GENETICA la scienza dell’ereditarietà e della variabilità 4° incontro Regiroli Giovanni, biologo Ingegneria genetica • Con il termine di ingegneria genetica (più propriamente tecnologia del DNA ricombinante) si fa riferimento ad un insieme di tecniche che permettono di isolare e modificare i geni (segmenti di DNA) e di clonarli (riprodurli sempre uguali all’originale) tramite l’introduzione e l’espressione in un ospite, anche di specie diversa da quella del donatore. • Queste tecniche permettono di conferire caratteristiche nuove alle cellule riceventi. Le cellule così prodotte sono chiamate ricombinanti. • Si definisce tecnologia del DNA ricombinante l’insieme delle tecniche di laboratorio che consentono di isolare e tagliare brevi sequenze di DNA per trasferirle e inserirle nel genoma di altre cellule, in modo da modificarne uno o più geni. Questa tecnologia permette interventi mirati, che modificano in modo specifico solo i geni dei caratteri su cui si vuole agire. Inoltre, le metodologie odierne consentono di trasferire DNA non solo tra individui della stessa specie, ma anche tra specie diverse, spesso molto differenti l’una dall’altra. Si possono, per esempio, trasferire geni da un batterio a una pianta o introdurre in un batterio un gene proveniente da una cellula umana. • La tecnologia del DNA ricombinante è molto complessa dal punto di vista operativo, ma dal punto di vista concettuale si basa su criteri abbastanza semplici: – identificare il gene; – tagliarlo e isolarlo dalla restante molecola di DNA; – unire il gene a un vettore a sua volta costituito da DNA; – trasferirlo all’interno di una cellula ricevente. Fondamentale per lo sviluppo della tecnica del DNA ricombinante: la scoperta nel 1973 degli enzimi di restrizione nei batteri. Tagliano il DNA solo nei punti dove ci sono delle sequenze definite di basi azotate (siti di riconoscimento) Nei batteri costituiscono un mezzo di difesa contro le infezioni di virus (batteriofagi o fagi) in quanto tagliano in pezzi il loro DNA agendo su specifiche sequenze di basi. Per esempio, l’enzima EcoRI taglia il DNA soltanto quando incontra la seguente sequenza di basi appaiate nella doppia elica del DNA: taglio tra la G e la A nella sequenza GATTC su un’elica del DNA e taglio tra la A e la G nella sequenza complementare CTTAAG sull’altra elica Gli enzimi di restrizione (“forbici molecolari”) DNA di organismo A Gli enzimi di restrizioni tagliano la molecola di DNA di un organismo A in punti specifici Si producono così dei frammenti di DNA “adesivi” in quanto hanno, su entrambe le eliche, delle basi non appaiate DNA di organismo B DNA ricombinante con geni di entrambi gli organismi A e B Se si introduce il DNA di un organismo B, pure lui tagliato con gli stessi enzimi di restrizione, le sue basi si appaiono a quelle del DNA dell’organismo A, a formare di nuovo una doppia elica Si forma così un’unica molecola di DNA dal DNA di due organismi diversi DNA ricevente tagliato con l’enzima di restrizione Terminale “adesivo” DNA ricombinante DNA da inserire tagliato con lo stesso enzima di restrizione Una volta ottenuto, come si fa ad inserire una molecola di DNA ricombinante in un nuovo organismo? Utilizzando le proprietà dei plasmidi, piccoli cromosomi batterici mobili, che passano da un batteri all’altro tramite la coniugazione, trasferimento di materiale genetico • • • In aggiunta al cromosoma principale, molti batteri ospitano cromosomi circolari più piccoli, definiti plasmidi. Normalmente i plasmidi contengono poche dozzine di geni; tuttavia, essi sono in grado di duplicarsi e ciò consente di considerarli cromosomi. Di regola i plasmidi si duplicano in contemporanea con il cromosoma principale; possono però trasferirsi da una cellula all’altra durante la coniugazione batterica, portando nuovi geni nel batterio ricevente. Dal momento che i plasmidi hanno un’esistenza indipendente dal cromosoma principale, non c’è bisogno