Dipartimento di Economia e Finanza Cattedra di Economia e gestione degli intermediari finanziari (Corso Progredito) LA VALUTAZIONE DEI NON PERFORMING LOANS RELATORE Prof. Domenico Curcio CORRELATORE CANDIDATO Prof. Jacopo Carmassi Alessandra Rauccio Matr. 665381 ANNO ACCADEMICO 2015/2016 La Valutazione dei Non Perfoming Loans Introduzione………………………………………………………………………………..4 Capitolo I: Analisi dei Non Performing Loans 1.1. Definizione dei Non performing loans e le loro caratteristiche principali………........11 1.1.1. Il credito bancario a sofferenza: ricostruzione della sua natura ontologica……....14 1.2. La contabilizzazione dei crediti……………………………………………………...15 1.3. Il mercato dei Non Performing Loans in Italia…………………………………........29 1.4. Le principali cause del deterioramento qualitativo del credito bancario e analisi delle variabili macroeconomiche che impattano sui Non Performing loans…..........44 Capitolo II: Valutazione e gestione dei Non Performing Loans 2.1. Profili gestionali del recupero crediti…………………………………………….......53 2.2. Stima della probabilità di default…………………………………………………….56 2.2.1. I modelli di scoring…….....……………………………………………….…….56 2.2.2. I modelli strutturali basati sulle quotazioni azionarie: Merton e KMV……….....59 2.2.3. Alcune evidenze empiriche………………………………………………...........63 2.2.4. Il default come evento di Poisson………………………………………………..65 2.3. Recovery rate e Loss Given Default………………………………………………….67 2 2.4. Tipologie di risoluzione dei crediti deteriorati: ristrutturazione del debito, procedure esecutive e cessione del credito…………………………………………...74 2.4.1. La gestione dei crediti deteriorati: un’indagine presso le maggiori banche italiane…………………………………………………………….......83 2.5. Uno studio sulle determinanti del tasso di recupero: implicazioni per la valutazione e la gestione dei crediti in sofferenza……………………………….......92 Capitolo III: Valutazione empirica di un portafoglio di NPLs 3.1. Approccio metodologico………………………………………………………...…100 3.2. Composizione del portafoglio……………………………………………………....104 3.3. Assunzioni di base e note metodologiche…………………………………………..107 3.4. Risultati empirici…………………………………………………………………...111 3.5. Analisi di sensitività sul portafoglio……………………………………………..…114 Conclusioni: Le possibili soluzioni al problema dei Non Performing Loans………...118 Bibliografia………………………………...………………………………………...…..122 Sitografia………………………………………………...……………………………....128 3 Introduzione Il presente lavoro illustra gli aspetti generali e particolari del recupero dei crediti Non Performing Loans (NPLs), che negli ultimi tempi hanno inondato il sistema bancario del nostro Paese. L’indagine è motivata dal crescente interesse per la materia maturato nel corso di due esperienze di stage nel settore fino al giorno d’oggi, nonché dall’effettiva crescita dei crediti deteriorati nei bilanci delle banche italiane, la cui trattazione fa da capolinea sulle testate dei quotidiani nazionali ed internazionali. Sebbene la rapidità con cui si accumulano i crediti deteriorati si sia fortemente attenuata nel corso del 2015, la capacità degli intermediari di riequilibrare i propri bilanci in tempi ragionevoli dipende in maniera rilevante dall’efficienza delle procedure di recupero. A fronte di un giudizio ampiamente condiviso che denota queste procedure come lunghe e poco efficaci, mancano dati statistici sistematici che consentano una valutazione articolata delle diverse modalità, fasi ed esiti del processo di recupero. L’analisi e il controllo dei crediti sono strumenti fondamentali per la gestione d’impresa. Partendo dunque da questi presupposti, il presente elaborato ripercorre le fasi che scandiscono la gestione del credito, dalla valutazione alla contabilizzazione, sino alla fase del recupero – anche attraverso procedimenti concorsuali – e fornisce un contributo per tentare di individuare punti di forza e debolezza del processo di recupero e di superare le carenze informative. Nel lavoro di tesi, si intende inoltre analizzare l’impatto delle variabili macroeconomiche, e delle caratteristiche dei debitori sulla crescita del non performing loans ratio delle banche europee, e sulla dismissione dei Portafogli crediti. Diversi sono i fattori che influenzano il livello e l’evoluzione dei crediti deteriorati: in primis il ciclo economico, le caratteristiche della clientela, le politiche creditizie delle banche e altri elementi di tipo bank specific; a questi si aggiungono fattori attinenti la regolamentazione e la supervisione, gli standard e le prassi contabili, la fiscalità, il sistema legale e l’efficienza del sistema giudiziario. Mentre le due ultime categorie di fattori hanno dimensione tipicamente nazionale, ciò che attiene la regolamentazione e le regole contabili a rigore dovrebbe presentare un elevato grado di armonizzazione a livello europeo. Tuttavia, almeno fino 4 all’avvio della supervisione unica e all’adozione degli standard sulle nonperforming exposures and forbearance emanati dall’EBA, permanevano notevoli differenze nazionali anche in termini di impianto regolamentare e contabile e relative prassi con riferimento a: i) classificazione dei crediti tra in bonis e le varie categorie di crediti deteriorati; ii) rettifiche di valore; iii) trasparenza dell’informativa sui crediti deteriorati. In considerazione di ciò, col crescente deterioramento dei prestiti registrato negli anni recenti è emersa la difficoltà di comparare la qualità del credito tra sistemi bancari europei e, in alcune giurisdizioni, persino tra banche dello stesso paese. In Italia la valutazione contabile dei Non Performing Loans avviene sulla base del criterio del costo ammortizzato o al fair value: in risposta all’esigenza largamente avvertita a livello internazionale di ripristinare la fiducia degli investitori nei mercati, lo IASB ha avviato un processo di profonda rivisitazione delle regole valutative/contabili dettate dallo IAS 39, con lo scopo dichiarato di disegnare un nuovo sistema di principi e regole di formazione del bilancio di elevata qualità, condiviso su scala mondiale, capace di potenziare la trasparenza delle informative di mercato: l’IFRS 9 si sostituisce allo IAS 39. Le Autorità di vigilanza bancaria, inoltre, hanno richiesto allo IASB il superamento dell’approccio incurred losses – secondo il quale vanno iscritte in bilancio soltanto le perdite già sussistenti o comunque prossime alla loro emersione – a favore di un modello fondato sull’expected loss approach, di tipo forward-looking, basato sulla stima delle perdite attese in portafogli dinamici ed omogenei di crediti in bonis, calcolate con riferimento alla loro intera vita residua. Questo modello valutativo dovrebbe favorire una rilevazione contabile più precoce delle perdite su crediti e conseguenti maggiori accantonamenti nei periodi favorevoli del ciclo economico, da utilizzare poi nelle fasi avverse. La valorizzazione di una posizione in sofferenza può essere profondamente diversa in funzione del tempo di recupero, sul quale a sua volta incidono vari fattori, tra cui l’efficacia delle procedure interne della banca, l’efficienza delle norme e dell’ordinamento giudiziario di un determinato Paese. Nel lungo e articolato evolversi della crisi dal 2007 ad oggi, il deterioramento della qualità del credito ha interessato con varie intensità e modalità anche altri paesi europei: il fenomeno riguarda non solo l’entità delle esposizioni ed i relativi flussi, ma anche le cause che hanno determinato la presenza di tali ingenti ammontari immobilizzati nei bilanci delle banche. La primaria criticità legata ad un tale appesantimento dei bilanci bancari a causa dei crediti deteriorati risiede nelle maggiori difficoltà a disporre dei flussi necessari per l’erogazione di prestiti alla clientela. È stato dunque analizzato il fenomeno, con lo scopo di individuare 5 quali fattori sia macro sia di impresa possano aver esercitato un’influenza sull’aumento del rapporto tra i crediti deteriorati delle banche ed il totale delle esposizioni creditizie. I fattori macroeconomici sono stati utilizzati al fine di quantificare l’influenza esercitata dal contesto economico di riferimento (rappresentato in questo caso dal singolo paese), mentre quelli micro vogliono investigare come le caratteristiche del prenditore di fondi (le imprese) possano impattare sulla qualità del credito delle banche. Tra le variabili macroeconomiche analizzate, il tasso di variazione del PIL risulta essere la determinante di maggiore rilievo nello spiegare l’andamento dei NPLs, esercitando un impatto fortemente negativo. Ad esso si aggiungono il tasso di disoccupazione, correlato positivamente, e il tasso di variazione delle quotazioni dell’indice azionario, che influisce anch’esso negativamente. Il tasso di interesse non risulta invece essere statisticamente significativo in maniera robusta. Tra le variabili microeconomiche, tutte quelle considerate sembrano esercitare un impatto non marginale sulla crescita dei NPLs: l’aumento del livello di leva finanziaria delle imprese fa crescere le sofferenze delle banche, mentre variazioni positive della redditività operativa e della quota di immobilizzazioni sul totale dell’attivo le fanno diminuire. Una migliore qualità del prenditore, infatti, consente di ridurre la crescita dei NPLs nel bilancio della banca non solo attraverso miglioramenti nella redditività operativa, ma anche per la maggiore capacità di investire in immobilizzazioni, consentendo all’impresa di meglio ottemperare alle proprie obbligazioni nei confronti della banca. I risultati di un’analisi su dati storici sulla situazione italiana a confronto con quella di altri Paesi europei, mostrano come in termini nominali, il volume dei Non Performing Loans in Italia è di gran lunga il più elevato fra i paesi dell’area dell’Euro. Alla fine dello scorso anno le consistenze di NPLs delle banche italiane direttamente vigilate ammontavano a 274 miliardi; aggiungendo anche le banche più piccole si arriva al totale di 360 miliardi lordi (il 18% degli impieghi complessivi). Il livello degli accantonamenti si attestava a fine 2015 a 45,6% degli NPLs e il cosiddetto coefficiente Texas, una misura che mette in relazione le sofferenze con le riserve destinate ad assorbire le perdite, è in media quasi il doppio in Italia rispetto all’area dell’euro. I prestiti in Italia sono in parte coperti da garanzie, che potenzialmente offrono un margine di sicurezza aggiuntivo. La garanzia pubblica sulle cartolarizzazioni dei crediti in sofferenza (GACS) e il Fondo Atlante, due iniziative emanate dal Governo nei mesi scorsi, tuttavia, da sole "non possono condurre a una svolta": quest’ultimo, che comprerà crediti deteriorati sotto il valore di libro, può consentire una accelerazione degli accantonamenti a fronte di 6 sofferenze, ma è in grado di intervenire al massimo su un numero limitate di banche di piccole e medie dimensioni. Definite a grandi linee l’evoluzione dei Non Performing Loans, le cause della loro crescita e della loro persistenza nei bilanci bancari, occorre attribuirne un peso all’interno di un portafoglio, valutarne rischi e rendimenti, e la convenienza a tenere o cedere le linee di credito. Nello specifico l’attenzione è rivolta in primis al processo di ristrutturazione dei crediti attraverso lo sviluppo di modelli per la misurazione del rischio di credito che quantifichino in modo appropriato il grado di rischio associato alle esposizioni creditizie, e che consentano alla banca di utilizzare in modo più efficiente la propria capacità complessiva di assumere rischio. Tali modelli, infatti, si propongono di stimare il grado di rischio di una certa esposizione creditizia o di un portafoglio di esposizioni e il relativo assorbimento di capitale economico (modelli di scoring, modelli di analisi discriminante lineare, modelli logit e probit e modelli strutturali di Merton e KMV, basati sulle quotazioni azionari) Per effetto del succedersi di una serie di interventi normativi, oggi il quadro di riferimento per la composizione della crisi di impresa si sviluppa, in sostanza, intorno a tre principali istituti: i) il piano attestato di risanamento; ii) l’accordo di ristrutturazione dei debiti; iii) il concordato preventivo. La legge fallimentare, disciplina anche altre procedure giudiziali, quali il fallimento e il concordato fallimentare e la liquidazione coatta amministrativa. L’adozione di uno dei diversi strumenti viene solitamente preceduta da una fase di negoziazione tra il creditore ed il debitore per tentare una risoluzione bonaria del credito, attraverso i cosiddetti accordi stragiudiziali. Il riconoscimento dei segnali della crisi e l’apertura del tavolo negoziale è un momento fondamentale nella gestione dei crediti per la valutazione e la negoziazione dei termini della manovra da mettere in atto; troppo spesso il management (che in Italia solitamente coincide con il socio) apre al confronto con i creditori quando le situazioni sono talmente deteriorate da pregiudicare anche approcci virtuosi di ristrutturazione. Una volta avviato il processo di recupero, diventa necessario stabilire quale sia lo strumento normativo più idoneo al caso specifico: è necessario quindi che siano valutati una serie di elementi quali l’obiettivo della ristrutturazione, il fabbisogno di liquidità, il rischio di perdita della continuità aziendale, il numero e le caratteristiche dei debitori, le azioni esecutive (potenziali o già in corso), la presenza o assenza di garanzie. I crediti deteriorati, infatti, ricomprendono esposizioni che presentano un diverso grado di rischio e a cui sono associate diverse prospettive di recupero: oltre alla distinzione tra sofferenze, inadempienze probabili e 7 esposizioni scadute deteriorate, al cui interno è poi possibile enucleare le esposizioni non performing forborne, ossia quelle oggetto di una qualche forma di rinegoziazione e ristrutturazione del prestito, si può distinguere tra prestiti assistiti da garanzie reali (per lo più immobiliari) – c.d. secured – e prestiti assistiti da garanzie personali o non garantiti – unsecured. E ancora l’eterogeneità dei crediti deteriorati è da ricondursi alla tipologia di debitore, che può identificarsi con un’impresa, a sua volta di dimensione piccola, media o grande, ovvero con una famiglia/individuo. È evidente che le diverse caratteristiche dei crediti deteriorati condizionano l’individuazione della soluzione gestionale più efficace ed efficiente. In linea di principio e semplificando, le soluzioni gestionali alle quali una banca può ricorrere sono: a) il mantenimento in portafoglio del credito deteriorato, che a sua volta può prevedere la gestione dello stesso da parte della banca creditrice o la gestione da parte di una società specializzata (società di servicing); b) la cessione del credito con contestuale cancellazione dal bilancio. Alla luce delle considerazioni finora svolte e della crescita dei volumi del credito anomalo di questi ultimi anni, non sembra possibile che l’implementazione di un’unica soluzione gestionale possa risultare efficace, rapida e risolutiva. Si ritiene per contro che sia preferibile ricorrere ad un mix di soluzioni da calibrare in funzione delle caratteristiche delle diverse esposizioni presenti nei portafogli dei creditori (banche ed altre istituzioni finanziarie). Al tempo stesso, come già citato, la presenza di servicer specializzati – che in Italia operano in tale settore mediamente da 15 anni e il cui business si è sviluppato soprattutto a servizio di investitori internazionali, per conto dei quali hanno gestito portafogli di prestiti in sofferenza anche notevolmente grandi– è potenzialmente in grado di fornire rendimenti più elevati rispetto a quelli attualmente conseguibili da altri strumenti. Ciascuna soluzione in definitiva, presenta caratteristiche diverse che comportano effetti diversi in termini di onerosità/rendimento e di rischio residuo per la banca. Nel presente elaborato, dunque, si analizzano pertanto le diverse opzioni strategiche con riferimento ai benefici / svantaggi che le stesse presentano rispetto a tali tipologie di attivi. Per una pratica valutazione del problema è stato studiato l’impatto di alcune variabili sul tasso di recupero di un portafoglio reale e ben diversificato di crediti deteriorati, con l’obiettivo di individuare quale siano le migliori condizioni (dei crediti e dei debitori) di recupero, che consentano dunque di massimizzare il tasso di recupero complessivo. Le variabili utilizzate nell’analisi di regressione sono analizzate come dummy e sono legate alle caratteristiche oggettive dei crediti – tra cui l’ammontare del GBV, la finestra temporale di recupero prevista, la modalità di recupero, la presenza/assenza di garanzie reali e personali sulle linee di 8 credito e l’inclusione o meno della posizione nel boarding e di conseguenza la classificazione in selected o non selected – e alle caratteristiche soggettive dei debitori, quali area geografica di provenienza, natura del debitore (individual o corporate borrowers). I risultati ottenuti dall’analisi di regressione sono coerenti con quelli rinvenienti da una successiva analisi di valutazione di un modello su un portafoglio di NPLs, frutto di un’acquisizione da parte di una società di recupero crediti (servicer) nel gennaio 2016: esso è composto da 184 posizioni deteriorate, secured e unsecured, e ben diversificato – grazie alle molteplici caratteristiche oggettive (crediti) e soggettive (debitori) del portafoglio in analisi. Analizzate le caratteristiche generali del portafoglio – tra cui l’ammontare complessivo del credito, il prezzo pagato, il numero di posizioni selected e non selected –, l’approccio metodologico e le assunzioni di base, il modello di valutazione riporta due scenari di recupero: uno base, piuttosto conservativo e dunque più realisticamente realizzabile, meno rischioso ma anche meno redditizio, che prevede recuperi meno consistenti in una finestra temporale relativamente lunga; lo scenario ottimistico, viceversa, seppur più rischioso e difficilmente realizzabile (seppur realistico), consente ingenti recuperi in periodi piuttosto brevi. Infine è stata effettuata un’analisi di sensitività, che consente di quantificare gli effetti sui risultati forniti dall’analisi del portafoglio, indotti da una modifica dei parametri con i quali sono stati calcolati gli indicatori di performance e di sostenibilità economica e finanziaria del progetto stesso, quali il discounted rate, default rate, timing, recovery rate. Il presente lavoro si conclude con un’analisi delle possibili soluzioni proposte nei piani per la gestione delle sofferenze e sostanzialmente indirizzate a migliorare il profilo di rischio dell’attivo e a ridurre il costo del credito: l’efficacia e la sostenibilità delle stesse appaiono infatti prerequisiti per lo sviluppo e la riqualificazione dell’offerta di nuovo credito all’economia. Tra le principali evidenze segnalate dai piani, emerge la necessità di focalizzare il business sull’attività di credito: nei piani strategici sono esplicitati obiettivi di crescita dei volumi di crediti e della clientela, subordinati alla capacità di elevare la redditività commerciale delle relazioni. Alla base delle strategie di crescita vi è quasi sempre la scelta di intervenire sulla qualità dei processi del credito e sull’efficienza delle politiche di credit risk management, per una molteplicità di obiettivi. Alla luce delle debolezze del mercato dei Non Performing Loans sono strettamente necessari anche degli interventi statali: una nuova riforma legislativa, maggiore disciplina, organizzazione e trasparenza nel processo di gestione e valutazione. In tutti i casi le soluzioni prospettate appaiono per le banche italiane promettenti unicamente se valutate in un orizzonte di medio periodo e implicitamente pongono il tema dei crediti 9 deteriorati per il sistema bancario italiano come nodo strutturale suscettibile di condizionare pesantemente le scelte di politica del credito nei prossimi anni, anche in presenza di miglioramenti dello scenario congiunturale. 10 Capitolo I: Analisi dei Non Performing Loans 1.1. Definizione dei Non Performing Loans e le loro caratteristiche principali Exigit quod credidit: per dirla con Cicerone, l’esazione è il premio per aver “creduto in qualcuno”. Originariamente il credito non era soltanto sinonimo del diritto alla restituzione di quanto dato in prestito, bensì anche quanto era giusto come remunerazione per l’uso del denaro altrui per un determinato periodo di tempo. È facilmente intuibile come questa pratica ben presto degenerasse: sfruttando lo stato di necessità di chi aveva bisogno di denaro e alzando i tassi di interesse fino a “prendere per il collo”, nacque il cosiddetto strozzinaggio. Quando l’espansione del mercato lo impose, si iniziò a vendere consegnando la cosa, “credendo” nel compratore, e quindi accettando in cambio il credito, cioè il pagamento differito. Nello stesso momento nacque il debito1. I prestiti bancari sono una delle fonti principali dello sviluppo delle dimensioni di una banca; si tratta dell’attività che più rappresenta il cuore di una banca: i rendimenti dei prestiti alla clientela sono sempre stati più o meno nettamente superiori rispetto a quelli delle altre forme di impiego della raccolta bancaria. Esso fornisce liquidità all’impresa: chi vende bene ha un buon credito, chi non lo fa non può contare su di essi2. La qualità degli impieghi bancari, e quindi la classificazione dei crediti, è importante poiché misura la solidità di una banca: una banca è solida quando lo sono i suoi prestiti3. La migliore qualità dei crediti erogati all’interno di un sistema finanziario si ripercuote, in primo luogo, sulle caratteristiche di stabilità dello stesso, dal momento che una maggiore rischiosità del portafoglio impieghi può rendere più difficoltoso lo svolgimento di operazioni nei diversi settori dell’intermediazione da parte degli organismi creditizi4. Essa dipende dal frazionamento degli impieghi bancari, dalla loro diversificazione oltre che dalle condizioni prospettiche di equilibrio economico e finanziario delle imprese bancarie affidate, che va visto come il presupposto fondamentale della solvibilità delle stesse, ovvero della capacità di rimborso che si manifesta attraverso un’adeguata dinamica dei flussi di cassa prodotti dalla gestione F. Ribera, Il credito nell’impresa: Valutazione – gestione, tecniche di recupero, Ergon Business Communication S.p.A., Trieste, 1990, p. 1. 2 I prestiti bancari consentono un forte sviluppo delle dimensioni di una banca, anche attraverso l’attivazione del cosiddetto “moltiplicatore dei depositi”: se è vero infatti che i depositi sono essenziali per poter concedere prestiti, è altrettanto vero che i prestiti contribuiscono a determinare lo sviluppo dei depositi; R. Ruozi, Economia e gestione della banca, Egea, Milano, 2006, p. 114. 3 J. Revell, Rischio e solvibilità delle banche, Milano, Ed. Comunità, 1978, p. 32 e ss. 4 C. Cacciamani, Qualità dei prestiti ed equilibri di gestione delle aziende di credito, in Il Risparmio, n. 4, 1992, p. 743. 1 11 corrente e dai finanziamenti in essere5. La presenza di un circoscritto grado di rischiosità dei finanziamenti erogati dagli intermediari finanziari, influisce anche sullo sviluppo operativo della politica monetaria, la cui efficacia appare certamente più incisiva. Il rischio, infatti, è connaturato all’impresa. Ma l’impresa è anche organizzazione e strategia. L’imprenditore, pertanto, prima ancora del sorgere del credito deve valutare come inserire il rischio creditizio nell’insieme della gestione aziendale. Esso misura la probabilità che l’operazione non dia alcun contributo positivo alla redditività dell’azienda finanziatrice o incida addirittura sfavorevolmente sui suoi risultati d’esercizio6. L’imprenditore potrebbe anche valutare l’ipotesi di appoggiarsi a soggetti esterni (uffici legali, servicer, ecc.) per compiere un’onesta e corretta valutazione dei crediti, distinguendo quelli di certo o di dubbio realizzo, quelli in contenzioso, ovvero contestati o passati all’ufficio recupero o al legale, e quelli inesigibili, tenendo conto di eventuali privilegi, ipoteche o altre garanzie gravanti su di essi. Quando i crediti sono problematici e di difficile recupero, si parla di Non Performing loans: si tratta di posizioni per i quali la riscossione è incerta sia in termini di scadenza che per ammontare dell’esposizione7. In Italia la definizione di NPLs viene fornita da Banca d’Italia nella Circolare n. 272 del 30 luglio 2008, riguardante la normativa di vigilanza bancaria e finanziaria, in base alla quale essi vengono classificati in: - sofferenze: esposizioni per cassa e fuori bilancio nei confronti di un soggetto in stato di insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dalla banca. Si prescinde, pertanto, dall’esistenza di eventuali garanzie poste a presidio delle esposizioni. Sono escluse le esposizioni la cui situazione di anomalia sia riconducibile a profili attinenti al rischio Paese. - partite incagliate: esposizioni per cassa e fuori bilancio nei confronti di soggetti in temporanea situazione di obiettiva difficoltà, che prevedibilmente possa essere rimossa in un congruo periodo di tempo. Anche in questo caso si prescinde dall’esistenza di eventuali garanzie e sono escluse le esposizioni la cui anomalia è legata a profili attinenti al rischio Paese. 5 T. Bianchi, I fidi bancari, Utet, Torino, 1977, p. 101. G. Dell’Amore, Economia delle aziende di credito. I prestiti, Milano, Giuffrè, 1965, p. 20 e ss. 7 M. C. Quirici, Aspetti evolutivi nella gestione del rischio di credito alla luce del deterioramento della qualità dei prestiti bancari, p. 25 e 26. 6 12 - esposizioni ristrutturate: esposizioni per cassa e fuori bilancio per le quali una banca a causa del deterioramento delle condizioni economico-finanziarie del debitore, ha modificato le condizioni originarie del prestito (riscadenzamento dei termini, riduzione del tasso di interessi), determinando l’emersione di una perdita. - crediti scaduti: esposizione scaduta, in via continuativa, da oltre 90 giorni e non classificata come sofferenza, incaglio o ristrutturata8. Di conseguenza, un credito va segnalato a sofferenza quando il relativo soggetto presenta uno stato persistente di instabilità patrimoniale e finanziaria, tale da poter intralciare il recupero del credito da parte dell’intermediario9. Degli elementi sopra elencati, l’unica voce utile per analizzare l’andamento della qualità dei crediti è rappresentata dalle sofferenze. Tuttavia questo tipo di valutazione presenta dei limiti. In questa categoria, infatti, possono essere incluse posizioni per le quali non sono ancora state intraprese delle azioni giudiziali di recupero del credito e la cui gestione è rimessa alla banca: vi è un certo margine di discrezionalità concesso agli amministratori bancari nella valutazione delle posizioni in sofferenza10. Inoltre esse possono non indicare un’adeguata e reale dimensione del rischio potenziale di insolvenza, dal momento che vengono rappresentate ad un ritmo di incremento sfasato nel tempo (di circa due anni), compromettendo la significatività del confronto dei dati contabilizzati nello stesso anno11. A questo va aggiunto che le banche potrebbero dare tardiva comunicazione di alcune posizioni deteriorate. L’European Banking Authority (EBA) sta lavorando per fare chiarezza sulle caratteristiche degli NPLs e per darne una definizione unica in Europa, imponendo delle regole più stringenti rispetto ad altri Paesi che lasciano ampi margini di discrezionalità. Garantire omogeneità di norme sui crediti deteriorati rafforza la competitività e sostiene le imprese12. I criteri utilizzati per la classificazione di “good” / “bad” loans differiscono sostanzialmente tra Paesi e tra Banche ed altre istituzioni finanziarie. Alcuni Paesi infatti usano criteri quantitativi: la maggior parte di essi (Bosnia, Estonia, Ungheria, Lituania, Macedonia, Montenegro, Romania, Slovenia), applica la soglia dei 90 giorni di ritardo e classifica l’intero ammontare 8 Volendo effettuare una graduatoria della qualità dei crediti, possiamo così individuare al primo posto i crediti stimati interamente recuperabili, poi i crediti verso clienti che si trovano in transitoria difficoltà (crediti incagliati), successivamente i crediti verso clienti in stato di insolvenza per cause non transitorie (sofferenze) e infine i crediti che si stimano in tutto o in parte persi, G. Tierno, I crediti in sofferenza nei bilanci bancari, in Amministrazione & Finanza, n. 12, 1993, p.725 e ss, www.bancaditalia.it, Circolare n.272 del 30luglio 2008, Allegato 1. 9 Gli intermediari devono comunicare lo status di sofferenza al proprio cliente in occasione della prima segnalazione di C.R., e l’eventuale opposizione del medesimo se il credito in questione è stato oggetto di contestazione. In tal caso la segnalazione in sofferenza presuppone che tutti i cointestatari versino in stato di insolvenza, da www.centraledeirischi.org. 10 C. Cacciamani, Qualità dei prestiti ed equilibri di gestione delle aziende di credito, cit, p. 749. 11 M. Corbellini, Come diagnosticare le patologie creditizie, in Il giornale della Banca, n. 48/1993, p.63. 12 www.abi.it, Metodi avanzati per la gestione del rischio di credito, Roma, 1995. 13 di prestiti in default come Non Performing; altri (ad esempio la Bulgaria, il Kosovo) considerano prestiti deteriorati quelli per i quali si registra un mancato pagamento trascorsi tra i 31 e i 90 giorni (o tra i 91 e i 180 giorni) dalla data di scadenza del prestito, e quelli per i quali la situazione finanziaria del debitore potrebbe peggiorare al punto da non poter più ripagare il debito in questione13. Altri Paesi usano criteri di tipo qualitativo, quali la disponibilità di informazioni circa la situazione finanziaria del cliente, la valutazione di futuri pagamenti, la ristrutturazione dei prestiti ed in particolare la presenza di garanzie: in molti Paesi quest’ultime non sono considerate ai fini della valutazione. Altri Paesi invece, non seguono alcun criterio ben definito per la classificazione dei prestiti (quali Germania ed U.K.) 14. L’Istituto di Finanza Internazionale (Institute of International Finance, IIF) ha distinto cinque categorie di prestiti per facilitare un confronto tra diversi Paesi: standard, watch, substandard, doubtful, loss loans. In alcuni casi gli NPLs corrispondono alle ultime tre categorie, in altri solo alle ultime due, o addirittura solo all’ultima15. Nota ed evidente la divergenza nella classificazione e definizione dei Non Performing Loans, sarebbe necessario e agevole un confronto maggiormente omogeneo tra Paesi, condotto ricalcolando sia l’incidenza dei crediti deteriorati sul totale dei crediti, sia il tasso di copertura degli intermediari italiani, con modalità coerenti con quelle adottate in media in Europa, ovvero escludendo le posizioni interamente coperte da garanzie. Come conseguenza, l’incidenza in Italia dei prestiti deteriorati sul totale dei crediti scenderebbe radicalmente, e il tasso di copertura migliorerebbe16. 1.1.1. Il credito bancario a sofferenza: ricostruzione della sua natura ontologica La categoria dei crediti bancari a sofferenza era preesistente rispetto al Servizio per la centralizzazione dei rischi bancari, quale strumento tecnico ideale per contenere le sofferenze stesse, costituita nel marzo del 1964 dal Comitato Internazionale per il Credito e il Risparmio 13 G. Impavido, C. Kligen, Y. Sun, NPLs and Macroeconomy, IMF Working Paper 2012, p. 14 e 15. Ad esempio, la Banca Centrale Russa applica una definizione di Non Performing Loans non compatibile con quella di altri Paesi. Un credito è classificato come deteriorato quando anche solo una rata non è stata pagata nei tempi dovuti piuttosto che l’intero ammontare. Questo provoca una sottostima del valore del credito deteriorato, R. Beck, P. Jakubik, A. Piloiu, Key Determinants of Non-Performing Loans: New evidence from a Global Sample, 2015, p. 532. 15 A. M. Bloem, C. N. Gorter, The Treatment of Nonperfoming Loans in Macroeconomic Statistics, IMF Working Paper 01/209, 2001, p. 6. 16 www.abi.it, Banche: sofferenze, con regole uniformi europee più credito alle imprese, Comunicato Stampa 2013. 14 14 (CICR), e affidata fin d’allora alla Banca d’Italia. Un effettivo inquadramento di tale categoria sarà effettuato solo nel 1972, dieci anni dopo l’introduzione della Centrale Rischi17. Per lungo tempo non è stata chiarita, né circoscritta, la categoria delle sofferenze bancarie. La prassi dell’epoca identificava nelle sofferenze i crediti di difficile realizzo, per il cui recupero sono state avviate delle azioni legali. Esse venivano indicate nella più ampia voce “Partite varie” nello stato patrimoniale del bilancio bancario, lasciando alle banche ampia discrezionalità nel decidere quali crediti classificare come sofferenze e quali no. La prima normativa ad introdurre il concetto di sofferenza bancaria, è stato il Decreto del 28 aprile 1910, n. 204, il cui art. 61 recita: “Al termine di ciascun esercizio le sofferenze nuove devono passare a perdita, e i recuperi devono essere calcolati a benefizio di quell’anno nel quale sono in tutto od in parte riscossi”. Dall’articolo si rinviene, dunque, che le sofferenze incidono direttamente e per l’intero ammontare sul conto economico dell’ente, decurtandone al 100% gli utili disponibili, senza effettuare alcuna valutazione sulla loro possibile recuperabilità. Ai sensi dell’art. 1 della DC6218, “le aziende di credito, gli istituti, e gli enti sottoposti alla disciplina del presente articolo, a richiesta dell’Istituto di emissione e con le modalità e nei limiti che verranno da esso stabiliti, sono tenuti a dichiarare periodicamente alla Centrale dei Rischi19 (C. R.), i crediti accordati, nonché i relativi utilizzi, qualunque sia l’entità di quest’ultimi, entro il venticinquesimo giorno del mese successivo a quello di riferimento”. Al fine di tale valutazione, la Banca d’Italia sancisce la prevalenza della sostanza sulla forma, richiede una piena collaborazione delle banche per garantire il corretto funzionamento del sistema, l’attendibilità delle informazioni, e per privilegiare l’interesse pubblico e la stabilità del mercato20. A tale obbligo corrisponde il dovere della Banca d’Italia di assicurare il rispetto della massima riservatezza di quanto ricevuto dagli intermediari e di fornire loro, con cadenza mensile, le informazioni sul debito totale verso il sistema creditizio di ciascun cliente segnalato. Tuttavia la Banca d’Italia non ha alcuna responsabilità rispetto a ciò che le viene segnalato21, pertanto in caso di errori, inadempienze o uso inappropriato delle informazioni, la responsabilità ricade interamente sugli intermediari22. Se su una posizione creditoria non fosse ancora stato registrato un recupero, a causa di un A. Napolitano, Il credito bancario a sofferenza. Dall’utopia di Luigi Luzzatti agli accordi di Basilea II, Edizioni Scientifiche Italiane, 2009, Napoli, p. 19. 18 Delibera Comitato Interministeriale per il Credito e Risparmio del 16 maggio 1962. 19 La Centrale Rischi è un sistema informativo sull'indebitamento della clientela verso le banche e le società finanziarie. 20Circolare Banca d’Italia n. 139 dell’11 febbraio 1991 – Centrale dei Rischi, Istruzioni per gli intermediari creditizi. 21 www.centraledeirischi.org. 22 CCR, Cap. I, Sez. I, § 5 (Responsabilità degli intermediari). 17 15 ritardo di pagamento o sconfinamento persistente sul credito, il 1° comma dell’art. 22 della legge n. 116/2014 stabilisce un termine massimo di quindici giorni per la comunicazione da parte degli intermediari partecipanti al servizio centralizzato dei rischi, dell’avvenuta regolarizzazione dei ritardi di pagamento; il 3° e il 4° comma prevedono che se un cliente è in ritardo nel pagamento di una sola rata e se questo non supera i sessanta giorni, dopo sei mesi dalla regolarizzazione del pagamento, il relativo sconfinamento deve essere cancellato dagli archivi della Centrale dei rischi23. A partire dal 1° gennaio 2000, la Centrale dei rischi è stata integrata da quella associativa dell’ABI, che ha esteso l’obbligo di segnalazione a tutti i rapporti di affidamento superiori a 60 milioni di euro. Quando essi si trasformano in sofferenza, vanno segnalati a prescindere dal loro importo24. Molti Paesi, inoltre, utilizzano il Registro dei crediti, uno strumento che consente la gestione del rischio creditizio degli iscritti, il monitoraggio degli NPLs e lo sviluppo di statistiche sulla loro evoluzione. Tuttavia, molto spesso la loro utilità è piuttosto limitata poiché in essi figurano informazioni negative, o serie di dati su NPLs troppo brevi per effettuare delle analisi robuste25. Rimane, dunque, nell’autonomia del banchiere il compito di valutare, a fine esercizio, se e quando trasferire il credito dagli impieghi attivi alle partite a recupero26: è opportuno a tal fine verificare se il debitore sarà in grado di restituire, come da obblighi presi, l’intero importo erogato o se invece vi è la possibilità che il debito venga restituito solo in parte o per nulla (dubbio esito), a causa del deteriorarsi duraturo o temporaneo delle condizioni economico-finanziarie del debitore, o a causa delle condizioni dello scenario macroeconomico (in caso di crediti nei confronti di operatori esteri). Tale procedimento è detto di “valutazione analitica dei crediti in essere”27. I principi generali per circoscrivere la discrezionalità del banchiere nell’appostare a sofferenza i crediti sono: - principio della valutazione globale del rapporto con l’affidato; - principio dell’insufficienza del ritardo per la segnalazione a sofferenza; - principio della totalità della segnalazione dell’esposizione a sofferenza; Inoltre nell’aprile 2015 l’ABI e le associazioni dei consumatori, hanno sottoscritto un accordo che, rispetto al Fondo di solidarietà, estende le sospensioni dei rimborsi anche ai prestiti per scopi di consumo di durata superiore ai 24 mesi e a coloro che hanno subito un’interruzione del rapporto di lavoro o una riduzione dell’orario nell’ambito della Cassa integrazione guadagni, Banca d’Italia, istruzioni per gli intermediari partecipanti al servizio centralizzato dei rischi, legge n.116/2014 e Rapporto sulla stabilità finanziaria,2015, www.bancaditalia.it, p. 16. 24 R. Ruozi, Economia e gestione della banca, cit., p. 200. 25 G. Impavido, C. Kligen, Y. Sun, NPLs and Macroeconomy, cit., p. 16. 26La banca è tenuta, inoltre, a segnalare l’intera esposizione e non solo una parte del proprio credito, A. Napolitano, Il credito bancario a sofferenza, cit., p. 27 ss. 27 R. Ruozi, Economia e gestione della banca, cit., p. 258. 23 16 - principio di attualità dell’esposizione bancaria; - principio di neutralità delle previsioni di perdita e del presidio cauzionale. La perdita su credito può essere considerata effettiva quando, pur avendo agito attivamente per il suo recupero, fornendo la prova di aver fatto il possibile, tutti i tentativi sono risultati vani. La peculiarità del requisito della certezza, risiede nella necessità che esso sia accompagnato da una documentazione probatoria. A tal fine l’imprenditore potrà avvalersi di mezzi di prova di natura contrattuale (remissione, transazione, cessione) o processuale (pignoramento e procedure concorsuali)28. Nonostante si fosse tentato di introdurre un criterio oggettivo di identificazione dei crediti problematici, non v’è dubbio che la percezione soggettiva (legata alla componente di valutazione del credito a discrezione del banchiere) sia rimasta una rilevante componente per il passaggio delle posizioni a sofferenza, stante il rapporto fiduciario banca-cliente insito nell’attività creditizia. La segnalazione di una posizione di rischio tra le sofferenze non è più dovuta quando: - viene a cessare lo stato di insolvenza (o situazione equiparabile); - il credito viene rimborsato dal debitore o da terzi (anche a seguito di accordo transattivo liberatorio, di concordato preventivo o di concordato fallimentare remissorio) 29; rimborsi parziali del credito comportano una corrispondente riduzione dell’importo se- - gnalato; - il credito viene ceduto a terzi; - i competenti organi aziendali, con specifica delibera, hanno preso definitivamente atto della irrecuperabilità dell’intero credito, oppure rinunciato ad avviare o proseguire gli atti di recupero. 1.2. La contabilizzazione dei crediti e la stima del valore delle sofferenze In linea generale i crediti all’atto dell’erogazione vengono contabilizzati per il loro valore nominale. Il decreto legislativo n. 87 del 1992 impone di valutare i crediti applicando il criterio del presumibile valore di realizzo, ovvero un valore prudente: bisogna tener presente che, se da un lato i crediti costituiscono la maggiore fonte di utili per gli enti creditizi, dall’altro possono determinarne anche la crisi a causa del fattore rischio connaturato alle operazioni 28 F. Ribera, Il credito nell’impresa: Valutazione – gestione, tecniche di recupero, cit., p. 66. rilevazioni pregresse segnalate a sofferenza non vengono cancellate anche se il debito è stato sanato. 29 Le 17 creditizie30. Le procedure da seguire per determinare il presunto valore di realizzo si distinguono in: - Stima diretta di ciascuna categoria di credito: la procedura consiste nell’esaminare tutti i crediti, divisi per categorie omogenee, il cui incasso desta preoccupazione. I crediti di importo modesto o di oneroso incasso vanno integralmente svalutati o messi a perdita, in base al concetto secondo cui esiste una soglia minima al di sotto della quale non v’è più convenienza a tentare il recupero. - Stima indiretta della generalità dei crediti: la procedura in questo caso non si riferisce soltanto ai crediti di dubbia esazione, ma vanno esaminati anche quelli apparentemente certi fra i quali è possibile che si verifichino insolvenze o tardive contestazioni31. Secondo l’MFSM (Monetary and Financial Statistics Manual), i prestiti dovrebbero essere valutati al loro “book value”, senza alcun aggiustamento per le perdite attese, tranne quando classificati come non recuperabili, o ristrutturati32. Diversamente, il System National Account (SNA, 1993), riconosce la necessità di facilitare il confronto, a livello contabile, tra differenti agenti economici e Paesi. Il trattamento SNA dei crediti non prevedeva alcun criterio preciso per la classificazione degli NPLs, ma in linea generale un credito rimaneva scritto in bilancio fin quando fallito, irrecuperabile o rinegoziato33. Come le altre banche Europee, anche quelle italiane applicano i principi contabili IAS/IFRS, che non specificano né quando né come sottoscrivere o cancellare un credito deteriorato. Lo IAS 39 prevede che gli strumenti di debito, di capitale, i crediti, i debiti, e i contratti derivati, devono essere classificati in base alle finalità per le quali sono detenuti. Le categorie di classificazione previste sono le seguenti: - attività finanziarie al fair value (valore equo) rilevato a conto economico; - attività finanziarie disponibili per la vendita; - attività finanziarie detenute fino a scadenza; - finanziamenti e crediti (in cui rientrano quelli deteriorati). 30 D.lgs. 27 gennaio 1992, n. 87 recante <<Attuazione della direttiva n. 86/635/CEE relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari, e della direttiva n. 89/117/CEE relativa agli obblighi in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro>>, in GU n.37 del 14-2-1992 - S.O. n. 27. 31 F. Ribera, Il credito nell’impresa: Valutazione – gestione, tecniche di recupero, cit., p. 49 e 50. 32 A. M. Bloem, C. N. Gorter, The Treatment of Non-Performing Loans in Macroeconomic Statistics, cit., p. 8. 33 A. M. Bloem, C. N. Gorter, The Treatment of Nonperforming Loans in Macroeconomic Statistics, cit., p. 3. 