Vedere l’invisibile La costruzione di un cannocchiale galileiano Incontro del 18/02/2011 Relatore: Christian Lavarian responsabile Sezione Astronomia Museo Tridentino di Scienze Naturali – via Calepina, 14 - 38122 - Trento (Italia) – www.mtsn.tn.it SERVIZI EDUCATIVI: tel. 848 004 848 – e-mail: [email protected] L’invenzione del cannocchiale L’invenzione del cannocchiale La questione della priorità dell’invenzione del cannocchiale è antica quanto lo strumento stesso. Il 2 ottobre 1608, gli Stati Generali d’Olanda esaminarono la richiesta di brevetto per «un dispositivo per osservare a distanza», avanzata da tale Hans Lipperhey (?-1619), un oscuro occhialaio di Middelburg, nell’Olanda sud occidentale . La richiesta di brevetto fu respinta poiché, sebbene se ne riconoscesse l’utilità, soprattutto a scopo militare, si ritenne impossibile mantenere a lungo il segreto della sua costruzione. Tanto più che, in quegli stessi giorni, un altro artefice – certo Sacharias Janssen (1588-1630), anch’egli occhialaio in Middelburg, indicato da Pierre Borel (c.1620-1671), pochi decenni dopo, come il vero inventore del cannocchiale – si dichiarava in grado di realizzare lo strumento. La notizia della nuova invenzione si diffuse rapidamente nel resto d’Europa, e già nell’aprile del 1609 piccoli cannocchiali della lunghezza di una trentina di centimetri erano comunemente in vendita, presso le botteghe degli occhialai, a Parigi e presumibilmente a Londra. In Italia, il nuovo strumento fece la sua comparsa a Milano nel maggio dello stesso anno e, due o tre mesi più tardi, a Roma, a Napoli, a Padova e a Venezia, dove Fra Paolo Sarpi (1552-1623), amico di Galileo, ne aveva avuto notizia fin dal novembre del 1608. Il Cannocchiale di Galileo Per costruire un un cannocchiale occorre conoscere l’ottica geometrica! L'ottica studia la propagazione della luce. Non si occupa quindi della natura della luce né di come essa è prodotta ed assorbita. In prima approssimazione si osserva sperimentalmente che la luce si propaga, in mezzi omogenei, per raggi che non sono altro che linee rette. Lo studio della propagazione della luce tramite raggi è l'oggetto dell'ottica geometrica. I fenomeni tipici dell’ottica la riflessione : è il fenomeno con cui un raggio di luce viene riflesso da una superficie speculare (uno specchio) : I fenomeni tipici dell’ottica la diffusione : è il fenomeno per cui i raggi di luce vengono riflessi in ogni direzione da una superficie non speculare (un corpo ruvido, per esempio). I raggi inizialmente paralleli vengono riflessi in ogni direzione dalla non uniformità microscopica della superficie riflettente : I fenomeni tipici dell’ottica la rifrazione : è il fenomeno per cui un raggio di luce, passando da un mezzo trasparente in un altro, di diversa densità, devia il proprio percorso I fenomeni tipici dell’ottica la rifrazione : si noti che una parte del raggio incidente viene riflessa. Si noti anche che, il raggio di luce uscente dal vetro all'aria, alla fine, se le superficie del vetro sono parallele, sarà parallelo al raggio incidente. Se le superficie del vetro non sono parallele, il raggio uscente non è più parallelo al raggio entrante. I fenomeni tipici dell’ottica la dispersione : è il fenomeno per cui la luce bianca, passando attraverso un prisma, si scompone nei vari colori che la compongono che vanno dal rosso al violetto, i cosiddetti sette colori dell'arcobaleno : il fenomeno si spiega a causa del fatto che i vari colori subiscono rifrazioni diverse nel passare dall'aria al vetro ed ancora nell'aria. Il rosso è il meno deviato, il violetto il più deviato. I fenomeni tipici dell’ottica Lenti Le lenti sono "oggetti" costituiti da materiale trasparente vetroso o similare opportunamente sagomati con i quali possibile fare deviare i raggi di luce in modo da convergerli o divergerli a nostro piacimento. Le lenti sfruttano il fenomeno ottico della rifrazione. Il fuoco di una lente Il centro della lente è il punto che ha la proprietà di non deviare i raggi luminosi. L’elemento più significativo di una lente