che si ricombinino con esso perché i loro geni possano aggiungersi al genoma della cellula ricevente. Esistono diversi tipi di plasmidi, classificabili in base al tipo di geni che contengono: I fattori di fertilità o plasmidi F rendono possibile la coniugazione. Talvolta il plasmide F si può integrare nel cromosoma principale; in tal caso, trasferendosi da una cellula all’altra attraverso il tubo di coniugazione, può portare con sé anche parte del cromosoma principale. I plasmidi metabolici possono conferire insolite capacità metaboliche alle cellule che li contengono. Per esempio, alcuni batteri possono crescere sugli idrocarburi, utilizzandoli come fonte di carbonio. I geni che codificano gli enzimi coinvolti nella demolizione degli idrocarburi sono portati dai plasmidi I fattori di resistenza, definiti anche plasmidi R, portano geni che codificano proteine capaci di demolire o alterare gli antibiotici. Ogni plasmide R porta uno o più geni che conferiscono la resistenza a particolari antibiotici, oltre ai geni che rendono possibile la coniugazione. Per quanto è dato sapere, i plasmidi R che conferiscono antibiotico-resistenza esistevano già molto tempo prima della scoperta e dell’utilizzo degli antibiotici. Tuttavia in tempi recenti sOno diventati molto più frequenti, probabilmente perché l’uso massiccio di antibiotici negli ospedali ha portato alla selezione di ceppi portatori di questi fattori. I plasmidi sono stati scelti quali vettori per l’inserimento di un gene estraneo in un organismo (nell’esempio illustrato in un batterio). Il plasmide vettore e il gene estraneo da inserire vengono tagliati con gli stessi enzimi di restrizione per far si che le loro estremità “appiccicose” siano complementari, quindi si appaiano e il gene estraneo viene così inserito nel plasmide. Una volta inserito, il gene diventa parte del DNA del plasmide batterico, replicandosi con esso, trasferendosi in nuovi batteri tramite la coniugazione e codificando per la sua proteina specifica che viene così prodotta. Un esempio di transgenesi trasferimento del gene umano dell’insulina nei batteri Si utilizza quale vettore un PLASMIDE che può essere facilmente trasferito da un batterio ad un altro. Si usa lo stesso enzima di restrizione per tagliare il DNA del plasmidio e il DNA umano che porta il gene dell’insulina Il frammento di DNA del gene dell’insulina si inserisce nel plasmide batterico insieme ad un gene marcatore per riconoscere le cellule trasformate. Questo batterio, grazie al gene umano introdotto nel plasmide. ora è in grado di produrre l’insulina. Oggi tutta l’insulina utilizzata in campo medico è prodotta da batteri transgenici Una parentesi: la clonazione della pecora Dolly Nel la clonazione dell’intero organismo non si è ricorsi alla tecnica del DNA trasformato ma a un impianto di un intero nucleo cellulare. Da un individuo donatore sono state isolate alcune cellule staminali e da una di queste è stato estratto il nucleo. Tale nucleo è stato poi impiantato in una cellula uovo a cui era stato tolto il nucleo. Questa cellula uovo, non fecondata ma contenente un nucleo con tutti i cromosomi di una cellula adulta, è stata impiantata nell’utero di una pecora ospite. Il soggetto che è nato, Dolly, aveva il proprio patrimonio genetico esattamente uguale a quello del soggetto donatore del nucleo (per questo chiamato clone, ciò uguale geneticamente ad altro individuo in quanto generato asessualmente, senza la ricombinazione genetica apportata dalla riproduzione sessuata) Reazione a Catena della Polimerasi: una nuova rivoluzione nello studio del DNA PCR sigla di polymerase chain reaction («reazione a catena della polimerasi»), è una metodologia utilizzata per ottenere grandi quantità di copie di segmenti specifici di DNA, partendo da quantità minime (anche una sola molecola) presenti in una preparazione iniziale. Ideata negli anni 1980 da K. Mullis, ha avuto negli anni successivi un tale