Capitolo 1: “Dalla scoperta alla prima conquista: la prima divisione del mondo”.
Paragrafo 1.1: “Mondo Nuovo”.
Dopo la prima spedizione di Colombo, nel 1502, il fiorentino Vespucci a conclusione
di una serie di viaggi attraverso l’oceano atlantico, scrive una lettera a Lorenzo de
Medici parlando di Mundus Novus, di un gigantesco continente sconosciuto. Il 1492
non costituisce uno spartiacque rigido tra medioevo ed età moderna, ma di sicuro la
scoperta dell’america ha un significato enorme per la genesi del mondo moderno. La
“scoperta” significava entrare a contatto con terre sconosciute, convertire al
cristianesimo popoli pagani, immettere nel mercato merci nuove. La “conquista” però
comportava sempre costi alti: popolazioni sterminate, gli europei portarono nelle
americhe epidemie, malattie virali, destrutturarono culture indigene, sconvolsero
organizzazioni sociali, modi di vita, provocarono crolli demografici disastrosi
(Messico). Le scoperte geografiche e le conquiste investirono tre continenti: Africa,
America, Asia. Dopo la fase delle esplorazioni marittime iniziò quella di esplorazione
interna del continente americano e del controllo delle regioni più ricche e popolate.
Dalla scoperta dell’america il mondo è cambiato, il traffico si sposta dal mediterraneo
all’atlantico; dal Messico e Perù affluiscono oro e argento, uno dei fattori principali
dell’inflazione e della rivoluzione dei prezzi. L’incontro tra Europa e America
provoca anche dei mutamenti nella produzione agricola, vengono trapiantati prodotti
come la canna, caffé, patata, tabacco. Il capitalismo commerciale e finanziario riceve
grande impulso dai traffici intercontinentali e porta alla nascita di nuove figure
professionali quali il banchiere, grandi mercanti e lo sviluppo della concorrenza.
Paragrafo 1.2: “L’espansione portoghese e spagnola prima di Colombo”.
Fin dal primo 400 molti paesi erano spinti dal desiderio di scoprire, conquistare,
esplorare, in particolare la Spagna e il Portogallo dove vi è una base economicaorganizzativa, tecnologica, sviluppo di teorie e strumenti geografici. Il Portogallo
poteva contare sulla disponibilità del capitale dei mercanti italiani, a metà XV secolo
è pronta anche la base tecnologica: la caravella, cioè un’imbarcazione di piccole
dimensioni, che può portare una maggior quantità di provviste anche perché richiede
un equipaggio più ridotto. Può navigare più lontano dalle coste e rimanere in mare
per lungo tempo. Un geografo, il greco Stradone, aveva invece incoraggiato l’idea
che l’Africa potesse essere circumnavigata. Anche gli strumenti per navigare si
affinano, la Spagna possiede già la bussola, gli altri paesi hanno mezzi diversi per
misurare la latitudine, come il quadrante nautico.
“L’espansione portoghese”.
Aprire la via per il mare verso l’oriente, circumnavigare l’Africa per raggiunger
l’oceano indiano e l’Asia e controllare il traffico delle spezie è l’avventura affrontata
dai portoghesi nella seconda metà del 400. Già nella prima metà del secolo si
spinsero verso l’Africa; i protagonisti sono veneziani e genovesi al servizio della
corona portoghese. Nel 1445 scoperte le isole del Capo Verde, nel 1487 Bartolomeo
Diaz tocca la punta meridionale dell’Africa che prenderà il nome di capo di Buona
Speranza. L’Africa è circumnavigata, è aperta una nuova via oceanica verso
l’Oriente. L’espansione portoghese in Africa ha consentito lo sfruttamento di enormi
risorse: schiavi, l’oro, l’avorio, il cotone, pepe, zucchero.
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L’espansione Portoghese e gli strumenti utilizzati per la conquista pongono
importanti problemi di natura giuridica; come giustificare la conquista delle terre e
l’assoggettamento delle popolazioni Africane? I giuristi inventarono la formula della
TERRA NULLIUS, cioè la terra di nessuno, non sottoposta ad una signoria, senza
ordinamento né leggi civili, di qui la possibilità di imporre la signoria portoghese.
C’erano due limiti all’impero coloniale portoghese in Africa: difficoltà dello stato di
gestire razionalmente le risorse commerciali e coloniali e la forte dipendenza dai
mercati stranieri.
“Espansione spagnola”.
L’espansione spagnola prima di Colombo diede luogo all’occupazione castigliana
delle isole canarie, proprio questa colonizzazione fu il tramite che collegò la
Reconquista, cioè la guerra santa contro i Mori che occupavano ancora una vasta area
della penisola iberica, all’espansione castigliana e aragonese. Questa occupazione
ebbe un valore enorme come presupposto alla volta dell’America e fu la base dei 4
viaggi di colombo. La colonizzazione delle canarie fu portata a termine tra il 1477 e
79, anno in cui fu stipulato il trattato di Alcáçova tra Portogallo e Spagna, che segna
la I spartizione del globo: in base a esso il Portogallo accettava di riconoscere i diritti
castigliani sulle Canarie e la Spagna riconosceva i titoli portoghesi sulle altre isole
dell’Atlantico e sulle coste africane.
Verso la fine del XV secolo Spagna e Portogallo hanno ormai accumulato
un’esperienza considerevole nelle imprese d’oltremare. Più fragile sotto il profilo
economico, sociale e politico è il Portogallo, tuttavia grazie a Giovanni II era riuscito
a rafforzare l’autorità statale, a reprimere le spinte della grande nobiltà, a sfruttare le
risorse d’oltremare, attraverso una politica monopolistica. L’interesse del Portogallo
era orientato soprattutto verso l’india, mentre gli interessi della Spagna erano rivolti
al completamento della Reconquista, consolidamento delle conquiste Africane, la
politica italiana.
Paragrafo 1.3: “Cristoforo Colombo”
Colombo intraprende la via della navigazione a seguito di mercanti genovesi. Dal
1479 si stabilisce in Portogallo, Toscanelli (geografo umanista fiorentino) lo convince
della sfericità della terra. Il progetto di Colombo è di raggiungere le Indie Orientali
partendo dalle coste Atlantiche dell’Europa: una rotta esattamente antitetica a quella
effettuata da Marco Polo via terra. Presenta il progetto a Giovanni II, re del
Portogallo: la risposta del sovrano è negativa. Due gli ostacoli: le perplessità del re
sulla fondatezza del progetto e la difficoltà di investire energie al di fuori della
strategia africana dell’espansione portoghese. Colombo si rivolge allora a Isabella di
Castiglia e a Ferdinando il Cattolico. Il 1° contatto nel 1486 dà esito negativo per le
ristrettezze finanziarie e gli impegni della corona. Il 2° contatto nel 1491 dà esito
positivo. È la vigilia della vittoria di Granada (1492), cioè del completamento della
Reconquista, della definitiva liberazione della Spagna dai Mori. Gran parte dei soldi
necessari per la spedizione vengono anticipati da Francesco Pinelli e da banchieri
fiorentini. La prima spedizione effettuata con 3 caravelle: Santa Maria (comandata da
Colombo), Pinta (Varez)e Nina (Pinzon). Il 12/10/1492 dopo una tormentatissima
navigazione iniziata il 3 agosto, Colombo avvista finalmente terra. Crede di essere
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arrivato in Cina o in Giappone, invece arriva all’isola di Guanahanì, ribattezzata San
Salvador, nelle Bahamas. È l’OTRO MUNDO. La scoperta è importantissima e al
suo ritorno in Spagna Colombo è oggetto di onori e festeggiamenti. La seconda
spedizione dopo pochi mesi è di proporzioni più grandi, in vista dell’oro. I suoi
uomini sono molti Hildagos, ossia cavalieri che non godevano di alcun titolo
nobiliare e che avevano partecipato alla Riconquista; pochi borghesi, molti artigiani e
contadini che volevano arricchirsi, cambiare status sociale e diventare signori con
vassalli, servi e maggiordomi. L’impresa di Colombo serviva a dare un senso a
gruppi della società spagnola che si sentivano frustati ed emarginati: nelle Indie
avrebbero potuto essere qualcuno. La delusione per la Corona e per molti di questi
uomini è forte dopo la seconda spedizione. Il risultato è solo un piccolo carico di
schiavi. Riesce tuttavia ad ottenere l’autorizzazione ad una terza spedizione. Nel 1498
parte con sole sei navi. Il bottino è cospicuo: oro, perle e preziosi. Ancor più
importanti la scoperta di altre terre. Nei viaggi precedenti Colombo ha raggiunto il
Messico. Ora tocca le coste dell’America latina. Intanto la gestione della conquista si
fa difficile. La base più importante nel Nuovo Mondo, Santo Domingo, è in
ebollizione: disordini, violenze, epidemie. Colombo fu accusato di corruzione, fu
incarcerato nel 1500 e inviato in catene in Spagna. Isabella interviene e lo libera, gli
affida un’ultima spedizione in cui egli si spinge ancora più a sud ma fu costretto a
tornare in Spagna dove muore il 20/05/1506 abbandonato da tutti.
