5 L’economia aperta 5.1 Oggetto del capitolo • La presenza del commercio con l’estero e dei movimenti internazionali di capitali modificano profondamente l’operare del sistema economico. Dopo aver preso in esame il funzionamento della bilancia commerciale, vedremo quali cambiamenti occorre apportare al modello IS − LM per tener conto dello scambio di beni e attività tra paesi. • Considereremo sia il caso di cambi fissi che quello di cambi flessibili, analizzando come muta in conseguenza l’efficacia delle politiche monetarie e fiscali. 5.2 La bilancia dei pagamenti e i tassi di cambio La bilancia dei pagamenti è un prospetto contabile che riassume le transazioni economiche che avvengono in un dato periodo di tempo (di solito un anno) tra i residenti di un dato paese e i residenti degli altri paesi, per brevità denominati non residenti. È considerata residente di un’economia ogni persona fisica o giuridica che, indipendentemente dalla cittadinanza, svolga nel paese considerato la propria principale attività in modo stabile e non in via temporanea. Il concetto di residente non coincide perciò necessariamente con quello di nazionalità: si può conservare la nazionalità italiana e operare stabilmente in un altro paese, nel qual caso si è considerati residenti di quest’ultimo paese (si pensi agli emigrati che hanno mantenuto la nazionalità italiana). Le transazioni economiche possono avere per oggetto beni, servizi o attività, sia finanziarie che reali. È importante tenere presente che da un punto di vista contabile la bilancia dei pagamenti è sempre in pareggio. Ciò deriva dal fatto che tutte le registrazioni della bilancia dei pagamenti si basano sul principio della partita 1 2 e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 L’Italia esporta auto negli USA per 100 milioni di euro che pagano addebitando il corrispettivo sulle loro banche italiane Bilancia dei pagamenti Esportazioni di beni Riduzione delle passività delle banche italiane (minori depositi) L’Italia vende obbligazioni per 80 milioni di euro agli USA che pagano addebitando il corrispettivo sulle loro banche italiane Bilancia dei pagamenti Vendita di obbligazioni Minori passività (minori depositi) L’Italia paga interessi per 5 milioni di euro agli USA accreditando il corrispettivo sulle loro banche italiane Bilancia dei pagamenti Redditi Maggiori passività (maggiori depositi) +100 −100 +80 −80 −5 +5 tabella 5.1: Esempi di registrazione nella bilancia dei pagamenti doppia: ogni transazione dà luogo a due registrazioni di uguale importo ma di segno opposto. Più precisamente, la regola che viene seguita è di attribuire un segno positivo alle esportazioni di beni e servizi e alle transazioni che comportano un aumento delle passività o una riduzione delle attività; di registrare invece con segno negativo i casi opposti. La ragione di questa regola sta in ciò: si registra come credito, con il segno +, ogni transazione che comporta un incasso dal resto del mondo mentre viene registrata come debito, con il segno −, ogni transazione che comporta un pagamento verso il resto del mondo. Per esempio, l’esportazione di merci o la vendita di obbligazioni nazionali a non residenti vengono registrati a credito (perché comportano un incasso), mentre vengono registrati a debito l’acquisto di servizi esteri o l’acquisto di azioni estere (perché comportano un pagamento). La tabella 5.1 fornisce alcuni esempi. Ne deriva che la somma algebrica delle registrazioni è sempre pari a zero. A partire dal 1999 la bilancia dei pagamenti italiana si è adeguata alle metodologie stabilite dalla Banca Centrale Europea e dall’Eurostat, applicando i criteri indicati nella V edizione del “Manuale della bilancia dei pagamenti” del Fondo Monetario Internazionale. Attualmente, perciò, la bilancia dei pagamenti italiana si suddivide in tre sezioni: 1. Il conto corrente, che include le esportazioni e le importazioni di e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 3 beni, i servizi (come quelli riguardanti i trasporti e i viaggi all’estero), i redditi (come il pagamento degli interessi sui titoli di stato venduti ai non residenti) e i trasferimenti unilaterali (come il pagamento effettuato alle istituzioni della UE); 2. il conto capitale, che comprende le acquisizione e le cessioni di attività intangibili (come brevetti e diritti d’autore) e i trasferimenti unilaterali che riguardano le transazioni su beni capitali (come i contributi per l’acquisto di attrezzature industriali); 3. il conto finanziario, in cui vengono registrati i movimenti di capitale distinti in investimenti diretti, investimenti di portafoglio, altri investimenti, derivati e variazioni delle riserve ufficiali. 4. Errori e omissioni. La somma di questi conti dovrebbe essere teoricamente nulla per il principio della partita doppia. Di fatto, viene compensata dalla voce “Errori e omissioni”. La tabella ?? mostra l’andamento della bilancia dei pagamenti italiana per gli anni più recenti. 4 e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 figura 5.1 Bilancia dei pagamenti 2002 -10,0 14,0 Conto corrente Merci esportazioni importazioni (miliardi di euro) 2003 2004 -17,4 -13,1 9,9 8,9 2005 -23,4 0,5 2006 -37,9 -9,5 283,3 274,5 299, 4 298, 9 331,9 341,5 267,6 253,5 263,6 253,7 -3,0 -2,4 1,2 -0,5 -1,5 63,8 66,8 63,4 65,8 68,2 67,0 71,9 72,4 78,4 79,9 -15,4 -5,6 -0,1 -0,2 0,1 8,5 -2,7 -17,8 -7,1 2,3 -0,1 2,3 17,3 6,5 -14,8 -8,3 1,7 .. 