5 L`economia aperta

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L’economia aperta
5.1
Oggetto del capitolo
• La presenza del commercio con l’estero e dei movimenti internazionali
di capitali modificano profondamente l’operare del sistema economico.
Dopo aver preso in esame il funzionamento della bilancia commerciale,
vedremo quali cambiamenti occorre apportare al modello IS − LM per
tener conto dello scambio di beni e attività tra paesi.
• Considereremo sia il caso di cambi fissi che quello di cambi flessibili, analizzando come muta in conseguenza l’efficacia delle politiche
monetarie e fiscali.
5.2
La bilancia dei pagamenti e i tassi di cambio
La bilancia dei pagamenti è un prospetto contabile che riassume le transazioni economiche che avvengono in un dato periodo di tempo (di solito un
anno) tra i residenti di un dato paese e i residenti degli altri paesi, per brevità denominati non residenti. È considerata residente di un’economia ogni
persona fisica o giuridica che, indipendentemente dalla cittadinanza, svolga
nel paese considerato la propria principale attività in modo stabile e non in
via temporanea. Il concetto di residente non coincide perciò necessariamente
con quello di nazionalità: si può conservare la nazionalità italiana e operare
stabilmente in un altro paese, nel qual caso si è considerati residenti di quest’ultimo paese (si pensi agli emigrati che hanno mantenuto la nazionalità
italiana).
Le transazioni economiche possono avere per oggetto beni, servizi o attività, sia finanziarie che reali.
È importante tenere presente che da un punto di vista contabile la
bilancia dei pagamenti è sempre in pareggio. Ciò deriva dal fatto che tutte le
registrazioni della bilancia dei pagamenti si basano sul principio della partita
1
2
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
L’Italia esporta auto negli USA per 100 milioni di euro che
pagano addebitando il corrispettivo sulle loro banche italiane
Bilancia dei pagamenti
Esportazioni di beni
Riduzione delle passività delle banche italiane (minori depositi)
L’Italia vende obbligazioni per 80 milioni di euro agli USA che
pagano addebitando il corrispettivo sulle loro banche italiane
Bilancia dei pagamenti
Vendita di obbligazioni
Minori passività (minori depositi)
L’Italia paga interessi per 5 milioni di euro agli USA
accreditando il corrispettivo sulle loro banche italiane
Bilancia dei pagamenti
Redditi
Maggiori passività (maggiori depositi)
+100
−100
+80
−80
−5
+5
tabella 5.1: Esempi di registrazione nella bilancia dei pagamenti
doppia: ogni transazione dà luogo a due registrazioni di uguale importo ma di
segno opposto. Più precisamente, la regola che viene seguita è di attribuire
un segno positivo alle esportazioni di beni e servizi e alle transazioni che
comportano un aumento delle passività o una riduzione delle attività; di
registrare invece con segno negativo i casi opposti. La ragione di questa
regola sta in ciò: si registra come credito, con il segno +, ogni transazione che
comporta un incasso dal resto del mondo mentre viene registrata come debito,
con il segno −, ogni transazione che comporta un pagamento verso il resto
del mondo. Per esempio, l’esportazione di merci o la vendita di obbligazioni
nazionali a non residenti vengono registrati a credito (perché comportano
un incasso), mentre vengono registrati a debito l’acquisto di servizi esteri o
l’acquisto di azioni estere (perché comportano un pagamento). La tabella 5.1
fornisce alcuni esempi. Ne deriva che la somma algebrica delle registrazioni
è sempre pari a zero.
A partire dal 1999 la bilancia dei pagamenti italiana si è adeguata alle metodologie stabilite dalla Banca Centrale Europea e dall’Eurostat, applicando
i criteri indicati nella V edizione del “Manuale della bilancia dei pagamenti” del Fondo Monetario Internazionale. Attualmente, perciò, la bilancia dei
pagamenti italiana si suddivide in tre sezioni:
1. Il conto corrente, che include le esportazioni e le importazioni di
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
3
beni, i servizi (come quelli riguardanti i trasporti e i viaggi all’estero),
i redditi (come il pagamento degli interessi sui titoli di stato venduti ai
non residenti) e i trasferimenti unilaterali (come il pagamento effettuato
alle istituzioni della UE);
2. il conto capitale, che comprende le acquisizione e le cessioni di attività
intangibili (come brevetti e diritti d’autore) e i trasferimenti unilaterali
che riguardano le transazioni su beni capitali (come i contributi per
l’acquisto di attrezzature industriali);
3. il conto finanziario, in cui vengono registrati i movimenti di capitale distinti in investimenti diretti, investimenti di portafoglio, altri
investimenti, derivati e variazioni delle riserve ufficiali.
4. Errori e omissioni. La somma di questi conti dovrebbe essere teoricamente nulla per il principio della partita doppia. Di fatto, viene
compensata dalla voce “Errori e omissioni”.
La tabella ?? mostra l’andamento della bilancia dei pagamenti italiana
per gli anni più recenti.
4
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
figura 5.1
Bilancia dei pagamenti
2002
-10,0
14,0
Conto corrente
Merci
esportazioni
importazioni
(miliardi di euro)
2003
2004
-17,4
-13,1
9,9
8,9
2005
-23,4
0,5
2006
-37,9
-9,5
283,3
274,5
299, 4
298, 9
331,9
341,5
267,6
253,5
263,6
253,7
-3,0
-2,4
1,2
-0,5
-1,5
63,8
66,8
63,4
65,8
68,2
67,0
71,9
72,4
78,4
79,9
-15,4
-5,6
-0,1
-0,2
0,1
8,5
-2,7
-17,8
-7,1
2,3
-0,1
2,3
17,3
6,5
-14,8
-8,3
1,7
..
