Web 2.0 e social media: le difficoltà del marketing

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COMUNICAZIONE
Web 2.0 e social media: le difficoltà del marketing
Nel mondo aziendale la capacità di comprendere le potenzialità del Web 2.0 è stata
probabilmente più veloce e, in diversi importanti casi, si è registrato un rapido ed interessante
utilizzo di alcuni suoi strumenti. Ma è sempre così?
di Marino Fadda
Le nuove tecnologie cambiano spesso profondamente il modo di vivere di una società e, in questi casi, ci
vuole di solito del tempo per comprendere quali mutamenti straordinari si stanno sviluppando.
Internet ha rivoluzionato tanti aspetti del nostro modo di vivere, ma c’è voluto molto tempo prima che le
imprese riuscissero a comprendere come poter sfruttare le sue enormi potenzialità. Questo è accaduto
anche perché gli operatori di marketing hanno tardato a capire come questa tecnologia avrebbe potuto
cambiare il marketing. Nella maggior parte dei casi hanno poi cercato di applicare il pensiero tradizionale
del marketing ad alcuni strumenti che Internet poteva offrire.
Nel frattempo, Internet si è evoluto ed abbiamo assistito alla nascita del Web 2.0 e allo sviluppo dei social
media che stanno creando un nuovo profondo cambiamento nel modo di vivere delle persone, di
comunicare, di partecipare, ecc.
Nel mondo aziendale, diversamente da quanto è accaduto con l’arrivo di Internet, la capacità di
comprendere le potenzialità del Web 2.0 è stata probabilmente più veloce e, in diversi importanti casi, si è
registrato un rapido ed interessante utilizzo di alcuni suoi strumenti. In Italia, pensiamo a “Nutellaville”, la
community ufficiale di Nutella; al portale “Nel Mulino che vorrei”, una piattaforma di partecipazione
innovativa; al “Demosblog”, creato dalla Ducati; al “McClips”, un blog gestito dai dipendenti della Microsoft;
al “KiAmaNokia”, il blog della Nokia; ecc.
Sembrerebbe, però, che la maggior parte degli operatori di marketing stia ancora andando avanti con
estrema prudenza, proprio come nel caso del Web 1.0, cercando di applicare i suoi tradizionali modelli di
business e la sua tradizionale mentalità ai nuovi strumenti (Bernie Borges, Marketing 2.0: bridging tha gap
between Seller and Buyer through Social Media Marketing, Wheatmark - July 2009, pp. IX-XII).
Per comprendere meglio come si sta comportando il mondo del marketing, analizzeremo i risultati di alcune
recenti indagini. Ci soffermeremo prima sull’utilizzo del Web 2.0 da parte delle imprese, per avere un
quadro chiaro di rifermento, e poi vedremo come si inserisce il marketing all’interno di questo contesto.
Come le imprese ed il marketing stanno utilizzando il Web 2.0
Le varie indagini che sono state condotte negli ultimi tempi offrono una visione sostanzialmente simile: un
discreto numero di aziende sta utilizzando gli strumenti del Web 2.0 e, quasi sempre, vengono raggiunti
risultati significativamente positivi.
Tra le più importanti indagini, si possono consultare:
• “ENGAGEMENT db: ranking the top 100 Global Brands”, realizzata da Wetpaint e Altimeter
(www.engagementdb.com);
• “Survey: social software in business”, realizzata da Mzinga e Babson Executive Education
(www.mzinga.com);
• “The Marketers' Guide to Justifying Investments in Digital Asset Management” realizzata da Aberdeen
Group (www.aberdeen.com).
L’indagine più recente, e probabilmente anche la più importante, è la “Global Survey on Web 2.0, 2009”,
pubblicata all’inizio di settembre dalla McKinsey & Company, che da tre anni studia come le organizzazioni
stanno utilizzando le tecnologie del Web 2.0.
