Nel 1687 Sir Isaac Newton pubblicò Philosophiae Naturalis

IL CAPOLAVORO - LA LEGGE DI GRAVITAZIONE UNIVERSALE
g. bonomi - fisica sperimentale (mecc., elettrom.)
Nel 1687 Sir Isaac Newton
pubblicò Philosophiae Naturalis Principia Mathematica
In questo famoso lavoro troviamo una
geniale sintesi dei concetti di moto e forza
Sebbene alcuni aspetti della fisica newtoniana sono stati rivisti nel secolo scorso, i principi
di Newton sono ancora la base di moltissime applicazioni scientifiche e tecnologiche.
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Prerequisiti per Newton
Ci sono due linee di ricerca che hanno indirizzato e messo le basi per sforzi di Newton
1) il primo basato sui moti qui sulla terra
2) e il secondo basato sui moti dei corpi celesti
La prima linea è associata al nome di Galileo Galilei (1564-1642)
La seconda linea è associata a Nicolas Copernicus (1473-1543), Tycho Brahe (1546-1601) e
Johannes Kepler (1571-1630)
Il moto sulla terra
Prima di Galileo, il concetto di impeto dominava l’idea del moto.
!
- Si credeva che lanciando un corpo lo si dotasse di un certo “impeto” (potremmo dire una certa
“quantità di moto”) e che il corpo spendesse questo “impeto” durante il suo moto. Una volta esaurito, il corpo
si sarebbe fermato.
!
- Per quanto riguarda la caduta dei gravi, da Aristotele (384-322 B.C.) in poi si assumeva che un
oggetto pesante cadesse più velocemente di un corpo leggero.
Dall’esperienza di tutti i giorni, queste due “credenze” sembrano non essere del tutto irragionevoli.
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Galileo
Fu Galileo che mise in evidenza la falsità di queste credenze gettando in questo modo uno dei
pilastri sui quali fonda il lavoro di Newton.
Galileo, sulla base dei suoi studi, formulò le seguenti leggi:
1) La legge dell’inerzia:
un corpo lasciato a se stesso, senza l’influenza di altri corpi, continua nel
suo stato di quiete (se fermo) o nel suo stato di moto rettilineo uniforme
2) Le leggi della caduta libera
a) tutti i gravi in caduta libera, se inizialmente fermi, cadono della stessa distanza
in tempi uguali;
b) la distanza S percorsa durante la caduta è proporzionale al quadrato del tempo di caduta:
S = 1/2 gt2 dove g è una costante (g è l’accelerazione). Secondo Galileo la costante di
accelerazione g è indipendente dalla natura o dalla composizione dell’oggetto in caduta.
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Galileo
Cosa c’era di così rivoluzionario nella maniera di pensare di Galileo?
Perché il suo lavoro è oggi considerato come l’inizio della scienza moderna?
Ci sono due aspetti fondamentali che separano il lavoro di Galileo dai precedenti tentativi di
formulare delle leggi del moto.
Innanzitutto c’è l’uso sistematico di “esperimenti” per decidere cosa è vero e cosa è falso. Prima di
Galileo, ed in particolare nella tradizione greca, c’era la convinzione che le leggi della natura potessero
essere ottenute da pura speculazione. Galileo mostrò che gli esperimenti sono di fondamentale
importanza per la comprensione delle leggi di natura.
L’altra caratteristica rivoluzionaria del lavoro di Galileo fu che egli fece un coraggioso salto per estrapolare
la situazione “pura” o “idealizzata” del moto, sistematicamente ignorando quelle caratteristiche del
moto che necessitavano un’analisi separata. Galileo sostanzialmente intuì e poi dimostrò che l’attrito
(dovuto alle interazioni con l’ambiente) non era una caratteristica fondamentale del moto. In altre parole,
durante il moto (in assenza di attrito) un corpo non perde nessun “impeto”.
Studiando corpi in caduta per piccole distanze e moderate velocità Galileo poté trascurare la resistenza
dell’aria e capì che corpi diversi cadono nello stesso modo.
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Copernico
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Il moto dei corpi celesti
Le basi dell’altra linea di pensiero che hanno portato al lavoro di Newton furono posate anche prima della
nascita di Galileo dall’astronomo polacco Copernicus.
