Genetica 4

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GENETICA
la scienza dell’ereditarietà e della
variabilità
4° incontro
Regiroli Giovanni, biologo
Ingegneria genetica
• Con il termine di ingegneria genetica (più
propriamente tecnologia del DNA ricombinante)
si fa riferimento ad un insieme di tecniche che
permettono di isolare e modificare i geni
(segmenti di DNA) e di clonarli (riprodurli sempre
uguali all’originale) tramite l’introduzione e
l’espressione in un ospite, anche di specie diversa
da quella del donatore.
• Queste tecniche permettono di conferire
caratteristiche nuove alle cellule riceventi. Le
cellule così prodotte sono chiamate ricombinanti.
• Si definisce tecnologia del DNA ricombinante l’insieme
delle tecniche di laboratorio che consentono di isolare e
tagliare brevi sequenze di DNA per trasferirle e inserirle nel
genoma di altre cellule, in modo da modificarne uno o più
geni. Questa tecnologia permette interventi mirati, che
modificano in modo specifico solo i geni dei caratteri su cui
si vuole agire. Inoltre, le metodologie odierne consentono
di trasferire DNA non solo tra individui della stessa specie,
ma anche tra specie diverse, spesso molto differenti l’una
dall’altra. Si possono, per esempio, trasferire geni da un
batterio a una pianta o introdurre in un batterio un gene
proveniente da una cellula umana.
• La tecnologia del DNA ricombinante è molto complessa dal
punto di vista operativo, ma dal punto di vista concettuale
si basa su criteri abbastanza semplici:
– identificare il gene;
– tagliarlo e isolarlo dalla restante molecola di DNA;
– unire il gene a un vettore a sua volta costituito da DNA;
– trasferirlo all’interno di una cellula ricevente.
Fondamentale per lo sviluppo della tecnica del DNA ricombinante:
la scoperta nel 1973 degli enzimi di restrizione nei batteri.
Tagliano il DNA solo nei punti dove ci sono delle sequenze definite di
basi azotate (siti di riconoscimento)
Nei batteri costituiscono un mezzo di difesa contro le infezioni di virus (batteriofagi o fagi) in
quanto tagliano in pezzi il loro DNA agendo su specifiche sequenze di basi. Per esempio,
l’enzima EcoRI taglia il DNA soltanto quando incontra la seguente sequenza di basi appaiate nella
doppia elica del DNA: taglio tra la G e la A nella sequenza GATTC su un’elica del DNA e taglio tra la
A e la G nella sequenza complementare CTTAAG sull’altra elica
Gli enzimi di restrizione (“forbici molecolari”)
DNA di organismo A
Gli enzimi di restrizioni
tagliano la molecola di DNA di
un organismo A in punti
specifici
Si producono così dei
frammenti di DNA “adesivi”
in quanto hanno, su
entrambe le eliche, delle basi
non appaiate
DNA di organismo B
DNA ricombinante
con geni di entrambi
gli organismi A e B
Se si introduce il DNA di un
organismo B, pure lui tagliato con
gli stessi enzimi di restrizione, le
sue basi si appaiono a quelle del
DNA dell’organismo A, a formare di
nuovo una doppia elica
Si forma così un’unica
molecola di DNA dal DNA di
due organismi diversi
DNA ricevente tagliato con l’enzima di restrizione
Terminale “adesivo”
DNA ricombinante
DNA da inserire tagliato con
lo stesso enzima di restrizione
Una volta ottenuto, come si fa ad inserire una molecola di DNA ricombinante in un
nuovo organismo?
Utilizzando le proprietà dei plasmidi, piccoli cromosomi batterici mobili, che passano
da un batteri all’altro tramite la coniugazione, trasferimento di materiale genetico
•
•
•
In aggiunta al cromosoma principale, molti batteri ospitano cromosomi circolari più piccoli,
definiti plasmidi. Normalmente i plasmidi contengono poche dozzine di geni; tuttavia, essi
sono in grado di duplicarsi e ciò consente di considerarli cromosomi.