1,7
9,0
-2,0
-13,6
-9,8
1,0
0,1
0,9
20,8
-17,6
-13,6
-13,3
1,9
-0,1
2,0
35,5
-2,3
all’estero
in Italia
-18,2
15,5
-8,0
14,5
-15,5
13,5
-33,6
16,0
-33,5
31,2
Investimenti di portafoglio
azioni
titoli di debito
16,1
3,4
26,4
43,4
54,8
-13,2
29,3
-16,0
19,4
0,5
25,9
-16,0
59,3
-8,8
63,6
-2,7
1,0
-4,8
13,7
1,8
-19,6
2,3
-8,2
-0,4
-17,0
-3,1
1,5
-1,4
-2,2
2,3
2,3
0,8
1,6
0,4
0,5
Servizi
esportazioni
importazioni
Redditi
Trasferimenti unilaterali
Conto capitale
Attività intangibili
Trasferimenti unilaterali
Conto finanziario
Investimenti diretti
Derivati
Altri investimenti
Variazione delle riserve
ufficiali
Errori e omissioni
Come si può controllare dalla tabella, da un punto di vista contabile la
bilancia dei pagamenti è sempre in pareggio, ovvero sommando le quattro
principali voci si ottiene un saldo nullo. Tuttavia, molto spesso gli economisti parlano di avanzi o disavanzi. Ciò è dovuto al fatto che si guarda a
sottosezioni della bilancia dei pagamenti. Ad esempio, se sommiamo il saldo del conto corrente con quello del conto capitale otteniamo per il 2006
un deficit di 36 miliardi, riguardante sostanzialmente le transazioni “reali”.
(Questo saldo coincide con il saldo delle partite correnti nella vecchia terminologia.) Nello stesso anno il conto finanziario ha registrato un avanzo
pari a 35.5 miliardi, il che significa che sono affluiti capitali dall’estero per
questo importo in seguito a transazioni di natura prevalentemente finanziaria.
Come abbiamo già rilevato, mentre da un punto di vista concettuale la
somma di questi due saldi dovrebbe essere nulla, nella realtà essa viene com-
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
5
pensata attraverso la posta errori e omissioni: quest’ultima ha registrato nel
2006 un valore di 0.5 miliardi.
Da un altro punto di vista, se sommiamo il conto corrente (CORR), il
conto capitale (CAP ), la posta errori e omissioni (E&O) e il conto finanziario
(F IN), escludendo però da quest’ultimo le variazioni delle riserve ufficiali
(∆RU ), vale a dire se effettuiamo la seguente operazione
CORR + CAP + E&O + (F IN − ∆RU ) = −∆RU ≡ BP
otteniamo ciò che viene denominato il saldo della bilancia dei pagamenti,
BP. Il saldo della bilancia dei pagamenti corrisponde cioè alla variazione
delle riserve ufficiali cambiata di segno. Se effettuiamo questo calcolo per il
2006, otteniamo −0.4.
Ciò significa che se escludiamo l’intervento della Banca Centrale, le transazioni con l’estero hanno comportato un eccesso dei pagamenti sugli incassi
per 0.4 miliardi. Si noti come questo corrisponda nella tabella 5.2 alla variazione delle riserve ufficiali; questa variazione è positiva a segnalare che vi
è stata una riduzione delle attività (un minore ammontare di valuta estera
detenuta) cui ha corrisposto un “incasso” di valuta interna: di qui, appunto,
il segno +.
Il saldo del conto finanziario ci dice come è variata la posizione netta
sull’estero dell’Italia. Questa è composta dal complesso delle attività e delle
passività nei confronti dell’estero e ci dice qual è la posizione (debitoria o creditoria) dell’Italia. Ad esempio, poiché nel 2006 vi è stato un afflusso netto
di capitali dall’estero per 35.5 miliardi, ciò significa che l’Italia ha accresciuto
i debiti verso l’estero per quell’importo. A questo vanno però aggiunti gli aggiustamenti, come quelli dovuti alle variazioni del cambio, sulle consistenze
iniziali delle attività e delle passività. Nel 2006 questi aggiustamenti hanno
provocato un miglioramento di 15.2 miliardi nella posizione debitoria dell’Italia. Tenuto conto della posizione creditoria a fine 2005 pari a 52.1 miliardi,
questo ha comportato un posizione debitoria di 72.5 miliardi.
5.3
Il tasso di cambio
È possibile distinguere tre misure del tasso di cambio.
Il tasso di cambio nominale bilaterale
È il tasso di cambio di cui sentiamo più spesso parlare. Si pensi ad esempio
al tasso di cambio euro-dollaro o a quello tra euro e yen. Il tasso di cambio
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
6
nominale è dato dal numero di unità di valuta (moneta) estera necessarie ad
acquistare una unità di moneta nazionale.
Per comprendere questa definizione, supponiamo che occorrano 1.5 dollari
per acquistare 1 €. Così come avviene nello scambio di due beni, possiamo
scrivere questa equivalenza nello scambio come uguaglianza di prezzo per
quantità tra le due monete:
$ · P$ = € · Pe
ovvero come uguaglianza tra il prodotto di quantità di dollari, $, per il rispettivo prezzo, P$ , e quantità di euro, €, per il rispettivo, P€ . La precedente
uguaglianza può essere riscritta come
P€
$
= =E
P$
€
Entrambi questi rapporti definiscono il tasso di cambio nominale E. Nell’esempio, avremmo
1.5
E=
= 1.5
1
Data questa definizione del tasso di cambio, per passare da un certo ammontare di valuta nazionale all’equivalente in valuta estera è sufficiente moltiplicare il primo per E. Per esempio, se la moneta nazionale è l’euro e E
rappresenta il tasso di cambio tra euro e dollaro, per convertire euro in dollari
occorre moltiplicare i dollari per E, o più in generale
E
×
valuta nazionale − − − − −− > valuta estera
Nell’esempio
$
= 1 × 1.5$ = 1.5$
€
Si noti che così facendo, si moltiplica la valuta nazionale per il suo prezzo in
termini di valuta estera. Per un motivo analogo, per convertire valuta estera
in valuta nazionale occorre dividere la valuta estera per E :
1€ × E = 1€ ×
1
E
valuta estera − − − − −− > valuta nazionale
×
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
7
Nell’esempio, poiché 1/E = 1/1.5 = 0.67
1$ ÷
$
1
= 1$ ÷ = 1 ÷ 1.5 = 0.67€
E
€
Sempre in base a questa definizione del tasso di cambio, un aumento
di E deve interpretarsi come un aumento del prezzo della valuta nazionale in termini della moneta estera, vale a dire come un apprezzamento. Allo stesso modo, una riduzione di E significa che la moneta estera è
aumentata di valore in termini della valuta nazionale, e viene denominata
deprezzamento.
