Nel nuovo umanesimo la forza rivoluzionaria della tenerezza Premessa Tra i molteplici approcci al mistero dell’essere umano - come tasselli di un grande e meraviglioso mosaico -, tra le tante sue dimensioni, note e non note, nelle svariatissime esperienze e vissuti che vengono alla coscienza e domandano di essere tematizzati, tra le diverse metodologie ed epistemologie di ricerca, viè una via indispensabile nell’attuale svolta di civiltà: la via della tenerezza. Nel primo anno del triennio preparatorio al grande giubileo della Redenzione, nel 1997, veniva pubblicato La civiltà della tenerezza. Nuovi stili di vita per il terzo millennio.1 L’Autrice, Giuliana Martirani, lo dedicava ai figli con questa iscrizione: «Questo è ciò in cui io credo e che mi rende molto felice. Passo il testimone a voi per un terzo millennio di tenerezza e di pace, certa che sarete ancor più felici di me, se crederete anche voi nel Dio della vita». Il contributo alla costruzione del nuovo umanesimo ,specie nella vita consacrata dovrebbe porsi su questa scia, segnalando l’urgenza di introdurre, non come elemento aggiuntivo e opzionale, la forza rivoluzionaria della tenerezza quale luogo singolare per ricomprendere il mistero della creatura umana. È un compito vastissimo del quale richiamo solo alcune coordinate fondamentali valorizzando il magistero di Papa Francesco. Articolo le considerazioni in quattro nuclei tematici: Dalla Santa Grotta la luce della tenerezza, L’ethos della tenerezza una luce sul mistero umano, Dal messaggio biblico la rivelazione della dignità umana, Papa Francesco e la rivoluzione della tenerezza. Dalla Santa Grotta la luce della tenerezza A Betlemme, nella Santa Grotta della Natività di Gesù, si contempla questo incredibile mistero: in Gesù Dio ha incominciato ad amare con cuore umano, con il palpito di un bambino. Quale dono! Quale eccelsa possibilità per noi creature! Su questa terra il cuore di Dio palpita come il nostro cuore ed effonde amore, fa scaturire cascate di speranza, suscita e dona tenerezza. Il futuro qui si costruisce nell’umiltà e tenerezza dell’amore divini. Papa Francesco nelle sue Omelie sul Natale conduce l’umanità, ogni singola persona, al di là della sua appartenenza religiosa, etnica, linguistica, culturale, a questa Santa Grotta, per comprendere il nostro mistero alla sua sorgente. A Betlemme risplende l’immensa luce che squarcia le tenebre. È «accolta dalle mani amorevoli di Maria, dall’affetto di Giuseppe, dallo stupore dei pastori». A questi gli angeli indicano il segno di un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia. È il segno culmine dell’umiltà di Dio: l’amore con cui «ha assunto la nostra fragilità, la nostra sofferenza, le nostre angosce, i nostri desideri e i nostri limiti. Il messaggio che tutti aspettavano, quello che tutti cercavano nel profondo della propria anima, non era altro che la tenerezza di Dio: Dio che ci guarda con occhi colmi di affetto, che accetta la nostra miseria, Dio innamorato della nostra piccolezza […]. «Come accogliamo la tenerezza di Dio? Mi lascio raggiungere da Lui, mi lascio abbracciare, oppure gli impedisco di avvicinarsi? […]. «Questa è la domanda che il Bambino ci pone con la sua sola presenza: permetto a Dio di volermi bene? […] Abbiamo il coraggio di accogliere con tenerezza le situazioni difficili e i problemi di chi ci sta accanto […]? Quanto bisogno di tenerezza ha oggi il mondo! Pazienza di Dio, vicinanza di Dio, tenerezza di Dio […]! Quando ci rendiamo conto che Dio è innamorato della nostra piccolezza, che Egli stesso si fa piccolo per incontrarci meglio, non possiamo non aprirgli il nostro cuore, e supplicarlo: “Signore, aiutami ad essere come te, donami la grazia della tenerezza nelle circostanze più dure della vita, donami la grazia della prossimità di fronte ad ogni necessità, della mitezza in qualsiasi conflitto”».2 1 Cf Giuliana MARTIRANI, La civiltà della tenerezza. Nuovi stili di vita per il terzo millennio, Paoline, Milano 1997. PAPA FRANCESCO, Omelia 24 dicembre 2014, in http://w,2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2014/documents/papafrancesco_20141224_omelia-natale.html 2 In Gesù Dio viene a visitarci. «In Lui è apparsa la grazia, la