Dopo la prima spedizione di Colombo si posero due problemi: la legittimazione della
conquista e l’esigenza di rinegoziare il trattato di Alcáçova: ossia la definizione delle
aree di influenza di Spagna e Portogallo. Nel 1493 con la bolla Inter Cetera, Papa
Alessandro VI Borgia, assegnava alla Corona di Castiglia “ogni isola o terraferma,
scoperta o ancora da scoprire, avvistata o non ancora avvistata, che non fossero
ancora di un altro re o principe cristiano”. Arrivava dunque la legittimazione
dell’occupazione e il via libera per le future espansioni. Tale bolla decreta la linea di
demarcazione tra territori spagnoli e portoghesi nei territori d'oltreoceano. Tutto ciò
che sta ad est della linea alessandrina è territorio del Portogallo, quello ad ovest è
della Spagna. Tale linea così tracciata dà in pratica alla Spagna la possibilità di
dominio su tutto il nuovo mondo. Ma il Portogallo non era d’accordo con tale
divisione. Nel 1494 il trattato di Tordesillas definiva le zone di influenza della
Spagna e Portogallo. La storiografia spagnola ha sostenuto che questa nuova
divisione era più favorevole al Portogallo; essa in realtà salvaguardava i principali
interessi delle due potenze: l’impero commerciale portoghese sulla rotta della
circumnavigazione dell’Africa e l’impero coloniale spagnolo, verso il Nuovo Mondo.
Era la seconda tappa della spartizione del globo, destinata a scatenare in breve tempo
il malcontento delle altre grandi potenze europee e la conflittualità internazionale.
Paragrafo 1.4: “Dalla scoperta alla conquista: l’espansione portoghese”.
Dopo l’avventura di Colombo e il trattato di Tordesillas vanno disegnandosi le grandi
direttrici dell’espansione transoceanica. Le prime due, quelle portoghesi, sono: la via
delle Indie orientali e la progressiva scoperta del Brasile. Partito nel 1497 Vasco de
Gama doppia il capo di Buona Speranza, attraversa il Mozambico e l’Africa orientale
musulmana, nel 1498 è a Calicut (India). Torna con un carico pieno di spezie. Dopo
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un altro viaggio di Vasco de Gama, il Portogallo entra nella politica indiana. Nel
1519-22 Ferdinando Magellano, navigatore portoghese al servizio della Spagna,
costeggia l’America meridionale, supera lo stretto (che rappresenta il più importante
passaggio naturale tra l'Oceano Pacifico e Atlantico, ma è considerato una rotta
difficile da percorrere a causa del clima inospitale e della strettezza) che porterà il suo
nome, si avventura nel nuovo oceano Pacifico e raggiunge le isole Filippine dove
muore ucciso dagli indigeni (fase eroica delle spedizioni e delle conquiste).
La più grande risorsa dell’economia del vecchio mondo è il commercio delle spezie.
La Corona Portoghese ne possiede il monopolio, ma non è in grado di gestirne la
distribuzione dei prodotti esportati soprattutto nell’Europa settentrionale.
Un’innovazione radicale nella struttura dell’impero portoghese è rappresentata dalla
conquista del Brasile. L’Inghilterra è interessata alla parte settentrionale
dell’America. A spingere il Portogallo verso la colonizzazione dell’America
meridionale sono le aspirazioni della Francia, proprio per contrastarle il Portogallo
crea insediamenti militari in Brasile. Ma il periodo di prosperità durerà poco. Le
attività primarie non sono in grado di soddisfare le esigenze della popolazione in
aumento. Il Portogallo è dipendente dal Baltico, dalla Francia, dal Nordafrica.
“L’espansione spagnola”.
L’altra grande direttrice dell’espansione transoceanica è quella spagnola. È
soprattutto con la spedizione nel Messico del 1519 di Cortès che l’impero ispanoamericano compie un grande salto di qualità. Un impero e una civiltà vengono
distrutti. Si dà inizio ad un’azione sistematica di conquista che in circa 50 anni
sottometterà tutte le principali civiltà del nuovo mondo. Cortès riesce a sconfiggere
gli Aztechi, li sottomise, massacra tutti i principali locali, reprime rivolte, bombarda,
semina il terrore. La fase finale della conquista fu eseguita da Pizzarro e De
Almagro che attaccano l’impero inca, in Perù. Le brutalità e le violenze sono
superiori a quelle commesse da Cortès: raggiri, stermini di popolazioni e stragi. Lo
spirito dei conquistatori consiste nel “servire Dio e il re e anche diventare ricchi”. A
spingere questi uomini è la fede missionaria, la loro forza sta nell’incrollabile
convinzione della superiorità della civiltà. Gli uomini di Cortès sono castigliani che
vogliono la ricchezza attraverso la guerra, feudi, vassalli, titoli e fama.
Il primo problema che la colonizzazione pone è l’organizzazione della conquista,
l’individuazione di un equilibro tra il riconoscimento del potere statale sui territori
d’oltremare e la soddisfazione delle aspettative dei conquistadores. Il 1° strumento
del rapporto tra la Corona spagnola e i conquistatori fu la licenza reale: in cambio di
investimenti e servizi per la Corona, l’impresario riceveva titoli, privilegi,
autorizzazioni commerciali, fino al titolo di adelantado, che conferiva un diritto di
signoria non trasferito ma donato dal sovrano, un potere amministrativo e militare, a
volte il privilegio di fondare città e distribuire terre. Il re designava il comandante,
l’adelantado, che in genere era il 1° governatore delle terre conquistate. Non aveva
comunque un’autorità assoluta sui membri della spedizione: si doveva consultare con
essi per prendere le decisioni più importanti, anche per prevenire disordini, rivolte.
Nominava, a sua volta, dei capitani per il comando delle compagnie. Criteri di scelta
erano lo stato sociale, l’amicizia, parentela con il capo-missione. Un tentativo di
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razionalizzare e giustificare la conquista fu quello di farla accettare agli indigeni
tramite il requerimiento. In base ad esso gli indios dovevano riconoscere il papa
come signore del mondo e il re di castiglia come suo vicario, destinatario delle terre
d’oltremare, offerte dal pontefice; solo se gli Indios accettavano tali condizioni,
venivano riconosciuti come leali vassalli. Il sistema non funzionò; gli indios non
potevano capire le sottigliezze del messaggio giuridico del requerimiento. Quindi lo
strumento più importante della colonizzazione fu l'encomienda, si trattava di
un’istiruzione casigliana medioevale: l’encomienda era una concessione temporanea
fatta dalla Corona a singoli soggetti, di diritti, di signoria su terre, città, castelli.
L’assegnazione non comportava alcun titolo di proprietà; L’Encomendero riceveva
temporaneamente diritti di signoria su un certo numero di Indios, in cambio di una
loro sistemazione in comunità stabili, dotate di Chiese e parroci. Per alcuni storici
l’encomienda garantì agli Spagnoli i possedimenti americani, per altri invece era
qualcosa simile ad una signoria schiavista. Le comunità create dall’encomendero non
erano altro che prigioni di manodopera forzata. Tutti gli stoici sono d’accordo sul
fatto che l’encomienda non indebolì lo Stato spagnolo. Alla fine gli encomenderos
furono posti sotto il rigido controllo della Corona.
Anche il resto dell’Europa si impegnò nella conquista dell’America. L’Italia partì con
esperti viaggiatori e navigatori ma anche con uomini d’affari. L’Inghilterra cercò di
invadere le conquiste spagnole. L’idea dell’oro e il mito del meraviglioso erano i
primi elementi che attiravano, ma ben presto si sviluppa anche un sentimento di
superiorità della civiltà europea.
Capitolo 2: “Rinascimento e Stato Moderno”.
Paragrafo 2.1 : “Le tre tappe del Rinascimento”.
Il periodo compreso tra il 15° e 17°secolo è chiamato Rinascimento; esso ha origini
italiane ed è caratterizzato da una forte carica di modernità in contrapposizione al
medioevo. Esso rappresenta cioè un’epoca di reali trasformazioni che investono gran
parte dell’Europa. Si possono distinguere: un’origine nel 14° secolo, al tempo di
Petrarca; una maturità tra il 15°secolo e la prima metà del 16°; uno stadio finale nella
seconda metà del ‘500. Le innovazioni non erano poche: il fiorire delle arti, della
letteratura, della scultura, ma soprattutto ci fu una nuova visione del mondo e
dell’uomo inteso come “individuo”. C’è un ritorno all’antico; il mondo classico
diventa anche una guida per la vita pratica. Nell’arco di questi due secoli e mezzo si
sono avuti mutamenti culturali, economici, sociali e politici. I mutamenti nella
struttura politica fanno dello Stato la nuova forma di organizzazione politica interna e
internazionale.
Paragrafo 2.2: “Gli stati moderni e le nuove forme di politica”.