sviluppo da rivoluzionare molti campi della ricerca di base e applicata. Le sue numerose applicazioni riguardano la genetica molecolare, la diagnostica, la medicina forense, le analisi alimentari e microbiologiche e gli studi di filogenesi molecolare. Un segmento di DNA di cui si sono determinate le basi azotate delle due estremità, viene denaturato con il calore (la doppia elica si divide nei due filamenti) e messo a contatto con piccole molecole di DNA (primers) complementari alle basi azotate delle estremità. Questo innesca un ciclo di replicazione del DNA. La metodologia si ripete con numerosi nuovi cicli fino ad ottenere una quantità notevole di DNA Numerose sono le applicazioni della PCR in ambito diagnostico, in particolare nella individuazione di mutazioni geniche che determinano forme tumorali oppure malattie ereditarie. Se un gene presenta ampie delezioni nucleotidiche (perdita di basi azotate), come nel caso del gene mutato nella distrofia di Duchenne, il tratto di DNA amplificato di quella regione risulterà più corto rispetto a quello derivato dall’amplificazione del gene normale. In ambito giudiziario la PRC consente di amplificare le poche molecole di DNA recuperato nella saliva, nel sangue o in altri liquidi organici sulla scena di atti criminali e quindi di poterlo confrontare con il DNA di persone sospette La tecnica della PCR è impiegata anche negli studi di evoluzione molecolare, al fine di determinare il grado di correlazione fra le specie e costruire alberi genealogici. Viene assunto che tanto più le specie divergono da un antenato comune, tanto più differiscono le loro sequenze di basi azotate e, viceversa, un maggior grado di conservazione di sequenze nucleotidiche fra specie potrebbe indicare una minore distanza fra di esse dal punto di vista evolutivo. DNA fingerprinting (tipizzazione del DNA = impronta genetica) • Tecnica basata sulla analisi dei numerosi loci (siti cromosomici) ipervariabili (che presentano grande variabilità da individuo a individuo) presenti nel genoma umano e che permette di ottenere l'impronta genetica, in genere caratteristica di ogni individuo. Un locus ipervariabile consiste in una serie di ripetizioni di una breve sequenza nucleotidica (A, T, G, C) il cui numero varia da allele ad allele del gene, cosicché il numero delle ripetizioni presenti nel genoma di ciascun individuo costituisce una particolare caratteristica genetica (cioè la sua impronta genetica) di questo. • La variabilità individuale a livello dei loci viene determinata mediante PCR e digestione con enzimi di restrizione. Il quadro e la lunghezza dei frammenti di restrizione così ottenuti sono una funzione del numero di ripetizioni presenti. L'analisi del numero variabile di ripetizioni rappresenta uno dei principali mezzi per la tipizzazione del DNA. • Il DNA frammentato, infatti, ha caratteristiche diverse da persona a persona: esistono però delle somiglianze tra consanguinei, in particolare tra genitori e figli. Minore è il grado di parentela e maggiore è la diversificazione nel DNA Esempio di applicazioni delle tecniche illustrate Test di Paternità • Il test di paternità si basa sulla regola che ogni persona ha il DNA di suo padre e di sua madre. • Il test confronta le particolarità genetiche di ciascun soggetto studiato con quelle degli altri famigliari. Con i test del DNA si può attribuire (riconoscimento) o escludere (disconoscimento) la paternità biologica in modo praticamente certo, cioè con una probabilità maggiore del 99,97%. • La paternità biologica è esclusa nel caso in cui ci siano almeno tre differenze genetiche nel figlio rispetto al presunto padre. La paternità biologica è invece attribuita se vi è concordanza statisticamente significativa tra figlio e presunto padre. • Il test di paternità si basa sull’analisi di parti del DNA che variano molto nella popolazione e che permettono ad ogni persona di essere diversa da tutte le altre. • A