18 Ad ognuna di queste categorie è associato un criterio di rilevazione e valutazione specifico. In risposta all’esigenza largamente avvertita a livello internazionale di ripristinare la fiducia degli investitori nei mercati, anche attraverso il rafforzamento della capacità informativa e della trasparenza dei bilanci, lo IASB ha avviato da tempo - d’intesa con l’accounting standard setter americano (il FASB) - un processo di profonda rivisitazione delle regole valutative-contabili dettate dallo IAS 39, con lo scopo dichiarato di disegnare un nuovo sistema di principi e regole di formazione del bilancio di elevata qualità, condiviso su scala mondiale, capace di potenziare la trasparenza delle informative di mercato. L’IFRS 9 si sostituisce allo IAS 39. Tra i più importanti interventi realizzati dallo IASB va segnalata, in particolare, la sostituzione del vigente apparato di classificazione degli strumenti finanziari – caratterizzato da una pluralità di portafogli, ciascuno dei quali accompagnato da un suo peculiare corredo di criteri di valutazione e di contabilizzazione – con un sistema molto più snello basato unicamente su due macro – categorie di attività finanziarie: - quella degli strumenti, da valutare al costo ammortizzato, detenuti ai fini di investimento, per riscuoterne nel tempo - a date predefinite e non necessariamente fino alla scadenza i relativi flussi di cassa per capitale e per interessi (in sostanza, strumenti di debito “plain vanilla” per investimento); - quella degli strumenti, da valutare al “fair value” con imputazione al conto economico delle relative variazioni di valore, che non soddisfano le condizioni per rientrare nella classe precedente, detenuti per finalità di negoziazione e che, al di là della specifica destinazione funzionale loro assegnata dai soggetti detentori, esprimono profili di rischio diversi da quello creditizio o strutture finanziarie composite, quali i titoli di capitale, le quote di OICR, gli strumenti derivati, i titoli strutturati, i titoli “junior” di cartolarizzazioni. L’IFRS 9 non ha pertanto adottato un approccio valutativo improntato al full fair value, ma fa convivere il principio del costo ammortizzato e il principio del fair value34. Resterà inoltre confermata la cosiddetta “opzione del fair value” per eliminare o ridurre gli eventuali mismatch contabili tra voci differenti del bilancio35. 34 Diversamente da quanto oggi prescritto dallo IAS 39 anche le plus/minusvalenze realizzate con le vendite (così come pure le rettifiche di valore da "impairment") andranno imputate al patrimonio netto senza transitare per il conto economico. Soltanto i dividendi continueranno a figurare nel conto economico nell'esercizio in cui sorge il diritto alla loro percezione. 35 Scomparirà pertanto, fatta salva la richiamata deroga possibile per gli investimenti in titoli di capitale, la possibilità, oggi contemplata dallo IAS 39 per gli strumenti finanziari allocati nel portafoglio delle "attività finanziarie disponibili per la vendita", da attribuire ad una specifica riserva patrimoniale ("riserva da valutazione") che costituisce nella sostanza una sorta di "polmone" patrimoniale che si espande e si contrae in funzione delle fluttuazioni di mercato dei prezzi delle corre- 19 L’attuale modello valutativo dei crediti assunto dallo IAS 39 è quello del cosiddetto incurred loss approach, secondo il quale vanno iscritte in bilancio soltanto le perdite già sussistenti o comunque prossime alla loro emersione. Si tratta di un’impostazione di valenza molto retrospettiva, che tende a ritardare la rilevazione contabile delle perdite e che presenta per questo motivo un carattere di forte prociclicità. Il procedimento oggi seguito da diverse banche, anche da quelle più grandi, per applicare questo tipo di approccio, consiste nel quantificare, per categorie omogenee di crediti in bonis, le perdite attese latenti in ciascuna di esse – calcolate sulla scorta dei parametri di rischio elaborati dai loro sistemi interni di rating (probability of default – PD e Loss Given Default – LGD) oppure secondo i tassi di perdita sperimentati nel tempo dai loro portafogli (tassi di decadimento dei crediti e perdite sulle sofferenze) – e nel ponderare le perdite attese con un fattore rappresentato dal Loss Confirmation Period” – LCP36. Questo parametro approssima il periodo temporale nel quale ci si aspetta che in un determinato portafoglio di crediti in bonis emergano le relative posizioni deteriorate (sofferenze, incagli ecc.); nella sostanza, rappresenta il tempo atteso di ritardo nella percezione contabile di tali posizioni e delle connesse perdite. Poiché il fattore LCP è un parametro temporale normalmente pari a frazioni di anno (0.3, 0.5 ecc.), l’ammontare delle incurred losses così stimato si commisura evidentemente a corrispondenti frazioni di expected losses. Le carenze del vigente sistema di valutazione dei crediti e il rischio che i suoi effetti prociclici costituiscano per gli intermediari una fonte di instabilità aggiuntiva nelle fasi recessive del ciclo economico, hanno indotto da tempo le Autorità di vigilanza bancaria a richiedere allo IASB il superamento dell’approccio attuale in favore di un modello alternativo fondato sull’expected loss approach di tipo forward-looking, basato sulla stima delle perdite attese in portafogli dinamici ed omogenei di crediti in bonis, calcolate con riferimento alla loro intera vita residua. Questo modello valutativo, dovrebbe favorire una rilevazione contabile più precoce delle perdite su crediti e conseguenti maggiori accantonamenti nei periodi favorevoli del ciclo economico da utilizzare poi nelle fasi avverse. Più precisamente, richiede per late attività finanziarie senza incidere sulla determinazione dei risultati economici di periodo né quindi, sia pure indirettamente, su quella dei valori distribuibili agli azionisti. Nel nuovo sistema valutativo-contabile disegnato dall'IFRS 9 sembrano invece essere state - almeno potenzialmente - privilegiate le istanze, provenienti dal mercato, di distribuzione dei plusvalori aziendali. 36 In sintesi, le "perdite attese" relative ad insiemi omogenei di crediti "in bonis" sono date dal prodotto tra il costo ammortizzato di questi crediti, le loro probabilità di "default" (PD) e le relative perdite nel caso di "default" (LGD). Le incurred losses si commisurano, invece, all'ammontare delle perdite attese ponderate per il fattore rappresentato dal loss confirmation period; in concreto, mentre le PD su cui si basa la stima delle perdite attese sono di regola calcolate con riferimento ad un orizzonte annuale (PD e perdite attese a 1 anno), le incurred losses scontano orizzonti temporali più brevi (ad esempio, 1 semestre) e si fondano, pertanto, su stime di PD di minor durata (ad esempio, PD semestrali). 20 i portafogli dinamici di crediti in bonis (good book)37 di contabilizzare una quota proporzionale al tempo della relativa perdita attesa pluriennale ed impone il rispetto di una sorta di floor (livello minimo) pari almeno alla perdita attesa ad un anno38. Il passaggio al nuovo procedimento valutativo delle perdite su crediti comporterà pertanto l’abbandono da parte delle banche dei meccanismi oggi adottati per stimare le incurred losses, quali ad esempio il fattore temporale di ponderazione delle perdite attese, e la necessità di iscrivere quanto meno il valore pieno delle expected losses annuali. Sarà pertanto possibile impiegare nelle valutazioni di bilancio dei crediti in bonis i parametri di rischio (ad esempio, PD e LGD) utilizzati dai loro sistemi interni di misurazione, gestione e controllo del rischio di credito o comunque criteri coerenti con i procedimenti aziendali di stima delle perdite sui crediti, così come pure raccomandato dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria. In definitiva, le linee guida del processo di riforma sono essenzialmente la semplificazione delle regole, l’adozione di un approccio più principle based e maggiormente orientato ai business model aziendali, l’attenuazione degli effetti di volatilità e di prociclicità propri di alcuni principi di valutazione soprattutto in materia di crediti e di operazioni di copertura. Possibili rischi di eterogeneità delle condotte contabili nel recepimento di principi e criteri di portata generale nelle concrete realtà aziendali e, quindi, di disomogeneità e minore comparabilità delle informative di bilancio, possono essere affrontati anche potenziando i servizi di interpretazione contabile da parte degli standard setter nazionali ed internazionali – oltre che dalle stesse Autorità di settore laddove provviste di poteri di regolamentazione contabile – in modo da accompagnare il processo di applicazione condivisa della nuova disciplina. L’effetto sui bilanci che ci si può attendere da questa maggiore elasticità normativa nel trattamento delle relazioni di copertura dei rischi sarà evidentemente quello di veder ampliato il novero e l’ammontare delle operazioni che, gestionalmente costruite e condotte con l’obiettivo del contenimento del profilo aziendale di rischio (tipicamente di mercato), potranno ottenere pieno riconoscimento anche nella dimensione contabile39. I principi contabili di riferimento, richiedono una particolare attenzione per le diverse fasi del procedimento di impairment, la cui valutazione può essere effettuata sia su singoli strumenti finanziari (valutazione analitica), sia su interi portafogli (valutazione collettiva): ciò 37 La costruzione di portafogli omogenei di crediti "in bonis" si basa sulla selezione dei crediti che presentano similari caratteristiche di rischio individuate sulla scorta dei parametri ritenuti da ciascuna azienda più rappresentativi a tale fine, quali ad esempio, il settore economico di appartenenza dei debitori, l'area territoriale di localizzazione, la dimensione. 38AIFIRM, I° Paper definitivo, Commissione banche medio piccole, 2012, p. 6 e ss. 39 L’IFRS 9 entrerà ufficialmente in vigore nel Gennaio 2018, N. Jassaud, K. Kang, a strategy for developing a market for Nonperforming loans in Italy, IMF Working Paper 15/24, 2015, p. 13. 21 in funzione della significatività degli strumenti. Per i crediti significativi, per quelli non significativi per i quali sono disponibili informazioni circa l’esistenza di perdite, e per i crediti sui quali non è stata interamente ripresa la svalutazione effettuata in passato, è obbligatorio procedere alla valutazione su base analitica. In assenza di evidenza individuale di impairment (credito in bonis), il creditore deve essere inserito nella procedura di valutazione collettiva (forfettaria), che riguarda i portafogli di attività per i quali, seppur non siano stati riscontrati elementi oggettivi di perdita, è loro attribuibile una perdita latente, misurabile anche tenendo conto dei fattori di rischio usati ai fini di Basilea II. In presenza di un’oggettiva evidenza di impairment (credito deteriorato), la valutazione deve essere effettuata a livello individuale per i crediti significativi, mentre per quelli non significativi a livello individuale o collettivo. Il processo di valutazione analitica consiste nell’attualizzazione dei flussi finanziari attesi per capitale e interesse al tasso di interesse effettivo originario, tenendo conto delle eventuali garanzie che assistono il credito, e di eventuali mutazioni economico-finanziarie del debitore. Se al termine di tale procedimento i flussi di cassa assumono valori più bassi rispetto a quelli contrattuali, o i momenti di pagamento sono più lontani di quanto previsti, il valore del credito dovrà essere svalutato40: la differenza negativa tra il valore attuale del credito e il valore contabile del medesimo (costo ammortizzato) al momento della valutazione, va rettificato in conto economico. La normativa civilistica stabilisce l’obbligatorietà della svalutazione attraverso la costituzione al passivo di un apposito fondo rischi su credito, o in alternativa riducendo il valore dei crediti operando direttamente sull’attivo. Il valore originario dei crediti viene ripristinato negli esercizi successivi solo nel caso in cui siano venute meno le cause che hanno determinato la rilevazione della relativa perdita; qualora invece un credito fosse recuperato quando già passato a perdita, andrebbe considerato come sopravvenienza attiva ed imputato direttamente a conto economico41. Le riprese di valore possono essere rilevate fino a concorrenza di un importo tale da attribuire all’attività finanziaria un valore non superiore al valore che la stessa avrebbe avuto in quel momento per effetto dell’applicazione del costo ammortizzato in assenza di precedenti rettifiche. L’attualizzazione dei flussi di cassa futuri stimati lungo la vita attesa del credito tiene conto del valore temporale del denaro. In base a quanto disposto dallo IAS 39, il tasso di rendimento effettivo che le banche devo utilizzare per attualizzare i flussi di cassa attesi, è fissato 40 41 R. Ruozi, Economia e gestione della banca, cit., p. 264. F. Ribera, Il credito nell’impresa: Valutazione e gestione, tecniche di recupero, cit., p. 59 e 60. 22 al 4%, la media riscontrata nell’esercizio di revisione della qualità degli attivi (asset quality review, AQR) del 2014. In generale il valore di un prestito al lordo delle rettifiche di valore (Gross Book Value, GBV), è uguale a tale somma scontata: π πΊπ΅π = ∑ π‘=1 ππ‘ (1 + π)π‘ dove π denota i flussi di cassa attesi. Questo metodo vale anche per determinare il valore netto dei crediti deteriorati. Tale valutazione implica una nuova stima dei flussi di cassa attesi, π ′ , che di norma si traduce in una “rettifica di valore” (un abbattimento del valore della posizione), da appostare nel conto economico dell’anno. Nel determinare i nuovi flussi di cassa attesi, le banche devono tenere conto anche dei costi diretti legati alla gestione dei NPLs, connessi ad esempio alle garanzie; non considerano invece i costi indiretti, in quanto essi riflettono in larga misura il costo del personale, o le commissioni di gestione corrisposte a un gestore esterno (servicer). Pertanto il valore di un NPL al netto delle rettifiche di valore (Net Book Value, NBV) è uguale a: π′ ππ΅π = ∑ π‘ ′ =1 ππ‘′ ′ (1 + π)π‘ dove π ′ rappresenta il nuovo flusso di cassa, rivisto al ribasso, alla luce della mutata condizione finanziaria dell’impresa, e π′ rappresenta il nuovo tempo di incasso, rivisto al rialzo tenendo conto, tra l’altro, della durata prevista delle procedure esecutive per il realizzo delle garanzie. La rettifica di valore è dunque la differenza tra GBV e NBV. Con il passare del tempo è possibile che la posizione torni in bonis e nel qual caso la banca scriverà in bilancio una ripresa di valore; oppure può verificarsi che essa si deteriori ulteriormente e nel qual caso la banca dovrà effettuare ulteriori rettifiche di valore. In ogni periodo la differenza tra GBV e NBV è data dalla cumulata delle rettifiche (e delle eventuali riprese di valore) effettuate nel corso del tempo. Il rapporto tra la consistenza delle rettifiche di valore e l’ammontare lordo delle posizioni deteriorate, misura il tasso di copertura (coverage ratio)42. Nel mercato italiano, in seguito ad un calo verificatosi dal 2010 al 2012, il coverage ratio ha 42 L. G. Ciavoliello, F. Ciocchetta, F. M. Conti, I. Guida, A. Rendina, G. Santini, Quanto valgono i crediti deteriorati? in Note di stabilità finanziaria e vigilanza, N. 3 aprile 2016, Banca d’Italia. 23 subito un’evoluzione piuttosto radicale: questo effetto può derivare da una maggior attenzione da parte delle Banche nel rettificare i crediti deteriorati. Grafico 1.1: Evoluzione del Coverage Ratio delle principali Banche italiane 55,70% 54% 52,90% 51,80% 48,70% 48,20% 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Fonte: Bollettino Statistico Banca d’Italia ed ABI Monthly Outlook Il valore di bilancio (Net Book Value, NBV) delle sofferenze è significativamente superiore a quello che gli investitori attivi in questo mercato (tipicamente fondi di tipo speculativo – hedge funds – internazionali) sono disposti a pagare (nella media del sistema esso è pari attualmente al 41% del GBV). Per i prezzi di mercato non esistono dati rappresentativi, perché il mercato è molto sottile e i prestiti ceduti sono piuttosto eterogenei quanto a tipologia, garanzie e grado di svalutazione. Gli investitori di mercato, invece, hanno una prospettiva economica diversa da quella delle banche, e ricorrono a differenti metodologie di stima del valore delle sofferenze. Essi infatti (i) deducono dal prezzo offerto tutti i costi indiretti di gestione (oneri amministrativi e commissioni da corrispondere al servicer prescelto) che dovranno sopportare durante gli anni e necessari al recupero dei flussi di cassa, (ii) mirano a ottenere un rendimento (internal rate of return, IRR) molto più elevato del tasso di attualizzazione usato dalle banche ai fini contabili. L’elevato IRR è dovuto in primo luogo alla struttura del passivo, che è rappresentata esclusivamente o quasi da capitale di rischio; in secondo luogo, anche a parità di valutazione dei flussi di cassa attesi, gli investitori sono avversi al rischio e richiedono un premio tanto più ampio quanto maggiore è la dispersione dei recuperi possibili attorno al valore medio; in terzo luogo, esso tiene conto anche delle commissioni di performance applicate dai gestori dei fondi, il cui importo può arrivare al 20% degli utili netti. Possono, infine, esistere genuine differenze di valutazione dei flussi di cassa futuri, dovute alle asimmetrie informative presenti sul mercato del credito. 24 Così ad esempio, si consideri un’esposizione creditizia classificata a sofferenza con GBV pari ad €100, parzialmente assistita da una garanzia reale. Ipotizziamo che la stima dei flussi di cassa attesi della banca coincida con quella degli investitori attivi su questo mercato, e preveda un solo flusso di cassa in entrata, di valore atteso pari al 47% del valore lordo del credito e da incassare interamente al completamento delle procedure di recupero. Inoltre ipotizziamo che la durata residua attesa del recupero sia di quattro anni. In base a queste assunzioni, quindi, la banca iscrive in bilancio un valore netto della posizione pari al 40% del GBV, con un tasso di copertura del 60%. La tabella sottostante ci permette di valutare l’effetto dei costi indiretti di gestione e del tasso di rendimento sulla determinazione dei prezzi. In assenza di statistiche pubbliche affidabili sui costi indiretti di gestione delle sofferenze, evidenze fornite da Banca d’Italia indicano che tali costi possano incidere per un ammontare pari al 6% dei flussi di cassa nominali attesi. Tabella 1.1: Valorizzazione delle sofferenze Valorizzazione delle sofferenze Banca (1) Banca con costi indiretti (2) IRR: 15%(3) IRR 25% (4) Ipotesi Valore lordo sofferenze (GBV) 100 100 100 100 Valore atteso degli incassi a scadenza 47 47 47 47 Tempo residuo fino alla riscossione del flusso di cassa Costo medio ponderato del passivo (IRR dell'investitore) Costi indiretti 4 4 4 4 non rilevante non rilevante 15% 25% 0% 6% 6% 0% 4% 4% 15% 25% 40,2 40,2 26,9 19,3 0 2,82 2,82 0 40,2 37,4 24,1 16,4 59,8 62,6 Tasso medio di sconto del flusso di cassa Risultati Flusso di cassa scontato Costi indiretti Valore contabile (NBV per la banca), prezzo (per l'investitore) Perdita attesa sulla posizione (tasso di copertura) Fonte: Bollettino Statistico Banca d’Italia 2016 La colonna (2) riporta la valutazione di una banca che, contravvenendo ai principi contabili, include anche i costi indiretti, mantenendo invariate le altre determinanti illustrate nella colonna (1). Il valore attuale della sofferenza, in questo caso sarebbe pari al 37% del GBV, circa 3 punti percentuali inferiore rispetto al caso della colonna (1). Di conseguenza, sarebbe necessario un pari aumento delle rettifiche. In merito all’effetto del tasso di rendimento, invece, ipotizziamo che l’IRR richiesto dagli investitori per l’acquisto delle sofferenze sia compreso tra il 15% e il 25%. In questo intervallo, l’effetto dell’IRR sul prezzo di offerta è approssimativamente lineare. 25 Nel complesso, tenendo conto di entrambi i fattori, il diverso approccio seguito dagli investitori giustificherebbe un prezzo di acquisto da parte dell’investitore compreso tra il 24,1% e il 16,4% del GBV. Queste evidenze, suggeriscono che le principali ragioni alla base del differenziale di prezzo nel mercato delle sofferenze, siano riconducibili ai diversi criteri di stima impiegati ai fini del bilancio, rispetto a quelli utilizzati dagli investitori per la determinazione dei prezzi di acquisto, piuttosto che la presenza di livelli di copertura inadeguati. La valorizzazione di una posizione in sofferenza può essere profondamente diversa in funzione del tempo di recupero, sia in termini di valore contabile, che soprattutto di prezzo di mercato. Sul tempo di recupero incidono vari fattori, tra cui l’efficacia delle procedure interne della banca, l’efficienza delle norme e dell’ordinamento giudiziario di un determinato Paese. A causa di quest’ultimo fattore, la valorizzazione può cambiare in modo rilevante anche all’interno dello stesso Paese, in funzione della rapidità con cui diversi Tribunali riescono a smaltire le procedure di recupero. Ipotizzando un IRR obiettivo del 20%, i prezzi a cui gli investitori sarebbero disposti ad acquistare la sofferenza, in funzione di diversi tempi di recupero, sono: Tabella 1.2: Sensitività dei prezzi delle sofferenze rispetti ai tempi di recupero Prezzo delle sofferenze: sensitività rispetto ai tempi di recupero Tempo di recupero (anni) Prezzo 1 2 3 4 5 6 36,3 29,8 24,4 19,8 16,1 12,9 Fonte: Rapporto sulla stabilità finanziaria 2016, Banca d’Italia L’accorciamento anche solo di un anno dei tempi di recupero, da 4 a 3 anni, accrescerebbe il prezzo di 4.6 punti percentuali del GBV. I tempi di recupero, inoltre, non influiscono solo sulla valorizzazione delle sofferenze e sui NPLs, ma anche sulle consistenze in bilancio: più lungo è il tempo di recupero, più alto è il rapporto di equilibrio tra le sofferenze e gli impieghi43. I crediti deteriorati influenzano i prestiti concessi dalle banche attraverso tre canali tra loro interconnessi: la redditività, il capitale e i finanziamenti. 43 L. G. Ciavoliello, F. Ciocchetta, F. M. Conti, I. Guida, A. Rendina, G. Santini, Quanto valgono i crediti deteriorati? cit., p. 8. 26 Significativi livelli di NPLs richiedono previsioni di perdita da parte delle banche piuttosto rilevanti, oltre alla rinuncia a flussi consistenti di capitale, che si potrebbero invece ottenere da altre attività performanti, poiché parte di capitale è impegnato per far fronte all’elevato rischio legato agli asset “danneggiati”. Al deterioramento dei bilanci bancari ne consegue un aumento dei costi di finanziamento per le banche, a causa del minor flusso di reddito atteso e di un’accentuata percezione del rischio da parte degli investitori. Insieme tutti questi fattori generano un aumento dei tassi a cui concedere i prestiti, una riduzione dei volumi di credito e una maggiore avversione al rischio44. Come mostra il grafico sottostante, i prestiti netti concessi dalle banche rispetto al totale degli assets, è sempre stato piuttosto consistente: dopo una breve caduta dal 2012 al 2013, dal 2014 è iniziata la ripresa. Grafico 1.2: Average Loan Loss Provisions 5.000.000 4.500.000 4.000.000 3.500.000 3.000.000 2.500.000 2.000.000 1.500.000 1.000.000 500.000 0 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Fonte: Bankscope I crediti caratterizzati da difficoltà di recupero hanno un impatto significativo anche sul coefficiente di solvibilità dell’impresa bancaria. Per quale motivo? Argomento essenziale a supporto del principio della valutazione soggettiva della banca e dell’inesistenza di un interesse a segnalare a sofferenza i crediti, è la metodologia di ponderazione degli attivi bancari, ai fini del calcolo del patrimonio di vigilanza e del coefficiente di solvibilità45. Maggiore è il rischio di credito, maggiore sarà il fattore che la banca è tenuta ad applicare alla partita: di conseguenza la segnalazione di un credito a sofferenza incide 44 S. Aiyar, W. Bergthaler, M. Garrido, A. Ilyna, A. Jobst, K. Kang, D. Kovtun, Y. Liu, D. Monaghan, M. Moretti, A Strategy for Resolving Europe’s Problem Loans, IMF Staff Discussion Note, 15/19, 2015, p. 9. 45 Il coefficiente di solvibilità (solvency ratio) è un parametro che misura il livello di patrimonializzazione di un intermediario bancario o finanziario. È calcolato come rapporto tra il patrimonio di vigilanza e il totale delle attività ponderate per il rischio che si trovano all’interno del bilancio dell'intermediario stesso a una certa data (7%, 8%). Dal punto di vista regolamentare, è l’indicatore di riferimento per le direttive Solvency I e II, da Sole 24 Ore, 29 maggio 2015. 27 sensibilmente sul fattore di ponderazione46 applicabile al credito quando appostato a sofferenza, imponendo indirettamente alla banca un maggior ricorso ai mezzi propri per rientrare nei parametri di vigilanza, aggravandone di conseguenza i ratios patrimoniali47. Il coefficiente di ponderazione per la determinazione della solvibilità delle banche, dovrebbe rispecchiare l’effettivo rischio di credito di ogni singola controparte, in base alla specifica situazione finanziaria. L’applicazione di un coefficiente di solvibilità standard, potrebbe incentivare gli intermediari bancari ad assumere posizioni di credito più rischiose, ma per le quali è prevista una maggiore redditività (visto il minor rendimento del capitale allocato in attività a basso rischio). La disciplina ante Basilea II prevedeva l’applicazione di un coefficiente di ponderazione fisso per specifiche categorie di soggetti, seppur questi presentavano rischi piuttosto diversi, senza tener conto, quindi, né della struttura a termine del portafoglio impieghi (essi venivano parificati, senza tener conto della loro durata breve o medio/lunga), né delle esigenze di diversificazione del portafoglio48. Al fine di eludere gli aspetti negativi della normativa, di ottenere riduzioni di oneri patrimoniali e contenere al massimo la propria dotazione patrimoniale, gli intermediati finanziari hanno fatto ricorso ad una serie di strumenti innovativi: hanno trasformato impieghi a sofferenza in attività facilmente smobilizzabili, che hanno poi ceduto al mercato (operazione di cartolarizzazione) trasferendo il rischio di uno specifico asset ad un soggetto terzo senza bisogno di accantonare capitale a fronte dell’attività, oppure hanno ceduto il titolo rappresentativo del credito (credit derivatives). Con l’introduzione del nuovo Accordo Basilea II, che stabilisce i requisiti minimi di patrimonio delle banche in base all’ammontare di rischio da esse assunte, le banche sono chiamate ad indicare metodologie di rating indicativi della solvibilità dei clienti. L’accordo si fonda su tre pilastri: ο· Requisiti patrimoniali minimi: il coefficiente minimo resta fermo all’8%, ma diversamente da quanto previsto dalla normativa precedente, i criteri di ponderazione sono fondati sull’utilizzo di rating esterni oppure interni predisposti dalle banche. 46 Il coefficiente di ponderazione si applica alla banca indipendentemente dalla effettiva recuperabilità o meno del credito (principio di neutralità delle previsioni di perdita e principio del presidio cauzionale di cui sopra). 47 A. Napolitano, Il credito bancario a sofferenza, cit., p. 124 ss. 48 Di conseguenza non era contemplata la distinzione tra rischio di credito sull’attività di prestito (banking book) e rischio specifico sull’attività di intermediazione (trading book). 28 ο· Controllo Prudenziale: esso è fondato su una serie di principi guida, per la creazione di una relazione attiva tra le singole banche e le autorità di vigilanza di riferimento, chiamate ad esprimere un giudizio qualitativo sull’adeguatezza dei sistemi di controllo dei rischi adottati dalle banche ed effettuare eventualmente degli interventi correttivi. ο· Disciplina di mercato: è necessario che le banche rendano pubbliche un livello minimo di informazioni (nonché un’informativa connessa agli aspetti peculiari della realtà aziendale) sui processi utilizzati per gestire e controllare i rischi assunti, per valutare l’effettivo profilo di rischio assunto dalla banca stessa49. 1.3. Il mercato dei NPLs in Italia e in Europa L’analisi del mercato dei NPLs in Italia è oggetto di frequenti studi, tra i quali l’intervento da parte del Fondo Monetario Internazionale (FMI), le valutazioni da parte di Banca d’Italia, la conferenza “NPL. Nuove opportunità per il mercato finanziario”, svoltasi nel mese di Aprile a Milano, cui hanno partecipato i principali esponenti e leader di questo settore50. L’obiettivo comune è delineare una serie di procedure sul fronte fiscale, legale e di vigilanza per sviluppare in Italia un mercato dei Non Performing Loans, analizzare le nuove normative di questo settore, capire a che punto è l’Italia paragonandola all’Europa, e cosa dovremmo aspettarci per il futuro. Le ricette indicate da questi studi, se realizzate, potrebbero sicuramente facilitare lo smaltimento dell’enorme stock di crediti in sofferenza presente attualmente nei bilanci delle banche italiane. I corsi azionari delle banche in Italia hanno risentito negativamente sia dell’elevato ammontare di crediti deteriorati, ereditati dalla lunga recessione, sia dell’incertezza degli investitori sull’esito di alcune operazioni, già programmate, di rafforzamento del capitale. Per questi motivi i mercati hanno accolto con favore l’annuncio dell’avvio del fondo privato Atlante: lo scorso 11 Aprile un ampio numero di banche, assicurazioni, fondi pensione e altri investitori istituzionali, ha deciso di aderire al lancio di un fondo di investimento alternativo, che sarà gestito da Quaestio Capital Management SGR spa, una società di gestione del risparmio autorizzata da Banca d’Italia, finalizzato al sostegno dei prossimi aumenti di capitale delle 49 A. Napolitano, Il credito bancario a sofferenza, cit., p. 133 e ss. dell’incontro: responsabile tutela del credito di Banca Popolare di Milano: Massimo Racca; chief operating officer di Banca Sistema, Massimiliano Ciferri Ceretti; amministratore delegato di Cerved Credit Management: Andrea Mignanelli; amministratore delegato di Integrated Capital: Mario Basilico; amministratore delegato di Kleinen S.p.A - gruppo Omniatel: Dino Piccoli; vice president – senior analyst del team structured finance di Moody’s: David Bergman; amministratore delegato di Primus Capital Credit Management: Vincenzo Macaione e l’avvocato Massimo De Felice Ciccoli, Studio legale DG & Partners. 50Ospiti 29 banche e all’acquisto di prestiti in sofferenza51. Esso contribuirà a evitare che si inneschi una spirale negativa tra la percezione che i prestiti in sofferenza debbano essere ceduti rapidamente, eventuali ulteriori perdite per gli intermediari, la flessione dei corsi azionari e l’incertezza sull’esito dei prossimi aumenti di capitale. Si tratta di un fondo di diritto italiano, di tipo alternativo mobiliare chiuso, riservato ad investitori professionali, le cui dimensioni superano i 4 Miliardi di euro. L’obiettivo del Fondo è rendere circa il 6% annuo nel medio-lungo termine, entro un tempo di 5 anni estendibile per altri tre anni, di anno in anno. Al fine di raggiungere questo obiettivo, la politica di investimento del Fondo è la seguente: fino al 70% del Fondo può investire in banche con ratio patrimoniali inferiori ai minimi stabiliti nell’ambito dello SREP (Supervisor Review and Evaluation Pillar) e che quindi realizzino, su richiesta dell’Autorità di vigilanza, interventi di rafforzamento patrimoniale mediante aumenti di capitale; almeno il 30% del Fondo sarà investito in Non Performing Loans di una pluralità di banche italiane, anche garantiti da asset, tramite: - junior tranche con IRR inferiore a quello richiesto tradizionalmente da investitori specializzati, ma comunque adeguato e coerente con quello di un titolo con rating medio di circa B52. - veicoli creati ad hoc (SPV), inclusi fondi di investimento aventi come sottostante NPLs; - beni mobiliari, immobiliari o altri diritti per operazioni di valorizzazione di NPLs; - dopo il 30 giugno 2017 tutta la quota del Fondo non investita in banche potrà essere investita in NPLs. Principio fondamentale del Fondo è l’indipendenza del management dell’SGR da azionisti e investitori: tuttavia la SGR deve valutare e prendere decisioni di investimento su base meritoria, nell’interesse esclusivo di tutti gli investitori, in conformità alle finalità del Fondo. La ristrutturazione o il rilancio delle banche in cui il Fondo investe, e la velocità di uscita sono la chiave del successo del Fondo, comportando una riduzione del rischio sistematico immediatamente in seguito all’annuncio. L’impatto di lungo periodo sulle valutazioni delle banche, invece, dipenderà dal successo della politica di investimento. 51 Dal 7 aprile, giorno in cui sono state diffuse le prime notizie sulla costituzione del fondo, al 26 dello stesso mese le quotazioni azionarie delle banche italiane sono aumentate in media del 20 per cento e i premi medi dei credit default swap (CDS) si sono ridotti di circa 50 punti base. L’IRR mediano netto realizzato dagli investitori di circa 14.000 fondi specializzati in distressed debt risulta pari a 12,2%, equivalente a circa 16%-18% al lordo delle fees, Prequin, 2016. 52 30 La teoria comportamentale spiega come il manifestarsi di un evento del tutto inatteso – che abbia probabilità di verificarsi prossime allo zero – provochi un repentino mutamento della percezione generale del rischio (Herding Behaviour). Il raggiungimento degli obiettivi del Fondo, dipende anche da almeno tre fattori esogeni al Fondo stesso: - l’intervento dello Stato per modificare le procedure di riscossione del credito e quelle fallimentari in tempi rapidi, essendo il sistema giuridico uno dei pilastri di qualsiasi sistema finanziario; - la capacità delle banche di ritornare rapidamente alla redditività operativa, poiché il tempo di smaltimento dei NPLs dipende dalla capacità di generare nuovi utili che assorbano le vecchie perdite, senza causare aumenti di capitale e rischi di bail-in; - l’assenza di shock negativi nei prossimi anni e dei tassi ai quali i crediti deteriorati diventano sofferenze e quelli in bonis diventano deteriorati53. Un ulteriore incentivo allo sviluppo del mercato dei crediti deteriorati, può derivare dall’accordo raggiunto con la Commissione europea: lo scorso gennaio è stata introdotta la possibilità di avvalersi di una garanzia dello Stato (Garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, GACS), che agevola le cartolarizzazioni dei crediti in sofferenza e completa la scatola degli attrezzi italiani per gestire i crediti problematici. Con l’emanazione del “Decreto Banche” del 14 febbraio 2016 n. 18, “il governo ha varato un decreto legge che sbloccherà il settore dei NPLs promettendo vita più facile per gli istituti bancari e per gli intermediari finanziari”, ha affermato M. Basilico, amministratore delegato di Integrated Capital, un gruppo che si rivolge ai professionisti dell’intermediazione finanziaria. Le garanzie statali dovrebbero assistere le banche italiane sulle tranche senior nei processi di cartolarizzazione e spostamento dei crediti deteriorati, al momento presenti nei loro bilanci, verso entità separate e con un management autonomo, ovvero le Special Purpose Vehicle (SPV), che li trasformano in titoli cartolarizzati da destinare al mercato. Lo Stato, tuttavia, rilascia garanzie solo se sono rispettate diverse condizioni: - i titoli devono appartenere alla classe senior; - i titoli oggetto di cartolarizzazione hanno preventivamente ottenuto da una delle agenzie di rating riconosciute dalla BCE, un rating uguale o superiore all’Investment Grade. 53 Quaestio Capital Management SGR S. p. A., Presentazione Fondo Atlante, 29 aprile 2016, website. 31 - le banche che cartolarizzano e cedono i crediti in sofferenza devono pagare una commissione periodica al Tesoro calcolata come percentuale annua sull’ammontare garantito. Per questo motivo la concessione di garanzie dello Stato non genererà oneri per il bilancio dello Stato: al contrario si prevede che le commissioni incassate siano superiori ai costi e che vi sia pertanto un’entrata netta positiva. Le garanzie sono prezzate a condizioni di mercato in modo che non costituiscano aiuti di Stato: per controllare che effettivamente così fosse, la fase di attuazione legislativa viene monitorata da un’autorità di controllo ad hoc. Il prezzo è calcolato prendendo come riferimento i prezzi dei CDS (credit default swap) degli emittenti italiani, che presentano un profilo di rischio corrispondente a quello dei titoli garantiti. C’è da aspettarsi prezzi crescenti nel tempo, sia per tener conto dei maggiori rischi connessi a una maggiore durata delle procedure, sia per introdurre nello schema un forte incentivo a recuperare al più presto i crediti54. La garanzia diventa di fatto efficace, quando la banca ha venduto più del 50% dei titoli junior ad un prezzo calcolato sulla base dei prezzi dei CDS. L’efficacia della Gacs nel favorire lo sviluppo del mercato dei crediti deteriorati, va valutata congiuntamente con la costituzione del fondo Atlante e con le iniziative volte a migliorare la gestione, non sempre efficiente, dei prestiti deteriorati da parte delle banche55. Le somme rivenienti dai recuperi e dagli incassi realizzati in relazione al portafoglio dei crediti ceduti, dai contratti di copertura finanziaria stipulati e dagli utilizzi della linea di credito, al netto delle somme trattenute dai NPLs Servicers per la propria attività di gestione secondo i termini convenuti con la società cessionaria, sono impiegati nel pagamento di oneri legati al recupero del credito stesso. Lo scopo ultimo del decreto, che non è ancora stato convertito in legge, dunque, è ridurre i 200 miliardi di euro di crediti deteriorarti presenti nei bilanci delle banche italiane, che frenano l’erogazione di nuovi prestiti a famiglie ed imprese, smaltire i 70 miliardi di euro di crediti diventati inesigibili, ridurre la durata delle esecuzioni immobiliari da quattro a tre anni e aumentare i prezzi di mercato degli attivi deteriorati. A dicembre 2015 i crediti deteriorati, al lordo delle corrispondenti rettifiche di valore, ammontavano a circa 360 miliardi di euro, il 18,1% del totale dei crediti verso clientela; le 54 www.ilsole24ore.it, Articolo del 27 Gennaio 2015, Garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze (GACS): come funziona la Bad Bank all’italiana. 55 Rapporto sulla stabilità finanziaria 2016, Banca d’Italia. 32 sofferenze ammontavano a 210 miliardi (10,6% dei crediti complessivi). Ai fini del bilancio rilevano gli importi al netto delle rettifiche, che alla stessa data erano pari rispettivamente a 197 e 87 miliardi di euro. Questi incidono sull’attivo patrimoniale delle banche e vincolano dunque il loro patrimonio (e quindi il patrimonio di vigilanza); con Basilea III che fissa parametri sempre più elevati, le banche sono dunque “ingessate”56. Tabella 1.3: Rettifiche, tassi di copertura e garanzie su posizioni deteriorate in Italia nel dicembre 2015 (Miliardi di euro e p.p) Esposizione Lorda Rettifiche Esposizione netta Tasso di copertura Garanzie Reali Garanzie Personali Totale deteriorati 360 163 197 45,40% 160 52 Di cui sofferenze 210 123 87 58,70% 85 37 Fonte: segnalazioni di vigilanza consolidate pe i gruppi e individuali per le banche non appartenenti a gruppi bancari, Banca d’Italia. L’ammontare delle garanzie si riferisce al credito assistito da garanzia. Nel caso quindi di un credito assistito da una garanzia il cui valore è superiore al credito, l’importo massimo segnalato è pari al credito stesso. La metà dei crediti deteriorati, di fatto, è assistita da garanzia. Come riportato in tabella, le banche detengono, garanzie reali per un ammontare pari a 160 miliardi, circa il 50% del totale delle esposizioni deteriorate lorde (67% considerando anche le garanzie personali): esse sono superiori al valore di bilancio dei prestiti stessi. I paesi dell’Europa presentano una situazione più disastrosa rispetto a quelli non Europei, e il problema è maggiormente concentrato nell’area meridionale, nel settore corporate piuttosto che quello retail57 e sono di tipo unsecured. Tabella 1.4: Gross NPE Ratios by Sector EuroArea: Gross NonPerforming Exposure (NPE) Ratios by Sector San Marino Ciprus Ireland Albania Montenegro Slovenia Italy Croatia Romania Spain Portugal Denmark Netherlands Belgium Total Corporate 42.3 39.4 32.2 22.8 21.5 20.2 17.6 16.7 13.9 12.2 7.9 4 3.7 3.4 46.3 50.2 25.9 26.7 29.9 21 30.5 18.7 18.8 11.1 5.5 7.7 5.1 Retail Total 29.6 21.7 15.7 10.3 11.1 13.7 12 7.8 6.8 5.7 1.9 1.8 2.4 15.7 48 40.9 13.6 8.4 14.6 12 8.1 4.3 9.1 7.3 1.6 5.5 2.3 Fonti: EBA, ECB Comprehensive Assessment; SNL, European Central Bank 2014 Comprehensive Assessment database, e IMF. 56 Uno dei principali problemi del sistema bancario è il fatto che oggi tutta la liquidità che la Banca Centrale Europea mette sul mercato non arriva nella disponibilità delle imprese e delle famiglie. 57S. Aiyar, W. Bergthaler, M. Garrido, A. Ilyna, A. Jobst, K. Kang, D. Kovtun, Y. Liu, D. Monaghan, M. Moretti, A Strategy for Resolving Europe’s Problem Loans, cit., p. 7 e ss. 33 Dal grafico sottostante si deduce la situazione presente nelle banche italiane: il volume di NPLs in Italia è quasi il doppio di quello europeo, ed è stato sempre via via crescente negli anni Grafico 1.3: Evoluzione dei Non Performing Loans in Italia e in Europa NPLs/Goss Loans NPLs/Gross Loans 20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 NPLs/Gross Loans (%) Italy NPLs/Gross Loans (%) EuroArea 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Anno Fonte: Bankscope Per meglio capire la situazione del mercato dei Non Performing Loans in Italia, è opportuno fare un confronto con le altre giurisdizioni europee che hanno un problema analogo in termini dimensionali: Inghilterra, Irlanda, Germania e Spagna. Ciascuno di questi paesi ha delle caratteristiche proprie. L’Inghilterra è tra i mercati più maturi, alla luce dell’elevato numero di transazioni effettuate negli ultimi anni. Il mercato è efficiente, vi operano gli operatori internazionali del mercato dei NPLs ed è caratterizzato da una forte trasparenza informativa e fiducia sulla qualità del dato, peculiarità, queste, che sono dimostrate dal fatto che le gare per acquistare i NPLs vengono svolte attraverso le due diligence: il venditore mette a disposizione dei compratori dei dossier in cui valorizza i propri crediti in vendita e i compratori prezzano i book sulla base di queste informazioni. Diventa de facto una competizione sul costo del capitale, poiché a parità di informazioni vince chi si spinge oltre nelle assunzioni o prezza con un costo del capitale più basso. Seppure negli ultimi cinque anni il volume di crediti deteriorati in Irlanda è cresciuto vertiginosamente, a partire dal 2014 il Paese è in fase di ripresa e anch’esso caratterizzato da un elevato volume di scambi. La Germania, invece, è un paese caratterizzato da Non Performing Loans soprattutto legati al mondo immobiliare e commerciale e il volume dei NPLs è piuttosto ridotto. La Spagna è un caso a parte: grazie al marcato intervento del governo si è creato un meccanismo di smaltimento dei NPLs efficace, che ha de facto consentito velocemente la trasformazione dei crediti in beni: la giurisdizione di questo Paese contente di spostare il problema 34 di dismissione dai crediti ai beni sottostanti, che vengono presi in possesso attraverso le aste. Inoltre la Spagna, come l’Irlanda, ha ceduto una grande fetta di crediti deteriorati alle bad bank, che lavorano per smaltirli; tuttavia i risultati nei due Paesi sono parzialmente diversi: in Irlanda si procede ad un passo abbastanza rapido, mentre in Spagna c’è bisogno di più capitale e di conseguenza lo smaltimento dei crediti va più a rilento. Tutti questi Paesi si sono mossi più velocemente dell’Italia, in cui peraltro non c’è né trasparenza informativa, né un chiaro problema individuato in un asset class, ma diffuso su tutte le tipologie di credito, sia verso imprese che privati. Questo spiega il fatto che seppur ci siano sono tanti investitori alla finestra, le transazioni fino ad ora sono state una frazione di quello che potenzialmente ci si aspettava58. I crediti deteriorati sono una patologia del nostro Paese più che altrove, per almeno tre motivi: - il primo problema che rende l'Italia “speciale” è numerico. A causa dell’elevata recessione che ha colpito il nostro Paese e della mala gestio, i crediti deteriorati nei bilanci delle banche italiane sono oggi molto maggiori che all'estero e sono cresciuti molto in fretta: le sofferenze lorde sono passate dai 107 miliardi di euro del 2011 ai 202 miliardi attuali. Così, secondo i calcoli del Fondo monetario, oggi i prestiti in sofferenza in Italia ammontano all'11,2% del totale crediti. Questo significa che ogni 100 finanziamenti erogati dalle banche a famiglie e imprese, in media 11,2 sono ormai inesigibili. Questo dato include solo le sofferenze, dunque la punta dell'iceberg, e non anche gli incagli. Se si considerano invece i dati dell'European Banking Authority (EBA), che includono tutti i crediti deteriorati, il fardello appare ancora maggiore: in Italia sono di difficile recupero crediti pari al 16.7% del totale, molto più del 3.4% della Germania, del 2.9% dell'Olanda, del 4.3% della Francia e del 7.1% della Spagna. Tuttavia parte di queste perdite è già stata svalutata nei bilanci delle banche e quindi digerite; il tasso di copertura dei crediti deteriorati, sempre secondo i dati dell'EBA, è infatti più alto della media europea. In Italia è al 45% (superato solo dal 46% spagnolo, dal 51% francese e dal 56% austriaco), mentre in tutti gli altri Paesi è più basso, soprattutto in Germania è pari al 35%: questo significa che le banche in Italia hanno adottato L. Spadaro, Crediti deteriorati: il problema dell’Europa è solo dell’Italia? in Finanza e analisi dei mercati, gennaio 2016. 