1,7 9,0 -2,0 -13,6 -9,8 1,0 0,1 0,9 20,8 -17,6 -13,6 -13,3 1,9 -0,1 2,0 35,5 -2,3 all’estero in Italia -18,2 15,5 -8,0 14,5 -15,5 13,5 -33,6 16,0 -33,5 31,2 Investimenti di portafoglio azioni titoli di debito 16,1 3,4 26,4 43,4 54,8 -13,2 29,3 -16,0 19,4 0,5 25,9 -16,0 59,3 -8,8 63,6 -2,7 1,0 -4,8 13,7 1,8 -19,6 2,3 -8,2 -0,4 -17,0 -3,1 1,5 -1,4 -2,2 2,3 2,3 0,8 1,6 0,4 0,5 Servizi esportazioni importazioni Redditi Trasferimenti unilaterali Conto capitale Attività intangibili Trasferimenti unilaterali Conto finanziario Investimenti diretti Derivati Altri investimenti Variazione delle riserve ufficiali Errori e omissioni Come si può controllare dalla tabella, da un punto di vista contabile la bilancia dei pagamenti è sempre in pareggio, ovvero sommando le quattro principali voci si ottiene un saldo nullo. Tuttavia, molto spesso gli economisti parlano di avanzi o disavanzi. Ciò è dovuto al fatto che si guarda a sottosezioni della bilancia dei pagamenti. Ad esempio, se sommiamo il saldo del conto corrente con quello del conto capitale otteniamo per il 2006 un deficit di 36 miliardi, riguardante sostanzialmente le transazioni “reali”. (Questo saldo coincide con il saldo delle partite correnti nella vecchia terminologia.) Nello stesso anno il conto finanziario ha registrato un avanzo pari a 35.5 miliardi, il che significa che sono affluiti capitali dall’estero per questo importo in seguito a transazioni di natura prevalentemente finanziaria. Come abbiamo già rilevato, mentre da un punto di vista concettuale la somma di questi due saldi dovrebbe essere nulla, nella realtà essa viene com- e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 5 pensata attraverso la posta errori e omissioni: quest’ultima ha registrato nel 2006 un valore di 0.5 miliardi. Da un altro punto di vista, se sommiamo il conto corrente (CORR), il conto capitale (CAP ), la posta errori e omissioni (E&O) e il conto finanziario (F IN), escludendo però da quest’ultimo le variazioni delle riserve ufficiali (∆RU ), vale a dire se effettuiamo la seguente operazione CORR + CAP + E&O + (F IN − ∆RU ) = −∆RU ≡ BP otteniamo ciò che viene denominato il saldo della bilancia dei pagamenti, BP. Il saldo della bilancia dei pagamenti corrisponde cioè alla variazione delle riserve ufficiali cambiata di segno. Se effettuiamo questo calcolo per il 2006, otteniamo −0.4. Ciò significa che se escludiamo l’intervento della Banca Centrale, le transazioni con l’estero hanno comportato un eccesso dei pagamenti sugli incassi per 0.4 miliardi. Si noti come questo corrisponda nella tabella 5.2 alla variazione delle riserve ufficiali; questa variazione è positiva a segnalare che vi è stata una riduzione delle attività (un minore ammontare di valuta estera detenuta) cui ha corrisposto un “incasso” di valuta interna: di qui, appunto, il segno +. Il saldo del conto finanziario ci dice come è variata la posizione netta sull’estero dell’Italia. Questa è composta dal complesso delle attività e delle passività nei confronti dell’estero e ci dice qual è la posizione (debitoria o creditoria) dell’Italia. Ad esempio, poiché nel 2006 vi è stato un afflusso netto di capitali dall’estero per 35.5 miliardi, ciò significa che l’Italia ha accresciuto i debiti verso l’estero per quell’importo. A questo vanno però aggiunti gli aggiustamenti, come quelli dovuti alle variazioni del cambio, sulle consistenze iniziali delle attività e delle passività. Nel 2006 questi aggiustamenti hanno provocato un miglioramento di 15.2 miliardi nella posizione debitoria dell’Italia. Tenuto conto della posizione creditoria a fine 2005 pari a 52.1 miliardi, questo ha comportato un posizione debitoria di 72.5 miliardi. 5.3 Il tasso di cambio È possibile distinguere tre misure del tasso di cambio. Il tasso di cambio nominale bilaterale È il tasso di cambio di cui sentiamo più spesso parlare. Si pensi ad esempio al tasso di cambio euro-dollaro o a quello tra euro e yen. Il tasso di cambio e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 6 nominale è dato dal numero di unità di valuta (moneta) estera necessarie ad acquistare una unità di moneta nazionale. Per comprendere questa definizione, supponiamo che occorrano 1.5 dollari per acquistare 1 €. Così come avviene nello scambio di due beni, possiamo scrivere questa equivalenza nello scambio come uguaglianza di prezzo per quantità tra le due monete: $ · P$ = € · Pe ovvero come uguaglianza tra il prodotto di quantità di dollari, $, per il rispettivo prezzo, P$ , e quantità di euro, €, per il rispettivo, P€ . La precedente uguaglianza può essere riscritta come P€ $ = =E P$ € Entrambi questi rapporti definiscono il tasso di cambio nominale E. Nell’esempio, avremmo 1.5 E= = 1.5 1 Data questa definizione del tasso di cambio, per passare da un certo ammontare di valuta nazionale all’equivalente in valuta estera è sufficiente moltiplicare il primo per E. Per esempio, se la moneta nazionale è l’euro e E rappresenta il tasso di cambio tra euro e dollaro, per convertire euro in dollari occorre moltiplicare i dollari per E, o più in generale E × valuta nazionale − − − − −− > valuta estera Nell’esempio $ = 1 × 1.5$ = 1.5$ € Si noti che così facendo, si moltiplica la valuta nazionale per il suo prezzo in termini di valuta estera. Per un motivo analogo, per convertire valuta estera in valuta nazionale occorre