questo scopo si utilizzano i cosiddetti “marcatori polimorfici STR (Short Tandem Repeats)” che sono brevi sequenze di DNA che si ripetono molte volte. Quello che varia tra gli individui è il numero delle ripetizioni. Con particolari tecniche il numero di queste ripetizioni si può misurare: il test standard consiste nella caratterizzazione di 15-16 marcatori STR indipendenti. Ognuno di questi marcatori è misurato e confrontato con tutti gli altri noti. Esempio prendendo in considerazione una sequenza ripetuta degli alleli di un solo gene: il figlio presentare entrambe le sequenze ripetute dei genitori (una ereditata con il cromosoma materno e l’altra con il cromosoma paterno Valutando allo stesso modo tutti i marcatori analizzati è possibile riconoscere i marcatori che il figlio condivide con la madre (rosso) e quelli condivisi con il padre (azzurro). Nel primo caso (riconoscimento) la condivisione con il presunto padre è completa e quindi la paternità biologica è CERTA. Nel secondo caso (disconoscimento) nessun marcatore è condiviso con il presunto padre e la paternità biologica è ESCLUSA. Gossip scientifico: il caso Yara (testo riportato dalla stampa locale) Come si è giunti a identificare Massimo Giuseppe Bossetti? • • • • Una volta trovate alcune tracce di sangue sugli indumenti di Yara, e non appartenenti a nessuna persona di sua conoscenza, gli inquirenti ne hanno estratto e aplificato con la PRC il Dna e iniziato a testare se possibili sospetti avessero un profilo genetico compatibile. Le sequenze di Dna analizzate (loci ripetuti) permettono non solo di identificare se i due campioni di Dna derivano dalla stessa persona, ma anche se appartengono ad individui con un rapporto di parentela. Il Dna è identico solo nel caso di gemelli omozigoti (uguali). In questo caso il presunto assassino ha una sorella gemella, quindi eterozigota , che non è chiaramente identica a lui. La svolta delle indagini è arrivata nel 2012. Un possibile sospetto aveva in effetti un profilo del Dna che era significativamente simile con quello del presunto assassino. A questo punto, gli inquirenti hanno iniziato a testare il Dna di tutti i parenti dell’uomo, nella speranza di individuare il “match perfetto”. Addirittura, è stato possibile ottenere il Dna dalle tracce di saliva presenti su una marca da bollo della patente di un uomo deceduto nel 1999, un autista imparentato con il primo sospetto. Il campione aveva una compatibilità altissima e indicava chiaramente che il presunto assassino potesse essere suo figlio. Tuttavia, l’analisi del Dna di tutti i figli noti dell’uomo li ha scagionati completamente. Per risolvere questo apparente rompicapo, è nata l’ipotesi che il presunto assassino potesse essere un figlio illegittimo . Dopo un’indagine a tappeto, è stato individuato il presunto assassino. Gli inquirenti hanno raccolto un suo campione biologico tramite un falso test dell’etilometro e a questo punto il Dna raccolto ha presentato un’identità molto elevata con quello trovato sugli indumenti di Yara. La definizione di “presunto assassino” è doverosa. L’analisi ci dice che il Dna di Massimo Giuseppe Bossetti è con una probabilità altissima (solo un campione su cinque milioni ha questo grado di compatibilità) lo stesso trovato nelle tracce di sangue sugli indumenti di Yara. Un avvocato potrebbe arguire che in una nazione di 60 milioni di abitanti (come l’Italia) ci sono 12 individui che sarebbero positivi a questo test. Non sarebbe la prima volta che una persona è incolpata ingiustamente. Tuttavia, in questo caso ci sono anche una serie di altre evidenze che sembrano accusare in modo molto preciso il sospetto, ad esempio l’aggancio del suo cellulare alla cella della zona ove è stata uccisa Yara. I marcatori (loci ripetuti) Str sono le sequenze che vengono analizzate durante il test. E la genetista Marina Baldi sottolinea che "quando parliamo di profilo del Dna, intendiamo proprio l'elenco