resistente all'inibizione enzimatica da parte della DDP-4.
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
Fig.6 - Struttura del GLP-1, exenatide e liraglutide
In virtù della somiglianza strutturale della catena aminoacidica col GLP-1 umano, l'exenatide si lega
al recettore del GLP-1 attivandolo; in tal modo aumenta la secrezione di insulina dalle cellule β del
pancreas, viene soppressa la secrezione di glucagone e viene rallentato lo svuotamento gastrico. In
pazienti diabetici, il farmaco induce una modesta diminuzione della glicemia a digiuno e riduce
marcatamente i livelli di glicemia postprandiale.
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
Formulazione e dosaggi
Classe di concedibilità SSN
Exenatide
penne pre-riempite contenenti 60
dosi da 5 mcg o da 10 mcg.
Il paziente deve essere avvisato che
le preparazioni commerciali non
contengono gli aghi necessari (uno
per ogni iniezione)
A
Vendibile al pubblico su prescrizione
di centri ospedalieri o di specialisti
(RRL). La prescrizione di exenatide è
soggetta a piano terapeutico webbased.
Exenatide a
rilascio
prolungato
Kit per sospensione iniettabile da 2
mg
A
Vendibile al pubblico su prescrizione
di centri ospedalieri o di specialisti
(RRL). La prescrizione di exenatide a
rilascio prolungato è soggetta a
piano terapeutico web-based.
L'exenatide è indicata nel trattamento del DM2 in associazione (metformina, sulfaniluree,
tiazolidindioni, metformina e una sulfonilurea, metformina e un tiazolidindione) in adulti che non
hanno raggiunto un adeguato controllo glicemico con la dose massima tollerata di queste terapie
orali. E' inoltre indicata anche come terapia aggiuntiva a insulina basale con o senza metformina
e/o pioglitazone in adulti che non hanno raggiunto un adeguato controllo glicemico con questi
agenti.
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
Posologia e modalità di
somministrazione
Il paziente deve essere informato che:
Essendo un peptide,
l'exenatide non è
somministrabile per via
orale.
a) l'exenatide può essere somministrata in qualsiasi momento nei
60 minuti precedenti il pasto della mattina e della sera (o i due
principali pasti del giorno, distanti l'uno dall'altro circa 6 ore o più),
ma che non deve essere somministrata dopo i pasti;
La dose iniziale è di 5 mcg
di exenatide per iniezione
s.c due volte al giorno per
4 settimane,
incrementabile a 10 mcg
due volte al giorno. Non
sono raccomandate dosi
superiori a 20 mcg al dì.
b) l'exenatide va somministrata per via sottocutanea nella coscia,
nell'addome o nella parte alta delle braccia, utilizzando l'apposita
penna pre-riempita;
La formulazione longacting di exenatide
consente la
somministrazione
sottocute del farmaco una
sola volta alla settimana.
In uno studio di confronto
con exenatide
somministrata 2 volte al
giorno la formulazione ad
azione prolungata ha
offerto un miglior controllo
glicemico [16].
c) ad ogni iniezione è necessario cambiare il punto di iniezione,
utilizzando però la stessa area (es. la coscia). Dopo aver utilizzato
tutti i siti di una stessa area si deve passare ad una nuova area (es.
la parte alta di un braccio). Non utilizzare lo stesso sito di iniezione
più spesso di una volta al mese;
d) il farmaco non va somministrato intramuscolo o endovena;
e) se oltre all'exenatide il paziente deve iniettare anche insulina, i
due farmaci vanno somministrati con iniezioni separate;
f) la formulazione long-acting va somministrata una volta a
settimana, lo stesso giorno di ogni settimana, in qualsiasi momento
del giorno, indipendentemente dai pasti. L'allestimento della fiala
può risultare complicato per i pazienti anziani. La prima
somministrazione va sempre effettuata sotto supervisione medica;
g) le formulazioni iniettabili di exenatide vanno conservate in
frigorifero alla temperatura di 2°C-8°C e non devono essere
congelati. Le preparazioni in uso vanno conservate a temperatura <
25°C. La penna non deve essere conservata con l'ago inserito.
Riposizionare il cappuccio sulla penna per proteggerla dalla luce.