Nel corso di quest’ultima indagine sono stati intervistati 1.700 dirigenti, appartenenti a diversi settori
industriali e a diverse aree funzionali, con l’obiettivo di valutare quale valore avessero ricavato nell’utilizzo
degli strumenti del Web 2.0 in tre distinte aree: dentro le loro organizzazioni; esternamente, nelle loro
relazioni con i clienti; e nei loro rapporti con fornitori, partners ed esperti esterni.
I risultati confermano che le aziende che utilizzano i social media hanno ottenuto dei benefici misurabili dai
loro investimenti nel web, e quelle che fanno un maggior uso delle tecnologie riportano anche maggiori
benefici. Non importa a quale settore d’industria appartengono (anche se ci sono differenze tra i diversi
settori): le imprese che utilizzano maggiormente le tecnologie del Web 2.0 riportano tutte maggiori
benefici. E le più beneficiate sono senz’altro le imprese più grandi, mentre i benefici più bassi s’incontrano
tra le imprese di dimensioni minori.
In particolare, il 69% degli intervistati riferisce che le loro imprese hanno ottenuto benefici misurabili,
soprattutto per quanto riguarda l’incremento nel numero di prodotti e servizi innovativi, la realizzazione di
un marketing più efficace, un migliore accesso alla conoscenza e una migliore condivisione delle idee, costi
più bassi nel fare business e più alti ricavi. L’indagine mette in rilievo che le imprese di maggior successo
non solo integrano strettamente le tecnologie del Web 2.0 con i flussi di lavoro dei loro dipendenti ma
creano anche una “networked company”, collegando esse stesse con i clienti e i fornitori attraverso l’uso
degli strumenti del Web 2.0.
Gli strumenti più utilizzati sono i blog, i podcast, i social networking, i wiki, ecc.
Questi dati ci offrono un quadro complessivo a livello aziendale, ma non ci dicono nulla su come si sta
muovendo la funzione marketing. Per questo obiettivo ci vengono in aiuto altre autorevoli indagini.
La prima, “Social media playtime is over”, è stata realizzata da Forrester Research ed ha coinvolto 145
responsabili marketing appartenenti a società statunitensi con più di 250 dipendenti. L’indagine ha
evidenziato che, nonostante l’investimento di marketing sui social media negli Stati Uniti sia in crescita, il
budget destinato a questi strumenti sia ancora esiguo e, nella maggior parte dei casi, non supera i 100 mila
dollari. Inoltre, le aziende non sembrano ancora in grado di attuare strategie di marketing realmente
integrate, di ampio respiro e a lungo termine.
Dall’indagine risulta infatti chiaramente che le imprese non stanno integrando i social media nelle loro
strategie di marketing ma, al contrario, stanno “sperimentando” tattiche isolate, di breve periodo, senza
porsi chiari obiettivi.
In uno studio realizzato da Silverpop Systems, “Email marketing goes social”, si evidenzia inoltre che pochi
uomini di marketing sanno realmente come massimizzare e monetizzare l’uso dei social media. Il 29%
dichiara che è molto difficile determinare quale tattica si adatti meglio ai loro obiettivi. E alla fine, per molti
marketers i programmi di e-mail marketing sono ancora i più affidabili e i più sicuri.
Nel gennaio 2009, l’American Marketing Association (AMA) ha realizzato un’indagine tra i suoi iscritti e tra
quelli registrati al suo sito, per valutare il loro interesse verso i social media (“2009 AMA Social Media
Survey”). All’indagine hanno partecipato 4.167 operatori di marketing. L’indagine evidenzia che, pur
riconoscendo l’importanza dei social media, per quasi la metà degli intervistati, la principale barriera ad
incrementare il loro utilizzo dipende dalla mancanza di tempo per analizzarli e studiarli. Gli intervistati
hanno una buona conoscenza delle potenzialità dei social network, perché vi partecipano direttamente, ma
conoscono molto di meno gli altri strumenti. Inoltre, la maggioranza degli intervistati (50,2%) ha iniziato
ad utilizzare i social network solo da poco: il 21% da meno di un anno ed il 29,2% da circa 1-2 anni.