58 35 una politica più prudente che all'estero. Tuttavia i numeri sono giganteschi ed è necessario ridurli. - il secondo problema è che il nostro Paese ha un sistema giudiziario troppo lento. In Italia - secondo i dati di Mediobanca Securities - servono mediamente 7/8 anni per chiudere una procedura fallimentare, molti più che all'estero. Chi vuole far valere un contratto in Tribunale - calcola la Banca mondiale - deve aspettare 1.120 giorni: molti più dei 429 della Germania, dei 395 della Francia, dei 505 del Belgio, dei 397 dell'Austria o dei 510 della Spagna. - il terzo problema è legato al fatto che l'Italia non ha mai utilizzato soldi pubblici per aiutare le proprie banche59. Il paradosso è che il nostro Paese ha contribuito (con i soldi dei propri cittadini) a salvare le banche spagnole e irlandesi dai crediti in sofferenza, ma non è mai intervenuta per le proprie. Così oggi spagnoli e irlandesi hanno ridimensionato il problema, l’Italia no60. Come accennato in precedenza, oggi lo stock di sofferenze è di oltre 200 miliardi di euro, che è circa cinque volte lo stock pre-crisi che si aggirava da 10 anni intorno ai 40 miliardi di euro (un ammontare digeribile dal punto di vista operativo dal sistema bancario). Esse equivalgono al 12% del NPL ratio medio, ossia del rapporto tra Non Performing Loans e assets del sistema bancario. Si tratta di una cifra insostenibile. La BCE punta l’attenzione su banche che hanno un NPL ratio superiore al 16%, essendo considerate a rischio e che hanno bisogno di un monitoraggio speciale. Le banche stesse devono cercare di ridurre questo rapporto e per fare ciò possono aumentare gli impieghi o ridurre gli stock. Seppur entrambe le strategie sono attualmente molto complesse, tutte le banche hanno già dichiarato una strategia di riduzione del rapporto, essendo forte la necessità di farlo. Tra i principali ostacoli che le banche devono affrontare, il tempo di dismissione delle posizioni deteriorate ha la sua importanza (che in alcune macroaree del Nord è più breve): per la creazione di un NPL ci vuole un anno, per dismetterlo ce ne vogliono sette. Dal 2015 il tasso di nuove sofferenze è diminuito rispetto all’anno precedente, e sta rallentando la velocità di accumulo dello stock di crediti deteriorati: nonostante ciò il loro ammontare continua a crescere, poiché la velocita di uscita delle sofferenze è molto più lenta rispetto alla velocità di entrata, come mostra il grafico sottostante. 59 Oltre ai 238 miliardi impegnati dal Governo tedesco, fanno riflettere i 52 miliardi usati dalla Spagna e i 42 dall'Irlanda (ottenuti con aiuti europei) proprio per risolvere a casa loro anche il problema dei crediti in sofferenza. 60 M. Longo, Npl, giustizia lenta, poco credito: la spirale da spezzare, articolo de Il Sole 24 ore del 14 aprile 2016. 36 Tabella 1.5: Sofferenze, distribuzione per localizzazione della clientela Area Geografica Italia Nord Orientale Italia Insulare Italia Centrale Italia Nord Occidentale Italia Meridionale Totale IV Trimestre 2015 (flussi in Mln di €) Nuove sofferenze Sofferenze cessate Numero affidati Importo Numero affidati Importo 11.234 1.557 10.468 836 11.889 711 8.681 199 16.298 1.529 13.976 684 18.872 1.659 16.740 946 21.085 944 16.837 490 79.378 6.400 66.702 3.155 Fonte: Bollettino Statistico II 2015, Banca d’Italia Nell’ultimo trimestre del 2015 le sofferenze sono state smaltite per un totale di 3.155 Milioni di euro, ma ne sono entrate 79.378 per un importo complessivo di 6.400 Milioni di euro. Questo implica che le notizie semipositive di riduzione della velocità di accumulo di nuove sofferenze sono mitigate dal fatto che i tempi sono piuttosto lunghi. Lo stock di NPLs quindi è destinato a crescere e secondo alcune stime crescerà fino a 220 miliardi di euro nel 2019. Per ridurre questo ammontare si possono considerare due fattori chiave: il primo è l’accelerazione delle procedure esecutive e concorsuali, su cui ha lavorato il - governo quest’estate con una serie di norme coerenti che stanno dando i loro benefici. Da queste la Banca d’Italia si aspettava un beneficio del 50% in termini di riduzione del tempo, ma secondo stime più realistiche i benefici possono essere dell’ordine del 20 o 30% di riduzione del tempo (da 7 a 5 anni per la dismissione di un NPL). Se così fosse la velocità di uscita dei NPLs aumenta e di conseguenza lo stock si riduce (nel 2019 anziché arrivare a 220 miliardi si arriva a 195 miliardi di euro, che comunque è una cifra sostanziosa). - il secondo modo per smaltire significativamente questo stock, è quello delle cessioni (che però in realtà consentono lo spostamento, e non l’eliminazione, dello stock di sofferenze dalle banche ad altri soggetti intermediari), per un ammontare di 70 miliardi di euro, un misto di aspirazione e necessità: se anche si riuscissero a realizzare 70 miliardi di dismissioni, si arriverebbe a 125 miliardi di euro di stock. Inoltre in fase di cessione, il prezzo legato al tempo di recupero diventa più consistente: la riduzione del costo del capitale attraverso una tranche senior a prezzo di mercato, può in media aumentare il prezzo di acquisto da parte di un fondo specializzato di circa 10% o 15%: un portafoglio che prima veniva comprato al 20% (30%) del valore facciale, viene comprato a 22% (33%) o 23% (35%). Si tratta di un incremento che non colma l’intero gap del 20% (in periodi precedenti ad un’offerta del 20% del valore nominale, le banche rilanciavano 37 anche al 40%). Inoltre i cash flows sui NPLs hanno una vita più o meno di 6 anni, mentre la tranche senior lavora solo sui primi tre anni, quindi il beneficio in termini di costo medio ponderato del capitale non si riflette su tutta l’operazione, ma solo sulla parte iniziale. In definitiva la cessione del credito è uno strumento che va affiancato ad altri, poiché consente di ottenere un beneficio economico ma non così elevato. Secondo il parere del Dottor David Bergman, analista in Moody’s, intervenuto durante la conferenza svoltasi a Milano, nonostante tutto questo avesse prodotto effetti pesanti sull'economia, in Italia ci sono prospettive di crescita supportate dalla nuova legislazione, dalle GACS, e dalla forte pressione sulle banche per trovare in qualche modo una soluzione e smaltire tutti i crediti deteriorati che hanno in pancia. Infatti, seppur in ogni caso si tratta di un problema che non può essere risolto in due o tre anni, inizia ad avvisarsi un certo miglioramento degli indicatori di rischiosità. Già nel quarto trimestre del 2015 il flusso di nuovi crediti deteriorati in rapporto al totale dei crediti è sceso al valore più basso (3.3%) dal terzo trimestre del 2008, come mostra il grafico sottostante. Grafico 1.4: Relazione tra deterioramento del credito e nuove sofferenze in entrata Tasso di deterioramento del credito e tasso di ingresso in sofferenza (%) 7,0 6,0 5,0 4,0 3,0 2,0 1,0 0,0 2006 2006 2007 2007 2008 2008 2009 2009 2010 2010 2011 2011 2012 2012 2013 2013 2014 2014 2015 2015 Q1 Q3 Q1 Q3 Q1 Q3 Q1 Q3 Q1 Q3 Q1 Q3 Q1 Q3 Q1 Q3 Q1 Q3 Q1 Q3 tasso di deterioramento del credito tasso di ingresso in sofferenza Fonte: Centrale dei rischi. Si tratta di flussi trimestrali di prestiti deteriorati rettificati e di sofferenze rettificate in rapporto, rispettivamente, alle consistenze dei prestiti al netto dei prestiti deteriorati rettificati e delle sofferenze rettificate alla fine del trimestre precedente in ragione annua. Dati depurati dalla componente stagionale, ove presente. Secondo proiezioni di Banca d’Italia, coerenti con gli scenari macroeconomici più recenti e in linea con le previsioni di Consensus Economics, il tasso di ingresso in sofferenza si ridurrebbe gradualmente nel corso dell’anno, fino a raggiungere valori di poco superiori al 3% per i prestiti alle imprese (attualmente pari al 4.1%) e all’1% per quelli alle famiglie (attualmente pari all’1.6%). 38 Prosegue inoltre il miglioramento della qualità del credito. La consistenza dei crediti deteriorati, dopo aver raggiunto un picco in settembre di 363 miliardi di euro, si è lievemente ridotta per la prima volta dal 2008. Come accennato in precedenza i crediti deteriorati nel 2015 erano il 18.1% dei crediti verso la clientela; al netto delle rettifiche di valore, la loro incidenza sui prestiti è del 10.8%, di cui 4.8% per le sole sofferenze. Il tasso di deterioramento dei prestiti alle famiglie ha raggiunto un livello di poco superiore al periodo precedente la crisi finanziaria (pari al 2.3% nel 2015, figura sottostante) e il tasso di crescita sui dodici mesi dei crediti deteriorati è sceso a uno dei valori più bassi dal 2009 (3.2% nel dicembre scorso). L’incidenza dell’ammontare dei prestiti deteriorati sul totale dei finanziamenti è rimasta pressoché stabile. I prestiti scaduti, che costituiscono la prima forma di deterioramento del credito, sono in calo per ogni tipologia di prestito alle famiglie. Le proiezioni del modello di microsimulazione della Banca d’Italia, e le previsioni di Consensus Economics, indicano che la quota di famiglie vulnerabili e quella del debito da esse detenuto, scenderebbero lievemente nel 2016 rispettivamente al di sotto del 2% e del 16% (2.1% e 16.8% nel 2014). Grafico 1.5: Vulnerabilità delle famiglie e deterioramento dei prestiti (*) 3,5 3,3 3,1 2,9 2,7 2,5 2,3 2,1 1,9 1,7 1,5 2007 Storico 2008 2009 2010 Proiezioni 2011 2012 Quota di famiglie vulnerabili al tempo t 2013 2014 2015 2016 2017 Tasso di ingresso in deterioramento al tempo t + 1 Fonte: Centrale dei rischi ed elaborazioni su dati dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane. (*) La linea rossa indica il tasso di deterioramento dei prestiti alle famiglie consumatrici nell’anno t+1, risultante dai dati della Centrale dei rischi. La linea blu tratteggiata indica la quota di famiglie vulnerabili nell’anno t ottenuta partendo dai dati microeconomici. Gli ultimi dati disponibili sono relativi all’anno 2014; si utilizza il modello di microsimulazione per stimare questa quota negli anni 2015 e 2016. Il maggior rischio per le famiglie è rappresentato da un eventuale indebolirsi della ripresa del mercato del lavoro: in uno scenario avverso in cui si verificasse una riduzione annuale del reddito nominale del 3% nel2016, la quota di famiglie vulnerabili rimarrebbe sui livelli del 2014, mentre la loro quota di debito aumenterebbe di circa un punto percentuale. La propensione ad assumere rischi da parte delle banche italiane rimane contenuta, nonostante gli stimoli della politica monetaria fortemente espansiva. Le condizioni alle quali 39 viene offerto il credito, benché in fase di distensione, sono ancora improntate a prudenza. L’aumento dei prestiti, infatti, è limitato alle fasce di clientela di migliore qualità, quali le famiglie e le imprese in condizioni finanziarie solide ed equilibrate, specialmente quelle grandi. Sono ancora in diminuzione per le micro imprese (fig. sottostante). Sulla base dell’indagine condotta dall’Istat presso le imprese manifatturiere, nel primo trimestre dell’anno la quota di aziende che dichiarano di non aver ottenuto i finanziamenti richiesti è scesa all’8.4 %; le difficoltà di accesso al credito si confermano più elevate, anche se in attenuazione, per le imprese di minore dimensione (10.5 %)61. Grafico 1.6: Prestiti alle imprese per classe di rischio e dimensione (variazioni percentuali sui 12 mesi) 15 micro piccole medie grandi 10 5 0 -5 -10 2014 2015 sane 2014 2015 vulnerabili 2014 2015 rischiose Fonte: Banca d’Italia e Cerved. Si tratta di prestiti concessi da banche e società finanziarie. I dati relativi al 2014 sono riferiti a un campione di circa 423.000 società di capitale; quelli del 2015 sono relativi a circa 373.000 imprese per le quali sono disponibili i bilanci del 2014. La classificazione per categoria di rischio è basata su un punteggio assegnato da Cerved. Secondo le previsioni di Banca d’Italia, inoltre, il credito bancario al settore privato non finanziario crescerà moderatamente nell’anno in corso e nel successivo biennio: l’aumento non sarebbe, tuttavia, tale da determinare un miglioramento del credit-to-GDP gap, il cui calo si interromperebbe soltanto alla fine del 2017. Questo indicatore resterebbe su valori negativi per tutto l’anno prossimo anche qualora la crescita del credito fosse significativamente più rapida di quella dello scenario di base. 61 B. Maggi, M. Guida, Modeling non-performing loans probability in the commercial banking system: efficiency and effectiveness related to credit risk in Italy, Working Paper No.1, 2009. 40 Grafico 1.7: Credit to GDP Gap in Italia espresso in mesi da gennaio 2016 Dati storici 4,0 3,0 2,0 1,0 0,0 -1,0 -2,0 -3,0 -4,0 -5,0 -6,0 2,8 1,3 0,8 -0,3 -0,6 -1,5 -2,4 -3,3 -3,7 -4,5 -4,2 -4,5 -5,4 0 2 4 6 8 10 12 -5,0 14 -4,5 -5,1 16 -5,3 18 Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia e Istat. D’altro canto si attenuano le difficoltà di rimborso dei debiti. Nel 2015, per la prima volta dopo otto anni, si è ridotto su base annua il numero dei fallimenti, che permane tuttavia su livelli più che doppi rispetto a quelli registrati nel 2008. Il tasso di deterioramento dei prestiti è diminuito di oltre quattro punti percentuali, al 4.9 %, riflettendo un miglioramento diffuso in tutti i settori; il tasso di ingresso in sofferenza, sostenuto da un flusso ancora consistente di prestiti già classificati come deteriorati, è rimasto tuttavia elevato (4.1% nel quarto trimestre). L’incidenza dello stock complessivo di prestiti deteriorati sul totale dei finanziamenti alle imprese ha raggiunto quasi il 30%. Tabella 1.6: Prestiti a famiglie consumatrici e a imprese Voci In bonis Deteriorati, di cui Sofferenze Scaduti Altri Totale In bonis Deteriorati, di cui Sofferenze Scaduti Altri Totale giu-15 Famiglie consumatrici 488.525 89.10% 59.982 10.90% 38.536 7.00% 5.362 1.00% 16.084 2.90% 548.507 100% Imprese 694.913 70.60% 289.004 29.40% 166.067 16.90% 11.366 1.20% 111.571 11.30% 983.917 100% Fonte: DataBase Banca d’Italia 41 dic-15 489.849 60.963 39.327 5.121 16.515 550.812 88.90% 11.10% 7.10% 0.90% 3.00% 100% 673.169 287.504 169.833 9.043 108.629 960.673 70.10% 29.90% 17.70% 0.90% 11.30% 100% Nel 2015, infatti sono stati scambiati 104 miliardi di euro di crediti in sofferenza, un livello che non si vedeva dal 2008, e cedute e cancellate dai bilanci bancari circa 9 miliardi di sofferenze, il doppio rispetto al 201462. Con livelli così alti e un volume di scambi pari ai 13,3 miliardi di euro, l’Italia si conferma il quarto mercato in Europa dopo l’Inghilterra, Spagna e Irlanda che insieme hanno realizzato transazioni per 73 miliardi di euro. Il volume delle operazioni potrebbe attestarsi intorno ai 15/16 miliardi di euro nel 2016/2017 e salire nei prossimi anni fino a 27 miliardi di euro63. Tra le società più attive del settore UniCredit, Mps, Banco Popolare e Banca Ifis 64 tra le italiane e Goldman Sachs e Deutsche Bank tra quelle estere. Quest’insieme di osservazioni, sono coerenti con il punto di vista del governatore Ignazio Visco, che al giorno d’oggi ritiene ci siano buone ragioni per sostenere che siano esagerate le preoccupazioni dei mercati sulla qualità degli asset delle banche italiane: a fronte dei 200 miliardi di sofferenze il valore netto dei bad loans è pari a 87 miliardi ed è più che pienamente coperto da 85 miliardi di garanze reali e da altre garanzie personali (37 miliardi); quanto agli accantonamenti, pari al 45% per i crediti deteriorati, salgono al 60 % per i prestiti cattivi veri e propri65. Grafico 1.8: Evoluzione delle sofferenze lorde e nette 201 184 156 NPLs lordi 125 107 80 78 52 84 89 65 37 2010 NPLs netti 2011 2012 2013 2014 2015 Fonte: Bollettino Statistico Banca d’Italia ed ABI Monthly Outlook Le cessioni hanno riguardato per oltre l’80% prestiti alle imprese, L. G. Ciavoliello, F. Ciocchetta, F. M. Conti, I. Guida, A. Rendina, G. Santini, Quanto valgono i crediti deteriorati? cit. 63 www.kpmg.it 64 Il 4 agosto 2015 l’istituto ha concluso due operazioni di acquisto di due portafogli di crediti di difficile esigibilità, messi in vendita rispettivamente da Santander Consumer Bank S.p.A. e da un primario fondo internazionale, per un totale di 68.500 posizioni, con un valore ceduto pari a 630 milioni di euro. Il primo è costituito per il 73% da prestiti personali e per il 23% da prestiti finalizzati. Il secondo è composto per il 46% da prestiti personali, per il 30% da prestiti finalizzati e per il restante 24% da carte di credito. I ticket medi oscillavano tra i 5.000 e i 30.000 euro. Queste operazioni rappresentano una conferma del ruolo di leader che Banca IFIS vanta nel mercato italiano dei Non Performing Loans: il portafoglio NPL di proprietà di Banca IFIS raggiunge i 7,4 miliardi per oltre 960.000 posizioni, Comunicato Stampa Banca IFIS, www.bancaifis.it. 65 www.ilsole24ore.it 62 42 Per le attività finanziare non c’è mai un prezzo di mercato unico, poiché in ogni transazione economica esistono sempre due prezzi diversi: il prezzo denaro, detto anche bid, che è il prezzo a cui si vende, e il prezzo lettera, o anche ask, che è il prezzo a cui si compra. La differenza tra questi due prezzi si manifesta in qualsiasi contrattazione. Lo spread bid/ask dei Non Performing Loans varia dal 30% al 50% ed è molto più ampio di quello di corporate bonds, azioni liquide o illiquide, per i quali assume valori dallo 0% al 20%. Le banche italiane espongono in bilancio i credit in sofferenza a un prezzo di carico pari a circa il 41% del valore dell’esposizione lorda, mentre gli operatori specializzati (hedge funds) sono disposti a comprare ad un prezzo di mercato di poco superiore al 22%: è tale differenza di circa 19 punti percentuali che frena lo sviluppo del mercato in maniera drammatica. Il problema è capire perché il divario sia così ampio e operare in varie direzioni per ridurlo. I fattori che contribuiscono allo spread bid/ask dei NPLs sono: - data quality, ossia il processo di archiviazione e mantenimento delle informazioni nelle banche dati. Gli investitori molto spesso non hanno dati chiari e organizzati in forma digitale per valutare in tempi brevi i portafogli di NPLs. In altri casi mancano serie storiche e dati accurati sui tempi di recupero per le varie procedure. - servicing, ovvero l’efficienza e il costo del servizio per il recupero crediti, obiettivi che molto spesso in Italia non sono massimizzati a causa della frammentazione del mercato, delle scarse competenze, mancanza di tecnologia e costi di servicing piuttosto consistenti. La gran parte dei servicer gestisce principalmente portafogli unsecured. - time to recovery, il tempo impiegati per recuperarli, incertezza sul tempo di recupero e ampia divergenza tra vari procedimenti e tra diversi tribunali. Il miglioramento dell’informazione circa i possibili tassi di recupero ridurrebbe grandemente l’asimmetria informativa tra le banche cedenti ed i potenziali acquirenti dei crediti deteriorati, riducendo gli haircut che questi applicano alle stime di recupero delle banche. Inoltre l’accelerazione dei tempi di recupero potrebbe potenzialmente ridurre grandemente l’ampiezza dello spread bid/ask sul mercato dei crediti deteriorati. Minori tempi di recupero implicano minore incertezze sui recuperi e minori oneri di finanziamento delle posizioni e dunque prezzi di cessione più elevati. - condizioni del mercato, andamento prospettico dell’economia e dei premi degli immobili; 43 - diverse metodologie di valutazione delle sofferenze: alcuni studi di Banca d’Italia dimostrano che lo spread bid/ask sul mercato dei NPLs dipende da vari fattori, ma in prima istanza è figlio dell’applicazione di diversi criteri di valutazione dei crediti in sofferenza. Gli investitori di mercato, avendo una prospettiva economica diversa da quella delle banche, applicano diverse metodologie di valutazione delle sofferenze, sia nella stima dei flussi di cassa futuri attesi, sia nel calcolo del prezzo di acquisto offerto tutti i costi che dovranno supportare nel corso del processo di recupero sia quelli diretti che quelli indiretti, sia nell’utilizzo di un tasso di attualizzazione molto più elevato di quello usato dalle banche, che include un premio per il rischio, tanto più ampio quanto maggiore è la dispersione dei possibili recuperi intorno al loro valore medio (oggi tale tasso varia tra il 12% ed il 15%). Per ridurre lo spread bid/ask oggi esistente ed innescare così un processo di creazione di un mercato per la cessione delle sofferenze in modo da ridurre lo stock dei deteriorati sono necessarie alcune manovre tra cui ricordiamo: la riduzione dei tempi di recupero, migliore informativa sui tassi di recupero, riduzione del costo medio del capitale ed aumento del grado di diversificazione dei portafogli ceduti66. 1.4. Le principali cause del deterioramento qualitativo del credito bancario e analisi delle variabili macroeconomiche che impattano sui Non Performing Loans Tracciata a grandi linee l’evoluzione dei crediti deteriorati, è opportuno individuare quali possano essere state le cause di tale deterioramento. Limitare le cause di essa all’andamento dell’economia e alla fase di recessione economico, potrebbe risultare troppo semplice. La notevole crescita delle sofferenze è legata ad una serie di debolezze del sistema economico/finanziario, quali l’insufficienza di capitali di rischio da parte delle imprese, l’elevata leva finanziaria, il sovra-indebitamento delle aziende, il frazionamento dei rischi mediante affidamenti multipli, e la carenza di strumenti e canali finanziari alternativi al credito bancario67. In aggiunta, l’intensificazione della concorrenza ha portato ad una più aspra competitività sui mercati e ad una necessaria ristrutturazione aziendale, al fine di guadagnare elevati livelli di produttività e competitività, focalizzando le energie sulla modernizzazione delle linee di produzione esistenti e su nuove nicchie di mercati. Il potenziale incremento dei 66 www.ilsole24ore.it, Articolo del 14 Giugno 2016, Crediti deteriorati: il nodo dei prezzi di mercato (e come venirne a capo), di Riccardo Tedeschi. 67 T. Bianchi, Stabilità del sistema creditizio e valutazione del rischio nell’attività di prestito, in Banche e Banchieri, n. 1, 1993, p. 9, 10 44 rischi di insolvenza ha assunto un notevole peso, insieme all’espansione dei prestiti da parte delle banche verso maggiori livelli dimensionali e fasce di clientela di ridotto standing qualitativo68. D’altro canto il valore dei NPLs potrebbe variare considerevolmente a causa di decisioni economiche sbagliate, eventi più o meno prevedibili, quali variazioni dei prezzi dei prodotti esportati, dei tassi di interesse (anche esteri), il fallimento improvviso di società in un contesto eccessivamente ottimista. Queste cause potrebbero provocare almeno tre effetti: - una caduta dei prezzi dei prestiti garantiti: più prestiti verrebbero classificati come improbabili; - l’abilità delle banche di concedere crediti potrebbe essere minata da tanti bad loan portfolios; - problemi di liquidità delle banche, causati dalla corsa agli sportelli di depositanti69. La crescita media dei NPLs si è verificata in gran misura in quasi tutti i Paesi nel 2009, in seguito alla grande recessione che colpì l’economia a partire dal 2007. Tuttavia essi continuavano ad aumentare nei periodi successivi, nonostante il minor deterioramento degli indicatori macroeconomici. Il fatto che la performance dei prestiti fosse legata al ciclo economico è piuttosto noto e non sorprendente70. Secondo alcuni studiosi, i NPLs possono essere addirittura utilizzati per evidenziare l’inizio di una crisi bancaria. Un accurato studio dei drivers dei crediti deteriorati facilita l’identificazione delle fragilità del settore finanziario71. Gli studi mostrano una stretta relazione tra i Non Perfoming Loans e le variabili macroeconomiche, tra cui la crescita del PIL reale, il prezzo delle azioni, il tasso di interesse, il tasso di occupazione/disoccupazione, il tasso di cambio e il tasso applicato sui prestiti. Molti analisti sostengono che esiste una correlazione tra la rapida crescita dell'attività di prestito e il deterioramento della qualità del credito: minimizzare il valore dei NPLs è condizione necessaria per favorire la crescita economica72. Robert T. Clair mette alla prova questo rapporto, che le banche possono migliorare attraverso due strategie: incrementando la Banca d’Italia, Politica di offerta e riallocazione del credito bancario negli anni ottanta, in Temi di Discussione, n. 151, 1991, p. 23. 69 A. M. Bloem, C. N. Gorter, The Treatment of Nonperfoming Loans in Macroeconomic Statistics, cit., p. 4. 70 In alcuni Paesi i Non-Performing Loans aumentarono infatti del 300% (Paesi Baltici), mentre in altri rimasero piuttosto stabili Pesaran M. H., Schuermann Til, Weiner S. M., Treutler B., Macroeconomic Dynamics and Credit Risk: A Global Perspective, Journal of Money, Credit and Banking, No. 38, Vol. 5, 2006. 71 R. Beck, P. Jakubik, A. Piloiu, Non Performing Loans: What Matters in Addition to The Economic Cycle? European Central Bank Working Paper Series N. 1515, 2013, p. 6. 72 A. S. Messai, F. Jouini, Micro and Macro Determinants of Non-Performing Loans, International Journal of Economics and Financial Issues, Vol. 3 No. 4, 2013, p. 852. 68 45 loro quota complessiva di mercato così da rendere meno stringenti i requisiti di sottoscrizione dei prestiti, attrarre più individui ed incrementare l’ammontare delle transazioni, oppure mantenendo gli stessi requisiti, ma incrementando la qualità del credito e di conseguenza l’esposizione al rischio sui prestiti73. In caso di acquisizione di altre banche, l’effetto sulla qualità dei prestiti dipende dal tipo di acquisizione stessa, poiché se questa avviene con l’assistenza della Federal Deposit Insurance (FDIC), anche se si tratta di banche fallite, la qualità dei prestiti aumenta. Viceversa in caso di mancata assistenza. Quando le banche riescono ad anticipare la previsione di eventuali crediti irrecuperabili, le previsioni di perdita su crediti aumentano e di conseguenza aumentano le riserve su prestiti necessarie per coprire tali perdite. Le banche, dunque, per minimizzare le perdite su credito attese, sono incentivate a ridurre i prestiti nel periodo corrente. Per questo motivo c’è da aspettarsi una relazione negativa tra NPLs e crescita dei prestiti e tra NPLs e riserve74. Le banche, dunque, devono destinare un certo ammontare di riserve a copertura dei crediti deteriorati. Talvolta esse coprono fino al 14% degli assets complessivi, anche se nella maggior parte dei casi, esse impiegano quantità piuttosto limitate di assets (dell’ordine dello 0.01%). Grafico 1.9: Riserve destinate a copertura di NPLs/ Totale Assets Reserves for impaired loans/NPLs Riserve destinate a copertura di NPLs 1.300 5.100 25.800 50.400 118.600 201.700 388.000 604.000 1.083.100 2.100.500 4.164.300 10.731.000 44.870.900 Migliaia 0 200000 400000 600000 Total Assets 800000 1000000 Fonte: elaborazione dati ricavati dal database Orbis Salas e Saurina (2002), hanno analizzato il problema dei prestiti in Spagna, constatando che il rischio di credito dipende da variabili microeconomiche a livello di singole banche (margini di interesse, capital ratio, potere di mercato) – oltre che dalla crescita del PIL reale (che 73R. T., Clair, Senior Economist and Policy Advisor Federal Reserve Bank of Dallas, Loan Growth and Loan Quality: Some Preliminary Evidence from Texas Banks, 1992. 74 P. K. Ozili, How Banks Managers Anticipate Non-Performing Loans, Evidence from Europe, Us, Asia and Africa, 2015, p. 2. 46 è considerata in tutti i Paese uno dei principali fattori che impatta sul valore dei crediti deteriorati) – e rilevando una significativa relazione negativa tra la dimensione della banca e l’ammontare dei crediti deteriorati: le banche più grandi, essendo più diversificate, riducono il rischio di credito, viceversa quelle più piccole. Il rallentamento dell’economia, legato alla contrazione del PIL reale, ad un elevato tasso di disoccupazione, ad elevati tassi di interesse, a crolli dei prezzi delle abitazioni, comporta un aumento dei NPLs, poiché aumenta anche la difficoltà per i debitori di ripagare i loro impieghi75. Viceversa, in tempi favorevoli per l’economia, le banche tendono ad estendere il credito anche a debitori poco selezionati, e l’ammontare dei crediti deteriorati è attenuato 76. Tutto ciò è coerente con i risultati rinvenienti da un’analisi empirica svolta da Nkusu (2011), su 26 economie avanzate, in un periodo che va dal 1998 al 2009, il cui obiettivo era quantificare la relazione esistente tra la qualità dei portafogli prestiti bancari e le fragilità macrofinanziarie77. In linea generale la maggior parte degli studi, legando il rischio di credito all’economia reale, ha guardato allo sviluppo dell’expected default frequencies (EDF), della previsione di perdita su prestiti (LLP) della Loss Given Default (LGD) e ai Non Performing Loans come una misura della qualità degli assets78. G. Quagliariello, nel 2007, ha osservato il settore bancario in Italia nel periodo che va dal 1985 al 2002; egli ha analizzato il comportamento delle banche rispetto all’andamento del ciclo economico e ha verificato se le previsioni sui crediti non ancora riscossi e il rendimento delle attività seguono uno schema ciclico. Dalla sua analisi è emerso che la rischiosità e il rendimento delle banche sono senza dubbio affette dall’evoluzione del ciclo economico79. In uno studio successivo, nel 2009, Quagliarello ha verificato se anche il tasso di default applicato dalle banche italiane, segue un andamento ciclico; infatti esso si riduce in momenti 75 S. Tanaskovic, M. Jandric, Macroeconomic and Institutional Determinants of Non-Performing Loans, Journal of Central Banking Theory and Practice, 2015, p. 50. 76 P. K. Ozili, How Banks Managers Anticipate Non-Performing Loans, Evidence from Europe, Us, Asia and Africa, cit., p.2. 77 R. Beck, P. Jakubik, A. Piloiu, Key Determinants of Non-Performing Loans: New evidence from a Global Sample, cit., p. 528 e ss, e M. Nkusu, Nonperforming Loans and Macrofinancial Vulnerabilities in Advanced Economies, IMF Working Paper 11/161, 2011, p. 18. 78 R. Beck, P. Jakubik, A. Piloiu, Key Determinants of Non-Performing Loans: New evidence from a Global Sample, cit., p. 528. 79 In generale il ciclo economico influenza il bilancio bancario: il comportamento delle banche è prociclico. In fasi sfavorevoli del ciclo economico le perdite legate al rischio di credito, tendono a “svuotare” i profitti delle banche e a sua volta a ridurre la possibilità per le banche di concedere prestito in seguito ad una riduzione rilevante delle riserve bancarie, J. Marcucci, M. Quagliariello, Is bank portfolio riskiness procyclical? Evidence from Italy using a vector autoregresson, Journal of International Financial Markets, Institutions and Money, 2008, p. 47 e S. Tanaskovic, M. Jandric, Macroeconomic and Institutional Determinants of Non-Performing Loans, Journal of Central Banking Theory and Practice, 2015, p. 50. 47 di espansione economica, e aumenta durante le fasi di recessione80. Più recentemente Louzis, Vouldis & Metaxas esaminando le determinanti dei NPLs in Grecia, hanno notato che esse sono quasi esclusivamente di natura macroeconomica (crescita del PIL reale, tasso di disoccupazione, tassi applicati sui prestiti, debito pubblico, ecc...), oltre alla qualità del management81. Diversamente da quanto sostenuto da Salas e Saurina, essi ritengono che la dimensione delle banche, non può essere considerata come proxy per la diversificazione, ma piuttosto come proxy per l’ammontare dei crediti lordi: anche in questo caso la relazione con i NPLs è negativa82. Viceversa, esiste una relazione positiva tra crediti deteriorati e tasso di interesse, se fluttuante: ad un aumento dei debiti, causato da un aumento dei tassi di interesse, deriva un aumento dei crediti deteriorati83. Sulla base degli studi di Espinoza e Prasad (2010), che hanno stimato un set di dati panel dinamico nel periodo che va dal 1995 al 2008, su un campione di 80 banche di Paesi della cooperazione del golfo Persico (Stati del golfo Persico: Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar), più bassi livelli di crescita economica e più alti tassi di interesse, portano ad un incremento dei crediti deteriorati. La deregolamentazione dei mercati finanziari nei anni ’80 ha portato competizione tra le istituzioni finanziarie, obbligandole a migliorare la propria efficienza. Allo stesso tempo lo sviluppo di informazioni tecnologiche, ha ridotto drasticamente gli alti costi di transazione e di informazione, che tradizionalmente hanno caratterizzato l’intermediazione finanziaria. Questi fattori, insieme ad una riduzione dei tassi di interesse, hanno contribuito al rapido aumento della domanda di credito da parte delle famiglie84. Il livello di indebitamento delle famiglie, infatti, risente molto di una regolamentazione poco efficiente: norme coerenti e più efficienti potrebbero: a)facilitare la raccolta di rilevanti informazioni sul credito dalle banche, b)permettere una più accurata previsione delle probabilità di ripagare il debito, c)mitigare i costi del recupero dei crediti deteriorati85. Il ritardo nei pagamenti da parte delle famiglie, e quindi l’aumento degli arretrati, è una delle 80 M. Nkusu, Nonperforming Loans and Macrofinancial Vulnerabilities in Advanced Economies, cit., p.6 e M. Quagliariello, Banks’ riskiness over the business cycle: a panel analysis on Italian Intermediaries, Applied Financial Economics, Taylor and Francis Journal, vol. 17 (2), 2007, p. 12. 81 S. Tanaskovic, M. Jandric, Macroeconomic and Institutional Determinants of Non-Performing Loans, cit., p. 52. 82 P. K. Ozili, How Banks Managers Anticipate Non-Performing Loans, Evidence from Europe, Us, Asia and Africa, cit., p.2. 83 A. S. Messai, F. Jouini, Micro and Macro Determinants of Non-Performing Loans, cit, p. 853. 84 R. Espinoza, A. Prasad, Nonperforming Loans in the GCC banking system and their macroeconomic effects, IMF Working Paper 10/224, 2010. 85 T. Jappelli, M. Pagano, M. Di Maggio, Households’ Indebtedness and Financial Stability, Journal of Financial Management Markets and Institutions, p. 26. 48 principali variabili che consentono di misurare l’abilità da parte delle stesse di ripagare i prestiti ottenuti nei tempi dovuti: per questo motivo possono rappresentare una proxy per misurare la fragilità finanziaria delle famiglie. In una situazione di mercati finanziari perfetti e senza incertezza, il debito delle famiglie dipende da fattori demografici, dal reddito futuro e dai tassi di interesse reali. In realtà i mercati soffrono di asimmetrie informative e vi è una certa incertezza: il comportamento delle famiglie può essere compreso tenendo conto del loro livello di reddito corrente, e degli sviluppi del mercato economico e finanziario. In particolare una maggiore disponibilità di credito, può incrementare le risorse finanziarie esterne e quindi il consumo corrente, ma allo stesso tempo un eccessivo indebitamento può avere un impatto negativo sui futuri consumi86. Queste intuizioni sono confermate da un’analisi empirica svolta da A. Arellano nel 2006 su sette Paesi dell’Area Euro (N=7) in un periodo che va dal 1989 al 2004. Egli ha sviluppato un modello empirico (non bilanciato, perché per molti Paesi non erano disponibili lunghe serie di dati), in cui ha appunto spiegato l’impatto sul valore dei Non Performing Loans, del debito, reddito, inflazione, tasso di prestito reale e del tasso di disoccupazione. Dai risultati è emerso che l’impatto del reddito sui crediti deteriorati è negativo e statisticamente non significativo. Esiste una relazione positiva e significativa con tutte le altre variabili. Per rendere l’analisi più robusta, Arellano ha sviluppato anche un modello bilanciato in cui ha escluso un Paese (N=6) e il periodo di riferimento è quello che va dal 1998 al 2004. In questo caso i coefficienti stimati erano più bassi, e oltre al livello di reddito anche il tasso di disoccupazione non è risultato statisticamente significativo. Il fatto che il coefficiente del livello di reddito è risultato inferiore rispetto a quello stimato nel modello non bilanciato, suggerisce che in un periodo di tempo più breve e recente, l’aumento del reddito non è sufficiente a compensare l’aumento del debito. Le insolvenze dei debitori, d’altro canto, continuano ad aumentare al crescere del loro livello di indebitamento e parallelamente aumenta la loro fragilità finanziaria. Inoltre anche le condizioni monetarie e finanziarie sono importanti e peggiorano in seguito alla crescita dell’inflazione e dei tassi ai quali i prestiti sono concessi: questo effetto è evidente nel lungo periodo piuttosto che nel breve87. Un comune risultato rinvenuto dall’analisi empirica degli studiosi, è la relazione positiva tra la qualità degli assets e la crescita economica, in senso biunivoco. Hu nel 2014 ha dimostrato 86 L. Leaven, T. Laryea, Principles of household Debt Restructuring, IMF Staff Position Note, 09/15, 2009. L. Rinaldi, A. S. Arellano, Household Debt Sustainability, what explains Household Non Performing Loans? An Empirical Analysis, European Central Bank Working Paper No. 570, 2006. 87 49 che la crescita economica, è sicuramente uno dei più importanti fattori che influenza il tasso sui prestiti e l’ammontare dei crediti deteriorati su portafogli prestiti ben diversificati, che a loro volta ostacolano la crescita macroeconomica e riducono l’efficienza economica poiché espongono il sistema a instabilità finanziaria88. Buncic & Melecky, invece, tentano nel 2012 di spiegare l’impatto dei tassi di cambio sul valore dei crediti deteriorati: dai risultati è emerso che le variazioni del tasso di cambio e delle variabili di controllo (PIL pro capite, rapporto crediti/PIL, rapporto tra prestiti in valuta estera e totale dei prestiti), non sono statisticamente significative. Essi hanno spiegato la non significatività statistica del tasso di cambio, a partire da due effetti contrastanti legati al deprezzamento: un effetto positivo sul reddito ed uno negativo sul bilancio. Il deprezzamento della valuta locale, in condizioni normali, ha un impatto positivo sul reddito, dato un aumento delle esportazioni nette e così anche per la capacità di rimborso dei debitori. Durante la crisi finanziaria, il valore dei debiti denominati in valuta locale e i costi ed essi connessi, possono aumentare in maniera considerevole. Per questi motivi, dato un incremento dei tassi di prestito e dell’inflazione, ci si attende un incremento dei crediti problematici e un minor recupero degli stessi89. Un’ulteriore relazione che merita spiegazione è quella tra il valore dei prestiti deteriorati e l’efficienza dei costi: esiste una relazione negativa tra l’efficienza in termini di costi delle banche e la presenza dei Non Performing Loans, anche per la banca che non sono in fase di recessione. Peristiani e DeYoung (1997) hanno entrambi studiato la relazione tra asset quality e efficienza dei costi guardando la qualità del management e della gestione del credito. L’analisi Granger mostra che quando i prestiti sono scaduti, i costi operativi crescono a causa della difficoltà di recuperarli. Seppur l’impatto economico non è tipicamente molto forte, l’efficienza dei costi comunque ne risente. Tuttavia sulle banche singole gli effetti sono piuttosto consistenti, perché maggiormente soggette a bad luck, bad management, skimping e/o moral hazard. Granger in un’analisi empirica mostra che i dati forniscono supporto all’ipotesi di bad luck: ad un aumento dei NPLs segue un aumento dei costi, necessari per monitorare la porzione di portafoglio prestiti al momento attiva. Questa ipotesi suggerisce che il 88 P. T. I. Louangrath, Risk Assessment of Non-Perfoming Loans (NPL) Using Extreme Value Theory, Bangkok University, 2015, p. 112 e 113. 89 Allo stesso modo, i risultati di un’analisi svolta su quattordici Paesi dell’Eurozona nel periodo pre-crisi dal 2000 al 2008, diversamente da come ci aspetteremmo, mostrano invece che il ROA & LTD (Loan to deposit ratio) e il livello medio di inflazione, non mostrano un significativo impatto sull’ammontare di NPLs, V. Makri, A. Tsagkanos, A. Bellas, Determinants of Non-Performing Loans: The Case of Eurozone, Panoeconomicus, 2014, p. 200 e ss. e S. Tanaskovic, M. Jandric, Macroeconomic and Institutional Determinants of Non-performing Loans, cit., p. 51. 50 fallimento delle banche è causato da incontrollabili eventi esterni: una prudente regolamentazione e una supervisione più attenta, possono certamente ridurre il rischio di fallimento e l’esposizione delle banche a shock esterni. Secondo l’ipotesi di bad management, analizzata da Berger e DeYoung, invece, la scarsa efficienza in termini di costi è un segnale di pochi controlli e povera gestione. Per un sottoinsieme di banche, i dati favoriscono l’ipotesi skimping: una condizione di maggior efficienza dei costi precede quella di crescita dei Non Performing Loans. Questo suggerisce che le banche intenzionalmente preferiscono sostenere dei prezzi più elevati nel lungo termine e ridurre la crescita dei NPLs, piuttosto che sostenere minori costi a breve termine, ma incrementare il valore dei crediti deteriorati nel medio-breve periodo. Secondo questa ipotesi, dunque, un’elevata efficienza dei costi potrebbe riflettere la scarsità di risorse allocate per monitorare i rischi legati ai prestiti, e aspettarsi di conseguenza, alti livelli di NPLs in futuro90. La condizione di skimping riceve meno supporto empirico ed è una strategia a lungo termine: per questi motivi è opportuno misurare l’efficienza utilizzando dati su plurimi anni. Inoltre, per le banche con un ridotto capital ratio, anche una riduzione dell’ammontare di capitale presente in banca, generalmente precede aumenti in NPLs: le banche debolmente capitalizzate possono rispondere ad incentivi di azzardo morale incrementando i rischi di un portafoglio prestiti. L’ipotesi di moral hazard implica che i supervisori dovrebbero monitorare il capital ratios più accuratamente per migliorare questo rapporto quando si riduce eccessivamente91. La più recente letteratura guarda i NPLs non come un sistema chiuso, studiandone cause ed effetti, ma piuttosto come un sistema del quale studiarne le caratteristiche e sottolinearne le determinanti attraverso strumenti statistici, regressioni con dati panel contenenti osservazioni riguardanti più di un’entità osservata in due o più periodi di tempo. Il grafico sottostante mostra l’andamento di alcune variabili macroeconomiche e dei NPLs in Italia, in un periodo che va dal 2000 al 2014. Il grafico mostra risultati coerenti con i risultati rinvenienti dall’analisi teorica di cui sopra. 90 N. Klein, Non-Performing Loans in CESEE: Determinants and Impact on Macroeconomic Performance, IMF Working Paper 13/72, 2013, p. 5. 91A. N. Berger, R. DeYoung, Problem Loans and Cost Efficiency in Commercial Banks, Journal of Banking and Finance, Vol. 21, 1997. 