Sport e pubblicità la storia di Publilancio

annuncio pubblicitario
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Il commercio “racconta” Milano
Iniziativa realizzata in collaborazione con il Centro per la cultura d’impresa
Sport e pubblicità
la storia di Publilancio
R
ipercorrere la storia della Publilancio equivale, in larga parte, a
rivisitare la storia di un particolare segmento del settore pubblicitario, quello della cartellonistica legata agli impianti sportivi. La
storia dell’azienda è infatti intrinsecamente collegata alle vicende di
questo settore commerciale nel quale Publilancio opera da quasi settant’anni: da quando nel 1935 Dario Russo, ragioniere presso uno studio di commercialisti milanesi, la fondò con l’intento di commercializzare
gli spazi disponibili presso le strutture sportive, inizialmente per pubblicità di tipo stradale e poi, come vedremo, per il pubblico degli impianti
stessi.
Nonostante la data di costituzione della società sia formalmente il 1935,
bisogna forse far risalire gli inizi di questa attività a qualche anno addietro; come ci raccontano i figli dello stesso Dario, Micaela e Raffaello, è
forse necessario partire dall’ingloriosa fine di un’altra intrapresa che
tanta parte ebbe nell’immaginario dello stesso Dario.
Il padre di quest’ultimo era giunto nel 1917 a Milano dalla Puglia, dopo
aver sposato una notabile locale, per dar vita a una segheria di discrete
Il fondatore Dario Russo alla sua scrivania (anni ’60)
proporzioni che forniva il legname necessario per gli arredi interni ai
cantieri della costruenda Fiera di Milano. Una volta terminati i lavori per
la Fiera, nel 1923, i due soci che avevano finanziato l’azienda alla sua
costituzione scapparono con tutto il capitale e, in conseguenza di ciò,
la segheria, che contava ormai circa 200 dipendenti, entrò in uno stato
di crisi dalla quale non si riprese mai più.
La perdita del patrimonio accumulato fino ad allora, le difficoltà economiche che la famiglia si trovò a fronteggiare, unitamente al senso di
sconfitta vissuto dal padre nei confronti del parentado della moglie (che
aveva inizialmente osteggiato l’unione tra un borghese e una nobile)
contribuirono a determinare quello spirito di riscatto
I cartelloni
che accompagnò Dario Russo durante tutta la sua
erano
attività futura.
sottoposti
A questo bisogna poi aggiungere che il fallimento,
ad un costante
avvenuto quando Dario aveva solamente 15 anni,
monitoraggio
per verificarne
nel 1928, lo portò ad assumersi tutti i doveri e gli olo stato di conservazione. In caso di deterioramento
neri di capofamiglia. Inizialmente i Russo furono aiu(come la fotografia testimonia) veniva predisposta
tati da uno zio fintanto che i ragazzi, Dario e i suoi
la manutenzione del mezzo pubblicitario
due fratelli minori Adolfo e Flora, non furono in età
per cominciare a intraprendere un’attività lavorativa.
Dopo aver svolto svariate professioni, Dario Russo
si specializzò in ragioneria e, come si è detto, fu
L’offerta
assunto presso uno studio di commercialisti milanePublilancio
si. E’ proprio presso questo studio che maturò l’idea
in occasione
della Publilancio; uno dei clienti dello studio, di cui
del Circuito
internazionale
Dario si occupava personalmente, vendeva infatti gli
automobilistico
spazi pubblicitari presenti nelle vetrine dei cinematoe motociclistico
grafi; fu questa conoscenza che permise a Dario di
di San Remo
entrare in contatto con il mondo della pubblicità e lo
nel 1947
mise in condizioni di dare vita all’Organizzazione
Nazionale Pubblicitaria Italiana Publilancio.
