Big data marketing e programmatic advertising

Big data marketing e programmatic advertising:
ottimizzazione o valore?
di Andreina Mandelli
Luglio 2016
Articolo di approfondimento
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Marketing
SDA Bocconi
C'è chi associa il recente trend dei
cosiddetti big data nel marketing e
nella pubblicità a scenari alla Mi­
nority Report. Collegato a questo
trend, è sicuramente presente un
tema cruciale di protezione della
privacy (se affrontato seriamente,
meno apocalittico di quanto spes­
so prefigurato). C’è però un altro
tema che vale la pena discutere:
l’impatto dei big data sul paradig­
ma di marketing e le logiche di
management delle relazioni di
mercato. Ogni attività che faccia­
mo lascia una traccia di dati. Se
queste attività si riferiscono a con­
sumi (ricerca di informazioni sui
prodotti, comparazioni tra offerte,
acquisti, utilizzo dei prodotti) e in­
terazioni di mercato (scambi di in­
formazioni/opinioni sui prodotti,
interazioni marca­consumatori di
varia natura), i dati generati pos­
sono avere un forte impatto co­
noscitivo e di supporto alle
decisioni nei processi di marke­
ting. Ma se queste attività sono
svolte o registrabili in ambienti di­
gitali (sui siti web, usando il nostro
smartphone, in negozi dove ci sia­
no sensori di prossimità etc.), il
tracciamento dei dati diventa mol­
to più potente.
Il fenomeno dei Big Data è, infatti,
definito da tre variabili di accelera­
zione della complessità dei dati
raccolti e gestiti: i volumi, la va­
rietà di formato e la velocità (real­
time). L’incremento di potenza e
sofisticazione delle capacità com­
putazionali ha reso continuo e
ubiquo il tracciamento dei dati (soprattutto attraverso
sensori, wearables e tecnologie di facial/object recognition) e spostato il processamento delle infor­
mazioni oltre i limiti dei dati quantitativi tradizionali.
Sempre più, infatti, testi complessi e immagini entra­
no nel flusso dei dati trattati. Gli esempi più comuni
si riferiscono alla possibilità di costruire una co­
noscenza maggiormente approfondita degli stili di
vita dei consumatori, delle relazioni brand­customer
e delle comunità di consumo, attraverso l’applicazio­
ne alle conversazioni online di diverse tecniche di
analisi semantica e discourse analysis automatizza­
te (integrate o meno con le più tradizionali tecniche
di social network analysis), ma anche mediante la
possibilità di riconoscere pattern di consumo e so­
ciali attraverso l’analisi delle immagini pubblicate sui
social.
Questo nuovo modo di utilizzare i dati nel marketing
ha un impatto significativo almeno su due livelli:
Perché vengono raccolti e analizzati tutti questi dati?
Per aumentare la comprensione dei fenomeni rile­
vanti nel mercato, per supportare la precisione e le
probabilità di successo delle decisioni di investimen­
to e azione nei mercati, per automatizzare al massi­
mo i processi di marketing e advertising. I dati
raccolti sono inoltre analizzati con tecniche statisti­
che e software di intelligenza artificiale per costruire
scenari predittivi (ad esempio anticipare comporta­
menti di clienti, anche a partire da dati su comporta­
menti di consumatori con profilo simile).
Stati Uniti, Emarketer prevede che nel 2017 il 72%
di tutto l’advertising display sarà programmatic.
Con questo termine si intende l’automazione degli
acquisti e delle vendite di spazi/contatti pubblicitari,
attraverso piattaforme che fanno incontrare, anche
con aste in tempo reale, la domanda degli investitori
con l’offerta di vecchi e nuovi editori (prevalente­
mente digitali, ma anche la TV adv comincia a di­
ventare programmatic). Questi scambi avvengono a
partire dalla disponibilità, in tempo reale, di dati
sempre più precisi sui profili e i comportamenti dei
Figura 1 ­ Esempio di visual intelligence
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• Nell'ottimizzazione e incremento di efficienza dei
processi di marketing (diminuzione di costi e
incremento della precisione e velocità di decisio­
ne);
• Nell’incremento del valore creato nelle interazioni
di mercato.
Un esempio di come si possano automatizzare alcu­
ni processi fondamentali di marketing è il program­
matic advertising, che si sta diffondendo
velocemente sia negli USA sia negli altri mercati ad
alta digitalizzazione. Come sostiene Francesco Luc­
chetta, Managing Director di Mediacom, “La doman-
da non è se ci sposteremo sul programmatic; la
domanda riguarda solo quando lo faremo”. Negli
Fig. 2 Diffusione del Programmatic Advertising Display in US
Fonte: Emarketer
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consumatori. I nuovi intermediari di dati sui mercati
pubblicitari riescono a raccogliere e (soprattutto) sin­
cronizzare dati da fonti molto diverse, incluso il CRM
proprietario, per ricostruire il profilo anagrafico, psi­
cografico, comportamentale di ognuno di noi, sia in
termini storici che predittivi. Se questi dati integra­
ti/sincronizzati sono dinamici ­ cioè si riferiscono a
cosa abbiamo fatto in tempo reale e dove ­ la capa­
cità di targetizzazione (o retargeting) pubblicitaria at­
traverso i diversi canali (mobile, display, video,
social, solo per parlare del digitale) diventa molto ef­
ficiente e precisa. Da ciò nasce la (spesso) ossessi­
va raccolta di dati/tracking sul consumatore, anche
in mobile/geo­localizzazione.