Exenatide: effetti indesiderati e interazioni farmacologiche
Effetti indesiderati
I principali effetti indesiderati dell'exenatide sono a carico del tratto
gastrointestinale (nausea, più raramente vomito e diarrea). La nausea
è un effetto dose-dipendente, ma tende a ridursi con il
proseguimento della terapia. Episodi di ipoglicemia sono stati
riportati quando l'exenatide è associata ad una sulfanilurea, ma non
quando associata a metformina. Altri effetti indesiderati comparsi nel
corso del trattamento sono stati vertigini, cefalea, dispepsia,
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
iperidrosi, astenia, nervosismo, reazioni nella sede di iniezione.
Sono stati segnalati rari casi di pancreatite emorragica o necrotizzante, anche fatale, rischio su cui
l'EMA ed FDA statunitense hanno condotto approfondimenti indipendenti. Per entrambe le
agenzie i dati disponibili non dimostrano una associazione causale tra l'utilizzo di farmaci
incretinici e pancreatite o cancro al pancreas [17]. I pazienti devono comunque essere informati
del sintomo che caratterizza la pancreatite acuta: forte e persistente dolore addominale con o
senza vomito. Il rischio di pancreatite è maggiore nelle persone che hanno una storia di
pancreatite, calcoli biliari, alcolismo o livelli molto alti di trigliceridi.
L'exenatide può indurre la formazione di anticorpi anti-exenatide che possono talora ridurre
l'effetto ipoglicemizzante del farmaco. La presenza di anticorpi aumenta la frequenza di reazioni
nel sito di iniezione.
Interazioni farmacologiche
L'exenatide rallenta il tempo di svuotamento gastrico e può ridurre la biodisponibilità di farmaci
assunti per via orale; in particolare gli antibiotici e i contraccettivi orali dovrebbero essere assunti
almeno un'ora prima di iniettare l'exenatide.
Agonisti del GLP-1: liraglutide
La liraglutide è il secondo agonista del recettore del GLP-1 autorizzato per il controllo del DM2. La
sua commercializzazione in Italia è iniziata nel 2009. Prodotta con tecnologia DNA-ricombinante,
la liraglutide ha una struttura aminoacidica uguale a quella del GLP-1, fatta eccezione per la
sostituzione di una molecola di lisina con una di arginina nella posizione 34. La modifica più
significativa è l'aggiunta di un acido grasso a 16 atomi di carbonio legato a una molecola di acido
glutammico, a sua volta legato alla lisina in posizione 26 (fig.6). Solo l'1-2% della liraglutide risulta
libero nel plasma perché la molecola forma un legame non covalente con l'albumina plasmatica:
questo è un primo meccanismo che le conferisce un'azione prolungata. Le modifiche introdotte
inoltre determinano l'associazione del farmaco in eptameri, il che contribuisce a ritardarne
l'assorbimento dopo somministrazione sottocutanea, oltre a conferire la resistenza nei confronti
del DPP-4. A differenza quindi dell'exenatide, che ha una breve durata d'azione e richiede 2
iniezioni sottocutanee ai pasti (limite che ha portato allo sviluppo della formulazione di exenatide
ad azione prolungata), la liraglutide ha un profilo farmacocinetico che consente un'unica
somministrazione sottocutanea giornaliera, indipendentemente dai pasti. Raggiunge il picco delle
concentrazioni plasmatiche in 8-12 ore e ha una emivita media di eliminazione di circa 12 ore [18].
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
Liraglutide
Formulazione e dosaggi
Classe di concedibilità SSN
Penne pre-riempite contenenti 6 mg
di liraglutide in 3 ml, corrispondenti a
30 dosi da 0,6 mg, 15 dosi da 1,2 mg
o 10 dosi da 1,8 mg. Il paziente deve
essere avvisato che le preparazioni
commerciali non contengono gli aghi
necessari (uno per ogni iniezione)
lunghi fino a 8 mm e sottili fino a
32G.
A
Vendibile al pubblico su prescrizione
di centri ospedalieri o di specialisti
(RRL). La prescrizione di liraglutide è
soggetta a piano terapeutico webbased.