Il tasso di cambio reale bilaterale
Molto spesso, però, non siamo interessati al tasso di cambio nominale, al
prezzo relativo delle monete, ma a quello reale, ossia al prezzo relativo dei
beni nazionali in termini di beni esteri. Per ottenere una misura generale
del cambio reale, guardiamo ad un indice di prezzo che riguardi tutti i beni
prodotti, come il deflatore del P IL. Sia P ∗ questo indice di prezzo per i beni
esteri e P quello per i beni nazionali. Si noti che P ∗ è espresso in valuta
estera (dollari) e non possiamo perciò immediatamente confrontarlo con P.
Possiamo farlo però se moltiplichiamo P per E, esprimendolo così in valuta
estera. Il prezzo relativo dei beni nazionali in termini di beni esteri, il tasso
di cambio reale ε, è così dato da
ε=
EP
P∗
Un apprezzamento (reale), cioè un aumento di ε, significa che i beni esteri
sono divenuti meno costosi, ovvero che dobbiamo rinunciare ad una minore
quantità di potere d’acquisto per comprare i beni esteri. Ovvero, un aumento
di ε significa che i beni nazionali sono divenuti più costosi.
Viceversa, un deprezzamento, una diminuzione di ε, significa che i beni
nazionali sono divenuti meno costosi rispetto ai beni esteri. Ovvero, con un
deprezzamento i beni esteri divengono più costosi di quelli nazionali.
Ma ora la riduzione di ε può verificarsi perché è diminuito E o anche
perché, a parità di E, i nostri prezzi sono cresciuti meno rapidamente di
quelli esteri, se abbiamo cioè avuto una minore inflazione.
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
8
Il tasso di cambio effettivo
Abbiamo finora visto tassi di cambio, nominali o reali, che riguardano solo
due paesi, e che per questo motivo vengono definiti bilaterali. A volte, però,
siamo interessati ad una misura del cambio che riguardi tutti i paesi con la
quale una data economia ha relazioni di scambio. Per ottenere un tasso di
cambio multilaterale o, come anche si dice, effettivo, si costruisce una media
ponderata dei tassi di cambio reali con pesi dati dalle quote di commercio
estero.
5.4
La bilancia commerciale e gli effetti di un
deprezzamento
Il commercio internazionale in beni e servizi rende necessario qualificare il
principio della domanda aggregata. Come sappiamo, questo principio afferma
che è la domanda aggregata a determinare la produzione nazionale. Quando
vi è commercio con l’estero, è necessario distinguere tra la domanda espressa
dai residenti o domanda interna, definita come
domanda interna = C + I + G
dalla domanda rivolta alla produzione di beni nazionali
domanda di beni nazionali = Z = C + I + G + NX
Questa distinzione è necessaria perché la domanda di beni e servizi da
parte dei residenti può rivolgersi a beni prodotti all’estero (C, I o G possono
contenere beni importati) e d’altra parte esiste una domanda estera di beni
prodotti all’interno (le esportazioni).
Per bilancia commerciale intendiamo il commercio in beni e servizi, e quindi sostanzialmente il conto corrente (trascurando i redditi e i trasferimenti
unilaterali). Indicheremo la bilancia commerciale con NX, le esportazioni
nette, ovvero la differenza tra esportazioni (X) e importazioni (Q/ε)
Q
(5.1)
ε
Per comprendere perché le importazioni sono espresse come rapporto tra
le quantità importate Q e il tasso di cambio reale ε, si ricordi che tutte
queste grandezze sono misurate in termini reali, ovvero in termini di prodotto
interno. Ciò non pone problemi per le esportazioni, che rappresentano una
NX = X −
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
9
parte del prodotto interno. Per quanto riguarda le importazioni, se Q indica
le quantità importate, il loro valore in termini di valuta estera è P ∗ Q, e
P ∗Q
. Dividendo per il livello dei
perciò il loro valore in valuta nazionale è
E
prezzi interni, otteniamo il valore delle importazioni in termini di prodotto
Q
1
P∗
Q = . Intuitivamente,
è il prezzo relativo delle
interno, e cioè
EP
ε
ε
importazioni rispetto alle esportazioni perché è il rapporto tra prezzi
P∗
1
. Quindi,
esteri e prezzi interni (entrambi espressi in valuta estera), =
ε
EP
1
· Q è il valore delle importazioni.
ε
A proposito delle quantità importate ed esportate, faremo le seguenti due
ipotesi:
• le quantità importate aumentano all’aumentare del reddito.
Quando il reddito aumenta, si accrescono le capacità di spesa del settore
privato (famiglie e imprese), spesa che si rivolge in parte all’acquisto
di beni esteri. Naturalmente, questo è vero sia per il paese considerato
che per il resto del mondo. In quest’ultimo caso, un aumento delle
importazioni da parte del resto del mondo implica un aumento delle
esportazioni per il paese considerato. Quindi, Q dipende positivamente
da Y , il reddito interno, ed X dipende positivamente da Y ∗ , il reddito
del resto del mondo;
• una riduzione del tasso di cambio reale riduce le quantità importate e aumenta le quantità esportate. Infatti, ε rappresenta
il prezzo relativo delle esportazioni rispetto alle importazioni, EP
. È
P∗
plausibile supporre che al diminuire di questo prezzo le quantità esportate aumentino e quelle importate si riducano. Poiché continueremo a
supporre che i prezzi, sia interni che esteri, siano fissi, un aumento di
ε equivale di fatto ad un aumento di E, ossia ad un deprezzamento.