Di regola i plasmidi si duplicano in contemporanea con il cromosoma principale; possono
però trasferirsi da una cellula all’altra durante la coniugazione batterica, portando nuovi geni
nel batterio ricevente. Dal momento che i plasmidi hanno un’esistenza indipendente dal
cromosoma principale, non c’è bisogno che si ricombinino con esso perché i loro geni
possano aggiungersi al genoma della cellula ricevente.
Esistono diversi tipi di plasmidi, classificabili in base al tipo di geni che contengono:
I fattori di fertilità o plasmidi F rendono possibile la coniugazione. Talvolta il plasmide
F si può integrare nel cromosoma principale; in tal caso, trasferendosi da una cellula all’altra
attraverso il tubo di coniugazione, può portare con sé anche parte del cromosoma principale.
I plasmidi metabolici possono conferire insolite capacità metaboliche alle cellule che li
contengono. Per esempio, alcuni batteri possono crescere sugli idrocarburi, utilizzandoli
come fonte di carbonio. I geni che codificano gli enzimi coinvolti nella demolizione degli
idrocarburi sono portati dai plasmidi
I fattori di resistenza, definiti anche plasmidi R, portano geni che codificano proteine
capaci di demolire o alterare gli antibiotici. Ogni plasmide R porta uno o più geni che
conferiscono la resistenza a particolari antibiotici, oltre ai geni che rendono possibile la
coniugazione. Per quanto è dato sapere, i plasmidi R che conferiscono antibiotico-resistenza
esistevano già molto tempo prima della scoperta e dell’utilizzo degli antibiotici. Tuttavia in
tempi recenti sOno diventati molto più frequenti, probabilmente perché l’uso massiccio di
antibiotici negli ospedali ha portato alla selezione di ceppi portatori di questi fattori.
I plasmidi sono stati scelti quali
vettori per l’inserimento di un gene
estraneo in un organismo
(nell’esempio illustrato in un
batterio).
Il plasmide vettore e il gene
estraneo da inserire vengono tagliati
con gli stessi enzimi di restrizione
per far si che le loro estremità
“appiccicose” siano complementari,
quindi si appaiano e il gene estraneo
viene così inserito nel plasmide. Una
volta inserito, il gene diventa parte
del DNA del plasmide batterico,
replicandosi con esso, trasferendosi
in nuovi batteri tramite la
coniugazione e codificando per la
sua proteina specifica che viene così
prodotta.
Un esempio di transgenesi
trasferimento del gene umano
dell’insulina nei batteri
Si utilizza quale vettore un PLASMIDE
che può essere facilmente trasferito
da un batterio ad un altro.
Si usa lo stesso enzima di
restrizione per tagliare il DNA del
plasmidio e il DNA umano che
porta il gene dell’insulina
Il frammento di DNA del gene
dell’insulina si inserisce nel
plasmide batterico insieme ad un
gene marcatore per riconoscere le
cellule trasformate.
Questo batterio, grazie al gene umano
introdotto nel plasmide. ora è in grado di
produrre l’insulina.
Oggi tutta l’insulina utilizzata in campo
medico è prodotta da batteri transgenici
Una parentesi: la clonazione della pecora Dolly
Nel la clonazione dell’intero organismo non si è ricorsi alla tecnica del DNA trasformato ma a un
impianto di un intero nucleo cellulare. Da un individuo donatore sono state isolate alcune cellule
staminali e da una di queste è stato estratto il nucleo. Tale nucleo è stato poi impiantato in una
cellula uovo a cui era stato tolto il nucleo. Questa cellula uovo, non fecondata ma contenente un
nucleo con tutti i cromosomi di una cellula adulta, è stata impiantata nell’utero di una pecora
ospite. Il soggetto che è nato, Dolly, aveva il proprio patrimonio genetico esattamente uguale a
quello del soggetto donatore del nucleo (per questo chiamato clone, ciò uguale geneticamente
ad altro individuo in quanto generato asessualmente, senza la ricombinazione genetica
apportata dalla riproduzione sessuata)
Reazione a Catena della Polimerasi:
una nuova rivoluzione nello studio del DNA
PCR sigla di polymerase chain reaction («reazione a
catena della polimerasi»), è una metodologia utilizzata
per ottenere grandi quantità di copie di segmenti
specifici di DNA, partendo da quantità minime (anche
una sola molecola) presenti in una preparazione
iniziale.