51 Grafico 1.10: L’impatto delle variabili macroeconomiche sui Non Performing Loans Bank nonperforming loans to total gross loans (%) GDP growth (annual %) 20,00 15,00 10,00 Inflation, GDP deflator (annual %) 5,00 Unemployment, total (% of total labor force) 0,00 Real interest rate (%) -5,00 Lending interest rate (%) -10,00 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 Fonte: World Development Indicators Database 52 Capitolo II: Valutazione e gestione dei Non Performing Loans 2.1. Profili gestionali del recupero crediti L’attività di recupero crediti deve rispondere a criteri di professionalità, efficienza e tempestività. Valutare i NPLs significa stimare il valore di recupero del credito in funzione di una serie di elementi oggettivi quantificabili, della strategia di risoluzione adottata, delle garanzie rilasciate, e del debito scaduto ed esigibile dalla banca che è maturato complessivamente, sia in conto capitale che come interessi. La valutazione complessiva dei prestiti di una banca, seppur complessa e difficoltosa, risulta indubbiamente utile nella misura in cui può condurre, considerando le diverse interrelazioni tra di essi, ad un migliore apprezzamento della rischiosità e dell’effettivo rendimento del singolo credito92. Una volta concesso il credito, la banca è esposta effettivamente ad un rischio: è necessario che questa concentri l’attenzione sul monitoraggio93 continuo della posizione, al fine di anticipare i casi problematici, svolgere delle azioni preventive, classificare e valutare le posizioni a rischio. Esso infatti consente la raccolta e la gestione delle informazioni interne ed esterne, la ponderazione analitica del grado di rischio per ogni singola posizione e/o gruppo di esse. Il monitoraggio serve inoltre a gestire gli eventuali ricavi o recuperi quando i crediti “vivi” subiscono delle alterazioni e si trasformano in posizioni incagliate o in sofferenze94. Quando il credito entra in sofferenza, bisogna provvedere a far valere le proprie ragioni e al pronto recupero di quanto dovuto. I mezzi a disposizioni non mancano, ma il creditore deve spingersi a valutazioni anche non semplici sulla procedura più conveniente da adottare. Gli elementi oggettivi da considerare sono: l’ammontare del credito (Gross Book Value, GBV), le forme di garanzia – e l’identificazione delle stesse attraverso verifiche documentali ed empiriche – il tipo di procedura e la fase legale. 92 Se fino al 1993, per la valutazione dei prestiti, si poteva far riferimento ai principi generali del Codice civile, oggi occorre tener conto delle novità introdotte dal D. Lgs. n. 87 del 27-1-1992 recante la disciplina relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri intermediari finanziari in attuazione della Direttiva CEE n. 635 del 1986. In merito C. Cacciamani, Qualità dei prestiti ed equilibri di gestione delle aziende di credito, cit., p. 749 e F. Riolo, Convenzioni interbancarie per la soluzione di crisi aziendali, Milano, Edibank, 1994, p. 55. 93 Il monitoraggio viene effettuato con il supporto di procedure automatizzate di varia natura: ad esempio alcune di esse riguardano la produzione automatica e generalizzata di tabulati periodici, che vengono inviati alle varie funzioni aziendali interessate e che consentono di individuare posizioni che presentano sconfinamenti contabili superiori ad un determinato importo minimo ritenuto rilevante. 94 R. Ruozi, Economia e gestione della banca, cit., p. 205. 53 Se le procedure di recupero fossero indolori, la situazione psicologica del creditore sarebbe pacifica e tutte le sue valutazioni del caso porterebbero a una soluzione positiva del quesito relativo alla necessità o meno di procedere al recupero. Allo stesso modo, se il tentativo di recupero non comportasse alcun onere da sopportare, qualsiasi via, anche la più impervia, non comporterebbe alcun problema per il creditore, il quale sarebbe sempre incoraggiato a tentare il recupero, anche qualora si trattasse di una somma minima di denaro. Ma non è così. La prima questione importante da affrontare riguarda il lasso di tempo necessario per addivenire al recupero: una grossa realtà imprenditoriale con molti clienti inadempienti, ma per piccole somme, può anche considerare con minor rigore tale aspetto, che tocca solo marginalmente il suo bilancio e le possibilità di sviluppo. I piccoli imprenditori, invece, non devono sottovalutare la possibilità di un comodo e repentino rientro dei crediti in sofferenza, per non vedere pregiudicata, o quanto meno scossa, la stabilità della propria azienda. Ben più gravoso è il peso economico che ogni recuperatore deve sopportare: ogni procedura, sia giudiziale che stragiudiziale, prevede delle spese che il creditore deve anticipare, avvalendosi di strumenti appositi per il soddisfacimento del proprio credito. Un’incombenza piuttosto onerosa, ad esempio, da sostenere è quella relativa alla parcella del proprio legale, una figura nella maggior parte dei casi indispensabile. In caso di esito positivo della controversia è il debitore a sostenere quanto anticipato dal creditore, ma non si esclude che la procedura non pervenga a buon fine e non si concluda con il recupero totale del credito. Nel caso in cui la somma non venga recuperata, neppur in minima parte, l’onere sostenuto dal creditore sarà piuttosto pesante, poiché oltre al mancato soddisfacimento del proprio credito, sarà costretto a sopportare le spese di assistenza legale e quelle richieste dall’amministrazione giudiziaria. Invece qualora il creditore decidesse di affrontare il percorso stragiudiziale, affidandosi ad un servicer a ciò imputato, deve affrontare i costi relativi a tale servizio, che includono: a) un fondo spese da anticipare per far iniziare l’attività di recupero, inversamente proporzionale al numero delle pratiche affidate al servicer; b) le provvigioni da pagare alla fine di ogni procedura, per ogni somma recuperata, che dipendono dal tempo di sofferenza, dalla somma recuperata, dal luogo e dalle modalità di recupero; solitamente si aggirano intorno al 20/25% delle somme effettivamente recuperate. In caso di esito positivo, la percentuale di esazione sarà addebitata solo su quanto recuperato. Questa percentuale viene concordata col cliente in sede di conferimento dell'incarico al servicer, e varia in base alla complessità del caso, all'importo e alla vetustà del credito. Per 54 l'Estero, le tariffe e i tempi di evasione sono da concordare di volta in volta. In caso di esito negativo il cliente avrà uno sconto sui diritti di istruttoria o, in alternativa, una consulenza gratuita per la messa a perdita del credito inesigibile95. Ammessa la possibile insolvenza del debitore, il panorama che il creditore ha di fronte a sé non è dei migliori, al punto da portarlo in alcune circostanze a desistere da recuperi che appaiono in partenza assolutamente improbabili. Quali sono le regole da seguire? Conviene insistere o rinunciare? I valori da prendere in considerazione per una corretta valutazione riguardano l’ammontare del credito e la situazione finanziaria del debitore. Se il credito ha un valore elevato e il cliente viaggia in una posizione che garantisce la solvenza del debito, nulla questio sulla convenienza a procedere; se solo uno di questi fattori è positivo, la scelta di insistere non nasconde un margine di rischio che l’azienda deve calcolare con precisione per farlo rientrare nei canoni previsti per la propria sopravvenienza e in base alle scelte economiche adottate. In una condotta di recupero razionale è opportuno affrontare il problema relativo al processo di svalutazione del credito, e se vale ancora la pena di pagare allo Stato l’imposta relativa. Il credito in sofferenza si svalorizza per una serie di fattori, quali i costi del recupero, le perdite sulla somma effettiva che si riuscirà ad incassare, e gli interessi passivi che si è costretti a pagare alle banche per acquistare denaro durante la sofferenza. Secondo gli esperti del settore, considerato che il valore medio delle imposte che ogni azienda è costretta a subire sul valore dei propri crediti si aggira intorno al 50%, la porzione di credito che si andrà a recuperare dovrà soddisfare la seguente equazione: 0,50 β πΆ β (1 + π) β π‘ = π β πΆ + 0,50 β (1 − π ) β πΆ − π dove: C= credito; i= saggio di interesse annuo; t = numero di anni necessari per il recupero; R=% spese del credito che si presume di recuperare; 1-R= % del credito che si porterà a perdita; S= spese di recupero. Questa funzione esprime l’equivalenza tra il credito che si potrà recuperare, comprensivo degli interessi e del risarcimento dei danni e delle spese, e l’ammontare risparmiato in termini di mancato pagamento dell’imposta sul credito portato a perdita. Se l’equazione è soddisfatta ci troviamo su una soglia neutra di decisione: per l’azienda è equivalente intervenire con un’azione di recupero, ovvero portare a perdita il credito. Se invece il fattore a sinistra 95 Il D. Lgs 231/02, in materia di ritardati pagamenti nelle transazioni commerciali, stabilisce che il creditore ha diritto ad essere rimborsato delle spese e degli oneri sostenuti per il recupero dei crediti. 55 è maggiore di quello a destra è conveniente portare avanti l’azione di recupero, se è inferiore è più conveniente portare a perdita il credito. In definitiva, un approccio progettuale di successo, qualunque esso sia, prevede l’analisi del portafoglio (bottom – up) e l’analisi del modello di funzionamento (top – down) al fine di identificare le migliori strategie di valorizzazione per ciascun segmento. Successivamente vanno attivate le azioni o il mix di azioni ritenute più opportune, siano esse di efficientamento della gestione interna, di outsourcing o di cessione96. 2.2. Stima della probabilità di default L’importanza di una valutazione separata del tasso di recupero connesso ai crediti nei confronti dei soggetti divenuti insolventi, e della probabilità di insolvenza, deriva dal fatto che tali variabili incidono in diversi modi sulla stima del rischio di credito di un portafoglio impieghi, oltre al fatto che esse dipendono da parametri differenti. La stima del tasso atteso di insolvenza può seguire cinque principali approcci o modelli: quelli analitico-soggettivi, modelli di scoring o statistici, a loro volta classificati in tre categorie – l’analisi discriminante lineare, l’analisi probit/logit e le reti neurali –, modelli fondati sui giudizi delle agenzie di rating, sui dati di mercato dei capitali e modelli di option pricing. La normativa di Basilea II, si è limitata ad elencare alcuni requisiti generali, lasciando alle banche l’onere della scelta dell’approccio di valutazione. 2.2.1. I modelli di scoring I modelli analitico/soggettivi sulla base di informazioni interne ed esterne fornite dalla Centrale Rischi, Centrale Bilancio, Credit Bureau, ecc, analizzano il settore, il Paese, la redditività, i costi, gli oneri finanziari, il management della specifica azienda, la performance finanziaria legata ad un’analisi di equilibrio finanziario, la liquidità, fino ad attribuire uno specifico rating alla controparte. I modelli di natura statistica, generalmente noti come modelli di scoring, sono di tipo multivariato che utilizzano come input i principali indici economico-finanziari di un’impresa, cui attribuiscono una ponderazione che riflette la loro importanza nel prevedere un’insolvenza. Questi giungono ad una valutazione del merito creditizio sintetizzata in un valore numerico www.pwc.it, La gestione strategica delle sofferenze bancarie, l’approccio PwC alla valorizzazione dei crediti problematici, 2011. 96 56 rappresentativo della probabilità di insolvenza: lo score97. L’analisi discriminante lineare si basa sull’identificazione delle variabili che consentono di distinguere le aziende sane da quelle anomale, attraverso delle informazioni tratte da dati di un campione di imprese. Il risultato è un output numerico che, se superiore o inferiore ad una certa soglia predefinita, consente di associare un’impresa oggetto di valutazione in uno dei due gruppi di riferimento (sana o anomale) e di valutare un’impresa come più o meno affidabile. Il più noto score discriminante applicato al rischio di credito, è quello sviluppato da Edward Altman nel 1968 per le imprese quotate statunitensi. Esso è funzione di cinque variabili indipendenti ed è formulato nel seguente modo: π§π = 1,2 β π₯π,1 + 1,4 β π₯π,2 + 3,3 β π₯π,3 + 0,6 β π₯π,4 + 1,0 β π₯π,5 dove: π₯1 : capitale circolante netto/totale attivo π₯2 : capacità di autofinanziamento, utili non distribuiti/totale attivo π₯3 : ROI, Reddito operativo/totale attivo π₯4 : quoziente di indebitamento, valore di mercato del patrimonio/valore contabile delle passività verso terzi π₯5 : asset turnover, fatturato/totale attivo. Maggiore è il valore dello score, migliore è la qualità di un’impresa e di conseguenza minore è la probabilità di insolvenza. Altman ha fissato una soglia, tra imprese sufficientemente affidabili e quelle troppo rischiose, in corrispondenza di un valore pari a 1.81 (ad esempio, un’impresa con uno score di 1.7, dovrebbe essere classificata come eccessivamente rischiosa)98. La probabilità che un’impresa sia anomala, è che quindi vada in default nei mesi successivi, può essere calcolata, tenendo conto dello Z-score di Altman, nel seguente modo: ππ· = π(π΅|π₯π ) = 1 1−π 1 + π π΅ β π π§π −πΌ π΅ dove π(π΅|π₯π ), è la probabilità di appartenere al gruppo delle imprese anomale (B), mentre ππ΅ è la probabilità di default a priori, che misura la qualità media del portafoglio crediti della banca. Essa non dipende dalle caratteristiche del singolo cliente, ma da quelle generali 97 98 A. Resti, A. Sironi, Rischio e valore nelle banche, Misura, regolamentazione, gestione, Egea, Milano, 2008, p. 361. E. I. Altman, Default Recovery rates and LGD, in Credit Risk Modeling and Practice, 2012, p. 34. 57 del mercato. Nella prassi, si rifiuta il credito a un cliente soltanto se la sua PD è superiore al 50%99. L’analisi logit e probit, diversamente, consente di attribuire ad un valore numerico, ottenuto attraverso una trasformazione logaritmica dei risultati rinvenienti da un’analisi statistica, una probabilità di insolvenza. In questo caso la PD può essere stimata nel seguente modo: ππ· = 1 1+π −πΌ−∑π π½π π₯π + ππ La funzione logistica (modello logit) di cui sopra, ha un codominio limitato in (0,1) ed è sempre compresa tra lo 0% e il 100%. Se, invece, si utilizza una funzione di densità di probabilità cumulata normale per ricavare la PD, il modello finale è detto probit100. I due modelli di scoring fino ad ora esaminati si basano sulle caratteristiche strutturali che spiegano le condizioni di salute di un’impresa, e la scelta delle variabili rilevanti si basa sul ragionamento economico. Le reti neurali, invece, seguono un procedimento induttivo, che consente di individuare rapidamente un risultato, ma di cui non risulta agevole comprenderne fino in fondo la natura. Partendo da un campione di dati, se si riscontra una certa regolarità, si cerca di prevedere per tempo il default di altre imprese cogliendo eventuali relazioni non lineari fra le diverse variabili esplicative della probabilità di insolvenza e, soprattutto studiando l’azione congiunta di queste101. I modelli fondati sul mercato dei capitali, invece, partono dai prezzi di azioni e obbligazioni per rilevare la probabilità di insolvenza dell’emittente. Essi utilizzando dati di mercato, oggettivi per natura e indipendenti dalla valutazione soggettiva della singola istituzione finanziaria, stimano i tassi di insolvenza attesi dal mercato per il futuro (forward looking). Questi modelli si basano su diverse ipotesi semplificatrici: la validità della teoria delle aspettative e dunque i tassi forward come stima corretta dei futuri tassi spot - e l’ipotesi di neutralità al rischio (PD risk neutral), generando stime della probability of default distorte verso l’alto e non direttamente confrontabili con le PD reali. Di conseguenza essi risultano chiaramente inapplicabili per le imprese che non emettono titoli obbligazionari quotati102. Seguendo l’approccio basato sugli spread di corporate bonds, la probabilità di insolvenza su orizzonti T superiori ad un anno può essere stimata come segue: 99 A. Resti, A. Sironi, Rischio e valore nelle banche, Misura, regolamentazione, gestione, cit., p. 369 e ss. A. Resti, A. Sironi, Rischio e valore nelle banche, Misura, regolamentazione, gestione, cit., p. 376, 377. 101 R. Ruozi, Economia e gestione della banca, cit., p. 196. 102 A. Resti, A. Sironi, Rischio e valore nelle banche, Misura, regolamentazione, gestione, cit., p. 397. 100 58 ππ·π = 1 − π −ππ βπ πΏπΊπ· dove ππ è lo spread che una banca dovrebbe chiedere ad un’impresa ed LGD (Loss Given Default) è la percentuale di credito che in caso di insolvenza non sarà possibile recuperare. Questo modello, come quelli precedenti, viene definito “ridotto” poiché prende atto della possibile esistenza del default, riflessa negli spread sulle obbligazioni, senza spiegarne la natura e le caratteristiche. 2.2.2. I modelli strutturali basati sulle quotazioni azionarie: Merton e KMV I modelli di option pricing sono di tipo strutturali, poiché si concentrano su tre caratteristiche primarie di un’impresa che impattano sulla PD: il valore dell’attivo (ππ ), il debito, e la volatilità dei valori dell’attivo, con ππ pari alla somma di debito D, con valore facciale F, ed equity (E), entrambi espressi a valore di mercato103. Tra i principali modelli di questo tipo, assume una certa rilevanza il modello di Merton che consente di ricavare, in maniera chiara ed oggettiva, la probabilità di default e gli spread. La peculiarità di questo modello risiede nel fatto che gli azionisti detengono l’opzione di dichiarare insolvenza nei confronti dei creditori, cioè di cedere loro l’azienda, piuttosto che rimborsare il debito quando il valore delle passività verso terzi è superiore al valore dell’attivo. In altre parole gli azionisti possono scambiare ππ con F quando il primo è inferiore al secondo. Si tratta di un’opzione put sul valore delle attività dell’impresa con prezzo di esercizio pari al valore nominale di rimborso del debito F, e scadenza T pari a quella del debito che i finanziatori dell’impresa (ad esempio una banca) hanno concesso agli azionisti. La probabilità di default di un’impresa, dunque, è la probabilità che ππ ≤ πΉ. Se questo si verifica, i debitori pagano soltanto l’ammontare ππ piuttosto che l’intero valore del debito F. La banca, per coprire il rischio di credito connesso al prestito, potrebbe a sua volta acquistare un’opzione put sul valore dell’attivo dell’impresa ππ , con scadenza pari a quella del prestito (T), e prezzo di esercizio pari al valore di rimborso del debito (F). La combinazione del prestito e dell’opzione put produce un payoff garantito pari ad F. Il valore dell’opzione put (P), può essere determinato utilizzando il modello di pricing delle opzioni, sviluppato da Black and Scholes, ottenendo il seguente risultato: π = πΉ β π −πβπ β 103 P. Jakubik, J. Seidler, Estimating Loss Given Default, in CNB Financial Stability Report, 2009, p. 103. 59 π(−π2 ) − π(−π1 ) β π0 104. La probabilità di default può essere allora definita come la probabilità di esercizio dell’opzione put implicita nel prestito, e cioè vale a dire π(−π2 ) = 1 − π(π2 ). Il rischio di credito aumenta all’aumentare della leva finanziaria (L) al tempo zero (rappresentata dal rapporto tra il valore del prestito B e valore di mercato dell’attivo V, ed è una misura il rischio finanziario dell’impresa), della volatilità del rendimento delle attività dell’impresa, del valore nominale del debito, F, e della scadenza del debito. Il modello di Merton consente di determinare lo spread di equilibrio dei titoli obbligazionari, con risultati molto interessanti: la struttura per scadenza degli spread creditizi è inclinata negativamente, poiché la curva delle PD marginali decresce al crescere dell’orizzonte temporale considerato. La figura sottostante mostra come scadenze più lunghe conducono, a parità di condizioni, a premi al rischio annui più ridotti quando la probabilità di insolvenza è considerevole. Questo risultato si spiega con il fatto che le imprese caratterizzate da una probabilità di insolvenza molto elevata, presentano un consistente rischio di non “sopravvivere” il primo anno, superato il quale la probabilità di divenire insolventi negli anni successivi si riduce significativamente, poichè molte di esse miglioreranno il proprio merito creditizio. Ciò giustifica l’inclinazione negativa della struttura per scadenza dei loro spread105. Spread Grafico 2.1: Struttura a termine degli spread creditizi per diverse tipologie di debitore 4,5% 4,0% 3,5% 3,0% 2,5% 2,0% 1,5% 1,0% 0,5% 0,0% spread con: L=90% e σ=20% spread con: L=70% e σ=10% 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Tempo (anni) Fonte: A. Resti, A, Sironi, Rischio e valore nelle banche Se da un lato il metodo di Merton mostra in maniera efficace come le variabili impattano sulla PD di un’impresa, dall’altro lato presenta dei limiti piuttosto rilevanti: 104 π(. ) rappresenta la funzione di ripartizione normale standard, e le quantità (π1 ) π (π2 ) sono date da: π1 = π ln( 0⁄πΉ )+(π+1⁄2βππ£2 )βπ ππ£ β√π 105 e π2 = π1 − ππ£ β √π. A. Resti, A. Sironi, Rischio e valore nelle banche, Misura, regolamentazione, gestione, cit., p. 405 e ss. 60 - esso si basa sull’ipotesi semplificatrice di un’unica passività che prevede il rimborso del capitale e degli interessi in un’unica soluzione a scadenza. Nella realtà le imprese prevedono il pagamento di interessi periodici, di garanzie, avendo una struttura finanziaria piuttosto complessa e articolata; - alla base del modello si ipotizza, in maniera irrealistica, che i rendimenti dell’attivo si distribuiscono come una normale; - alcune varabili del modello non sono direttamente osservabili sul mercato, in particolare il valore dell’attivo π0e la volatilità ππ£ . - i tassi di interesse privi di rischio sono assunti costanti; - l’ipotesi di assenza di opportunità di arbitraggio: si tratta di una condizione piuttosto irrealistica dato che gli attivi di un’impresa sono di norma liberamente negoziabili sul mercato finanziario; - il modello si concentra esclusivamente sul rischio di insolvenza, tralasciando l’ipotesi di deterioramento del merito creditizio delle imprese in esame (rischio di migrazione). È possibile ovviare al problema della stima del valore di mercato del capitale azionario, attraverso l’applicazione della formula di Black and Scholes per il princing delle opzioni call, tale per cui: πΈ0 = π0 β π(π1 ) − πΉ β π −πβπ β π(π2 ) Il valore di πΈ0 è noto se stiamo analizzando un’impresa quotata, poiché è dato dal valore della capitalizzazione di borsa: ciò consente di ricavare il valore di π0, che però dipende anche dalla volatilità dell’attivo ππ£ , che può essere a sua volta stimata, a partire dalla volatilità del valore di mercato del capitale ππΈ nota per le imprese quotate, attraverso l’equazione stocastica nota come Lemma di Ito, secondo cui: ππΈ = π0 β π(π1 ) β ππ πΈ0 Raccogliendo a sistema le due equazioni sopra, risolvendo attraverso un procedimento iterativo, è possibile stimare i due parametri ignoti. L’ulteriore limite del modello di Merton relativo all’ipotesi di normalità nella distribuzione dei rendimenti dell’attivo, può essere rimosso seguendo l’approccio KMV, che consente di ottenere delle stime reali e non neutrali al rischio della PD. Essa viene determinata a partire dalla stima di un indicatore di rischio chiamato distance to default (DD), che assume valori più elevati per le imprese migliori. A differenza di quanto assunto da Merton, KMV riconosce che le imprese si finanziano con 61 una combinazione di debito a breve e lungo termine: di conseguenza è possibile che il totale degli attivi sia inferiore al debito totale senza che ciò provochi insolvenza dell’impresa, poiché una parte del debito è a lungo termine e dunque rimborsata nel futuro. Per questo motivo, KMV piuttosto che considerare il valore del debito complessivo, utilizza una quantità definita default point (DP) data dalla somma del debito a breve termine e del 50% del debito a lungo termine. La differenza tra il valore dell’attivo e il livello del DP, determina la DD, espressa come multiplo della deviazione standard dell’attivo: π·π· = π0 − π·π π0 β ππ A partire dalla DD, viene calcolata la frequenza di default (PD), sulla base di dati passati di un vasto campione di imprese106. La relazione negativa tra DD e frequenza di default, rappresentata nel seguente grafico, che è il risultato di un’analisi empirica: Grafico 2.2: Relazione negativa tra Probability of default e Distance to Default Probability of Default 8,00% 3,00% 1,00% 0,43% 0 1 2 3 4 Distance to Default 0,07% 0,04% 5 6 7 Negativa è anche la correlazione tra tassi di insolvenza e tassi di recupero. Essa può derivare da uno dei seguenti fattori: - se il tasso di insolvenza aumenta per effetto di una fase economica recessiva e parte delle attività delle imprese insolventi è rappresentata dai crediti nei confronti di altre imprese, è verosimile che anche il tasso di recupero medio diminuisca; - se le attività a garanzia dei crediti sono rappresentate da immobili, come nel caso dei mutui immobiliari, un aumento dei tassi di insolvenza determinato da una crisi economica sarebbe verosimilmente seguito da una riduzione dei tassi di recupero107. 106 A. Resti, A. Sironi, Rischio e valore nelle banche, Misura, regolamentazione, gestione, cit., p. 145 Altman, E. I. Brady, A. Resti., A. Sironi, The link between Default and Recovery Rates: Theory, Empirical Evidence and Implications, Journal of Business, Vol. 78, No. 6, 2005, p. 9. 107 62 La reale probabilità di inadempienza è misurata dall’ Expected Default Frequency (EDF): essa introduce un elemento di alta precisione nei processi decisionali e può facilmente essere incorporata nei modelli di valutazione del credito e di portafoglio. Sviluppata sulla base di 15 anni di esperienza di model development su dati di mercato e di bilancio, l’EDF rappresenta una misura di variazione ormai punto di riferimento per gli investitori istituzionali. Per misurarla, Moody’s KMV RiskCalc Italy 3.1108 utilizza i dati di bilancio, ed in particolare indicatori finanziari e contabili selezionati sulla effettiva capacità di prevedere i casi di inadempienza delle PMI italiane, quali il rapporto di indebitamento, le attività (oneri finanziari/fatturato, rotazione dei crediti commerciali), la redditività (utile netto + tasse/tot attività), la crescita del fatturato, un indicatore a copertura del debito (utile ordinario+ ammortamento/interessi passivi) e il rapporto tra attività e passività correnti. Le EDF così calcolate sono modificate in base al ciclo di credito del settore di appartenenza della controparte da valutare e sulla base della distance-to-default (DD). Questo adeguamento consente di verificare l’impatto delle variazioni del ciclo del credito sull’EDF della società stessa, permettendo una visione sul rischio di una specifica impresa anche in fasi avverse del ciclo economico. Essa, dunque, oltre ad assumere un carattere settoriale specifico, diventa forward looking, poiché l’adeguamento si basa sulla DD delle società quotate in borsa che operano nello stesso settore economico delle aziende esaminate109. 2.2.3. Alcune evidenze empiriche Da alcuni studi condotti da Moody’s sull’analisi dei default di tutte le corporate, dei debiti a lungo termine, cui è stata assegnata una certa classe di rating nel 1970, è rivenuto che più di 473 emittenti sono andati in default tra gennaio 1970 e dicembre 1993. Comparando i rating storici di questi soggetti, con quelli di centinaia di emittenti non in default, è possibile stimare il rischio di default associato a ciascuna classe di rating. Il più importante concetto derivabile dagli studi di Moody’s riguarda i default rate marginali e cumulati. Per calcolare quelli marginali, indichiamo con ππ‘π (π ) tutti gli emittenti con classe di rating R all’inizio dell’anno Y (dove Y=1970, 1971, …), e che sono andati in default nell’anno t, e con ππ‘π (π ) quelli che dall’anno t non sono andati in default. Questo strumento di calcolo dell’EDF, consente di identificare le esposizioni più insidiose, prendere decisioni di erogazione del credito più veloci e sulla base di informazioni più accurate, e aumentare l’efficienza del processo di monitoraggio del portafoglio crediti. Questo insieme di informazioni si traduce in una elevata capacità predittiva che consente di individuare con anticipo i casi di inadempienza e quindi di incrementare la redditività. 109 www.moodyskmv.com, Modelli per la valutazione del rischio di credito, Moody’s KMV RiskCalc 3.1. 108 63 Il tasso di default marginale, ππ‘ (π ), è calcolato come media pesata dei tassi di default per classe di rating R nell’ anno t: ∑ππ=1970 ππ‘π (π ) ππ‘ (π ) = π ∑π=1970 ππ‘π (π ) dove π = 1994 … . π‘. La probabilità che un bond con rating R non vada in default nell’anno t, è rappresentata dal tasso di sopravvivenza marginale, pari a 1 − ππ (π ). La probabilità che un bond con rating R non vada in default dall’anno t è il tasso di sopravvivenza cumulato ππ‘ (π ) = ∏π‘π=1[ 1 − ππ (π )]. A questo punto possiamo definire il tasso di default cumulato come la probabilità che un bond con rating R, vada in default dall’anno t: π·π‘ (π ) = 1 − ππ‘ (π ). I grafici sottostanti mostrano l’andamento dei default rate marginali per bond investmentgrade (Aaa, Aa, A e Baa) e speculative-grade (Ba e B) all’aumentare dell’orizzonte temporale di riferimento, da 1 a 20 anni. Questi, come detto in precedenza, mostrano la probabilità, basata sull’esperienza passata, di un emittente di andare in default nell’anno i, in base alla classe di rating attribuita. Grafico 2.3: Marginal default rates, Investment-grade Bond and Speculative-grade Bond Aaa 1,0% Aa A Ba Baa 0,9% 9,0% 0,8% 8,0% 0,7% 7,0% 0,6% 6,0% 0,5% 5,0% 0,4% 4,0% 0,3% 3,0% 0,2% 2,0% 0,1% 1,0% 0,0% 0,0% -0,1% B -1,0% 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 Orizzonte temporale (anni) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 Orizzonte temporale (anni) Fonte: Moody’s Ratings, website In generale, i default rate marginali dei titoli investment-grade tendono ad aumentare con il passare degli anni. Viceversa per quelli speculative-grade. Per cui, con il passare del tempo il rischio di default diminuisce per i titoli con rating Ba e B, e tende ad aumentare per quelli 64 con rating Aaa, Aa, A e Baa110. Nella tabella sottostante, invece, sono indicati i tassi di default marginali e cumulati da 1 a 20 anni per bond appartenenti ad una delle classi di rating. Tabella 2.1: Weighted-Average, Marginal and Cumulate Default Rates (MDR e CDR), by Bond Rating and Investment Horizon, 1970-1993 Rating Aaa MDR CDR T 1 0,00% 0,00% 2 0,00 0,00 3 0,00 0,00 4 0,04 0,04 5 0,09 0,12 6 0,10 0,22 7 0,11 0,33 8 0,12 0,45 9 0,14 0,58 10 0,15 0,73 11 0,17 0,90 12 0,19 1,09 13 0,22 1,30 14 0,25 1,55 15 0,29 1,84 16 0,34 2,18 17 0,21 2,38 18 0,25 2,63 19 0,00 2,63 20 0,00 2,63 Fonte: Moody’s Ratings, website Aa MDR 0,02% 0,01 0,05 0,12 0,12 0,11 0,10 0,11 0,13 0,15 0,17 0,20 0,23 0,26 0,00 0,00 0,13 0,16 0,20 0,25 A CDR 0,02% 0,04 0,08 0,20 0,32 0,43 0,52 0,64 0,76 0,91 1,09 1,29 1,51 1,76 1,76 1,76 1,89 2,05 2,24 2,49 MDR 0,01% 0,08 0,20 0,18 0,16 0,21 0,24 0,25 0,31 0,35 0,35 0,36 0,35 0,30 0,34 0,35 0,32 0,33 0,40 0,28 Baa CDR 0,01% 0,09 0,28 0,46 0,62 0,83 1,06 1,31 1,61 1,96 2,30 2,65 2,99 3,29 3,62 3,95 4,26 4,58 4,96 5,23 MDR 0,16% 0,35 0,40 0,56 0,52 0,50 0,65 0,68 0,67 0,59 0,64 0,66 0,62 0,73 0,77 0,82 0,85 0,84 0,69 0,71 CDR 0,16% 0,51 0,91 1,46 1,97 2,46 3,09 3,75 4,39 4,96 5,56 6,19 6,77 7,44 8,16 8,91 9,69 10,45 11,07 11,70 Ba MDR 1,79% 2,64 2,66 2,67 2,69 2,19 1,80 1,67 1,67 1,64 1,69 1,74 1,70 1,28 1,24 1,31 1,16 1,06 1,14 1,24 B CDR 1,79% 4,38 6,92 9,41 11,85 13,78 15,33 16,75 18,14 19,48 20,84 22,22 23,54 24,52 25,46 26,43 27,29 28,06 28,88 29,76 MDR 8,31% 7,13 6,50 5,52 4,79 4,89 3,59 3,64 2,60 2,57 1,86 1,12 1,22 1,03 1,15 1,30 1,50 0,58 0,00 0,00 CDR 8,31% 14,85 20,38 24,78 28,38 31,88 34,32 36,71 38,38 39,96 41,08 41,74 42,45 43,04 43,70 44,43 45,27 45,58 45,58 45,58 In particolare, quelli cumulati (CDR), mostrano chiaramente come il rischio aumenta al decrescere della qualità del rating per ogni orizzonte temporale111. 2.2.4. Il default come evento di Poisson Anche attraverso lo studio dei processi di Poisson è possibile analizzare, con l’utilizzo di strumenti statistici, le insolvenze ed i fallimenti delle società che emettono titoli di debito112, ed esprimere il concetto di default come in precedenza, ma da un punto di vista matematico, introducendo una variabile aleatoria, chiamata time to default e indicata con la lettera greca τ, che coincide con il momento in cui avviene il primo salto su di un processo di Poisson N(t), ovveroο τ = min{t ≥ 0 : N(t) > 0}. I modelli si caratterizzano per il modo in cui viene definita l’intensità di default stessa. Si parla quindi di: 110 J. S. Fons, Using Default Rates to Model the Term structure of Credit Risk, in Financial Analyst Journal, 2000, p. 25 e ss. 111 J. S. Fons, Using Default Rates to Model the Term structure of Credit Risk, in Financial Analyst Journal, 2000, p. 27. Si definisce un processo di Poisson N(t) come un processo di conteggio crescente che assume esclusivamente valori interi non negativi (0,1, 2,..) e ha un valore iniziale pari a zero. 112 65 - processo di Poisson omogeneo, quando l’intensità di default è costante nel tempo e deterministica; - processo di Poisson non omogeneo, se l’intensità di default viene definita come funzione dipendente dal tempo; - processo di Cox, se le dinamiche dell’intensità di default vengono descritte da una relazione di tipo stocastico. Il processo di Poisson (omogeneo), N(t), a sua volta è legato alla nozione di intensità di default λ, come segue: si assume che la probabilità di osservare un salto in un piccolo intervallo di tempo Δt, successivo a t, sia proporzionale a Δt attraverso la costante λ : P[N(t + Δt)− N(t) = 1] = λ ⋅Δt, e che il verificarsi di più di un salto in ogni intervallo abbia una probabilità trascurabile rispetto λ ⋅ Δt. La figura sottostante illustra un processo a salti e il momento in cui si verifica l’insolvenza: Grafico 2.4: Processo a salti di Poisson N(t) Istante in cui avviene il primo salto: default Tempo Da questa funzione si ricava una funzione di ripartizione F(t) della variabile aleatoria τ, definita come F(t) = P[τ ≤ t] = 1− exp{−λ ⋅ t} t ≥ 0, interpretabile come la probabilità di osservare il default entro t, ed una funzione di sopravvivenza (survival probability), come suo complemento a uno, che esprime la probabilità che l’insolvenza non si sia ancora verificata al momento t: S(t) = 1− F(t) = P[τ > t] = exp{−λ ⋅ t} t ≥ 0. Si consideri ad esempio un soggetto esposto al rischio di credito che presenti una intensità di default stimata in 0,05. La probabilità che si osservi l’insolvenza entro il secondo periodo dal momento in cui si compie l’osservazione è pari a P[τ ≤ 2] = 1− exp{− 0,05⋅ 2}= 9,52%. Di conseguenza la probabilità di sopravvivenza di tale soggetto al secondo periodo è pari a P[τ > 2] = exp{− 0,05 ⋅ 2}= 90,48%113. 113 P. Schönbucher., Credit derivatives pricing models: models, pricing and implementation, John Wiley and Sons, 2003. 66 Elemento cardine per lo studio e la determinazione della probability of default, è l’orizzonte temporale di riferimento. Sono possibili tre filosofie di calibrazione per definirlo: 1. Through-the-cycle (TTC): una PD through-the-cycle per il modello è utilizzata per produrre previsioni di PD che sono pari alla media di lungo periodo dei tassi di default ad un anno (media depurata dagli effetti puramente ciclici); 2. Point-in-time (PIT): una PD point-in-time rispecchia la probabilità di default nell’anno successivo, dato il punto corrente nel ciclo economico; 3. Hybrid: i modelli PD “ibridi” rispecchiano la ciclicità naturale del modello, catturando il ciclo economico in una certa misura, ma non completamente. Di fatto la logica “ibrida” si pone con gradazioni diverse tra i due estremi, costituiti dai due approcci “puri” descritti nei due precedenti bullet. Nell’industry practice gli approcci di calibrazione dei modelli IRB adottati sono tipicamente hybrid. Il posizionamento di un modello IRB fra i due estremi “Point in Time” e “Through the Cycle” puri, dipende da una serie di fattori o caratteristiche del modello stesso, quali la tipologia e il peso relativo delle variabili/moduli esplicativi del default o delle informazioni qualitativo, le serie storiche utilizzate per la stima delle singole variabili o dei singoli moduli esplicativi del default, il ruolo della componente umana nell’assegnazione dei rating (Override)114. 2.3. Recovery rate e Loss Given Default Una seconda importante componente alla base della stima della perdita attesa è il tasso di recupero, che è funzione della probabilità di insolvenza della controparte affidata e del tasso di recupero atteso, il quale incide a sua volta sulla perdita inattesa del portafoglio, per effetto della sua volatilità e della correlazione con altri fattori. Il tasso di recupero, infatti, è una variabile aleatoria per la quale la banca può solo formulare un’aspettativa: nel processo di valutazione occorre tener presente, infatti, che quello effettivamente registrato al termine della liquidazione delle attività di una controparte divenuta insolvente, può risultare inferiore a quanto originariamente stimato dalla banca (rischio di recupero). Il recovery risk è misurato, essenzialmente, dalla volatilità dei tassi di recupero. La perdita attesa in caso di default è data da: 114 Associazione Italiana Financial Industry Risk Managers (AIFIRM), Sistemi di rating interno e ciclo economico, Milano 2013. 67 πΈπΏ = ππ· β πΏπΊπ· Se un modello è privo del rischio di recupero, e dunque la volatilità è stocastica, la volatilità delle perdite sarà: ππΏ = πΏπΊπ· β √ππ· β (1 − ππ·) Se, invece, ipotizziamo che la LGD sia stocastica con valore atteso πΏπΊπ· e deviazione standard pari a ππΏπΊπ· , allora la volatilità delle perdite sarà: 2 2 2 ππΏ = √ππ· β (1 − ππ·)(πΏπΊπ·) + ππ·2 β ππΏπΊπ· + ππ· β (1 − ππ·) β ππΏπΊπ· L’impatto di ππΏπΊπ· è più marcato quando la PD è maggiore, cioè per i clienti di peggiore qualità115. Mentre la probabilità di insolvenza dipende dal merito creditizio del debitore, ed è associata al rischio della controparte debitrice e, dunque, non dipende dalle caratteristiche del tipo di contratto, il tasso atteso di recupero è più specifico in quanto deve considerare le diverse caratteristiche contrattuali dell’operazione sottostante. Esso infatti, dipende da diverse componenti, quali la gravità dello stato di insolvenza, il grado di liquidità delle attività dell’impresa, la presenza di eventuali garanzie reali costituite da attività finanziarie o da altri beni, il grado di esposizione, ossia l’eventuale vincolo di subordinazione nei confronti di altri creditori, lo stato del ciclo economico, il livello dei tassi di interesse, la tendenza con cui la banca utilizza accordi stragiudiziali con i debitori e con cui cede a terzi pacchetti di crediti in contenzioso116. Attualmente esistono alcune convenzioni largamente usate nei mercati per definire il tasso di recupero, tra le quali ricordiamo: - recupero costante: questa ipotesi parte dal presupposto che sia possibile definire a priori un valore da attribuire a quanto verrà recuperato in caso di insolvenza, prescindendo da qualsiasi altro elemento, come le modalità con cui si è verificato il default, il tasso di interesse per attività prive di rischio al momento della dichiarazione di insolvenza. Que- 115 A. Resti, A. Sironi, Rischio e valore nelle banche, Misura, regolamentazione, gestione, cit., p. 443. Gli accordi stragiudiziali e la vendita di crediti in contenzioso riducono il valore nominale dei crediti ma riducono anche la durata del processo di recupero. L’effetto finanziario di questo minor tempo di recupero compensa molto spesso il minor importo nominale del recupero; A. Resti, A. Sironi, Rischio e valore nelle banche, Misura, regolamentazione, gestione, cit., p. 427. 116 68 sta ipotesi permette di snellire i calcoli e di focalizzare l’attenzione su altre variabili critiche: per questo è un’ipotesi adeguata quando si può ragionevolmente fare affidamento sui dati medi di recovery forniti dalle agenzie di rating. - recupero equivalente: secondo questa ipotesi, ogni attività in default è equivalente ad una frazione R (R ∈ [0,1]), di titoli privi di rischio, e valore nominale pari al valore del debito a scadenza. - recupero frazionale: in questo modello l’insolvenza non comporta la liquidazione dell’entità di riferimento, ma una riorganizzazione del debito con nuove emissioni, che sostituiscono le precedenti. Pertanto, al verificarsi di un default, i titoli perdono una frazione π del loro valore facciale. In seguito al processo di ristrutturazione, il loro valore residuo (1 − π), viene negoziato sotto forma di un altro contratto. È giustificato il ricorso all’ipotesi di recupero costante che consente, come abbiamo detto, semplificazioni del modello, poiché i risultati che si ottengono dall’implementazione di tutti questi modelli sono sostanzialmente uguali117. Il tasso di recupero in caso di default va calcolato secondo la seguente formula: π π = π ππ π πΏ π πΏ − πΆπ΄ = β β (1 + π)−π πΈπ΄π· πΈπ΄π· π πΏ dove: - π π è il tasso di recupero effettivo su un’esposizione insolvente, ed è il rapporto tra il recupero netto scontato (π ππ), ovvero il valore attuale al momento del default degli importi recuperati al netto di tutti i relativi costi e dell’esposizione al momento del passaggio a sofferenza per capitale, interessi e spese (πΈπ΄π·). - π πΏ è il recupero lordo, ossia il valore nominale degli importi recuperati, come emerge dalle scritture contabili della banca118; - πΆπ΄ sono i costi amministrativi legati alla procedura di recupero, sia diretti che indiretti; l’incidenza unitaria dei costi amministrativi è indicata dal rapporto π πΏ−πΆπ΄ π πΏ , e può essere stimata analizzando i dati passati o sulla base delle tariffe applicate da società esterne specializzate nel recupero dei crediti (“bad bank”)119. 117A. Cifter, Bank concentration and Non performing loans in Central and Eastern European Countries, in Journal of Business Economics and Management, 2012, p.16. 118 Il valore nominale dei recuperi deve comprendere tutte le commissioni incassate dal debitore insolvente, compresi gli interessi di mora, che vanno poi aggiunte all’EAD originaria. 119 Si noti che se le commissioni richieste vengono espresse in percentuale dell’importo recuperato, cioè πΆπ΄ = π β π πΏ, il π πΏ−πΆπ΄ rapporto si riduce a (1 − π). π πΏ 69 Le spese considerate sono esclusivamente quelle non recuperate, espresse al loro valore nominale. - π è il tasso di sconto: per il calcolo del valore attuale dei recuperi sui default che accadranno in futuro, è irrazionale utilizzare tassi di sconto basati su valori storici (backward looking), ma è opportuno e ragionevole utilizzare i tassi di interesse forward a un anno. Generalmente esso viene stimato tramite il ricorso a un tasso interbancario o a un tasso swap per la corrispondente scadenza. - π è la durata del processo di recupero. Essa dovrebbe essere calcolata in senso finanziario, tenendo conto cioè dell’esistenza di eventuali flussi di cassa intermedi. Per questo motivo viene calcolata come differenza tra la duration dei caricamenti π·πΆ e la duration dei recuperi associata con il recupero lordo totale π·π con la formula di Macaulay120. In generale, è importante tenere presente che il tasso di recupero va inteso in senso finanziario e non puramente contabile: il criterio da utilizzare è quello del valore attuale dei flussi di risorse rinvenienti dalle diverse fasi del recupero fino alla chiusura del contenzioso. Un fattore rilevante da tenere in considerazione è, dunque, la durata del contenzioso, che determina un costo finanziario che è tanto maggiore quanto maggiore è il livello dei tassi di interesse. La tabella sottostante riporta la stima del tasso di recupero dei debiti di Lehman Brothers classificati per Seniority classes, alla fine del 2008. Tabella 2.2: Lehman Brothers Recovery analysis Panel di dati Feb. 2008 Seniority Classes May 2008 325.616 Recovery Rate 100% Face Value 256.192 Aug. 2008 1 Face Value 325.616 2 34.014 34.014 100% 34.642 34.642 100% 3 112.128 103.345 92% 110.553 109.664 4 16.157 0 0% 17.629 0 Recovery 256.192 Recovery Rate 100% Face Value 221.923 Recovery 221.923 Recovery Rate 100% 25.900 25.900 100% 99% 77.095 77.095 100% 0% 37.544 15.296 41% Recovery Alla classe 1 appartengono i debiti garantiti a breve termine, alla classe 2 quelli non garantiti a breve termine, alla classe 3 i debiti a lungo termine senior, e alla classe 4 i debiti a lungo termine junior. Per i debiti a lungo termine, garantiti e non, si è recuperato il 100% nei tre trimestri, mentre per quelli a lungo termine junior, per due semestri non si è registrato alcun recupero sul valore facciale; nel terzo trimestre non si è raggiunto neanche il 50% del loro 120 π·πΆ = − −π‘ ∑π π‘=0 π‘βπΉπ‘ (1+π) − −π‘ ∑π π‘=0 πΉπ‘ (1+π) e π·πΆ = + −π‘ ∑π π‘=0 π‘βπΉπ‘ (1+π) + −π‘ ∑π π‘=0 πΉπ‘ (1+π) , dove πΉπ‘− indicano i caricamenti e πΉπ‘+ i flussi di recupero. 