misericordia, la tenerezza del Padre: Gesù è l’Amore fattosi carne».3La Vergine Maria l’ha avvolto «con alcune povere fasce e una montagna di tenerezza».4 Tutta lavita di Gesù è rivelazione dell’infinita tenerezza, fino al dono totale di sé sulla Croce. È sempre pronto ad accoglierci, «a caricarci sulle sue spalle una volta dopo l’altra. Nessuno potrà toglierci la dignità che ci conferisce questo amore infinito e incrollabile. Egli ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia» (EG n. 3), perché siamo fatti a sua immagine, riflesso della sua gloria. Per quanto possiamo cadere in basso siamo sempre «oggetto dell’infinita tenerezza del Signore» (EG n. 274); possiamo sempre«riposare nella tenerezza delle braccia del Padre» (EG n. 279). L’esperienza di questa sconfinata amorevolezza ci interpella ad esserne testimoni, divenendo mani di tenerezza (cf EG 274). «Nella sua incarnazione, ci ha invitato alla rivoluzione della tenerezza» (EG n. 88). «Vuole che tocchiamo la miseria umana, che tocchiamo la carne sofferente degli altri. Aspetta che rinunciamo a cercare quei ripari personali o comunitari che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano, affinché accettiamo veramente di entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza» (EG n. 270). L’ethos della tenerezza una luce sul mistero umano L’ethos dell’amore è principio epistemologico e metodologico non solo della riflessione teologica, ma di ogni sapere relativo all’umano, in quanto tale conoscenza è viva, perspicace e feconda a condizione che «sia un sapere di servizio all’umanità e alla vita del mondo, e che sia l’unione armonica di scienza e di sapienza».5 Oggi sono in circolazione molti umanesimi e post-umanesimi. Esistono articolate riflessioni antropologiche in ambito socio-culturale, socio-politico e socio-religioso, talvolta contrapposte e non sempre a favore dell’essere umano. Così da più parti si avverte l’esigenza di un rinnovato approccio che rispetti tutta la persona e tutte le persone, nell’armonia dell’universo. In questa direzione l’umanità si trova oggi di fronte a un bivio: «o si lascerà forgiare dalla cultura della tenerezza (=cultura del rispetto, della custodia del creato e di se stessi, della vita e dell’amore, della condivisione e della convivialità) oppure sarà dominata da un’anticultura della brutalità (anticultura della violenza, di una sviluppo insostenibile, di morte e di egoismo, d’individualismo e di potere)». 6 L’esigenza non è solo di oggi. Percorre i secoli, benché da qualche secolo emerga come appello alla misericordia, in particolare nella crisi della modernità e post-modernità.«L’epoca moderna e post-moderna, prima con l’illuminismo e adesso con il bio-tecnologismo, hanno privato il nostro tempo di una filosofia del cuore, facendo prevalere il logos sul páthos e dimenticando che i grandi pensieri - secondo la formula cara a Nietzsche - vengono dal cuore, prima che dalla testa. Due Weltanschauung in conflitto tra loro, dalle quali derivano due opposti sguardi sul futuro: nella prima prevale esclusivamente il logos, come egemonia assoluta della ragione e unico criterio di scelta, mentre nella seconda l’armonizzazione feconda tra logos e páthos, ragione e sentimento».7 È un momento storico difficile, ma si intravedono germi di vita; si scorge un passaggio planetario, una Pasqua. Vi sono segni di «un mondo nuovo (i cieli nuovi e la terra nuova, la nuova Gerusalemme), con un’eticadellagratuità, una culturadellain-nocentia e dellaminorità, una politicadellacorresponsabilitàe un’economiadellareciprocità e delprendersicura. È un passaggio, una Pasqua, che si configura nelle strutture, nella cultura, nel lavoro, e che si sta realizzando a livello personale, sociale, di natura e di popoli. È passaggio […] alla tenerezza di volersi bene e prendersi cura di se stessi [….], alla tenerezza del servizio reciproco, del prendersi cura gli uni degli altri, con la gioia della carezza e la mano calda dell’amico che ti accompagna […], alla tenerezza verso il creato e alla sua parca utilizzazione, perché ci sia un planetario godimento delle sue risorse da parte di ciascun membro della famiglia umana[…], alla tenerezza di 3 ID., Omelia 24 dicembre 2013, in http://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2013/documents/papafrancesco_20131224_omelia-natale.html 4 ID., Esortazione apostolica sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale: EvangeliiGaudium(EG), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2013, n 286. 