Quasi tutti gli stati europei hanno una organizzazione politica simile. Al vertice c’è il
sovrano, unico titolare del potere che proviene direttamente da Dio, giudice supremo
e legislatore, assistito nella sua attività da un Consiglio del Re. Un insieme di
organismi amministra i diversi settori dello stato chiamato moderno perchè presenta
elementi nuovi rispetto alle organizzazioni politiche medievali. La novità più
eclatante fu la divisione tra la proprietà o titolarità del potere spettante al sovrano e il
suo esercizio affidato all’amministrazione. Si tratta di una forma di Stato assai
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differente da quella affermatasi 2 o 3 secoli dopo: i poteri legislativo, esecutivo e
giurisdizionale non sono ancora distinti; c’è molta confusione tra le competenze dei
diversi uffici; i confini tra pubblico e privato sono ancora confusi e non ancora
affermati. Si tratta di uno stato in cui esistono ancora molti privilegi, infatti la Chiesa
e la nobiltà feudale avevano tribunali separati da quelli statale. I concetti di Stato
moderno e Stato del Rinascimento indicano un’organizzazione del potere diversa
rispetto al medioevo, mentre Stato nazionale indica le entità politiche che
corrispondono a insiemi etnicamente e geograficamente omogenei. La formazione
dello Stato nazionale si è avuta nel XV secolo in Spagna, Inghilterra e Francia. Il 500
ha conosciuto altri 2 modelli di Stato: l’autocrazia e il dispotismo. Il 1° rappresenta la
centralizzazione statale russa, il 2° l’impero ottomano. A metà del ‘500 in molti paesi
europei si iniziò ad avvertire una crescita dei prezzi rispetto ai primi anni del secolo
ed a cambiare il rapporto tra domanda ed offerta; ciò fu attribuito alla scoperta del
nuovo mondo e ad una notevole crescita demografica. I contemporanei la definirono:
“rivoluzione dei prezzi”, cioè quando i metalli preziosi arrivarono in Europa, i
prodotti da acquistare erano pochi, così avendo a disposizione molta moneta e poche
merci, quest’ultime presero a salire di prezzo, visto che chi aveva più denaro era
disposto ad acquistarle a qualunque prezzo. Il fenomeno dell’urbanizzazione
comincia a diventare ben visibile. Molta importanza assume la cultura e la sua
trasmissione. Il rinascimento si identifica con le grandi opere della pittura, scultura e
architettura, ma anche con il libro moderno. Venezia domina il mercato dei libri, con
Aldo Manuzio che pubblica la prima collana di tascabili in volgare e usa per la prima
volta il carattere corsivo. Il protagonista di tutti i libri di questo periodo è l’uomo,
oggetto di una nuova attenzione come individuo e come artefice di relazioni, di
rapporti, come soggetto e oggetto di comportamenti.
La Francia: Con la sconfitta di Carlo il Temerario nel 1477, la conquista della
Borgogna ad opera di Luigi XI e l’annessione della Provenza nel 1481 si compie
l’unificazione geopolitica della Francia. Il re in Francia è al vertice del sistema
politico e tale potere ha alcune caratteristiche feudali: è capo di una gerarchia di
vassalli, conserva un legame personale e contrattuale con la nazione. Tutte le
province hanno un sistema di rappresentanza (Parlamenti e stati provinciali)
autonomo, ma in realtà non c’era una vera e propria autonomia in quanto tutti i
decreti legislativi, finanziari e a volte giudiziari provenivano dal re. Al vertice del
sistema di governo, su cui reggeva la monarchia francese, c’era il Consiglio del Re,
formato dai grandi dignitari e dagli ufficiali della corona. Durante il regno di
Francesco I lo strumento reale sarà il consiglio degli affari, segreto, formato da pochi
consiglieri intimi del re, questi deliberano su tutte le questioni (politiche, militari,
finanziarie, amministrative). Altro gruppo alla fine del 400 saranno i maitres des
requetis: utilizzati dal re come suoi fedeli commissari per ispezionare e controllare le
province, essi siedono nei parlamenti e partecipano alle sedute del consiglio del re. Il
consiglio si articolava in: una Sezione di Stato, in un Consiglio “des Parties” ed un
Consiglio delle Finanze; questo per garantire le competenze in ciascun settore:
politica, giudiziarie e finanziarie. Nel 1547 furono creati i 4 segretari del re:
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responsabili dei 4dipartimenti in cui era diviso il regno; erano le persone su cui il re
poteva contare per l’esecuzione delle sue volontà.
L’Inghilterra: La monarchia inglese andava consolidandosi e restaurandosi alla fine
della guerra delle Due Rose. Grazie a Enrico VII Tudor la monarchia inglese,
comprendente anche il Galles e parte dell’Irlanda, riesce ad affermare la sua autorità.
Combatte con successo i poteri residui dei grandi feudatari, istituendo la “Camera
Stellata”, cioè una sorta di tribunale per le cause contro le famiglie feudali ribelli, e lo
stesso sovrano permise a persone non nobili di ricoprire cariche politiche e
giudiziarie. Ma è soprattutto con Enrico VIII che si verifica una vera rivoluzione nel
governo: il centro dell’amministrazione è assunto dal 1° segretario e dal Consiglio
Privato, sono soppressi ineguaglianze costituzionali e speciali privilegi nel paese.
L’artefice di questa rivoluzione amministrativa è Thomas Cromwell che cerca di
attuare il progetto della concentrazione del potere nello Stato. La struttura e le
funzioni del parlamento si differenziano dagli istituti simili presenti in altri paesi
europei. Vi sono 2 camere: quella dei Lord (ereditaria) che rappresentava la grande
nobiltà e dei Comuni (elettiva) che rappresentava la piccola nobiltà terriera, ceti non
nobili e coltivatori diretti. La funzione legislativa è riconosciuta al Parlamento; il
riferimento dei parlamentari è a una legge comune (Common Law), indipendente dal
sovrano. Un’altra caratteristica del governo inglese è costituita dall’autogoverno delle
contee, affidato agli sceriffi, nobili e ai giudici di pace. Si sviluppa nel ‘500 la teoria
dei 2 corpi del re: oltre al corpo naturale, mortale, soggetto alle malattie e alla
vecchiaia, il sovrano è dotato di un corpo politico incorruttibile, non soggetto a
malattie, invecchiamento e morte. In questo secondo corpo, che passa da un re
all’altro, si concentra l’essenza della sovranità.
La Spagna: Nel 1469 Ferdinando (re di Sicilia ed erede al trono di Aragona) e
Isabella (erede al trono di Castiglia) si uniscono in matrimonio. Essi creano dalla loro
unione le premesse per la formazione dello Stato iberico. Sono soprattutto le
condizioni interne ed internazionali a rendere opportuno e conveniente un
matrimonio tra Aragona e Castiglia. In seguito alla liberazione di Granada che segnò
il compimento della Reconquista cristiana, a Ferdinando e Isabella furono concessi i
titoli di “Re cattolici”, conservati anche dai loro successori. L’unione delle Corone
sotto i Re Cattolici riunì realtà diverse: il territorio Castigliano molto esteso ( tre volte
quello aragonese), con società ancora pastorale e densità di popolazione assai elevata;
e l’Aragona che ha dato vita, nel corso del tardo Medievo, al grande impero
commerciale catalano-aragonese. Un sistema rappresentativo più articolato rispetto a
quello casigliano e a fondamento di quello aragonese sono: le Cortes, cioè delle
assemblee degli Ordini, dei Ceti, in Catalogna godono di potere legislativo. Nel tardo
medioevo i sovrani casigliani, a differenza di quelle aragonesi, non sono obbligati a
convocare le Cortes a scadenze regolari.
La Russia: Ivan III fu l’artefice dell’unità della Russia, liberata dai mongoli. Lo zar
si sentiva erede dell’impero Romano d’Oriente e dei sovrani bizantini. L’ideale
politico di Ivan era “un’aristocrazia ortodossa sinceramente cristiana” di tipo
patriarcale benedetta nella sua missione dalla divina provvidenza. Ma l’autocrazia era
appunto un ideale. Nella realtà lo zar doveva far fronte alle forti opposizioni
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dell’antica nobiltà feudale, i boiari. Lo zar crea organismi rappresentativi locali e
affida alla piccola nobiltà provinciale alcune funzioni di amministrazione della
giustizia e di polizia. Per contrastare e ridimensionare la potenza dei boiari, prima
Ivan III e poi Ivan IV il terribile distribuirono la terra alla nobiltà di servizio, cioè la
piccola nobiltà. Ivan III concesse l’usufrutto delle terre conquistate a questi nobili.
Ivan IV trasformò l’usufrutto in diritto ereditario, concesse ai nobili di servizio
un’ampia zona equivalente alla metà dell’intero territorio e costruì con loro una forza
militare autonoma. Le conseguenze furono notevoli. Molti territori dell’antica nobiltà
furono espropriati con la forza e passarono alla piccola nobiltà di servizio. La
centralizzazione del potere corrisponde all’indebolimento dell’aristocrazia boiara.
La Germania: nel XVI secolo non appare come entità politica unitaria. Lo sviluppo
statale ha avuto luogo su 2 piani: quello dell’impero e quello degli Stati territoriali. Il
1° ha perso i 3 requisiti medievali della sacralità, universalità e continuità. L’impero
pur essendo elettivo è affidato agli Asburgo. Il sistema politico imperiale presenta
debolezza costituzionale. È assai scarso il potere che l’imperatore riesce ad esercitare
sui principi territoriali e sulle città. Per quanto riguarda il 2° piano il processo di
formazione dello stato si presenta condizionato dal rapporto tra principe e i ceti. La
costituzione per ceti è una struttura politica dualistica: da un lato il Consiglio del
signore territoriale, dall’altro la Dieta organismo rappresentativo dei ceti, della città,
del clero. I ceti godono di ampi poteri giudiziali, militari e finanziari. Nella 1° fase
della formazione dello stato in Germania i ceti avevano appoggiato il potere del
principe sul piano centrale, ma l’avevano indebolito sul piano locale. Nella 2° fase i
ceti sono stati i partner indispensabili del principe nella formazione dello stato.