Queste considerazioni ci inducono a scrivere le esportazioni in funzione
del reddito estero e del tasso di cambio reale
X = X(Y ∗ , ε)
+
−
e le quantità importate in funzione del reddito interno e del tasso di
cambio reale
Q = Q(Y, ε)
++
dove i segni posti sotto le variabili ci dicono in che modo una variazione
della variabile considerata si ripercuote sulle esportazioni o sulle impor-
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
10
tazioni. In altre parole, ciò significa che un deprezzamento aumenta le
esportazioni e riduce le importazioni.
Supponiamo ora sia Y che Y ∗ costanti. Consideriamo gli effetti di
un deprezzamento. Si noti che ciò non implica a priori un miglioramento
della bilancia commerciale perché se è vero che per le ipotesi prima fatte le
quantità esportate aumentano e quelle importate diminuiscono, è anche vero
che le importazioni hanno dopo il deprezzamento un prezzo più basso. Non
sappiamo perciò se il rapporto Qε aumenta o diminuisce.
Formalmente, il problema equivale a chiedersi se la derivata della bilancia
commerciale rispetto al tasso di cambio sia negativa o positiva. Derivando
la (5.1) rispetto ad ε, otteniamo
−Q
dNX
dX d (Q/ε)
dX ε dQ
=
−
=
− dε 2
(5.2)
dε
dε
dε
dε
ε
Definiamo l’elasticità delle esportazioni, η X , e quella delle importazioni,
η Q , nel seguente modo:
ηX = −
dX ε
dQ ε
; ηQ = +
dε X
dε Q
dove si noti il segno meno dell’elasticità delle esportazioni. Il motivo è che
quando ε diminuisce, si sta riducendo il prezzo delle esportazioni e le esportazioni perciò aumentano. In modo analogo, una diminuzione di ε implica un
aumento del prezzo delle importazioni, il che comporta una loro diminuzione.
Di qui, il segno + posto davanti all’elasticità delle importazioni.
Utilizzando queste definizioni, possiamo riscrivere la (5.2) come
µ
¶
dNX
X
Q
Xε
Q
Q
= −η X + 2 − η Q 2 = 2 −η X
+ 1 − ηQ
dε
ε
ε
ε
ε
Q
Concentriamoci ora sugli effetti di un deprezzamento, una riduzione di
ε. Si noti che dire che un deprezzamento migliora la bilancia commerciale
implica formalmente che dNX
< 0. (Naturalmente, quanto abbiamo appena
dε
detto vale in modo speculare per un apprezzamento: dire che un apprezzamento peggiora la bilancia commerciale significa formalmente che dNX
< 0.)
dε
Perciò, la bilancia commerciale migliorerà se il termine in parentesi tonde è
negativo, ovvero
dNX
Xε
< 0 a seconda che − η X
− ηQ + 1 < 0
dε
Q
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
11
ovvero
Xε
+ ηQ
Q
Possiamo intuitivamente ragionare così. Supponiamo che ε diminuisca dell’1%,
dε
= −1%. Allora, le esportazioni variano in termini percentuali di
cioè
ε
1 < ηX
dX
dε
= −η X
= ηX %
X
ε
(si ricordi che
dε
= −1%) e perciò in livello di
ε
dX = Xη X %
Passiamo al valore delle importazioni, εQ. La variazione percentuale di
d(Q/ε)
questo valore,
, è pari alla differenza tra la variazione percentuale
Q/ε
di Q e della variazione percentuale di ε: la prima è pari η Q %, mentre la
seconda è pari a all’1%, ragionando in modo analogo a quanto abbiamo fatto
a proposito delle esportazioni. Perciò, in livello il valore delle importazioni è
variato in termini percentuali di
e quindi in livello di
¢
d(Q/ε)
dQ dε
dε ¡
=
−
=
ηQ − 1
Q/ε
Q
e
ε
¡
¢
d(Q/ε) = 1 − η Q % · Q/ε
La bilancia commerciale è migliorata se la variazione delle esportazioni è
maggiore della variazione del valore delle importazioni, cioè se
ovvero se
¡
¢
Xη X > 1 − η Q · Q/ε
εX
η + ηQ > 1
Q X
che è identica alla condizione prima vista. Questa condizione sulle elasticità,
nota come condizione di Marshall-Lerner.
Essa ha una semplice interpretazione se si parte da una situazione in
cui la bilancia commerciale è in pareggio (X = Q/ε): essa afferma che un
deprezzamento migliora la bilancia commerciale se esportazioni e importa-
12
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
X
1000
ε
1
Q
1000
Q/ε
1000
992
= 1002
0.99
NX
0
1005 − 1002 = 3
η Q = 0.8 1005 0.99
992
η Q = 0.4 1005 0.99
996
996
= 1006
0.99
1005 − 1006 = −1
η Q = 0.5 1005 0.99
995
995
= 1005
0.99
1005 − 1005 = 0
tabella 5.2: La condizione Marshall-Lerner: alcuni esempi
zioni sono poco elastiche rispetto al tasso di cambio. Assumeremo che questa
condizione sia sempre soddisfatta. Negli esempi della tabella 5.2 la bilancia
commerciale è inizialmente in equilibrio, η X = 0.5, e si ha un deprezzamento
dell’1%.
5.5
La bilancia commerciale e la curva IS
Abbiamo prima visto che l’andamento della bilancia commerciale dipende,
oltre che dal tasso di cambio, anche dal livello del reddito. Tenendo conto di questa dipendenza e assumendo che sia soddisfatta la condizione di
Marshall-Lerner, possiamo rappresentare il saldo della bilancia commerciale
nel seguente modo:
NX = X − q1 Y − q2 ε, con 0 < q1 < 1, q2 > 0
In questa equazione, il saldo della bilancia commerciale:
• migliora se aumenta il reddito estero, il che si manifesta tramite
un aumento delle esportazioni, X. Assumeremo che il reddito estero
sia esogeno sicché anche le esportazioni sono esogene;
• migliora se diminuisce ε, assumiamo cioè che sia soddisfatta la condizione Marshall-Lerner;
peggiora se aumenta il reddito interno Y perché aumentano le importazioni. La misura in cui un aumento di reddito si traduce in parte
in un aumento delle importazioni è data dalla propensione marginale
all’importazione, q1 .