Ideata negli anni 1980 da K. Mullis, ha avuto negli anni
successivi un tale sviluppo da rivoluzionare molti campi
della ricerca di base e applicata.
Le sue numerose applicazioni riguardano la genetica
molecolare, la diagnostica, la medicina forense, le
analisi alimentari e microbiologiche e gli studi di
filogenesi molecolare.
Un segmento di DNA di cui si sono
determinate le basi azotate delle due
estremità, viene denaturato con il calore (la
doppia elica si divide nei due filamenti) e
messo a contatto con piccole molecole di
DNA (primers) complementari alle basi
azotate delle estremità. Questo innesca un
ciclo di replicazione del DNA. La metodologia
si ripete con numerosi nuovi cicli fino ad
ottenere una quantità notevole di DNA
Numerose sono le applicazioni della PCR in ambito diagnostico, in particolare
nella individuazione di mutazioni geniche che determinano forme tumorali
oppure malattie ereditarie. Se un gene presenta ampie delezioni
nucleotidiche (perdita di basi azotate), come nel caso del gene mutato
nella distrofia di Duchenne, il tratto di DNA amplificato di quella regione
risulterà più corto rispetto a quello derivato dall’amplificazione del gene
normale.
In ambito giudiziario la PRC consente di amplificare le poche molecole di DNA
recuperato nella saliva, nel sangue o in altri liquidi organici sulla scena di
atti criminali e quindi di poterlo confrontare con il DNA di persone
sospette
La tecnica della PCR è impiegata anche negli studi di evoluzione molecolare, al
fine di determinare il grado di correlazione fra le specie e costruire alberi
genealogici. Viene assunto che tanto più le specie divergono da un
antenato comune, tanto più differiscono le loro sequenze di basi azotate e,
viceversa, un maggior grado di conservazione di sequenze nucleotidiche
fra specie potrebbe indicare una minore distanza fra di esse dal punto di
vista evolutivo.
DNA fingerprinting
(tipizzazione del DNA = impronta genetica)
• Tecnica basata sulla analisi dei numerosi loci (siti cromosomici)
ipervariabili (che presentano grande variabilità da individuo a
individuo) presenti nel genoma umano e che permette di ottenere
l'impronta genetica, in genere caratteristica di ogni individuo. Un
locus ipervariabile consiste in una serie di ripetizioni di una breve
sequenza nucleotidica (A, T, G, C) il cui numero varia da allele ad
allele del gene, cosicché il numero delle ripetizioni presenti nel
genoma di ciascun individuo costituisce una particolare
caratteristica genetica (cioè la sua impronta genetica) di questo.
• La variabilità individuale a livello dei loci viene determinata
mediante PCR e digestione con enzimi di restrizione. Il quadro e la
lunghezza dei frammenti di restrizione così ottenuti sono una
funzione del numero di ripetizioni presenti. L'analisi del numero
variabile di ripetizioni rappresenta uno dei principali mezzi per la
tipizzazione del DNA.
• Il DNA frammentato, infatti, ha caratteristiche diverse da persona a
persona: esistono però delle somiglianze tra consanguinei, in
particolare tra genitori e figli. Minore è il grado di parentela e
maggiore è la diversificazione nel DNA
Esempio di applicazioni delle tecniche illustrate
Test di Paternità
• Il test di paternità si basa sulla regola che ogni persona ha il
DNA di suo padre e di sua madre.
• Il test confronta le particolarità genetiche di ciascun soggetto
studiato con quelle degli altri famigliari. Con i test del DNA si
può attribuire (riconoscimento) o escludere
(disconoscimento) la paternità biologica in modo
praticamente certo, cioè con una probabilità maggiore del
99,97%.
• La paternità biologica è esclusa nel caso in cui ci siano almeno
tre differenze genetiche nel figlio rispetto al presunto padre.
La paternità biologica è invece attribuita se vi è concordanza
statisticamente significativa tra figlio e presunto padre.
• Il test di paternità si basa sull’analisi di parti del DNA che
variano molto nella popolazione e che permettono ad ogni
persona di essere diversa da tutte le altre.