70 recupero. Questi debiti, dunque, presentavano un certo rischio di recupero. Esso è misurato, di conseguenza, dalla Loss Given Default (LGD), che è il complemento a uno del recovery rate. Per misurarla in maniera quanto più precisa, è possibile seguire due approcci: l’approccio market LGD, altrimenti detto Metodo di Base – Standard e IRB Foundation - e quello workout LGD, detto anche Metodo Avanzato. Con il primo approccio il valore della LGD è calcolato applicando delle regole standard: esso si basa su dati recuperabili dal mercato di corporate bonds e/o dei prestiti sindacati, in funzione del grado di seniority e di garanzie sul finanziamento. Il limite di questi modelli, è rappresentato dal fatto che per stimare il tasso di recupero, i dati si basano sui prezzi delle esposizioni in default, che di conseguenza sono disponibili sono per quelle dotate di un mercato secondario, e sono relativi solo alle obbligazioni emesse da società di grandi dimensioni. Di conseguenza, per la maggior parte dei prestiti bancari, non è possibile osservare alcun prezzo di mercato. Alternativamente si può considerare il valore di mercato di nuovi strumenti finanziari offerti dagli investitori, come risultato di un processo di ristrutturazione aziendale in seguito ad una situazione di insolvenza, il cui valore deve essere quindi attualizzato fino al momento del default (emergence LGD) 121. Un’ulteriore variante di calcolo della market LGD, ricava la LGD implicita negli spread di mercato pagati da obbligazionisti non in default, sotto l’ipotesi che la banca disponga di una stima della PD del debitore (si parla in tal caso di implied market LGD)122. Sulla base del secondo approccio (workout LGD), invece, la Banca determina in autonomia il proprio valore di LGD da applicare alle diverse tipologie di esposizioni, sulla base dei risultati delle analisi interne e di fonti esterne. Basilea II pone precise condizioni per poter adottare il Metodo Avanzato: è necessario che l’intermediario effettui una rilevazione a posteriori, dei tassi storici di recupero (verificando indirettamente anche l’efficacia dei processi adottati da ciascuna Banca nel recupero dei crediti incagliati attivando le garanzie raccolte); inoltre le stime della LGD, devono rappresentare una visione di “lungo periodo”, e quindi bisogna considerare anche la perdita economica media di tutte le insolvenze. Per il calcolo della workout LGD è necessario tener conto di tutti i fattori che concorrono a ridurre il valore finale della porzione di credito recuperata, i default passati, la percentuale 121 122 R. Ruozi, Economia e gestione della banca, cit., p. 197. J. Seidler, Implied Market Loss Given Default: structural – model approach, IES Working Paper 26/2008, p. 5. 71 del credito recuperata, il tempo di recupero, il costo finanziario connesso al tempo di recupero, i costi amministrativi interni ed esterni sostenuti per portare a compimento il processo di recupero, nonché le procedure seguite. I dati vengono suddivisi in base al tipo di esposizione, di debitore, della procedura seguita ecc., con il fine di creare delle famiglie (clusters) con caratteristiche affini e analoghe LGD, per poi stimare la perdita attesa futura123. Tale modello si basa sugli effettivi flussi di recupero realizzati nei mesi (o negli anni) successivi al default, calcolati attualizzando i flussi di cassa, positivi e negativi (recuperi e costi), connessi al recupero delle posizioni deteriorate. Il rapporto tra il valore attuale netto e l’esposizione al momento del default (EAD) rappresenta il tasso di recupero e, indirettamente, la LGD, pari a 1 − π£πππππ ππ‘π‘π’πππ πππ‘π‘π πΈπ΄π· . Le tecniche di attualizzazione devono rispettare precisi criteri: il tasso di sconto può variare in funzione del mercato in cui la banca opera, del tipo di operazione e della prassi seguita nel processo di recupero. Il calcolo del valore attuale deve riflettere il valore monetario del tempo e il rischio insito nella volatilità dei flussi di recupero, prevedendo il ricorso a uno specifico premio al rischio. Lo spread π (premio al rischio) che una banca dovrebbe chiedere ad un’impresa, della quale conosce la PD e il tasso di recupero atteso è: π = −ln(1 − ππ· β πΏπΊπ·), se si utilizzano tassi composti continui; se si utilizzano tassi semplici o composti annui, allora lo spread si calcola nel seguente modo alternativo: π = ππ·βπΏπΊπ· 1−ππ·βπΏπΊπ· β (1 + ππ ). Il calcolo dell’LGD può prescindere dal rischio solo in assenza di incertezza nel recupero. Si tratta di disposizioni che mirano a tenere in debita considerazione, tra l’altro, l’incidenza del fattore temporale e del rischio sul recovery rate. L’approccio workout costituisce una scelta obbligata per le banche italiane poiché le metodologie di stima della LGD devono basarsi su dati oggettivi, quali i valori di mercato emessi da imprese in default o le evidenze interne relative ai recuperi ottenuti sulle esposizioni deteriorate. La mancanza di dati di mercato comparabili ai prestiti erogati dalle nostre banche spiega l’utilizzo di tale modalità per la valutazione del portafoglio crediti124. 123 Associazione Italiana Financial Industry Risk Managers (AIFIRM), I° Paper definitivo, Commissione banche medio piccole, cit., p. 7 e 8. 124 Banca d’Italia, Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche, Circolare n. 263, Titolo II, Capitolo 1, 27 dicembre 2006 e successivi aggiornamenti, www.bancaditalia.it. 72 L’approccio utilizzato dalle banche, impatta anche sul costo del capitale richiesto per “tenere” i NPLs nei propri bilanci: - per le banche che utilizzano l’approccio standard, il capitale richiesto ammonta al 12% del valore degli assets rischiosi, se si tratta di NPLs non garantiti. - per le banche che utilizzano l’Internal Rating Based models, il capitale richiesto sui NPLs dipende dal tipo di approccio: ο· per quelle che adottano l’IRB Advanced approach, (sotto Basilea II), il costo del capitale per i NPLs è duplice: i) è prevista una deduzione di capitale per eventuali differenze di previsioni, relative alle perdite future attese, tra quanto disposto dai principi di Basilea II, e quelli contabili IFRS. Essa è nota come “IRB shortfall”; ii) il capitale richiesto per gross NPLs definito internamente dalle banche; ο· per quelle che adottano l’IRB foundation approach, è richiesta solo la deduzione dell’IRB shortfall, senza alcun altro addebito125. Sulla base di alcune assunzioni sull’evoluzione del valore dell’impresa V nel tempo, possiamo ottenere una formula per il valore atteso dell’impresa al tempo T (Expected LGD, ELGD). L’ELGD è funzione del valore facciale del debito F, del valore dell’impresa V, della data di scadenza T, del costo del default (1 − π) – che sulla base di studi empirici viene fissato al 10% – del dividend rate πΏ, della crescita attesa del valore dell’attivo ππ e della volatilità di questi assets ππ : πΏπΊπ· = 1 − π β π π (πΉ, π, π, πΏ, ππ , ππ ) A parità di condizioni l’ELGD cresce all’aumentare del valore facciale del debito, della volatilità del valore dell’attivo ππ , che di conseguenza comporta un aumento della probabilità che il valore dell’attivo al tempo T sia inferiore al valore del debito. All’aumentare della scadenza T (che di norma si assume pari a cinque anni) e del dividend rate, l’ELGD aumenta poiché i dividendi riducono il valore dell’attivo dell’impresa, e di conseguenza è più propensa la probabilità di default. Viceversa la perdita attesa diminuisce all’aumentare del valore di mercato dell’impresa, V e all’aumentare della crescita attesa degli assets ππ . Se si utilizza il RoA come proxy per la variabile “crescita dell’attivo di un’impresa”, un confronto tra diversi periodi temporali suggerisce che la crescita è maggiore per le imprese analizzate, piuttosto che per il settore corporate preso per intero. L’evoluzione 125 N. Jassaud, K. Kang, A strategy for developing a market for Nonperforming loans in Italy, cit., p. 9. 73 del RoA, rivela che durante un periodo di recessione economica la differenza tra i due gruppi di imprese di riferimento (quelle in analisi e il settore corporate), è meno significativa, e viceversa in periodi di crescita economica126. 2.4. Tipologie di risoluzione dei crediti deteriorati: ristrutturazione del debito, procedure esecutive e cessione del credito Il recupero dei crediti può avvenire attraverso molteplici procedure, diverse tra di loro sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo. Come accennato in precedenza, è necessario accertare le difficoltà di recupero. La prova di queste potrà essere offerta nei seguenti casi: - dimostrando che il debitore è sottoposto a procedure concorsuali; - fornendo adeguata documentazione della perdita; - facendo accertare la perdita da istituti appositi; - cedendo pro-soluto il credito; Le procedure esecutive previste dal codice processuale civile possono essere denominate “individuali”, in contrapposizione a quelle “concorsuali”, in quanto predisposte per attuare il recupero dei crediti del singolo creditore, attraverso la realizzazione di un utile economico. Esse, in relazione ai beni del debitore che si intendono colpire, si differenziano in espropriazione forzata mobiliare presso il debitore o presso terzi, ed esecuzione immobiliare, e si attuano attraverso il pignoramento, l’assegnazione o la vendita del bene e la successiva distribuzione della somma ricavata. Una tematica molto discussa nella letteratura giuridica riguarda l’aspetto attuativo del diritto di credito vantato dal soggetto, vale a dire, in specie, la pignorabilità o meno dello stipendio del dipendente pubblico o privato. In origine il Testo Unico di leggi approvato con d. p. r. 5.1.1950, n. 180, sanciva un principio generale di impignorabilità delle retribuzioni dei dipendenti pubblici, ma veniva predisposto il sequestro e il pignoramento di un quinto della retribuzione netta in caso di simultaneo concorso delle cause di credito, e fino alla metà in caso di concorrenza di crediti dovuti per causa di alimenti. Successivamente, con una prima sentenza della Corte Costituzionale, nel 2002, si delinea il pensiero per cui le pensioni, le indennità che tengano luogo e gli assegni familiari corrisposti, sono comunque pignorabili fino alla concorrenza di un quinto, valutati al netto di ritenute, 126 P. Jakubik, J. Seidler, Estimating Loss Given Default, cit., p. 104, 106. 74 per tributi dovuti allo Stato, agli Enti territoriali, facenti carico al pensionato127. Può avvenire, tuttavia, che il creditore non riesca a soddisfarsi attraverso la procedura esecutiva individuale, o perché il patrimonio è incapiente rispetto all’ammontare del suo credito, o perché non trova più nulla da aggredire (pignoramento negativo). Le procedure concorsuali, viceversa, hanno lo scopo di soddisfare tutti i creditori in parti uguali, secondo il principio della par condicio creditorum, e si svolgono sotto il controllo e la direzione dell’Autorità giudiziaria (Tribunale, Giudice delegato), la quale nomina una persona a cui viene affidata la responsabilità della procedura stessa (Curatore, Commissario). Tenendo conto delle potenzialità economiche dei soggetti interessati, e quindi dei riflessi che la loro attività può avere sull’economia nazionale, tali procedure cercano di ridurre i danni derivanti dai loro dissesti finanziari, suddividendone l’onere in parti uguali tra tutti i creditori. Tra le procedure concorsuali, assumono una particolare rilevanza il fallimento, il concordato preventivo, l’amministrazione controllata, la liquidazione coatta amministrativa e l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi128. In particolare, il concordato preventivo, disciplinato dall’art. 160 LF, consente all’amministratore129 che si trova in stato di insolvenza (a causa di fatti straordinari e imprevedibili o comunque scusabili) di evitare il fallimento e le procedure concorsuali, e chiudere le vertenze con i propri creditori trovando con loro degli accordi, a contenuto dilatorio e/o remissorio, attraverso una serie di proposte di pagamento in percentuale dei loro crediti, comunque subordinati alla mancata dichiarazione di fallimento ed aventi come finalità immediata la rimozione dello stato di insolvenza. L’imprenditore può proporre, dunque, un cosiddetto piano di ristrutturazione dei debiti, piuttosto che l’attribuzione delle attività ad un assuntore, la suddivisione dei crediti in classi, e trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse. Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, disciplinati dall’art. 182 bis LF, rappresentano un’importante novità della riforma fallimentare, la quale prevede la possibilità di risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa attraverso la conclusione di accordi stragiudiziali tra il debitore ed almeno il 60% dei suoi creditori al fine della prosecuzione dell’attività. È necessario che la proposta sia concretamente attuabile e idonea a garantire il regolare pa- 127 B. Cusato, Il recupero del credito, in Trattati a cura di P. Cendon, Giuffrè, Milano, 2015, p. 240 e ss. G. Guarda, Guida alle procedure giudiziarie di recupero dei crediti, 1994, p. 11 e ss. 129 Questa procedura può essere seguita dagli imprenditori che esercitano un’attività commerciale e le società commerciali, a condizione che lo stato di insolvenza sia effettivo, che non sia stato dichiarato fallito o ammesso alla procedura di concordato preventivo nei cinque anni precedenti, né condannato per bancarotta. 128 75 gamento dei creditori che non vi hanno aderito. Requisito necessario affinché essi siano efficaci, è la pubblicazione nel registro delle imprese così che chiunque ne abbia interesse possa presentare opposizione entro 30 giorni dall’iscrizione. Questo tipo di contratto costituisce una forma di espressione dell’autonomia privata, in quanto si svolge al di fuori del controllo dell’autorità giudiziaria: l’imprenditore, infatti, non deve possedere tutti i requisiti che stanno alla base degli altri concordati, ma può estinguere le obbligazioni pendenti nella libertà di una privata trattazione. La giurisprudenza di merito ha sottolineato che l’accettazione di un concordato stragiudiziale costituisce prova della conoscenza dello stato d’insolvenza in cui versa il debitore ed è pertanto revocabile il pagamento di un credito effettuato in esecuzione del concordato stesso. Il concordato preventivo prevede che il debitore assicura, attraverso garanzie reali e personali, il pagamento almeno del 40% dell’ammontare dei crediti chirografari entro 6 mesi dalla data di omologazione del concordato, e degli interessi legali per i versamenti effettuati oltre i sei mesi nel caso proponga una dilazione maggiore. Competente a valutare la proposta e concedere l’ammissione alla procedura, è il Tribunale nella cui circoscrizione l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa, il quale deve: a) accertare la sussistenza delle condizioni di ammissibilità del concordato e la regolarità della procedura; b) valutare la convenienza economica del concordato, la congruità delle garanzie e dei beni offerti dal debitore, se sono state raggiunte le maggioranze prescritte dalla legge (è necessaria l’approvazione dalla maggioranza dei creditori votanti, la quale deve rappresentare due terzi della totalità dei crediti ammessi al voto); c) valutare se il debitore è meritevole di beneficio. Il Tribunale, pronuncia la sentenza di omologazione del concordato in caso di valutazione positiva, e la sentenza di dichiarazione fallimento in caso contrario130. In sede di esecuzione del concordato preventivo, l’istituto della cessione dei beni ai creditori trova espresso richiamo agli art. 160 e 186, secondo cui è prevista la cessione dei beni esistenti nel patrimonio del debitore, la nomina dei liquidatori e del comitato dei creditori e la non risoluzione del concordato se nella liquidazione dei beni ceduti si fosse ricavata una percentuale inferiore del 40%. Con la chiusura del procedimento, l’imprenditore ammesso al concordato perde definitivamente tutti i diritti sui beni stessi. Questa specifica tipologia di concordato, è suscettibile di risoluzione per inadempimento o 130 Il fallimento si differenzia dalle procedure esecutive previste dal codice processuale civile (mobiliari e immobiliari), in quanto queste sono attuate dai singoli creditori, i quali, muniti di un titolo esecutivo, procedono a soddisfare il proprio credito mediante la vendita dei singoli beni del debitore. 76 di estinzione, con conseguente apertura della procedura fallimentare, solo ove risulti che il debitore abbia conservato la disponibilità materiale e giuridica dei beni offerti, sicché l’inadempimento sia addebitabile al suo comportamento, ovvero se di detti beni lo stesso abbia assicurato una consistenza superiore a quella reale. Infatti, di per sé, con la cessione dei beni, il debitore assolve ai propri obblighi e non assume alcune responsabilità in ordine al risultato della liquidazione. Il fallimento è una procedura esecutiva concorsuale e giudiziale, sicuramente la più grave, che ha lo scopo di vendere tutti i beni del debitore per soddisfare mediante il ricavato tutti i creditori in parti uguali (salvo eventuali privilegi previsti dalla legge). Anzitutto il giudice delegato o il pretore competente per territorio, procedono all’apposizione dei sigilli, impendendo così la possibilità di asportare i beni. Questi vengono successivamente rimossi quando i curatori, previa autorizzazione del giudice, provvedono ad accertare la consistenza dei beni del fallito mediante la loro individuazione e valutazione (inventario). Seguono a questa fase, le azioni revocatorie, attraverso cui il tribunale fallimentare, su proposta del curatore, provvede al ripristino della situazione patrimoniale del fallito rispetto agli atti pregiudizievoli ai creditori da lui compiuti. Il curatore, sulla base delle scritture contabili del fallito e delle altre notizie che può raccogliere, provvede all’accertamento del passivo, compilando l’elenco dei creditori, da depositare poi in cancelleria, con l’indicazione dei rispettivi crediti e dell’ordine con cui essi devono essere soddisfatti, in base all’esistenza o meno di privilegi131. In seguito alla liquidazione dell’attivo, e dunque alla realizzazione dei beni del fallito, si procede con la ripartizione dell’attivo: le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo vengono utilizzate per il pagamento delle spese e dei debiti contratti per l’amministrazione del fallimento e dei creditori. Qualora non fosse possibile sottoporre il debitore a procedura concorsuale, perché troppo onerosa o non ne esistono i presupposti, la prova più rilevante è quella documentale, relativa all’attività legale promossa dal creditore (decreto ingiuntivo, precetto, ecc.) – o attestante il decesso del debitore – o alla sentenza passata in giudicato a ad altri eventuali contratti registrati. In alternativa, se non vi è documentazione idonea, si procede a stilare una perizia attestante l’inesigibilità del credito o se neanche questa fosse possibile, si apre la possibilità per l’azienda di procedere alla cessione del credito. Tale rimedio è sussidiario rispetto agli altri, 131 S. Merz, N. Carboni, P. Mai, F. Pinato, P. Sguotti, Manuale pratico e formulario del recupero crediti, Cedam, Padova, 2013, p. 434 e ss. 77 e applicabile per i crediti di difficile esigibilità, ancora recuperabili ma solo con l’impiego di tempo e denaro notevoli, tali da portare l’azienda in perdita. La vicenda circolatoria del credito è accompagnata da un regime di garanzie a tutela del soggetto acquirente. Sul punto occorre distinguere l’ipotesi di cessione a titolo oneroso da quella a titolo gratuito. Nel primo caso il cedente è tenuto a garantire il cessionario della sussistenza del credito al tempo della cessione, ovvero a garantire il nomen verum del credito, sempre che le parti non abbiano espressamente escluso tale garanzia. Qualora la cessione avvenga senza controprestazione, il cedente garantirà l’esistenza del credito nelle forme e nei limiti in cui la garanzia per evizione è posta a carico del donante, ossia quando egli ha espressamente assunto tale impegno, quando la perdita del diritto dipende dal dolo o dal fatto personale del cedente, ovvero quando la cessione imponga oneri al cessionario132. I vantaggi della cessione sono evidenti: risparmio fiscale, in quanto il credito non sarà più sottoposto ad imposta, e di conseguenza la deducibilità fiscale sugli utili conseguenti la cessione del credito, il corrispettivo derivante dalla cessione e la riduzione dei costi di gestione sia per le risorse interne sia per le procedure di recupero stragiudiziali e giudiziali. Tuttavia, questa forma di risoluzione contrattuale non è di facile esperibilità, poiché non sempre consentita dal Fisco133. La cessione a scopo di garanzia comporta il medesimo effetto immediatamente traslativo del diritto al cessionario, che si sostituisce all’originario creditore e diviene, dunque, l’unico legittimato a pretendere la prestazione dal debitore ceduto, sia nell’ipotesi di cessione pro solvendo che pro soluto134. Nel primo caso la cessione può essere fatta per estinguere un proprio debito verso il cessionario: la liberazione dal debito che si ha nei confronti del cessionario, avviene soltanto quando questi avrà ottenuto il pagamento dal debitore ceduto. In questo tipo di cessione il cedente, continua sempre a rispondere verso il cessionario, sia pur nei limiti di quanto ricevuto. Di conseguenza il creditore ha la facoltà di esigere indifferentemente le sue spettanze dall’uno come dall’altro obbligato, a copertura dell’intero importo dovuto. In caso di cessione pro soluto, invece, è la volontà delle parti a stabilire che il cessionario liberi definitivamente il cedente dall’obbligo che questi aveva nei confronti del primo, il 132 F. Caringella, L. Buffoni, Manuale di diritto civile, VI edizione 2016, DILE Giuridica Editrice, S.r.l. Roma, p. 601 e 602. 133 Per il Fisco un costo deve ritenersi inevitabile quando produttivo di un vantaggio economico, per cui non si può sostenere che il solo risparmio d’imposta possa giustificare la cessione. Dato che l’imprenditore non riceverebbe alcun beneficio economico, se non il risparmio fiscale, non è stata considerata valida ai fini fiscali. 134 In entrambi i casi, insieme al credito si trasferiscono anche i privilegi, le garanzie e gli altri accessori ad esso connessi. 78 quale si accollerà il rischio dell’inadempimento del ceduto. In questo secondo caso, il cessionario sarà obbligato a escutere in primis il debitore ceduto; dunque il buon fine del credito ceduto, cioè la riscossione, non è garantito da parte del cedente, che è tenuto ad assicurare soltanto l’esistenza e la validità del credito ceduto nel momento in cui viene effettuata la cessione. Elementi chiavi preparatori ad una cessione sono: - fattori interni, quali la definizione di obiettivi e priorità della Banca e quindi l’impatto a Conto Economico e l’ottimizzazione dell’allocazione del capitale; - fattori esterni, quali l’interesse del mercato degli investitori (interesse per asset classes, dimensioni, distribuzione geografica, ecc.) e la facilità del processo di vendita135. Al fine di identificare e selezionare i sub-portafogli da destinare alla cessione, è opportuno classificarli per categoria di borrowers (corporate/individual), per garanzie (secured/unsecured), per procedure legali e fasi di esse (approvazione piani di rientro, fallimenti, bancarotta, aggiudicazione, avvio atti, asta), per livello di provisioning, ecc. Nel 2014, i crediti deteriorati sono stati gestiti attraverso la cessione a terzi o mediante strutture interne dedicate a tale attività; per il recupero di posizioni di importo contenuto si è spesso fatto ricorso a società esterne specializzate. La gestione di questi ha assorbito il 2,8% dei costi operativi delle banche, un valore in crescita rispetto agli anni precedenti136. La cessione i NPLs in Italia resta contenuta: circa € 11 miliardi lordi di NPLs venduti tra il 2014 ed il primo trimestre del 2016, con un picco registrato nei primi mesi del 2015. Non è infrequente che l’imprenditore di fronte a difficoltà insormontabili della fase di recupero dei crediti, venga indotto a rinunciare ad intraprendere qualsiasi azione finalizzata al recupero delle proprie pretese creditorie, causando, nel contempo, il definitivo consolidamento di un danno rappresentato dal mancato guadagno, dalla perdita degli interessi moratori e dalle spese bancarie o di protesto di eventuali insoluti. Queste difficoltà possono derivare anche dalla procedura di recupero crediti in via giudiziale promossa dal legale di impresa, poiché se non sufficientemente ponderata spesso contribuisce in modo del tutto involontario ad aggravare la situazione; molto spesso le imprese non dispongono di professionalità adeguate alla complessità delle procedure. Per questi motivi, molto spesso la miglior soluzione è affidarsi a società specializzate in www.pwc.it, La gestione strategica delle sofferenze bancarie, l’approccio PwC alla valorizzazione dei crediti problematici, 2011. 136 Rapporto sulla stabilità finanziaria 2016, Banca d’Italia, p. 36. 135 79 grado di proporre procedure efficaci che consentano di eliminare gli inconvenienti di un’azione di recupero credito. Al momento della valutazione/acquisizione di ogni portafoglio, le società di recupero credito preparano un budget di recupero basato sui seguenti punti: - una perizia degli immobili che costituiscono garanzia reale del credito ipotecario, laddove quella in essere non si ritenga che esprima l’effettivo valore di mercato dell’asset, ed in ogni caso qualora non vi sia una consulenza tecnica di ufficio recente (massimo 2 anni); - due diligence specifica, pratica per pratica, del portafoglio fino quando l’ammontare valutato (generalmente non meno dell’80% nel caso di portafoglio secured) non rappresenti un valore ampiamente rappresentativo del totale; - analisi di uno scenario base, uno pessimistico ed uno ottimistico di risoluzione del portafoglio; - analisi territoriale del mercato di riferimento e dei tempi delle procedure giudiziali; - focus sui costi e sulla “budgetizzazione” precisa delle spese di incasso; - infine, sul prezzo previsto, determinato sulla base di quanto sopra indicato, viene conservativamente applicato un abbattimento prudenziale che può variare anche significativamente da portafoglio a portafoglio, in relazione all’area geografica, allo stato di lavorazione delle pratiche e ad altre variabili critiche via via ipotizzate. In alternativa l’impresa, come è solita fare, destina parte delle risorse umane interne, al promuovimento di tutte le procedure finalizzate al tentativo di recupero stragiudiziale dei crediti. Esse consistono nell’esternalizzazione (gestione in outsourcing) di alcune fasi di procedure amministrative. La risoluzione stragiudiziale accelera il processo di recupero del credito e massimizza il valore attuale dei flussi di cassa, poiché caratterizzata da una certa velocità di intervento e coordinamento logico nella sequenza dei tentativi di recupero crediti, per stimolare il debitore a valutare concretamente la situazione. In tempi remoti il credito veniva recuperato stragiudizialmente direttamente dal creditore. Ora, secondo alcuni studiosi l’outsourcing può rappresentare una soluzione efficiente ed efficace per la gestione di alcune fasi del recupero di posizioni deteriorate. L’attività viene affidata ad un partner (che può essere un’agenzia di recupero, un grande istituto bancario) professionale, qualificato, specializzato, flessibile, e soprattutto dotato di un’adeguata conoscenza giuridica e contabile, che contatti il debitore intimandolo con una certa frequenza ed 80 insistenza alla restituzione delle somme dovute, e che identifichi ed annulli eventuali tentativi promossi dal debitore di sottrarsi all’adempimento delle proprie obbligazioni; di conseguenza è necessaria anche una struttura investigativa propria per il recepimento di notizie a carico del debitore. È previsto per legge che il recupero dei crediti in via stragiudiziale possa non essere sempre affiato a soggetti pubblici, ma che questo avvenga per opera di alcuni soggetti privati dotati di una licenza abilitativa, seppur entro limiti territoriali. Spesso e volentieri società private si rivolgono e stipulano convenzioni con soggetti privati, il più delle volte costituite in forma societaria, per le misure idonee a recuperare il credito. Molto spesso le modalità adottate dai soggetti incaricati al recupero non si presentano conformi ai principi di trasparenza e correttezza, e sfociano in condotte talvolta illecite; in queste circostanze, sono previsti provvedimenti dall’Antitrust137. Le principali attività svolte per il tentativo di recupero credito in via stragiudiziale sono le seguenti: - sollecito epistolare: tramite comunicazione scritta che intima il debitore a pagare entro il termine di 7 giorni, seguito da quello telefonico in caso di mancato pagamento (phone collection); il contatto telefonico deve avvenire su utenza in precedenza rilasciata dal debitore in relazione a quel rapporto inadempiente; - intervento del funzionario (home collection), se trascorsi ulteriori 10 giorni dall’ultima intimazione telefonica, non si è ravvisato alcun pagamento. L’esazione domiciliare risulta ben più invasiva poichè si svolge presso l’abitazione o il luogo di lavoro del debitore; - secondo sollecito epistolare: concessione di un ultimo termine di pagamento al debitore, con un avviso di affidamento della patica allo studio legale, se non è stato ricevuto alcun pagamento trascorsi 20 giorni dall’intervento del funzionario138. - diffida legale: è lo studio legale, questa volta, che intima il debitore di pagare, informando che in caso di mancato pagamento entro il termine di 35 giorni, sarà avviata un’azione giudiziaria. 137 B. Cusato, Il recupero del credito, cit., p. 381 e ss. I casi pratici evidenziano problematiche concernenti la difficile identificazione effettiva del debitor nel contatto a distanza, al quale ci su rivolge specificando le ragioni del colloquio ovvero l’utilizzo di telefono quale mezzo per interloquire con il debitore, se concesso o meno da quest’ultimo. 138 81 - relazione di intervento, che informa il cliente dei motivi che hanno determinato il mancato recupero, con contestuale proposta di effettuare accertamenti economico/patrimoniali per valutare l’opportunità di avviare un’azione giudiziaria contro il debitore. Questa avrà inizio al momento della chiusura della fase stragiudiziale, trascorsi 45 giorni dall’invio della relazione. La gestione stragiudiziale consente la definizione e il perfezionamento di piani di rientro al fine di tutelarsi da possibili azioni revocatorie fallimentari139. Il presupposto per l’esecuzione di questo tipo di risoluzione, è una maggior convenienza finanziaria per il creditore di ricevere il pagamento di un importo inferiore ma in tempi più rapidi, vale a dire ricevere oggi una somma certa (probabilmente inferiore rispetto a quanto recuperabile in sede giudiziale), piuttosto che domani una somma incerta. Uno dei principi che occorre tenere a mente è quello della pertinenza e non eccedenza, ed essere consapevoli del fatto che le richieste di dichiarazione stragiudiziale rappresentano uno strumento delicato, da utilizzare con la necessaria accortezza, atteso che un suo uso indiscriminato può generare delle criticità (legge del contenzioso) nel rapporto con i contribuenti. Per questi motivi è opportuno omologare e disciplinare le procedure di interpello dei soggetti terzi: a) individuando limiti di valore del credito al di sotto del quale non è possibile procedere con la richiesta delle informazioni; b) avvertendo preventivamente il debitore circa la possibilità di ricercare ed acquisire, in via stragiudiziale, notizie sui suoi crediti nei confronti di terzi, al fine di espropriali; c) comunicando al debitore l’attivazione di tale procedure; d) evitando l’invio di richieste di informazioni massive a soggetti diversi. Risulta piuttosto ovvio che, nell’applicazione di tale strumento, può emergere una violazione del diritto di difesa del contribuente e della sua sfera privata. In tempi recenti, sempre con più insistenza, la tutela della privacy del consumatore in sede di recupero è sentita140. Da un’indagine condotta da Banca d’Italia, è emerso che in media i prestiti a imprese oggetto di ristrutturazione sono assistiti da garanzia reale per circa il 50% del credito, otto punti percentuali in più rispetto a quelli verso imprese liquidate: ciò suggerisce che la disponibilità dei debitori a raggiungere accordi che preservano la continuità aziendale cresce all’aumentare del grado di copertura delle garanzie. Questo perché le garanzie reali tutelano il creditore di fronte al concorso di troppe pretese sui beni del debitore, e al rischio di veder vanificata la soddisfazione del proprio credito, 139 G. Morri, A. Mazza, Finanziamento Immobiliare, Finanziamento strutturati, Leasing, Mezzanine e NPL, Egea, Milano, 2011. 140 V. Cantele, Tutela del creditore e recupero dei crediti, Ipsoa, 1992, p. 77. 82 concedendo al creditore stesso un diritto di prelazione nella fase esecutiva sui beni stessi. In particolare, l’ipoteca, costituita mediante iscrizione nei registri immobiliari, è una sorta di diritto potestativo che attribuisce al creditore il diritto di espropriare i beni vincolati a garanzia del suo credito e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall’espropriazione. L’esercizio di tale diritto potestativo richiede ovviamente come presupposto l’inadempimento imputabile da parte del debitore. Il diritto reale dell’ipoteca può essere costituito, oltre che come di regola sui beni immobili, anche a garanzia di crediti condizionali e persino di crediti futuri, nel caso in cui sia espressamente indicato il rapporto dal quale il credito garantito potrebbe eventualmente trarre origine, essendo, in caso contrario, assolutamente certa la nullità dell’ipoteca. L’ipoteca, pur potendo avere ad oggetto una quota di beni indivisi, ha carattere speciale, nel senso che deve costituirsi sopra beni individualmente determinati e per una somma determinata di denaro 2.4.1. La gestione dei crediti deteriorati: un’indagine presso le maggiori banche italiane Nella seconda metà del 2015 la Banca d’Italia ha condotto un’indagine sull’efficacia delle procedure di gestione dei crediti deteriorati presso i maggiori gruppi bancari italiani, volta a raccogliere informazioni sull’efficacia delle procedure di recupero dei crediti alle imprese. Il tasso di recupero, nel periodo 2011-2014, è stato in media pari al 41%: considerando le diverse procedure, emerge che i tassi di recupero più elevati sono quelli delle procedure esecutive immobiliari (circa pari al 50%); le iniziative stragiudiziali si collocano su valori medi significativamente superiori a quelli delle procedure concorsuali e tra queste ultime i concordati si caratterizzano per tassi di recupero superiori a quelli dei fallimenti (Figura 2.9). Dal 2011 al 2014 le percentuali recuperate si sono ridotte per tutte le procedure, verosimilmente per la crescente difficoltà a valorizzare sul mercato gli attivi delle imprese in dissesto, in una situazione sfavorevole141. L. Carpinelli, G. Cascarino, S. Giacomelli, V. Vacca, La gestione dei crediti deteriorati: un’indagine presso le maggiori banche italiane, Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza, 311, 2016. 141 83 Grafico 2.5: Tasso di recupero complessivo in base alle modalità di recupero (%) per le procedure che si sono concluse nel periodo 2011-2014 70 66,2 procedure stragiudiziali 60 54,8 50,0 51,3 50 40 45,7 48,6 42,4 39,5 39,0 33,9 49,4 47,5 39,9 31,0 26,6 30 procedure fallimentari 44,6 40,6 37,4 31,8 28,5 concordato preventivo esecuzioni immobiliari in assenza di procedure concorsuali 20 10 Totale 0 2011 2012 2013 2014 Fonte: Banca d’Italia I tassi di recupero medi presentano una marcata variabilità tra le banche, che non è correlata con la dimensione del gruppo bancario: i risultati sui tassi di recupero delle diverse procedure non possono essere interpretati come indicativi della loro efficacia in quanto essi riflettono anche le scelte del creditore in merito alla procedura da impiegare (dati i vincoli di legge), che a loro volta sono influenzate dalle caratteristiche delle posizioni da liquidare (in termini di grado di deterioramento e di incidenza delle garanzie). Ad esempio, il più elevato tasso di recupero registrato per le esecuzioni immobiliari è verosimilmente determinato dal fatto che i finanziamenti per cui si attivano tali procedure sono tipicamente assistiti da garanzia reale. Con il protrarsi della congiuntura economica sfavorevole le quantità recuperate si sono ridotte. La capacità di recuperare le somme erogate è diminuita di oltre otto punti percentuali dal 2011 al 2014, portandosi al 37%. La flessione è stata particolarmente marcata per i concordati preventivi e per le procedure esecutive immobiliari. Confrontando questi risultati con quelli di precedenti indagini, i tassi di recupero sembrano essersi ridotti soprattutto per gli accordi stragiudiziali e le procedure esecutive, mentre non emerge una chiara evoluzione per le procedure concorsuali. Le banche del campione hanno fornito informazioni su 240 mila posizioni verso imprese interessate da procedure liquidatorie a fine 2014, con un’esposizione di 95 miliardi di euro pari al 78% delle loro sofferenze per prestiti alle imprese e ristrutturazioni del debito su 21 mila posizioni, per complessivi 33,4 miliardi. 84 Tabella 2.3: Procedure di gestione dei crediti deteriorate utilizzate dalle banche Numero di posizioni Importi (in mln di euro) 239.649 94.766 Procedure finalizzate alla liquidazione: - Accordi stragiudiziali 56.557 7.960 - Procedure giudiziali 183.092 86.806 21.106 33.364 Procedure finalizzate alla ristrutturazione: - Accordi stragiudiziali 17.434 14.413 - Procedure giudiziali 3.672 18.951 Fonte: Banca d’Italia Oltre il 90% dei crediti segnalati sono relativi a liquidazioni che avvengono con procedure di natura giudiziaria; il restante 10% è invece relativo ad accordi stragiudiziali. Quest’ultimo dato non deve essere interpretato come indicativo dell’uso relativo degli strumenti stragiudiziali rispetto a quelli giudiziali: poiché i dati si riferiscono alle posizioni aperte a fine 2014, essi non includono gli accordi chiusi nel corso dell’anno e quindi sottostimano il peso degli strumenti stragiudiziali, tipicamente più rapidi. Grafico 2.6: Procedure finalizzate alla liquidazione espresse come importi in milioni di euro e scomposizione delle procedure giudiziali in fallimenti, concordati preventivi ed esecuzioni immobiliari fallimenti 54,10% 86.806 concordati preventivi 7.960 21,30% esecuzioni immobiliari 24,60% Accordi stragiudiziali Procedure giudiziali Dai grafici sopra, risulta che i fallimenti rappresentano circa la metà del valore complessivo degli importi segnalati, mentre il peso dei concordati supera di poco quello delle esecuzioni immobiliari. L’importo medio delle procedure concorsuali (fallimenti e concordati) è superiore a quello delle liquidazioni basate su azioni individuali (esecuzioni immobiliari). Ciò è presumibilmente riconducibile al fatto che la legge riserva le procedure concorsuali a imprese che superino determinate soglie dimensionali. I concordati preventivi sono impiegati per liquidare posizioni di maggiori dimensioni rispetto ai fallimenti: l’importo medio è pari a quasi un milione di euro per i primi e a circa 450 mila euro per i secondi. Infine, accordi stragiudiziali 85 sono utilizzati per recuperare crediti di importo più contenuto rispetto a quelli interessati da procedure giudiziarie. Tabella 2.4: Importo medio dei crediti deteriorate per procedure finalizzate alla liquidazione (euro) Procedure finalizzate alla liquidazione Importo medio dei crediti deteriorati Totale 395.435 Accordi stragiudiziali 118.249 Procedure giudiziali 397.792 - fallimenti 450.073 - concordati preventivi 964.403 - esecuzioni immobiliari 308.021 - accordi di ristrutturazione - - piani di risanamento - Fonte: Banca d’Italia In merito alle procedure di ristrutturazione, nel periodo di riferimento dell’indagine, la legge fallimentare prevedeva tre diversi strumenti giudiziali di ristrutturazione: piani di risanamento, accordi di ristrutturazione e concordati preventivi. Come analizzato in precedenza, tali strumenti differiscono principalmente per il grado di coinvolgimento dell’autorità giudiziaria, cui corrisponde maggiore complessità procedurale, e per l’applicabilità dei contenuti degli accordi ai creditori che non vi aderiscono. Il coinvolgimento dell’autorità giudiziaria è crescente dal piano di risanamento al concordato; solo nel concordato è possibile estendere anche ai creditori non aderenti il contenuto dell’accordo (che può prevedere il pagamento parziale dei crediti). Queste tre procedure di ristrutturazione, pur interessando meno di un quinto delle imprese debitrici, rappresentano il 57% del volume dei crediti oggetto di ristrutturazione; la procedura più utilizzata è il piano di risanamento. Grafico 2.7: Procedure finalizzate alla ristrutturazione, espresse come importi in Milioni di euro e scomposizione delle procedure giudiziali, in concordati preventivi, accordi di ristrutturazione e piani di risanamento 7,60% concordati preventivi 14.413 26,40% accordi di ristrutturazione 18.951 66,00% Accordi stragiudiziali Procedure giudiziali 86 piani di risanamento Più in generale si osserva che le ristrutturazioni hanno importi medi largamente superiori rispetto alle liquidazioni: 1,6 milioni di euro contro poco meno di 400 mila euro. Tabella 2.5: Importo medio dei crediti deteriorate per procedure finalizzate alla ristrutturazione (euro) Procedure finalizzate alla ristrutturazione Importo medio dei crediti deteriorati Totale Accordi stragiudiziali Procedure giudiziali - fallimenti - concordati preventivi - esecuzioni immobiliari - accordi di ristrutturazione - piani di risanamento 1.580.764 913.433 5.168.628 2.043.368 8.224.091 3.214.017 Fonte: Banca d’Italia A parità di grado di deterioramento del credito, gli incentivi di creditori e di debitori a ricercare soluzioni che preservino la continuità aziendale sono maggiori per le imprese più grandi, a cui tipicamente corrispondono affidamenti più ampi. Infine il concordato continua a essere impiegato prevalentemente con finalità liquidatorie, nonostante la riforma del 2005 e i successivi interventi finalizzati a favorirne l’uso come strumento di ristrutturazione delle imprese in crisi. Considerando il totale dei prestiti interessati da concordati, quelli in liquidazione sono il 93,7% in termini di importo. Nella tabella 2.6 e 2.7 è riportata la distribuzione per anno di avvio delle procedure in corso alla fine del 2014. L’età media è verosimilmente abbassata dalla forte crescita del numero di procedure avviate negli anni recenti in conseguenza della crisi. Tabella 2.6: Età delle procedure di liquidazione dei crediti alla fine del 2014. I valori sono espressi in % rispetto al totale delle procedure di liquidazione giudiziarie (a)Procedure di liquidazione Concordati PrevenProcedure fallimentari giudiziarie (fine 2014) tivi (a.1)Ripartizione sulla base del numero delle posizioni < 1 anno 11.4 18.8 1-3 anni 30.2 41.1 3-5 anni 24 19.1 5-8 anni 17.1 13.3 8-10 anni 6.2 2.7 > 10 anni 11.1 5 (a.2) Ripartizione sulla base degli importi < 1 anno 13.2 20.7 1-3 anni 38.3 45.5 3-5 anni 24.5 18.6 5-8 anni 14.8 12 8-10 anni 2.8 1.2 > 10 anni 6.4 2 87 Esecuzioni Immobiliari 15.8 38 20.4 17.6 3.4 4.7 17.6 40.9 22,1 14.5 1,8 3.1 Tabella 2.7: Età delle ristrutturazioni dei crediti alla fine del 2014. I valori sono espressi in % rispetto al totale delle ristrutturazioni Procedure di ristrutturazioni dei Accordi StraConcordati Accordi di ricrediti giudiziali Preventivi strutturazione (a.1)Ripartizione sulla base del numero delle posizioni < 1 anno 34 48.4 40.4 1-3 anni 56.2 28.9 41.2 3-5 anni 7 15.9 9.7 5-8 anni 1.3 4.4 7.9 8-10 anni 0.5 0.5 0.3 > 10 anni 1.1 1.9 0.4 (a.2) Ripartizione sulla base degli importi < 1 anno 39.6 44.6 33.5 1-3 anni 53.1 47 48 3-5 anni 5.1 7.1 9.9 5-8 anni 1.7 1.2 8.6 8-10 anni 0.2 0 0 > 10 anni 0.2 0 0 Piani di risanamento 32.1 46.4 16.2 5.2 0.1 0 33.5 47.5 14,1 4.9 0 0 Fonte: Banca d’Italia Dalle tabelle risulta che: - quasi l’80% dei finanziamenti interessati da liquidazioni è coinvolto da procedure avviate da meno di cinque anni; quasi il 60% da meno di tre anni. Sulla base di ipotesi semplificatrici, si può stimare che l’età media delle liquidazioni in corso, ponderata per l’importo, alla fine del 2014 fosse di circa 3,5 anni. - l’età stimata dei fallimenti è pari a 3,8 anni, quella dei concordati a 2,9 e quella delle procedure esecutive a 3,3. L’età media ponderata per l’importo è inferiore a quella sulla base del numero di posizioni (soprattutto per i fallimenti): ciò suggerisce che le liquidazioni avviate più recentemente abbiano riguardato imprese di maggiori dimensioni. - le operazioni di ristrutturazione hanno un’età media di 1,8 anni, la metà di quella delle liquidazioni. Quasi il 90% dei volumi di credito è coinvolto in operazioni avviate da meno di tre anni; quasi il 40% da meno di un anno. Le informazioni raccolte con l’indagine consentono di tracciare anche un profilo temporale dei tassi di recupero delle procedure concluse nel 2014. Le curve nel grafico 2.9 rappresentano quanta parte del recupero complessivo si è realizzata n anni dopo l’avvio della liquidazione, indipendentemente dalla durata complessiva della procedura. La quota del recupero complessivo realizzata entro il quarto anno è pari a circa l’85% per le esecuzioni e per i concordati e al 75% per i fallimenti. Entro il quinto anno il recupero è pressoché completato per le esecuzioni e i concordati ed è pari a più dell’80 per cento per i fallimenti. 