13
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
La figura 5.2 mostra l’andamento del saldo della bilancia commerciale in
funzione del reddito. Si verifica facilmente che un aumento delle esportazioni
o un deprezzamento fanno spostare a destra la retta NX.
figura 5.2
La bilancia commerciale
NX
X-q2ε
q1
Y
NX
Vediamo come cambia in conseguenza l’equilibrio sul mercato dei beni, ovvero quale rappresentazione ha la curva IS in mercato aperto. L’uguaglianza
tra domanda aggregata e offerta aggregata implica:
Y = C + I + G + NX = A + (c1 + d1 )Y − d2 i + X − q1 Y − q2 ε
e perciò il reddito di equilibrio sul mercato dei beni è
Y
1
(A − d2 i + X − q2 ε)
1 − (c1 + d1 ) + q1
= αE (A − d2 i + X − q2 ε)
=
(5.3)
1
dove αE = 1−(c1 +d
indica il moltiplicatore in presenza di scambi con
1 )+q1
l’estero. Si noti che la pendenza della IS è ora data da
¯
di ¯¯
1
=−
¯
dY IS
αE d2
ed è maggiore rispetto alla versione senza commercio internazionale perché
il moltiplicatore è minore: una parte dell’aumento della domanda che deriva
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
14
da una diminuzione del tasso d’interesse viene ora assorbita dalla produzione
estera. Si noti ancora che la posizione della IS dipende ora anche dalle
esportazioni e dal tasso di cambio.
5.6
I mercati finanziari in economia aperta
Abbiamo finora considerato soltanto il commercio internazionale in beni e
servizi. Introduciamo ora anche le transazioni riguardanti le attività finanziarie.
Un’ipotesi frequentemente adottata a proposito dei movimenti di capitale è quella della perfetta mobilità. Se supponiamo che le uniche attività
scambiate nei mercati internazionali siano titoli, allora l’ipotesi di perfetta
mobilità consiste nell’affermare che i titoli interni e quelli esteri sono considerati perfetti sostituti, ossia che si ritiene indifferente trattenere nel proprio
portafoglio titoli interni o esteri. Questa condizione si realizza sostanzialmente se le imposte che gravano sui titoli sono uguali nei diversi paesi e se
non vi sono rischi di carattere finanziario (per esempio, di insolvenza) nel
detenere un titolo o l’altro.
In queste circostanze, qualsiasi discrepanza tra i tassi di rendimento interni ed esteri provocherebbe immediati movimenti di capitale verso il titolo
che rende di più riportando all’uguaglianza i tassi di rendimento. Per esempio, se il tasso di rendimento interno superasse quello estero, aumenterebbe
la domanda di titoli sul mercato interno con l’effetto di far salire il prezzo
di questi titoli e di ridurne perciò il rendimento; un processo analogo ma di
segno opposto sui mercati esteri spingerebbe verso l’alto il rendimento del
titolo estero. Ne consegue che con perfetta mobilità dei capitali il tasso di
rendimento interno e quello estero debbono coincidere. Questa condizione
viene denominata assenza di arbitraggio.
Ciò tuttavia non implica che i tassi di interesse dei due titoli debbano
essere uguali. Il motivo è che ora dobbiamo tener conto del fatto che questi rendimenti sono influenzati anche dalle variazioni attese del cambio.
Per comprendere questo punto, possiamo ragionare in due modi diversi ma
equivalenti.
1. Supponiamo che il titolo interno costi PB e quello estero PB∗ , ciascuno
espressi nelle rispettive valute. Alla scadenza ciascuno dei due titoli
ha un valore finale di una unità monetaria denominata nella valuta
di riferimento. Allora i tassi di interesse sono definiti dalle seguenti
relazioni:
PB (1 + i) = 1euro; PB∗ (1 + i∗ ) = 1dollaro
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
15
In altri termini, il tasso di interesse sul titolo interno, che è espresso
nella valuta interna, è i, il tasso di interesse sul titolo denominato in
valuta estera è i∗ . Quale dei due titoli è più conveniente? Non possiamo
dirlo finché non specifichiamo le aspettative sui cambi. In una situazione in cui i cambi sono fissi, è evidentemente più conveniente detenere il
titolo con il tasso di interesse più elevato. Ma se i cambi sono flessibili,
dobbiamo tener conto delle variazioni attese del cambio che possono
produrre delle plusvalenze o delle minusvalenze sul titolo estero.
Supponiamo che il cambio sia E oggi e che ci si aspetti sarà E e quando
il titolo verrà a scadenza. Allora il costo del titolo estero espresso in
PB∗
1
valuta nazionale è
mentre il suo valore finale atteso è e (si ricordi
E
E
che occorre dividere per il tasso di cambio per convertire la valuta estera in moneta nazionale). Perciò il suo tasso di rendimento in moneta
nazionale è
PB∗
1
−
Ee
E = E −1
∗
PB
E e PB∗
E
Se i titoli sono considerati perfetti sostituti, essi dovranno fornire lo
stesso rendimento atteso:
E
−1=i
E e PB∗
Tenendo conto del fatto che PB∗ = 1/ (1 + i∗ ) , possiamo riscrivere la
precedente uguaglianza come
E
1 + i∗
=
1
+
i
=⇒
=1+i
Ee
E e PB∗
E
cioé
1 + i∗
Ee − E
1+
E
Prendiamo il logaritmo di ambo i lati di quest’ultima uguaglianza e
usiamo l’approssimazione per cui il logaritmo di 1 + x è uguale a x con
x “piccolo”, ln (1 + x) ' x. Otteniamo così
i = i∗ −
Ee − E
E
(5.4)
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
16
Questa espressione ci dice appunto che se i titoli interni ed esteri sono
considerati perfetti sostituti, essi debbono fornire lo stesso rendimento atteso. Se così non fosse, gli investitori acquisterebbero l’attività
che rende di più vendendo quella che rende di meno. Così facendo, essi
farebbero aumentare il prezzo della prima e diminuire il prezzo della seconda, riportando in tal modo all’uguaglianza i due rendimenti. Questa
relazione viene anche denominata parità scoperta (perché non tiene
conto del rischio di cambio) dei tassi di interesse.