5 Roberto MANCINI, Il senso della fede: una lettura del cristianesimo, Queriniana, Brescia 2010, 7. 6 Carlo ROCCHETTA; RosalbaMANES, La tenerezza grembo di Dio amore. Saggio di teologia biblica, Dehoniane, Bologna, 2015, 14. 7 Ivi 14. formazioni economiche, amministrative e politiche gestibili e funzionali al bene comune, cioè a un benessere generalizzato e alla piena realizzazione di ogni essere umano».8 La tenerezza inaugura stili di vita caratterizzati dall’accoglienza, dalla reciprocità, dalla valorizzazione del diverso, dall’amore umile, dal servizio gratuito e dalla gratitudine. Essa costituisce il nostro DNA, è come un codice genetico inscritto nelle profondità del nostro animo. 9«È la forza più umile eppure è la più potente per cambiare il mondo […]; è forza, segno di maturità e vigoria interiore, e sboccia solo in un cuore libero, capace di offrire e ricevere amore […]; è un valore che assume lo spessore concreto del nostro essere, ma che si attua compiutamente solo come esperienza spirituale e accadimento di grazia […], è un valore in grado di rinnovare l’umanità e il mondo […] con la forza dell’umile amore nella misura stessa in cui diventa decisione consapevole, attiva e creativa di amorevolezza e di non violenza si trasforma in vissuto storico di solidarietà amicale e di servizio gratuito […]. Nella sua identità più profonda, si collega a due esigenze fondamentali e permanenti, iscritte nel cuore umano, desiderare di amare e sapere di essere amati».10 Dal messaggio biblico la rivelazione della dignità umana La rivelazione biblica fonda la ragione del DNA della tenerezza: siamo creati a immagine e somiglianza di Dio, del Dio che si fa vicino, del Dio Amore. Attingere alla Scrittura per la comprensione dell’umano è una sfida, ma soprattutto un dono, perché la verità sulla condizione umana «è custodita nell’eredità biblica e, in altro modo, nelle grandi tradizioni religiose e sapienziali dell’umanità. Ma è anche affiorata nella svolta inter-culturale di metà Novecento con l’emersionestoricamondiale del codice della dignità nei suoi significati essenziali».11È questo il segnale dell’universalità del messaggio scritturistico rintracciabile nella sapienza dei popoli. In questa prospettiva andrebbedemitizzatal’ideologica autocensuraprodotta da una certa cultura occidentale, specie in Europa che pone tra parentesi le sue radici cristiane, appoggiando e talvolta promuovendo «il tentativo di far prevalere un’antropologia senza Dio e senza Cristo», una forma di apostasia religiosa.12Vi èun inedito paradosso: «La crisi del riferimento sociale e storico all’esperienza di fede [… ha] la sua fisionomia specifica nella storia della ricezione e del rifiuto del messaggio cristiano».13Il “crepuscolo degli dei”, di nietzscheana memoria, «non investe il non credere a qualsiasi divinità, ma il non credere precisamente al Dio evangelico dell’amore; […mentre] il Dio di Gesù si attira incredulità e sarcasmo, esistono divinità verso le quali permane molta deferenza», 14 a partire dal dio denaro. Tale crepuscolo ha come effetto ilcrepuscolo e l’oscuramento dell’umano. Benedetto XVI ha segnalato un’Europa «incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia», per la crisi di «fiducia nel proprio avvenire», per la poca attenzione alla «identità propria dei popoli […], un’identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica; un’identità costituita da un insieme di valori universali, che il cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo così un ruolo non soltanto storico, ma fondativo».15 Egli ha anche prospettato l’elaborazione di un umanesimo con il convergere dei saperi, ove il sapere della fede non entra in seconda battuta. Nell’enciclica Caritas in veritate in vari luoghi segnala la possibilità e la necessità di raccordare ragione e fede. Invita a dilatare gli spazi della ragione con «l’amore ricco di intelligenza e l’intelligenza piena di amore»,16 facendo interagire «i diversi livelli del sapere umano» (n. 30), in una interdisciplinarità vivificata dalla carità che «non esclude il sapere, anzi lo richiede, lo promuove e lo 8 MARTIRANI, La civiltà 51. Cf ROCCHETTA- MANES, La tenerezza 25. 