I risultati di queste indagini sembrerebbero quindi evidenziare che l’utilizzo degli strumenti del Web 2.0 sia
abbastanza diffuso ed offra buoni risultati, soprattutto nelle grandi imprese. Però, molto spesso, questo
utilizzo non rientra nella strategia di marketing delle imprese, perché esiste ancora una certa riluttanza e
una scarsa conoscenza degli strumenti del Web 2.0 tra gli uomini di marketing, i quali preferiscono affidarsi
agli strumenti tradizionali, ai quali destinano quasi tutto il loro budget.
Il Web 2.0 in Italia
Nel 2007, Il Politecnico di Milano ha creato l’Osservatorio Enterprise 2.0 (www.enterprise20.it/blog)
che, nel suo primo anno di vita, ha analizzato lo stato e i trend nell'applicazione delle nuove tecnologie Web
2.0.
Quest’anno ha condotto due indagini. Nella prima, che ha coinvolto un panel significativo di 95 Manager e
Responsabili Marketing e Commerciali di grandi imprese italiane, è risultato che più della metà degli
intervistati (62%) ritiene il Web 2.0 rilevante per la propria funzione ed un trend che le imprese devono
comprendere bene per far evolvere i loro modelli organizzativi.
Il 25% degli intervistati ha una posizione “attendista”, mostra cioè una certa curiosità verso queste nuove
tecnologie, ma rimane in attesa di soluzioni proposte dai Sistemi Informativi o di capire meglio le varie
implicazioni. Soltanto nel 13% dei casi si riscontrano posizioni conservative o di rifiuto dal momento che
non si riescono a valutarne gli impatti.
Però, nonostante l’analisi abbia evidenziato che più della metà dei Responsabili Marketing e Commerciale
ritiene il Web 2.0 rilevante per la propria funzione, l’adozione degli strumenti più innovativi (come Blog,
Wiki, Social network…) è ancora ad uno stadio iniziale e soltanto una minoranza delle organizzazioni sta
sperimentando e utilizzando tecnologie tipiche del Web 2.0.
Per dare un quadro più completo, possiamo aggiungere che, nella seconda ricerca – condotta presso un
panel significativo di 114 Manager e Responsabili di HR – è risultato che il 50% dei Responsabili HR, che si
dichiara a favore al Web 2.0, ammette di non aver definito alcuna politica per l’utilizzo degli strumenti 2.0
all’interno dell’impresa; l’8% di questi, addirittura, dichiara che nella propria impresa è stato
espressamente vietato ai dipendenti di avere un blog o un profilo su Internet.
La ricerca, inoltre, mette in luce come l’uso reale di strumenti Web 2.0 (come Blog, Wiki, Social Network...)
all’interno delle Direzioni HR ed a supporto dei processi di gestione delle Risorse Umane, sia ancora molto
limitato.
Dai risultati di queste due indagini, sembrerebbe che in Italia le aziende facciano più fatica a comprendere
e a utilizzare gli strumenti del Web 2.0, rispetto a quanto avviene in altre parti del mondo, come ad
esempio gli Stati Uniti.
Per quanto riguarda gli operatori di marketing si rilevano le stesse difficoltà ed incertezze che abbiamo
registrato nelle indagini condotte su una scala geografica più ampia.
Alcune riflessioni
Dai dati citati, sembrerebbe trovare conferma quella difficoltà del marketing – a cui abbiamo accennato
all’inizio di questo lavoro – a “sintonizzarsi” rapidamente con le novità introdotte dal Web 2.0.
Esiste ancora una certa diffidenza verso i social media, dovuta anche ad una loro limitata conoscenza. Di
conseguenza, si preferisce continuare ad investire sui tradizionali strumenti di marketing, relegando
l’utilizzo dei social media a obiettivi spesso “sperimentali” e marginali. Questa diffidenza e questa difficoltà
potrebbero sembrare circoscritte all’avvento delle nuove tecnologie. Ma, probabilmente, riflettono invece
una problematica molto più ampia e più seria, che chiama in causa le difficoltà di cui da tempo soffre
l’elaborazione teorica del marketing.