La ditta nacque con l’intento di acquisire su tutto il
territorio nazionale le concessioni pubblicitarie relatiLa fascetta
ve agli spazi disponibili presso gli impianti sportivi,
laterale
per poi rivenderli ad aziende che avessero interesse
della carta
a pubblicizzare i loro prodotti a livello nazionale.
intestata
Publilancio, anch’essa un ottimo
Infatti tra le caratteristiche del servizio offerto dalla
canale pubblicitario (anni ‘50)
Publilancio vi erano quelle di fornire una “vetrina
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Il listino
del circuito
degli stadi
negli
anni ‘50
La cartellonistica
pubblicitaria
negli stadi
negli anni ’50.
Nel 1990, in
occasione dei
Mondiali di
calcio in Italia,
vennero
emanate nuove
direttive che
vietavano
la cartellonistica
sugli spalti
al fine
di omologare
la pubblicità
in tutti gli stadi
L’evoluzione del marchio nel corso degli anni
nazionale” e quella di garantire contratti pluriennali, in genere di durata triennale, grazie all’inserimento di clausole di rinnovo e prelazione nei contratti firmati con gli enti concedenti. Queste clausole costituivano un vantaggio
anche per chi concedeva gli spazi poiché garantivano una stabilità nelle
entrate sia nel caso i concessionari fossero le amministrazioni pubbliche
proprietarie degli impianti sportivi, sia nel caso, sempre più frequente a partire dal secondo dopoguerra, che il concessionario fosse la squadra di calcio
che giocava le singole partite: le formule contrattuali messe a punto dalla
Publilancio aiutavano le squadre ad avere una gestione di bilancio equilibrata, al riparo dai dissesti provocati da eventuali “scivoloni” nelle classifiche o
retrocessioni.
La Publilancio, come ci ricordano i figli di Dario, nei primi decenni successivi
alla sua fondazione si trovò ad essere pressoché l’unica società a fornire un
simile servizio pubblicitario, gli altri concorrenti, tolta un’altra azienda torinese
che gestiva comunque un circuito di più piccole dimensioni, agivano solo a
livello locale. La prima vera concorrenza su tutto il territorio nazionale sarà
quella della Rai Radio Televisione Italiana, ma qui si parla già degli anni ‘60.
L’attività nacque a Milano, in via San Giovanni sul Muro, come vendita di
spazi pubblicitari “su strada”, sfruttando cioè gli spalti degli impianti sportivi,
non tanto per reclamizzare prodotti in favore dei tifosi presenti allo stadio,
quanto in favore di coloro che passavano per strada, pubblico numeroso e
particolarmente appetibile poiché a quei tempi gli stadi, i palazzetti o gli ippodromi venivano edificati in zone relativamente centrali delle città.
Il primo impianto acquisito, grazie alle relazioni intessute da Dario presso lo
studio di commercialisti per cui lavorava, fu l’Arena di Milano; poi nel corso
degli anni, assieme al fratello Adolfo, di undici anni più giovane, un paio di
aiutanti, una segretaria e un contabile, ed avvalendosi di un nutrito gruppo di
agenti, creò la rete nazionale di
vendita nei capoluoghi di provincia
e cominciò ad occuparsi anche
della realizzazione in prima persona della cartellonistica, aspetto
forse preferito da Dario Russo poiché era quello più creativo, quello
che gli permetteva di realizzare
alcune sue aspirazioni artistiche
che le condizioni economiche
familiari lo avevano portato ad
accantonare. Fu lui a disegnare il
primo marchio della società: una
tavolozza di colori inserita in una
spirale (il “lancio pubblicitario”).
Quattro anni dopo la fondazione
della società, l’attività venne interrotta per via dello scoppio della
Seconda Guerra mondiale: continuò qualche piccolo commercio,
ma poi i bombardamenti su Milano, la distruzione della via in cui i
Russo vivevano, la decisione di
sfollare, porteranno a un’interruzione pressoché totale del lavoro. Solo dopo
la guerra verrà ricostituita la rete nazionale di vendita per occuparsi degli
spazi pubblicitari negli stadi, negli autodromi, negli ippodromi, lungo i percorsi
delle gare ciclistiche, nonché di cartelloni stradali tout court; poi nel corso
degli anni ’50 la Publilancio si specializzò nella sola pubblicità negli stadi calcistici, per arrivare negli anni ‘60 ad avere circa 153/154 concessioni nelle varie
serie: A, B, C, dilettanti ecc.