dividere la valuta estera per E : 1€ × E = 1€ × 1 E valuta estera − − − − −− > valuta nazionale × e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 7 Nell’esempio, poiché 1/E = 1/1.5 = 0.67 1$ ÷ $ 1 = 1$ ÷ = 1 ÷ 1.5 = 0.67€ E € Sempre in base a questa definizione del tasso di cambio, un aumento di E deve interpretarsi come un aumento del prezzo della valuta nazionale in termini della moneta estera, vale a dire come un apprezzamento. Allo stesso modo, una riduzione di E significa che la moneta estera è aumentata di valore in termini della valuta nazionale, e viene denominata deprezzamento. Il tasso di cambio reale bilaterale Molto spesso, però, non siamo interessati al tasso di cambio nominale, al prezzo relativo delle monete, ma a quello reale, ossia al prezzo relativo dei beni nazionali in termini di beni esteri. Per ottenere una misura generale del cambio reale, guardiamo ad un indice di prezzo che riguardi tutti i beni prodotti, come il deflatore del P IL. Sia P ∗ questo indice di prezzo per i beni esteri e P quello per i beni nazionali. Si noti che P ∗ è espresso in valuta estera (dollari) e non possiamo perciò immediatamente confrontarlo con P. Possiamo farlo però se moltiplichiamo P per E, esprimendolo così in valuta estera. Il prezzo relativo dei beni nazionali in termini di beni esteri, il tasso di cambio reale ε, è così dato da ε= EP P∗ Un apprezzamento (reale), cioè un aumento di ε, significa che i beni esteri sono divenuti meno costosi, ovvero che dobbiamo rinunciare ad una minore quantità di potere d’acquisto per comprare i beni esteri. Ovvero, un aumento di ε significa che i beni nazionali sono divenuti più costosi. Viceversa, un deprezzamento, una diminuzione di ε, significa che i beni nazionali sono divenuti meno costosi rispetto ai beni esteri. Ovvero, con un deprezzamento i beni esteri divengono più costosi di quelli nazionali. Ma ora la riduzione di ε può verificarsi perché è diminuito E o anche perché, a parità di E, i nostri prezzi sono cresciuti meno rapidamente di quelli esteri, se abbiamo cioè avuto una minore inflazione. e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 8 Il tasso di cambio effettivo Abbiamo finora visto tassi di cambio, nominali o reali, che riguardano solo due paesi, e che per questo motivo vengono definiti bilaterali. A volte, però, siamo interessati ad una misura del cambio che riguardi tutti i paesi con la quale una data economia ha relazioni di scambio. Per ottenere un tasso di cambio multilaterale o, come anche si dice, effettivo, si costruisce una media ponderata dei tassi di cambio reali con pesi dati dalle quote di commercio estero. 5.4 La bilancia commerciale e gli effetti di un deprezzamento Il commercio internazionale in beni e servizi rende necessario qualificare il principio della domanda aggregata. Come sappiamo, questo principio afferma che è la domanda aggregata a determinare la produzione nazionale. Quando vi è commercio con l’estero, è necessario distinguere tra la domanda espressa dai residenti o domanda interna, definita come domanda interna = C + I + G dalla domanda rivolta alla produzione di beni nazionali domanda di beni nazionali = Z = C + I + G + NX Questa distinzione è necessaria perché la domanda di beni e servizi da parte dei residenti può rivolgersi a beni prodotti all’estero (C, I o G possono contenere beni importati) e d’altra parte esiste una domanda estera di beni prodotti all’interno (le esportazioni). Per bilancia commerciale intendiamo il commercio in beni e servizi, e quindi sostanzialmente il conto corrente (trascurando i redditi e i trasferimenti unilaterali). Indicheremo la bilancia commerciale con NX, le esportazioni nette, ovvero la differenza tra esportazioni (X) e importazioni (Q/ε) Q (5.1) ε Per comprendere perché le importazioni sono espresse come rapporto tra le quantità importate Q e il tasso di cambio reale ε, si ricordi che tutte queste grandezze sono misurate in termini reali, ovvero in termini di prodotto interno. Ciò non pone problemi per le esportazioni, che rappresentano una NX = X − e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 9 parte del prodotto interno. Per quanto riguarda le importazioni, se Q indica le quantità importate, il loro valore in termini di valuta estera è P ∗ Q, e P ∗Q . Dividendo per il livello dei perciò il loro valore in valuta nazionale è E prezzi interni, otteniamo il valore delle importazioni in termini di prodotto Q 1 P∗ Q = . Intuitivamente, è il prezzo relativo delle interno, e cioè EP ε ε importazioni rispetto alle esportazioni perché è il rapporto tra prezzi P∗ 1 . Quindi, esteri e prezzi interni (entrambi espressi in valuta estera), = ε EP 1 · Q è il valore delle importazioni. ε A proposito delle quantità importate ed esportate, faremo le seguenti due ipotesi: • le quantità importate aumentano all’aumentare del reddito. Quando il reddito aumenta, si accrescono le capacità di spesa del settore privato (famiglie e imprese), spesa che si rivolge in parte all’acquisto di beni esteri. Naturalmente, questo è vero sia per il paese considerato che per il resto del mondo. In quest’ultimo caso, un aumento delle importazioni da parte del resto del mondo implica un aumento delle esportazioni per il paese considerato. Quindi, Q dipende positivamente da Y , il reddito interno, ed X dipende positivamente da Y ∗ , il reddito del resto del mondo; • una riduzione