La liraglutide è indicata per il trattamento di adulti affetti da DM2 per raggiungere il controllo
glicemico in associazione a:
- metformina o una sulfanilurea, in pazienti con controllo glicemico insufficiente nonostante la
dose massima tollerata di metformina o sulfanilurea in monoterapia;
- metformina e una sulfanilurea o metformina e un tiazolidindione in pazienti con controllo
glicemico insufficiente nonostante la terapia combinata con due farmaci.
L'aggiunta di liraglutide in pazienti già trattati con insulina non è stata valutata e pertanto non è
raccomandata.
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
Posologia e modalità di
somministrazione
La dose iniziale è di 0,6 mg
di liraglutide al giorno.
Dopo almeno una
settimana, la dose deve
essere aumentata a 1,2
mg. Se necessario, dopo
almeno una settimana la
dose può essere portata a
1,8 mg.
Gli orari e il sito
dell'iniezione possono
essere variati senza
necessità di correzione
della dose. Tuttavia, una
volta scelto l'orario del
giorno più conveniente, è
preferibile iniettare il
farmaco all'incirca alla
stessa ora.
Il paziente deve essere informato che:
- Il farmaco non deve essere somministrato per via endovenosa o
intramuscolare.
- La somministrazione della liraglutide va fatta per via sottocutanea
nell'addome, nella coscia o nella parte superiore del braccio, una
volta al giorno in qualsiasi momento, indipendentemente dai pasti.
- Le formulazioni iniettabili di liraglutide vanno conservate in
frigorifero alla temperatura di 2°C-8°C e non devono essere
congelate. Le preparazioni in uso vanno conservate a temperatura <
25°C. La penna non deve essere conservata con l'ago inserito.
Riposizionare il cappuccio sulla penna per proteggerla dalla luce.
Liraglutide: effetti indesiderati, interazioni farmacologiche e ruolo in terapia
Effetti indesiderati
Gli effetti indesiderati segnalati con maggiore frequenza con liraglutide sono a carico dell'apparato
gastrointestinale, in particolare: nausea e diarrea (>10%), dispepsia,
anoressia, vomito, dolore addominale e stitichezza (1-10%). Questi
disturbi si presentano soprattutto all'inizio della terapia e in genere si
riducono di intensità nel giro di alcuni giorni o settimane. Sono inoltre
più frequenti nelle persone >70 anni e in quelli con funzione renale
ridotta. Un altro evento molto comune (>10%) è il mal di testa.
L'ipoglicemia, generalmente di lieve entità, è un altro effetto
indesiderato comune, ma gli episodi gravi sono poco frequenti (0,02
eventi/paziente/anno) e pressoché totalmente legati all'uso in associazione ad una sulfanilurea.
L'incidenza di eventi avversi tiroidei gravi (neoplasie, aumento dei livelli ematici di calcitonina,
gozzo) è stata di 5,4 per 1.000 pazienti con liraglutide, 2,1 e 0,8 con placebo e i farmaci di
confronto.
Come per l'exenatide sono stati segnalati rari casi di pancreatite acuta i pazienti devono essere
informati del sintomo che caratterizza questa evenienza potenzialmente fatale, vale a dire un forte
e persistente dolore addominale.
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
Interazioni farmacologiche
In vitro, la liraglutide ha mostrato un potenziale molto basso di interazioni farmacocinetiche con
altre sostanze attive correlate al citocromo P450 e al legame delle proteine plasmatiche.
Vantaggi e svantaggi degli incretino-mimetici - Ruolo in terapia
Una revisione di 17 studi clinici in cui sono stati utilizzati principalmente
exenatide e liraglutide (ma anche albiglutide e tapsoglutide, altri due GLP-1
agonisti ancora in fase di studio) ha dimostrato che in persone con DM2 già
trattate con ipoglicemizzanti orali tradizionali l'aggiunta degli analoghi migliora
il controllo glicemico rispetto a placebo, rosiglitazone, pioglitazone o
sitagliptina,
ma
non
sempre
rispetto
all'aggiunta
di
insulina [19].