88 Grafico 2.8: Profilo temporale di recupero dei crediti coinvolti da procedure di liquidazione 100,0 90,0 80,0 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 stesso anno +1 fallimenti concordati preventivi esecuzioni immobiliari in assenza di proc. concorsuali +2 +3 +4 +5 +6 +7 +8 +9 Fonte: Banca d’Italia Il profilo temporale del tasso di recupero evidenzia che la relazione tra l’età (e quindi, tendenzialmente, la durata) delle procedure e la loro efficacia non è lineare. Tale risultato può essere in parte determinato da problemi di selezione: le posizioni soggette a procedure più lunghe potrebbero essere quelle che all’avvio si trovavano in una situazione di deterioramento creditizio più grave o che presentavano profili di maggiore complessità, ad esempio sotto il profilo giuridico. Tra i crediti in liquidazione alla fine del 2014, il 42 % è assistito da garanzie reali. Il resto dei finanziamenti è equamente ripartito tra credito assistito da garanzie personali e credito non garantito. Tabella 2.8: L’impiego di garanzie nelle procedure di liquidazione e ristrutturazione dei crediti alla fine del 2014 Tipo di procedura Procedure di liquidazione Procedure di ristrutturazione Numero di posizioni (%) Non Garantite 36.6 37.3 Garanzie personali 49.3 22.9 Garanzie reali 14.2 39.7 Fonte: Banca d’Italia L’incidenza delle garanzie reali nel casso delle ristrutturazioni è più elevata rispetto alle liquidazioni: questo risultato suggerisce una maggiore disponibilità dei debitori a raggiungere accordi che preservino la continuità aziendale nei casi in cui il credito della banca sia assistito da garanzie di valore significativo142. L’Osservatorio trimestrale su Fallimenti, Procedure e Chiusure di imprese condotto da Cerved143 nei primi tre mesi del 2015 (ultimi dati disponibili) porta buone notizie: complessivamente, secondo i dati raccolti dal leader in Italia nell’analisi del rischio del credito, sono 21 Fonte: Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza, La gestione dei crediti deteriorati: un’indagine presso le maggiori banche italiane, di L. Carpinelli, G. Cascarino, S. Giacomelli e V. Vacca, febbraio 2016. 143 Cerved è leader in Italia nell’analisi del rischio del credito. Offre la più completa gamma di prodotti e servizi di cui si avvalgono circa 34 mila imprese e istituti finanziari per valutare la solvibilità e il merito creditizio dei propri interlocutori, monitorare e gestire il rischio di credito durante tutte le sue fasi, e definire con accuratezza le strategie di marketing. 142 89 mila le imprese che hanno chiuso i battenti nei primi tre mesi dell’anno, tra fallimenti, procedure concorsuali non fallimentari e liquidazioni volontarie, in significativo calo (-3,5%) rispetto al primo trimestre del 2014. Dopo quasi tre anni, i dati relativi alle chiusure sono finalmente positivi, chiudono meno imprese e quelle rimaste sul mercato pagano prima i fornitori: con la ripresa già in atto c’è da aspettarsi nei prossimi mesi un rafforzamento di questo trend positivo. Dal punto di vista geografico, la fotografia scattata da Cerved mostra andamenti divergenti, anche in base al tipo di procedura monitorata: per quanto riguarda i fallimenti, il Nord Ovest (-9%) e il Mezzogiorno (-4,2%) si distinguono per i cali più importanti (mentre nel Nord Est i fallimenti sono tornati ad aumentare (+5,1%) rispetto al primo trimestre del 2014). Diminuiscono ovunque, a ritmi elevati, le procedure concorsuali non fallimentari. Infine il Centro (-10,1%) e il Mezzogiorno (-12,2%) sono le aree in cui diminuiscono in modo più marcato le liquidazioni volontarie. Nel dettaglio, nei primi tre mesi del 2015 si registra – per la prima volta dopo dieci trimestri consecutivi – un calo del numero dei fallimenti: 3,8 mila imprese hanno aperto una procedura fallimentare tra gennaio e marzo, in discesa di 2,8 punti percentuali rispetto al primo trimestre 2014. A livello regionale, quattro regioni hanno ridotto sensibilmente il numero di fallimenti: Marche (-25,3%), Toscana (-20,1%), Sicilia e Piemonte (16,7%). All’opposto, Umbria (+29,7%), Lazio (+22,6%) e Abruzzo (+20,3%) registrano forti aumenti. Continua nei primi tre mesi del 2015 il trend di miglioramento osservato a livello delle liquidazioni volontarie, in atto da fine 2013. Sono 16,5 mila gli imprenditori che hanno deciso di liquidare volontariamente la propria attività, in calo del 2,9% rispetto al primo trimestre 2014. Se si escludono dal conteggio le liquidazioni di società 'dormienti', ovvero quelle che non hanno presentato bilanci nei tre anni precedenti la procedura, si osserva una diminuzione ancora più marcata, pari al -6,2%. A liquidare attività in bonis sono soprattutto imprenditori con basse aspettative di profitto: il calo di questo indicatore è quindi un dato importante, che suggerisce un miglioramento nella fiducia di chi fa impresa. La riduzione delle società di capitale liquidate coinvolge tutti i settori dell’economia. Dal punto di vista geografico, le liquidazioni risultano in diminuzione in tutta la Penisola ad eccezione del Nord Ovest (+0,5%). Prosegue anche nel primo trimestre del 2015 il calo delle procedure concorsuali non falli- 90 mentari: se ne contano 600, un quinto in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Sul dato ha inciso la forte diminuzione dei concordati preventivi (-25,3%), accompagnata dalla riduzione dei concordati in bianco: tra gennaio e marzo ne sono stati registrarti 650, il 27% in meno dello stesso periodo dello scorso anno e meno della metà del 2013. Dalla combinazione degli elementi oggettivi, tipici dei NPLs, e delle strategie di risoluzione adottate per il recupero dei relativi crediti, è possibile costruire un modello esemplificativo dei flussi di cassa rinvenienti dalla gestione di un portafoglio di NPLs. Stimare i flussi di cassa generati da NPLs significa determinare i valori presunti di recupero dei crediti e i corrispondenti tempi di realizzo, sulla base delle informazioni a disposizione e dei parametri di calcolo assunti, circa la probabile evoluzione degli eventi futuri. Assumendo che il recupero del credito avvenga mediante la risoluzione giudiziale, le incognite sono: una stima di quando si avrà l’aggiudicazione del bene oggetto del credito o della procedura fallimentare, di quando sarà incassato il ricavato (tempo), ed una stima del ricavato lordo di vendita e quindi di quanto è effettivamente attribuito al creditore una volta dedotti i costi di procedura (valore). Nel caso in cui l’oggetto di aggiudicazione fosse un immobile, il tempo di recupero dipende da diverse fasi: dal tempo intercorrente tra la notifica di pagamento (notice of default) e l’ottenimento della perizia elaborata dall’esperto nominato dal Tribunale (CTU); dal tempo intercorrente tra il deposito della perizia e la prima asta; tra un’asta e quella successiva, il numero di mesi intercorrenti tra la data di aggiudicazione dell’immobile (T1) e la data di pagamento (T2, tipicamente 60/90 giorni dalla data d aggiudicazione), e tra T2 e la data in cui il Tribunale procede alla distribuzione del ricavato di vendita, dedotti i costi di procedura (T3). Qualora il credito fosse garantito da ipoteca, il recupero può essere stimato come il minor valore tra l’ammontare del credito, l’ipoteca e il valore coattivo. A questo vanno dedotti i costi di procedura (costi sostenuti dal Tribunale per la gestione della procedura addebitabili al precedente creditore). Se il credito non fosse garantito, sarebbe piuttosto complesso elaborare modelli di previsione del valore di recupero: generalmente si assume una percentuale del credito lordo pari massimo al 10% del GBV, a seconda del credito chirografario. 91 2.5. Uno studio sulle determinanti del tasso di recupero: implicazioni per la valutazione e la gestione dei crediti in sofferenza L’attività di recupero del credito viene svolta in modo dinamico, sulla base delle informazioni che via via si ottengono sulle posizioni che compongono un portafoglio crediti, tra le quali: - il tempo di recupero; - la tipologia di recupero: stragiudiziale, giudiziale, assistito da garanzie reali e personali; - la presenza o assenza di garanzie; - la tipologia di debitore: corporate o individual; - l’area geografica del debitore, classificandola in Nord est, Nord Ovest, Centro e Sud; - l’ammontare del credito. Nell’analisi che segue si è scelto di suddividere la variabile continua GBV in tre intervalli discreti (cluster); - il grado di informazione disponibile sulle posizioni creditizie, distinguendo, in base a tale criterio, le posizioni selected (per le quali è stato fatto il boarding – ossia l’analisi delle singole posizioni del portafoglio, e la successiva stesura di un Business Plan approvato) dalle non selected (per le quali non è ancora stato fatto il boarding) in seguito al processo di due diligence; Il fair value di un Non-performing loan (recovery rate atteso) dovrebbe riflettere le caratteristiche dell’attività di recupero del credito: un recovery rate “statico” non cattura le opzionalità insite nell’attività di recupero. Stimiamo, dunque, un modello di regressione che ci consenta di trovare la sequenza di decisioni sulla modalità di recupero, contingenti alle informazioni che via via si rivelano in merito alle possibilità di recupero, per cui risulti massimizzata la percentuale di recovery rate (rr). Ipotizziamo ci siano 3 modalità di recupero del credito: - recupero da debitore (D); - recupero da garante (G); - procedura esecutiva (E), che comprende le procedure giudiziali e stragiudiziali; ed indichiamo con: - ππ‘π (π€) l’informazione sulla solvibilità del debitore all’epoca t, nell’ π€-esimo scenario, nella modalità di recupero Z (nota alla Banca/servicer), con ππ‘ = π·, πΊ, πΈ 92 - ππ‘ è il recovery rate effettivo cumulato fino a t, π0 = 0, che dipende dall’effettivo cammino seguito nel recupero del credito; - ππ‘ è lo stato complessivo di un Non performing loans: ππ‘ = π(π‘, ππ‘ , ππ‘ , ππ‘ ); Dividiamo l’ orizzonte temporale T di un anno, in N sottointervalli mensili di ampiezza π βπ‘ = π. Il modello viene stimato attraverso l’utilizzo del software STATA, sulla base di un database reale composto da 195 posizioni creditizie, ciascuna rilevata mensilmente in un intervallo temporale compreso tra giugno 2015 e aprile 2016, durante il quale è stata incassata una porzione dell’esposizione, ricavando una certa percentuale di recupero (recovery rate, RR). L’obiettivo della regressione è studiare come le variabili esplicative impattano sul tasso di recupero (variabile indipendente), e dunque trovare la migliore strategia da adottare per massimizzare i risultati. Le variabili indipendenti sono perlopiù dummy, ossia variabili dicotomiche/politomiche, che assumono valore 1 se una particolare caratteristica è verificata, 0 altrimenti. Nella costruzione delle variabili dummy si è scelto per ciascuna categoria un gruppo base che permetta di confrontare in termini relativi i segni ed i coefficienti delle variabili esplicative. La scelta di un gruppo base è giustifica, inoltre, dal fatto che l’inclusione simultanea dell’intercetta e di un set di variabili dummy che descriva completamente le unità campionarie, andrebbe a creare un problema di multicollinearità perfetta, con la conseguente impossibilità di ottenere un unico e non distorto stimatore dei minimi quadrati (OLS). Per comprendere meglio la metodologia utilizzata, consideriamo un caso pratico. Se le posizioni creditizie possono presentare “nessuna garanzia”, una “garanzia reale”, ed una “garanzia personale”, vengono introdotte due variabili dicotomiche: 1 π π ππ πππ ππ§ππππ è ππ π ππ π‘ππ‘π ππ ππππππ§ππ πππππ π·1 = { } 0 π΄ππ‘ππππππ‘π 1 π π ππ πππ ππ§ππππ è ππ π ππ π‘ππ‘π ππ ππππππ§ππ ππππ πππππ π·2 = { } 0 π΄ππ‘ππππππ‘π Come è possibile osservare non viene modellizzata un’ulteriore dummy π·3 per il gruppo di posizioni caratterizzate dall’assenza di qualsiasi garanzia reale o personale, che di conseguenza rappresenta il gruppo base. Questo discorso vale per tutte le variabili incluse nel modello. Il modello di regressione, dunque, è così formalizzato: 93 ππ = πΌ + π½0 β π0 + π½1 β π·1 + π½2 β π·2 + π½3 β π·3 + π½4 β π·4 + π½5 β π·5 + π½6 β π·6 + π½7 β π·7 + π½8 β π·8 + π½9 β π·9 + π½10 β π·10 + π½11 β π·11 + π½12 β π·12 + π’ dove: - ππ è la variabile dipendente e rappresenta il Recovery Rate (rr) - πΌ è l’intercetta; - π0 è una variabile indipendente che rappresenta il tempo espresso in mesi (n. 11). - π·π sono le variabili dummy, costruite a partire dal database di riferimento nel seguente modo: Tabella 2.9: Significato delle variabili dummy incluse nel modello di regressione Variabili Dummy 1 0 π«π Recupero da garante Altrimenti π«π Recupero da procedura esecutiva Altrimenti π«π Garanzia reale Altrimenti π«π Garanzia personale Altrimenti π«π Corporate Individual π«π Sud e Isole Altrimenti π«π Nord Est Altrimenti π«π Nord Ovest Altrimenti π«π €50.000<GBV<€400.000 Altrimenti π«ππ €400.000<GBV<€1.500.000 Altrimenti π«ππ GBV>€1.500.000 Altrimenti π«ππ Selected Non Selected Gruppo Base Recupero da debitore Nessuna Garanzia Centro €0<GBV<€50.000 La regressione del tasso di recupero sulle variabili binarie così definite, e sulla variabile tempo, stimata con gli OLS, dà: π π = 0.488 − 0.045 ππ + 0.199 β π·πΊ + 0.404 β π·π + 0.144 β π·πΊπ + 0.052 β π·πΊπ − 0.022 β π·πΆ − 0.096 β π·πππΌ + 0.144 β π·ππΈ − 0.001 β π·ππ + 0.050 β π·50πΎ,400πΎ + 0.1023 β π·400πΎ,1500πΎ + 0.354 β π·>1.500πΎ − 0.085 β π·ππ 94 Modello di regressione 1.1: stima OLS dei coefficienti di regressione del modello Recovery Rate Variables Parameters t-Statistics 0.48884*** 5.47 -0.045796*** -2.95 0.199420 *** 3.69 RECOVERY FROM EXECUTIVE PROCEDURE 0.404695 *** 7.62 PERSONAL GUARANTEE 0.144773*** 5.05 COLLATERAL 0.052757** 1.66 CORPORATE BORROWERS -0.022057 -0.76 Intercept TIME (Months) RECOVERY FROM COLLATERAL -0.096999 SOUTH AND ISLANDS *** -3.05 * 1.83 NORTHEAST 0.144949 NORTHWEST -0.001642 -0.06 €50.000 < GBV < €400.000 0.050594 1.15 €400.000 < GBV < €1.500.000 0.102346 1.16 GBV > €1.500.000 0.354197** 2.36 NON SELECTED -0.085915* -1.64 Adjusted π 2 0.464 F – Statistics 13.92 195 Number of observations ∗∗∗, ∗∗ e ∗ denotano i livelli di significatività all’1%, 5% e 10% rispettivamente Coerenti con le nostre aspettative, le stime mostrano i seguenti risultati: - il coefficiente di regressione relativo alla variabile tempo, ci informa che, a parità di altre condizioni, per ogni mese in più trascorso possiamo aspettarci una riduzione del tasso di recupero di 0.045. Questo risultato può essere interpretato come una minor probabilità di recuperare l’importo dovuto, non avendo ancora incassato parzialmente (o per intero) il credito fino a quel momento, nonostante fossero passati diversi anni dalla data di cutoff. D’altro canto questo risultato potrebbe essere contestato, poiché se l’orizzonte temporale di riferimento è lungo, con il passare del tempo potrebbero cambiare le condizioni economico/finanziarie del debitore, o in alternativa il creditore potrebbe stabilire con il debitore dei piani di rientro duraturi nel tempo, fino al soddisfacimento totale del credito. - la risoluzione del credito attraverso la figura del garante, a parità di altre condizioni, comporta un aumento del recovery rate di 0.199 rispetto agli incassi derivanti da un recupero “base”, ossia attraverso il contatto diretto con il debitore e in assenza di garanzie, o attraverso l’avvio di procedure esecutive. Questo risultato è coerente con quello derivante dalla stima dei coefficienti relativi alla 95 presenza/assenza di garanzie personali e reali: le prime incrementano il tasso di recupero dello 0.144, mentre quelle reali dello 0.052 (meno della metà di quelle personali) rispetto ai crediti non garantiti. Risolvere il credito attraverso le procedure esecutive, siano esse giudiziali o stragiudiziali, invece, impatta maggiormente sul tasso di recupero: seppur i tempi richiesti sono più lunghi, il recupero finale risultante da una procedura è piuttosto consistente e mediamente più probabile. Il ricorso a procedure esecutive, infatti, comporta un aumento del recovery rate di 0.404, rispetto al recupero “base”. Questi risultati, però, forniscono indirettamente informazioni anche sulla variazione del tasso di recupero se si adotta una strategia di questo tipo: il tasso di recupero, sarà in questo caso inferiore rispetto al recupero da garante di 0.199 e rispetto al recupero da procedure esecutive di 0.404. - per le posizioni creditizie nei confronti di imprese corporate, c’è da aspettarsi una riduzione del tasso di recupero di 0.022 rispetto all’importo recuperato da posizioni nei confronti di individual borrowers: questo concetto può essere legato all’elevata incidenza dei costi di gestione; - i coefficienti di regressione relativi all’area geografica di provenienza del debitore, mostrano come, ceteris paribus, recuperi maggiori si registrano su crediti deteriorati di debitori provenienti dalle regioni del Nord Est dell’Italia: essi consentono di recuperare lo 0.144 in più rispetto alle somme recuperate da debitori proveniente dal resto dell’Italia. Anche i recuperi su crediti concessi a debitori del Nord Ovest e del Sud della Penisola hanno un impatto positivo sul recovery rate, ma per lo più trascurabile. Questo risultato può essere legato alle condizioni economiche delle regioni e dunque allo stile di vita dei debitori; - i risultati della regressione mostrano come tutte le posizioni con un GBV maggiore di €50.000, hanno un impatto positivo sulla percentuale recuperata. In particolare, le posizioni che presentano un GBV superiore a €1.500.000 nel modello stimato dal software) consentono un maggior recupero rispetto alle altre, di 0.354. La spiegazione è legata al fatto che il valore di recupero è funzione diretta del GBV: per i crediti con GBV elevato, è possibile aspettarsi un valore di recupero altrettanto elevato in misura proporzionale. Infatti, allo stesso modo, le posizioni con un GBV compreso tra €400.000 e €1.500.000, e tra €50.000 e €400.000 consentono un maggior recupero, a parità di altre condizioni, per un ammontare pari a 0.102 e 0.050 rispettivamente, rispetto alle altre. Per i crediti “medi”, infatti, è conveniente tentare un recupero attraverso le procedure esecutive, i piani di ristrutturazione del debito, che rappresentano delle soluzioni alternative, e molto 96 spesso più efficaci, consentendo il recupero di una buona parte del credito residuo. Viceversa, se le posizioni presentano un valore del credito ridotto, spesso vi è minore attenzione ed insistenza da parte dei creditori o chi per loro (servicer) nel recupero dell’importo dovuto, essendo a queste legati dei costi piuttosto considerevoli. - le posizioni non selected consentono di recuperare una minor porzione del credito, rispetto alle selected, per un importo pari a 0.08. Questo risultato è coerente con le nostre aspettative: queste posizioni, di fatto, sono così classificate poiché non (ancora) analizzate in due diligence, e per le quali, cioè, non è ancora stato fatto il boarding. Il motivo è legato al fatto che esse prevedono un recupero molto poco consistente e lontano nel tempo: di conseguenza non viene data loro priorità nella valutazione. La bontà di adattamento della funzione di regressione ai dati viene calcolata mediante il rapporto tra devianza spiegata dal modello (ESS, Estimating Sum of Squares) e devianza totale (TSS, Total Sum of Square), definito coefficiente di determinazione multipla, ed indicato con π 2 : π 2 = πΈππ πππ 0 ≤ π 2 ≤ 1 La bontà del modello è spiegata dal valore dell’ π 2 pari a 0,46. La significatività dei coefficienti è misurata dal valore del p-value, o anche detto livello di significatività osservato. Dal modello di regressione stimato i coefficienti risultano quasi tutti statisticamente significativi, ad eccezione dei seguenti casi: - l’impatto della natura del debitore stimato dal modello risulta non significativo: questo implica che i crediti deteriorati di società di persone o di capitali (corporate borrowers) possono consentire un maggiore o minore recupero rispetto a quelli gravanti su persone fisiche (individual borrowers). L’impatto sul recovery rate dipende, infatti, anche dalle condizioni del mercato, dalla natura del credito, dai costi di gestione, ecc. - la stima del regressore che indica l’area geografia Nord Ovest del debitore non è statisticamente significativa: il p-value assume un valore prossimo ad uno, quindi con una probabilità quasi del 100% la valutazione è errata. Questo implica che la stima non è attendibile e, di conseguenza, che l’impatto di questa variabile sul recovery rate, con elevata probabilità, è distorta. Questa distorsione può essere legata al fatto che il maggior o minor recupero legato all’area geografica del debitore, può, di fatto, variare da portafoglio a portafoglio e da periodo a periodo: nel nostro modello, seppur il coefficiente stimato 97 non è significativo, risulta coerente con i risultati statistici derivanti da un’analisi condotta da Banca d’Italia (cfr Cap. I) secondo cui in Italia Nord Occidentale – ed in Italia Insulare – si registrano maggiori sofferenze, sia in termini numerici che di ammontare, e meno sofferenze cessate dal 2015; nel Nord Est dell’Italia, come al Sud, invece, si registrano meno sofferenze dal 2015, e più sofferenze già cessate: i relativi coefficienti stimati nel nostro modello rispecchiano questa situazione e sono statisticamente significativi (al livello di significatività del 10% e del 5%). - i coefficienti che misurano l’impatto del GBV sul recovery rate sono in parte non significativi: il motivo può essere legato al fatto che molto spesso posizioni con un GBV mediamente alto non consentono di recuperare una buona porzione del credito, non essendo semplice ed immediato trovare la modalità di risoluzione adeguata. In alternativa il motivo può essere il verificarsi dell’ipotesi di collinearità tra le variabili esplicative, e di conseguenza l’impatto delle variabili “range GBV” sul tasso di recupero dipende dall’impatto di altre variabili in maniera congiunta (quali il tempo di recupero, la presenza/assenza di garanzie, …). Tuttavia, la significatività di queste variabili nel modello è confermata: 1. dal test sull’ipotesi nulla di non significatività congiunta dei regressori, la statistica F assume valore pari a 2.35. Dato che il p-value assume un valore molto piccolo (0.0744), rigettiamo l’ipotesi nulla: i coefficienti sono congiuntamente significativi e di conseguenza non possono essere esclusi dal modello, o si verificherebbe l’ipotesi di distorsione da variabili omesse. 2. l’π 2 della regressione subisce una riduzione se queste vengono escluse dal modello: di conseguenza la bontà di adattamento del modello ai dati diminuirebbe. 3. anche se le variabili che esprimono le posizioni con GBV compreso tra € 50.000 e €150.000 e le nonselected non sono particolarmente significative (cioè al livello dell’1% o del 5%), esse sono congiuntamente statisticamene significative: includerle nel modello è assolutamente rilevante, poichè spiegano parte di esso. - il coefficiente stimato della variabile esplicativa non selected, infatti, è negativo e statisticamente significativo, ma solo al livello del 10%: questo può essere spiegato dal fatto che su alcune posizioni non ancora viste in due diligence, si potrebbe recuperare un importo maggiore rispetto a quelle “boardizzate”, date – ad esempio – favorevoli condizioni finanziarie del debitore, piuttosto che un minor impatto dei costi da sostenere. - il tasso medio di recupero è pari a 0.6416: esso è il valore dell’intercetta stimata dal modello quando non vengono incluse nel modello le varabili esplicative. 98 Il modello suggerisce che il maggior recupero è atteso su crediti concessi a individual borrowers del Nord Est dell’Italia, il cui credito è superiore a €1.500.000 e assistito da garanzie. Si tratta di posizioni per i quali sono previsti recuperi non lontani nel tempo e soggette all’analisi in due diligence. La modalità di recupero ottimale prevede l’avvio di procedure esecutive, siano esse giudiziali o stragiudiziali. Il test di significatività congiunto su queste variabili è ragionevolmente statisticamente significativo. Tenendo presente che il modello di regressione è stato stimato a partire da un database reale e di recente analisi di una società di recupero crediti, i risultati potrebbero essere non perfettamente coerenti con quelli derivanti da altri portafogli o dalle teorie economiche, ed eventualmente leggermente distorti. Ciascun modello, infatti, differisce dagli altri, poichè stimato sulla base di informazioni proprie sul debitore e sui crediti deteriorati. 99 Capitolo III: Valutazione empirica di un portafoglio di NPLs Nel mercato creditizio italiano si sono create, e tuttora sussistono condizioni complesse di accesso al credito e di sostenibilità del debito. La causa di ciò si riscontra in parte nel permanere di aspettative prudenti – se non negative – sui redditi futuri, dipendenti da una ripresa economica attuale e attesa ancora troppo flebile e instabile. Per risolvere questo problema, è necessario in primis depurare i bilanci bancari dei prestiti inesigibili ivi iscritti, venderli agli investitori e creare i presupposti di una win-win situation: le banche considerano i NPLs come degli attivi non ‘core’ e generalmente non reputano opportuno impegnarsi nella relativa gestione. Dal momento che affrontano un contesto piuttosto difficile, sia nella gestione interna dei crediti a sofferenza sia nella capacità di dismissione dei portafogli NPLs, tendono ad affidare il processo di recupero dei crediti a società specializzate, con competenze e capacità sempre più manageriali, munite di strumenti d’avanguardia, di competenze settoriali consolidate e personale specializzato. Queste vengono scelte in base all’offerta migliore per ogni tipo di asset, alle leve del recupero e alle leve dell’informazione fornite, per impostare la migliore strategia da mettere in pratica in funzione del portafoglio in gestione, minimizzando i costi e i tempi di recupero del capitale e massimizzando i ritorni economici. 3.1. Approccio metodologico Il presente studio mira all’individuazione degli elementi che influiscono sul pricing e sulla valutazione di un portafoglio di crediti deteriorati. Il lavoro è frutto delle esperienze di stage maturate quest’anno presso la società Guber S. p. a. di Brescia e Phoenix Asset Management S. p. a. (PAM) di Roma. Il portafoglio oggetto di valutazione è il risultato di una cessione di crediti pecuniari individuabili in blocco, comprensivi di capitale, interessi - anche di mora - commissioni, penali, e altri accessori e diritti connessi, derivanti da finanziamenti in varie forme tecniche. Il ruolo di servicer, ossia di soggetto incaricato "della riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e pagamento" è stato affidato alla società Phoenix Asset Management S. p. a., ai fini del compimento (sotto il proprio controllo) di alcune attività di natura operativa riguardanti l'amministrazione, la gestione, l'incasso ed il recupero dei crediti. Il servicer è divenuto dunque responsabile del trattamento dei dati personali relativi ai soggetti interessati (i debitori ceduti e gli eventuali loro garanti, successori ed aventi causa). L’approccio progettuale mira alla valorizzazione dei NPLs attraverso l’analisi di portafoglio 100 (bottomup) e l’analisi del modello di funzionamento (topdown), al fine di identificare le migliori strategie di valorizzazione per ciascun segmento identificato. A seguito delle risultanze dell’analisi, vengono poi attivate le azioni o il mix di azioni ritenute più opportune, siano esse di efficientamento della gestione interna, di outsourcing e/o cessione. Il processo di boarding, che rappresenta il primo momento della gestione, si sviluppa in un arco temporale che – a seconda delle dimensioni del portafoglio e della tipologia di crediti – può variare dai 30 ai 120 giorni e si articola nelle seguenti fasi: - caricamento dei dati relativi al portafoglio nel sistema gestionale; - due diligence preliminare di verifica, analisi e aggiornamento dati; - invio delle comunicazioni a debitori e garanti per valutare la possibilità di una definizione bonaria; - avvio dei processi collaterali di valutazione delle garanzie e di reperimento delle informazioni commerciali, reddituali e di rintraccio; - analisi delle singole posizioni per l’identificazione della più opportuna strategia di recupero. I processi di due diligence sono finalizzati alla valutazione di singoli crediti o portafogli di crediti. L’attività viene svolta con modalità differenziate in funzione della tipologia di asset in esame (ipotecari/chirografari) e del relativo status (crediti non performing/sub-performing/performing) coinvolgendo analisti, loan manager, legali e periti immobiliari, in un processo che comprende: - un’analisi statistica che prevede l’estrapolazione di un campione rappresentativo del portafoglio da analizzare per impostare le successive attività operative (per i crediti secured), e una stima del cash-flow atteso e del relativo timing attraverso l’applicazione di modelli di analisi basati sulle curve di recupero più appropriate al portafoglio (per i crediti unsecured); - data room: esame della documentazione relativa ad ogni singola posizione e caricamento delle informazioni rilevanti all’interno del sistema gestionale ai fini della successiva stima del recupero; ciò consente di monitorare costantemente gli andamenti, valutare eventuali scostamenti e le relative cause, nonché di produrre avanzati report gestionali strutturati in funzione delle esigenze delle mandanti o di specifici obiettivi interni di valutazione dei team o dei singoli loan manager; - una valutazione delle garanzie e dei dati a supporto dei crediti e l’avvio di processi collaterali di valutazione, che riguardano – a seconda del tipo di portafoglio in esame – asset 101 immobiliari, informazioni commerciali e/o investigazioni reddituali, finalizzate alla verifica della rintracciabilità delle controparti. Il focus è sulla realizzazione rapida e conveniente degli asset garantiti, ottenuta attraverso l’individuazione, valorizzazione e promozione degli immobili di maggiore interesse per il mercato; - una verifica dell’opportunità e della convenienza di avviare o proseguire azioni legali in corso e di monitorare le attività legali delegate ai legali convenzionati; - un’analisi sull’eventuale possibilità di trovare una soluzione stragiudiziale per il rimborso del credito, prendendo contatto con debitori, coobbligati e garanti al fine di raccogliere proposte di rientro del debito in via transattiva. Qualora non fosse possibile concretizzare un piano di rientro, il servicer supporta i debitori nella fase di vendita consensuale del cespite. - la proposta di soluzioni che prevedano la cessione di credito a soggetti identificati dalla società stessa o dalla Banca, supportando quest’ultima nella fase decisionale e operativa della cessione; - stima dei Cash Flow e Pricing: questa fase consiste i) per i crediti secured nella redazione di business plans puntuali per ciascuna posizione analizzata (stima dell’incasso, delle spese e della relativa tempistica); questi sono poi comparati con quelli generati da complessi algoritmi matematici costruiti sulla base dei processi di valutazione condotti negli anni e costantemente aggiornati in funzione delle condizioni di mercato; ii) per i crediti unsecured nell’adeguamento delle stime statistiche preliminari sulla base dei risultati dell’attività in data room e degli approfondimenti collaterali, del cash-flow atteso e del relativo timing, attraverso l’applicazione di modelli di analisi basati sulle curve di recupero più appropriate al portafoglio. La stima del cash-flow rappresenta la condizione per la determinazione del possibile valore del portafoglio, in funzione di assunzioni che vengono condivise con le mandanti. In seguito al processo di due diligence, le posizioni creditizie vengono classificate in base alla priorità di intervento in selected e non selected, incrociando i seguenti fattori: stato della procedura esecutiva, ammontare del credito, costi di recupero, grado di appetibilità commerciale dell’immobile e tempi di recupero previsti. La gestione di ogni portafoglio è generalmente assegnata a team dedicati, la cui composizione è definita in funzione delle caratteristiche dei crediti, dell’esperienza e preparazione dei loan manager. 102 Al fine di condurre un’attività di tipo immobiliare a supporto della gestione e dell’analisi e valutazione dei crediti non performing e performing o sub-performing, le società di recupero crediti pongono l’attenzione anche sul settore real estate. Si tratta di un mercato in fase di ripresa dopo una crisi costante e prolungata di 7 anni che ha portato ad una riduzione del numero di transazioni del 53,6%. Questa ulteriore analisi consiste: - nella valutazione delle garanzie sui crediti con l’obiettivo di definire il valore di liquidazione degli immobili in garanzia; - nella negoziazione col debitore per il conferimento di un mandato a vendere ad un broker convenzionato, evitando così i costi della procedura esecutiva e stimolando la partecipazione alle aste in difesa del credito; - nella promozione delle aste giudiziali su scala territoriale attraverso una rete commerciale al fine di facilitarne l’esito; - nel ricorso a strumenti integrativi e complementari di pubblicizzazione delle aste per incrementare le probabilità di aggiudicazione a valori di mercato; - nella valorizzazione degli immobili acquistati e nella rivendita (Reoco) degli stessi. Il servicer, individuati gli immobili ritenuti sottovalutati dal mercato nelle attuali condizioni, indica il valore di mercato probabile ed i costi necessari per riportare l’immobile nelle condizioni migliori per realizzare detto valore. Previo accordo con la Banca, partecipa direttamente agli incanti relativi agli immobili di cui sopra con lo scopo di aggiudicarseli, stabilendo prima della partecipazione all’asta un prezzo limite (su propria indicazione e approvato dalla Banca). In caso di aggiudicazione diretta, il servicer procede alla valorizzazione dell’immobile e alla vendita dell’immobile sul libero mercato con le modalità che riterrà più opportune ed al prezzo concordato con la Banca, con la quantificazione del cosiddetto Open Market Value (OMV). Questo viene stabilito attraverso una valutazione del sottostante, prendendo atto delle informazioni rese pubbliche dagli organi della procedura – prime fra tutte quelle contenute nella CTU – e attraverso un’ispezione del bene. Tutto ciò è legato all’attività di screening costante dei principali tribunali italiani, al monitoraggio delle pubblicazioni delle aste immobiliari più interessanti; il target principale d’investimento è rappresentato da mutui fondiari di primo grado in cui le caratteristiche del sottostante e lo stato di avanzamento della procedura consentano una chiara stima dei tempi e delle modalità di recupero. 103 In definitiva, con il processo di due diligence, da un lato si verifica la titolarità del credito in esame, l’ammontare del Gross Book Value, e le attività esercitate sull’immobile posto a garanzia, al fine di accertare l’assenza di elementi “anomali” che potrebbero ostacolarne il recupero; dall’altro vengono analizzati gli aspetti legali, urbanistici, catastali, edilizi ed impiantistici, amministrativi e tributari del bene: un’attività multidisciplinare che necessita di risorse sia legali sia di formazione economico finanziaria. L’analisi sull’immobile è fondamentale per “replicare” il percorso che ogni attento e prudente potenziale acquirente dovrebbe fare prima di effettuare un’offerta. Unendo e ponderando opportunamente tutte le informazioni e le considerazioni effettuate in relazione al cespite immobiliare sottostante, è possibile passare dall’OMV precedentemente calcolato, alla stima del Judicial Market Value (JMV). Esso rappresenta il valore atteso dalla vendita forzata, scontato rispetto al valore di mercato, avendo considerato tutti aspetti oggettivi e soggettivi propri della procedura di esecuzione immobiliare. 3.2. Composizione del Portafoglio Il portafoglio in esame è composto da 184 posizioni creditizie, per un Gross Book Value (GBV) complessivo pari a € 242.875.165, ed acquistato ad un prezzo pari a €60.000.000. Tabella 3.1: Generalità del portafoglio Caratteristiche generali del portafoglio NPLs N. Units Gross Book Value Average GBV Price %GBV 184 242.875.195 1.319.974 60.000.000 24.70% Le posizioni sottoposte all’analisi di due diligence, alle quali dunque è stata attribuita una maggiore priorità sono 107, pari al 58,2% dell’intero portafoglio, il cui complessivo valore è pari a €229.123.665: di queste, 40 posizioni sono legate ad una garanzia (reale o personale), mentre 66 linee di credito non presentano alcuna forma di garanzia sul credito. Le posizioni Non selected, invece, rappresentano il 41,8% del portafoglio complessivo, cui corrisponde un valore del credito complessivo pari ad €13.751.530. Si tratta di posizioni per le quali è previsto un recupero in tempi piuttosto lunghi. 104 Tabella 3.2: Composizione del portafoglio Portfolio Composition Credit Positions Gross Book Value Selected Secured Unsecured Non selected Secured Unsecured # 107 41 66 77 13 64 % 58.2% 38.3% 61.7% 41.8% 16.9% 83.1% # 229.123.665 85.265.917 143.857.748 13.751.530 4.029.842 9.721.688 % 94.3% 37.2% 62.8% 5.7% 29.3% 70.7% Total 184 100% 242.875.195 100% La gestione dei crediti unsecured avviene mediante un processo industrializzato di lavorazione, basato su algoritmi ridefiniti per ogni specifico portafoglio, per rifletterne le caratteristiche e massimizzarne i risultati. Un elemento importante per ridurre le perdite derivanti dai recuperi a livello di sistema è l’effetto diversificazione. Se il portafoglio crediti deteriorati è concentrato su pochi settori e aree geografiche sarà assai probabile che si possa recuperare quasi tutto o in alternativa quasi nulla a seconda di come evolve la situazione economica ed il procedimento di recupero in quelle zone e settori; vi è in altri termini un’ampia dispersione nei risultati possibili e gli eventi estremi hanno un elevato peso in termini di probabilità. Il portafoglio in esame è ampio e diversificato e comprende debitori di diversa natura, provenienti da quasi tutte le regioni d’Italia: ciò consente di avere una sorta di compensazione tra gli esiti delle varie pratiche. La distribuzione dei risultati finali sarà più concentrata sui valori medi attesi e gli eventi estremi (recupero quasi totale e recupero quasi nullo) avranno una bassa probabilità di manifestarsi. Tabella 3.3: Composizione del portafoglio in base alle caratteristiche del debitore – area geografica di provenienza, e natura del debitore. Portfolio composition Credit Positions Gross Book Value A -NORTH Individual Corporate B - CENTRE Individual Corporate C – SOUTH & ISLANDS Individual Corporate # 105 57 48 67 45 22 12 8 4 % 57.1% 31% 26.1% 36.4% 24.5% 12% 6.5% 4.3% 2.2% # 143.497.623 123.621.242 19.876.380 93.870.817 85.495.241 8.375.576 5.506.755 4.902.892 603.862 % 59.1% 50.9% 8.2% 38.6% 35.2% 3.4% 2.3% 2.0% 0.2% Total 184 100% 242.875.195 100% 105 Nel Nord Italia la presenza di crediti deteriorati è piuttosto consistente: il 57% del portafoglio è ivi concentrato, per un valore del credito complessivo pari ad € 143.497.623. Segue il Centro Italia con 67 debitori ed un credito di circa €94.000, ed infine il Sud Italia e le Isole con solo 12 posizioni creditizie ed un GBV pari al 2% dell’intero portafoglio. La natura del debitore consente un’ulteriore diversificazione del portafoglio: nonostante predominino i crediti deteriorati nei confronti di persone fisiche ( individual borrowers – famiglie, singoli individui), per i quali si contano 110 posizioni e rappresentano l’88% del valore del credito complessivo, 74 posizioni rappresentano debiti facenti capo a persone giuridiche, siano esse società di persone o società di capitali (corporate borrowers), per un valore complessivo di €28.855.820 (quasi il 12% del GBV complessivo). Grafico 3.1: Composizione del portafoglio per natura del debitore INDIVID U AL 27,17% 13,04% 11,88% 16,30% 40,22% 43,48% 59,78% 88,12% % UNITS % GBV %SECURED (GBV) % UNSECURED (GBV) CORPORATE La classificazione dei debitori in base alla loro natura è importante in ragione delle azioni che si possono intraprendere soprattutto in sede giudiziale durante la fase di recupero del credito: mentre le persone giuridiche sono soggette alle procedure concorsuali, alle persone fisiche esse sono inapplicabili salvo che siano imprenditori e che abbiano i requisiti minimi prescritti dalla legge fallimentare. A loro volta è importante distinguere le persone giuridiche in società di persone e società di capitali: nelle prime ci sono sempre uno o più soggetti (persone fisiche) illimitatamente e solidalmente responsabili delle obbligazioni assunte dalla società, mentre nelle società di capitali questo non avviene se non in casi particolari e previsti dalla legge. Per le persone fisiche un elemento di estrema rilevanza è l’età del debitore: quanto minore è l’età, tanto maggiore sarà ragionevolmente la possibilità di recuperare il credito. 