Buddhismo o Buddismo

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Buddhismo o Buddismo
a cura di Giuliano Stabile
Buddhismo, dottrina religiosa e filosofica derivata dall'insegnamento del Buddha.
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Le fonti
La dottrina
La salvezza e i mezzi per raggiungerla
Il veicolo di diamante o buddhismo tantrico
Diffusione del buddhismo
• Le fonti. La dottrina del buddhismo è pervenuta attraverso una tradizione che si ispira,
fondamentalmente, agli scritti canonici. Questi, che risalgono a una tradizione orale formatasi
poco dopo la morte del Buddha allo scopo di fissare i tratti essenziali del suo insegnamento e
le norme disciplinari per la comunità monastica, vennero poi accrescendosi di numerose
aggiunte, tra le quali una sezione dedicata alla riflessione filosofica, detta abhi-dharma. Delle
numerose scritture canoniche, appartenenti a diversi gruppi o scuole, possediamo interamente
solo il canone pãli o Tipitaka (“tre canestri”) composto in lingua pali e fissato, secondo le
cronache singalesi, nell'isola di Ceylon (Sri Lanka) durante il sec. I a.C. Degli altri canoni
restano frammenti in sanscrito e traduzioni in tibetano e in cinese. Nel sec. IV a.C. nella città
di Pãtaliputra si tenne un grande concilio buddhista nel quale cominciarono a profilarsi
tendenze scismatiche, che prelusero alla posteriore divisione del buddhismo in mahãyãna (il
“grande veicolo”) e hĩnayãna (il “piccolo veicolo”). Quest'ultimo, che così è stato chiamato,
non senza disprezzo, dai seguaci del primo, è comunemente conosciuto come theravãda.
• La dottrina. Comuni a entrambi i gruppi sono molti elementi dottrinali, che si riassumono
nella enunciazione delle "quattro nobili verità":
1)
2)
3)
4)
tutto è dolore;
il dolore ha una causa;
il dolore ha un termine: il nirvãna;
vi è un cammino che conduce al nirvãna; esso si articola nell’“ottuplice sentiero”:
retta
retto
retto
retto
retto
retto
retta
retta
comprensione (della dottrina),
pensare (e decidere),
parlare,
agire,
modo di sostentarsi,
sforzo,
concentrazione,
meditazione.
È questa la via intermedia tra i due estremi della vita di piacere e dell'eccessivo ascetismo di
cui il Buddha stesso ha dato esempio con la sua vita.
I tre precetti del retto parlare, retto agire e retto modo dì sostentarsi vengono ulteriormente
esplicitati dai cinque grandi comandamenti (non mentire, non rubare, non commettere
adulterio, non uccidere alcun essere vivente, non fare uso di sostanze inebrianti), che, per i
monaci, si traducono nei cinque voti corrispondenti: perfetta sincerità, povertà, castità, non
violenza, astinenza da bevande fermentate.
La vita del monaco è sostegno ed esempio a quella dei laici, i quali, pur senza lasciare le
faccende della vita quotidiana, devono cercare “rifugio” nei “tre gioielli” del buddhismo, il
Buddha, il dharma (la legge) e il samgha (la comunità), e devono sostenere economicamente
la comunità monastica con le loro offerte, acquistandosi meriti per future reincarnazioni. I
monaci hanno, nei confronti dei laici, il compito di predicare il dharma, che conduce alla
salvezza. Comune a tutte le scuole del buddhismo è, altresì, l'enunciazione delle leggi che
determinano l'origine del dolore. Nella sua formulazione più antica, la causa del dolore fu
identificata con la “sete”, ossia con la brama che produce attaccamento all'esistenza e dà
origine a nuove nascite cui seguono l'invecchiamento e la morte.
Fondamentale per tutto il buddhismo è inoltre la legge del karman (o Karma), o legge della
retribuzione delle opere, che, secondo alcune scuole buddhiste, è causa dell' origine stessa del
mondo.
Non poche sono invece le divergenze di scuola relativamente al nirvãna, che, pur essendo da
tutti riconosciuto come l'estinzione del dolore, viene variamente qualificato nella sua essenza.
Da alcuni è considerato come un assoluto, entità incondizionata avente funzione liberatrice
(scuola dei sarvãstivãdin); secondo altri, esso invece non ha sostanzialità metafisica, ma è
un semplice “evento” (scuola sautrãntika). Secondo le scuole del Grande Veicolo che
cominciarono ad affermarsi nei primi secoli dell'era cristiana, dopo che il buddhismo si era
dovuto confrontare storicamente con l'induismo, il nirvãna è concepito come la vera essenza
dell'uomo e della realtà intera, e pertanto viene immanentizzato. Neppure la scuola
del mãdhyamika (“sentiero intermedio”), cosi spesso accusata di nichilismo, asserì che il
nirvãna fosse un nulla, anche se affermò che tutto è “vuoto”, cioè che la realtà, sia
contingente sia assoluta, è concettualmente indefinibile. Il mãdhyamika restò fedele al silenzio
del Buddha, il quale, interrogato sulle principali questioni metafisiche, non aveva voluto
rispondere. Tuttavia, la dottrina che egli predicò fu un messaggio non solo di altissimo valore
morale, ma altresì di profondo valore mistico. Il Grande Veicolo esplicitò in sommo grado
l'istanza mistica del buddhismo originario, presentandolo come l'autentica dottrina del Maestro
trasmessa esotericamente ad alcuni dei discepoli, e universalizzò tale messaggio
sottolineando la possibilità e la realtà della salvezza per tutti.