è il fuoco; è definito come il punto in cui converge un fascio di raggi che incidono sulla lente in direzione parallela all’asse ottico. La sua distanza dal centro della lente prende il nome di distanza focale e si indica generalmente con la lettera f. Lenti convergenti e divergenti Una tipica lente convergente è così schematizzabile : Lenti convergenti e divergenti Una tipica lente divergente è la seguente : Lenti convergenti e divergenti Le lenti, quindi, sono essenzialmente di due tipi : lenti convergenti e lenti divergenti. All'interno delle due categorie vi è una ulteriore classificazione. Schematicamente: lenti convergenti: si tratta di lenti più "spesse" nel centro. lenti divergenti: si tratta di lenti "sottili" al centro Lenti ed immagini Per costruire l’immagine di un oggetto prodotto da una lente, in genere si segue il cammino di due raggi particolari: quello che parte dal vertice dell'oggetto, incide sulla lente parallelamente all’asse ottico e viene quindi deviato nel fuoco, e quello che parte dal vertice dell'oggetto, passa esattamente per il centro della lente e continua il suo cammino al di là della lente senza essere deviato; l’intersezione tra i due raggi fornisce il punto immagine cercato. Lenti convergenti ed immagini L'oggetto è lontanissimo dalla lente (si dice all'infinito). I raggi corrono tutti quasi paralleli all'asse ottico e convergono presso il fuoco. Si forma una immagine reale quasi puntiforme praticamente nel fuoco : Lenti convergenti ed immagini L'oggetto ha una distanza maggiore di 2F (doppio della distanza focale). Si forma una immagine reale rovesciata rimpicciolita fra F e 2F Lenti convergenti ed immagini Avvicinando l'oggetto (sempre a distanza maggiore di 2F), l'immagine si allontana da F (sempre fra F e 2F) e si ingrandisce : Lenti divergenti ed immagini Per le lenti divergenti si ha un solo caso a qualunque distanza dalla lente si ponga l'oggetto luminoso. Si forma una immagine virtuale diritta rimpicciolita dalla stessa parte dell'oggetto fra F e la lente : Il cannocchiale di Galileo Il cannocchiale galileiano utilizza una lente convergente come obiettivo ed una lente divergente come oculare. Con questo strumento si ottengono immagini virtuali, diritte ed ingrandite Il cannocchiale di Galileo Il cannocchiale di Galileo Il cannocchiale di Galileo Il cannocchiale galileiano consta di una lente convergente (piano-convessa o biconvessa), con funzione di obiettivo, e da una lente divergente (pianoconcava o biconcava) in funzione di oculare. L’oculare viene a trovarsi prima del fuoco dell’obiettivo, a una distanza da detto fuoco pari alla distanza focale dell’oculare. Poiché le lenti convergenti sono, per convenzione, positive (o di potenza ottica positiva) e quelle divergenti negative (o di potenza ottica negativa), possiamo dire anche che la distanza tra obiettivo e oculare è pari alla somma algebrica delle loro distanze focali. L’oculare negativo intercetta i raggi convergenti provenienti dall’obiettivo rendendoli paralleli e formando così, all’infinito (posizione afocale), un’immagine virtuale, ingrandita e diritta. L’ingrandimento del sistema è dato dal rapporto tra la lunghezza focale dell’obiettivo e quella dell’oculare. Sebbene fornisca immagini diritte senza l’ausilio di dispositivi erettori, il cannocchiale galileiano presenta il grave inconveniente di un campo visuale estremamente ridotto (il che lo rende, nella pratica, inutilizzabile oltre la trentina di ingrandimenti). Il cannocchiale di Galileo Il cannocchiale attribuito a Galileo è composto di un tubo principale e di due sezioni minori nelle quali sono sistemati l'obiettivo e l'oculare. Il tubo principale, formato da due tubi semicircolari tenuti insieme da un filo di rame, è ricoperto di carta. L'obiettivo misura 51 mm di diametro, è biconvesso, ma i raggi di curvatura delle superfici delle due facce non sono uguali; la distanza focale è di 1330 mm, lo spessore al centro di 2,5 mm. L'oculare è pianoconcavo e misura 26 mm di diametro; il lato concavo, in direzione dell'occhio, ha un raggio di