IL SUONO E LA MUSICA Tra tutti i suoni che arrivano al nostro orecchio, che cosa distingue quelli che definiamo come musica? Prima di rispondere, vediamo qualche caratteristica dei suoni (e delle vibrazioni in generale). Cose da sapere sul suono Le caratteristiche dei suoni sono espresse in un linguaggio specifico che dobbiamo conoscere. Si parla di: • Frequenza: è il numero di vibrazioni al secondo che compongono il suono. Le basse frequenze sono proprie delle note gravi (la membrana del timpano vibra meno frequentemente) mentre più alta è la frequenza più acuto sarà il suono che percepiamo. • Ampiezza: si riferisce a quanto è forte un suono. Onde più ampie vogliono dire suoni più forti. • Forma dell’onda: da questa dipende il timbro del suono. La forma dell’onda dipende dallo strumento che la emette: un pianoforte produce un’onda di forma diversa rispetto a un flauto o alla nostra voce. Così distinguiamo i suoni dei diversi strumenti e della voce. Esistono i suoni puri, cioè formati da una sola frequenza, come quelli prodotti dal diapason, ma in genere i suoni prodotti da uno strumento musicale contengono più frequenze, legate fra loro da un rapporto preciso. Allora, a questo punto che cosa sappiamo di più? Abbiamo risposto alla domanda iniziale? No, non ancora! Abbiamo parlato di frequenze: ogni suono ha la sua, ma le frequenze utilizzate in musica sono solamente un centinaio, come mai? E perché alcune frequenze vanno bene e altre no? È il momento di entrare nel campo delle note (musicali, ovviamente). Un diapason © Mondadori Education 1 La nota è un suono, ma un suono non è per forza una nota. Per definire un suono come nota, dobbiamo chiarire che una nota è un suono di timbro e volume qualsivoglia, ma di frequenza stabilita. Nella musica convenzionale la gamma di frequenze utilizzate coincide con gli estremi del pianoforte (o dell’organo), che sono gli unici strumenti in grado di raggiungere contemporaneamente i due limiti opposti, il più basso e il più alto, dell’estensione musicale. Noi occidentali scegliamo le nostre note di riferimento dividendo tutta la gamma di frequenze in brevi intervalli regolari chiamati semitoni, come si può fare con i colori di una tavolozza, in cui tra un’infinità di colori, ne scegliamo 25 di riferimento. L’intervallo che va da una certa frequenza al suo doppio può essere diviso come si vuole. Noi lo dividiamo in dodici parti mentre, per esempio, nella musica araba o indiana le note possono essere distanti tra loro mezzo semitono o anche meno. © Mondadori Education 2