10 Carlo ROCCHETTA,Teologia della tenerezza, Dehoniane, Bologna 2000, 9-10. 11 Ivi 273. 12 GIOVANNI PAOLO II, Esortazione post-sinodale Ecclesia in Europa (EE), n. 9, cf n. 18-19, in http://w2.vatican.va/content/john-paulii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_20030628_ecclesia-in-europa.html. Sottolineature mie 13 Roberto MANCINI, Il nuovo incontro di antropologia e teologia, in Ignazio SANNA (ed.), La sfida del post-umano. Verso nuovi modelli di esistenza?, Studium, Roma 2005, 169-170 14 L. cit. 15 BENEDETTO XVI, Discorso ai partecipanti al Congresso promosso dalla Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (COMECE), 24 marzo 2007, in http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2007/march/documents/hf_benxvi_spe_20070324_comece.htm. Sottolineature mie. 16 Cf ID., Lettera enciclica sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità: Caritas in veritate (CV) n. 30 (29 giugno 2009) , Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2009. Emerge la necessità «di dilatare la ragione e di renderla capace di conoscere e di orientare queste imponenti nuove dinamiche, animandole nella prospettiva di quella “civiltà dell'amore” il cui seme Dio ha posto in ogni popolo, in ogni cultura» (n. 33). Sottolineature mie. 9 anima dall’interno» (n. 30). Esorta a superare la settorialità del sapere, la chiusura delle scienze umane alla metafisica e alla teologia (cf n. 31). «La ragione ha sempre bisogno di essere purificata dalla fede, e questo vale anche per la ragione politica, che non deve credersi onnipotente. A sua volta, la religione ha sempre bisogno di venire purificata dalla ragione per mostrare il suo autentico volto umano. La rottura di questo dialogo comporta un costo molto gravoso per lo sviluppo dell'umanità» (n. 56). La ragione senza la fede, attratta dal puro fare tecnico «è destinata a perdersi nell’illusione della propriaonnipotenza. La fede senza la ragione, rischia l’estraniamento dalla vita concreta delle persone»(n. 74).Il genuino sviluppo planetario esige lo sviluppo spirituale e morale delle persone e dei popoli (cf n. 76); esso «è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l'appello del bene comune» (n. 71), nel rispetto della legge morale che Dio ha iscritto nel cuore umano (cf n. 68). La fede non ostacola, ma illumina ulteriormente l’umano, perché «Dio è il garante del vero sviluppo dell’uomo […], avendolo creato a sua immagine, ne fonda altresì la trascendente dignità e ne alimenta il costitutivo anelito ad “essere di più”» (n. 29). «L’umanesimo che esclude Dio è un umanesimo disumano» (n. 78). Nello stesso tempo «la rivelazione cristiana sull’unità del genere umano presuppone un’interpretazione metafisica dell’humanum in cui la relazionalità è elemento essenziale» (n. 55). Chiama in causa il principio di gratuità come espressione di fraternità e come criterio di giudizio per valutare e attuare l’autentico sviluppo economico e la solidità della società civile (cf n. 34-42). La forza per operare per il bene dell’umanità viene dalla «consapevolezza dell’Amore indistruttibile di Dio che ci sostiene nel faticoso ed esaltante impegno per la giustizia, per lo sviluppo dei popoli […]. L’amore di Dio ci chiama ad uscire da ciò che è limitato e non definitivo, ci dà il coraggio di operare e di proseguire nella ricerca del bene di tutti […]. Dio ci dà la forza di lottare e di soffrire per amore del bene comune, perché Egli è il nostro Tutto, la nostra speranza più grande» (n. 78). Dalla rivelazione biblica Dio, il Signore, il TotalmenteAltro, l’Altissimo, l’Ineffabile, si presenta come «il Dio-con-noi […]. La sua trascendenza si coniuga, in mirabile unità, con l’immanenza del suo amore misericordioso e la sua tenerezza […]. Il coinvolgimento di Dio nella condotta e nella sorte dell’uomo raggiunge il suo compimento e il suo vertice insuperabile nel Nuovo Testamento, allorché l’Unigenito stesso del Padre si fa carico della condizione umana e l’assume in prima persona […]. Dal Primo Testamento al Nuovo, Dio si rivela sempre come un Dio-di-compassione-amante, vicino ai suoi e che si prende cura di loro con straordinaria amorevolezza».17 I termini che ricorrono nell’A e NT sono evocativi di tutte le tonalità dell’amore umano e le supera fino agli abissi del consegnarsi nelle nostre mani. È grembo generatore, accogliente, custode, suscitatore di libertà e di gioia riconoscente e cooperante. È amore di misericordia (hesed-éleose oiktirmós). È tenerezza dell'amore(rāham/hānan-splànchna/splanchnízomai).18 «Insieme alla misericordia, la tenerezza ècomponente integrante della rivelazione di Dio nella storia e dice il suo cuore come “cuore amante”che ci accoglie in sé, ci perdona e ci lava nel sangue della croce. Fin dall’inizio della storia, il “cuore di Dio” si manifesta come premura a rivestire la nudità dei progenitori con tuniche di pelle (Gen 3,21) e come “dolore” per il peccato dei progenitori (Gen 6,6). Secondo il Primo Testamento, Dio ha eletto i suoi in forza del suo cuore e li guida con cuore integro. In Os 11,8 si parla di Dio che “si commuove” e “freme di compassione” per Israele, sua sposa, un cuore dunque che sente e ama; percorso che raggiunge il suo vertice con il Nuovo Testamento nella compassione di Gesù verso gli ultimi e nel suo cuore trafitto sulla croce (cf. Gv 19,34). A quel cuore siamo invitati tutti a guardare: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (cf. Gv 19,37 con Zc 12,10). Il cuore aperto del Crocifisso si offre a noi come una fessura aperta nel cielo attraverso cui è possibile scorgere gli orizzonti sconfinati dell'infinita tenerezza di Dio-Trinità, come proclama san Bonaventura: “Attraverso la ferita visibile, possiamo scorgere la ferita dell'Amore invisibile”».19 La Chiesa è chiamata ad accogliere e irradiare questa potenza umile dell’Amore, assumendo lo stile della Vergine Maria. «Vi è uno stile mariano nell’attività evangelizzatrice della Chiesa. Perché ogni volta che guardiamo a Maria torniamo a credere nella forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto. In lei vediamo che l’umiltà e la 17 ROCCHETTA -MANES, La tenerezza 13-14. Ivi 17-41. Il volume offre una preziosa e accurata ricerca anche attraverso l’indagine terminologica che può molto illuminare il sapere umano. 19 Ivi 25. Per l’esplicitazione di questo ricco vocabolario cf pure A. SISTI, Misericordia, in P. ROSSANO– G. RAVASI– A. GHIRLANDA (a cura di) Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 1988, 978-984; S.A. PANIMOLLE, Amore, in Ivi 35-64. 18 tenerezza non sono virtù dei deboli ma dei forti, che non hanno bisogno di maltrattare gli altri per sentirsi importanti. Guardando a lei scopriamo che colei che lodava Dio perché “ha rovesciato i potenti dai troni” e “ha rimandato i ricchi a mani vuote” (Lc 1,52.53) è la stessa che assicura calore domestico alla nostra ricerca di giustizia. È anche colei che conserva premurosamente “tutte queste cose, meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19). Maria sa riconoscere le orme dello Spirito di Dio nei grandi avvenimenti ed anche in quelli che sembrano impercettibili. È contemplativa del mistero di Dio nel mondo, nella storia e nella vita quotidiana di ciascuno e di tutti. È la donna orante e lavoratrice a Nazaret, ed è anche nostra Signora della premura, colei che parte dal suo villaggio per aiutare gli altri “senza indugio” (Lc 1,39). Questa dinamica di giustizia e di tenerezza, di contemplazione e di cammino verso gli altri, è ciò che fa di lei un modello ecclesiale per l’evangelizzazione. Le chiediamo che con la sua preghiera materna ci aiuti affinché la Chiesa diventi una casa per molti, una madre per tutti i popoli e renda possibile la nascita di un mondo nuovo» (EGn. 288). Papa Francesco e la rivoluzione della tenerezza «Per papa Francesco al centro del vangelo sta il messaggio della misericordia. Già da vescovo, richiamandosi a Beda il venerabile (VII/VIII secolo), aveva scelto per il suo stemma episcopale il motto miserando atqueeligendo (mentre ha guardato a me con gli occhi della sua misericordia, egli mi ha scelto) Il tema della misericordia è ora diventato la parola chiave del suo pontificato».20 Lo caratterizza, però, sempre con