Un altro esempio di come i big data possano creare
maggiore efficienza nel marketing risiede nell’analisi
in tempo reale dei lead scoring e content scoring a
supporto di decisioni su quali rapporti commerciali o
contenuti privilegiare (quali lead hanno maggiori
probabilità di generare acquisti e quali contenuti
creano maggiore engagement nel consumatore?).
Avis/Budget, l’azienda di rent­a­car, gestisce i dati di
40 milioni di clienti, sincronizzando in tempo reale le
decisioni di offerta con l’analisi del valore del singolo
cliente per l’impresa (Lifetime-Customer-Value). In
diverse occasioni, tale approccio ha permesso di in­
crementare l’efficacia della strategia di contatto del
30% rispetto ad approcci commerciali più tradiziona­
li1. Se l’ottimizzazione dell’efficienza è indirizzata ad
accrescere la rilevanza delle comunicazioni e delle
offerte, ciò consente al contempo di creare maggior
valore per il cliente (il cuore del nuovo paradigma di
marketing: relationship-based e service-dominant).
Semplificando un po’, il valore per il cliente è dato
dalla nostra capacità di generare benefici tangibili e
intangibili in tutte le occasioni di contatto, al netto dei
costi richiesti in queste interazioni (incluso sforzi, di­
sagi e percezioni di rischio anche sulla privacy).
Quindi, qual è l’impatto dei big data sulla creazione
del valore nel marketing?
Se i dati raccolti vengono utilizzati per customizzare
e contestualizzare al meglio l’offerta ­ tenendo conto
non solo delle preferenze del consumatore, ma an­
che della fase in cui si trova nel suo “customer
journey” e delle variabili di contesto, quali il luogo,
l’ambiente e la socialità nei quali l’incontro con il
consumatore avviene ­ la maggiore efficienza di
spesa per l’impresa si può sposare con un incre­
mento di valore per il consumatore.
Ad esempio, Neutrogena ha implementato una cam­
pagna mobile sun-activated e location-based per un
suo prodotto di crema solare. Ha esposto il messag­
gio solo a persone interessate a tematiche di salute
e con un lifestyle outdoor, che si trovavano in un’ora
di punta della giornata in ambienti con un alto tasso
di raggi UV (misurati in tempo reale), ad esempio
spiagge e parchi, e in prossimità di un punto vendita
Fig. 3 Esempio di Retargeting ­ Fonte: www.perfectaudience.com
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con il loro prodotto.
La campagna ha aiutato l’azienda a ottenere una
buona perfomance di branding (+63% awareness,
+43% intenzione di acquisto) perché incentrata su
contenuti rilevanti, guidati da dati precisi e aggiornati
in tempo reale. Non si può dire lo stesso delle
pubblicità che ci inseguono per settimane (tanto da
essere chiamate "stalking ad" in modo ironico), dopo
che abbiamo visitato dei siti per i motivi più diversi,
per riproporci genericamente l’acquisto dei prodotti
precedentemente visualizzati.
Fig. 4 Sun­activated campaign di Neutrogena
Fonte: www.mmaglobal.com
Aumentando la contestualizzazione del messaggio
pubblicitario, aumenta la rilevanza e quindi l’utilità
del messaggio stesso. Ma questo richiede, anche,
una maggiore quantità e precisione di dati. Perché
questa rilevanza non si accompagni a una reazione
negativa dei consumatori è necessario investire ­ ol­
tre che sulla qualità e l’aggiornamento continuo dei
dati utilizzati ­ su una policy di protezione della pri­
vacy che sia all’altezza della possibile percezione di
intrusione. È inoltre necessario investire sull’integra­
zione dei dati utili ai fini di advertising con una co­
noscenza più approfondita dell’intero ciclo di
relazione con il cliente. E ciò richiede un approccio
strategico al big data marketing. Nel rapporto di IAB
Europe di Giugno 2016 sul programmatic adverti­
sing, si richiama l’attenzione, purtroppo, su come
oggi sia prevalente “la tendenza a utilizzare il programmatic in una logica più tattica” con focus prima­
rio sull’efficienza di spesa e il conseguente rischio di
“perdere le opportunità strategiche”.
Per non perdere di vista il focus sul valore ­ centrale
nell’elaborazione delle strategie e delle azioni di
marketing nell’era dei big data ­ dobbiamo rinforzare
l’attenzione sul customer learning e sull’intero ciclo
di management della relazione con il cliente.
Il focus dovrebbe risiedere sul come i dati possano
aiutare le aziende a capire meglio i propri clienti e a
Fig. 5 Ottimizzazione e valore ­ Fonte: Elaborazione dell'autrice
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disegnare per loro esperienze rilevanti
e soddisfacenti. Questo implica un
cambiamento culturale, volto a guarda­
re ai consumatori come a partner rela­
zionali e non – alla vecchia maniera –
come a un’audience da catturare.
Andreina Mandelli è SDA Professor dal
1995, dove è responsabile di program­
mi di executive education sui temi del
digital marketing e della digital corpo­
rate communication. È nella faculty
della global business school dell'Uni­
versità Bocconi a Mumbai dal 2013 e
professore a contratto a USI Lugano. È
cofondatrice di due network di ricerca
internazionali dedicati allo studio dei
mercati digitali, in collaborazione con
Ucla Anderson school of management
e USC Center for Digital Future di Los
Angeles.
La Marketing Community è co­
stituita da tutti coloro che hanno
partecipato a un corso di Marke­
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Faculty e desiderano mantenere
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tato da un mix straordinario di
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dali, oltre che dalla passione e
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noscenza si basa sullo scambio
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1Fonte:CSC company website
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