Questo argomento è stato autorevolmente sollevato da tre famosi docenti di marketing in un articolo
apparso recentemente sul “Journal of Marketing” (David J. Reibstein, George Day e Jerry Wind, Is
marketing academia losing its way? - Vol. 73, July 2009, pp. 1-3).
Nell’articolo, i tre docenti pongono con forza il problema del profondo gap che esiste “tra gli interessi, i
modelli e le priorità del marketing accademico ed i bisogni dei dirigenti di marketing che operano in mercati
ambigui, incerti, mutevoli e complessi” e rilevano come questa crescente divergenza sia diventata ormai
estremamente dannosa per tutti quelli che lavorano nel marketing.
Secondo i tre autori, il marketing accademico ha perso di vista la sua strada principalmente perché si è
concentrato troppo su problemi che sono riconosciuti tali solo dagli studiosi e che hanno invece poca
rilevanza per chi opera in azienda. Di conseguenza, il marketing accademico ha lasciato dei “vuoti” che
sono stati riempiti da studiosi di altre discipline. I tre docenti fanno vari esempi di questi vuoti ed uno di
questi è rappresentato proprio dai “new media e dalle loro applicazioni”, un campo dove i lavori più
importanti provengono dal gruppo di Media Labs al Massachussetts Institute of Technology, creato da di
Negroponte e portato avanti da Jenkins. Un gruppo che non è certo composto da studiosi di marketing.
Dietro alle difficoltà incontrate dagli operatori di marketing, nell’integrare i social media all’interno di un
programma di marketing, c’è quindi probabilmente il problema costituito da un grande vuoto teorico, che
chiaramente ostacola il loro lavoro e non li motiva a “rischiare” in un campo che è ancora poco conosciuto.
In questo “vuoto” che la teoria di marketing ha lasciato aperto, possiamo comunque individuare alcune
possibile linee di pensiero suscettibili di maggior approfondimento:
• qualche autore ha sostenuto che l’approccio offerto dal marketing relazionale è quello che più si avvicina
alla logica di funzionamento del Web 2.0 (ad esempio, Alessandro Prunesti, Social media e comunicazione
di marketing, Franco Angeli - 2009);
• altri autori sostengono che i social media possono essere utili solo se integrati con gli strumenti
tradizionali del marketing;
• secondo alcuni autorevoli operatori di marketing c’è invece bisogno di un nuovo paradigma di marketing
(Bernie Borges, op. cit);
• secondo quanto emerso dall’indagine della Mc Kinsey, il Web 2.0 risulta più adatto alle grandi imprese.
Su quest’ultimo aspetto, Jacques Bughin, uno degli autori dell’indagine della Mc Kinsey, in una intervista
all’edizione online di Forbes, dichiara che il Web 2.0 funziona meglio con le grandi imprese, perché queste
imprese hanno “un lago molto più grande da cui pescare”: più clienti si possiedono e maggiori sono gli
effetti che si avranno nei social networks
(http://www.forbes.com/2009/09/05/twitter-enterprise-roi-technology-cio-network-mckinsey.html).
Come si può notare, le incertezze teoriche sono significative e richiederebbero di essere approfondite per
permettere agli operatori di marketing di muoversi all’interno di un ben definito quadro teorico. Il mondo
accademico dovrebbe quindi cercare di rispondere in modo adeguato ad una delle domande che, secondo
Reibstein, Day e Wind nell’articolo che abbiamo citato, riguardano un “ambito fondamentale” del marketing
: “Quali sono le implicazioni per la strategia di marketing e per quella aziendale derivanti dagli sviluppi e
dalla proliferazione di nuovi media e di nuovi canali, dalla frammentazione dei mercati, e dallo spostamento
di potere avvenuto nei confronti dei consumatori?”.
20-9-2009
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