MICROPARTICELLE Con il termine microparticelle si indicano in generale particelle di dimensioni comprese tra 1 e 800 µm. Particelle di dimensioni inferiori al micron sono definite nanoparticelle. In base alla loro struttura si possono classificare in microcapsule e microsfere. Microcapsula mononucleata Microcapsule : Sono costituite da un nucleo centrale (contenente il farmaco, in forma liquida o solida) circondato da una membrana polimerica (parete) di rivestimento. Microcapsula polinucleata Microsfere: Hanno una struttura monolitica, cioè sono costituite da una matrice polimerica in cui il farmaco è omogeneamente disperso. Microsfera omogenea CENNI STORICI La tecnologia della microincapsulazione nasce a cavallo del 1920-1930. I primi successi riguardano la microincapsulazione di oli con gomma di acacia e gelatina tramite il processo di coacervazione. Da un punto di vista industriale il primo vero successo della microincapsulazione è datato 1955, quando al National Cash Register Company (NCR) di Dayton Ohio venne brevettato un processo di coacervazione della gelatina in grado di incapsulare un pigmento. Le microcapsule così ottenute erano destinate ad essere appiccicate sulla superficie di un foglio. In seguito a scrittura sulla superficie libera del foglio la pressione esercitata rompe le sottile parete di gelatina delle microcapsule liberando il pigmento che colora un foglio posto sottostante. Era nata la carta “autocopiante” che si usa tuttora, diversa dalla vecchia carta carbone che usava inchiostro secco e cera. Dagli anni 50 ad oggi è avvenuto un continuo e crescente sviluppo della tecnologia della microincapsulazione, oggi ampiamente diffusa in un gran numero di settori industriali: •Alimentare •Cosmetico •Chimico (vernici, adesivi, fertilizzanti, ecc.) •Elettronico •Farmaceutico microparticelle- 2 CLASSIFICAZIONE MORFOLOGICA le microcapsule sono in genere di forma più o meno sferica, anche se possono essere prodotte particelle di forma irregolare. In funzione della struttura interna, le microcapsule sono classificate in: microparticelle- 3 APPLICAZIONI DEI SISTEMI PARTICELLARI L’utilizzo dei sistemi particellari permette di modificare e migliorare le caratteristiche morfologiche strutturali e le proprietà chimico-fisiche di una sostanza. La microincapsulazione (intesa come la preparazione sia di microcapsule che di microsfere) può consentire il cambiamento di colore, forma, volume, solubilità, reattività, resistenza, stabilità della sostanza intrappolata. In campo farmaceutico le principali applicazioni della microincapsulazione riguardano: •Trasformazione di una sostanza liquida in una solida Quando si incapsula un liquido si ottiene una polvere con le caratteristiche del polimero usato nell’incapsulamento. La polvere così ottenuta è definita pseudo-solido. •Riduzione della volatilità Una sostanza altamente volatile incapsulata all’interno di un sistema particellare può essere conservata per lunghi periodi di tempo. •Modifica del volume e densità Il volume e la densità di una sostanza possono essere alterati attraverso la microincapsulazione, in modo da formare microcapsule con elevato contenuto d’aria. In questo modo si possono ottenere sostanza capaci di flottare in acqua (idonee per la preparazione di floating system) o in aria (idonee per la somministrazione in dry powder inhalation). microparticelle- 4 •Aumento della stabilità La microincapsulazione protegge le sostanza dagli agenti ambientali quali umidità, ossigeno e luce. •Superamento delle incompatibilità L’incapsulamento determina una separazione fisica del componente incapsulato dall’ambiente che lo circonda, permettendo la miscelazione di composti che potrebbero essere incompatibili tra loro. •Mascheramento di odori e sapori sgradevoli •Ottenimento di sistemi a rilascio controllato I polimeri utilizzati nella microincapsulazione possono controllare la velocità di rilascio o il sito di rilascio (polimeri gastroresistenti o mucoadesivi) del farmaco incapsulato. microparticelle- 5 POLIMERI IMPIEGATI NELLA PREPARAZIONE DEI