degli Str, che è tipico di ciascuna persona. Di solito se ne analizzano 16, ma in questo caso, vista la complessità del caso, ne sono stati esaminati di più, proprio per rendere più accurata la comparazione e quindi l'identificazione". Che, secondo la rivista, a questo punto lascia pochi dubbi. Esempio di un marcatore con variabilità nel numero di ripetizioni 13 loci STR posizionati nei cromosomi umani e utilizzati per caratterizzare il DNA degli individui Diagnosi genetica preimpianto degli ovuli fecondati in vitro • Esistono differenti applicazioni cliniche della diagnosi genetica preimpianto: • La PGD (Preimplantation genetic diagnosis) con la quale si intende la identificazione nell’ embrione di malattie genetiche di cui la coppia è portatrice (es.anemia mediterranea, fibrosi cistica) la cui sequenza genetica è conosciuta e riproducibile o nel caso di malattie della struttura dei cromosomi (es. traslocazioni). • La PGS (preimplantation genetic screening) che consiste nel valutare se l’embrione presenta un corretto numero di cromosomi (in più o in meno rispetto al numero di 46, caratteristico della specie umana). • Tutte le tecniche di diagnosi genetica preimpianto prevedono il prelievo di materiale cellulare dell’embrione nei primi stadi di sviluppo, generalmente allo stadio di blastocisti (stadio con ca. 120 cellule embrionali). Screening dei geni responsabili di tumori (in presenza di familiarità) Il sequenziamento del DNA • Il sequenziamento del DNA è la determinazione dell'ordine dei diversi nucleotidi (quindi delle quattro basi azotate che li differenziano, cioè Adenina, Citosina, Guanina e Timina) che costituiscono l'acido nucleico. RIPASSO: La sequenza del DNA contiene tutte le informazioni ereditarie delle cellule che sono alla base per lo sviluppo di tutti gli organismi viventi. All'interno di questa sequenza sono codificati i geni di ogni organismo vivente, nonché le istruzioni per esprimerli nel tempo e nello spazio (regolazione dell'espressione genica). Determinare la sequenza è dunque utile nella ricerca del perché e come gli organismi vivono. • La conoscenza del genoma risulta quindi utile in ogni campo della biologia e l'avvento di metodi per il sequenziamento del DNA ha accelerato significativamente la ricerca. In medicina, ad esempio, il sequenziamento è usato per identificare e diagnosticare malattie ereditarie e per sviluppare nuovi trattamenti. In modo simile, il genoma degli agenti patogeni può portare allo sviluppo di medicine contro malattie contagiose. Inoltre, la rapidità del processo di sequenziamento oggi è stato di grande aiuto per il sequenziamento su larga scala del genoma umano. Allo stesso modo, è stato completato il sequenziamento del genoma di diversi organismi animali e vegetali, nonché di molti microrganismi. • La determinazione di sequenze di DNA è risultata utile anche in diversi campi applicativi, come le scienze forensi e quelle alimentari. Principali scoperte del Progetto Genoma • Il genoma umano è lungo circa 3200 Mb (3,2 miliardi di basi appaiate), di cui non più del 3% codifica proteine, il restante costituisce il cosiddetto "gene related" DNA (DNA regolatore, frammenti di geni, parti di geni che non codificano) e il DNA formato da sequenze ripetute (il cosiddetto DNA spazzatura in quanto non si sa a cosa possa servire) • I geni umani sono circa 30 000 (rispetto ai ca. 100 000 ipotizzati), in media contengono 8.8 aree attive nella sintesi delle proteine (esoni) ognuno dei quali è lungo all'incirca 170 basi. Il numero di aree non attive nella sintesi delle proteine (introni) è in media 7.8 con una lunghezza media di 5420 basi. • Sono stati sequenziati in un secondo momento anche i genomi di altri organismi e da un confronto si è visto che non c'è correlazione tra la complessità degli organismi e il numero di geni codificanti (in moltissimi organismi anche evolutivamente molto distanti si aggira intorno ai 20 000) e la