!
Nel suo grande lavoro De Revolutionibus Orbium Coelestium (1543) egli rimpiazzò un modello
geocentrico con uno eliocentrico.
L’idea di un sistema eliocentrico (con il sole al centro dell’universo) non era nuova.
Era stata precedentemente introdotta nell’antichità, ma era stata soppiantata dall’insegnamento
di Tolomeo, che rimase dominante sino ai tempi di Copernico.
Nel sistema tolemaico la terra è il centro dell’universo. È ferma mentre la sfera celeste gira ogni 24
ore attorno all’asse che interseca la sfera celeste vicino alla Stella Polare.
!
Questo modello può spiegare parecchi aspetti del moto apparente del sole, della luna e dei pianeti. Con
modelli complicati di moti circolari uniformi in cui cerchi si muovono sopra altri cerchi in movimento (i
cosiddetti epicicli) si potevano predire quantitativamente molte caratteristiche del moto dei corpi celesti.
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Il sistema eliocentrico
Copernico rimosse la Terra dalla sua posizione centrale nell’universo.
Nel sistema di Copernico, è il sole il centro dell’universo. I pianeti si muovono lungo
circonferenze attorno al sole. I piani orbitali hanno posizioni relativamente diverse tra di loro.
Uno dei pianeti è la terra che ruota attorno al proprio asse ogni 24 ore e compie un giro completo
attorno al sole in un anno. La luna si muove su una circonferenza attorno alla terra. Le stelle sono altri
soli e sono considerati fermi nell’universo.
Dal punto di vista formale (matematico) probabilmente Copernico non ottenne nessun
particolare vantaggio dal nuovo sistema, ma sicuramente diede una scossa fondamentale alla
credenza in una terra immobile.
Potremmo dire che Copernico diede una descrizione solo qualitativa dei moti nel sistema solare.
Oggi sappiamo che il sistema eliocentrico è tanto errato quanto quello che mette la terra al centro.
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Tycho Brahe
Mentre le speculazioni sui modelli del sistema solare continuavano, l’astronomo Tycho Brahe
scelse un cammino diverso, strettamente legato a quello di Galileo.
Brahe era dell’opinione che il conflitto dovesse essere risolto non da considerazioni filosofiche, ma
attraverso accurate osservazioni e un insieme di misure sperimentali che formassero la base
da cui procedere.
A tal fine disegnò e costruì egli stesso gli strumenti necessari. Nel corso di 20 anni, dal suo
osservatorio sull’isola di Hven misurò la posizione di pianeti e stelle con una precisione di circa un arco
di minuto (1/60 di grado).
Dopo una controversia con il re danese, Brahe si trasferì a Praga come “Matematico Imperiale”. Qui
lavorò brevemente con il giovane Johannes Kepler. Si incontrarono al volgere del secolo, e quando
Brahe morì circa due anni dopo, Keplero ereditò tutto l’insieme delle osservazioni lasciate da Brahe
e ... dimostrò di esserne degno.
La confidenza che Keplero aveva nella precisione delle misure di Brahe si dimostrò un
elemento decisivo.
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Keplero
Keplero partì dal sistema eliocentrico di Copernico e decise di trovare l’equzione dell’orbita del
pianeta Marte dalle misure di Brahe.
Keplero assunse un’orbita circolare, ma piano a piano realizzò che doveva passare ad un’orbita
eccentrica lungo la quale i pianeti si muovevano in una maniera irregolare. Nella sua opera principale
Astronomica Nova (1609) c’è un passo in cui Keplero spiega come la teoria delle orbite circolari dia un
accordo ragionevole con le osservazioni di Brahe. E poi improvvisamente (senza transizioni) afferma “Chi
avrebbe potuto immaginarlo? Questa ipotesi che è in buon accordo con le osservazioni è
tuttavia errata”.
Quello che era accaduto era che Keplero, considerando le più accurate misure di Brahe, aveva incontrato
una discrepanza di 8 minuti d’arco (circa un decimo di grado) tra l’orbita prevista e quella misurata. È
proprio qui che Keplero dimostrò tutto il suo valore.
Egli scrisse: “Su questi 8 minuti d’arco io costruirò un mondo”.