L’Impero Ottomano: Nel 1453, con la conquista di Costantinopoli, comincia la 2°
fase dell’espansione turca. In meno di un secolo i turchi conquisteranno una vasta
area dei Balcani. Il XVI secolo rappresenta il secolo del maggiore sviluppo e del
principio della crisi della potenza ottomana. A metà 500 con Solimano I l’impero
ottomano è il più potente del mondo; ma alla fine del 500 quell’impero è in declino.
La struttura dello Stato turco è assai diversa da quelle degli stati europei: manca la
proprietà privata; esistono 2 istituzioni parallele: quella di governo e quella religiosa
musulmana. Nei paesi dell’Islam non c’è separazione tra Chiesa e Stato; non esiste il
feudalesimo: i cavalieri musulmani ricevono dal sultano terra in cambio del servizio
militare; lo Stato ottomano comprende diverse etnie lasciate libere di mantenere in
vita leggi e costumi preesistenti. Nessun tentativo di unificazione.
Capitolo 3: “L’Italia nelle guerre per il predominio europeo”.
Paragrafo 3.1: “Il sistema degli Stati italiani”.
Nel 400 tre sono le grandi potenze in Europa: la Francia, la Spagna e l’Impero
ottomano. Esse sono organismi politici solidi, fondati sul consolidamento del potere
monarchico, su una progressiva unificazione nazionale e su una politica
espansionistica verso l’esterno. Guerre, matrimoni e alleanze diplomatiche sono gli
strumenti della politica di potenza. Secondo la storiografia, la vicenda politica italiana
tra metà 400 e 500 attraversò 3 fasi:
a) dalla pace di Lodi (1454) alla discesa di Carlo VIII, dall’equilibrio di Lorenzo il
Magnifico alla fine dell’indipendenza italiana;
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b) durante le guerre d’Italia, dipendenza assoluta da Francia e Spagna;
c) con la Pace di Cateau-Cambrésis l’Italia entra nei secoli bui dell’egemonia
spagnola.
Tra XIV e XV emergono con evidenza le difficoltà nella formazione di un sistema
politico peninsulare. Queste difficoltà erano state in parte aggravate dalla pace di
Lodi. I 5 potenti della penisola: Milano, Venezia, Firenze, Stato della Chiesa e Regno
di Napoli avevano esercitato un controllo vigile sulla “libertà d’Italia”: cioè la
sopravvivenza del sistema dell’equilibrio politico capace di fermare qualsiasi mira di
potenze straniere sul territorio italiano. Alla fine del 400 questo sistema entrava in
crisi. Nei primi del 500 il predominio sull’Italia è considerato il problema centrale, le
parti in gioco sono 2: Milano e il Regno di Napoli. Queste nel sistema degli Stati
italiani sono anche i punti più deboli: non possono contare né sul principio del
legittimismo dinastico, né su una signoria locale (come Firenze), né su una struttura
aristocratica o oligarchica (come Venezia). Ma vi erano anche dei punti forti quali il
Ducato di Savoia, lo Stato della Chiesa, Venezia, ma nessuno di questi poteva
realizzare una supremazia riconosciuta. Permaneva quindi il divario tra l’Italia e le
altre potenze europee nella disponibilità di strumenti politici e militari.
Paragrafo 3.2: La spedizione di Carlo VIII e la fine dell’indipendenza del Regno di
Napoli: Rapidità e facilità: sono le 2 caratteristiche assunte dalla spedizione di Carlo
VIII in Italia. Il ducato di Milano era uno dei deboli del sistema degli stati italiani.
Dopo l’uccisione di Galeazzo Maria Sforza in una congiura nobiliare nel 1476, i
poteri passano al figlio Gian Galeazzo II, ma di fatto governò lo zio Ludovico Sforza
detto “il Moro”, che nel 1494 fece assassinare il nipote e si proclamò duca. Gian
Galeazzo aveva sposato Isabella, figlia del re di Napoli Ferrante D’Aragona. La
situazione instabile, la non legittimità del suo potere, le mire degli Aragonesi sul
ducato e la necessità di stringere una alleanza con il sovrano di una potenza straniera,
lo spinsero ad allearsi con Carlo VIII nel 1492. Essa era necessaria al Moro anche per
consolidare il suo potere di principe territoriale nell’area padana. Per questo e per far
fronte alla minaccia aragonese il Moro chiamò in soccorso il re di Francia e lo invitò
a far valere le su aspirazioni angioine sul Regno di Napoli. La preparazione politicodiplomatica fu molto curata da Carlo VIII in tutti i suoi dettagli. Innanzitutto doveva
assicurarsi la neutralità della Spagna e dell’Inghilterra. Papa Alessandro VI Borgia
cercava di creare, attraverso il figlio Cesare, un forte stato nell’Italia centrale e aveva
grande bisogno dell’appoggio di una potenza straniera. Venezia avrebbe potuto trarre
vantaggio e, a sua volta, aspirava a nuove conquiste territoriali grazie all’intervento
straniero in Italia. L’identità del paese come nazione e patria era completamente
assente nella cultura e nella mentalità collettiva. L’apparato militare di Carlo era il
più moderno e sviluppato nell’Europa del tempo. Il successo della spedizione di
Carlo fu dovuto anche alla sua netta superiorità militare. In pochi mesi il re attraversò
l’Italia, avanzava rapidamente verso Firenze senza trovare resistenza. Il successore di
Lorenzo il Magnifico, Piero de’ Medici, provocò, con il suo atteggiamento di totale
soggezione a Carlo VIII, la ribellione dei fiorentini, che lo cacciarono da Firenze e la
proclamarono repubblica. A dicembre Carlo entra a Roma e prosegue fino al Regno
di Napoli. Dopo la morte di Ferrante d’Aragona, il figlio Alfonso aveva provveduto a
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contrastare i progetti francesi di invasione del Regno di Napoli. Aveva mandato
inviati a Milano, Venezia, Firenze, aveva stretto legame con il papato, aveva persino
sollecitato aiuti dai turchi, dagli spagnoli e dagli Asbrurgo. Fortificazioni, progetti di
intervento militare a Genova, in Lombardia e Romagna avevano dimostrato che
Alfonso non era totalmente impreparato di fronte al pericolo francese. Ma non aveva
le doti e le capacità politiche, tattiche e strategiche del padre. Al principio del 1495
Alfonso abdicava a favore del figlio Ferdinando II, detto Ferrandino. Carlo ebbe poco
tempo per svolgere a Napoli una vera e propria azione militare, cercò soprattutto
consensi tra gli strati borghesi e artigiani. A tale scopo confermò tutti i privilegi delle
potenti corporazioni della lana e seta, e allargò il potere della rappresentanza
popolare. Il 31 marzo 1495 era stata firmata a Venezia un’alleanza antifrancese,
formata da Venezia stessa, da Ludovico il Moro, da papa Alessandro VI, da
Massimiliano d’Asburgo, da Ferdinando II d’Aragona che era dovuto fuggire da
Napoli con tutta la corte, dai Re Cattolici. Nella battaglia di Fornovo gli alleati
cercarono di impedire, senza successo, la ritirata di Carlo VIII. Era comunque la fine
della sua spedizione in Italia. Il 7 Luglio Ferrandino riconquista il Regno di Napoli,
ma la restaurazione aragonese fu carica di problemi; l’assedio ai castelli si protrasse
per mesi, il regno visse in uno stato di tensione. Per controbilanciare il potere
dell’aristocrazia, la Corona favorì l’ascesa delle componenti popolari. Nel 1495
muore Ferrandino; erede al trono lo zio Federico. Iniziava un nuovo corso politico,
fondato sul ridimensionamento del potere dei popolari, su un compromesso di
interessi tra la Corona e la feudalità del Mezzogiorno e l’anno seguente ci fu una
tregua tra Francia, Spagna e Stati italiani e Federico veniva incoronato a Capua. Nel
1498 Carlo VIII moriva; il suo successo, Luigi XII, riprese il progetto di conquista di
Milano. Stabilì inoltre degli accordi con Venezia e con il papa Alessandro VI Borgia,
incoraggiato a creare per il figlio Cesare un principato per l’Italia centrale. Luigi XII
rivendicava anche una discendenza, quindi titoli di legittimità su Milano. Dopo la
conquista di Milano, puntava su Napoli. Poteva scegliere tra 2 opzioni: accogliere la
proposta di Federico, cioè conservare il Regno di Napoli come feudo della Francia o
spartirlo tra Francia e Spagna (ipotesi già elaborata ai tempi di Carlo VIII). Dopo il
trattato di Granada tra Francia e Spagna, si passò alla spartizione del Regno di
Napoli; Luigi XII otteneva la metà settentrionale del napoletano e Ferdinando il
Cattolico la Puglia e la Calabria. Ma l’equilibrio raggiunto era precario. Vi era
l’impossibilità di far coincidere gli interessi francesi con quelli spagnoli. Per
Ferdinando il Cattolico Napoli era troppo importante; utilizzò tutte le risorse per
associare il Regno di Napoli al nuovo impero spagnolo: la strategia matrimoniale,
l’alleanza con il pontefice, l’intesa con Luigi XII, la spartizione con il trattato di
Granada. Nel 1500 con la battaglia di Cerignola l’esercito francese è sconfitto. La
conquista spagnola del regno di Napoli veniva coronata dalla giornata del Garigliano
del 1503. Le truppe italo-spagnole coglievano il nemico di sorpresa, l’impiego della
fanteria era più articolato. Era la genesi della guerra moderna, l’inizio di una lunga
dominazione straniera nel Mezzogiorno d’Italia che sarebbe durata oltre 2secoli.