• A questo scopo si utilizzano i cosiddetti “marcatori polimorfici
STR (Short Tandem Repeats)” che sono brevi sequenze di DNA
che si ripetono molte volte. Quello che varia tra gli individui è
il numero delle ripetizioni. Con particolari tecniche il numero
di queste ripetizioni si può misurare: il test standard consiste
nella caratterizzazione di 15-16 marcatori STR indipendenti.
Ognuno di questi marcatori è misurato e confrontato con tutti
gli altri noti.
Esempio prendendo in
considerazione una
sequenza ripetuta degli
alleli di un solo gene: il
figlio presentare
entrambe le sequenze
ripetute dei genitori
(una ereditata con il
cromosoma materno e
l’altra con il
cromosoma paterno
Valutando allo stesso
modo tutti i marcatori
analizzati è possibile
riconoscere i
marcatori che il figlio
condivide con la
madre (rosso) e quelli
condivisi con il padre
(azzurro). Nel primo
caso (riconoscimento)
la condivisione con il
presunto padre è
completa e quindi la
paternità biologica è
CERTA.
Nel secondo caso
(disconoscimento)
nessun marcatore è
condiviso con il
presunto padre e la
paternità biologica è
ESCLUSA.
Gossip scientifico: il caso Yara
(testo riportato dalla stampa locale)
Come si è giunti a identificare Massimo Giuseppe Bossetti?
•
•
•
•
Una volta trovate alcune tracce di sangue sugli indumenti di Yara, e non appartenenti a nessuna persona di sua
conoscenza, gli inquirenti ne hanno estratto e aplificato con la PRC il Dna e iniziato a testare se possibili sospetti
avessero un profilo genetico compatibile.
Le sequenze di Dna analizzate (loci ripetuti) permettono non solo di identificare se i due campioni di Dna derivano
dalla stessa persona, ma anche se appartengono ad individui con un rapporto di parentela. Il Dna è identico solo
nel caso di gemelli omozigoti (uguali). In questo caso il presunto assassino ha una sorella gemella, quindi
eterozigota , che non è chiaramente identica a lui.
La svolta delle indagini è arrivata nel 2012. Un possibile sospetto aveva in effetti un profilo del Dna che era
significativamente simile con quello del presunto assassino. A questo punto, gli inquirenti hanno iniziato a testare
il Dna di tutti i parenti dell’uomo, nella speranza di individuare il “match perfetto”. Addirittura, è stato possibile
ottenere il Dna dalle tracce di saliva presenti su una marca da bollo della patente di un uomo deceduto nel 1999,
un autista imparentato con il primo sospetto. Il campione aveva una compatibilità altissima e indicava
chiaramente che il presunto assassino potesse essere suo figlio. Tuttavia, l’analisi del Dna di tutti i figli noti
dell’uomo li ha scagionati completamente. Per risolvere questo apparente rompicapo, è nata l’ipotesi che il
presunto assassino potesse essere un figlio illegittimo . Dopo un’indagine a tappeto, è stato individuato il
presunto assassino. Gli inquirenti hanno raccolto un suo campione biologico tramite un falso test dell’etilometro e
a questo punto il Dna raccolto ha presentato un’identità molto elevata con quello trovato sugli indumenti di Yara.
La definizione di “presunto assassino” è doverosa. L’analisi ci dice che il Dna di Massimo Giuseppe Bossetti è con
una probabilità altissima (solo un campione su cinque milioni ha questo grado di compatibilità) lo stesso trovato
nelle tracce di sangue sugli indumenti di Yara. Un avvocato potrebbe arguire che in una nazione di 60 milioni di
abitanti (come l’Italia) ci sono 12 individui che sarebbero positivi a questo test. Non sarebbe la prima volta che
una persona è incolpata ingiustamente. Tuttavia, in questo caso ci sono anche una serie di altre evidenze che
sembrano accusare in modo molto preciso il sospetto, ad esempio l’aggancio del suo cellulare alla cella della zona
ove è stata uccisa Yara.
I marcatori (loci ripetuti) Str sono le sequenze che vengono analizzate durante
il test. E la genetista Marina Baldi sottolinea che "quando parliamo di
profilo del Dna, intendiamo proprio l'elenco degli Str, che è tipico di
ciascuna persona. Di solito se ne analizzano 16, ma in questo caso, vista la
complessità del caso, ne sono stati esaminati di più, proprio per rendere
più accurata la comparazione e quindi l'identificazione". Che, secondo la
rivista, a questo punto lascia pochi dubbi.