2. Supponiamo si disponga di 1 euro. Se lo impieghiamo acquistando titoli
denominati in euro, alla scadenza otterremo (1 + i) euro. Abbiamo
però un’alternativa: possiamo acquistare titoli denominati in dollari
che fruttano un tasso di interesse i∗ . Se impieghiamo 1 euro in questo
modo, potremo acquistare E unità del titolo estero (si ricordi che per
convertire valuta nazionale in valuta estera occorre moltiplicare per il
tasso di cambio). Alla scadenza il titolo estero varrà E (1 + i∗ ) dollari.
Se il cambio atteso alla scadenza è E e , ciò significa che il rendimento
1
del titolo sarà e (1 + i∗ ) E euro. Siccome i due titoli sono considerati
E
perfetti sostituti e gli investitori sono interessati soltanto al rendimento
atteso, dovrà essere
1
1 + i = e (1 + i∗ ) E
E
Questa uguaglianza può essere riscritta come
1+i=
1 + i∗
Ee
E
ovvero come
1 + i∗
Ee − E
1+
E
e prendendo i logaritmi, otteniamo
1+i=
i = i∗ −
Ee − E
E
Ee − E
dove
rappresenta il tasso di variazione della valuta nazionale.
E
Se positivo, E e > E, esso è un tasso di apprezzamento; se negativo,
E e < E, rappresenta un tasso di deprezzamento. I rendimenti dei
due titoli sono perciò uguali se il tasso di rendimento del titolo in-
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
17
terno, i, è uguale al tasso di interesse estero, i∗ , al netto del tasso di
apprezzamento.
5.7
Perfetta mobilità e cambi flessibili
Se vi sono cambi flessibili, la Banca Centrale non interviene e lascia che siano
le modificazioni del tasso di cambio a riportare in equilibrio la bilancia dei
pagamenti; in regime di cambi flessibili la Banca Centrale fissa l’offerta di
moneta ma lascia il cambio libero di fluttuare. Per esaminare l’efficacia della
politica monetaria e di quella fiscale, facciamo uso del sistema di equazioni
composto dalla IS, l’equazione (5.3), dalla LM e dalla parità dei tassi di
interesse, l’equazione (5.4):
⎧
⎪
⎨ IS : Y = αE (A − d2 i + X − q2 E)
LM : M = f1 Y − f2 i
(5.5)
e
⎪
⎩ P arità: i = i∗ − E − E
E
Come si vede, l’equazione della LM è rimasta inalterata rispetto alla
versione esaminata in economia chiusa. Il motivo è che, quanto meno nelle
economie con moneta stabile, non vi è ragione per cui si debba detenere
moneta estera per effettuare transazioni all’interno. Le incognite di questo
sistema sono il tasso d’interesse i, il reddito Y e il tasso di cambio E. Poiché
ci troviamo in un modello IS − LM in cui per ipotesi i prezzi sono fissi,
per semplificare abbiamo posto sia il livello dei prezzi interni che quello dei
prezzi esteri uguale all’unità, P = P ∗ = 1. Ciò ha comportato appunto due
semplificazioni: in primo luogo, il tasso di cambio nominale coincide con
quello reale sicché nella IS compare E, e non ε; inoltre, nella LM l’offerta
reale di moneta è indicata semplicemente con M, e non M/P.
Esaminiamo ora cosa accade al reddito se si decide di porre in atto una
politica fiscale espansiva, come un aumento della spesa pubblica.
Così come in economia chiusa, un aumento della spesa pubblica, una delle
componenti di A, provoca un aumento della domanda aggregata e perciò
del reddito; a sua volta, l’aumento del reddito comporta un aumento delle
transazioni, e quindi una maggiore domanda di moneta. A parità di M, la
conseguenza è un aumento del tasso di interesse. Fin qui tutto è come in
economia chiusa. Questo processo è rappresentato graficamente nella figura
5.2 dallo spostamento in alto della IS e dal passaggio dell’equilibrio da V a
N. Il punto è che in economia aperta il processo posto in moto dall’aumento
della spesa pubblica non si ferma qui.