Paragrafo 3.3: Savonarola e Borgia
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In Italia dopo la cacciata dei Medici da Firenze e la costituzione della repubblica,
ruolo importante nel nuovo sistema di governo era assunta dal frate domenicano
“Savonarola”; spinto da una fede profonda vuole attuare una radicale renovatio
cristiana e combattere contro la politica temporale dei papi, più che pontefici,
governanti corrotti e immortali. Savonarola aveva trasferito i valori cristiani della
fratellanza e dell’uguaglianza anche al campo delle relazioni politiche. Erano state
abolite le imposte, era stato fondato un Monte di Pietà per l’assistenza ai più
bisognosi; il potere dei sostenitori di Savonarola era aumentato e si esercitava in tutti
gli aspetti della vita. Presto si organizzarono gruppi di oppositori: nacquero i
Palleschi che volevano il ritorno dei Medici. A favorire il successo dei gruppi
coalizzati contro il frate fu anche la sua scomunica lanciata dal papa. Savonarola
continua la sua campagna contro i vizi della Chiesa, il partito dei Medici lo fa
arrestare, processare per eresia, impiccare e poi ardere in Piazza della Signoria
insieme a due suoi fedelissimi, concludendo così la stagione della repubblica
fiorentina. “Cesare Borgia” aveva l’ambizioso progetto di eliminare le piccole
signorie locali e di annetterle allo Stato della Chiesa, conquistare l’intera Toscana e
creare un vasto complesso politico nell’Italia centrale. Di questo tentativo Cesare
Borgia riuscì a realizzare solo la prima parte. Il piano di espansione dei borgia fu
troncato dalla morte di Alessandro VI Borgia e dall’elezione del nuovo papa, Giulio
II della Rovere, acerrimo nemico di Borgia.
Paragrafo 3.4: Francesi, Spagnoli nella penisola.
L’elezione di Giulio II rappresentava una svolta sia nella storia del potere pontifico,
sia nel rapporto tra il sistema degli stati italiani e le potenze europee. Seppe
sviluppare una politica estera aggressiva e costruire intorno a sé forse il più
imponente sistema di alleanze del tempo. Promosse il consolidamento della
monarchia papale e una politica di centralizzazione del potere. Si impegna a
riordinare i territori dello Stato della Chiesa, facendo nuove annessioni e scacciando i
signori di Romagna. Ciò lo fece scontrare con Venezia. Giulio II allora promosse nel
1508 la Lega di Cambrai in funzione antiveneziana, riuscendo a mettere insieme
avversari come Luigi XII, Massimiliano d’Asburgo e Ferdinando il cattolico e a
sconfiggere l’esercito veneziano. Con sorpresa si assistette alla ripresa veneziana. Il
problema politico tornava a essere la supremazia francese nell’Italia settentrionale.
Giulio II nel 1512 si rese protagonista di una lega antifrancese (Lega Santa), cui
aderirono Ferdinando il cattolico, la Confederazione svizzera e persino Venezia.
Nella Battaglia di Ravenna riuscirono a vincere le truppe della lega e i francesi
dovettero lasciare Milano. A Firenze, dopo 18anni di esilio, rientravano i Medici.
Poco era cambiato nel sistema degli Stati italiani: lo Stato della Chiesa e Venezia
continuavano a essere gli elementi più forti del sistema. Francesco I, successo a Luigi
XII, si preoccupa di riconquistare la Lombarda e ci riesce nella battaglia di
Marignano. Nel 1516 con la Pace di Noyon si attribuisce alla Spagna il Regno di
Napoli e alla Francia il Ducato di Milano.
Paragrafo 3.5: L’Impero di Carlo V.
L’autorità imperiale, elettiva, aveva realizzato nel corso del ‘400 una relativa
concentrazione del potere nelle basi territoriali degli Asburgo d’Austria.
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Massimiliano I D’Asburgo, re di Germania dal 1493, aveva ereditato le Fiandre dal
matrimonio con Maria di Borgogna. Fece in modo che il proprio figlio ed erede al
trono, Filippo, detto il bello, prendesse in moglie Giovanna di Castiglia, detta la
Pazza, figlia di Ferdinando il Cattolico e Isabella di Castiglia. Ma iniziano a nascere
numerosi problemi: pezzi di impero si staccarono dal fragile edificio germanico ed
entrarono in conflitto con l’imperatore. Altro insuccesso di Massimiliano si ebbe in
Ungheria. Un accordo stabiliva il diritto degli Asburgo a succedere sul trono
d’Ungheria in assenza di eredi della dinastia Jagelloni: ma la nascita di Luigi vanificò
i progetti dell’imperatore. Gli interessi italiani di Massimiliano, malgrado un notevole
impegno politico-militare contro Venezia a fianco di Giulio II, non furono soddisfatti.
Non ci furono vantaggi neppure dalla partecipazione militare alle guerre d’Italia.
Tuttavia la strategia matrimoniale di Massimiliano cambiarono nel corso del ‘500 lo
scenario politico mondiale. Nel 1500 da Filippo e Giovanna la Pazza, nasceva Carlo
che diventava erede delle Fiandre, dell’Austria, dei regni D’Aragona e Castiglia. Nel
1516 alla morte di Ferdinando il Cattolico, Carlo venne proclamato re di Spagna, e fu
incoronato imperatore ad Aquisgrana. Carlo V aveva tutti i titoli per governare un
Impero universale. Ferdinando aveva completato prima di morire l’unificazione della
Spagna annettendo Navarro che controllava il passaggio tra Spagna e Francia.
Castiglia però non accettò una condizione di dipendenza da una dinastia nuova e
straniera come gli Asburgo. Contraria alla candidatura di Carlo V all’impero era la
Francia. Carlo riuscì a cavarsela grazie ai principi tedeschi. Lo scontro tra Francia
(Francesco I) e Spagna (Carlo V) si ebbe nella Battaglia di Pavia nel 1525. Motivo
della guerra: Possesso del Ducato di Milano che per Carlo V aveva una importanza
strategica poiché metteva in comunicazione Germania e Spagna; per Francesco I era
importante altrimenti la Francia sarebbe stata soffocata territorialmente.
Paragrafo 3.6:Da Pavia a Cateau-Cambrèsis.
Nel 1525 sconfitto e catturato a Pavia, Francesco I è costretto a rinunciare a Milano.
Al termine di un anno di prigionia, il sovrano francese firma la pace con Carlo V. Nel
1526 col trattato di Madrid Francesco I, in cambio della libertà, si impegna a
concedere a Carlo V Milano e la Borgogna (ma tornato in Francia disse che il trattato
gli era stato estorto e di non volerlo rispettare, così la Borgogna restò in mani
francesi). Nel 1526 Francesco I riapre le ostilità alla testa di una nuova lega santa, la
Lega di Cognac, in cui riesce a coinvolgere l’Inghilterra di Enrico VIII, Venezia,
Milano, Genova, Firenze e il pontefice Clemente VII della famiglia Medici, in
precedenza uno dei maggiori sostenitori di Carlo V. Qualche iniziale vittoria nel
milanese da parte delle truppe di Carlo V, di cui l’imperatore si serve per impartire
una severa lezione a Clemente VII. Le sue truppe entrarono a Roma che fu distrutta
dal rinnovamento protestante (SACCO DI ROMA del 1527). Nel 1529 col Trattato di
Barcellona stipulato tra Carlo V e il papa Clemente VII si sanciva che: il papa si
impegna ad incoronare Carlo V re d’Italia, in cambio Carlo V si impegna a reinserire
i Medici a Firenze, dove gli abitanti avevano ristabilito un governo repubblicano).
Nel 1529 con la pace di Cambrai, detta delle due dame perché stipulata da Luisa di
Savoia, madre di Francesco I, e Margherita d’Austria, zia di Carlo V, si stabilisce che
Carlo V rinuncia alle sue pretese sulla Borgogna e Francesco I riconosce a Carlo V il
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possesso di Milano. Nel 1530, dopo il congresso di Bologna (un incontro tra il papa e
l’imperatore durato circa 4mesi), Carlo V é incoronato Re d'Italia e imperatore del
Sacro Romano Impero. Una fase della storia d’Italia si conclude, tutti gli Stati minori
riconoscevano il predomino spagnolo nella penisola. Ma i tentativi francesi di
contestare il primato spagnolo in Italia non si fanno attendere. Dopo la pace di
Cambrai Francesco I attua una politica di riamo e di consolidamento della difesa
militare. Stipula 2 alleanze: la prima con il nemico di Carlo V, i turchi di Solimano I
il Magnifico; la seconda con un altro nemico dell’imperatore, i principi luterani della
Germania. Così riprendono le ostilità tra Francia e Spagna. Il successore di Francesco
I, Enrico II, continua la politica diplomatica e militare del padre. Sposta il conflitto
dall’Italia alla Germania dove era accesa la lotta tra cattolici e luterani. Enrico II offre
appoggio ai principi luterani ed in cambio occupa i tre vescovati imperiali,
appartenente all’impero ma abitate da una popolazione in prevalenza francese. Carlo
V sconfitto dai principi protestanti è costretto a firmare la pace di Augusta, dove
riconosce la libertà di coscienza ai luterani e il libero esercizio della nuova fede
religiosa. Tale pace sancisce la divisione della Germania tra cattolici e luterani; per la
prima volta due forme di religione, la cattolica e la luterana, ottengono pari
riconoscimento legale. Nel 1556 Carlo V abdica dove aver diviso i suoi stati tra il
figlio Filippo II e il fratello minore Ferdinando I (vedi 6° capitolo). Nel 1557 ci fu la
lotta tra Francia e l’impero: Enrico II contro Filippo II (alleato con l’Inghilterra).