Esempio di un marcatore con
variabilità nel numero di ripetizioni
13 loci STR posizionati nei
cromosomi umani e utilizzati per
caratterizzare il DNA degli
individui
Diagnosi genetica preimpianto
degli ovuli fecondati in vitro
• Esistono differenti applicazioni cliniche della diagnosi genetica
preimpianto:
• La PGD (Preimplantation genetic diagnosis) con la quale si intende
la identificazione nell’ embrione di malattie genetiche di cui la
coppia è portatrice (es.anemia mediterranea, fibrosi cistica) la cui
sequenza genetica è conosciuta e riproducibile o nel caso di
malattie della struttura dei cromosomi (es. traslocazioni).
• La PGS (preimplantation genetic screening) che consiste nel
valutare se l’embrione presenta un corretto numero di cromosomi
(in più o in meno rispetto al numero di 46, caratteristico della specie
umana).
• Tutte le tecniche di diagnosi genetica preimpianto prevedono il
prelievo di materiale cellulare dell’embrione nei primi stadi di
sviluppo, generalmente allo stadio di blastocisti (stadio con ca. 120
cellule embrionali).
Screening dei geni responsabili di tumori
(in presenza di familiarità)
Il sequenziamento del DNA
•
Il sequenziamento del DNA è la determinazione dell'ordine dei diversi nucleotidi
(quindi delle quattro basi azotate che li differenziano,
cioè Adenina, Citosina, Guanina e Timina) che costituiscono l'acido nucleico.
RIPASSO: La sequenza del DNA contiene tutte le informazioni ereditarie delle cellule che
sono alla base per lo sviluppo di tutti gli organismi viventi. All'interno di questa
sequenza sono codificati i geni di ogni organismo vivente, nonché le istruzioni per
esprimerli nel tempo e nello spazio (regolazione dell'espressione genica). Determinare
la sequenza è dunque utile nella ricerca del perché e come gli organismi vivono.
• La conoscenza del genoma risulta quindi utile in ogni campo della biologia e l'avvento
di metodi per il sequenziamento del DNA ha accelerato significativamente la ricerca. In
medicina, ad esempio, il sequenziamento è usato per identificare e
diagnosticare malattie ereditarie e per sviluppare nuovi trattamenti. In modo simile, il
genoma degli agenti patogeni può portare allo sviluppo di medicine contro malattie
contagiose. Inoltre, la rapidità del processo di sequenziamento oggi è stato di grande
aiuto per il sequenziamento su larga scala del genoma umano. Allo stesso modo, è
stato completato il sequenziamento del genoma di diversi organismi animali e vegetali,
nonché di molti microrganismi.
• La determinazione di sequenze di DNA è risultata utile anche in diversi campi
applicativi, come le scienze forensi e quelle alimentari.
Principali scoperte del Progetto Genoma
• Il genoma umano è lungo circa 3200 Mb (3,2 miliardi di basi appaiate), di cui non più
del 3% codifica proteine, il restante costituisce il cosiddetto "gene related" DNA
(DNA regolatore, frammenti di geni, parti di geni che non codificano) e il DNA
formato da sequenze ripetute (il cosiddetto DNA spazzatura in quanto non si sa a
cosa possa servire)
• I geni umani sono circa 30 000 (rispetto ai ca. 100 000 ipotizzati), in media
contengono 8.8 aree attive nella sintesi delle proteine (esoni) ognuno dei quali è
lungo all'incirca 170 basi. Il numero di aree non attive nella sintesi delle proteine
(introni) è in media 7.8 con una lunghezza media di 5420 basi.
• Sono stati sequenziati in un secondo momento anche i genomi di altri organismi e da
un confronto si è visto che non c'è correlazione tra la complessità degli organismi e il
numero di geni codificanti (in moltissimi organismi anche evolutivamente molto
distanti si aggira intorno ai 20 000) e la dimensione totale del loro genoma. Lo stesso
vale per la lunghezza totale del DNA, in alcuni organismi molto superiore a quello
dell’uomo: presenza di molto DNA ripetuto e non espresso (DNA spazzatura).