La riduzione dell'HbA1C è di circa l'1%. Tra i vantaggi delle incretine va segnalata la riduzione di
peso (dose-dipendente, ma inferiore comunque al 5% del peso corporeo) e la minor incidenza di
ipoglicemia rispetto agli altri trattamenti, sempre da temere però quando vengono associate ad
una sulfanilurea. Gli svantaggi sono però numerosi: la necessità della somministrazione
sottocutanea, l'elevata incidenza di nausea e altri disturbi gastro intestinali. Per altri gravi effetti
indesiderati è in corso attualmente un monitoraggio (pancreatite per entrambi e cancro alla
tiroide per la liraglutide). Inoltre gli studi condotti sono di breve durata, quindi non si sa se il loro
impiego riduce la morbilità o la mortalità. Infine, hanno costo elevato.
Inibitori dell'enzima dipeptil-peptidasi-4 (DPP-4i)
L'osservazione che le incretine sono rapidamente degradate da parte dell'enzima DPP-4 ha
orientato la ricerca verso la sintesi di specifici inibitori enzimatici (DPP-4i) in modo da prolungare
l'azione fisiologica del GLP-1 e del GIP. Il DPP-4 è un enzima che scinde preferibilmente i peptidi
con una molecola di prolina o alanina nella seconda posizione della catena e i suoi substrati sono
molti ormoni intestinali, neuropeptidi e citochine. L' identificazione della struttura tridimensionale
del DPP-4 ha consentito la progettazione di piccole molecole in grado di interagire solo con il sito
catalitico dell'enzima. I DPP-4i riproducono pertanto molte delle azioni degli agonisti del recettore
per il GLP-1, come la stimolazione della secrezione di insulina e l'inibizione di quella del glucagone,
ma non rallentano lo svuotamento gastrico e non provocano riduzione del peso corporeo.
Attualmente sono in commercio quattro inibitori reversibili e selettivi della DPP-4: sitagliptin
(2007), vildagliptin (2007), saxagliptin (2009) e linagliptin (2013).
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
Formulazione e dosaggi
sitagliptin
cpr rivestite da 25-50 e 100 mg
vildagliptin
cpr da 50 mg
saxagliptin
cpr rivestite da 5 mg
linagliptin
cpr rivestite da 5 mg
Classe di concedibilità SSN
A
Medicinali soggetti a prescrizione
medica limitativa, vendibili al
pubblico su prescrizione di centri
ospedalieri o di specialisti (RRL). La
prescrizione dei medicinali è
soggetta a diagnosi e piano
terapeutico.
Tutti questi principi attivi sono in commercio anche in associazione precostituita con metformina
(1000 mg).
Tutti 4 i farmaci sono approvati per migliorare il controllo glicemico in pazienti adulti con DM2 sia
inmonoterapia in pazienti non adeguatamente controllati con dieta ed esercizio fisico o
variamente associatiin duplice o triplice terapia (con metformina, sulfaniluree, pioglitazone)
quando la terapia precedente non fornisce un adeguato controllo della glicemia. Sono anche
indicati come terapia aggiuntiva all'insulina (con o senza metformina), quando dieta ed esercizio
più un dosaggio stabile di insulina non forniscono un adeguato controllo della glicemia.
La differenza principale fra i 4 principi attivi risiede nei parametri farmacocinetici: la durata
d'azione, che condiziona la frequenza di assunzione, e la potenza, che determina la dose
ponderale. Al riguardo va detto che, nonostante la diversa potenza esibita in vitro, quando
impiegate alle loro dosi terapeutiche, indicono una inibizione della DPP-4 ampiamente
sovrapponibile [20].
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
Tabella 4- Caratteristiche farmacocinetiche dei DPP-4i
sitagliptin
vildagliptin
saxagliptin
linagliptin
Assorbimento
Tmax
1-4 ore
1,7 ore
2 ore; 4 ore per il
metabolita attivo
1,5 ore
Biodisponibilità
~87%
85%
>75%
~30%
Effetto del cibo
sull'assorbimento
nessuno
Lieve ritardo
(Tmax2,5 ore) e
modesta
riduzione della
Cmax (19%)
clinicamente
non significativi.
Lieve ritardo
(Tmax0,5 ore)
clinicamente non
significativi.
Lieve ritardo
(Tmax2 ore) e
modesta
riduzione della
Cmax (15%)
clinicamente
non significativi.
Legame alle
proteine
plasmatiche
38%
9,3%
Trascurabile
Dipendente
dalla
concentrazione.