SISTEMI PARTICELLARI Per poter ottenere le caratteristiche precedentemente descritte è necessario selezionare dei polimeri opportuni, in termini di proprietà chimico-fisiche e tossicologiche, che costituiscono la matrice delle microsfere o la “parete” delle microcapsule. I polimeri utilizzabili nella microincapsulazione possono essere, a seconda della loro origine, naturali o sintetici; inoltre possono essere biodegradabili o non non-biodegradabili. Devono inoltre possedere una serie di specifici requisiti: •Chimicamente inerti; •Non tossici; •Sterilizzabili; •Stabili da un punto di vista chimico-fisico; •Dotati di buona resistenza meccanica; •Non devono rilasciare impurezze o residui di polimerizzazione. microparticelle- 6 Polimeri comunemente impiegati per la preparazione di microparticelle Per applicazioni industriali sono usati gli stessi polimeri utilizzati nel film coating o nel rilascio controllato ed i poliacidi (acido polilattico ed acido polilattico-glicolico). In passato sono stati molto utilizzati le proteine (soprattutto gelatina) e le gomme Derivati della cellulosa Poliacidi Eudragit microparticelle- 7 Le proprietà dei polimeri possono essere modulate attraverso l’uso di additivi, quali: •Plasticizzanti Aggiunti ai polimeri amorfi ne aumentano la mobilità delle catene, incrementandone la flessibilità e riducendone la fragilità, migliorandone quindi le proprietà meccaniche. Esempi di plasticizzanti sono vari tipi di PEG, dietil ftalato, trietil citrato ecc. •Agenti che modificano la permeabilità Con Channeling agents si intendono tutte quelle sostanze che aggiunte al polimero ne alterano la porosità quando questo viene in contatto con i liquidi biologici, aumentando la permeabilità e conseguentemente accelerando il rilascio del farmaco (es. PEG 4000). I Sealants sono invece sostanze che agiscono in direzione opposta. In genere si tratta di cere (Paraffina, carnuba, d’api, ecc) che vengono aggiunte successivamente la formazione del microparticelle. •Tensioattivi I tensioattivi possono essere utilizzati in alcuni metodi di preparazione delle microcapsule ( letto fluido ) per aumentare la bagnabilità del core e favorire il rivestimento con il polimero. Naturalmente tutti i metodi di microincapsulazione che hanno come base di partenza la formazione di emulsioni richiederanno tensioattivi come componenti stabilizzanti delle emulsioni stesse. microparticelle- 8 PREPARAZIONE DELLE MICROPARTICELLE Sebbene siano note un gran numero di tecniche per la preparazione di microparticelle, solo poche in realtà hanno una reale applicazione industriale. La tabella sottostante riporta alcune delle più comuni tecniche di microincapsulazione, classificate a seconda del tipo di processo impiegato. Processi chimici Processi chimicofisici Processi meccanici Polimerizzazione interfacciale Coacervazione Spray drying / spray chilling Tecniche in emulsione Letto fluido/Bassina microparticelle- 9 La scelta del processo da applicare dipende dalla valutazione di una serie di fattori: •Natura del materiale da incapsulare Stato fisico (solido o liquido), idrofilia/lipofilia, stabilità termica o pH dipendente. •Natura del mezzo di incapsulazione Solventi organici o acquosi, gas. •Struttura delle microparticelle da ottenere Microsfere, microcapsule mononucleo, multinucleo, ecc. •Motivazioni economiche Rapporto costo/beneficio, esistenza di brevetti, apparecchiature e/o tecnologia disponibile, ecc. La taglia delle microcapsule dipende da quella del materiale che andrà a formare il core. Per core solidi, se le dimensioni del materiale di partenza non risultano idonee è necessario provvedere a riduzione della taglia tramite processi di micronizzazione. I materiali solidi da incapsulare devono essere anche finemente suddivisi. Nel caso di agglomerazione si dovrà intervenire tramite setacciatura o selezione delle migliori condizioni di conservazione (umidità, temperatura). microparticelle-10 La maggior parte dei processi di incapsulazione (no quelli basati su processi di tipo meccanico) può essere schematizzata come