del tasso di cambio reale riduce le quantità importate e aumenta le quantità esportate. Infatti, ε rappresenta il prezzo relativo delle esportazioni rispetto alle importazioni, EP . È P∗ plausibile supporre che al diminuire di questo prezzo le quantità esportate aumentino e quelle importate si riducano. Poiché continueremo a supporre che i prezzi, sia interni che esteri, siano fissi, un aumento di ε equivale di fatto ad un aumento di E, ossia ad un deprezzamento. Queste considerazioni ci inducono a scrivere le esportazioni in funzione del reddito estero e del tasso di cambio reale X = X(Y ∗ , ε) + − e le quantità importate in funzione del reddito interno e del tasso di cambio reale Q = Q(Y, ε) ++ dove i segni posti sotto le variabili ci dicono in che modo una variazione della variabile considerata si ripercuote sulle esportazioni o sulle impor- e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 10 tazioni. In altre parole, ciò significa che un deprezzamento aumenta le esportazioni e riduce le importazioni. Supponiamo ora sia Y che Y ∗ costanti. Consideriamo gli effetti di un deprezzamento. Si noti che ciò non implica a priori un miglioramento della bilancia commerciale perché se è vero che per le ipotesi prima fatte le quantità esportate aumentano e quelle importate diminuiscono, è anche vero che le importazioni hanno dopo il deprezzamento un prezzo più basso. Non sappiamo perciò se il rapporto Qε aumenta o diminuisce. Formalmente, il problema equivale a chiedersi se la derivata della bilancia commerciale rispetto al tasso di cambio sia negativa o positiva. Derivando la (5.1) rispetto ad ε, otteniamo −Q dNX dX d (Q/ε) dX ε dQ = − = − dε 2 (5.2) dε dε dε dε ε Definiamo l’elasticità delle esportazioni, η X , e quella delle importazioni, η Q , nel seguente modo: ηX = − dX ε dQ ε ; ηQ = + dε X dε Q dove si noti il segno meno dell’elasticità delle esportazioni. Il motivo è che quando ε diminuisce, si sta riducendo il prezzo delle esportazioni e le esportazioni perciò aumentano. In modo analogo, una diminuzione di ε implica un aumento del prezzo delle importazioni, il che comporta una loro diminuzione. Di qui, il segno + posto davanti all’elasticità delle importazioni. Utilizzando queste definizioni, possiamo riscrivere la (5.2) come µ ¶ dNX X Q Xε Q Q = −η X + 2 − η Q 2 = 2 −η X + 1 − ηQ dε ε ε ε ε Q Concentriamoci ora sugli effetti di un deprezzamento, una riduzione di ε. Si noti che dire che un deprezzamento migliora la bilancia commerciale implica formalmente che dNX < 0. (Naturalmente, quanto abbiamo appena dε detto vale in modo speculare per un apprezzamento: dire che un apprezzamento peggiora la bilancia commerciale significa formalmente che dNX < 0.) dε Perciò, la bilancia commerciale migliorerà se il termine in parentesi tonde è negativo, ovvero dNX Xε < 0 a seconda che − η X − ηQ + 1 < 0 dε Q e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 11 ovvero Xε + ηQ Q Possiamo intuitivamente ragionare così. Supponiamo che ε diminuisca dell’1%, dε = −1%. Allora, le esportazioni variano in termini percentuali di cioè ε 1 < ηX dX dε = −η X = ηX % X ε (si ricordi che dε = −1%) e perciò in livello di ε dX = Xη X % Passiamo al valore delle importazioni, εQ. La variazione percentuale di d(Q/ε) questo valore, , è pari alla differenza tra la variazione percentuale Q/ε di Q e della variazione percentuale di ε: la prima è pari η Q %, mentre la seconda è pari a all’1%, ragionando in modo analogo a quanto abbiamo fatto a proposito delle esportazioni. Perciò, in livello il valore delle importazioni è variato in termini percentuali di e quindi in livello di ¢ d(Q/ε) dQ dε dε ¡ = − = ηQ − 1 Q/ε Q e ε ¡ ¢ d(Q/ε) = 1 − η Q % · Q/ε La bilancia commerciale è migliorata se la variazione delle esportazioni è maggiore della variazione del valore delle importazioni, cioè se ovvero se ¡ ¢ Xη X > 1 − η Q · Q/ε εX η + ηQ > 1 Q X che è identica alla condizione prima vista. Questa condizione sulle elasticità, nota come condizione di Marshall-Lerner. Essa ha una semplice interpretazione se si parte da una situazione in cui la bilancia commerciale è in pareggio (X = Q/ε): essa afferma che un deprezzamento migliora la bilancia commerciale se esportazioni e importa- 12 e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 X 1000 ε 1 Q 1000 Q/ε 1000 992 = 1002 0.99 NX 0 1005 − 1002 = 3 η Q = 0.8 1005 0.99 992 η Q = 0.4 1005 0.99 996 996 = 1006 0.99 1005 − 1006 = −1 η Q = 0.5 1005 0.99 995 995 = 1005 0.99 1005 − 1005 = 0 tabella 5.2: La condizione Marshall-Lerner: alcuni esempi zioni sono poco elastiche rispetto al tasso di cambio. Assumeremo che questa condizione sia sempre soddisfatta. Negli esempi della tabella 5.2 la bilancia commerciale è inizialmente in equilibrio, η X = 0.5, e si ha un deprezzamento dell’1%. 5.5 La bilancia commerciale e la curva IS Abbiamo prima visto che l’andamento della bilancia commerciale dipende, oltre che dal tasso di cambio, anche dal livello del reddito. Tenendo conto di questa dipendenza e assumendo che sia soddisfatta la condizione di Marshall-Lerner, possiamo rappresentare il saldo della bilancia commerciale nel seguente modo: NX = X − q1 Y − q2 ε, con 0 < q1 < 1, q2 > 0 In questa equazione, il saldo della bilancia commerciale: • migliora se aumenta il reddito estero, il che si manifesta tramite un aumento delle esportazioni, X. Assumeremo che il reddito estero sia esogeno sicché anche le esportazioni sono esogene; • migliora se diminuisce ε, assumiamo cioè che sia soddisfatta la condizione Marshall-Lerner; peggiora se aumenta il reddito interno Y perché aumentano le importazioni. La misura in cui un aumento di reddito si traduce in parte in un aumento delle importazioni è data dalla propensione marginale all’importazione, q1 . 