106 3.3. Assunzioni di base e note metodologiche I valori ottenuti nel presente lavoro sono calcolati empiricamente e dipendono dalla scelta e dall’applicazione di formule, dati, ipotesi e fonti informative. L’obiettivo ultimo del modello è valutare e analizzare le posizioni componenti il portafoglio, al fine di stimare il rendimento complessivo ricavabile dalla gestione dello stesso, e il tempo necessario per il recupero, sulla base delle informazioni disponibili sui debitori, sulle condizioni del mercato, e sulla capacità di gestione interna. Trattandosi di previsioni, la probabilità di un’errata valutazione potrebbe essere consistente. Per ovviare a questo problema, la valutazione del portafoglio avviene sulla base di due scenari: - Scenario base: si tratta di un’analisi piuttosto conservativa, che potrebbe verificarsi nel caso in cui sopraggiungano delle difficoltà di gestione, siano esse interne alla società di recupero, o esterne ad essa – quali procedure esecutive non andate a buon fine, la mancata aggiudicazione prevista di beni all’asta, tempi richiesti per la risoluzione di procedure legali avviate molto lunghi, inadempimento per sopravvenute difficoltà finanziarie del debitore, o anche semplicemente a causa della difficoltà di rintraccio del debitore o del garante. Per queste ragioni, nello scenario base, si prevedono recuperi inferiori in periodi di tempo più lunghi: d’altro canto la probabilità che le previsioni siano corrette e realizzabili è più consistente e reale e dunque i rischi sono più contenuti. - Scenario ottimistico (Best): le previsioni di recupero stimate sono certamente più convenienti, sia in termini di ammontare che di tempistica, ma con un margine di errore più elevato. La probabilità che il business plan effettuato in seguito al processo di due diligence sia distorto verso l’alto ed eccessivamente ottimistico è elevata, e dunque anche il rischio di non rispettare quanto previsto sulle singole posizioni; tuttavia, se il processo di recupero si sviluppa secondo queste previsioni, c’è da aspettarsi recuperi molto elevati in periodi di tempo piuttosto brevi. I costi derivanti dal processo di recupero sono estremamente contenuti rispetto ai vantaggi che derivano all'azienda, considerato che incidono esclusivamente sull'importo recuperato delle pratiche andate a buon fine. Essi sono articolati in: 107 - "commissioni fisse" per pratica, stabilite in funzione del numero delle posizioni da gestire e del livello di informatizzazione dei flussi (commercial information fees e legal expenses); - "commissioni variabili" in funzione dell'incasso conseguito per singola posizione, parametrate a volumi di lavoro, tipologia del credito, anzianità della criticità (Servicing Fees, che a loro volta includono Real Estate Fees ed Administrative Corporate & Cash Management Fees). Non vi sono altri oneri per la mandante fatti salvi i costi legali e gli aggiornamenti ipotecari ed informativi. Ai fini della valutazione del portafoglio in esame, sono state assunte le seguenti fees: Tabella 3.4: % Servicing Fees (variabili) applicate al portafoglio, distinte per Cluster GBV e per la presenza o assenza di garanzie Cluster GBV a) b) c) d) e) f) g) €0 – €10.000 €10.001 – €50.000 €50.001 – €100.000 €100.001 – €300.000 €300.001 – €500.000 €500.001 – €1.000.000 €1.000.001 – €10.0000.000 Servicing fees Unsecured Servicing fees Secured 12.2% 12.2% 10.5% 10.5% 8.5% 8.5% 8.0% 9.8% 9.8% 7.3% 7.3% 6.1% 6.1% 5.9% 3% 4% 3.7% 4.9% Tabella 3.5: % Fees fisse applicate al portafoglio Commercial Information Fees Legal expenses Con la riduzione dei recuperi previsti conseguente alla detrazione delle suddette spese, si ricava il valore netto del recupero. Per individuare il flusso di cassa atteso per singola posizione ad oggi, occorre attualizzare il risultato ad un certo tasso di riferimento, avendo stimato un timing previsionale, e dunque diverso dal momento attuale. I tassi di attualizzazione applicati al portafoglio differiscono nello scenario base e in quello best: nel primo caso viene applicato un tasso del 6,5%, contro il 5% applicato nello scenario best. Tabella 3.6: Tassi di attualizzazione applicati al portafoglio nello scenario best e nello scenario base 5.00% 6.50% Discount rate Scenario Best Discount rate Scenario Base 108 Per attualizzare i flussi di cassa di tipo asset side (o unlevered), ossia i flussi di risultato che sono di pertinenza di tutti i finanziatori dell’impresa, si utilizza il costo medio ponderato del capitale (Weighted Average Cost of Capital, WACC) stimato attraverso il classico modello del Capital Asset Pricing Model, la cui formula di calcolo è la seguente: πππ΄πΆπΆ = ππΈ β πΈ π· + ππ· β (1 − π‘) β π·+πΈ π·+πΈ dove: - ππΈ è il costo opportunità dei mezzi propri - ππ· è il costo dell’indebitamento - πΈ è il valore di mercato dell’equity - π· è il valore di mercato del debito - π‘ è l’aliquota fiscale Il principale risultato del CAPM è l’equazione della Security Market Line (SML) che esprime il costo del capitale proprio come la somma del tasso privo di rischio e di un premio per il rischio (PM): ππΈ = ππ + π½ β ππ. Tutte le quantità che compaiono nell’equazione della SML sono stimate da dati di mercato ed i tassi hanno il significato di rendimenti attesi. In effetti il CAPM è un modello stocastico, definito in condizioni di incertezza, i cui rendimenti delle attività sono variabili aleatorie, caratterizzate da una specifica distribuzione di probabilità. Ai fini del calcolo del WACC il costo dell’indebitamento è ottenuto come media ponderata dei tassi d’interesse pagati dall’impresa per le varie forme tecniche di raccolta diverse dall’equity. Esso per definizione dipende dalla struttura finanziaria dell’impresa e cioè dal rapporto di leva finanziaria, e dai collegati effetti fiscali. La normale condizione di indebitamento è quella che garantisce l’accostamento delle valutazioni asset side a quelle equity side. Il tasso di riferimento utilizzato nel portafoglio in analisi è il WACC Mondiale stimato nel 2016 per il Settore “Investments & Asset Management”, le cui principali fonti informative di riferimento sono le seguenti: ο· per il costo del capitale proprio (ππΈ ): - risk free rate (ππ ): media ponderata del rendimento dei titoli di Stato a dieci anni dei paesi dell’area Euro e degli Stati Uniti nel 2015, determinata sulla base dei dati forniti dalla Banca Centrale Europea144, pari a 1,7%; 144http://sdw.ecb.europa.eu/quickview.do?SERIES_KEY=143.FM.M.US.USD.4F.BB.R_US10YT_RR-YLDA; http://sdw.ecb.europa.eu/quickview.do?SERIES_KEY=143.FM.M.U2.EUR.4F.BB.U2_10Y.YLD. 109 - beta (π½): coefficiente di Settore determinato a gennaio 2016 dal Prof. Aswath Damodaran a livello mondiale, calcolato sulla base dei rendimenti settimanali delle azioni delle società quotate nel mondo, distinti per Settore. - premio per il rischio di mercato (PM): calcolato sulla base dei dati forniti dal Prof. Pablo Fernandez (IESE Business School) che riporta le risultanze statistiche del 2015 del market risk premium, utilizzato da qualificati operatori nei diversi Paesi del mondo per calcolare il rendimento atteso dell’equity, ponderato per i prodotti interni lordi dei principali Paesi del mondo, e pari a 6,1%. ο· per il costo del debito (ππ· ): - costo del debito ante imposte: media ponderata per i rispettivi prodotti interni lordi dei tassi di interesse dei finanziamenti bancari ai privati (società) operanti nei Paesi dell’area dell’Euro e degli Stati Uniti, calcolata sulla base dei dati ultimi disponibili forniti dalla Banca Centrale Europa145 e della Banca Mondiale, pari a 2,8%. - l’aliquota fiscale (π‘): è la percentuale di imposta del 2015 gravante sulle società, media mondiale indicata dalla società di revisione e consulenza KPMG, pari al 23,9%146. ο· per il rapporto tra debito e capitale proprio: incidenza percentuale del debito finanziario e del valore di capitalizzazione calcolato dal Prof. Aswath Damodaran sulla base dei dati delle società quotate nel mondo, distinti per Settore. Tale scelta è correlata a quella del fattore beta. Tabella 3.7: Tasso di attualizzazione, WACC del settore Investment & Asset Management “Mondo”- Investment & Asset Management WACC Tasso privo di rischio Coefficiente Beta Premio per il rischio Costo del capitale proprio Costo medio del debito (prima delle imposte) Aliquota fiscale media Costo medio del debito (dopo le imposte) E/(D+E) D/(D+E) 1.70% 0.9 6.10% 7.10% 2.80% 23.90% 2.10% 57.20% 42.80% Weighted Average Cost of Capital 2016 Scenario Best 5.00% Il tasso di attualizzazione pari al 6,5% applicato nello scenario base indica un atteggiamento conservativo del servicer nella gestione del portafoglio. Ogni anno le società di recupero 145 146 Bollettino economico n. 1 del 2016 delle BCE www.kpmg.it 110 riesaminano il loro costo medio ponderato del capitale per verificare la correttezza degli input e se questi sono cambiati. Per determinare il beta si utilizza il metodo del CAPM, molto spesso settimanale a cinque anni, oltre a tenere in considerazione gli studi accademici più recenti su quali input utilizzare. Una volta stimato il WACC, riflettono su quale sia il tasso soglia (hurdle rate) appropriato per la situazione interna. Molto spesso si utilizza un tasso più elevato rispetto al WACC: questa soglia riflette la capacità della società di programmare gli investimenti e aiuta a scegliere progetti che massimizzino il rendimento atteso. Molto spesso le società di recupero crediti hanno più progetti con rendimenti superiori all’ hurdle rate di quelli sui quali possono investire e fare previsioni; perciò la valutazione del costo opportunità è un aspetto significativo del processo decisionale. Si può investire in alcuni progetti con VAN inferiore all’hurdle rate se hanno rilevanza strategica. Inoltre, nel modello si assume un default rate pari al 5%. Il tasso di default è l'indicatore più importante per rilevare la rischiosità della clientela e le difficoltà delle famiglie nel pagare le rate dei mutui: indicativamente in corrispondenza di un valore pari al 2% il rischio è basso, al 5% il pericolo è medio, al 10% il rischio di default è considerato alto. Mantenendo un’ottica conservativa si assume un rischio di default medio. 3.4.Risultati empirici Il modello di valutazione del portafoglio, stimato sulla base delle assunzioni di cui sopra, riporta i seguenti risultati: Tabella 3.8: Previsioni di recupero nello scenario base e in quello ottimistico Last Re-Forecast Average Time Gross Recovery Default Commercial Information Fees Servicing fees Net Recovery NPV Recovery Rate (%) Delta vs Price Loss Given Default Scenario Ottimistico 1.66 145.175.132 7.258.757 11.252.398 10.320.729 116.343.247 Scenario Base 2.31 136.328.812 6.816.441 10.591.645 9.654.345 109.266.381 107.289.342 44.17% 56.343.247 55.83% 94.455.169 38.89% 49.266.381 61.11% Dall’analisi di portafoglio è previsto nello scenario best un recupero pari al 44,17% del Net Present Value in un arco temporale di un anno e mezzo, e pari al 38,89% in poco più di due anni nello scenario base. 111 Nello scenario ottimistico, le previsioni di recupero netto ad oggi sono pari ad €107.289.342: se queste si realizzassero nei tempi previsti, si otterrebbe un surplus di cassa di €56.343.247. Le previsioni sui recuperi lordi si abbattono per effetti dei costi (€ 21.573.128) e della probabilità di default, ipotizzata pari al 5% del recupero lordo (€ 7.258.757). La percentuale di credito che, in caso di insolvenza, non sarà recuperata (LGD) è pari al 55,83%: il rischio di recupero, dunque, è mediamente consistente. Nello scenario conservativo, invece, si prevede un recupero netto pari ad € 94.455.169: rispetto al prezzo di acquisto, è possibile ottenere un surplus di cassa in questo caso pari ad € 49.226.381. I costi impattano in misura di poco maggiore rispetto allo scenario best, e sommano ad € 20.245.990, mentre la probabilità di default abbatte i recuperi di € 6.816.441. In caso di insolvenza la percentuale di credito non recuperabile è pari al 61,11%. Sul portafoglio sono già registrati incassi complessivi pari ad € 6.466.835, ossia il 5,57% dei recuperi attesi, a partire dalla data di acquisizione del portafoglio (3 mesi). In particolare, ingenti incassi (in termini percentuali) sono pervenuti da posizioni creditizie con un valore del credito compreso tra €100.000 e €300.000 e tra €500.000 e € 1.000.000. Sulle prime, sono stati avviati dei piani di riparto parziali o totali, immediatamente accettati, e dunque risoluti, che hanno consentito il parziale incasso registrato. Il riparto avviene se non dopo l’approvazione (espressa o tacita) da parte di tutti i soci del bilancio finale di liquidazione, di cui è parte integrante e inscindibile, dovendo esso indicare la parte spettante a ciascun socio o altro soggetto di diritto. Le posizioni creditizie il cui valore del credito risulta più consistente, invece, sono assistite da ipoteca di primo o secondo grado: in seguito all’aggiudicazione del bene in asta, il recupero (parziale) è pervenuto nel breve termine. Per le posizioni unsecured viceversa, i maggiori incassi (in termini percentuali) si registrano su linee di credito meno consistenti, con GBV minore di €50.000. Gli incassi sono frutto della predisposizione di piani di rientro, tramite i quali il debitore ha la possibilità di rientrare del proprio debito tramite un pagamento continuativo nel tempo di un importo concordato. Attraverso una gestione di questo tipo, è di fondamentale importanza che il creditore riesca a capire e percepire le reali necessità e condizioni del debitore al fine di trovare un accordo vantaggioso per entrambi. Infatti, un creditore, nella predisposizione di un piano di rientro deve sostanzialmente porre l’attenzione su due fattori principali: la sostenibilità della rata ed il tempo. Partendo da quest’ultimo punto, quanto maggiore sarà la rata, tanto minore sarà il tempo con cui il debitore riuscirà a pagare il proprio debito. 112 In caso di inadempimento da parte del debitore, in seguito a diversi solleciti seriali di pagamento, il piano di rientro decade, ed è necessario optare per l’avvio di azioni legali ai fini del recupero. Tabella 3.9: Actual Cash Flow pervenuti dal momento di acquisizione del portafoglio GBV for Asset Classes Secured c) €50.000 – €100.000 d) €100.001 – €300.000 e) €300.001 – €500.000 f) €500.001 – €1.000.000 g) €1.000.001 – €10.000.000 Unsecured a) €0 – €10.000 b) €10.001 – €50.000 d) €100.001 – €300.000 e) €300.001 – €500.000 f) €500.001 – €1.000.000 g) €1.000.001 – €10.000.000 Total Collections Net Recovery Actual CF 3.771.619 10.156 142.110 85.116 367.212 3.167.026 2.695.216 2.477 45.455 138.766 148.225 70.802 2.289.490 6.466.835 56.008.040 129.682 1.128.202 866.741 2.151.641 51.731.774 60.074.782 7.615 249.674 1.337.677 813.361 6.358.679 51.307.777 116.082.822 6.73% 7.83% 12.60% 9.82% 17.07% 6.12% 4.49% 32.53% 18.21% 10.37% 18.22% 1.11% 4.46% 5.57% Il grafico sottostante confronta l’andamento del Net Present Value, del tasso di recupero medio e degli incassi sulle posizioni Secured e Unsecured nei due scenari. Grafico 3.2: Confronto tra Average RR, Importi incassati e Valore attuale del credito nei due scenari Average RR Actual CF 74.000.000 Net Present Value 72.000.000 80% 72,29% 69,17% 70% 70.000.000 60% 68.000.000 50% 44,69% 41,28% 66.000.000 40% 64.000.000 30% 62.000.000 20% 60.000.000 58.000.000 3,68% 3,95% 5,95% secured base unsecured base 5,80% secured best 10% 0% Average RR and Actaul Cash Flows NPV unsecured best Type of Credit Lines in two scenarios Il tasso di recupero è crescente nello scenario best piuttosto che in quello base, sia sulle linee di credito secured che su quelle unsecured. Lo stesso vale per i tempi medi di recupero previsti. I recuperi già contabilizzati, tuttavia, sono maggiori nello scenario base, sia sulle posizioni secured che su quelle unsecured, essendo gli incassi uguali nei due scenari, ma le previsioni più basse in quello base. 113 3.5.Analisi di Sensitività sul portafoglio La variazione anche solo di una delle assunzioni di cui sopra, può modificare in maniera significativa i risultati ottenuti. Per verificare ed analizzare gli effetti sui risultati forniti dal modello indotti da modifiche nei valori delle variabili di ingresso è opportuno effettuare un’analisi di sensitività. Essa mira a rispondere a domande del tipo: quale è il tasso di recupero minimo necessario per recuperare l’investimento iniziale? come cambia il valore attuale dei flussi di cassa al variare dell’orizzonte temporale e del tasso di attualizzazione? e se cambiasse il tasso di attualizzazione congiuntamente al tasso di default? Un’analisi di questo tipo, dunque, consente di migliorare il processo decisionale, soprattutto attraverso una valutazione della robustezza della decisione presa, ed evidenziare inoltre, i fattori il cui valore conviene meglio stimare, e quelli che risulta opportuno mantenere sotto stretto controllo in fase di esecuzione del progetto. Un primo risultato interessante rinveniente dall’analisi di sensitività (ricerca obiettivo) è il seguente: ai fini del recupero del prezzo di acquisizione (€ 60.000), è sufficiente realizzare un recovery rate pari al 30,83%. In quest’ottica la percentuale di perdita in caso di default è del 69,17%. Se invece si ipotizzasse di voler ottenere un surplus di cassa almeno pari a € 100.000.000, occorre recuperare l’82,20% del credito complessivo, ossia € 199.650.789 lordi. Essendo il recupero complessivamente stimato molto alto, la percentuale di perdita in caso di default è in questo caso pari solo al 17,80%. Confrontando i risultati ottenuti nei due scenari (a) e (b), con quelli ottimistici ottenuti nell’investment analysis come risultato della valutazione del portafoglio e delle previsioni su di esso (cfr. Tabella. 3.8), notiamo che le variazioni di valore sono piuttosto consistenti: - rispetto all’ipotesi di surplus da recupero nullo (a), la nostra analisi prevede un recupero netto superiore per un ammontare pari ad € 56.343.247, e dunque un tasso di recupero più alto (e una perdita in caso di default inferiore) del 13,35%: - rispetto all’ipotesi di surplus da recupero pari a € 100.000.000 (b), il recupero nello scenario ottimistico è inferiore per un ammontare pari ad € 43.656.783, e dunque un tasso di recupero inferiore (e una perdita in caso di default superiore) del 38%. 114 Tabella 3.10: Recovery Rate Target e confronto con l’analisi di previsione del modello Variables Surplus from recovery: €0 (a) Surplus from recovery: €100.000.000 (b) 74.869.046 3.743.452 5.803.035 5.322.559 60.000.000 30,83% 69,17% 199.650.789 9.982.539 15.474.759 14.193.490 160.000.000 82,20% 100.000.000 17,80% Gross Recovery Default Fees Servicing fees Net Recovery Recovery rate Delta vs Price LGD Delta vs Model’s Previsions +70.306.086 +3.515.304 +5.449.364 +4.998.171 +56.343.247 +13,35% +56.343.247 -13,35% -54.475.657 -2.723.783 -4.222.361 -3.872.760 -50.733.619 -38% -43.656.783 +38% Spostando l’attenzione sulle Collections, l’analisi di sensibilità indica l’ammontare che avremmo dovuto aver già recuperato complessivamente al momento per riuscire ad ottenere una performance dal portafoglio in linea con le previsioni (cfr. Tabella. 3.9: recupero pari ad € 107.289.342 in un anno e mezzo nello scenario best e pari ad € 94.455.169 in poco più di due anni nello scenario base). Ad oggi sono stati incassati € 6.466.835 trimestrali (cfr. Tabella. 3.9), e dunque in media € 2.155.612 al mese: - per realizzare le previsioni ottimistiche è necessario incassare mediamente € 5.386.011 al mese: è stato incassato solo il 40% di quanto ci si aspettava in base al business plan ai fini del recupero; - secondo quanto previsto nello scenario base, invece, è necessario incassare in media € 3.407.473 mensili: è stato incassato poco più del 60%. Di conseguenza l’andamento del portafoglio non riflette ancora perfettamente le previsioni. Tabella 3.11: Confronto tra incassi mensili previsti ed incassi realizzati Timing Target Scenario Best: 1,66 Scenario Base: 2,31 Monthly Collections Target Monthly Collections Realized Delta 5.386.011 3.407.473 2.155.612 2.155.612 -59.98% -36.74% L’analisi di portafoglio in esame è fortemente legata al tempo di recupero, tasso di attualizzazione e tasso di default, essendo questi ultimi basati su delle assunzioni metodologiche. Considerando un arco temporale di 5 anni, ed un range per il tasso di attualizzazione che va dal 4% al 6,5% nello scenario best e da 5% a 7% nello scenario base, il valore attuale dei flussi di cassa ha un andamento decrescente all’aumentare del tasso di sconto e della durata del processo di recupero: il maggior recupero è previsto entro 6 mesi ad un tasso del 4% nello scenario best e del 5% in quello base. 115 Se invece manteniamo costante il tasso di attualizzazione del 5% e del 6,5%, impiegare anche solo un semestre in più diventa rilevante: il recupero può aumentare o diminuire in media del 2/3%. Impiegare tre anni piuttosto che due nel recupero delle posizioni, vale a dire rinunciare a circa € 5.000.000. Tabella 3.12: Relazione tra Discounted rate, tempo di recupero e valore attuale dei recuperi stimati nello scenario Best Scenario Ottimistico Discounted rate 4.00% 4.50% 5.00% 5.50% 6.00% 6.50% 0.6 1.0 113.637.371 111.868.507 113.310.826 111.333.251 112.986.772 110.803.093 112.665.178 110.277.960 112.346.012 109.757.780 112.029.247 109.242.486 1.7 109.007.783 108.143.094 107.289.342 106.446.338 105.613.897 104.791.837 2.0 2.6 3.0 3.6 4.0 4.6 5.0 107.565.872 105.064.137 103.428.723 101.023.209 99.450.695 97.137.701 95.625.669 106.538.996 103.762.118 101.951.192 99.293.892 97.560.950 95.018.079 93.359.761 105.526.755 102.482.333 100.501.671 97.602.222 95.715.877 92.954.497 91.157.979 104.528.872 101.224.301 99.079.499 95.947.205 93.914.217 90.945.218 89.018.215 103.545.076 99.987.551 97.684.034 94.327.878 92.154.749 88.988.564 86.938.442 102.575.104 98.771.625 96.314.652 92.743.310 90.436.293 87.082.920 84.916.707 Timing 107.289.342 Tabella 3.13: Relazione tra Discounted rate, tempo di recupero e valore attuale dei recuperi stimati nello scenario Base Scenario Base Discounted rate 4.50% 5.00% 5.50% 6.00% 6.50% 7.00% 0.6 1.0 1.6 2.0 106.418.415 104.561.130 101.835.804 100.058.498 106.114.072 104.063.220 101.061.021 99.107.829 105.812.039 103.570.030 100.295.772 98.170.644 105.512.288 103.081.492 99.539.894 97.246.690 105.214.791 102.597.541 98.793.231 96.335.719 104.919.520 102.118.113 98.055.626 95.437.489 2.3 98.689.227 97.605.612 96.538.959 95.488.923 94.455.169 93.437.370 3.0 3.6 4.0 4.6 5.0 95.749.759 93.254.096 91.626.564 89.238.369 87.680.922 94.388.408 91.665.325 89.893.722 87.300.310 85.613.069 93.052.743 90.110.979 88.201.652 85.413.250 83.603.462 91.742.161 88.590.152 86.549.208 83.575.615 81.650.196 90.456.075 87.101.969 84.935.281 81.785.886 79.751.438 89.193.915 85.645.581 83.358.799 80.042.599 77.905.420 Timing 94.455.169 Allo stesso modo, il Net Present Value dei flussi di recupero attesi decresce all’aumentare del default rate e del discounted rate. Mantenendo costante il tasso di attualizzazione (il default rate) i flussi di recupero stimati aumentano al decrescere del default rate (del tasso di attualizzazione) poiché diminuisce la percentuale di perdita in caso di inadempienza del debitore. 116 Tabella 3.14: Relazione tra Discounted rate, default rate e valore attuale dei recuperi stimati nello scenario Best Default rate Scenario Ottimistico Discounted rate 107.289.342 4.00% 4.50% 5.00% 5.50% 6.00% 6.50% 0.0% 1.0% 2.0% 3,0% 4,0% 115.808.873 114.448.655 113.088.437 111.728.219 110.368.001 114.890.235 113.540.807 112.191.379 110.841.950 109.492.522 113.983.217 112.644.442 111.305.667 109.966.892 108.628.117 113.087.618 111.759.362 110.431.106 109.102.850 107.774.594 112.203.240 110.885.371 109.567.503 108.249.634 106.931.765 111.329.891 110.022.281 108.714.670 107.407.059 106.099.448 5.0% 109.007.783 108.143.094 107.289.342 106.446.338 105.613.897 104.791.837 6.0% 7.0% 107.647.565 106.287.347 106.793.665 105.444.237 105.950.567 104.611.791 105.118.082 103.789.826 104.296.028 102.978.160 103.484.226 102.176.616 Tabella 3.15: Relazione tra Discounted rate, default rate e valore attuale dei recuperi stimati nello scenario Base Default rate Scenario Base Discounted rate 94.455.169 4.50% 5.00% 5.50% 6.00% 6.50% 7.00% 0.0% 1.0% 2.0% 3.0% 4.0% 104.845.826 103.614.506 102.383.187 101.151.867 99.920.547 103.694.611 102.476.811 101.259.012 100.041.212 98.823.412 102.561.416 101.356.924 100.152.433 98.947.942 97.743.450 101.445.875 100.254.484 99.063.094 97.871.703 96.680.313 100.347.631 99.169.139 97.990.646 96.812.154 95.633.661 99.266.338 98.100.545 96.934.751 95.768.957 94.603.164 5.0% 98.689.227 97.605.612 96.538.959 95.488.923 94.455.169 93.437.370 6.0% 7.0% 97.457.908 96.226.588 96.387.813 95.170.013 95.334.467 94.129.976 94.297.532 93.106.142 93.276.676 92.098.184 92.271.576 91.105.782 L’analisi di portafoglio ci consente di trarre alcune conclusioni legate alla risoluzione del problema dei NPLs. In primis a differenza di tutte le altre attività finanziarie i Non Performing Loans non hanno cash flow propri: essi coincidono con il credito recuperato, il cui valore è più difficile da valutare ed avviene con una tempistica previsionale, e dunque incerta. La valutazione di ogni singolo portafoglio richiede dunque la gestione di tutti i flussi di operazioni successive all’erogazione: dal pagamento del prezzo e delle somme dovute, alla gestione degli incassi. 117 Conclusioni Le possibili soluzioni al problema dei Non Performing Loans Il tema dei Non Performing Loans è esploso in Italia negli ultimi anni, e alla luce dell’attuale condizione italiana ci vuole un nuovo mercato, ci vogliono nuovi operatori, una disciplina ed una normativa adeguata al passo con i tempi e con l’evoluzione del fenomeno. Le opportunità offerte dal mercato al giorno d’oggi sono proporzionali alla capacità di gestire più o meno correttamente le informazioni: le aspettative di reddito sulle operazioni recupero crediti sono strettamente connesse alle modalità con cui le nuove normative vengono recepite dai soggetti strettamente attivi sul mercato (loan manager, soggetti legali, servicer, hedge funds, ecc..). Nel mercato italiano, tuttavia, non mancano segnali di ripresa: il credito torna, anche se molto lentamente, a riaffluire al sistema economico. L’ultimo rapporto dell’Abi segnala infatti che a maggio 2016 è tornata positiva e pari a +0,3 la variazione annua del totale dei prestiti all’economia – comprese le erogazioni a famiglie, imprese e Pubblica amministrazione. Esso mette peraltro in evidenza anche un leggero aumento delle sofferenze, al netto delle svalutazioni già effettuate dalle banche: il rapporto sofferenze nette su impieghi è risultato pari a 4,67% ad aprile contro il 4,58% di marzo 2015 e lo 0,85% di prima dell’inizio della crisi economica. Ai fini dello smaltimento delle sofferenze e del decollo di un vero e proprio mercato dei crediti deteriorati, sono efficaci le misure contenute nel decreto legge con le nuove procedure concorsuali e con i nuovi interventi legislativi. A partire dall’estate del 2015, il Governo ha varato alcune misure di intervento, introdotte con la legge 132/2015, che hanno consentito la parziale rimozione degli ostacoli di natura giuridica e fiscale che contribuiscono a frenare lo sviluppo in Italia di un mercato dei crediti deteriorati, favorendo così una gestione più efficiente del contenzioso. In particolare le modifiche alla legge fallimentare e al Codice di procedura civile, contribuiscono a ridurre significativamente i tempi di recupero (delle procedure fallimentari da oltre sei anni a un intervallo compreso tra tre e cinque anni e quelli delle procedure esecutive da quattro a tre), ad aumentare l’efficacia delle procedure fallimentari ed esecutive, ad accrescerne la trasparenza e a contenerne la durata. In merito alle rivisitazioni del regime fiscale delle perdite su crediti delle banche, le nuove svalutazioni (write – downs) e le perdite su crediti (write – offs) saranno interamente e immediatamente deducibili a fini fiscali (nel precedente regime erano deducibili in cinque 118 anni). Con questo intervento legislativo è stato rimosso uno svantaggio competitivo per le banche italiane nel confronto internazionale, poiché ha reso per loro meno onerosa l’adozione di politiche di valutazione dei crediti più prudenti. In merito agli interventi del Governo varati nel 2016, assumono una certa rilevanza la nascita delle Garanzie sulla Cartolarizzazione delle Sofferenze (GACS) con l’emanazione di un meccanismo di cessione dei crediti deteriorati a società veicolo (SPV – Special Purpose Vehicle), e il lancio di un Fondo di investimento alternativo denominato “Atlante”. Come funzionano le GACS? La banca interessata crea un titolo obbligazionario cartolarizzato con le sofferenze. Applicando sofisticate tecniche statistiche, si stima la probabilità di valore di realizzo delle sofferenze medesime. A questo punto si crea il cosiddetto tranching, che produce una parte senior, una mezzanina ed una cosiddetta equity, in ordine crescente di rischio e quindi di rendimento. Le perdite sul sottostante si scaricano dapprima sulla tranche più rischiosa e remunerativa (equity). Se questa viene azzerata dalle perdite, si inizia ad incidere la mezzanina, quella a rischio e rendimento intermedi. Se anche questa viene azzerata dalle perdite si incide la senior. Il Tesoro italiano, tuttavia, garantisce la tranche con minor rischio e rendimento (senior), ma solo a patto che esse ottengano il rating investment grade, cioè che non siano spazzatura. Il punto dirimente in ciò sta nel fatto che il dimensionamento delle tranche tra rischio e rendimento dipende dalla qualità dei sottostanti: se questi sono scadenti la tranche senior risulterà piccola in prima approssimazione. Tuttavia, se esiste una garanzia “a monte” prestata da un’entità terza solvibile, la tranche senior può diventare molto grande sul totale dell’emissioni; di conseguenza essa avrà dimensione “di mercato”. La garanzia ha un prezzo: essa viene quantificata applicando il valore dei credit default swap su emittenti di pari rating – ad esempio se la tranche senior ha rating singola A e dura 5 anni, si prende il valore del cds quinquennale di emittenti singola A, e lo si applica al valore della tranche. Nel complesso, questa soluzione sembra essere più “di mercato” perché l’intervento pubblico sembra superfluo: è probabile che con tale meccanismo non si risolveranno i problemi delle banche italiane, le quali potranno scaricare solo una lieve porzione di crediti deteriorati, continuando a dover offrire così le coperture di capitale e ad assorbire perdite per via delle svalutazioni, con il rischio di dover fare aumenti di capitale, oppure di fondersi o farsi acquistare da istituti più grossi. 119 L’ulteriore manovra mirata alla risoluzione del problema delle sofferenze e al sostenimento degli aumenti di capitale richiesti dall’Autorità di Vigilanza, è il lancio di un nuovo Fondo di investimento alternativo denominato “Atlante”: uno strumento gestito da una società privata, la Quaestio Capital Management SGR spa, creato in collaborazione con il governo italiano e con i principali gruppi finanziari del paese che dovrebbe contribuire a completare il processo di rafforzamento della solidità patrimoniale delle banche italiane sottocapitalizzate e ad accrescere il mercato dei crediti in sofferenza. Trovare una soluzione al problema dei crediti deteriorati non significa solo salvare le banche italiane più fragili, ma allentare una grande difficoltà esplosa negli ultimi anni e che ha soffocato l’economia del Paese. Per queste ragioni è necessario sviluppare una normativa a supporto degli NPLs unica, ordinata e completa che consenta di identificare precisamente il ruolo dei singoli operatori nel mercato, e gli strumenti con cui risolvere il problema nel medio termine. La rimozione di NPLs molto vecchi dai bilanci delle banche (ad esempio superiori a cinque anni), la liquidazione delle imprese non più vitali (che non generano più cash flow), e la ristrutturazione di quelle che, ancorché in difficoltà, siano considerate capaci di generare cassa per coprire il pagamento degli interessi, appare una manovra evidente e necessaria. Le banche, inoltre, dovrebbero essere obbligate ad accantonare fondi maggiori a fronte dei crediti deteriorati che rimangono troppo a lungo in bilancio: maggiori accantonamenti e più prudenti valutazioni delle garanzie spingerebbero le banche a gestire più rapidamente i propri NPLs. Sistematiche Asset Quality Review o ispezioni di vigilanza dovrebbero infine, consentire una corretta classificazione dei crediti affinché il loro book value si avvicini a quello di mercato. La velocità di smaltimento dei crediti deteriorati, è favorita dall’emanazione di nuove riforme strutturali per: i) promuovere ristrutturazioni del debito giudiziali e stragiudiziali, ii) ridurre l’arretrato giudiziale ed accelerare le azioni esecutive, iii) semplificare e snellire le procedure fallimentari e di recupero crediti, abbreviando le lunghe procedure giudiziari ed incoraggiando, in alternativa, gli accordi extra – giudiziali. Attualmente, infatti, esistono differenze abissali tra le procedure giudiziarie dei vari Paesi: ad esempio, in Italia il procedimento da parte di un creditore per recuperare beni o altre garanzie reali a seguito di un default su un mutuo ipotecario (foreclosure), dura in media quasi cinque anni, mentre in Germania e in Spagna dura meno di un anno. In aggiunta è necessario ridurre la forbice di prezzo tra chi vende e chi compra crediti deteriorati (spread bid/ask): gli investitori, infatti richiedono dei rendimenti più elevati a fronte 120 del maggior rischio al quale sono esposti. Validi strumenti per riportare in bonis società in stato di insolvenza potrebbero essere anche le Società Veicolo di Cartolarizzazione (Corporate Restructuring Vehicles, CRVs), in particolare per le piccole medie imprese italiane. Queste piuttosto che rimuovere semplicemente asset problematici dai bilanci delle banche, investono direttamente nella società insolvente, ristrutturando il debito e riorganizzando l’attività aziendale. La rilevanza della disponibilità di adeguate informazioni sul fenomeno è evidente: la qualità del servizio di gestione dei crediti deteriorati fornito dalle banche risente della carenza di un sistema informativo integrato. Questa situazione, tuttavia, appare in via di miglioramento: alcuni gruppi bancari si sono recentemente dotati di sistemi informativi che consentono di gestire le informazioni sulle diverse procedure in modo integrato e secondo criteri omogenei. In prospettiva, l’archiviazione sistematica e la disponibilità in tempi ragionevoli delle informazioni relative alla massa dei crediti deteriorati appare cruciale sia per la loro gestione “attiva” sia per negoziarne la cessione. In definitiva è necessario rivalorizzare l’intero processo gestionale del rischio di credito, attivare e sviluppare efficace e tempestive tecniche e strumenti di prevenzione e controllo per prevenire l’insorgenza del fenomeno, attraverso un’analisi prospettica (che consente di valutare la capacità dell’impresa di mantenere livelli di reddito adeguati rispetti ai rischi cui è esposta) dei settori, del territorio in cui operano le imprese, nonché lo sviluppo di modelli previsionali delle insolvenze idonei per una valutazione più accurata del merito creditizio – i cosiddetti modelli di previsione delle insolvenze aziendali. 121 Bibliografia ABI, Metodi avanzati per la gestione del rischio di credito, Roma, 1995. Associazione Italiana Financial Industry Risk Managers (AIFIRM), I° Paper definitivo, Commissione banche medio piccole, 2012. Associazione Italiana Financial Industry Risk Managers (AIFIRM), Sistemi di rating interno e ciclo economico, Milano 2013. 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Il periodo temporale preso in esame, infatti, va dalla crisi del 2008 fino al giorno d’oggi. Infine il lavoro è stato integrato con l’implementazione di un modello di valutazione di un portafoglio crediti fornito dalla società di recupero credito presso cui svolgo l’attività di tirocinio. Si tratta di un portafoglio frutto di un’acquisizione, composto da 184 posizioni – ciascuna caratterizzata da alcuni elementi oggettivi e soggettivi ed identificata da un NDG ed un GBV – alcune delle quali composte da più linee di credito. L’obiettivo del modello di pricing è fotografare l’attuale condizione del portafoglio, in termini di valore complessivo dei crediti e di importi già incassati in una determinata finestra temporale, ed analizzare i possibili scenari di recupero. Sulla base di alcune assunzioni e note metodologiche circa le percentuali di fees che abbattono il valore lordo dei recuperi stimati, e il tasso di attualizzazione utilizzato per calcolare i flussi di recupero netti ad oggi, sono stati ipotizzati due scenari: uno base e uno ottimistico. Il primo certamente più conservativo prevede recuperi meno consistenti in periodi temporali relativamente lunghi: si tratta di uno scenario realizzabile con maggiori probabilità, soggetto a minor rischi ma anche a minori rendimenti. Lo scenario ottimistico, viceversa, prevede dei recuperi piuttosto consistenti in una finestra temporale più breve: si tratta di una soluzione di gestione che massimizza i recuperi e minimizza i costi ed i tempi di recupero. A questa sono connessi rischi molto più elevati, dato che la possibilità che queste previsioni si verifichino è sicuramente meno probabile. La valutazione si conclude con un’analisi di sensitività che consente di verificare come cambiano i risultati previsti dal modello, al variare di uno o più parametri di stima utilizzati (discounted rate, default rate, timing, recovery rate target). Il presente lavoro si conclude con un’analisi delle possibili soluzioni proposte nei piani per la gestione delle sofferenze e sostanzialmente indirizzate a migliorare il profilo di rischio 1 dell’attivo e a ridurre il costo del credito: l’efficacia e la sostenibilità delle stesse appaiono infatti prerequisiti per lo sviluppo e la riqualificazione dell’offerta di nuovo credito all’economia. Tra le principali evidenze segnalate dai piani, emerge la necessità di focalizzare il business sull’attività di credito: nei piani strategici sono esplicitati obiettivi di crescita dei volumi di crediti e della clientela, subordinati alla capacità di elevare la redditività commerciale delle relazioni. Alla base delle strategie di crescita vi è quasi sempre la scelta di intervenire sulla qualità dei processi del credito e sull’efficienza delle politiche di credit risk management, per una molteplicità di obiettivi. Alla luce delle debolezze del mercato dei Non Performing Loans sono strettamente necessari anche degli interventi statali: una nuova riforma legislativa, maggiore disciplina, organizzazione e trasparenza nel processo di gestione e valutazione. «Ci vuole un avvio, come per varare una nave»: così il ministro dell'economia Pier Carlo Padoan ha risposto a coloro che gli hanno chiesto se esista in Italia un mercato dei crediti inesigibili. Egli ha aggiunto che «bisogna varare una nave che poi procede per conto proprio, con l'economia che migliora sarà più facile». In tutti i casi le soluzioni prospettate appaiono per le banche italiane promettenti unicamente se valutate in un orizzonte di medio periodo e implicitamente pongono il tema dei crediti deteriorati per il sistema bancario italiano come nodo strutturale suscettibile di condizionare pesantemente le scelte di politica del credito nei prossimi anni, anche in presenza di miglioramenti dello scenario congiunturale. 1. Analisi dei Non Performing Loans I prestiti bancari rappresentano il cuore di un sistema bancario e dunque una delle fonti principali dello sviluppo delle dimensioni di una banca: i rendimenti dei prestiti alla clientela, infatti, sono sempre stati più o meno nettamente superiori rispetto a quelli delle altre forme di impiego di raccolta bancaria. La migliore qualità dei crediti erogati all’interno di un sistema finanziario si ripercuote, in primo luogo, sulle caratteristiche di stabilità dello stesso, dal momento che una maggiore rischiosità del portafoglio impieghi può rendere più difficoltoso lo svolgimento di operazioni nei diversi settori dell’intermediazione da parte degli organismi creditizi. Essa dipende dal frazionamento degli impieghi bancari, dalla loro diversificazione oltre che dalle condizioni prospettiche di equilibrio economico e finanziario delle imprese bancarie affidate, quale presupposto fondamentale della solvibilità delle stesse, ovvero della capacità 2 di rimborso che si manifesta attraverso un’adeguata dinamica dei flussi di cassa prodotti dalla gestione corrente e dai finanziamenti in essere. Il rischio è un concetto connaturato all’impresa. Ma l’impresa è anche organizzazione e strategia. L’imprenditore, pertanto, prima ancora del sorgere del credito deve valutare come inserire nell’insieme della gestione aziendale, il rischio creditizio, quale misura della probabilità che l’operazione non dia alcun contributo positivo alla redditività dell’azienda finanziatrice o incida addirittura sfavorevolmente sui suoi risultati di esercizio nell’insieme della gestione aziendale. Le attività per le quali il debitore di fatto non è più in grado di ripagare il capitale e gli interessi dovuti ai legittimi creditori, sono definite Non Performing Loans. L’inadempienza del creditore può riguardare tanto il rispetto delle prefissate scadenze dei pagamenti ricorrenti, quanto l’ammontare stesso degli importi dovuti (parzialmente e/o complessivamente), a causa di una persistente situazione di instabilità patrimoniale e finanziaria del soggetto titolare del debito. La definizione di NPLs viene fornita da Banca d’Italia nella Circolare n. 272 del 30 luglio 2008 (Fascicolo «Matrice dei conti») – 7° aggiornamento del 20 gennaio 2015, in cui i crediti deteriorati vengono suddivisi in tre categorie: - sofferenze: costituite dal complesso delle esposizioni nei confronti di un soggetto in stato di insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dalla banca. Esse rappresentano i crediti di difficilissimo recupero derivanti da contratti di finanziamenti erogati a famiglie o imprese che non riescono più a pagare le rate; - inadempienze probabili (unlikely to pay): esposizioni creditizie per le quali la banca giudichi improbabile che, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente (in linea capitale e/o interessi) alle sue obbligazioni; - esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate: si tratta di esposizioni, diverse da quelle classificate tra le sofferenze o le inadempienze probabili, che sono scadute e/o sconfinanti da oltre 90 giorni e superano una prefissata soglia di materialità. A seguito delle nuove disposizioni, le nozioni di crediti incagliati e di crediti ristrutturati sono state abrogate. Viene invece introdotta la nuova categoria di crediti forborne, vale a dire di crediti (in bonis o deteriorati) oggetto di concessioni (forbearance) da parte della banca. Trattasi delle c.d. “misure di tolleranza” concesse verso debitori che si trovino, o stiano per trovarsi, in difficoltà nel far fronte ai propri impegni finanziari (c.d. “financial 3 difficulties”): si tratta di modifiche alle originarie condizioni contrattuali della linea di credito che la banca concede all’impresa cliente, che consistono in una riduzione del tasso di interesse del finanziamento oppure nell’ allungamento della durata del prestito. Con la definizione dei crediti deteriorati da Banca d’Italia e con l’avvio dell’Asset Quality Review (AQR) nel 2014, sia in Italia sia nel resto dell’Unione Europea, si è innalzato il livello di attenzione sulla classificazione dei crediti. Il passaggio a sofferenza si ha quando la banca ha ragione di credere che il credito sia irrecuperabile, trattandosi di crediti vantati nei confronti di clienti che versano in gravi e non transitorie difficoltà economiche e finanziarie. Rimane dunque nell’autonomia del banchiere il compito di valutare a fine esercizio se e quando trasferire il credito dagli impieghi attivi alle partite a recupero, sulla base di un processo di valutazione analitica dei crediti in essere: esso consiste nell’attualizzazione dei flussi finanziari attesi per capitale e interesse al tasso di interesse effettivo originario, tenendo conto delle eventuali garanzie che assistono il credito, e di eventuali mutazioni economico – finanziarie del debitore. Se al termine di tale procedimento i flussi di cassa assumono valori più bassi rispetto a quelli contrattuali, o i momenti di pagamento sono più lontani di quanto previsti, è necessario effettuare una rettifica si valore in bilancio a causa della svalutazione del credito, attraverso la costituzione al passivo di un apposito fondo rischi su credito, o in alternativa riducendo il valore dei crediti operando direttamente sull’attivo. Nasce così il cosiddetto tasso di copertura (coverage ratio): si tratta del rapporto tra le rettifiche di valore e il valore lordo del credito deteriorato. In Italia, nel 2015, questo rapporto era circa pari al 55%, in ripresa rispetto agli anni precedenti. Grafico 1: Coverage Ratio delle principali Banche italiane dal 2010 al 2015 Coverage Ratio 55,70% 54% 52,90% 51,80% 2010 2011 48,20% 48,70% 2012 2013 Fonte: Bollettino Statistico Banca d’Italia ed ABI Monthly Outlook 4 2014 2015 Un tasso di copertura elevato indica un atteggiamento prudente della banca, poiché riduce la propria esposizione, incassando subito le perdite su quel credito; ridurre il tasso di copertura significa invece aumentare i rischi potenziali. Ai fini della contabilizzazione in bilancio delle partite deteriorate l’IFRS 9 non prevede un approccio valutativo improntato al full fair value, ma fa convivere il principio del costo ammortizzato e il principio del fair value in base alla natura dello strumento finanziario. Inoltre, ai fini del superamento delle carenze del precedente sistema di valutazione dei crediti (IAS 39), le Autorità di Vigilanza bancaria hanno richiesto allo IASB il superamento dell’approccio incurred losses – secondo il quale vanno iscritte in bilancio soltanto le perdite già sussistenti o comunque prossime alla loro emersione – in favore di un modello alternativo fondato sull’expected loss approach di tipo forward-looking, basato sulla stima delle perdite attese in portafogli dinamici ed omogenei di crediti in bonis, calcolate con riferimento alla loro intera vita residua. Questo modello valutativo dovrebbe favorire una rilevazione contabile più precoce delle perdite su crediti e conseguenti maggiori accantonamenti nei periodi favorevoli del ciclo economico da utilizzare poi nelle fasi avverse. I crediti deteriorati determinano una serie di ripercussioni negative per la banca. In primo luogo si verifica una contrazione della redditività a causa di due tipologie di costo, uno di tipo ‘finanziario’ (costo del credito) dovuto alle rettifiche a fronte di deterioramenti e cancellazioni, e uno di tipo operativo, rappresentato dai costi legali e amministrativi legati alla gestione di queste posizioni anomale. In secondo luogo si verifica un maggiore assorbimento di capitale, che a sua volta determina: i) una minore capacità di espandere i volumi operativi, ad esempio concedendo nuovi prestiti, dal momento che essi comportano nuovi rischi e necessitano di capitale aggiuntivo; ii) un aumento del costo delle risorse finanziarie utilizzate dalla banca per il processo di intermediazione creditizia, aumento determinato dall’incremento del peso del patrimonio sul totale delle risorse e per l’aumento del costo della raccolta, soprattutto della componente all’ingrosso. La limitazione del credito all’economia reale è anche una conseguenza della crescita delle partite deteriorate, degli assorbimenti di capitale a copertura, del calo degli utili, che sono una diretta conseguenza dell’imposizione di criteri severi nella classificazione dei crediti da parte dell’Unione Bancaria e della Vigilanza unica europea. Il fenomeno dei crediti deteriorati è, infatti, strettamente legato alla crisi economica e alle situazioni di difficoltà che colpiscono numerosi settori industriali, intere filiere e migliaia di imprese soprattutto piccole e medie, che dipendono strettamente dal credito bancario. 