segue Dispersione omogenea del materiale del core nel medium di incapsulazione. Aggiunta del materiale polimerico che formerà il rivestimento o la matrice. Condensazione del materiale polimerico attorno al core o a costituire la matrice in cui è disperso il principio attivo. Stabilizzazione del materiale polimerico. microparticelle-11 Microincapsulazione mediante polimerizzazione interfacciale Le tecniche di polimerizzazione interfacciale riguardano tutti quei processi in cui all’interfaccia tra due liquidi immiscibili si forma chimicamente il polimero del rivestimento (che dovrà essere insolubile in entrambi le fasi). SI distinguono tecniche di polimerizzazione interfacciale per condensazione, tecniche di polimerizzazione interfacciale per addizione (originano a microcapsule con un core liquido) e tecniche di complessazione interfacciale (originano microsfere). Nella polimerizzazione interfacciale per condensazione il polimero si forma da due diversi tipi di monomeri che reagiscono all’interfaccia tra una fase acquosa ed una fase organica. I due monomeri sono solubili uno nella fase organica ed uno in quella acquosa. Farmaco e monomero A sono disciolti nel solvente A, che viene poi mescolato con il solvente B. Per agitazione meccanica si suddivide il solvente A in goccioline di taglia opportuna (si prepara una emulsione), quindi si aggiunge il monomero B solubile nel solvente B. Il monomero B reagisce con quello A all’interfaccia formando un polimero insolubile che incapsula il solvente A con il farmaco Solvente A + farmaco+ monomero A che non ha reagito Solvente B + monomero B che non ha reagito Solvente A + farmaco+ monomero A Solvente B B B A A B A B A B Monomero B Polimero –(A-B)n- microparticelle-12 Un esempio di incapsulazione tramite polimerizzazione interfacciale per condensazione è rappresentato dalla produzione di microcapsule con core contente proteine, anticorpi o enzimi e membrana di poliammide (nylon 6,10). Il nylon è un copolimero che si forma per reazione di una diammina alifatica ed il cloruro di un acido dicarbossilico. La sigla 6,10 indica che l’ammina ha 6 carboni e l’acido 10. In questo caso il cloruro dell’acido è quasi insolubile in acqua. L’ammina è invece solubile in acqua, ma avendo un coefficiente di partizione di circa 1 può diffondere nella fase organica. Nylon 6,10 Si scioglie l’attivo e l’ammina in acqua e si prepara una emulsione W/O con la fase organica in cui il cloruro del dell’acido è stato precedentemente sciolto. Poiché l’ammina tende a diffondere verso la fase organica, la polimerizzazione avverrà all’interfaccia (la velocità di reazione è maggiore di quella di diffusione). microparticelle-13 Nella polimerizzazione interfacciale per addizione (detta anche polimerizzazione in situ) il polimero si forma per reazione tra un monomero ed un catalizzatore della reazione di polimerizzazione. Monomero e catalizzatore sono solubili in due solventi differenti e la reazione avverrà all’interfaccia tra una fase acquosa ed una fase organica. Il processo è simile al precedente, ma il monomero B è sostituito dal catalizzatore. Naturalmente il polimero che si forma risulta insolubile nei due solventi alle condizioni di preparazione. Solvente A + farmaco+ monomero A Solvente A + farmaco+ monomero A che non ha reagito Solvente B + catalizzatore in eccesso Solvente B A A catalizzatore A A Polimero –(A)n- Ad esempio gli alchilcianoacrilati polimerizzano in presenza di ioni idrossili. In questo caso si crea una emulsione O/W dove il monomero e il farmaco sono contenuti nella fase oleosa. Per aggiunta di NaOH nella fase acquosa esterna si avrà polimerizzazione interfacciale. microparticelle-14 Nelle tecniche di complessazione interfacciale si sfrutta la formazione di legami crociati tra molecole polimeriche preformate ad opera di cationi bivalenti. Questo processo è realizzato tipicamente con gli alginati, polisaccaridi (derivati dalla parete cellulare delle alghe brune) solubili in acqua che gelificano in presenza di ioni Ca. In genere si realizza facendo gocciolare una soluzione