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Keplero
Ma noi, che per grazia divina abbiamo ottenuto un acuto osservatore come
Tycho Brahe, noi dobbiamo solo apprezzare questo divino dono e farlo
fruttare ...
!
Da questo punto in poi seguirò le mie sole idee per il raggiungimento
dell’obiettivo. Perché se avessi pensato di poter ignorare quegli 8
minuti d’arco, avrei dovuto mettere delle toppe alle mie ipotesi.
!
Ma dal momento che non si possono ignorare, questi 8 minuti d’arco
mostrano la via per una completa riforma dell’astronomia; sono i mattoni
su cui ho costruito una larga parte di questo lavoro.
Come in Galileo, anche in Keplero ritroviamo il ruolo centrale dell’esperimento e la consapevolezza
che i fatti devono guidare le nostre considerazioni nell’interpretazione della natura.
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Keplero
Vediamo qui una delle più alte cime della Scienza. Guidato da un intuito quasi infallibile, Keplero percorrendo
strade tortuose e dopo aver rigettato l’idea di orbite circolari, formulò le sue tre famose leggi del moto
planetario:
1) L’orbita di un pianeta relativamente al sole giace in un piano fisso che contiene il sole. Ogni
pianeta si muove attorno al sole lungo un’orbita ellittica di cui il sole occupa uno dei due fuochi
2) Il raggio vettore che collega il sole al pianeta spazza aree uguali in tempi uguali.
3) Il quadrato del periodo di rivoluzione di un pianeta è proporzionale alla terza potenza
del semiasse maggiore dell’ellisse. Se, quindi, T denota il periodo di rivoluzione e a il
semiasse maggiore
!
1 3
2
T = a oppure
C
!
dove C ha lo stesso valore per tutti i pianeti
a3
=C
2
T
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Keplero
Keplero trovò la sua terza legge nel 1618 e la pubblicò in Harmonicus Mundi (1619).
Nel breve intervallo tra il 1601 e il 1618 era stato fatto un incredibile salto in avanti.
In queste tre eleganti leggi Keplero aveva riassunto l’enorme quantità di dati che Tycho Brahe gli
aveva lasciato.
Per la prima volta si aveva una descrizione cinematica quantitativa del sistema solare.
Una descrizione che ci dice precisamente come i pianeti si muovono.
!
Mancava ancora un tassello per completare il puzzle: ovvero non c’era ancora una ricerca della
causa di tale moto (ci arriverà Newton).
Keplero, conscio dell’incredibile scoperta scrisse:
Ho
lanciato
la
sfida
e
scritto
questo
libro
sia
per
i
miei
contemporanei che per i posteri. Non fa nessuna differenza per me.
Posso aspettare cento anni per un lettore quando Dio ha aspettato
6000 anni (n.b. l’età della terra) per un testimone.
Keplero non dovette aspettare molto per un attento lettore.
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Newton
Armato con l’enorme materiale empirico che era condensato nelle leggi di Keplero e Galileo, Newton
(1642-1727) riuscì a scoprire le sue famosi leggi del moto e la legge generale della gravitazione.
Per continuare questo percorso storico, diamo per scontato di conoscere le leggi del moto di Newton:
1) La legge dell’inerzia: un corpo su cui non agiscono forze continuerà nel suo stato di quiete
o di moto rettilineo uniforme
2) La legge dell’accelerazione: la massa m di un corpo moltiplicata per la sua accelerazione
è pari alla risultante delle forze agendi sul corpo:
m~a = F~
3) La legge dell’azione e della reazione: se un corpo A agisce su un corpo B con una
forza allora il corpo B agisce sul corpo A con una forza uguale in intensità, sulla stessa direzione
d’azione, ma con verso opposto.
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Newton
Newton arrivò alla formulazione della legge generale della gravitazione attraverso un'ingegnosa
analisi delle 3 leggi di Keplero ed usando le sue 3 leggi del moto. Questa analisi, e il suo risultato,
sono di enorme importanza nella storia della Scienza.
Cercheremo di riassumere i passi salienti del percorso seguito da Newton, limitandoci al caso di
orbite circolari in modo tale che le argomentazioni fisiche possano risaltare nella maniera più chiara.