Principali scoperte del Progetto Genoma
Considerazioni
• Rispetto alle aspettative, i risultati del Progetto Genoma, pur avendo un'eco
mediatica formidabile, non hanno confermato le certezze della biologia molecolare
e gli obiettivi originari della ricerca.
• Si pensava infatti che la specie umana avesse centinaia di migliaia di geni. Ne sono
stati invece contati circa 30 000, da confrontarsi con i circa 28 000 di una pianta e i
18 000 di un verme. Per alcuni questa differenza non è abbastanza marcata per
spiegare, unicamente attraverso i geni, la complessità dell'organismo umano
rispetto a forme di vita più semplici. A confronto con lo Scimpanzé il genoma
umano differisce solo per un 5%.
• Inoltre nel genoma mappato è stata rilevata, oltre ai geni che costituiscono solo il
3% del totale, una quantità di materiale di cui non conosciamo ancora
funzionamento e scopo (junk DNA o DNA spazzatura).
• Tra gli entusiasti sostenitori della possibilità di risolvere tutti e per sempre i
problemi della salute umana, si leggono ora autorevoli inviti alla prudenza.
Biotecnologie: un ramo dell’ingegneria genetica
• "La biotecnologia è l'applicazione tecnologica che si
serve dei sistemi biologici, degli organismi viventi o di
derivati di questi per produrre o modificare prodotti o
processi per un fine specifico".
• La biotecnologia, quindi, può essere definita come
quel ramo della biologia riguardante "l'utilizzo di esseri
viventi al fine di ottenere beni o servizi utili al
soddisfacimento dei bisogni della società".
• Nel linguaggio corrente, si utilizza più frequentemente
il termine al plurale (biotecnologie), ad indicare la
pluralità di tecnologie sviluppate e i campi di
applicazione interessati.
Alcuni prodotti biotecnologici sviluppati in medicina
Prodotto
Uso
Fattore di stimolazione delle colonie
Stimola la produzione di leucociti nei pazienti affetti da cancro o
AIDS.
Eritropoietina
Previene l’anemia in pazienti sottoposti a dialisi renale e terapia
tumorale.
Fattore VIII
Sostituisce il fattore della coagulazione mancante in pazienti con
emofilia A.
Ormone della crescita
Sostituisce l’ormone naturale insufficiente in soggetti con crescita
ridotta.
Insulina
Stimola l’ingresso del glucosio nelle cellule in soggetti affetti da
diabete insulino-dipendente.
Fattore di crescita derivato dalle piastrine
Stimola la guarigione delle ferite.
Attivatore tissutale del plasminogeno
Dissolve i coaguli ematici dopo un infarto del miocardio o un
ictus.
Vaccini: epatite B, herpes, influenza, meningite, pertosse
Impiegati nella prevenzione e nel trattamento di alcune malattie
infettive.
Le biotecnologie applicate alle piante
(le piante transgeniche o OGM vegetali)
Dalla biotecnologia tradizionale in agricoltura:
racchiude le tecniche già radicate e note basate sull’ibridazione,
creazione e sulla selezione artificiale di piante tramite incroci intere intra-specifici
Alla biotecnologia moderna (ingegneria genetica):
uso delle più recenti tecniche basate sul DNA ricombinante, sulla
moderna tecnica delle cellule in coltura, sul trasferimento di geni
non possibile con la biotecnologia tradizionale
Definizione di “Organismo Geneticamente Modificato” (dal sito ufficiale
dell’Unione Europea): si intende un organismo il cui materiale genetico è stato
modificato con modalità che non avvengono naturalmente per fecondazione e/o per
ricombinazione naturale. Gli OGM possono essere vegetali, animali o microrganismi
quali batteri, parassiti e funghi
Costituzione di nuove varietà vegetali tramite l’introduzione di geni selezionati
Incrocio tradizionale inserimento di un
Transgenesi inserimento
gene della stessa specie tramite incroci
di un gene di specie diversa
OGM
Cisgenesi inserimento di un gene
della stessa specie tramite
l’ingegneria genetica
Tecnica che permette l’inserimento di
un gene della stessa specie
utilizzando la stessa tecnica utilizzata
per creare OGM. Abbrevia i tempi e
le difficoltà dell’incrocio tradizionale
• La creazione degli OGM utilizza la tecnica del DNA ricombinante, la
stessa già analizzata nelle diapositive precedenti per la creazione,
ad esempio, di DNA batterico con inserito il gene dell’insulina.