acquosa di alginato di sodio e farmaco in una soluzione acquosa di cloruro di calcio. Quando la goccia della soluzione di alginato tocca la soluzione di CaCl2 si formano delle microsfere gelificate. Il calcio coordina due distinte unità lungo la catena degli alginati, generando dei legami crociati intercatena e intracatena. Le catene di alginato così bloccate perdono flessibilità, si forma un network che imprigiona il solvente formando una sorta di gel molto compatto. Le microsfere sono poi filtrare ed essiccate. microparticelle-15 Microincapsulazione mediante coacervazione La coacervazione è un processo fisico di separazione di fase tipico delle dispersioni polimeriche (e dei sistemi colloidali stabili più in generale). In seguito all’aggiunta di un terzo componente o la variazione di parametri fisici in una soluzione polimerica si formano due fasi distinte, una ricca di polimero (coacervato) e l’altra costituita prevalentemente da solvente. Continuando ad applicare le condizioni che determinano la coacervazione si ha completa separazione di fase e precipitazione del polimero. La coacervazione può avvenire tramite 3 meccanismi: 1.Desolvatazione del polimero (in sistemi binari o ternari); 2.Repulsione tra 2 diversi polimeri disciolti in un solvente comune (sistema ternario); 3.Interazioni tra un polimero poliionico con contro-ioni (o con un polimero di carica opposta); In ogni caso la coacervazione è sempre una diretta conseguenza del cambiamento delle interazioni polimero-polimero (polimero della stessa specie) e polimero-solvente. Ogni evento che riduce o elimina il guscio di solvatazione del polimero favorisce le interazioni polimeriche inter ed intracatena e conseguentemente la coacervazione. La coacervazione rappresenta la tecnica utilizzata agli albori della microincapsulazione. I primi processi erano condotti principalmente con gelatina. Costituisce ancora uno degli approcci microincapsulativi più comuni a livello industriale specie utilizzando etilcellulosa (garantisce la preparazione di microcapsule a rilascio controllato) come polimero. microparticelle-16 La coacervazione può essere indotta da: •VARIAZIONE DI TEMPERATURA Sfrutta la diversa solubilità del polimero a varie temperature. L’esempio classico è quello dell’etilcellulosa in cicloesano, dove un abbassamento della temperatura induce la coacervazione del polimero. In genere si riscalda la dispersione ad 80°C e si raffredda in maniera controllata. È comune l’aggiunta di poliisobutadiene sia come agente che induce la coacervazione sia per migliorare la qualità del prodotto finale (minore aggregazione). KCl ricoperto da etilcellulosa •VARIAZIONE DI pH Sfrutta la diversa solubilità del polimero a vari pH. •AGGIUNTA DI SALI Il sale sottrae acqua al polimero, generalmente una proteina, facendola coacervare e poi precipitare (salting out). L’esempio classico è quello della coacervazione di una soluzione di gelatina indotta da solfato di sodio. microparticelle-17 •AGGIUNTA DI UN NON SOLVENTE Si aggiunge alla miscela solvente + polimero un solvente miscibile col solvente usato per sciogliere il polimero ma nel quale il polimero è insolubile. La gelatina coacerva se alla sua soluzione acquosa è aggiunto etanolo. Anche l’etilcellulosa (EC) può essere coacervata in questo modo. l’EC è solubile in toluene o in cicloesano caldo. Per aggiunta di cicloesano ad una soluzione a temperatura ambiente di EC in toluene si otterrà la coacervazione dell’EC. •ADDIZIONE DI UN POLIMERO INCOMPATIBILE Si basa sull’aggiunta di un polimero incompatibile a quello che costituirà la membrana. i due polimeri sono disciolti nello stesso solvente. Mescolando le soluzioni dei due polimeri questi uno di questi coacerva. Di conseguenza solo un polimero formerà la membrana. PDMS PLA in CH2Cl2 Con questo metodo sono state preparate microcapsule di PLA (acido polilattico) o PLGA (acido polilattico glicolico). Il PLA/PLGA è dissolto in diclorometano o etilacetato e coacervato per aggiunta di olio di silicone (PDMS, polidimetil siloxano, liquido a temperatura