Partiamo dalla seconda legge di Newton che collega la forza che agisce su un corpo con
l’accelerazione che essa determina sul corpo stesso:
m~a = F~
Newton realizzò che le 3 leggi di Keplero permettevano di calcolare l’accelerazione dei pianeti
durante il loro moto attorno al sole.
Sostanzialmente il ragionamento seguito da Newton è il seguente:
se assumiamo la validità della seconda legge e calcoliamo l’accelerazione di un pianeta mediante le leggi di
Keplero, possiamo determinare la forza che agisce sul pianeta.
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il Capolavoro
Seguiamo la sequenza passo per passo:
1) Uso della prima legge di Keplero
Dal momento che il moto circolare è un caso speciale del moto ellittico, l’assunzione di orbite circolari
con il sole al centro, non è in conflitto con la prima legge di Keplero. Incidentalmente questa assunzione dà
una “ragionevole” approssimazione delle reali orbite dei pianeti che sono quasi circolari.
2) Uso della seconda legge di Keplero
La seconda legge di Keplero (la legge delle aree) richiede che la circonferenza debba essere
percorsa con un valore costante della velocità (aree uguali in tempi uguali). Ovvero, avendo assunto moti
circolari, il moto è circolare uniforme. L’espressione analitica dell’accelerazione in un moto circolare
uniforme era stata formulata per la prima volta da Christian Huygens (1629-1695). Il risultato era che
l’accelerazione è diretta verso il centro (verso il sole) e vale:
!
!
!
2
v
a=
r
dove v è il valore costante della velocità e r il raggio dell’orbita.
una scoperta non è mai frutto solo di
genio, ispirazione e improvvisazione,
ma sempre anche di
studio, rigore e applicazione.
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v2
a=
r
3) Uso della terza legge di Keplero
Prima di poter usare la terza legge di Keplero è necessario introdurre la relazione tra la velocità, il
raggio ed il tempo di rivoluzione T. In un moto circolare uniforme vale:
2⇡r
v=
T
Usando questa espressione:
4⇡ 2 r
a=
T2
Dalla terza legge di Keplero d’altra parte sappiamo che
r3
=C
2
T
dove C è la stessa costante per tutti i pianeti. Utilizzando T2 da questa espressione, si ottiene:
4⇡ 2 C
a=
r2
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4⇡ 2 C
a=
r2
3) Uso della terza legge di Keplero
Si nota che l’accelerazione di un pianeta dipende solo dalla sua distanza dal sole, dal momento
che l’accelerazione è inversamente proporzionale al quadrato della distanza del pianeta dal sole.
La costante C non dipende dalla massa del pianeta, dal momento che è la stessa per tutti i pianeti.
Tuttavia C può sicuramente dipendere dalla massa del sole.
L’espressione dell’accelerazione è valida in ogni punto anche per una orbita ellittica (dove r è la
distanza istantanea tra pianeta e sole).
Dalle 3 leggi empiriche di Keplero, Newton era riuscito a calcolare l’accelerazione di un pianeta in
funzione della sua distanza dal sole.
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4⇡ 2 C
a=
r2
4) Uso della seconda legge di Newton
Se adesso vogliamo calcolare il valore della forza che agisce sul pianeta, basta moltiplicare
l’accelerazione per la massa del pianeta:
4⇡ 2 C
F =m
r2
La forza è attrattiva, cioè diretta verso il sole e ha un’intensità inversamente proporzionale al
quadrato della distanza dal sole.
Grazie alle leggi di Keplero e alla seconda legge di Newton è stato possibile calcolare la forza che agisce
sul pianeta.
A questo punto Newton fece un salto importante realizzando che l’accelerazione di un pianeta ha
una proprietà molto importante in comune con l’accelerazione con cui cadono i corpi nelle vicinanze
della terra (la caduta dei gravi).
Se calcoliamo l’intensità della forza gravitazionale di un oggetto di massa m vicino alla superficie della terra otteniamo:
F = mg
dove g è l’accelerazione di gravità.
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Newton notò che la forza gravitazionale F = mg è proporzionale alla massa dell’oggetto tanto
quanto la forza a cui è soggetto un pianeta nel suo moto attorno al sole.