dimensione totale del loro genoma. Lo stesso vale per la lunghezza totale del DNA, in alcuni organismi molto superiore a quello dell’uomo: presenza di molto DNA ripetuto e non espresso (DNA spazzatura). Principali scoperte del Progetto Genoma Considerazioni • Rispetto alle aspettative, i risultati del Progetto Genoma, pur avendo un'eco mediatica formidabile, non hanno confermato le certezze della biologia molecolare e gli obiettivi originari della ricerca. • Si pensava infatti che la specie umana avesse centinaia di migliaia di geni. Ne sono stati invece contati circa 30 000, da confrontarsi con i circa 28 000 di una pianta e i 18 000 di un verme. Per alcuni questa differenza non è abbastanza marcata per spiegare, unicamente attraverso i geni, la complessità dell'organismo umano rispetto a forme di vita più semplici. A confronto con lo Scimpanzé il genoma umano differisce solo per un 5%. • Inoltre nel genoma mappato è stata rilevata, oltre ai geni che costituiscono solo il 3% del totale, una quantità di materiale di cui non conosciamo ancora funzionamento e scopo (junk DNA o DNA spazzatura). • Tra gli entusiasti sostenitori della possibilità di risolvere tutti e per sempre i problemi della salute umana, si leggono ora autorevoli inviti alla prudenza. Biotecnologie: un ramo dell’ingegneria genetica • "La biotecnologia è l'applicazione tecnologica che si serve dei sistemi biologici, degli organismi viventi o di derivati di questi per produrre o modificare prodotti o processi per un fine specifico". • La biotecnologia, quindi, può essere definita come quel ramo della biologia riguardante "l'utilizzo di esseri viventi al fine di ottenere beni o servizi utili al soddisfacimento dei bisogni della società". • Nel linguaggio corrente, si utilizza più frequentemente il termine al plurale (biotecnologie), ad indicare la pluralità di tecnologie sviluppate e i campi di applicazione interessati. Alcuni prodotti biotecnologici sviluppati in medicina Prodotto Uso Fattore di stimolazione delle colonie Stimola la produzione di leucociti nei pazienti affetti da cancro o AIDS. Eritropoietina Previene l’anemia in pazienti sottoposti a dialisi renale e terapia tumorale. Fattore VIII Sostituisce il fattore della coagulazione mancante in pazienti con emofilia A. Ormone della crescita Sostituisce l’ormone naturale insufficiente in soggetti con crescita ridotta. Insulina Stimola l’ingresso del glucosio nelle cellule in soggetti affetti da diabete insulino-dipendente. Fattore di crescita derivato dalle piastrine Stimola la guarigione delle ferite. Attivatore tissutale del plasminogeno Dissolve i coaguli ematici dopo un infarto del miocardio o un ictus. Vaccini: epatite B, herpes, influenza, meningite, pertosse Impiegati nella prevenzione e nel trattamento di alcune malattie infettive. Le biotecnologie applicate alle piante (le piante transgeniche o OGM vegetali) Dalla biotecnologia tradizionale in agricoltura: racchiude le tecniche già radicate e note basate sull’ibridazione, creazione e sulla selezione artificiale di piante tramite incroci intere intra-specifici Alla biotecnologia moderna (ingegneria genetica): uso delle più recenti tecniche basate sul DNA ricombinante, sulla moderna tecnica delle cellule in coltura, sul trasferimento di geni non possibile con la biotecnologia tradizionale Definizione di “Organismo Geneticamente Modificato” (dal sito ufficiale dell’Unione Europea): si intende un organismo il cui materiale genetico è stato modificato con modalità che non avvengono naturalmente per fecondazione e/o per ricombinazione naturale. Gli OGM possono essere vegetali, animali o microrganismi quali batteri, parassiti e funghi Costituzione di nuove varietà vegetali tramite l’introduzione di geni selezionati Incrocio tradizionale inserimento di un Transgenesi inserimento gene della stessa specie tramite incroci di un gene di specie diversa OGM Cisgenesi inserimento di un gene della stessa