ambiente). Una volta che le goccioline di coacervato si depositano sul core insolubile, la membrana di PLA/PLGA viene “indurita” per aggiunta un non solvente come ad esempio l’esano o l’eptano, dove però il polimero incompatibile, il PDMS è solubile. microparticelle-18 •COACERVAZIONE COMPLESSA Si utilizzano due polimeri, uno anionico e uno cationico, che reagiscono formando un complesso che si separa dalla soluzione. Entrambi i polimeri saranno parte integrante della ricopertura delle capsule. L’esempio classico è quello della gelatina (cationica) e la gomma arabica (anionica). La gelatina al di sotto del suo punto isoelettrico (pH 8,9) ha una carica netta positiva, mentre la gomma arabica è carica negativamente. In opportune condizioni di pH e temperatura si forma un complesso che tende a coacervare. In questo esempio il complesso gomma arabica-gelatina che si deposita sul core è stabilizzato tramite legami crociati formati tramite ponti di glutaraldeide. Nel caso della coacervazione complessa entrambi i polimeri formano la membrana, mentre nel caso della coacervazione per aggiunta di un polimero incompatibile la membrana è costituita da un solo polimero (quello che coacerva) microparticelle-19 Nell’incapsulamento per coacervazione si prepara una dispersione di farmaco (il farmaco deve essere insolubile nel solvente scelto) in una soluzione del polimero prescelto; si induce poi la coacervazione del sistema, si separa una fase liquida arricchita di materiale polimerico che va a depositarsi sulle particelle di farmaco. Successivamente si ha coalescenza del coacervato sulla superficie del farmaco e la sua solidificazione attraverso raffreddamento, desolvatazione o reticolazione, in modo da ottenere una membrana rigida e resistente attorno alle particelle del farmaco sospeso. Le microparticelle si recuperano poi per filtrazione. Tramite coacervazione si ottengono microcapsule con taglia simile a quella dei materiali che costituiscono il core. Soluzione polimerica (polimero + solvente) Coacervato Farmaco A. Il materiale del core viene disperso nel medium. B. Si induce la coacervazione. C. Le microgoccioline di coacervato si addensano attorno al materiale del core. D. Si ha coalescenza delle goccioline ha formare uno strato continuo attorno al core. microparticelle-20 Microincapsulazione mediante evaporazione del solvente Si basa sull’evaporazione, sotto continua agitazione, della fase interna (solvente organico volatile) di una emulsione olio in acqua (O/W). Inizialmente, il materiale polimerico e il farmaco vengono solubilizzati in un solvente volatile, e la soluzione così formata è emulsionata con la fase disperdente (nella quale il polimero non è solubile), contenente un appropriato agente emulsionante. Si procede al riscaldamento per evaporare il solvente, con conseguente precipitazione del polimero (non è solubile in acqua). Se l’attivo si trova in forma grossolanamente dispersa (è insolubile) nella fase organica, l’evaporazione del solvente farà depositare il polimero attorno a particelle grossolane con formazione di microcapsule polinucleate, mentre se l’attivo è disciolto o finemente disperso nella soluzione polimerica, si otterranno delle microsfere. Questa tecnica è adatta per farmaci lipofili. microparticelle-21 Principi attivi idrofili possono essere incapsulati tramite evaporazione di solvente utilizzando la tecnica dell’emulsione multipla. Questa metodologia prevede la formazione di una emulsione multipla W1/O/W2. Il principio attivo da incapsulare è inizialmente solubilizzato in una soluzione acquosa che viene poi emulsionata nella fase organica, costituita da solvente e polimero (solubile solo nella fase organica). Si ottiene in tal modo un’emulsione primaria W1/O. Questa è quindi a sua volta aggiunta alla fase acquosa esterna per formare una doppia emulsione del tipo W1/O/W2. La fase organica agisce come barriera tra i due compartimenti acquosi prevenendo la diffusione del principio attivo verso la fase acquosa esterna. Per evaporazione della fase organica il polimero precipita rivestendo