L’esercito spagnolo riportò una vittoria sui francesi. La pace venne ristabilita con il
trattato di Cateau-Cambrésis (1559), che significò la preponderanza spagnola in
Italia, ma anche necessità di salvaguardare l’integrità degli stati nazionali emersi tra il
‘400 e il ‘500 e l’impossibilità di dar vita nel cuore dell’Europa a un Impero
universale fondato sul potere del papa e su quello dell’imperatore.
Capitolo 4: “La Riforma Protestante”.
La Riforma protestante fu un movimento europeo che coinvolse persino paesi di forte
tradizione cattolica come Francia, Spagna e Italia. I promotori furono in maggioranza
uomini di Chiesa: Lutero (monaco agostiniano), Zwigli (sacerdote), Calvino (si avviò
presto verso la carriera ecclesiastica). La Riforma nacque dentro, e non fuori,
l’istituzione ecclesiastica. Fu un moto di reazione alla corruzione del clero, agli abusi
ecclesiastici, al commercio delle indulgenze che garantiva la liberazione delle anime
dalla permanenza in purgatorio e denaro al tesoro della Chiesa. Promotore della
Riforma fu Lutero che denunciava la corruzione papale di Alessandro VI Borgia, di
Giulio II ecc. A differenza di Calvino, egli non ha lasciato un’opera sistematica dalla
quale sia possibile rilevare i fondamenti della sua dottrina. I suoi scritti sono
occasionali. La sostanza del problema di Lutero è la giustizia di Dio, quindi l’assoluta
dipendenza dell’uomo da Dio e la svalutazione di tutte le opere buone compiute
dall’uomo. L’uomo è peccatore nella realtà della sua condizione originaria e della
vita quotidiana, ma è giusto nella fede in Dio. L’obiettivo di Lutero fu espresso con la
pubblicazione delle 95 tesi sulla porta della Chiesa di Wittenberg nel 1517. I tre punti
di partenza della Riforma luterana sono:
 Solo la fede salva, non le opere.
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 Solo le S.S contiene tutte le verità di dio e non ha bisogno della tradizione e
meditazione della Chiesa.
 No ai 7sacramenti; libertà di culto e disciplina.
Contesta al papato il diritto di convocare i concili, la prerogativa di essere depositario
della vera e unica interpretazione delle sacre scritture. Elimina tutti quei sacramenti
(cresima, penitenza, estrema unzione, ordine sacro, matrimonio) che presuppongo la
mediazione ecclesiastica tranne il battesimo (che dona la grazia attraverso la fede) e
l’eucarestia (in quanto memoria del sacrificio della croce). Le tesi di Lutero si
diffusero velocemente fino ad arrivare a Roma. Il 1° intervento della Chiesa è del
1520: papa Leone X lo condanna minacciando la scomunica se entro 60 giorni egli
non ritrattava. Nel dicembre egli brucia la bolla nella piazza di Wittenberg. Nel
gennaio una nuova bolla papale pronuncia la sua scomunica. Intanto la dottrina
luterana si diffonde in vaste aree della Germania. Tutte le gerarchie e i ceti sociali ne
sono coinvolti grazie alla semplicità del messaggio luterano e alla sua duttilità tale da
soddisfare bisogni e domande di soggetti tra loro assai diversi. L’intervento
ecclesiastico ha bisogno del supporto dell’ autorità politica. Nella Dieta di Worms
riunitasi alla presenza dell’imperatore Carlo V, avviene l’alleanza tra potere secolare
ed ecclesiastico per la repressione del riformatore, ma non raggiunge il suo fine.
Lutero sostiene fino in fondo la sua testimonianza di fede, rivendicando ancora la sua
piena appartenenza alla Chiesa. Temendo per l’incolumità di Lutero, il principe suo
protettore, Federico il Saggio di Sassonia, decide di provvedere alla sorveglianza del
monaco durante il viaggio da Worms a Wittenberg. Il monaco trova protezione nel
castello di Wittenberg. È questo un periodo importante perché avviene la traduzione
del Nuovo Testamento. La Bibbia già esisteva in tedesco, la novità sta nell’efficacia
espressiva e linguistica della traduzione letterale. Nel 1524 Erasmo da Rotterdam
pubblica l’opera De libero arbitrio. L’anno successivo Lutero replica con De servo
arbitrio. È la rottura fra i due più grandi spiriti religiosi dell’epoca; è anche il segno
della diversità di intendere il rapporto tra fede e ragione. Il libero arbitrio di Erasmo è
l’esaltazione della religione naturale. I suoi fondamenti sono: unità e pacificazione
cristiana attraverso la tolleranza, il primato della volontà dell’uomo di fare bene e di
evitare il male. Il servo arbitrio di Lutero è all’opposto l’esaltazione della religione
soprannaturale. I suoi fondamenti sono: l’assoluta certezza delle Sacre Scritture, della
salvezza attraverso la fede, l’impotenza della volontà umana, divergenza tra fede e
ragione. Nel 1°decennio del ‘500 la Germania è in fermento dal punto di vista non
solo religioso ma anche sociale e politico. I conflitti hanno un punto in comune:
l’intreccio tra il rinnovamento dello spirito religioso, promosso da Lutero e il
programma di riforma politica. Influenzati dalle idee luterane, i leader dei cavalieri
accentuarono la rivolta contro la Chiesa di Roma, contro i beni del clero e cercarono
di formare una Germania imperiale, libera dal potere del papa, fondata sul primato
della forza politica dei cavalieri e sulla fine del potere della grande feudalità laica ed
ecclesiastica. I cavalieri del medio e alto Reno si coalizzarono contro l’arcivescovo di
Treviri. Ma i principi protestanti si schierarono con l’arcivescovo e sconfiggono i
cavalieri. La grande feudalità e i principati territoriali escono vincitori, mentre i
cavalieri sono definitivamente vinti come forza politica. Più complessa è la guerra
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dei contadini. L’obiettivo è abbattere la particolare struttura per ceti, caratteristica
della Germania; formare una federazione di leghe, ispirati al vangelo, al bene
comune, all’amore cristiano e fraterno; espropriare ecclesiastici e religiosi. Nel 1°
intervento di Lutero, l’Esortazione alla pace, la sua preoccupazione fondamentale è
di mediare tra i contadini e i signori. Ai primi dice di non abusare del nome di
cristiano e di non servirsene come copertura alla loro ribellione: i contadini devono
obbedienza al re perché il Vangelo condanna qualsiasi forma di ribellione. Poi esorta
i signori a non abusare del proprio potere giurisdizionale. I principi seguono alla
lettera i consigli di Lutero. Dopo alcuni successi i contadini vengono sconfitti.
Finisce così nel 1525 la Riforma come movimento popolare e trionfa quella dei
principi in Germania. Un’altra Riforma è quella delle comunità nella Confederazione
svizzera, promossa da Zwingli. Egli è l'uomo che ha rappresentato la Riforma
protestante nelle Svizzera. Conobbe tardi l'opera di Lutero, solamente nel 1518
quando venne chiamato a Zurigo, ma in lui rimasero sempre molto forti le influenze
umanistiche rispetto a quelle luterane. La Riforma compiuta entro il 1525 ebbe alcuni
passaggi chiave che furono: rimozione delle "immagini" dalle chiese, l'eucarestia
divenne non solo una cerimonia commemorativa, ma presenza reale di Cristo: non
attraverso il pane od il vino o attraverso il singolo credente, ma attraverso tutta la
comunità dei credenti. Egli riformò anche la società, facendo esercitare alla
collettività il peso della responsabilità nelle decisioni, fu il primo esempio di
democrazia applicata. La cosa più importante è che Zwingli voleva che laici e teologi
si fondessero in un'unica entità: cioè per lui la santità non era personale, ma
comunitaria, ovvero per sentirsi benedetti da Dio la comunità doveva rispondere con
compattezza e con disciplina morale. Egli ammette che con la disciplina morale il
peccato possa essere liberato, cosa che Lutero non concepiva. Questa liberazione
secondo Zwingli permetteva all'uomo d'adempiere alla volontà di Dio. Ben presto si
trova in condizioni simili a quelle di Lutero, deve fare i conti da un lato con i cattolici
e dall’altro con l’ala sinistra della Riforma, rappresentata dagli anabattisti (così
chiamati perché predicano il battesimo degli adulti), che esigono una rigida disciplina
comunitaria e una Chiesa libera da ogni rapporto con l’autorità civile. Gli anabattisti
furono perseguitati e in parte distrutti. Calvino matura il suo distacco dalla Chiesa
romana e inizia ad elaborare il progetto che più gli sta a cuore: la nuova
organizzazione della chiesa su basi politico-comunitarie. L’essenza della Chiesa sta
nella rivelazione della parola divina attraverso le Sacre Scritture. Come Lutero anche
lui abolisce la mediazione del clero. A differenza sua però Calvino accentua la
dipendenza assoluta dell’uomo da Dio attraverso la dottrina della predestinazione:
“Dio non crea gli uomini nella stessa condizione ma destina gli uni alla vita eterna e
altri alla eterna dannazione”. Per Calvino la Chiesa non è solo una comunità di fedeli
ma anche di santi. Solo facendo parte della Chiesa si rende visibile e comprensibile al
cristiano il disegno della provvidenza divina. La Chiesa è un grande organismo che
mette in comunione reale il credente con Cristo attraverso la fede, la preghiera, i
sacramenti, in particolare l’eucarestia. Anche il potere politico ne faceva parte.