specie tramite l’ingegneria genetica Tecnica che permette l’inserimento di un gene della stessa specie utilizzando la stessa tecnica utilizzata per creare OGM. Abbrevia i tempi e le difficoltà dell’incrocio tradizionale • La creazione degli OGM utilizza la tecnica del DNA ricombinante, la stessa già analizzata nelle diapositive precedenti per la creazione, ad esempio, di DNA batterico con inserito il gene dell’insulina. • Si studia un batterio del terreno, Agrobacterium tumefaciens, che trasmette alle cellule delle piante il DNA dei plasmidi integrandolo nei loro cromosomi. Si avviano le produzioni di piante transgeniche (OGM) utilizzando tale plasmidi per “trasportare” geni di altre specie all’interno delle cellule delle piante * • L’ Agrobacterium non forma galle sui cereali (piante monocotiledoni) per cui, per creare OGM di cereali (quali il mais) il DNA ricombinante viene”sparato” nelle cellule • Anni ’90: si avvia la produzione estensiva di mais e soia OGM negli Stati Uniti seguiti da altri paesi del Sud Americ Le tappe della biotec moderna * Nella foto: galle su radici causate da Agrobacterium tumefaciens, il batterio che può trasferire parte del suo DNA nelle cellule della pianta Esempio di Pianta transgenica processo di produzione di piante resistenti ad un virus il gene da trasferire (in questo caso il gene del virus che sintetizza la proteina delle propria capsula virale) viene inserito nel plasmide batterico e tramite esso viene inserito nelle cellule da cui si originerà la pianta trasformata. Tali piante esprimeranno il nuovo carattere: la proteina virale sulla superficie delle proprie cellule, rendendole resistenti all’infezione dei virus Esempio commerciale: creazione del mais resistente all’erbicida glifosate (Round upTM ) Il glifosate è un erbicida fogliare non selettivo, cioè dissecca tutte le piante su cui viene spruzzato. Tramite la tecnica del DNA trasformato si inserisce nelle cellule di mais il gene di un enzima batterico che degrada il glifosate. Le piante così trasformate metabolizzano l’erbicida, quindi non seccano, mentre tutte le erbe infestanti disseccano. Vantaggio per il maiscoltore che utilizza tale mais: esegue un solo trattamento erbicida anziché i normali due trattamenti erbicidi di chi non utilizza mais transgenico (un trattamento alla semina e uno in presenza delle erbe infestanti Altro esempio commerciale: l’inserimento del gene batterico che produce la tossina Bt Il Bacillus thuringiensis è un batterio che vive nel terreno e produce spore. Quando viene ingerito da larve di insetti mediante vegetali contaminati, il batterio sporula nell'ospite liberando tossine dette tossine Bt, innocue per gli esseri umani ma mortali per gli insetti, che danneggiano il tratto digerente dei bruchi di molti Lepidotteri e di larve di Ditteri come le zanzare o causando una malattia paralitica che li porta a morte. Il Bacillus thuringiensis viene utilizzato, quale insetticida commerciale. in agricoltura soprattutto biologica, in quanto prodotto “naturale”, per trattamenti alla vegetazione infestata da bruchi. Inoltre viene utilizzato per la lotta alle larve di zanzara, nel trattamento di tombini e pozzetti con acque stagnanti. Le società biotecnologiche hanno isolato il gene del batterio che produce la tossina Bt e l’hanno inserito nelle piante (soprattutto di mais e cotone) così proteggendole dalle infestazioni di bruchi parassiti senza dover spruzzare insetticidi. Alcuni bruchi di Lepidotteri parassiti delle piante coltivate Piralide del mais Il mais-Bt e il cotone-Bt Vantaggi delle piante transgeniche Bt: non necessitano di trattamenti insetticidi fogliari (-37%), numerosi nella coltura del cotone. Nel mais la presenza della tossina Bt impedisce i danni alla pannocchia (propriamente spiga) causati dal bruco della piralide, prevenendo così lo sviluppo, sulle parti danneggiate, di muffe che producono aflatossine, composti tossici e cancerogeni per