la nota della tenerezza, riandando all’intimo e alla profondità dell’essere, ove viene concepita e custodita la vita: il grembo materno. Fin dalla sua prima Omelia, all’inizio del suo pontificato, ha sottolineato la forza, la delicatezza, la sollecitudine umile e tenera dell’Amore di Dio che si fa grazia nel parteciparsi alla sua creatura. San Giuseppe ne rappresenta un’eloquente icona. Egli «è “custode”, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate […]. In lui vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti […].Custodire vuol dire allora vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore […] Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!E qui aggiungo, allora, un’ulteriore annotazione: il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza! […]; anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli».21 Il Papa connota sovente questa tenerezza come amore materno, evocando il linguaggio biblico ove alle misericordie si associa l’utero materno: rakhamim– rekhamim. Dalle sue prime udienze a quelle attuali il richiamo all’ordine simbolico della madre, al genio femminile come rivelatore dell’amore tenerezza è frequente, accompagnato dalla spontanea esclamazione: e questo è molto bello!22 Oggi abbiamo la bellissima possibilità di ascoltare la sua voce, oltre che di leggere i suoi discorsi attraverso il sito vatican.va. Riporto soloqualche sua espressione, rimandando appunto ai suoi singolari gesti di tenerezza e alle sue parole cariche di delicata premura e di forte appello a camminare nelle vie dell’amore misericordioso e tenero. Parlando ai membri del Centro Femminile Italiano, il 25 gennaio 2014, segnala«Le doti di delicatezza, peculiare sensibilità e tenerezza, di cui è ricco l’animo femminile, rappresentano non solo una genuina forza per la vita delle famiglie, per l’irradiazione di un clima di serenità e di armonia, ma una realtà senza la quale 20 Walter KASPER, Papa Francesco. La rivoluzione della tenerezza e dell’amore, Queriniana, Brescia, 2015, 49. http://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2013/documents/papa-francesco_20130319_omelia-inizio-pontificato.html. 22 In altri luoghi ho sviluppato questa prospettiva: Nella misericordia l’“ordine simbolico della madre”: una prospettiva alla scuola di Papa Francesco, in Rivista di Scienze dell'Educazione 52(2014) 218-234; In una carovana solidale, quasi un santo pellegrinaggio, in Ivi 369-383; «In chiave di “cultura materna […] di dialetto materno”». Nell’ordine simbolico della madre una ricomprensione del femminile, in PATH, vol 14 2015 n 1, 169-202. 21 la vocazione umana sarebbe irrealizzabile. E questo è importante. Senza questi atteggiamenti, senza queste doti della donna, la vocazione umana non può essere realizzata. Se nel mondo del lavoro e nella sfera pubblica è importante l’apporto più incisivo del genio femminile, tale apporto rimane imprescindibile nell’ambito della famiglia, che per noi cristiani non è semplicemente un luogo privato, ma quella “Chiesa domestica”, la cui salute e prosperità è condizione per la salute e prosperità della Chiesa e della società stessa».23 Della maternità il Papa segnala tre compiti particolari che,però, tutti siamo chiamati a svolgere. La mamma «prima di tutto insegna a camminare nella vita, insegna ad andare bene nella vita, sa come orientare i figli […]. E lo fa con tenerezza, con affetto, con amore, sempre anche quando cerca di raddrizzare il nostro cammino […]; che cosa è importante perché un figlio cammini bene nella vita, e non l’ha imparato dai libri, ma l’ha imparato dal proprio cuore. L’Università delle mamme è il loro cuore!».24 Il suo secondo compito è accompagnareanche il figlio adulto che «prende la sua strada, si assume le sue responsabilità, cammina con le proprie gambe [….]