la fase acquosa interna. Si ottengono microcapsule. Questa tecnica è ideale per soluti ad elevata solubilità acquosa e basso coefficiente di ripartizione (non diffondono nella fase organica). microparticelle-22 Nel caso di microincapsulazione mediante evaporazione del solvente i polimeri maggiormente utilizzati come matrice delle microsfere o membrana delle microcapsule sono dei poliesteri, in particolare i polimeri dell’acido lattico (PLA, polilattidi), quelli dell’acido glicolico (PGA, poliglicolidi) ed i copolimeri dell’acido lattico e glicolico (PLGA polilattidi-glicolidi). Questi polimeri sono materiali idrofobici non tossici ed altamente biocompatibili. I farmaci contenuti nelle microparticelle di PLA o PLGA sono rilasciate per erosione del polimero ad opera di reazioni di tipo idrolitico con formazione di acido lattico e glicolico, due normali metaboliti fisiologici. Microsfera di PLA contenete somatostina (preparata da CHCl2) microparticelle-23 Microincapsulazione mediante spray drying Permette di ottenere sia microsfere che microcapsule: 9Il farmaco viene disperso (attivo non solubile) o emulsionato nella soluzione del polimero sciolto in un opportuno solvente, acqua o miscela idroalcoliche. In seguito ad atomizzazione il solvente viene eliminato per evaporazione in corrente di aria calda e il polimero si addensa e coalesce sulla superficie delle particelle di farmaco formando la membrana. Si ottengono microcapsule sferiche di diametro inferiore ai 100 µm. 9Il farmaco viene sciolto (attivo solubile) nella soluzione solvente+polimero. In seguito ad atomizzazione il solvente viene eliminato per evaporazione in corrente di aria calda ed i soluti (attivo e polimero) solidificano insieme formando una struttura matriciale. Si ottengono microsfere sferiche di diametro inferiore ai 100 mm. I vantaggi di questa tecnica riguardano la rapidità, la riproducibilità e la scalabilità del processo, che non risulta particolarmente oneroso. Presenta però anche una serie di svantaggi, come, la perdita di eventuali sostanze volatili ed una limitata scelta dei polimeri (solubili in acqua ma non eccessivamente viscosizzanti). Attualmente l’unico farmaco sul mercato contenete microcapsule ottenute per spray drying è la bromocriptina (Parloder LAR, Sandoz). Microincapsulazione mediante spray chilling (o spray congealing) Tecnica simile allo spray drying, con l’eccezione che la soluzione non è atomizzata in corrente di aria calda ma di aria fredda. In questo caso il farmaco è disperso allo stato solido o liquido nella miscela fusa del materiale di rivestimento che viene poi nebulizzazione ad una temperatura molto più bassa di quella di fusione dei componenti del rivestimento. Si ottengono microsfere o microcapsule in funzione della solubilità dell’attivo nel polimero fuso. I materiali usati per il rivestimento sono in genere cere, acidi o alcoli grassi, o polimeri cristallini a bassa temperatura di fusione. La temperatura di fusione dei materiali deve essere è in genere tra i 30-70°C. microparticelle-24 Microincapsulazione mediante letto fluido Particelle o cristalli di principio attivo sono sospese in una corrente d’aria (letto fluido) che si muove dal basso verso l’alto. La ricopertura avviene nebulizzando sulle particelle una dispersione, acquosa o organica, del materiale polimerico che costituirà la parete delle microcapsule. La temperatura della corrente d’aria che sospende le particelle provvede all’evaporazione del solvente che conseguentemente determina la deposizione del film intorno alle particelle. La nebulizzazione può avvenire nelle configurazioni top spray, bottom spray o bottom spray con colonna Wurster. Il letto fluido è idoneo solamente se le particelle da incapsulare hanno un diametro di almeno 75-100 µm. Top spray Bottom spray con colonna Wurster microparticelle-25 SOMMINISTRAZIONE DI MICROPARTICELLE Allo stato attuale i sistemi microparticellari sono idonei o potenzialmente idonei alla somministrazione tramite diverse vie: •Oculare Il rilascio oculare di farmaci rappresenta ancora una