India, bambini nell`inferno di Jowai

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Venerdì 16 Luglio 2010
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Le miniere di carbone della città impiegano ragazzini provenienti soprattutto da Nepal e Bangladesh
India, bambini nell’inferno di Jowai
Per 6 euro al giorno nelle tane di topo dove la morte è vicina
DI
ANDREA BRENTA
M
igliaia di piccole
mani fanno uscire
dalle viscere della
terra milioni di tonnellate di carbone.
È un paesaggio infernale
quello di Jowai, nello stato indiano del Meghalaya. Tumuli di
carbone si estendono a perdita
d’occhio su una terra spoglia di
alberi e vegetazione. Ma l’inferno vero è sotto terra. Nelle miniere di Soo Kilo dove lavorano
i ragazzini.
E pensare che in India il lavoro minorile è vietato. Il paese ha
recentemente adottato anche
una legge sull’obbligo scolastico
a partire dai sei anni.
Le piccole braccia che lavorano a Jowai appartengono ad
adolescenti provenienti soprattutto dal Nepal e dal Bangladesh. Secondo la ong Impulse
Network, sarebbero oltre 70
mila i ragazzini impiegati nelle gallerie nere delle miniere
indiane, grandi come tane di
topo.
All’alba essi scendono una
piccola scala in bambù per ri-
Miniere di carbone nello stato
del Meghalaya, in India, e le
mani di un piccolo minatore
trovarsi 70 metri sotto terra. Si
infilano nel loro buco, una torcia
in testa e un carrettino dietro.
Nelle strette gallerie, il fiato è
corto perché manca l’ossigeno.
Ma meglio scavare senza fermarsi e senza pensare troppo
perché qui i minatori vengono
pagati a seconda della quantità
di carbone estratta. I più piccoli
guadagnano 6 euro al giorno, i
più grandicelli possono sperare di portarne a casa fino a 13.
«È molto rispetto a quanto si
guadagna in Nepal», dice a Le
Monde uno di loro, Bejay Rai.
Ma negli otto mesi da quando è
arrivato qui, egli non è riuscito
a risparmiare una sola rupia.
Perché cibo, alcol, gioco e prostitute si pagano cari. «Circola
anche della droga per aiutare a
tenere il ritmo», spiega Hasina
Karbih, direttrice di Impulse
Network.
Sundar Tamang, un ragaz-
A Gateshead, accanto allo stadio olimpico, pronto il primo lotto
zino di 15 anni dal corpo gracile, ha già le mani callose di un
lavoratore accanito. Fuggito dal
Nepal sei mesi fa, ora aspetta
solo di racimolare i 150 euro da
dare all’intermediario che l’ha
condotto fino qui per poter tornare nel suo villaggio. Sa che ci
vorranno lunghi mesi di lavoro,
a meno che non decida di andare a raccogliere il carbone nelle
gallerie più profonde, quelle
dove la morte è più vicina, ma i
salari sono più alti.
Talvolta cade una benna,
schiacciando gli uomini in fondo alla miniera. Altri muoiono
sotto i crolli o annegano quando la pioggia dei monsoni arriva
di sorpresa e inonda le «tane di
topo». I feriti gravi hanno poche speranze, visto che il primo
ospedale si trova a tre ore di
strada e il medico più vicino può
fornire solo del paracetamolo.
Se le vittime vengono identificate e i direttori sono generosi,
le spese di rimpatrio dei corpi
vengono sostenute dalle società
di gestione. Altrimenti i cadaveri vengono sotterrati in un
piccolo appezzamento di terra
che la comunità nepalese ha
acquistato allo scopo.
Ma dove sono gli ispettori del
lavoro? «Sono sette in tutto lo
stato del Meghalaya e non posseggono nemmeno una macchina», spiega Patricia Mukhim,
direttore del giornale locale The
Shillong Times.
Dall’inferno non si esce tanto facilmente. «Molti tornano a
casa raccontando che la miniera
è un paradiso», dice un ex minatore. «Preferiscono tenere per sé
l’inferno e salvare l’onore».
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Acquisita l’agenzia di pubblicità di Nestlé
Le case fai-da-te di Ikea
Colpo grosso
debuttano in Gran Bretagna di Publicis in Cina
D
ebutta in Gran Bretagna la casa
Ikea.
Il primo insediamento di BoKlok,
così si chiama il progetto per la casa
che si monta da soli, è a Gateshead, dove il
colosso svedese ha acquistato una superficie
di cinque ettari proprio nei pressi dello stadio olimpico. Un’area, un tempo occupata da
magazzini abbandonati, che può accogliere
fino a 1.500 nuove abitazioni, oltre a uffici e
laboratori.
Il primo blocco di 90 abitazioni è stato costruito grazie a una partnership con Live Smart
@ Home, società del gruppo non-profit Home
Group, che fornisce strutture sostenibili.
Ikea è partita dal presupposto che la penuria
di abitazioni in Gran Bretagna è destinata a
peggiorare e ha messo gli occhi su diversi siti
sull’isola.
Le case BoKlok utilizzano metodi di costruzione innovativi e hanno una pianta flessibile,
ampie metrature e larghe finestre. Un sistema
di pannelli isolanti permette inoltre di aggiungere le «feature» più disparate all’abitazione,
come stanze aggiuntive, pavimentazioni in
parquet, cucine complete e sistemi di risparmio energetico, naturalmente tutto a marchio
Ikea.
Proposte in due tipologie, appartamenti e
villette a schiera, costano in media 99 mila
sterline, circa 141 mila euro.
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Un villaggio di case
BoKlok Ikea
L
a Cina si appresta a
divenire il secondo
mercato mondiale della pubblicità.
Per trovarsi pronto all’appuntamento, il gruppo francese Publicis, numero tre al
mondo nel settore della comunicazione,
ha acquisito
G4, giovane
(è nata nel
2009) agenzia
di pubblicità a servizio
completo con
sede a Pechino. Piccola
società, G4,
ch e i m p i e g a
una trentina
di persone, ha
però nel suo
portafoglio
clienti il colosso mondiale
dell’agroalimentare, la svizzera Nestlé.
Publicis si è rifiutata di
svelare l’ammontare dell’operazione e di fornire informazioni finanziarie sulla società.
L’attuale direttore generale di
G4, Laurent Beloeuvre, dirigerà la nuova struttura. E
potrà gestire il budget Nestlé
in tutto l’ex Celeste impero.
Per il settore agroalimentare e per quello pubblicitario, i
paesi emergenti e soprattutto la Cina sono il futuro Eldorado. Secondo le previsioni
del marzo scorso dell’agenzia
ZenithOptimedia (gruppo Publicis), il mercato della pubblicità in Cina dovrebbe crescere
dell’11,5% nel 2010. Un dato
che fa della Cina uno dei mercati che conoscono la crescita
più forte nel settore. Il gruppo
Publicis è presente nel paese
con oltre 3.700 professionisti
della comunicazione in una
cinquantina di città, tra cui
Pechino, Shanghai, Chengdu e Guangzhou. Ma la Cina
pesa attualmente solo per il
5% dell’attività del gruppo
francese.
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