13 e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 La figura 5.2 mostra l’andamento del saldo della bilancia commerciale in funzione del reddito. Si verifica facilmente che un aumento delle esportazioni o un deprezzamento fanno spostare a destra la retta NX. figura 5.2 La bilancia commerciale NX X-q2ε q1 Y NX Vediamo come cambia in conseguenza l’equilibrio sul mercato dei beni, ovvero quale rappresentazione ha la curva IS in mercato aperto. L’uguaglianza tra domanda aggregata e offerta aggregata implica: Y = C + I + G + NX = A + (c1 + d1 )Y − d2 i + X − q1 Y − q2 ε e perciò il reddito di equilibrio sul mercato dei beni è Y 1 (A − d2 i + X − q2 ε) 1 − (c1 + d1 ) + q1 = αE (A − d2 i + X − q2 ε) = (5.3) 1 dove αE = 1−(c1 +d indica il moltiplicatore in presenza di scambi con 1 )+q1 l’estero. Si noti che la pendenza della IS è ora data da ¯ di ¯¯ 1 =− ¯ dY IS αE d2 ed è maggiore rispetto alla versione senza commercio internazionale perché il moltiplicatore è minore: una parte dell’aumento della domanda che deriva e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 14 da una diminuzione del tasso d’interesse viene ora assorbita dalla produzione estera. Si noti ancora che la posizione della IS dipende ora anche dalle esportazioni e dal tasso di cambio. 5.6 I mercati finanziari in economia aperta Abbiamo finora considerato soltanto il commercio internazionale in beni e servizi. Introduciamo ora anche le transazioni riguardanti le attività finanziarie. Un’ipotesi frequentemente adottata a proposito dei movimenti di capitale è quella della perfetta mobilità. Se supponiamo che le uniche attività scambiate nei mercati internazionali siano titoli, allora l’ipotesi di perfetta mobilità consiste nell’affermare che i titoli interni e quelli esteri sono considerati perfetti sostituti, ossia che si ritiene indifferente trattenere nel proprio portafoglio titoli interni o esteri. Questa condizione si realizza sostanzialmente se le imposte che gravano sui titoli sono uguali nei diversi paesi e se non vi sono rischi di carattere finanziario (per esempio, di insolvenza) nel detenere un titolo o l’altro. In queste circostanze, qualsiasi discrepanza tra i tassi di rendimento interni ed esteri provocherebbe immediati movimenti di capitale verso il titolo che rende di più riportando all’uguaglianza i tassi di rendimento. Per esempio, se il tasso di rendimento interno superasse quello estero, aumenterebbe la domanda di titoli sul mercato interno con l’effetto di far salire il prezzo di questi titoli e di ridurne perciò il rendimento; un processo analogo ma di segno opposto sui mercati esteri spingerebbe verso l’alto il rendimento del titolo estero. Ne consegue che con perfetta mobilità dei capitali il tasso di rendimento interno e quello estero debbono coincidere. Questa condizione viene denominata assenza di arbitraggio. Ciò tuttavia non implica che i tassi di interesse dei due titoli debbano essere uguali. Il motivo è che ora dobbiamo tener conto del fatto che questi rendimenti sono influenzati anche dalle variazioni attese del cambio. Per comprendere questo punto, possiamo ragionare in due modi diversi ma equivalenti. 1. Supponiamo che il titolo interno costi PB e quello estero PB∗ , ciascuno espressi nelle rispettive valute. Alla scadenza ciascuno dei due titoli ha un valore finale di una unità monetaria denominata nella valuta di riferimento. Allora i tassi di interesse sono definiti dalle seguenti relazioni: PB (1 + i) = 1euro; PB∗ (1 + i∗ ) = 1dollaro e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 15 In altri termini, il tasso di interesse sul titolo interno, che è espresso nella valuta interna, è i, il tasso di interesse sul titolo denominato in valuta estera è i∗ . Quale dei due titoli è più conveniente? Non possiamo dirlo finché non specifichiamo le aspettative sui cambi. In una situazione in cui i cambi sono fissi, è evidentemente più conveniente detenere il titolo con il tasso di interesse più elevato. Ma se i cambi sono flessibili, dobbiamo tener conto delle variazioni attese del cambio che possono produrre delle plusvalenze o delle minusvalenze sul titolo estero. Supponiamo che il cambio sia E oggi e che ci si aspetti sarà E e quando il titolo verrà a scadenza. Allora il costo del titolo estero espresso in PB∗ 1 valuta nazionale è mentre il suo valore finale atteso è e (si ricordi E E che occorre dividere per il tasso di cambio per convertire la valuta estera in moneta nazionale). Perciò il suo tasso di rendimento in moneta nazionale è PB∗ 1 − Ee E = E −1 ∗ PB E e PB∗ E Se i titoli sono considerati perfetti sostituti, essi dovranno fornire lo stesso rendimento atteso: E −1=i E e PB∗ Tenendo conto del fatto che PB∗ = 1/ (1 + i∗ ) , possiamo riscrivere la precedente uguaglianza come E 1 + i∗ = 1 + i =⇒ =1+i Ee E e PB∗ E cioé 1 + i∗ Ee − E 1+ E Prendiamo il logaritmo di ambo i lati di quest’ultima uguaglianza e usiamo l’approssimazione per cui il logaritmo di 1 + x è uguale a x con x “piccolo”, ln (1 + x) ' x. Otteniamo così i = i∗ − Ee − E E (5.4) e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 16 Questa espressione ci dice appunto che se i titoli interni ed esteri sono considerati perfetti sostituti, essi debbono fornire lo stesso rendimento atteso. Se così non fosse, gli investitori acquisterebbero l’attività che rende di più vendendo quella che rende di meno. Così facendo, essi farebbero aumentare il prezzo della prima e diminuire il prezzo della seconda, riportando in tal modo all’uguaglianza i due rendimenti. Questa relazione viene anche denominata parità scoperta (perché non tiene conto del rischio di cambio) dei tassi di interesse. 