Guardiamo alla parte destra della figura 5.3 dove troviamo rappresentata
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
18
la parità scoperta dei tassi di interesse. Come risulta dal grafico, l’aumento
del tasso interno di interesse provoca un aumento di E, ovvero un apprezzamento del cambio. I titoli interni sono ora diventati più appetibili attirando
capitali dall’estero e facendo aumentare la domanda di moneta interna, il cui
prezzo perciò aumenta (si ricordi che E è dato dal rapporto tra il prezzo della
valuta interna e il prezzo di quella estera). L’apprezzamento tuttavia significa una minore competitività dei beni prodotti all’interno: il cambio reale è
aumentato e il prezzo relativo dei beni esteri è quindi diminuito. Di qui, un
peggioramento della bilancia commerciale, una più bassa domanda aggregata
e una riduzione del livello del reddito. Possiamo descrivere sinteticamente
questo processo nel seguente modo:
∆G −→ ∆Y −→ ∆i −→ ∆E −→ −∆NX −→ −∆Y
Come si vede, gli effetti sul reddito di un aumento della spesa pubblica sono di segno opposto. Ciò spiega anche perché nella figura 5.3 la IS torna
indietro (anche gli effetti sulla domanda aggregata, ∆G e −∆NX, hanno
segno opposto). La conclusione è che l’efficacia della politica fiscale in una
situazione di cambi flessibili e perfetta mobilità dei capitali è minore che non
19
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
figura 5.3
Inefficacia della politica fiscale in cambi flessibili
i
i
IS'
LM
Parità dei tassi
di interesse
IS
N
i1
T'
i1
V
i0
T
i0
Y0
Y1
Y
E0
E1
E
in mercato chiuso.1
Passiamo alla politica monetaria. Qui le cose stanno in modo assai
diverso. Supponiamo che si decida di porre in atto una politica monetaria
espansiva, un aumento di M. Anche in questo caso gli effetti iniziali sono
1
Controllare analiticamente la minore efficacia del MPF in mercato aperto è laborioso
ma non difficile. Possiamo ragionare così. In primo luogo, riscriviamo la parità tra i tassi
di interesse come
Ee
i = i∗ −
+1
E
In secondo luogo, dalle equazioni della IS e della LM in mercato aperto, ricaviamo le
seguenti espressioni per Y e i:
½
Y = M P F · (A + X − q2 E) + M P M · M
1
i = αEDf1 (A + X − q2 E) − D
M
Riscriviamo poi l’equazione per il tasso di interesse sostituendovi la parità con il tasso di
interesse internazionale. Si ha così:
i∗ −
Ee
1
αE f 1
+1=
(A + X − q2 E) − M
E
D
D
ovvero
Ee
αE f 1
αE f1
1
+1+
q2 E =
(A + X) − M
(5.6)
E
D
D
D
dove D = f2 + αE d2 f1 . Osservando quest’ultima equazione, si può notare che un aumento
di A causa un aumento di E, cioè dE
dA > 0.
L’ultimo passo consiste nell’esaminare gli effetti di un aumento di A sul reddito Y,
tenendo conto del risultato appena ottenuto. Ricaviamo così
µ
¶
dY
dE
= M P F 1 − q2
< MP F
dA
dA
i∗ −
cioé il MPF in mercato aperto è minore che in mercato chiuso per la presenza dell’effetto
dell’apprezzamento sul saldo della bilancia commmerciale dE
dA .
20
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
identici a quelli che si hanno in economia chiusa. L’aumento di M riduce
il tasso di interesse (il lettore spieghi perché) incoraggiando gli investimenti
e quindi il reddito. Ma ora questo processo, raffigurato nella parte sinistra
della figura 5.4, incentiva anziché deprimere la domanda estera. Infatti, la
riduzione di i provoca un deprezzamento della valuta nazionale (si veda la
parte destra della figura 5.4), e perciò un aumento delle esportazioni nette.
La rappresentazione sintetica degli effetti di una politica monetaria espansiva
è la seguente
∆M
−→ −∆i −→ ∆I
&
−∆E
−→ ∆Y
−→ ∆NX
−→ ∆Y
Perciò questa volta la IS tende a spostarsi verso destra e non a tornare
indietro (vedi figura 5.4). Ne consegue che con cambi flessibili e perfetta
mobilità dei capitali l’efficacia della politica monetaria è maggiore che non
in mercato chiuso.2
5.8
Perfetta mobilità e cambi fissi
Se vi sono cambi fissi, quando cioè un paese s’impegna a mantenere il cambio
costante ad un dato livello, la nostra precedente analisi va modificata in due
punti.
Il primo riguarda il mercato monetario. Il lato della domanda di moneta
non cambia. Cambia però il lato dell’offerta. In mercato aperto l’offerta di
moneta, M, ha due componenti:
2
Per verificare analiticamente che il moltiplicatore della politica monetaria ha un’efficacia maggiore in mercato aperto, riprendiamo in considerazione l’equazione (5.6) ricavata
nella precedente nota 1
i∗ −
Ee
αE f 1
αE f1
1
+1+
q2 E =
(A + X) − M
E
D
D
D
dE
< 0.
In questo caso è chiaro che un aumento di M provoca una riduzione di E, cioè dM
Esaminiamo ora gli effetti di un aumento di M sul reddito Y, tenendo conto del risultato
appena ottenuto. Sempre dalla nota 1, ricaviamo
dY
dE
= M P M − M P F q2
> MPM
dM
dM
cioé il MPM in mercato aperto è maggiore che in mercato chiuso per la presenza dell’effetto
dE
.
del deprezzamento sul saldo della bilancia commmerciale dM
21
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
figura 5.4
Efficacia della politica monetaria in cambi flessibili
i
i
LM
IS
Parità dei tassi
di interesse
LM'
i0
V
T
N
i1
Y0
Y1
T'
Y
E1
E0
E
M = MH + RU
MH rappresenta la componente interna dell’offerta di moneta che viene direttamente controllata dalle autorità monetarie. RU rappresenta invece lo
stock di riserve ufficiali, ossia le scorte di valuta estera detenute dalla Banca
Centrale.
Un avanzo della bilancia dei pagamenti implica un eccesso dell’offerta di
valuta sulla domanda di valuta (perché gli incassi superano i pagamenti).
In regime di cambi fissi, questo eccesso di offerta viene colmato dalla Banca
Centrale attraverso una domanda equivalente di valuta estera, che va così
ad incrementare le riserve ufficiali, finanziata con la creazione di moneta
nazionale.
BP > 0 =⇒ Ecc. off. val. est =⇒ ∆RU
Analogamente, un disavanzo della bilancia dei pagamenti implica un eccesso della domanda di valuta sull’offerta di valuta. Di nuovo, questo eccesso di domanda di valuta viene colmato dalla Banca Centrale attraverso
una vendita equivalente di valuta, riducendo così le riserve ufficiali, e un
corrispondente ritiro di moneta nazionale.
BP < 0 =⇒ Ecc. dom. val. est =⇒ −∆RU
In ambedue i casi, la variazione delle riserve ufficiali è della stessa entità
del saldo della bilancia dei pagamenti e determina una variazione equivalente dell’offerta di moneta. Se perciò riscriviamo la precedente equazione in
termini di variazioni, otteniamo
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
22
∆M = ∆MH + ∆RU = ∆MH + BP
In questo caso, è evidente che l’offerta di moneta non è esogena ma
dipende dal saldo della bilancia dei pagamenti. In particolare, l’offerta
di moneta continuerà a variare finché il saldo della bilancia dei pagamenti
non è nullo. L’offerta di moneta è completamente condizionata dall’equilibrio
esterno sicché le autorità monetarie non hanno alcun potere sulla sua fissazione. Il primo importante mutamento è perciò che l’offerta di moneta non è
più data, non costituisce più una variabile esogena, ma diviene un’incognita
che occorre determinare.