F = mg
4⇡ 2 C
F =m 2
r
Partendo da questa osservazione Newton fece il coraggioso passo di postulare che le due
forze [la forza che attira un oggetto, per esempio (una mela) verso la terra, e la forza che tiene
un pianeta in orbita attorno al sole] hanno la stessa natura fisica.
Entrambe le forze sono espressione dell’attrazione gravitazionale. Newton collegò le leggi della
caduta dei gravi sulla terra (trovate da Galileo) e le leggi del moto dei corpi celesti (trovate da Keplero).
La prova sperimentale finale, che è la pietra fondante di ogni teoria fisica, però non c’era ancora.
Questa prova quantitativa fu di fondamentale importanza per lo sviluppo della civiltà moderna.
Newton decise di testare la sua teoria sul moto della luna.
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Prima di ripercorrere i calcoli di Newton, c’è un problema che bisogna affrontare:
possiamo usare la legge della gravità vicino alla superficie della Terra?
Ovviamente le diverse parti della terra attirano in maniera diversa (lungo direzioni diverse) un dato
corpo vicino alla superficie della terra e non è così chiaro quale possa essere la forza netta che agisce
complessivamente sul corpo.
Tuttavia nei Principia, Newton aveva dimostrato l’importante teorema per cui
la forza gravitazionale determinata da un corpo con simmetria sferica nella distribuzione della massa è
pari a quella che si avrebbe se tutta la massa del corpo fosse concentrata nel centro.
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Newton non testò la sua legge della gravità sui moti dei pianeti attorno al sole, ma sul moto della luna
attorno alla terra. La ragione era che la distanza tra la terra e la luna era stata misurata
(triangolazioni). Il corpo centrale era a questo punto la terra e la luna prendeva il posto dei pianeti.
Indichiamo con T il periodo orbitale della luna, r il raggio dell’orbita circolare della luna e con
ρ il raggio della terra.
Se la forza gravitazionale su un corpo vicino alla superficie della terra ha la stessa origine della forza
con la quale la terra agisce sulla luna, allora:
C’ ha lo stesso valore per tutti gli oggetti su cui agisce la forza gravitazionale della terra.
C’ dipende d’altra parte dalla massa della terra, come C dipendeva dalla massa del sole.
Possiamo quindi calcolare la costante C’ osservando il moto della luna. Dalla terza legge di Keplero:
3
r
C0 = 2
T
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3
r
C0 = 2
T
Inserendo la costante C’ si ottiene:
4⇡ 2 r3
g= 2 2
⇢ T
T è il mese siderale, cioè il tempo tra due posizioni consecutive della luna, quando la linea che collega la
terra alla luna ha la stessa direzione rispetto alle stelle fisse.
Da misure dirette le variabili alla destra dell’equazione erano già note ai tempi di Newton:
T = 27 giorni, 7 ore, 43 minuti
ρ = 6.37 x 106 m
r = 60.1 ρ
Inserendo i valori nella equazione dell’accelerazione si ottiene:
gcalcolato = 9.8 m s
2
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gcalcolato = 9.8 m s
2
Ciò significa che:
i) osservando la luna e analizzando il suo moto, e
ii) assumendo che la gravità è la causa comune, sia per il moto della luna attorno alla terra, che
per la caduta di una mela al suolo,
è stato possibile calcolare l’accelerazione che la gravità impone ad un oggetto vicino alla superficie della terra.
Da misure dirette d’altra parte la quantità g [per esempio da esperimenti con pendoli ed orologi] era nota:
gmisurato = 9.8 m s 2
Questo accordo tra teoria ed esperimento è, giustamente, considerato uno dei punti più alti della
storia della scienza. Si può senza dubbio affermare che queste considerazioni e queste misure
rappresentino il primo esempio di teoria fisica e la nascita del metodo scientifico!
Questo metodo ha cambiato le condizioni di vita degli uomini sul nostro pianeta. Sia dal punto di vista
spirituale che materiale le condizioni sono cambiate così rapidamente nei 3 secoli dopo Newton che è
come se sulla terra fosse nata una nuova specie.
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In realtà non andò tutto liscio al primo colpo.
La storia ci dice che quando Newton fece i primi calcoli, le misure (per esempio della distanza tra la luna
e la terra) erano errate, tanto che Newton pensò che la sua teoria non era in grado di riprodurre i dati
sperimentali e la scartò.