2. Supponiamo si disponga di 1 euro. Se lo impieghiamo acquistando titoli denominati in euro, alla scadenza otterremo (1 + i) euro. Abbiamo però un’alternativa: possiamo acquistare titoli denominati in dollari che fruttano un tasso di interesse i∗ . Se impieghiamo 1 euro in questo modo, potremo acquistare E unità del titolo estero (si ricordi che per convertire valuta nazionale in valuta estera occorre moltiplicare per il tasso di cambio). Alla scadenza il titolo estero varrà E (1 + i∗ ) dollari. Se il cambio atteso alla scadenza è E e , ciò significa che il rendimento 1 del titolo sarà e (1 + i∗ ) E euro. Siccome i due titoli sono considerati E perfetti sostituti e gli investitori sono interessati soltanto al rendimento atteso, dovrà essere 1 1 + i = e (1 + i∗ ) E E Questa uguaglianza può essere riscritta come 1+i= 1 + i∗ Ee E ovvero come 1 + i∗ Ee − E 1+ E e prendendo i logaritmi, otteniamo 1+i= i = i∗ − Ee − E E Ee − E dove rappresenta il tasso di variazione della valuta nazionale. E Se positivo, E e > E, esso è un tasso di apprezzamento; se negativo, E e < E, rappresenta un tasso di deprezzamento. I rendimenti dei due titoli sono perciò uguali se il tasso di rendimento del titolo in- e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 17 terno, i, è uguale al tasso di interesse estero, i∗ , al netto del tasso di apprezzamento. 5.7 Perfetta mobilità e cambi flessibili Se vi sono cambi flessibili, la Banca Centrale non interviene e lascia che siano le modificazioni del tasso di cambio a riportare in equilibrio la bilancia dei pagamenti; in regime di cambi flessibili la Banca Centrale fissa l’offerta di moneta ma lascia il cambio libero di fluttuare. Per esaminare l’efficacia della politica monetaria e di quella fiscale, facciamo uso del sistema di equazioni composto dalla IS, l’equazione (5.3), dalla LM e dalla parità dei tassi di interesse, l’equazione (5.4): ⎧ ⎪ ⎨ IS : Y = αE (A − d2 i + X − q2 E) LM : M = f1 Y − f2 i (5.5) e ⎪ ⎩ P arità: i = i∗ − E − E E Come si vede, l’equazione della LM è rimasta inalterata rispetto alla versione esaminata in economia chiusa. Il motivo è che, quanto meno nelle economie con moneta stabile, non vi è ragione per cui si debba detenere moneta estera per effettuare transazioni all’interno. Le incognite di questo sistema sono il tasso d’interesse i, il reddito Y e il tasso di cambio E. Poiché ci troviamo in un modello IS − LM in cui per ipotesi i prezzi sono fissi, per semplificare abbiamo posto sia il livello dei prezzi interni che quello dei prezzi esteri uguale all’unità, P = P ∗ = 1. Ciò ha comportato appunto due semplificazioni: in primo luogo, il tasso di cambio nominale coincide con quello reale sicché nella IS compare E, e non ε; inoltre, nella LM l’offerta reale di moneta è indicata semplicemente con M, e non M/P. Esaminiamo ora cosa accade al reddito se si decide di porre in atto una politica fiscale espansiva, come un aumento della spesa pubblica. Così come in economia chiusa, un aumento della spesa pubblica, una delle componenti di A, provoca un aumento della domanda aggregata e perciò del reddito; a sua volta, l’aumento del reddito comporta un aumento delle transazioni, e quindi una maggiore domanda di moneta. A parità di M, la conseguenza è un aumento del tasso di interesse. Fin qui tutto è come in economia chiusa. Questo processo è rappresentato graficamente nella figura 5.2 dallo spostamento in alto della IS e dal passaggio dell’equilibrio da V a N. Il punto è che in economia aperta il processo posto in moto dall’aumento della spesa pubblica non si ferma qui. Guardiamo alla parte destra della figura 5.3 dove troviamo rappresentata e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 18 la parità scoperta dei tassi di interesse. Come risulta dal grafico, l’aumento del tasso interno di interesse provoca un aumento di E, ovvero un apprezzamento del cambio. I titoli interni sono ora diventati più appetibili attirando capitali dall’estero e facendo aumentare la domanda di moneta interna, il cui prezzo perciò aumenta (si ricordi che E è dato dal rapporto tra il prezzo della valuta interna e il prezzo di quella estera). L’apprezzamento tuttavia significa una minore competitività dei beni prodotti all’interno: il cambio reale è aumentato e il prezzo relativo dei beni esteri è quindi diminuito. Di qui, un peggioramento della bilancia commerciale, una più bassa domanda aggregata e una riduzione del livello del reddito. Possiamo descrivere sinteticamente questo processo nel seguente modo: ∆G −→ ∆Y −→ ∆i −→ ∆E −→ −∆NX −→ −∆Y Come si vede, gli effetti sul reddito di un aumento della spesa pubblica sono di segno opposto. Ciò spiega anche perché nella figura 5.3 la IS torna indietro (anche gli effetti sulla domanda aggregata, ∆G e −∆NX, hanno segno opposto). La conclusione è che l’efficacia della politica fiscale in una situazione di cambi flessibili e perfetta mobilità dei capitali è minore che non 19 e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 figura 5.3 Inefficacia della politica fiscale in cambi flessibili i i IS' LM Parità dei tassi di interesse IS N i1 T' i1 V i0 T i0 Y0 Y1 Y E0 E1 E in mercato chiuso.1 Passiamo alla politica monetaria. Qui le cose stanno in modo assai diverso. Supponiamo che si decida di porre in atto una politica monetaria espansiva, un aumento di M. Anche in questo caso gli effetti iniziali sono 1 Controllare analiticamente la minore efficacia del MPF in mercato aperto è laborioso ma non difficile. Possiamo ragionare così. In primo luogo, riscriviamo la parità tra i tassi di interesse come Ee i = i∗ − +1 E In secondo luogo, dalle equazioni della IS e della LM in mercato aperto, ricaviamo le seguenti espressioni per Y e i: ½ Y = M P F · (A + X − q2 E) + M P M · M 1 i = αEDf1 (A + X − q2 E) − D M Riscriviamo poi l’equazione per il tasso di interesse sostituendovi la parità con il tasso di interesse internazionale. Si ha così: i∗ − Ee 1 αE f 1 +1= (A + X − q2 E) − M E D D ovvero Ee αE f 1 αE f1 1 +1+ q2 E = (A + X) − M (5.6) E D D D dove D = f2 + αE d2 f1 . Osservando quest’ultima equazione, si può notare che un aumento di A causa un aumento di E, cioè dE dA > 0. L’ultimo passo consiste nell’esaminare gli effetti di un aumento di A sul reddito Y, tenendo conto del risultato appena ottenuto. Ricaviamo così µ ¶ dY dE = M P F 1 − q2 < MP F dA dA i∗ − cioé il MPF in mercato aperto è minore che in mercato chiuso per la presenza dell’effetto dell’apprezzamento sul saldo della bilancia commmerciale dE dA . 20 e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 identici a quelli che si hanno in economia chiusa. L’aumento di M riduce il tasso di interesse (il lettore spieghi perché) incoraggiando gli investimenti e quindi il reddito. Ma ora questo processo, raffigurato nella parte sinistra della figura 5.4, incentiva anziché deprimere la domanda estera. Infatti, la riduzione di i provoca un deprezzamento della valuta nazionale (si veda la parte destra della figura 5.4), e perciò un aumento delle esportazioni nette. La rappresentazione sintetica degli effetti di una politica monetaria espansiva è la seguente ∆M −→ −∆i −→ ∆I & −∆E −→ ∆Y −→ ∆NX −→ ∆Y Perciò questa volta la IS tende a spostarsi verso destra e non a tornare indietro (vedi figura 5.4). Ne consegue che con cambi flessibili e perfetta mobilità dei capitali l’efficacia della politica monetaria è maggiore che non in mercato chiuso.2 5.8 Perfetta mobilità e cambi fissi Se vi sono cambi fissi, quando cioè un paese s’impegna a mantenere il cambio costante ad un dato livello, la nostra precedente analisi va modificata in due punti. Il primo riguarda il mercato monetario. Il lato della domanda di moneta non cambia. Cambia però il lato dell’offerta. In mercato aperto l’offerta di moneta, M, ha due componenti: 2 Per verificare analiticamente che il moltiplicatore della politica monetaria ha un’efficacia maggiore in mercato aperto, riprendiamo in considerazione l’equazione (5.6) ricavata nella precedente nota 1 i∗ − Ee αE f 1 αE f1 1 +1+ q2 E = (A + X) − M E D D D dE < 0. In questo caso è chiaro che un aumento di M provoca una riduzione di E, cioè dM Esaminiamo ora gli effetti di un aumento di M sul reddito Y, tenendo conto del risultato appena ottenuto. Sempre dalla nota 1, ricaviamo dY dE = M P M − M P F q2 > MPM dM dM cioé il MPM in mercato aperto è maggiore che in mercato chiuso per la presenza dell’effetto dE . del deprezzamento sul saldo della bilancia commmerciale dM 21 e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 figura 5.4 Efficacia della politica monetaria in cambi flessibili i i LM IS Parità dei tassi di interesse LM' i0 V T N i1 Y0 Y1 T' Y E1 E0 E M = MH + RU MH rappresenta la componente interna dell’offerta di moneta che viene direttamente controllata dalle autorità monetarie. RU rappresenta invece lo stock di riserve ufficiali, ossia le scorte di valuta estera detenute dalla Banca Centrale. Un avanzo della bilancia dei pagamenti implica un eccesso dell’offerta di valuta sulla domanda di valuta (perché gli incassi superano i pagamenti). In regime di cambi fissi, questo eccesso di offerta viene colmato dalla Banca Centrale attraverso una domanda equivalente di valuta estera, che va così ad incrementare le riserve ufficiali, finanziata con la creazione di moneta nazionale. BP > 0 =⇒ Ecc. off. val. est =⇒ ∆RU Analogamente, un disavanzo della bilancia dei pagamenti implica un eccesso della domanda di valuta sull’offerta di valuta. Di nuovo, questo eccesso di domanda di valuta viene colmato dalla Banca Centrale attraverso una vendita equivalente di valuta, riducendo così le riserve ufficiali, e un corrispondente ritiro di moneta nazionale. BP < 0 =⇒ Ecc. dom. val. est =⇒ −∆RU In ambedue i casi, la variazione delle riserve ufficiali è della stessa entità del saldo della bilancia dei pagamenti e determina una variazione equivalente dell’offerta di moneta. Se perciò riscriviamo la precedente equazione in termini di variazioni, otteniamo e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 22 ∆M = ∆MH + ∆RU = ∆MH + BP In questo caso, è evidente che l’offerta di moneta non è esogena ma dipende dal saldo della bilancia dei