Il secondo mutamento riguarda l’equazione della parità dei tassi di interesse. Se i cambi sono fissi, e le autorità monetarie sono credibili, non ci
si aspetterà alcuna variazione del cambio, vale a dire E e − E = 0, sicché
l’equazione della parità diviene
i = i∗
Tenendo conto di queste modifiche, riscriviamo il sistema di equazioni composto dalla IS, dalla LM e dall’equazione della parità
⎧
¢
¡
⎨ IS : Y = αE A − d2 i + X + q2 E
(5.7)
LM : M = f1 Y − f2 i
⎩
∗
P arità: i = i
dove la barra sopra il tasso di cambio ci ricorda che ora esso non costituisce
più un’incognita: è appunto fisso. In questo sistema le incognite sono Y, i
e M. Esaminiamo anche in questo caso l’efficacia della politica monetaria e
della politica fiscale.
Iniziamo dalla politica monetaria. Il fatto che l’offerta di moneta sia ora
una variabile endogena lascia intuire che la politica monetaria è inefficace.
Questa conclusione è immediata da un punto di vista formale analizzando il
sistema (5.7). Dalla condizione di parità e dalla IS possiamo ricavare i valori
di equilibrio del reddito e del tasso d’interesse. La LM determina l’offerta
reale di moneta. Poiché il reddito non dipende dalla LM, non può essere
influenzato dall’offerta di moneta. Alla stessa conclusione si giunge esaminando il grafico seguente (vedi figura 5.5). In questo grafico la condizione di
parità dei tassi di interesse è ora rappresentata insieme alla IS e alla LM
come una retta orizzontale all’asse delle ascisse avente ordinata pari al tasso
di interesse estero i∗ .
Intuitivamente si può ragionare così. Supponiamo di porre in atto una
politica monetaria espansiva attraverso un incremento di M. Questa mano-
23
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
figura 5.5
Inefficacia della politica monetaria in cambi fissi
i
LM
IS
LM'
i*
Y
vra porta il tasso d’interesse interno al di sotto di quello estero (punto E 0 del
grafico). Si ha in conseguenza un deflusso di capitali sicché il cambio tende a
deprezzarsi. Con cambi fissi, la Banca Centrale deve intervenire compensando l’eccesso di domanda di valuta estera attraverso un’offerta equivalente e
ricevendo in cambio moneta nazionale. Di conseguenza, la LM ritorna nella
posizione iniziale. Ciò implica che in un regime di cambi fissi il moltiplicatore
della politica monetaria è pari a zero.
In un regime di cambi fissi la politica fiscale è invece efficace. Se si guarda
al sistema (5.7) prima scritto, si può notare che, essendo il tasso d’interesse
interno determinato dalla condizione di parità, ogni variazione della spesa
pubblica (o più in generale, della domanda autonoma) si riflette pienamente
sul reddito attraverso il moltiplicatore senza che si verifichi spiazzamento. Ciò
implica che in un regime di cambi fissi il moltiplicatore della politica fiscale
è pari al moltiplicatore αE .L’analisi grafica ci consente di comprendere come
questo avviene. Si guardi alla figura 5.6.
L’aumento della spesa pubblica fa spostare verso l’alto e a destra la IS.
Il sistema si trova ora in equilibrio in A dove i > i∗ . Il conseguente afflusso
di capitali determina un eccesso di offerta di valuta che viene assorbito dalla
Banca Centrale ottenendo in cambio valuta nazionale. L’aumento dell’offerta di moneta che si verifica in conseguenza sposta la LM verso destra e
porta l’equilibrio finale del sistema in N. Il processo può essere descritto
sinteticamente nel seguente modo:
∆A −→ ∆i −→ ∆M −→ ∆Y
24
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
figura 5.6
Efficacia della politica fiscale in cambi fissi
i
LM
IS'
IS
i*
5.9
LM'
A
V
N
Y0
Y1
Y
Esercizi
1. Supponete che il mercato dei beni sia rappresentato dalle seguenti
equazioni.
C = 500 + 0.5Y D ; I = 400 + 0.1Y ; X = 400
Q = 0.1Y + 100ε; G = 500; T = 400; ε = 1
Determinate il saldo della bilancia commerciale.
[NX = 0]
2. Scrivete la condizione Marshall-Lerner. Supponete che il tasso di cambio reale si deprezzi del 12%. Se X aumenta del 4% e Q diminuisce del
6%, la condizione Marshall-Lerner è soddisfatta? Qual è l’effetto del
deprezzamento su NX?
[No]
3. Assumete che valga la parità dei tassi di interesse e che i∗ = 6%, E = 1
e E e = 1.01. Qual è il tasso di interesse nazionale? Quale titolo ha il
maggiore rendimento atteso?
[i = 5%]
4. Scrivete l’equazione della parità dei tassi di interesse interno ed internazionale. Supponete che il tasso di cambio euro-dollaro sia pari a 1.
Improvvisamente i mercati iniziano ad aspettarsi una svalutazione del
dollaro. In particolare, essi attribuiscono il 50% di probabilità che il
dollaro si deprezzi del 10% e il restante 50% di probabilità che il dollaro non si deprezzi. Di quanto dovrebbe variare il tasso di interesse la
e. saltari - dispense di macroeconomia - cap.5
25
banca centrale europea per mantenere la parità dei tassi di interesse?
Ee − E Ee − E
[La parità dei tassi di interesse afferma che i = i∗ −
.
è
E
E
1
1
uguale a · (10%) + · 0% = 5%. i deve perciò diminuire del 5%]
2
2
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