A dosi
terapeutiche il
70-80% è legato
alle proteine
plasmatiche.
Biotrasformazione
ed eliminazione
~87% escreto
immodificato
nelle urine
Metabolizzato
soprattutto a
livello renale a
metaboliti
inattivi, viene
eliminato per
l'85% con l'urina
e per il 15% con
le feci.
Metabolizzazione
a livello epatico
ad un metabolita
attivo che ha
potenza
dimezzata
rispetto al
farmaco
progenitore;
viene eliminato,
insieme al
metabolita,
prevalentemente
con le urine
(75%) e in misura
inferiore con le
feci (22%).
Non viene
metabolizzato
in modo
apprezzabile.
Viene eliminato
per via biliare
(80%) e <6% per
via urinaria.
Emivita
12,4 ore
2 ore
2,5 ore (3,1 ore
per il metabolita
attivo)
12 ore
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
DPP-4i: effetti indesiderati e ruolo in terapia
Effetti indesiderati
Gli effetti indesiderati più frequenti sono le infezioni delle vie aeree superiori e le infezioni delle
vie urinarie [21], cefalea, capogiri, senso di stanchezza. L'incognita maggiore è tuttavia sulla
sicurezza a lungo termine in quanto, oltre alle incretine, molti altri peptidi (tra cui i neuropeptidi e
le citochine), vengono clivati dalla DPP-4. Non è noto se l'inibizione di queste attività possa avere
effetti negativi nell'uomo.
Vantaggi e svantaggi dei DPP-4i - Ruolo in terapia
I DPP-4i migliorano i livelli di HbA1c, anche se in modo abbastanza modesto, e
aumentano la sopravvivenza delle cellule β. Non inducono ipoglicemia, anche
se questa possibilità è presente quando associati a sulfaniluree o insulina. Non
modificano sostanzialmente il peso del paziente, a differenza di insulina e
sulfaniluree, che tendono ad aumentarlo, e incretino-mimetici come exenatide
e liraglutide, che lo riducono. Hanno un buon profilo di sicurezza e non sono state segnalate
interazioni significative con altri farmaci.
A fronte di questi vantaggi, non sono ancora noti i benefici dei DPP-4i sulla morbilità e mortalità
cardiovascolare: i risultati di studi che assumono questi parametri come end-point primari sono
attesi per i prossimi anni. Altri elementi di incertezza derivano dalle possibili interferenze sul
sistema immunitario e dal rischio di pancreatiti. Pur essendo farmaci complessivamente
interessanti, questi aspetti, congiuntamente al costo piuttosto elevato, obbligano ad un loro
attento utilizzo.
Uno sguardo al futuro
Anche se non sono disponibili nel nostro paese e non è possibile al
momento fare previsioni sulla loro commercializzazione, altre due tipologie
di farmaci meritano un cenno per il loro interessante meccanismo d'azione:
gli analoghi dell'amilina (pramlintide) e i cosiddetti inibitori del
cotrasportatore-2 del sodio e del glucosio (SGLT-2 - Sodium Glucose
cotransporter-2) (dapaglifozin e canagliflozin).
La pramlintide è un analogo iniettabile dell'amilina, un ormone
normalmente secreto dalle cellule-ß pancreatiche insieme all'insulina e in grado di sopprimere la
secrezione postprandiale di glucagone, rallentare lo svuotamento gastrico e ridurre l'appetito [22].
Nei soggetti con DM1 e DM2 la secrezione di amilina è ridotta al pari di quella insulinica; per
questo in una simile popolazione l'utilizzo di pramlintide è in grado di reintegrare le funzioni
normalmente svolte dall'ormone amilina. A differenza dei mimetici dell'incretina, la pramlintide
non è in grado di influenzare la secrezione insulinica. La pramlintide è stata approvata dall'FDA nel
2005 come terapia aggiuntiva in pazienti insulino-trattati con DM1 e DM2, i quali non riescano ad
ottenere un adeguato controllo glicemico nonostante il ricorso a terapie collaudate come quelle
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
con sulfanilurea e metformina. I risultati degli studi condotti con pramlintide in soggetti con DM2
hanno dimostrato che è in grado di ridurre i picchi di iperglicemia postprandiali, di ridurre i livelli di
HbA1c (0,4-0,6%) e di ridurre il peso (1-2 kg), probabilmente grazie all'azione ritardante sullo
svuotamento gastrico. Gli effetti indesiderati più frequenti sono di tipo gastrointestinale ed in
particolare nausea, che tuttavia può essere controllata riducendo il dosaggio. Nei soggetti in
trattamento con pramlintide e insulina sono stati segnalati casi di ipoglicemia. Il farmaco va
somministrato sottocute immediatamente prima dei pasti, alla dose iniziale di 60 μg, aumentabile
a 120 μg quando la nausea risulti assente.