curvatura di 48,5 mm; lo spessore al centro è di 3,0 mm, la distanza focale di -94 mm (la distanza focale negativa indica che si tratta di una lente divergente). Questo strumento può ingrandire gli oggetti di 14 volte e ha un campo visivo di 15'. L’ingrandimento L'ingrandimento è dato dal rapporto fra la focale dell'obiettivo e la focale dell'oculare. Cioè: I=F/f dove I indica l'ingrandimento, F indica la distanza focale dell'obiettivo e f la distanza focale dell'oculare. Per esempio, se F = 1000 mm (millimetri) e f = 10 mm , l'ingrandimento sarà I = 1000 / 10 = 100 . L’ingrandimento E' chiaro che se diminuiamo, a parità di focale dell'obiettivo, la focale dell'oculare, otteniamo ingrandimenti via via maggiori. Potremmo, in teoria, ottenere quindi immagini ingrandite quanto si vuole. Le cose, purtroppo, non stanno così, ed aumentando l'ingrandimento oltre certi limiti, si ottengono immagini sempre peggiori. Questo dipende essenzialmente da due fenomeni. La diminuzione della luminosità e l'aberrazione cromatica. Aumentando l'ingrandimento, ovviamente la luminosità dell'immagine ottenuta diminuisce, e questo a scapito della qualità dell'immagine. La dispersione in una lente Cannocchiale e telescopio La differenza più macroscopica fra i due strumenti è che il cannocchiale produce un'immagine dritta mentre il telescopio rende un'immagine rovesciata (alto-basso, destra-sinistra) poiché la lente posteriore è posizionata subito dopo il fuoco. Le differenze più sostanziali sono però altre. Con il cannocchiale galileiano il campo risulta molto limitato (Galilei stesso non riusciva ad inquadrare interamente la Luna) e, diaframmando la lente frontale il campo si riduceva ulteriormente. Il telescopio ha soppiantato il cannocchiale (la configurazione galileiana è rimasta solo in binocoli da teatro) poiché, nonostante l'immagine ribaltata, si riescono ad ottenere campi e ingrandimenti maggiori oltre a mantenere una certa luminosità. Cannocchiale e telescopio Le osservazioni di Galileo Le osservazioni di Galileo la Luna Galileo capì per primo ciò che stava osservando dando un'impronta fondamentale alle osservazioni astronomiche. Oltre all'indubbio vantaggio di avere un telescopio con circa venti ingrandimenti, fu essenziale la conoscenza che egli aveva della prospettiva. Galileo era maestro nel disegno prospettico, soprattutto del chiaroscuro, e nella rappresentazione di forme tridimensionali complesse; certamente conosceva gli studi di Leon Battista Alberti e di Lorenzo Sirigatti (membro dell'accademia del disegno) nei quali erano esposti i problemi del chiaroscuro. Le osservazioni di Galileo le stelle Galileo nel Sidereus, Dopo aver esaminato la Luna al cannocchiale, rivolge il suo strumento alle stelle fisse, e si accorge di alcuni fatti importanti. Anzitutto le stelle rimangono sempre piccole, di aspetto puntiforme. Galileo scrive che mentre il cannocchiale sembra ingrandire le cose di 100 volte, puntato sulle stelle sembra avere un potere molto minore. Le osservazioni di Galileo i pianeti Il 7 gennaio 1610 Galileo punta il suo ultimo modello di cannocchiale verso il pianeta Giove e vede vicino al pianeta tre stelline, che crede siano normali stelle fisse, anche se il fatto che si presentassero perfettamente allineate assieme al pianeta fosse un fatto curioso. Le osservazioni di Galileo i pianeti Nell'agosto del 1610, Galileo inviò un messaggio segreto all'ambasciatore toscano a Praga, Giuliano de' Medici. Il testo, un'incomprensibile sequenza di trentasette lettere era l'anagramma della frase che annunciava la sua ultima scoperta astronomica: Con quest'espediente, Galileo salvaguardava la paternità della sua scoperta senza rivelarla apertamente, cosa che fece solo dopo tre mesi. Il significato occulto del messaggio era: ALTISSIMUM PLANETAM TERGEMINUM OBSERVAVI (Ho osservato il pianeta più alto in triplice forma) Il pianeta più alto era Saturno e Galileo, a causa dell'insufficiente potenza del suo telescopio, aveva scambiato gli estremi del suo anello per un paio di satelliti. Le osservazioni di Galileo i pianeti