Qualche anno più tardi nuove misure dimostrarono che gli astronomi avevano usato un valore sbagliato
per la distanza della luna. Quando Newton ne venne a conoscenza, rifece i calcoli e trovò
l’accordo tra il valore calcolato e quello misurato.
La sua teoria era corretta: la forza che fa cadere una mela da un albero è la stessa che tiene la luna in orbita attorno alla terra!!!!!
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Ciò che rimaneva era trovale la formulazione finale della legge generale dell’attrazione
gravitazionale. È difficile asserire quando Newton ci arrivò. Di sicuro fu una combinazione di analisi
sistematiche e di geniali intuizioni.
Una possibile strada è la seguente:
sappiamo che il sole agisce su un pianeta con una forza diretta verso il sole e con una intensità pari a
4⇡ 2 C
F =m 2
r
dove C dipende dalla massa del sole.
Se una legge generale della gravitazione esiste, allora anche il pianeta deve agire sul sole con una
forza di intensità pari a
2
4⇡
c
0
F =M 2
r
dove c dipende dalla massa del
pianeta e M è la massa del sole.
Se assumiamo la validità della terza legge di Newton (azione = reazione), allora la forza F con cui il sole
agisce sul pianeta deve essere uguale (ed opposta in verso) a quella con cui il pianeta agisce sul sole.
Abbiamo quindi che:
4⇡ 2 c
4⇡ 2 C
M 2 =m 2
r
r
ovvero
C
c
=
M
m
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Definiamo ora una nuova costante G legata ai valori comuni di C/M e c/m, ovvero:
C
c
G
=
=
M
m
4⇡ 2
dalla quale ricaviamo:
4⇡ 2 C = GM,
4⇡ 2 c = Gm
Se inseriamo tali valori nell’espressione delle forze (F e F’), la legge dell’attrazione delle masse
di Newton assume la seguente formulazione simmetrica finale:
mM
F =G 2
r
dove G è una costante universale (che vale ovunque e sempre). Il valore numerico di G dipende solo
dalla scelta delle unità di misura. Ad oggi G assume il seguente valore:
G = 6.668 ⇥ 10
11
Nm2 kg
2
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mM
F =G 2
r
Newton generalizzò il risultato (ottenuto per il caso sole-pianeti) nel seguente modo:
due corpi arbitrari si attraggono a vicenda con una forza proporzionale alla massa di ognuno dei
due corpi e inversamente proporzionali al quadrato della distanza tra i corpi. La costante di
proporzionalità è la costante universale G.
Per oltre duecento anni questa generalizzazione ha resistito innumerevoli test.
La sua area di validità è tuttora enorme.
È la gravità che determina la caduta di una mela al suolo, che guida la luna nella sua orbita
attorno alla terra, e la terra e i pianeti nello loro orbite attorno al sole. La gravità determina il moto
delle stelle nelle galassie, e ogni galassia agisce con una force gravitazionale sulle altre galassie.
e tutti questi fenomeni sono descritti da una semplice ed unica formula:
mM
F =G 2
r
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mM
F =G 2
r
È in questa forma generale [per cui ogni oggetto nell’universo attira a se ogni altro oggetto
presente nell’universo] che la legge della gravitazione di Newton ha rappresentato un enorme salto
in avanti. Nella sua semplice formulazione è derivata dalle leggi di Keplero e rappresenta un metodo
sintetico e preciso (e sorprendentemente semplice) di sintetizzarle.
La legge della gravitazione universale di Newton è stata modificata all’inizio del XX secolo
dalla teoria della relatività generale di Einstein (per oggetti che si muovono a velocità prossime a
quelle della luce)
Newton scoprì le sue leggi attraverso una combinazione di intuito e di analisi sistematiche di fatti
osservati. Questi fatti erano elegantemente e precisamente espressi dalle leggi di Galileo e di Keplero.
E il tutto, sia per quanto riguarda Galileo che Keplero (attraverso le misure di Tycho Brahe) era partito da
una attenta osservazione e MISURAZIONE dei fenomeni naturali
Questa storia in estrema (ma completa) sintesi rappresenta la Scienza in generale e la Fisica in particolare