Il dapagliflozin è il primo rappresentante della classe degli inibitori del SGLT-2 approvato in Europa
(2012), mentre negli Stati Uniti la FDA ha approvato il canagliflozin. Questi farmaci bloccano la
proteina SGLT-2 presente sul colletto a spazzola del tubulo prossimale renale, la principale
responsabile del meccanismo di riassorbimento del glucosio dal filtrato glomerulare. In questo
modo è possibile eliminare 70-80 g di glucosio al giorno, pari a circa 300 kcal, con riduzione del
peso corporeo. Il farmaco provoca altresì una diuresi osmotica che genera un lieve calo pressorio
(-3-4 mm/Hg). Il dapagliflozin riduce i livelli di HbA1c di circa lo 0,6-0,7% dopo trattamento di 24
settimane. Gli effetti indesiderati consistono soprattutto in ipoglicemia, quando associato a
sulfaniluree o insulina, infezioni dei genitali (vulvovaginiti, balaniti) e delle vie urinarie [23].
Il costo dei farmaci ipoglicemizzanti
Il grafico mostra chiaramente l'escalation dei costi per farmaci ipoglicemizzanti orali (e iniettabili
non insulinici), del tutto analoga al vertiginoso aumento dei costi osservato negli ultimi 20 anni per
le insuline. Il DM2 è un problema di salute pubblica per i paesi occidentali ma è anche un enorme
problema di spesa sanitaria in quanto il mercato è destinato ad espandersi parallelamente
all'aumento del numero dei pazienti diabetici.
Fig. 7- Costo mensile in € della terapia calcolato a dosaggi medi di mantenimento
(prezzi dicembre 2013).
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
L'impiego dei farmaci per il DM2 in Italia
A conclusione di questa panoramica sui trattamenti ipoglicemizzanti può essere utile dare uno
sguardo a come vengono impiegati questi farmaci nel nostro paese. Il Rapporto OSMED
2012 [24]ci fornisce molti dati interessanti; limitandoci tuttavia ad alcuni flash, possiamo osservare
che quasi i due terzi dei pazienti seguiti dai servizi di diabetologia sono in trattamento con
ipoglicemizzanti orali o farmaci iniettabili diversi dall'insulina (nel grafico definiti come "iporali").
Tra i soggetti trattati con insulina, il 50% è trattato con sola insulina e il 50% con ipoglicemizzanti
orali + insulina. I farmaci di gran lunga più impiegati sono la metformina e i farmaci secretagoghi
(sulfaniluree e glinidi), utilizzati rispettivamente nel 65,5% e nel 49,6% della popolazione. Gli
inibitori del DPP-4 sono utilizzati nel 7,1% del campione, mente le altre classi di farmaci non
superano il 3%.
Fig. 8 - Distribuzione della popolazione per classi di trattamento (%)(anno
2011)
La Fig. 9 mostra come negli anni dal 2004 al 2011 sia nettamente aumentato l'uso di tutte le classi
di farmaci ipoglicemizzanti, tranne le sulfaniluree che hanno subito una importante flessione, e le
insuline intermedia e premiscelata cadute quasi totalmente in disuso. Gli incrementi più rilevanti
riguardano l'utilizzo di metformina e insulina basale. Il rapporto ci informa anche che vi è stato un
aumento dell'intensità di trattamento e che la disponibilità di maggiori opzioni terapeutiche si è
tradotta in un miglioramento del compenso metabolico, con un aumento dei soggetti a target di
HbA1c, e una corrispondente riduzione dei soggetti con valori francamente elevati.