5 In Italia, dato che non aumentano i fidi, queste imprese non disponendo di canali di finanziamento diversi dalle banche, rischiano il default anche se la loro situazione economica non è particolarmente grave. La crescita dei Non Performing Loans dipende – oltre che dall’andamento del ciclo economico – dall’impatto di una serie di variabili macroeconomiche e microeconomiche. I fattori macro sono stati utilizzati al fine di quantificare l’influenza esercitata dal contesto economico di riferimento del singolo paese, mentre quelli micro vogliono investigare come le caratteristiche del prenditore di fondi (le imprese) possano impattare sulla qualità del credito delle banche. Tra le variabili macroeconomiche analizzate, il tasso di variazione del PIL risulta essere la determinante di maggiore rilievo nello spiegare l’andamento dei NPLs, esercitando un impatto fortemente negativo. Ad esso si aggiungono il tasso di disoccupazione, correlato positivamente, e il tasso di variazione delle quotazioni dell’indice azionario, che influisce anch’esso negativamente. Il tasso di interesse non risulta invece essere statisticamente significativo in maniera robusta. Grafico 2: Impatto delle Variabili macroeconomiche sull’andamento dei Non Performing Loans Bank nonperforming loans to total gross loans (%) 20,00 GDP growth (annual %) 15,00 10,00 Inflation, GDP deflator (annual %) 5,00 Unemployment, total (% of total labor force) 0,00 Real interest rate (%) -5,00 Lending interest rate (%) -10,00 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 Fonte: Bankscope Tra le variabili microeconomiche, tutte quelle considerate sembrano esercitare un impatto non marginale sulla crescita dei NPLs: l’aumento del livello di leva finanziaria delle imprese fa crescere le sofferenze delle banche, mentre variazioni positive della redditività operativa e della quota di immobilizzazioni sul totale dell’attivo le fanno diminuire. Una migliore qualità del prenditore, infatti, consente di ridurre la crescita dei NPLs nel bilancio della banca, non solo attraverso miglioramento nella redditività operativa, ma anche 6 per la maggiore capacità di investire in immobilizzazioni, consentendo all’impresa di meglio ottemperare alle proprie obbligazioni nei confronti della banca. I risultati di un’analisi su dati storici sulla situazione italiana a confronto con quella di altri Paesi europei, mostrano come in termini nominali, il volume dei Non Performing Loans in Italia è quasi il doppio di quello europeo, ed è stato sempre via via crescente negli anni. Grafico 3: Andamento dei Non Performing Loans in Italia NPLs/Goss Loans NPLs/Gross Loans 20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 NPLs/Gross Loans (%) Italy NPLs/Gross Loans (%) EuroArea 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Anno Fonte: Bankscope Alla fine dello scorso anno le consistenze di NPLs delle banche italiane direttamente vigilate ammontavano a 274 miliardi; aggiungendo anche le banche più piccole si arriva al totale di 360 miliardi lordi (il 18% degli impieghi complessivi. Il livello degli accantonamenti si attestava a fine 2015 a 45,6% degli NPLs e il cosiddetto coefficiente Texas, una misura che mette in relazione le sofferenze con le riserve destinate ad assorbire le perdite, è in media quasi il doppio in Italia rispetto all’area dell’euro. Al deterioramento dei bilanci bancari ne consegue un aumento dei costi di finanziamento per le banche, a causa del minor flusso di reddito atteso e di un’accentuata percezione del rischio da parte degli investitori. Insieme tutti questi fattori generano un aumento dei tassi a cui concedere i prestiti, una riduzione dei volumi di credito e una maggiore avversione al rischio. I motivi per cui il problema dei crediti deteriorati è marcato in Italia piuttosto che in altri Paesi europei sono legati alla tardiva gestione del problema da parte delle Autorità e dei soggetti e società specializzate, ai lunghi tempi di dismissione delle posizioni deteriorate e di esecuzione delle procedure, e alla mancanza di un sistema legislativo chiaro ed ordinato. Le sofferenze nel 2015 hanno superato i 200 miliardi di euro: secondo la relazione della Banca d’Italia esse sono il risultato di un’eredità che viene dal passato – erano 43 miliardi 7 nel 2008 – e che si aggrava ogni anno. Seppur le ragioni di tale incremento sono legate, evidentemente, al perdurare della crisi economica, non possono essere interamente imputate ad essa: tra i fattori che hanno inciso in misura più determinante sul deterioramento della qualità del credito bancario, spiccano senza dubbio quelli legati all’inadeguatezza dei processi di valutazione dell’affidabilità e di controllo del rischio di credito, l’allungamento delle procedure di recupero dei crediti e il cambiamento delle abitudini e dello stile di vita della popolazione italiana. Per la gestione delle sofferenze bancarie degli istituti italiani è stato emanato un meccanismo di cessione dei crediti deteriorati a società veicolo (SPV – Special Purpose Vehicle) a fronte dell’emissione di tranche di bond junior, mezzanina e senior, sulle quali le banche potranno acquistare garanzie pubbliche a prezzi di mercato, tali da non costituire aiuti di mercato. Si tratta di una garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze (GACS), una misura innovativa e volontaria, che ha l’obiettivo di a) alleggerire i bilanci creditizi con il trasferimento e la cartolarizzazione delle sofferenze; b) favorire e accelerare, consistentemente e immediatamente, lo sviluppo del mercato italiano dei Non performing loans, favorendo l'accesso di investitori con orizzonte di medio – lungo periodo, c) contribuire a ridurre la forbice di prezzo tra chi vende e chi compra crediti deteriorati – che rappresenta l'ostacolo principale per la crescita di questo mercato. Lo Stato, tuttavia, rilascerà la garanzia solo se i titoli oggetto di cartolarizzazione avranno preventivamente ottenuto un rating uguale o superiore all’Investment Grade da un'agenzia di rating indipendente e inclusa nella lista delle agenzie accettate dalla Bce: dunque soltanto le tranche senior delle cartolarizzazioni – cioè quelle più sicure – che sopportano per ultime le eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese. La garanzia è onerosa: il prezzo è calcolato prendendo come riferimento i prezzi dei Credit Default Swap degli emittenti italiani con un livello di rischio corrispondente a quello dei titoli garantiti, e dunque in linea con le condizioni di mercato per il rischio assunto. Il prezzo sarà crescente nel tempo, sia per tenere conto dei maggiori rischi connessi a una maggiore durata delle note, sia per introdurre nello schema un forte incentivo a recuperare velocemente i crediti. Un’ulteriore manovra mirata alla risoluzione del problema delle sofferenze e al sostenimento degli aumenti di capitale richiesti dall’Autorità di Vigilanza, è il lancio di un nuovo Fondo di investimento alternativo denominato “Atlante”: uno strumento gestito da una società privata, la Quaestio Capital Management SGR spa, creato in collaborazione con il governo italiano e con i principali gruppi finanziari del paese che dovrebbe contribuire a completare 8 il processo di rafforzamento della solidità patrimoniale delle banche italiane sottocapitalizzate e ad accrescere il mercato dei crediti in sofferenza. 2. Valutazione e gestione dei Non Performing Loans La misurazione e la gestione del rischio di credito hanno assunto sempre maggiore rilevanza nel processo di gestione del rischio per le istituzioni ο¬nanziarie. Negli ultimi vent’anni tutte le grandi banche internazionali hanno effettuato ingenti investimenti in risorse umane e tecnologiche per ristrutturare il proprio modo di misurare e gestire il rischio di credito. Non si tratta di una semplice innovazione di carattere tecnico legata alle modalità di misurazione del rischio, ma di una rivoluzione che ha investito una delle aree più tradizionali e consolidate dell’attività bancaria e che coinvolge aspetti quali: le modalità di selezione delle controparti e di determinazione dei prezzi; il grado di autonomia di cui beneficiano le unità della banca che assumono rischio di credito; i criteri di fissazione degli obiettivi; le modalità di misurazione dei risultati e quelle di determinazione degli incentivi; le logiche di composizione dei portafogli creditizi. Alla base di questo processo di ristrutturazione vi è lo sviluppo di modelli perla misurazione del rischio di credito che quantifichino in modo appropriato il grado di rischio associato alle posizioni creditizie e consentano alla banca di utilizzare in modo più efficiente la propria capacità complessiva di assumere rischio. Tali modelli, infatti, s propongono di stimare il grado di rischio di una certa posizione creditizia o di un portafoglio di esposizioni. L’erogazione di prestiti da parte delle banche è sempre preceduta da una valutazione del merito creditizio del cliente, ovvero da un’analisi di affidabilità intesa come grado di fiducia di cui il cliente è meritevole. Per la banca la finalità principale della selezione della clientela è la formulazione di giudizi puntuali sulla base della capacità della controparte di rispettare alla scadenza gli impieghi assunti a fronte del capitale preso a prestito, e la stima della probabilità di default, per l’identificazione di una classe rating. La valutazione del rischio di credito per un portafoglio richiede dunque la preliminare valutazione di ciascuna singola posizione e la stima delle probabilità di default o di credit migration congiuntamente per tutte le posizioni in portafoglio, tenendo conto di tutte le interrelazioni eventualmente presenti. Nella realtà operativa, essendo i portafogli costituiti da un numero ingente di posizioni – tale da rendere impossibile una valutazione singola – si ipotizza di costruire insiemi di posizioni omogenee per merito creditizio e si assume che tutte le controparti in una data classe di 9 rating siano caratterizzate dalla medesima probabilità di default, indipendentemente dal Paese, settore di appartenenza o dimensione. L’analisi di correlazione viene quindi condotta tra classi di rating: in questo modo la perdita su un portafoglio può essere determinata sommando le perdite registrate sulle singole posizioni successive al verificarsi dell’evento default. Il concetto di default fa riferimento ad una situazione di crisi irreversibile della controparte, tale da rendere necessaria l’escussione delle garanzie con probabile perdita di quote significative del capitale complessivamente prestato. Esso si caratterizza per essere associato molto spesso a posizioni scarsamente liquide e viene in genere valutato su un orizzonte temporale di medio/lungo periodo. Una seconda finalità del processo di attribuzione di rating, riguarda la possibilità di effettuare valutazioni di pricing adeguate al rischio di credito assunto, misurazioni del capitale assorbito e stime degli accantonamenti da iscrivere a bilancio sul portafoglio impieghi. In definitiva la definizione di un giudizio sintetico sul merito di credito di un’impresa da parte di una banca può avvenire a partire da: - informazioni quantitative relative alla struttura economica, patrimoniale e finanziaria dell’impresa stessa attraverso la costruzione di indici economico finanziari, che possono essere analizzati direttamente da un esperto o elaborati in modo automatico da un sistema di scoring, basato sull’analisi del discriminante o su un modello di logit-probit; - valutazioni qualitative di vario genere non elaborabili attraverso i modelli di scoring, che possono riguardare la qualità del management, l’analisi della qualità dei bilanci (rispetto dei principi generali di redazione e dei criteri di valutazione; livello di prudenzialità; puntualità nella presentazione dei bilanci; chiarezza, completezza e trasparenza delle informazioni contabili). - informazioni implicite nei prezzi di azioni e di obbligazioni emesse dalle imprese nel mercato dei capitali, mirano ad ottenere informazioni sul tasso di insolvenza delle imprese medesime (modelli fondati sul mercato dei capitali – modello di Merton e di KMV); - un’analisi dei dati che spiegano l’andamento del rapporto tra l’impresa e la banca (analisi andamentale) nel caso di imprese già clienti della banca; - un’analisi del settore e dell’area territoriale di appartenenza solitamente affidata a un analista specializzato; 10 - altre informazioni reperibili in forma sistematica e standardizzata dalla Centrale dei Rischi pubblica (Central Credit Registry) o privata (Credit Bureau). Le informazioni sulla controparte sono incorporate nella probability of default: i meriti creditizi, il tasso di recupero (RR) – che a sua volta incorpora e sintetizza tutte le informazioni riguardanti le garanzie e le procedure di recupero – e l’esposizione al momento del default (EaD). Individuata l’expected loss di un portafoglio – che è semplicemente pari alla somma delle perdite attese degli impieghi che lo compongono – è possibile definire anche le perdite inattese o unexpected loss (UL). Esse dipendono essenzialmente dalla variabilità della perdita attesa, cioè dalla possibilità che i valori attesi risultino a posteriori più o meno elevati rispetto a quanto originariamente atteso: essa è tanto minore quanto minore è il grado di correlazione fra i singoli prestiti. Nello specifico, mentre la perdita attesa non può essere eliminata diversificando il portafoglio, la perdita inattesa può essere ridotta attraverso un’adeguata politica di diversificazione del portafoglio in termini di settori produttivi, classi dimensionali o aree geografiche. Le perdite inattese, a fronte di una data esposizione, trovano copertura in una corrispondente dotazione patrimoniale della banca, che sia in grado di assorbirle entro un livello di confidenza dell’1% (capitale economico assorbito). Gli azionisti, quindi, beneficiano di eventuali risultati superiori alle aspettative derivanti da perdite inferiori a quelle attese, e analogamente devono sopportare le perdite superiori alle aspettative con una determinata copertura patrimoniale. La perdita in caso di default è il tasso di perdita sperimentato da una banca o da un investitore, su un’esposizione creditizia, se il debitore risulta insolvente. Essa è il complemento ad uno del tasso di recupero, e può assumere un valore compreso tra 0% e 100%. La LGD rappresenta una variabile chiave da governare per qualsiasi intermediario bancario: rileva per finalità contabili, regolamentari e gestionali, costituisce un importante strumento per la misurazione dell’efficacia e dell’efficienza del processo del recupero. Mentre la probabilità di insolvenza dipende dal merito creditizio del debitore, ed è associata al rischio della controparte debitrice e, dunque, non dipende dalle caratteristiche del tipo di contratto, il tasso atteso di recupero è più specifico in quanto deve considerare le diverse caratteristiche contrattuali dell’operazione sottostante. Esso infatti dipende da: i) le caratteristiche dell’esposizione, quali la presenza di eventuali garanzie, il grado di priorità dell’esposizione; ii) le caratteristiche del debitore, e dunque il settore in cui opera, l’area geografica di provenienza, alcuni indici finanziari, quali la leva finanziaria, il rapporto 11 EBITDA/fatturato; iii) le caratteristiche della banca, che comprendono la qualità del rapporto con il cliente, la frequenza con cui si utilizzano accordi stragiudiziali con i debitori, la tendenza a cedere crediti in contenzioso; iv) fattori esterni, quali lo stato del ciclo economico, il livello dei tassi di interesse, ecc. L’approccio più comunemente utilizzato per la stima del tasso di recupero prevede l’analisi degli effettivi flussi di recupero conseguiti nei mesi successivi al default. Questi dati vengono poi clusterizzati così da individuare delle “famiglie” di crediti deteriorati con caratteristiche simili e LGD analoghe. Il tasso di recupero in caso di default e la relativa LGD dipendono: dal valore nominale degli importi recuperati registrati nelle scritture contabili della banca (RL), dall’esposizione al momento dell’insolvenza (EAD), da tutte le spese dirette e indirette che la banca deve sostenere per ottenere o velocizzare il processo di recupero, il fattore di sconto per il calcolo del valore attuale dei recuperi al momento del default, che per convenzione è il tasso forward a un anno, dalla durata di un processo di recupero, soltanto al termine del quale è possibile stimare con certezza la perdita registrata. La LGD, dunque, può essere interpretata come una misura del rischio di recupero, che contribuisce ad accrescere il rischio creditizio di un’esposizione e la volatilità dei tassi di recupero. L’esperienza quotidiana all’interno dei Palazzi di giustizia del nostro Paese, per quanto riguarda l’aspetto burocratico e procedurale e le sue laceranti lentezze, ci insegna che, laddove ciò fosse possibile, è sempre consigliabile impostare la strategia di recupero del credito facendo precedere, alla subordinata fase giudiziale, le procedure stragiudiziali di recupero dei crediti. Il recupero stragiudiziale del credito, consente di effettuare un iniziale tentativo diretto che può a volte condurre ad una soluzione positiva della situazione di scoperto. A tal fine, nelle imprese di dimensione medio-grandi si fa spesso ricorso ad una procedura semiautomatica di scadenzamento mediante la quale, secondo termini temporali prefissati, e decorsi periodi determinati dalla scadenza di pagamento, l’ufficio commerciale predispone l’invio di solleciti di pagamento con contenuto via via più pressante. A questo punto in caso di persistente inadempimento da parte del debitore, ogni imprenditore è libero di impostare la propria strategia di recupero, a seconda della propria “tolleranza” in termini di tempo, entità dello scoperto e dei propri rapporti con il debitore. Il creditore, potrebbe preferire, a questo punto, prima di passare il credito in contenzioso, sollecitare il debitore mediante visite da parte di ispettori o incaricati, o addirittura preferire di affidare la 12 gestione diretta del credito a società di recupero specializzate. Esse possano favorire il recupero del credito grazie a: i) la velocità di intervento e coordinamento logico della sequenza dei tentativi di recupero credito per stimolare il debitore a valutare concretamente la definizione della pendenza; ii) l’impiego di personale qualificato dotato di un0adeguata conoscenza in materia giuridica e contabile allo scopo di annullare eventuali tentativi promossi dal debitore per sottrarsi all’adempimento delle proprie obbligazioni; iii) utilizzo di una struttura investigativa propria per il reperimento di notizie a carico del debitore. Quando il debitore non è in grado di pagare il dovuto e il creditore non accetta di rinunciare a parte del credito, il debitore spesso offre soluzioni alternative: pagamenti anomali, quali la restituzione della merce, permute, o con transazione. Il creditore, tuttavia, prima di accettare decurtazioni, tenta di ottenere delle garanzie personali dal debitore o da terzi: naturalmente quando la situazione è compromessa risulta improbabile che terzi solventi si assumano obbligazioni di debitori. Al termine della fase stragiudiziale, e dopo aver inviato inutilmente gli avvisi, i solleciti e le intimazioni, il creditore insoddisfatto può avviare atti conservativi o cautelari – anche indiretti – prima di dar corso alle azioni di recupero vero e proprio. La legge, a questo punto, se ne esistono i requisiti, soccorre il creditore offrendogli dei mezzi cautelari, quali il sequestro conservativo, l’azione surrogatoria, l’azione revocatoria ordinaria, il ricordo d’urgenza al pretore. Se tutti questi espedienti non portano ad alcuna soluzione, ha inizio la vera e propria fase giudiziale che consiste nell’intimazione di pagamento al debitore, nella successiva fase di accertamento del credito e condanna del debitore, con ricorso per decreto ingiuntivo quando il creditore dà prova scritta del suo diritto sul credito e infine nella fase esecutiva, la quale ha inizio con il pignoramento e termina, in caso di mancato pagamento, con la vendita forzata dei beni pignorati. Quando l’opera “attiva” del recupero è esaurita con lo stato di insolvenza del debitore, si apre la fase concorsuale. La tipica e più ricorrente procedura concorsuale è il fallimento dichiarato con sentenza dopo breve e sommaria istruttoria. Dopo la sentenza dichiarativa, il debitore per tentare di diminuire gli effetti negativi del fallimento, può proporre il concordato fallimentare e cioè presentare domanda al giudice delegato al fine di proporre ai creditori un concordato. Se questa richiesta viene accettata dalla maggioranza dei creditori, e quindi omologata dal tribunale, diviene il mezzo di realizzo del credito inserito nel fallimento. La sentenza dichiarativa di fallimento può essere evitata se il debitore tenta di ripagare il debito attraverso altri istituti: la cessione dei beni ai creditori, il concordato stragiudiziale – 13 e cioè tutti gli accordi transattivi mediante i quali i creditori accettano dal debitore a saldo e stralcio una percentuale del loro avere, non singolarmente ma nell’insieme di tutta la situazione debitoria –, ed infine il concordato preventivo. La procedura del concordato preventivo può essere semplificata da accordi di ristrutturazione tra le parti: il debitore può proporre ai creditori, un accordo sulla base di un piano che assicuri il regolare pagamento dei creditori e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei redditi futuri o sottoscrizione della proposta da terzo che consentano il conferimento – anche in garanzia – di redditi o beni sufficienti per l’attuabilità dell’accordo. In linea di principio e semplificando, le soluzioni gestionali alle quali una banca può ricorrere sono: - il mantenimento in portafoglio del credito deteriorato, che a sua volta può prevedere: i) la gestione dello stesso da parte della stessa banca; ii) la gestione da parte di una società specializzata (società di servicing); - la cessione del credito con contestuale cancellazione dal bilancio. Ciascuna soluzione presenta caratteristiche diverse che comportano effetti diversi in termini di onerosità/rendimento e di rischio residuo per la banca. Confrontando le soluzioni che prevedono il mantenimento dei crediti deteriorati nel portafoglio bancario è evidente come l’affidamento a terzi consenta alla banca di beneficiare di una serie di vantaggi quali: a) una riduzione dei costi operativi di gestione, attraverso la trasformazione dei costi fissi in costi variabili, che vengono rapportati agli incassi sulle posizioni affidate (al netto o al lordo delle spese sostenute); b) liberare capacità produttiva, dal momento che la forte crescita del credito deteriorato non ha portato ad una pari crescita delle strutture di gestione interne con conseguente sovraccarico per i gestori della banca; c) accesso alle best practice locali in tema di recupero, con conseguente miglioramento delle performance. D’altro canto, la gestione esterna delle pratiche può consentire migliori risultati, grazie ad un maggior grado di specializzazione dei gestori con riferimento alle diverse categorie di credito, attraverso l’affidamento a più operatori di singoli pacchetti di crediti, così da beneficiare della maggiore specializzazione di ciascun servicer. D’altro canto però l’affidamento di pacchetti di posizioni deteriorate a terzi richiede di dotarsi di strumenti di monitoraggio e di competenze gestionali non tipici delle strutture bancarie solitamente preposte a presidio di tali crediti, e di creare un giusto contesto competitivo tra gli operatori, e di definire Key Performance Indicators (KPI) di riferimento – ad esempio, 14 le percentuali di recupero target, importi delle spese legali, ecc. – da rispettare lungo tutta la durata dell’affidamento. La gestione interna invece porta con sé i seguenti benefici: - la possibilità di definire e perseguire una strategia di recupero autonoma e in linea con le direttive sul credito che la banca si è data; - poter tracciare la capacità di recupero sui singoli segmenti di portafoglio così da costruire adeguate statistiche ai fini di risk management. Per contro, la gestione interna presenta alcune problematiche che devono essere opportunamente affrontate e gestite, quali la gestione dei legali esterni, delle pratiche, il monitoraggio, la definizione di linee guida che i gestori devono seguire con riferimento alle strategie di recupero stragiudiziale oltre che legale con chiara indicazione delle modalità con cui perseguire il tentativo di recupero stragiudiziale, oltre ad un sistema di incentivi ai gestori per allinearne la retribuzione ai risultati ottenuti. La cessione di crediti deteriorati, invece, consente alla banca di conseguire due tipologie di benefici: migliorare l’efficienza e l’efficacia dei processi gestionali, ottenere una maggiore redditività e patrimonializzazione, poiché con l’eliminazione dal bilancio delle poste cui sono associate elevate ponderazioni per la determinazione dei requisiti minimi di patrimonio e data la disponibilità di nuove risorse liquide, è possibile concedere nuovi prestiti che, a differenza di quelli deteriorati e ceduti, producono flussi di ricavi da interessi. Inoltre la minor rischiosità della banca può comportare benefici anche in termini di rating e sulla valutazione delle azioni. A fronte di questi benefici, la cessione può generare anche alcuni oneri e svantaggi. Tra questi il principale è dato dalla possibilità che esista una divergenza tra il valore netto cui i prestiti sono iscritti in bilancio e il loro valore di mercato, ossia il prezzo cui gli investitori sono disposti ad acquistare questi attivi. L’eventuale minusvalenza rilevata in fase di cessione incide per il suo intero importo sul conto economico dell’anno in cui avviene la cessione e causa una perdita di conto economico che a sua volta riduce il patrimonio della banca. È evidente, tuttavia, che l’entità dei benefici e degli eventuali oneri associati alla cessione di crediti deteriorati dipende sia dalla situazione di ciascuna banca in termini di liquidità e di patrimonializzazione, sia dalla gravità del deterioramento del credito. Con riferimento al primo aspetto la situazione del sistema bancario italiano appare piuttosto variegata: accanto a banche che hanno effettuato negli scorsi anni pesanti svalutazioni, avvicinando i valori di libro a quelli di mercato, esistono banche per le quali il rapporto tra le 15 rettifiche effettuate e l’aggregato delle poste deteriorate è ancora piuttosto limitato e altrettanto bassi risultano i coefficienti patrimoniali. Per le banche di questa seconda tipologia, gli ostacoli alla cessione delle sofferenze appaiono maggiori. I prestiti che hanno maggiori probabilità di essere oggetto di cessione sono quelli caratterizzati da un maggiore coverage rate, e cioè da un fondo rettifiche adeguato e tale da ridurre il possibile divario tra valore di bilancio e prezzo di cessione/acquisto e tra quest’ultimo e il valore di recupero. 2.1.Uno studio sulle determinanti del tasso di recupero: implicazioni per la valutazione e la gestione dei crediti in sofferenza Il recupero atteso da un portafoglio di Non Performing Loans, dovrebbe rifletterne le caratteristiche oggettive e soggettive: un recovery rate “statico” non cattura le opzionalità insite nell’attività di recupero. L’obiettivo dell’analisi di regressione effettuata, dunque, è stimare un modello di gestione che ci consenta di trovare la sequenza di decisioni sulla modalità di recupero, contingenti alle informazioni che via via si rivelano in merito alle possibilità di recupero, per cui risulti massimizzata la percentuale di recovery rate (rr). Il modello viene stimato attraverso l’utilizzo del software STATA, sulla base di un database reale composto da 195 posizioni creditizie, ciascuna rilevata mensilmente in un intervallo temporale compreso tra giugno 2015 e aprile 2016, durante il quale è stata incassata una porzione dell’esposizione, ricavando una certa percentuale di recupero (recovery rate, RR). La regressione del tasso di recupero sulle variabili binarie e sulla variabile tempo, stimata con gli OLS, dà: π π = 0.488 − 0.045 πππππ‘βπ + 0.199 β π·π ππ.πΊπππππ‘π + 0.404 β π·π ππ.πππππππ’ππ + 0.144 β π·πΊπππππ§ππππππ πππππ + 0.052 β π·πΊπππππ§ππ ππππ − 0.022 β π·πΆπππππππ‘π − 0.096 β π·ππ’π&πΌπ πππ + 0.144 β π·ππΈ − 0.001 β π·ππ + 0.050 β π·50πΎ<πΊπ΅π<400πΎ + 0.1023 β π·400πΎ<πΊπ΅π<1500πΎ + 0.354 β π·πΊπ΅π>1.500πΎ − 0.085 β π·πππππππππ‘ππ 16 Tabella 1: Risultati dell’analisi di regressione sul tasso di recupero Recovery Rate Parameters t-Statistics Variables 0.48884*** -0.045796*** 0.199420*** 0.404695*** 0.144773*** 0.052757** -0.022057 -0.096999*** 0.144949* -0.001642 0.050594 0.102346 0.354197** -0.085915* 0.464 13.92 195 Intercept TIME (Months) RECOVERY FROM COLLATERAL RECOVERY FROM EXECUTIVE PROCEDURE PERSONAL GUARANTEE COLLATERAL CORPORATE BORROWERS SOUTH AND ISLANDS NORTHEAST NORTHWEST €50.000 < GBV < €400.000 €400.000 < GBV < €1.500.000 GBV > €1.500.000 NON SELECTED Adjusted π 2 F – Statistics Number of observations 5.47 -2.95 3.69 7.62 5.05 1.66 -0.76 -3.05 1.83 -0.06 1.15 1.16 2.36 -1.64 La bontà del modello è spiegata dal valore dell’ π 2 pari a 0,46. Il modello suggerisce che il maggior recupero è atteso su crediti concessi a individual borrowers del Nord Est dell’Italia, il cui credito è >1.500.000€ e assistito da garanzie. Si tratta di posizioni per i quali sono previsti recuperi non lontani nel tempo e soggette all’analisi in due diligence. La modalità di recupero ottimale prevede l’avvio di procedure esecutive, siano esse giudiziali o stragiudiziali. Il test di significatività congiunto su queste variabili è ragionevolmente statisticamente significativo. Tenendo presente che il modello di regressione è stato stimato a partire da un database reale e di recente analisi, i risultati potrebbero essere non perfettamente coerenti con quelli derivanti da altri portafogli o dalle teorie economiche, ed eventualmente leggermente distorti. Ciascun modello, infatti, differisce dagli altri, poichè stimato sulla base di informazioni proprie sul debitore e sui crediti deteriorati. 3. Valutazione empirica di un portafoglio di NPLs Dal momento che le banche affrontano un contesto piuttosto difficile sia nella gestione interna dei crediti a sofferenza sia nella capacità di dismissione dei portafogli NPLs, il mercato tende a affidare il processo di recupero dei crediti a società specializzate, con competenze e 17 capacità sempre più manageriali, munite di strumenti d’avanguardia, di competenze settoriali consolidate e personale specializzato al fine di minimizzare i costi e i tempi di recupero del capitale e massimizzare i ritorni economici. Il portafoglio oggetto di valutazione è il risultato di una cessione di crediti pecuniari individuabili in blocco, comprensivi di capitale, interessi – anche di mora – commissioni, penali, e altri accessori e diritti connessi, derivanti da finanziamenti in varie forme tecniche. Il processo di boarding, che rappresenta il primo momento della gestione, si sviluppa in un arco temporale che – a seconda delle dimensioni del portafoglio e della tipologia di crediti – può variare dai 30 ai 120 giorni. Con il processo di due diligence, da un lato si procede a verificare la titolarità del credito in esame, l’ammontare del Gross Book Value, e le attività esercitate sull’immobile posto a garanzia, al fine di accertare l’assenza di elementi “anomali” che potrebbero ostacolarne il recupero, oltre che quantificare l’effettivo ammontare del credito, dall’altro vengono analizzati gli aspetti legali, urbanistici, catastali, edilizi ed impiantistici, amministrativi e tributari del bene, un’attività multidisciplinare che necessita di risorse sia legali sia di formazione economico finanziaria: l’analisi sull’immobile è fondamentale per “replicare” il percorso che ogni attento e prudente potenziale acquirente dovrebbe fare prima di effettuare un’offerta. Il portafoglio in esame è composto da 184 posizioni creditizie, per un Gross Book Value (GBV) complessivo pari ad € 242.875.165, acquistato ad un prezzo pari ad €60.000.000. Esso è piuttosto diversificato: comprende tutte le regioni e settori economici del paese, e dunque vi è una sorta di compensazione tra gli esiti delle varie pratiche e gli eventi estremi hanno un elevato peso in termini di probabilità. I valori ottenuti nel presente lavoro sono calcolati empiricamente e dipendono dalla scelta e dall’applicazione di formule, dati, ipotesi e fonti informative. Trattandosi di previsioni, la probabilità di un’errata valutazione potrebbe essere consistente. Per ovviare a questo problema, la valutazione del portafoglio avviene sulla base di due scenari: - Scenario base: si tratta di un’analisi conservativa, che potrebbe verificarsi nel caso in cui sopraggiungano delle difficoltà di gestione, siano esse interne alla società di recupero, o esterne ad essa. Per queste ragioni, nello scenario base, si prevedono recuperi inferiori in periodi di tempo più lunghi: d’altro canto la probabilità che le previsioni siano corrette e realizzabili è più consistente e reale e dunque i rischi sono più contenuti. 18 - Scenario ottimistico (Best): le previsioni di recupero stimate sono certamente più convenienti, sia in termini di ammontare che di tempistica, ma con un margine di errore più elevato. I costi derivanti dal processo di recupero sono estremamente contenuti rispetto ai vantaggi che derivano all'azienda, considerato che incidono esclusivamente sull'importo recuperato delle pratiche andate a buon fine. Essi sono articolati in: commissioni fisse per pratica, stabilite in funzione del numero delle posizioni da gestire e del livello di informatizzazione dei flussi (commercial information fees e legal expenses) e commissioni variabili, in funzione dell'incasso conseguito per singola posizione, parametrate a volumi di lavoro, tipologia del credito, anzianità della criticità (Servicing Fees, che a loro volta includono Real Estate Fees ed Administrative Corporate & Cash Management Fees). Per individuare il flusso di cassa atteso per singola posizione ad oggi, occorre procedere con l’attualizzazione del valore lordo di recupero ad un certo tasso di riferimento. Il tasso di attualizzazione applicato al portafoglio nello scenario base è pari al 6,5% (in un’ottica conservativa), contro il 5% applicato nello scenario best, che corrisponde al WACC Mondiale stimato nel 2016 per il Settore “Investments & Asset Management”. Inoltre nel modello si assume un default rate pari al 5%, stabilito sempre in un’ottica conservativa. Il modello di valutazione del portafoglio, stimato sulla base delle assunzioni di cui sopra, riporta i seguenti risultati: Tabella 2: aspettative di recupero nello scenario base e in quello Ottimistico risultate dall’analisi del portafoglio Average Time Gross Recovery Default Commercial Information Fees Servicing fees Net Recovery NPV Recovery Rate (%) Delta vs Price Loss Given Default Last Re-Forecast Scenario Ottimistico 1.66 145.175.132 7.258.757 11.252.398 10.320.729 116.343.247 107.289.342 44.17% 56.343.247 55.83% Scenario Base 2.31 136.328.812 6.816.441 10.591.645 9.654.345 109.266.381 94.455.169 38.89% 49.266.381 61.11% Dall’analisi di portafoglio è previsto nello scenario best un recupero pari al 44,17% del Net Present Value in un arco temporale di un anno e mezzo, e pari al 38,89% in poco più di due 19 anni nello scenario base. Nello scenario conservativo i costi impattano in misura poco superiore rispetto allo scenario ottimistico. La variazione anche solo di una delle assunzioni di cui sopra, può modificare in maniera significativa i risultati ottenuti. Da un’analisi di sensitività infatti, risulta negativa la relazione tra recovery rate e timing, sia nello scenario base che in quello ottimistico: impiegare anche solo un semestre in più ai fini del recupero implica una riduzione del recupero di alcuni punti percentuali. Allo stesso modo all’aumentare del tasso di default e del discounted rate, il recupero netto è inferiore. Tuttavia anche con un discounted rate e un default rate del 7%, il portafoglio consente di recuperare quanto meno il prezzo pagato e di ottenere un surplus di cassa di circa €10.000. Tuttavia è necessario incrementare la percentuale di incasso trimestrale affinché le previsioni siano rispettate. Considerando un arco temporale di 5 anni, ed un range per il tasso di attualizzazione che va dal 4% al 6,5% nello scenario best e da 5% a 7% nello scenario base, il valore attuale dei flussi di cassa ha un andamento decrescente all’aumentare del tasso di sconto e della durata del processo di recupero: il maggior recupero è previsto entro 6 mesi ad un tasso del 4% nello scenario best e del 5% in quello base. Se invece manteniamo costante il tasso di attualizzazione del 5% e del 6,5%, impiegare anche solo un semestre in più diventa rilevante: il recupero può aumentare o diminuire in media del 2/3%. Impiegare tre anni piuttosto che due nel recupero delle posizioni, vale a dire rinunciare a circa € 5.000.000. Allo stesso modo, il Net Present Value dei flussi di recupero attesi decresce all’aumentare del default rate e del discounted rate. Mantenendo costante il tasso di attualizzazione (il default rate) i flussi di recupero stimati aumentano al decrescere del default rate (del tasso di attualizzazione) poiché diminuisce la percentuale di perdita in caso di inadempienza del debitore. Tabella 3: Analisi di sensitività nello Scenario Ottimistico Timing Scenario Ottimistico Discounted rate 107.289.342 4.00% 4.50% 5.00% 5.50% 6.00% 6.50% 0.6 113.637.371 113.310.826 112.986.772 112.665.178 112.346.012 112.029.247 1.0 111.868.507 111.333.251 110.803.093 110.277.960 109.757.780 109.242.486 1.7 109.007.783 108.143.094 107.289.342 106.446.338 105.613.897 104.791.837 2.0 107.565.872 106.538.996 105.526.755 104.528.872 103.545.076 102.575.104 2.6 105.064.137 103.762.118 102.482.333 101.224.301 99.987.551 98.771.625 3.0 103.428.723 101.951.192 100.501.671 99.079.499 97.684.034 96.314.652 3.6 101.023.209 99.293.892 97.602.222 95.947.205 94.327.878 92.743.310 4.0 99.450.695 97.560.950 95.715.877 93.914.217 92.154.749 90.436.293 4.6 97.137.701 95.018.079 92.954.497 90.945.218 88.988.564 87.082.920 5.0 95.625.669 93.359.761 91.157.979 89.018.215 86.938.442 84.916.707 20 Default rate Scenario Ottimistico Discounted rate 107.289.342 4.00% 4.50% 5.00% 5.50% 6.00% 6.50% 0.0% 115.808.873 114.890.235 113.983.217 113.087.618 112.203.240 111.329.891 1.0% 114.448.655 113.540.807 112.644.442 111.759.362 110.885.371 110.022.281 2.0% 113.088.437 112.191.379 110.431.106 109.567.503 108.714.670 3,0% 111.728.219 110.841.950 109.966.892 109.102.850 108.249.634 107.407.059 4,0% 110.368.001 109.492.522 108.628.117 107.774.594 106.931.765 106.099.448 5.0% 109.007.783 108.143.094 107.289.342 106.446.338 105.613.897 104.791.837 6.0% 107.647.565 106.793.665 105.950.567 105.118.082 104.296.028 103.484.226 7.0% 106.287.347 105.444.237 104.611.791 103.789.826 102.978.160 102.176.616 Tabella 4: Analisi di sensitività nello Scenario Base Default rate Timing Scenario Base Discounted rate 94.455.169 0.6 4.50% 106.418.415 5.00% 106.114.072 5.50% 105.812.039 6.00% 105.512.288 6.50% 105.214.791 7.00% 104.919.520 1.0 104.561.130 104.063.220 103.570.030 103.081.492 102.597.541 102.118.113 1.6 101.835.804 101.061.021 100.295.772 99.539.894 98.793.231 98.055.626 2.0 100.058.498 99.107.829 98.170.644 97.246.690 96.335.719 95.437.489 2.3 98.689.227 97.605.612 96.538.959 95.488.923 94.455.169 93.437.370 3.0 95.749.759 94.388.408 93.052.743 91.742.161 90.456.075 89.193.915 3.6 93.254.096 91.665.325 90.110.979 88.590.152 87.101.969 85.645.581 4.0 91.626.564 89.893.722 88.201.652 86.549.208 84.935.281 83.358.799 4.6 89.238.369 87.300.310 85.413.250 83.575.615 81.785.886 80.042.599 5.0 87.680.922 85.613.069 83.603.462 81.650.196 79.751.438 77.905.420 Scenario Base 94.455.169 0.0% 4.50% 104.845.826 5.00% 103.694.611 Discounted rate 5.50% 102.561.416 6.00% 101.445.875 6.50% 100.347.631 7.00% 99.266.338 1.0% 103.614.506 102.476.811 101.356.924 100.254.484 99.169.139 98.100.545 2.0% 102.383.187 101.259.012 100.152.433 99.063.094 97.990.646 96.934.751 3.0% 101.151.867 100.041.212 98.947.942 97.871.703 96.812.154 95.768.957 4.0% 99.920.547 98.823.412 97.743.450 96.680.313 95.633.661 94.603.164 5.0% 98.689.227 97.605.612 96.538.959 95.488.923 94.455.169 93.437.370 6.0% 97.457.908 96.387.813 95.334.467 94.297.532 93.276.676 92.271.576 7.0% 96.226.588 95.170.013 94.129.976 93.106.142 92.098.184 91.105.782 L’analisi di portafoglio ci consente di trarre alcune conclusioni legate alla risoluzione del problema dei NPLs. In primis a differenza di tutte le altre attività finanziarie i Non Performing Loans non hanno cash flow propri: essi coincidono con il credito recuperato, il cui valore è più difficile da valutare ed avviene con una tempistica previsionale, e dunque incerta. La valutazione di ogni singolo portafoglio richiede dunque la gestione di tutti i flussi di operazioni successive all’erogazione: dal pagamento del prezzo e delle somme dovute, alla gestione degli incassi. 21