pagamenti. In particolare, l’offerta di moneta continuerà a variare finché il saldo della bilancia dei pagamenti non è nullo. L’offerta di moneta è completamente condizionata dall’equilibrio esterno sicché le autorità monetarie non hanno alcun potere sulla sua fissazione. Il primo importante mutamento è perciò che l’offerta di moneta non è più data, non costituisce più una variabile esogena, ma diviene un’incognita che occorre determinare. Il secondo mutamento riguarda l’equazione della parità dei tassi di interesse. Se i cambi sono fissi, e le autorità monetarie sono credibili, non ci si aspetterà alcuna variazione del cambio, vale a dire E e − E = 0, sicché l’equazione della parità diviene i = i∗ Tenendo conto di queste modifiche, riscriviamo il sistema di equazioni composto dalla IS, dalla LM e dall’equazione della parità ⎧ ¢ ¡ ⎨ IS : Y = αE A − d2 i + X + q2 E (5.7) LM : M = f1 Y − f2 i ⎩ ∗ P arità: i = i dove la barra sopra il tasso di cambio ci ricorda che ora esso non costituisce più un’incognita: è appunto fisso. In questo sistema le incognite sono Y, i e M. Esaminiamo anche in questo caso l’efficacia della politica monetaria e della politica fiscale. Iniziamo dalla politica monetaria. Il fatto che l’offerta di moneta sia ora una variabile endogena lascia intuire che la politica monetaria è inefficace. Questa conclusione è immediata da un punto di vista formale analizzando il sistema (5.7). Dalla condizione di parità e dalla IS possiamo ricavare i valori di equilibrio del reddito e del tasso d’interesse. La LM determina l’offerta reale di moneta. Poiché il reddito non dipende dalla LM, non può essere influenzato dall’offerta di moneta. Alla stessa conclusione si giunge esaminando il grafico seguente (vedi figura 5.5). In questo grafico la condizione di parità dei tassi di interesse è ora rappresentata insieme alla IS e alla LM come una retta orizzontale all’asse delle ascisse avente ordinata pari al tasso di interesse estero i∗ . Intuitivamente si può ragionare così. Supponiamo di porre in atto una politica monetaria espansiva attraverso un incremento di M. Questa mano- 23 e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 figura 5.5 Inefficacia della politica monetaria in cambi fissi i LM IS LM' i* Y vra porta il tasso d’interesse interno al di sotto di quello estero (punto E 0 del grafico). Si ha in conseguenza un deflusso di capitali sicché il cambio tende a deprezzarsi. Con cambi fissi, la Banca Centrale deve intervenire compensando l’eccesso di domanda di valuta estera attraverso un’offerta equivalente e ricevendo in cambio moneta nazionale. Di conseguenza, la LM ritorna nella posizione iniziale. Ciò implica che in un regime di cambi fissi il moltiplicatore della politica monetaria è pari a zero. In un regime di cambi fissi la politica fiscale è invece efficace. Se si guarda al sistema (5.7) prima scritto, si può notare che, essendo il tasso d’interesse interno determinato dalla condizione di parità, ogni variazione della spesa pubblica (o più in generale, della domanda autonoma) si riflette pienamente sul reddito attraverso il moltiplicatore senza che si verifichi spiazzamento. Ciò implica che in un regime di cambi fissi il moltiplicatore della politica fiscale è pari al moltiplicatore αE .L’analisi grafica ci consente di comprendere come questo avviene. Si guardi alla figura 5.6. L’aumento della spesa pubblica fa spostare verso l’alto e a destra la IS. Il sistema si trova ora in equilibrio in A dove i > i∗ . Il conseguente afflusso di capitali determina un eccesso di offerta di valuta che viene assorbito dalla Banca Centrale ottenendo in cambio valuta nazionale. L’aumento dell’offerta di moneta che si verifica in conseguenza sposta la LM verso destra e porta l’equilibrio finale del sistema in N. Il processo può essere descritto sinteticamente nel seguente modo: ∆A −→ ∆i −→ ∆M −→ ∆Y 24 e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 figura 5.6 Efficacia della politica fiscale in cambi fissi i LM IS' IS i* 5.9 LM' A V N Y0 Y1 Y Esercizi 1. Supponete che il mercato dei beni sia rappresentato dalle seguenti equazioni. C = 500 + 0.5Y D ; I = 400 + 0.1Y ; X = 400 Q = 0.1Y + 100ε; G = 500; T = 400; ε = 1 Determinate il saldo della bilancia commerciale. [NX = 0] 2. Scrivete la condizione Marshall-Lerner. Supponete che il tasso di cambio reale si deprezzi del 12%. Se X aumenta del 4% e Q diminuisce del 6%, la condizione Marshall-Lerner è soddisfatta? Qual è l’effetto del deprezzamento su NX? [No] 3. Assumete che valga la parità dei tassi di interesse e che i∗ = 6%, E = 1 e E e = 1.01. Qual è il tasso di interesse nazionale? Quale titolo ha il maggiore rendimento atteso? [i = 5%] 4. Scrivete l’equazione della parità dei tassi di interesse interno ed internazionale. Supponete che il tasso di cambio euro-dollaro sia pari a 1. Improvvisamente i mercati iniziano ad aspettarsi una svalutazione del dollaro. In particolare, essi attribuiscono il 50% di probabilità che il dollaro si deprezzi del 10% e il restante 50% di probabilità che il dollaro non si deprezzi. Di quanto dovrebbe variare il tasso di interesse la e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5 25 banca centrale europea per mantenere la parità dei tassi di interesse? Ee − E Ee − E [La parità dei tassi di interesse afferma che i = i∗ − . è E E 1 1 uguale a · (10%) + · 0% = 5%. i deve perciò diminuire del 5%] 2 2