"Tuttavia - conclude il rapporto OSMED, nonostante il miglioramento delle attitudini prescrittive e
dei risultati dell'assistenza, esistono ancora importanti margini di miglioramento: nel 2011 la quota
di soggetti con valori di HbA1c superiori a 9,0% supera il 10%. E' noto dalla letteratura come sia
difficile in questa gruppo di pazienti intensificare tempestivamente le terapie sia per problemi di
accesso alle strutture che per resistenze del medico e del paziente. Inoltre, nonostante trattamenti
più intensivi, i target raccomandati non vengono raggiunti per scarsa compliance, comparsa di
effetti indesiderati, educazione terapeutica del paziente insufficiente."
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
Fig. 9 - Trend di utilizzo dei farmaci ipoglicemizzanti dal 2004 al 2011.
Ruolo del farmacista
Il farmacista può intervenire nella gestione del diabete in diversi modi,
talvolta originali, talaltra complementari a quelli delle strutture sanitarie
pubbliche, che già prevedono centri dedicati con competenze
plurispecialistiche. La disponibilità di autotest diagnostici è già una realtà in
molte farmacie italiane ed è specificamente prevista da norme di legge. Poter
misurare glicemia, colesterolemia, trigliceridemia, pressione arteriosa, peso
corporeo e, volendo, circonferenza addominale, rappresenta già un buon
armamentario per individuare le persone potenzialmente a rischio di diabete.
Spesso tuttavia l'atteggiamento prevalente è quello di "attesa" della richiesta
da parte del cliente che desidera effettuare un autotest. Il farmacista dovrebbe adottare un
atteggiamento più propositivo, avendo tuttavia la capacità di individuare chiaramente le persone a
cui proporlo con maggiore efficacia. In questo, può aiutare la conoscenza delle terapie assunte dal
paziente, rivelate dalla prescrizione di farmaci antipertensivi o ipolipemizzanti, o la conoscenza di
una storia familiare di diabete o le caratteristiche fisiche stesse di una persona. Questo intervento
potrebbe fornire indicazioni orientative utili per il paziente senza ovviamente invadere il campo
medico.
33
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
Un secondo tipo di intervento consiste nella funzione di sostegno al paziente, soprattutto subito
dopo la diagnosi della malattia.
In molti casi esiste un rapporto di fiducia tra
farmacista e cliente, che può essere
positivamente sfruttato in un momento così
delicato. Il farmacista può aiutare il paziente
nella comprensione della malattia, dei rischi
di complicanze, sostenendo attivamente
ogni azione volta a contrastare le abitudini
di vita scorrette (cattiva alimentazione,
sedentarietà, fumo).
Un terzo intervento è quello di
informazione sul corretto uso dei farmaci
antidiabetici, sui loro effetti indesiderati,
sulla
loro
prevenzione
o
pronto
riconoscimento. In diverse occasioni, lungo
tutto il testo di questo modulo, si sono
forniti suggerimenti per i consigli da dare al
paziente in relazione a specifici farmaci. Una
buona informazione sul corretto utilizzo dei
farmaci
costituisce
una
premessa
importante per ottenere dal paziente una
migliore aderenza alla terapia.
Un altro campo di intervento è quello del
corretto consiglio per la scelta di un
dispositivo per la misura della glicemia,
fornendo al paziente tutte le istruzioni
necessarie in merito all'esecuzione del test,
alla frequenza delle misurazioni e alla loro
interpretazione (vedi box).
Per la maggior parte degli adulti con DM2 che
utilizzano insulina, la frequenza
dell'automonitoraggio della glicemia (AMG) deve
essere personalizzata. Il test deve essere eseguito
più frequentemente nelle persone che praticano
iniezioni multiple giornaliere di insulina; nelle fasi
iniziali della terapia insulinica; in occasione di
modifiche al regime/dose; quando vi sia una storia
pregressa di episodi di ipoglicemia; in presenza di
malattie acute; nelle persone con glicemia
instabile o scarsamente controllata; nelle donne in
gravidanza; in coloro che svolgono lavori in cui
l'ipoglicemia può comportare rischi per la
sicurezza.