. La mamma sempre, in ogni situazione, ha la pazienza di continuare ad accompagnare i figli. Ciò che la spinge è la forza dell’amore; una mamma sa seguire con discrezione, con tenerezza il cammino dei figli […], “dar la cara” […]; sa “metterci la faccia” per i propri figli, cioè è spinta a difenderli, sempre».25 Il terzo è il saper chiedere. «Le mamme sanno bussare anche e soprattutto alla porta del cuore di Dio! Le mamme pregano tanto per i propri figli, specialmente per quelli più deboli, per quelli che hanno più bisogno, per quelli che nella vita hanno preso vie pericolose o sbagliate».26 Madre e donna evocano in Papa Francesco segni e gesti di tenerezza. Vede nella donna una particolare sensibilità per le “cose di Dio”, perciò può aiutare la Chiesa «a comprendere la misericordia, la tenerezza e l’amore che Dio ha per noi. In questa direzione vi è un legame tra donna-Chiesa. Non diciamo “il” ma “la” Chiesa […]: la Chiesa è donna, è madre, e questo è bello».27Il 18 giugno 2014,richiamando il profeta Osea, riflette sull’immagine del Padre che insegna al suo bambino a camminare e aggiunge: «Bella questa immagine di Dio! E così è con noi: ci insegna a camminare […]. Essere Chiesa è sentirsi nelle mani di Dio, che è padre e ci ama, ci accarezza, ci aspetta, ci fa sentire la sua tenerezza. E questo è molto bello!».28 Commentando il testo di Is 66,13, il 7 luglio 2013, parla ai seminaristi, ai novizi e alle novizie di consolazione e di cascate di tenerezza e li incoraggia ad accogliere la gioia del Signore, la sua “cascata” di consolazione e di tenerezza, per portarla a tutti. «Ogni cristiano e soprattutto noi, siamo chiamati a portare la consolazione di Dio, la sua tenerezza verso tutti […]. Il Signore è padre e farà con noi come una mamma con il suo bambino, con la sua tenerezza. La missione è trovare il Signore che ci consola e andare a consolare il popolo di Dio. La gente oggi ha bisogno soprattutto di misericordia, della tenerezza del Signore, che scalda il cuore, che risveglia la speranza, che attira verso il bene».29 Il giubileo della misericordia è un appello anche a quanti ricercano le vie scientifiche di un nuovo umanesimo, perché si possa operare anche nelle scienze il passaggio pasquale della tenerezza che ci libera e ci rende protagonisti di una nuova umanità. 23 http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2014/january/documents/papa-francesco_20140125_centro-italianofemminile.html. 24 http://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2013/documents/papa-francesco_20130918_udienza-generale.html. In EG n 139 paragona l’omelia alla madre che parla al figlio: «una madre che parla a suo figlio, sapendo che il figlio ha fiducia che tutto quanto gli viene insegnato sarà per il suo bene perché sa di essere amato. Inoltre, la buona madre sa riconoscere tutto ciò che Dio ha seminato in suo figlio, ascolta le sue preoccupazioni e apprende da lui. Lo spirito d’amore che regna in una famiglia guida tanto la madre come il figlio nei loro dialoghi, dove si insegna e si apprende, si corregge e si apprezzano le cose buone» 25 http://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2013/documents/papa-francesco_20130918_udienza-generale.html. Ancora in EG considera l’arte dell’accompagnare come compito materno ecclesiale (n.169-173). 26 http://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2013/documents/papa-francesco_20130918_udienza-generale.html. in EC n. 125: «Penso alla fede salda di quelle madri ai piedi del letto del figlio malato che si afferrano ad un rosario anche se non sanno imbastire le frasi del Credo; o a tanta carica di speranza diffusa con una candela che si accende in un’umile dimora per chiedere aiuto a Maria, o in quegli sguardi di amore profondo a Cristo crocifisso. Chi ama il santo Popolo fedele di Dio non può vedere queste azioni unicamente come una ricerca naturale della divinità. Sono la manifestazione di una vita teologale animata dall’azione dello Spirito Santo che è stato riversato nei nostri cuori (cfrRm 5,5)». 27 http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2013/october/documents/papa-francesco_20131012_seminario-xxv-mulierisdignitatem.html. 28 http://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2014/documents/papa-francesco_20140618_udienza-generale.html: ugualmente il 7 luglio nell’incontro con i seminaristi, i novizi e le novizie http://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2013/documents/papa-francesco_20130707_omelia-seminaristi-novizie.html. 29 http://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2013/documents/papa-francesco_20130707_omelia-seminaristi-novizie.html.