• Si studia un batterio del terreno, Agrobacterium tumefaciens, che
trasmette alle cellule delle piante il DNA dei plasmidi integrandolo
nei loro cromosomi. Si avviano le produzioni di piante
transgeniche (OGM) utilizzando tale plasmidi per “trasportare”
geni di altre specie all’interno delle cellule delle piante *
• L’ Agrobacterium non forma galle sui cereali (piante
monocotiledoni) per cui, per creare OGM di cereali (quali il mais)
il DNA ricombinante viene”sparato” nelle cellule
• Anni ’90: si avvia la produzione estensiva di mais e soia
OGM negli Stati Uniti seguiti da altri paesi del Sud Americ
Le tappe della biotec moderna
*
Nella foto: galle su radici causate da Agrobacterium tumefaciens, il batterio che può
trasferire parte del suo DNA nelle cellule della pianta
Esempio di Pianta
transgenica
processo di produzione di
piante resistenti ad un virus
il gene da trasferire (in questo caso il
gene del virus che sintetizza la proteina
delle propria capsula virale) viene
inserito nel plasmide batterico e tramite
esso viene inserito nelle cellule da cui si
originerà la pianta trasformata. Tali
piante esprimeranno il nuovo carattere:
la proteina virale sulla superficie delle
proprie cellule, rendendole resistenti
all’infezione dei virus
Esempio commerciale: creazione del mais resistente
all’erbicida glifosate (Round upTM )
Il glifosate è un
erbicida fogliare non
selettivo, cioè dissecca
tutte le piante su cui
viene spruzzato.
Tramite la tecnica del DNA trasformato
si inserisce nelle cellule di mais il gene
di un enzima batterico che degrada il
glifosate. Le piante così trasformate
metabolizzano l’erbicida, quindi non
seccano, mentre tutte le erbe
infestanti disseccano.
Vantaggio per il maiscoltore che
utilizza tale mais: esegue un solo
trattamento erbicida anziché i normali
due trattamenti erbicidi di chi non
utilizza mais transgenico (un
trattamento alla semina e uno in
presenza delle erbe infestanti
Altro esempio commerciale: l’inserimento del gene batterico che produce la tossina Bt
Il Bacillus thuringiensis è un batterio che vive nel terreno e produce spore. Quando viene
ingerito da larve di insetti mediante vegetali contaminati, il batterio sporula nell'ospite liberando
tossine dette tossine Bt, innocue per gli esseri umani ma mortali per gli insetti, che danneggiano
il tratto digerente dei bruchi di molti Lepidotteri e di larve di Ditteri come le zanzare o causando
una malattia paralitica che li porta a morte.
Il Bacillus thuringiensis viene utilizzato, quale insetticida commerciale. in agricoltura soprattutto
biologica, in quanto prodotto “naturale”, per trattamenti alla vegetazione infestata da bruchi.
Inoltre viene utilizzato per la lotta alle larve di zanzara, nel trattamento di tombini e pozzetti con
acque stagnanti.
Le società biotecnologiche hanno isolato il gene del batterio che produce la tossina Bt e l’hanno
inserito nelle piante (soprattutto di mais e cotone) così proteggendole dalle infestazioni di
bruchi parassiti senza dover spruzzare insetticidi.