Nelle persone con DM2 che fanno uso esclusivo di
ipoglicemizzanti orali o iniettabili non-insulinici, il
controllo routinario della glicemia non è
raccomandato da molte linee guida. Secondo il
NICE inglese l'AMG dovrebbe far parte integrante
di un programma di educazione e di gestione della
terapia per tutti i pazienti con una nuova diagnosi
di DM2, per monitorare l'andamento della
malattia e attuare modifiche dello stile di vita e
della terapia, inclusa quella farmacologica. Anche
per questi pazienti l'AMG è comunque
raccomandato quando vi sia un maggior rischio di
ipoglicemia, insufficiente assunzione di calorie,
intensa attività fisica, malattie acute in atto o
modifiche nel regime farmacologico.
I pazienti diabetici inoltre potrebbero
trovare vantaggiosa la disponibilità in farmacie di altri servizi (es. podologo, dietista) che la recente
normativa consente di attivare.
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
Sintesi finale
Dieta e adozione di stili di vita salutari restano capisaldi
fondamentali nel trattamento di tutti i pazienti con DM2. Quando
questi provvedimenti da soli non consentono il raggiungimento
dei livelli ottimali di HbA1c, occorre intervenire con farmaci
ipoglicemizzanti. La disponibilità in commercio di un'ampia
gamma di farmaci in grado di assicurare un controllo glicemico
adeguato nei soggetti con DM2 offre la possibilità di scegliere per
ogni paziente la terapia più adeguata, selezionandola in base alle
caratteristiche cliniche del paziente e a valutazioni di sicurezza del
farmaco. Attualmente la metformina è l'ipoglicemizzante orale di prima scelta, in virtù della lunga
esperienza clinica, nonché dell'ottimo controllo glicemico a fronte di assenza di incremento
ponderale e bassi costi.
Gli ipoglicemizzanti orali finora in uso, tuttavia, non hanno ancora risolto il problema di fondo del
DM2, ovvero la progressiva riduzione dell'attività delle cellule-ß pancreatiche. Questo meccanismo
riduce, nell'arco di pochi anni, l'efficacia di ogni monoterapia farmacologica, e impone o il ricorso
alla terapia combinata di diversi ipoglicemizzanti o l'introduzione della terapia insulinica [25]. Per
continuare ad assicurare un controllo glicemico adeguato anche dopo diversi anni, la ricerca da
una parte indirizza il proprio interesse verso nuove molecole dall'altra nel realizzare nuove
formulazioni che associno in un'unica compressa più agenti ipoglicemizzanti. I nuovi farmaci
sembrano offrire una valida alternativa agli ipoglicemizzanti classici in termini di efficacia e
sicurezza. E' prematuro stabilire se esiste un vantaggio effettivo quando utilizzati da soli, ma la
disponibilità di più opzioni terapeutiche consente ai medici di individualizzare i trattamenti al fine
di ottenere un migliore compenso metabolico.
Oltre ai nuovi farmaci tuttavia sarebbe importante che anche i medici modificassero l'approccio
nella gestione del diabete, cercando di evitare il cosiddetto fenomeno dell'inerzia terapeutica che
consiste nel procrastinare l'intervento terapeutico nonostante il raggiungimento di parametri
clinici "border-line". E' stato dimostrato, infatti, che le modifiche agli schemi di trattamento per il
diabete vengono spesso attuate in ritardo, dopo che il paziente raggiunge livelli di
HbA1c considerati elevati dalle linee-guida correnti e quindi in grado di aumentare il rischio di
complicanze.
Il farmacista, grazie al suo rapporto frequente con i clienti, può contribuire in modo originale e/o
complementare al processo di cura e assistenza dei pazienti con diabete, aiutandoli a monitorare
la loro malattia e a mettere in atto quei i provvedimenti comportamentali che si sono dimostrati
altrettanto importanti del trattamento farmacologico.
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2014
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[25] Per l'algoritmo proposto dall'Associazione Medici Diabetologi
vedi:http://www.aemmedi.it/algoritmi_en_2013/algoritmi.html
Per un commento alle stesse: G. Medea, Il nuovo algoritmo terapeutico del diabete mellito tipo 2
step by step per una terapia sempre più semplice ed efficace, Rivista della Società Italiana di
Medicina Generale, n. 1 febbraio 2012.
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