L’ordinamento ecclesiastico nel suo modello comprende 4 istituzioni: i pastori che
predicano e amministrano i sacramenti; i dottori che insegnano; i diaconi che badano
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all’assistenza; gli anziani che si occupano della disciplina comunitaria. Come per
Lutero, anche per Calvino le opere non possono essere un mezzo per raggiungere la
salvezza, ma per Calvino sono indispensabili come segno dell’elezione divina, della
predestinazione. Per l’uomo medioevale le opere buone erano un premio di
assicurazione dell’eternità (Weber); per l’uomo calvinista non assicurano la salvezza
ma liberano solo dall’ansia della salvezza. Per Lutero l’identità del cristiano è nella
fede (credo ergo sum: credo dunque sono), per Calvino è nella corrispondenza delle
sue opere all’elezione divina (ago ergo credo: opero perciò ho fede).
Due anni dopo la pubblicazione delle 95 tesi, Carlo V genera la Costituzione
imperiale: in base ad essa nessuno può essere messo al bando dall’impero senza
processo. L’imperatore ha bisogno dell’alleanza con i principi territoriali e con le
città imperiali della Germania per la sua strategia internazionale volta al
Mediterraneo, dove deve fronteggiare i turchi e verso l’Italia dove è in guerra contro i
francesi per il predominio europeo. L'imperatore firmò l'editto di Worms, che
condannava Lutero come eretico, ma la definitiva soluzione della questione, proprio
su proposta dell’imperatore, è rinviata alla convocazione del Concilio. L’idea di
Carlo V non è solo di temporeggiare ma risponde anche al bisogno di una Riforma
interna alla Chiesa. A conclusione della guerra dei contadini, i principi cattolici della
Germania meridionale stringono un’alleanza contro quelli luterani. Questi a loro volta
stabilisco un’analoga intesa. Gli stati luterani protestarono (da qui il nome
“protestanti”) e formarono un’ulteriore alleanza difensiva. La Germania è ormai
spaccata in due fronti, proprio negli anni in cui Carlo V è impegnato a ridefinire gli
aspetti politici italiani. Il nuovo tentativo di pacificazione è rappresentato dalla Dieta
di Augusta del 1530. L’imperatore deve pensare all’invasione dei turchi in Ungheria,
ai suoi possedimenti spagnoli in Italia, non può permettersi di aprire un conflitto con i
protestanti. Ma il Concilio è continuamente rinviato; il papa Paolo III cercò
seriamente di migliorare la situazione ecclesiastica, per questo emise una bolla che
convocava un Concilio generale a Mantova. Sono questi gli anni in cui tra
l’imperatore e i principi protestanti si stabilisce un vero braccio di ferro e i tentativi di
conciliazione falliscono. Nel 1542, alla Dieta di Spira, i protestanti chiedono
all’imperatore il riconoscimento ufficiale della loro posizione in cambio degl’aiuti
militari e finanziari contro i turchi. La guerra tra la lega e l’imperatore scoppia nel
1546. Carlo V infligge una dura sconfitta alle forze protestanti. Ma negli anni
successivi le truppe imperiali sono battute; Carlo V viene sconfitto insieme dai
protestanti, dai turchi, dai francesi. Così nel 1555 Carlo è costretto a firmare la pace
religiosa di Augusta. In base ad essa è ammessa la libera scelta confessionale solo per
gli Stati imperiali e per i loro principi, non per i sudditi. A questi ultimi è concessa
l’emigrazione in caso di non condivisione della religione del principe. In sostanza con
tale pace si mirava solo a raggiungere una pace duratura in campo ecclesiastico e
politico tra gli Stati dell’Impero di diversa confessione religiosa Il protestantesimo
era accettato come parte integrante dell’Impero tedesco e i principi protestanti vi
erano ammessi con gli stessi diritti dei principi cattolici. Con tale pace si ha quindi la
divisione religiosa della Germania. La Riforma religiosa in Inghilterra fu un
momento-chiave nella formazione dello Stato moderno inglese. Re Enrico VIII in un
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1° momento aveva condannato gli scritti di Lutero. La difesa dei 7 sacramenti contro
il Riformatore, aveva fruttato a Enrico VIII il titolo di difensore della fede. Nella
seconda fase del rapporto tra Enrico e la Chiesa di Roma c’è una rottura. L’occasione
fu determinata dal desiderio del re di avere un erede maschio (dal matrimonio con
Caterina D’Aragona aveva avuto 5 femmine di cui una, Maria, sopravvissuta) e dalla
passione per una dama di corte, Anna Bolena. Enrico VIII chiese l’annullamento del
matrimonio, perchè secondo il sovrano egli non avrebbe potuto sposare Caterina
perché questa in precedenza era stata sposa di suo fratello maggiore. Caterina
sosteneva che il fratello morì all’età di 14 anni e che quindi il matrimonio non era
stato consumato. Nel 1529 la regina si appellò al papa; Carlo V nipote di Caterina,
convinse papa Clemente VII a trasferire il processo a Roma. Clemente VII non
prendeva una decisione. Fu l’arcivescovo di Canterbury che dichiarò nullo il
matrimonio di Enrico VIII già segretamente sposato con Anna Bolena. La scomunica
di Clemente VII non servì a nulla. L’Atto di supremazia nel 1534 conferì a Enrico
VIII il titolo di unico e supremo capo della Chiesa d’Inghilterra, chiamata Chiesa
anglicana: tale chiesa è sciolta da ogni vincolo di obbedienza verso il papa,
considerato vescovo di Roma. La distinzione tra sovranità temporale e spirituale
veniva a cadere; era abolita la giurisdizione papale in virtù del principio che solo il re
è la fonte della giurisdizione temporale e spirituale. La rottura con Roma era
compiuta. E si compiva anche la rottura tra il re e chi si rifiutò di giurare fedeltà al
nuovo assetto costituzionale, sancito dal parlamento. Grazie al 1° ministro Cromwell
furono promosse importanti riforme economiche: confisca dei beni, di conventi e
istituzioni religiose. Enrico VIII aveva promosso, più che una riforma religiosa, una
riforma politico-costiutuzionale. La vera Riforma in materia teologica fu opera di
Edoardo VI. Egli riconosceva 2 soli sacramenti: battesimo ed eucarestia, sopprimeva
il carattere sacrificale della chiesa ed aboliva il celibato ecclesiastico.Gli eretici del
‘500 furono tutti coloro che interpretavano liberamente l’esperienza religiosa e che si
ribellavano alle diverse Chiese. L’Italia non fu investita dalla Riforma protestante.
Non si formarono comunità di protestanti, si svilupparono invece in alcune aree
gruppi, circoli sensibili alla dottrina luterana e calvinista, ma furono ferocemente
perseguitati dalla Chiesa Cattolica.
Capitolo 5: “Controriforma e Riforma Cattolica”.
Il concetto di Controriforma per gli storici ha assunto un triplice significato: la
repressione antiprotestante, il consolidamento dei dogmi e delle strutture
ecclesiastiche, la riorganizzazione interna della chiesa cattolica. Si tratta di una
reazione che si opponeva al protestantesimo, rappresentanti in 1° luogo dai re di
Spagna, principi cattolici, che avevano stabilito un’alleanza solida con il pontefice e
che avevano bisogno dell’aiuto della Chiesa per far rispettare nel loro vasto Impero
l’obbedienza del sovrano. Il 2° potere era quello della Chiesa che aveva bisogno di
consolidare la gerarchia e di ripristinare la sua autorevolezza, fondata sui dogmi, sulla
morale, disciplina del clero e dei fedeli. La Chiesa non poteva fare a meno di una
potenza secolare come la monarchia spagnola, l’unica in grado di mantenere un
potente esercito e di aiutare il papa anche sul piano finanziario. Il 3° dei teologi e
della cultura accademica cattolica. Infine il 4° potere i gesuiti nuovo ordine religioso
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che costituì forse lo strumento principale della reazione cattolica alla Riforma
protestante. Negli anni successivi alla II guerra mondiale, si è venuta a creare una
nuova interpretazione del concetto di controriforma; in pratica attraverso il concetto
di Riforma cattolica, l’attenzione si spostava dalla reazione al protestantesimo al
rinnovamento religioso. L’aspirazione era quella di agire prima sui fedeli e poi sulle
strutture.