l’uomo (la loro concentrazione massima ammessa Pannocchie di mais tradizionale, con sviluppo di nelle farine è regolata dalla legge). muffe su danno da piralide e, a destra, mais-Bt Inserimento del gene della tossina Bt nelle piante e la sua azione insetticida nel mais-Bt Nazioni con colture OGM (in colore verde) e milioni di ettari coltivati Nel 2014 sono stati coltivati 181 milioni di ettari in 28 nazioni con il coinvolgimento di 18 milioni di agricoltori (dati Isaa) . Le colture principali sono la soia, il mais, il cotone; in aumento altre colture quali la patata per l’indstria Se l’utilizzo di piante transgeniche può portare a benefici non solo per chi produce le sementi e per l’agricoltore ma anche per l’ambiente e per il consumatore, perché sono così osteggiate? Le ragioni che hanno portato ad osteggiare la tecnologia sono principalmente: • i rischi tossicologici non prevedibili a lungo termine, con conseguente posizione di totale rifiuto a priori della tecnologia • Rischi ambientali e sanitari legati alla loro diffusione (aumento delle allergie, inquinamento genetico e riduzione della biodiversità) • Ragioni economiche: impatto economico degli OGM sui prodotti nazionali e tipici (difesa dei prodotti nazionali e locali) • Strapotere delle multinazionali sementiere che possono condizionare le scelte degli agricoltori, soprattutto nei paesi in via di sviluppo • Difficoltà ad etichettare prodotti “liberi da OGM” per la concomitante presenza di piante OGM nello stesso territorio …e le motivazioni di chi li sostiene… • Dopo vent’anni di utilizzo in vari paesi del mondo non ci sono dati negativi, sia tossicologici che ambientali, che possano giustificare il bando degli OGM • Le piante transgeniche sono le più studiate dal punto di vista della salute e quindi più sicure rispetto a varietà tradizionali che potrebbero contenere composti tossici • Minor uso di pesticidi con minor inquinamento ambientale e minori rischi per la salute (residui chimici e tossine da muffe). • Possibilità di coltivare piante resistenti a batteri e virus contro i quali non esistono mezzi di lotta efficaci (es. virosi del pomodoro San Marzano) • Colture con maggiore produttività a parità di area coltivata e coltivazione in aree marginali (non adatte all’agricoltura tradizionale) quali aree aride e salmastre • Prodotti agricoli con maggiore/migliore contenuto nutrizionale, quali vitamine e antiossidanti o enzimi in mangimi. • L’esclusione degli OGM nell’Unione Europea, puntando su una agricoltura solo locale, favorisce il rafforzamento tecnologico e agroalimentare nei paesi che nel mondo ne consentono l’utilizzo • A livello europeo è registrato solo il mais-Bt MON810 ma l’Unione Europea, con una decisione alla Ponzio Pilato, ha lasciato alle singole nazioni l’autorizzazione o meno della sua coltivazione sui territori nazionali. • I paesi dell’UE che ne hanno autorizzato la coltivazione sono la Spagna, il Portogallo, la Repubblica Ceca, la Romania e la Slovacchia • Con una scelta politica supportata principalmente da associazioni ambientaliste e da Coldiretti, l’Italia non solo vieta la coltivazione di Mon810 ma anche la ricerca nel campo degli OGM, in ragione della difesa della valorizzazione della biodiversità dell’agricoltura locale italiana e dei suoi prodotti tipici • Contemporaneamente l’Italia consente l’importazione e l’utilizzo di mangimi OGM, in quanto la maggior parte dei mangimi prodotti nel mondo, soia e mais, deriva da colture OGM. Di fatto con questa decisione viene tolta ogni residua percezione di pericolosità alimentare alle colture transgeniche. La posizione politica sugli OGM non è dettata dalla valutazione dei cosiddetti SWOT (Strengths, Weeknesses, Opportunities, Threats, cioè i loro punti di forza e di debolezza, di opportunità e di pericoli) ma soprattutto dalla percezione negativa nell’opinione pubblica e dalla forza delle organizzazioni anti-OGM Le tappe della biotec moderna