• La salvezza e i mezzi per raggiungerla. Per il Piccolo Veicolo l'uomo deve salvarsi da solo
tramite la pratica delle virtù e divenire un arhat (“colui che è degno” di entrare nel nirvãna);
ma l'adepto del Grande Veicolo può divenire un Buddha e ricevere l'ausilio
dei bodhisattva, cioè di coloro che ritardano la loro entrata nel nirvãna per aiutare le altre
creature a salvarsi. Il Grande Veicolo ha sviluppato notevolmente anche le tecniche meditative
destinate a purificare il pensiero. Fu la scuola detta yogãcãra a elaborare quei metodi di
concentrazione yogica e di pratica contemplativa che dettero adito, successivamente, anche a
un nuovo tipo di gnoseologia idealistica, culminante nella teoria dello ãlayavijñãna, o coscienza-ricettacolo di tutte le conoscenze. Il cammino di purificazione spirituale
termina nella saggezza, prajñã, che consiste nel vedere le cose come veramente sono: ossia
transeunti, periture, prive di sostanzialità. Anche questa dottrina, che fu in seguito rielaborata
nei Prajñãpãramitã-Sãstra (“Trattati della perfetta saggezza”), venne radicalizzata fino a
sfociare nel paradosso della insostanzialità di tutto il mondo sensibile. Ciò condusse a
concepire l'essenza della realtà in una sfera situata al di là dell'esperienza, raggiungibile
solamente per via mistica.
• Il veicolo di diamante o buddhismo tantrico. Il buddhismo del vajra-yãna (“veicolo di
diamante”), detto anchemantra-yãna (“veicolo delle formule rituali”) o tantra-yãna (“veicolo
del libro”) e sviluppatosi in epoca posteriore al sec. VII d.C., ebbe il suo primo centro di
diffusione nella regione medio-gangetica e nel Bengala, ma si estese ancor più al di fuori
dell'India: in Cina, nel Tibet, a Sumatra, in Birmania e in Giappone. Contrariamente al
buddhismo primitivo e a quello del Grande Veicolo, aperto a tutti, il tantrismo buddhista fu
esoterico, ossia ristretto a poche cerchie di iniziati, guidati da maestri spirituali. Essi
praticarono il culto del Buddha, concepito metafisicamente come Colui che si manifesta nei
vari Buddha, nei bodhisattva, nelle divinità e nelle forze del cosmo; ma venerarono altresì
figure femminili, quali la Prajñãpãramitã (personificazione della perfetta saggezza) e altre
consimili divinità, attraverso le quali si introdusse anche nel buddhismo la
mistica erotica come mezzo per raggiungere la perfezione. Il tantrismo buddhista ebbe una
notevole fioritura letteraria e artistica, soprattutto nell'elaborazione dei mandala e dei
monumenti architettonici che ne ripètono i motivi. (si veda: Kamasutra)
• Diffusione del buddhismo. Dopo un periodo di difficoltà in cui dovette affrontare in India
la contro propaganda teista dell'induismo e la concorrenza del giainismo, il buddhismo
conobbe una fase di ripresa durante la dinastia dei Kusana (secc. II-III d.C.), allorché il nuovo
impero divenne il più importante centro politico dell'Asia. Attraverso traffici intercontinentali
per via di terra e di mare, esso stabilì rapporti con l'impero romano, con i paesi dell'Asia
centrale e soprattutto con la Cina, e ciò favorì la diffusione missionaria del buddhismo e il suo
assurgere a “religione” universale (il termine religione molti lo giudicano improprio se riferito
al Buddismo - si veda: Religione). Molti furono i pellegrini che dall'Asia centrale si recavano
in India per visitare i luoghi santi del buddhismo, e molti i letterati che intrapresero la
traduzione dei testi buddhisti in cinese e in tibetano, lavoro che proseguì per secoli. In Cina la
diffusione del buddhismo continuò fino al sec. IX d.C. e determinò un tipo di filosofia religiosa
cui si unirono elementi tratti dal taoismo.
Particolare importanza assunse in Cina la scuola di meditazione (dhyãna), chiamata, secondo
la pronuncia cinese, ch'an, in seguito (sec. XIII) introdotta in Giappone, dove ancora oggi
sussiste nella corrente del buddhismo zen (pronuncia giapponese del medesimo termine).
Il buddhismo che, attraverso la Corea e la Cina, penetrò in Giappone fu dapprima una
religione filosofica e di élite, e in seguito una religione popolare, l'amidismo, così detta perché
fondata sul culto del Buddha Amithãba (“Amida” in giapponese): essa pone l'accento sulla
salvezza mediante la fede in Amida, dio compassionevole e datore di grazia. Intensa e feconda
fu anche la penetrazione del buddhismo nel sud-est asiatico, dalla Birmania, al Vietnam, fino
all'Indonesia. Esso venne invece gradualmente scomparendo dalla sua terra di origine, l'India,
sia perché in gran parte assimilato dall'induismo filosofico e popolare, sia perché perseguitato
dall'Islam, sì che dal sec. XIII non ha più avuto in India nessun peso socio-culturale.
A Ceylon il buddhismo ebbe del pari un periodo di regresso, anche a causa del colonialismo e
della propaganda missionaria cristiana, e non rifiorì se non verso la fine del secolo scorso, per
opera dell'americano H. Steel Olcott (18321902) e del suo discepolo Anãgarika Dharmapãla,
fondatore della Mahãbodhi Society.
Questa divenne un centro di irradiazione del cosiddetto neo buddhismo, diffuso anche in
Birmania, in Giappone e nel mondo occidentale, e caratterizzato da uno sforzo di purificazione
dalle scorie «irrazionali», da interesse per la scienza, da forte impegno etico-sociale anche
nella disciplina monastica, dall'assunzione di strutture organizzative efficienti. La World
Fellowship of Buddhists è, dal 1950, l'organo di collegamento di tutti i buddhisti del mondo.
fonte: Enciclopedia Garzanti di Filosofia - 1990
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