Alcuni bruchi di Lepidotteri parassiti delle piante coltivate
Piralide del mais
Il mais-Bt e il cotone-Bt
Vantaggi delle piante transgeniche Bt: non necessitano
di trattamenti insetticidi fogliari (-37%), numerosi nella
coltura del cotone. Nel mais la presenza della tossina Bt
impedisce i danni alla pannocchia (propriamente spiga)
causati dal bruco della piralide, prevenendo così lo
sviluppo, sulle parti danneggiate, di muffe che
producono aflatossine, composti tossici e cancerogeni
per l’uomo (la loro concentrazione massima ammessa
Pannocchie di mais tradizionale, con sviluppo di
nelle farine è regolata dalla legge).
muffe su danno da piralide e, a destra, mais-Bt
Inserimento del gene della tossina Bt nelle piante e la sua azione insetticida nel mais-Bt
Nazioni con colture OGM (in colore verde) e milioni di
ettari coltivati
Nel 2014 sono stati coltivati 181 milioni di ettari in 28 nazioni con il coinvolgimento
di 18 milioni di agricoltori (dati Isaa) . Le colture principali sono la soia, il mais, il
cotone; in aumento altre colture quali la patata per l’indstria
Se l’utilizzo di piante transgeniche può portare a benefici non solo per
chi produce le sementi e per l’agricoltore ma anche per l’ambiente e per
il consumatore, perché sono così osteggiate?
Le ragioni che hanno portato ad osteggiare la tecnologia sono
principalmente:
• i rischi tossicologici non prevedibili a lungo termine, con conseguente
posizione di totale rifiuto a priori della tecnologia
• Rischi ambientali e sanitari legati alla loro diffusione (aumento delle
allergie, inquinamento genetico e riduzione della biodiversità)
• Ragioni economiche: impatto economico degli OGM sui prodotti
nazionali e tipici (difesa dei prodotti nazionali e locali)
• Strapotere delle multinazionali sementiere che possono condizionare
le scelte degli agricoltori, soprattutto nei paesi in via di sviluppo
• Difficoltà ad etichettare prodotti “liberi da OGM” per la concomitante
presenza di piante OGM nello stesso territorio
…e le motivazioni di chi li sostiene…
• Dopo vent’anni di utilizzo in vari paesi del mondo non ci sono dati negativi, sia
tossicologici che ambientali, che possano giustificare il bando degli OGM
• Le piante transgeniche sono le più studiate dal punto di vista della salute e quindi
più sicure rispetto a varietà tradizionali che potrebbero contenere composti
tossici
• Minor uso di pesticidi con minor inquinamento ambientale e minori rischi per la
salute (residui chimici e tossine da muffe).
• Possibilità di coltivare piante resistenti a batteri e virus contro i quali non esistono
mezzi di lotta efficaci (es. virosi del pomodoro San Marzano)
• Colture con maggiore produttività a parità di area coltivata e coltivazione in aree
marginali (non adatte all’agricoltura tradizionale) quali aree aride e salmastre
• Prodotti agricoli con maggiore/migliore contenuto nutrizionale, quali vitamine e
antiossidanti o enzimi in mangimi.
• L’esclusione degli OGM nell’Unione Europea, puntando su una agricoltura solo
locale, favorisce il rafforzamento tecnologico e agroalimentare nei paesi che nel
mondo ne consentono l’utilizzo
• A livello europeo è registrato solo il mais-Bt MON810 ma l’Unione
Europea, con una decisione alla Ponzio Pilato, ha lasciato alle singole
nazioni l’autorizzazione o meno della sua coltivazione sui territori
nazionali.
• I paesi dell’UE che ne hanno autorizzato la coltivazione sono la
Spagna, il Portogallo, la Repubblica Ceca, la Romania e la Slovacchia
• Con una scelta politica supportata principalmente da associazioni
ambientaliste e da Coldiretti, l’Italia non solo vieta la coltivazione di
Mon810 ma anche la ricerca nel campo degli OGM, in ragione della
difesa della valorizzazione della biodiversità dell’agricoltura locale
italiana e dei suoi prodotti tipici
• Contemporaneamente l’Italia consente l’importazione e l’utilizzo di
mangimi OGM, in quanto la maggior parte dei mangimi prodotti nel
mondo, soia e mais, deriva da colture OGM. Di fatto con questa
decisione viene tolta ogni residua percezione di pericolosità
alimentare alle colture transgeniche.
La posizione politica sugli OGM non è dettata dalla valutazione dei
cosiddetti SWOT (Strengths, Weeknesses, Opportunities, Threats, cioè i
loro punti di forza e di debolezza, di opportunità e di pericoli) ma
soprattutto dalla percezione negativa nell’opinione pubblica e dalla
forza delle organizzazioni anti-OGM
Le tappe della biotec moderna
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