Paragrafo 5.2: “Il Concilio di Trento”.
L’idea della convocazione di un Concilio si affaccia sia negli ambienti imperiali di
Carlo V sia in quelli pontifici. Per Carlo V il rinvio di tutta la questione luterana
rispondeva all’esigenza di collegare la Riforma della Chiesa al sogno dell’Impero
universale. Il 1° papa che ebbe la consapevolezza della gravità della situazione fu
Adriano IV, che rese assai attiva la presenza cattolico romana alla Dieta di
Norimberga: qui presentò numerosi progetti di Riforma dell’istituzione ecclesiastica,
che furono ripresi durante il Concilio di Trento. Il successore, Clemente VII, dei
Medici, si trova ad esercitare il suo pontificato durante la fase più calda delle guerre
d’Italia. L’eventuale convocazione di un Concilio era temuta dal papa per il rischio
che potesse essere messa in discussione l’autorità papale. Fu Paolo III che si rese
conto della situazione critica vissuta dalla Chiesa di Roma. L’esito della Dieta di
Augusta aveva segnato la fine delle possibilità di conciliazione sia all’interno del
movimento protestante sia in quello cattolico. Era stata anche sancita la divisione
religiosa della Germania. Proprio in questi anni diviene forte l’aspettativa di un
Concilio. Papa Paolo III convocò più volte il Concilio ma vi era sempre il problema
dei protestanti. Nonostante i dissensi tra papa e principi italiani alla scelta della sede,
il Concilio si aprì a Trento nel 1545, in concomitanza con la crisi profonda della
Chiesa di Roma. Tre erano gli obiettivi che si proponeva: 1)recuperare i territori
protestanti (obiettivo realizzato solo in parte); 2)arginare l’eresia; 3)riaffermare il
primato papale in una Chiesa cattolica riformata. Il secondo e terzo furono raggiunti
pienamente dal Concilio di Trento e dalla Chiesa. Non si trattò di un concilio
universale, sia per il numero assai limitato dei vescovi partecipanti (circa 50), sia per
la scarsa rappresentatività geografica dei padri conciliari, in maggioranza italiani e
spagnoli. Il potere decisionale definitivo spettava al papa, unico depositario della
verità soprattutto in materia dogmatica. La tradizione storiografica suddivide il
Concilio in 3 fasi:
1. 1545-47: le delibere conciliari riguardavano soprattutto le questioni teologiche:
era necessario che la Chiesa cattolica riacquistasse l’autorità dottrinale, scossa
dalla contestazione luterana. 5 furono le materie e si riferirono proprio ai punti
che erano stati oggetto della Riforma di Lutero: l’origine della fede, la verità
delle Sacre Scritture, il peccato originale, la giustificazione e i sacramenti. Ci
furono 2 modi di concepire la Riforma della Chiesa: il papa la intendeva
soprattutto come sbarramento dell’eresia protestante, Carlo V come ultimo
tentativo di pacificazione religiosa. La dura sconfitta di Carlo V alla lega dei
principi luterani parve segnare un punto a favore della Chiesa cattolica, ma il
definitivo ingresso dell’Inghilterra nell’orbita protestante dopo la morte di
Enrico VIII e l’affermazione della Chiesa anglicana furono un duro colpo per il
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papato. Prima di essere sospeso il Concilio emanò un importantissimo decreto:
l’obbligo della residenza per i vescovi.
2. 1551-52: Il successore del papa, Giulio III riaprì a Trento il Concilio nel 1551.
In questa seconda fase ci fu la partecipazione dei protestanti. La ripresa del
conflitto tra imperatore e re francese Enrico II appoggiato dai protestanti,
indusse a rimandare il Concilio. L’unico intervento di rilievo fu in materia
sacramentale: a proposito dell’eucarestia fu ribadito il dogma della
transustanziazione. Con il papa Paolo IV, la Controriforma entra nella sua fase
più acuta. Fu il suo successore Pio IV che decise di riconvocare il Concilio.
3. 1562-63: Nella terza fase fu perfezionato il progetto di definizione dottrinale e
disciplinare della Chiesa cattolica. La vera questione fu il problema
dell’origine del potere episcopale. Su questo terreno si scontrarono 2 tendenze:
la prima attribuiva solo al papa la fonte del potere dei vescovi; la seconda
faceva discendere l’autorità dal sovrano statale. Su questa posizione vi erano i
francesi, gli spagnoli e l’imperatore. A Trento fu stabilita una via intermedia: i
vescovi dipendevano dal papa, ma avevano l’obbligo della residenza e la loro
responsabilità era definita su “mandato divino”.
Al di là dei conflitti interni, il Concilio pervenne ad alcune conclusioni; 4 furono i
livelli principali su cui operò: a)l’ordinamento della materia dogmatica e
sacramentale; b)l’affermazione decisa della giurisdizione ecclesiastica e allargamento
della sfera di influenza; c)disciplina del clero; d)organizzazione delle forme della
pietà e religiosità popolare. Alla metà del ‘500 il papa va accentuando la sua doppia
fisionomia: pontefice, cioè capo di una comunità universale e potente; sovrano dello
Stato Pontificio, alle prese coi problemi di natura politica, amministrativa,
finanziaria. La bolla istitutiva, promulgata da Paolo III Farnese, prevedeva di
indagare contro tutti coloro che deviano dalla fede cattolica o sono sospetti di eresia;
di procedere e punire i colpevoli o sospetti col carcere e confiscare i beni dei
condannati alla pena capitale. Nella lotta contro l’eresia il papa chiedeva la
collaborazione degli stati italiani. Paolo IV effettuò il controllo sociale e culturale
dell’ortodossia cattolica. Importante fu l’istituzione dell’Indice dei libri proibiti, che
distribuiva gli autori in 3classi: alla prima appartenevano gli autori totalmente
condannati; alla seconda quelli condannati per una singola opera; alla terza gli scritti
anonimi. Sotto il rigido controllo caddero anche gli stampatori e in Italia ebbero
inizio i roghi dei libri proibiti. Il Concilio promosse numerosi provvedimenti per la
riorganizzazione della Chiesa. Fu riaffermata la sua struttura gerarchica: al vertice il
papa, autorità infallibili; i vescovi a cui era affidato il compito di controllare i fedeli e
il comportamento gli ecclesiastici; alla base le parrocchie, guidate dal parroco. Altro
obiettivo fu quello della formazione del clero. Tra le denuncie di Lutero c’era stata
anche quella dell’ignoranza dei sacerdoti sull’intera materia religiosa, ignoranza che
andava di pari passo con la corruzione. Era quindi urgente educare e istruire gli
ecclesiastici, di stimolare la consapevolezza della loro missione. Ma l’obiettivo più
importante fu la riconquista delle anime: le milizie della Controriforma furono gli
ordini religiosi. Alcuni integrarono attività assistenziali con quella scolastica. Ma
l’ordine che seppe meglio interpretare lo spirito della Controriforma fu quello dei
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gesuiti della Compagnia di Gesù. Il suo fondatore Ignazio Della Lodola, il suo ideale
è “combattere per Dio sotto il segno della croce e servire il Signore e il pontefice
romano, suo vicario in terra”. Per seguire questa regola era necessario trasferire nel
nuovo ordine religioso lo schema della gerarchia militare basata sulla subordinazione
alla volontà del capo. Fu per questo che Ignazio aggiunse ai voti tradizionali della
professione monacale (povertà, castità e obbedienza) un quarto voto: quello
dell’assoluta obbedienza al papa, cioè fino al sacrificio della vita. Il reclutamento dei
gesuiti era severo, il loro periodo di formazione prevedeva 2anni di noviziato e quasi
10anni di studi di teologia, filosofia, retorica, letteratura, scienze. I gesuiti bloccarono
l’avanzata della Riforma e ne fecero fallire gli obiettivi. Politica culturale dei gesuiti:
Ignazio si assunse il compito di rinnovare una Chiesa contrastata nei suoi fondamenti
dal protestantesimo. Quindi era necessario ricostruire i fondamenti della Chiesa,
quelli di Ignazio e dei gesuiti furono 2: la teologia medievale di San Tommaso, la
Scolastica, che divenne anche il fondamento filosofico della Controriforma; il metodo
umanistico dell’analisi, dello studio e della ricostruzione dei testi. Quello
dell’istruzione diventò uno dei primi campi di intervento della Compagnia di Gesù
nella sua opera di riconquista delle anime. Fu così che i collegi dei gesuiti divennero
progressivamente vere e proprie scuole in cui andavano a prepararsi le classi dirigenti
delle città. Introdussero nelle loro scuole il gioco organizzato e guidato, la danza
come educazione del corpo, il teatro, la musica e altre discipline il cui apprendimento
era ritenuto utile e importante per il perfetto gentiluomo cattolico. Il secondo terreno
fu l’iniziativa missionaria. L’obiettivo principale era quello di ridurre la distanza,
venutasi a creare nel primo ‘500, tra la religione dei semplici e la religione dei dotti.
Il catechismo, istituito da un decreto del Concilio, divenne il punto di riferimento per
quest’opera.
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