sfida nel campo del drug delivery. Il principale problema è rappresentato dalla lacrimazione, indotta dall’applicazione delle classiche formulazioni (gocce oculari), che rimuove velocemente le molecole di principio attivo (l’emivita precorneale di attivi somministrati tramite formulazioni convenzionali è di circa 1-3 min). La somministrazione di attivi attraverso vettori micro e nanoparticellare rappresenta una interessante novità al momento ancora in fase di indagine. Studi finora condotti mostrano un notevole miglioramento dell’emivita dei farmaci grazie all’adesione dei sistemi particellari (preparati con polimeri bioadesivi) alla cornea. La taglia ideale delle particelle è risultata inferiore ai 10 µm, poiché particelle di diametro superiore inducono prurito all’occhio (taglie di 20-40 µm hanno dato risultati anche migliori in termini di permanenza nell’occhio). •Inalatoria Microparticelle di diametro aerodinamico inferiore ai 6 µm sono interessanti candidati alla somministrazione di farmaci tramite DPI. •Nasale La via nasale è utilizzata per il trattamento di patologie locale quali riniti, allergie o infiammazioni. Attualmente la somministrazione di farmaci per via nasale sta riscuotendo una certa attenzione come via di somministrazione sistemica ed ultimamente anche come via somministrazione di attivi diretti al cervello. In particolare si è scoperto l’esistenza di un trasporto diretto tra la regione olfattiva ed il liquido cerebrospinale che permetterebbe di evitare la barriera emato-encefalica. Sono attualmente in fase di studio numerose formulazioni di microparticelle (diametro compreso tra i 50 ed 200µm per poter essere somministrate per via nasale) volte al rilascio prolungato di farmaci tramite la via nasale. microparticelle-26 •Orale I sistemi microparticellari sono utilizzati principalmente per somministrazione orale, soprattutto in formulazioni sviluppate per ottenere rilascio prolungato, ritardato o sito-specifico. Alcune formulazioni contenenti microparticelle approvate in USA microparticelle-27 Alcune formulazioni contenenti microparticelle THEO-DUR®: è una formulazione a base di teofillina a rilascio programmato, destinata al trattamento dell'asma bronchiale, bronchite cronica e enfisema polmonare. L'azione programmata di rilascio della teofillina è dovuta ad un sistema di rilascio a due stadi, realizzato con una matrice idrofila di cellulosa acetoftalato in cui sono dispersi numerosi piccoli nuclei. La matrice idrofila assicura un rilascio della teofillina nelle prime ore dopo la somministrazione; i nuclei, costituiti da una microcapsula inerte che fornisce il supporto ad alcuni strati dei teofillina separati da una particolare membrana, che lascia passare liberamente l'acqua ma rallenta la cessione delle molecole di teofillina, assicurano un rilascio continuo e costante, la cui cinetica di pseudo ordine zero permette di mantenere stabili (nell'intervallo terapeutico ottimale) per circa 24 h i livelli ematici di teofillina. microparticelle-28 Tecnologia microcaps®: Aptalis Pharmaceutical microparticelle-29 CIBALGINA DUE FAST Una compressa gastroresistente contiene - Principio attivo: ibuprofene 200 mg – Eccipienti: Etilcellulosa; cellulosa acetoftalato; amido di mais; cellulosa microcristallina; saccarina; sodio croscarmellosio; aroma fragola; acido fumarico; silice colloidale; magnesio stearato; calcio fosfato dibasico anidro. Posologia / dosaggio Cibalgina Due Fast (24 Compresse ) Adulti e ragazzi oltre i 12 anni: 1-2 cpr 2-3 volte al dì. Non superare la dose di 6 cpr al giorno. Anziani: attenersi ai dosaggi minimi sopraindicati. Le cpr non vanno deglutite intere, ma premute con la lingua contro il palato: in questo modo si dissolvono velocemente senza lasciare sapore sgradevole in bocca. Fare seguire, se del caso, un bicchiere d’acqua. Non è necessario assumere il farmaco a stomaco pieno, poiché nelle cpr il principio attivo è contenuto in microcapsule gastroresistenti. Dopo 2-3 giorni di trattamento senza risultati apprezzabili consultare il medico. microparticelle-30