L’azienda di Dario Russo, che nel frattempo si era sposato ed era diventato
dottore commercialista seguendo corsi serali, si ingrandì in termini di collaboratori costituendo al suo interno un laboratorio per la creazione dei supporti
pubblicitari: dai classici cartelloni a particolari strutture a cilindro o a piramide,
financo alla creazione, per le carovane al seguito del Giro d’Italia, di strutture
più complesse che richiesero l’intervento dei laboratori di Viareggio specializzati nel dare forme non regolari alla cartapesta.
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Il commercio “racconta” Milano
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Intorno alla fine degli anni ’50, primi anni ’60, la
Publilancio raggiunse un numero di concessioni mai
avute fino a quel momento e proprio negli stessi anni
maturò un enorme cambiamento nel mercato pubblicitario legato agli eventi sportivi: nel 1957 la Rai
cominciò a trasmettere le prime partite di calcio.
Questo evento rivoluzionario fu vissuto da Dario con
una certa apprensione poiché gli fece temere se non
la fine dell’attività quanto meno una riduzione consistente della stessa: lo preoccupava il fatto che con la
trasmissione serale delle partite l’interesse dei tifosi
per lo stadio potesse diminuire.
In realtà la trasformazione vi fu, ma non nel senso
paventato da Dario; l’interesse per lo stadio non
diminuì e, soprattutto, la televisione aprì un nuovo
mercato per la pubblicità: quello dei cartelloni a
bordo campo che venivano inquadrati durante le parDario Russo (al centro) con il fratello Adolfo (a sinistra) in occasione della
tite per la loro vicinanza con l’area di gioco.
premiazione degli agenti al Congresso nazionale Publilancio del 1968
Di questi anni, che furono in un certo qual modo
gli “anni d’oro” della Publilancio, anche se non
necessariamente in termini di fatturato, i figli di
Dario ricordano i racconti di interminabili viaggi in
giro per l’Italia per fissare le strutture negli stadi e
disporle nel modo più adeguato prima delle partite, nonché le domeniche pomeriggio passate
davanti al televisore per fotografare la partita trasmessa dalla Rai alle 19, per poi apporre sulle
foto con i trasferelli il marchio Publilancio ed inviare il tutto alla clientela per testimoniare l’avvenuta
trasmissione del loro annuncio. Dario era insomma costantemente coinvolto nell’attività dell’azienda, al punto che Micaela ci racconta di essere
stata in qualche modo “gelosa” degli stessi agenti
della società cui il padre dedicava, per necessità,
gran parte delle sue giornate. In un certo senso la
Publilancio è sempre stata una sorta di seconda
famiglia per i Russo; era l’attività stessa a imporlo,
gli agenti, ad esempio, hanno sempre avuto un
bassissimo turn over poiché, una volta insediati,
venivano identificati dal mercato cittadino in cui
I Russo (da sinistra Raffaello, Adolfo e Dario) presenziano al 22° congresso
Publilancio. I congressi si svolgono una volta all’anno e sono l’occasione per operavano come “l’uomo dello stadio” per cui
un’eventuale sostituzione sarebbe stata qualcosa
riunire in un’unica sede gli agenti del circuito nazionale
di molto complicato. Come racconta lo stesso
Raffaello, è sempre stato più semplice far fruttare un nuova
piazza che non cercare di entrare in una già in possesso di
qualcun altro o comunque modificare lo stato di cose esistente. A testimonianza dell’attenzione che la Publilancio ha sempre rivolto ai suoi agenti sta comunque il fatto che nessuno di
questi ha mai ceduto alla tentazione di mettersi in proprio e
quasi tutti hanno svolto l’intero arco della loro attività all’interno
dell’azienda stessa.
Gli anni ‘60 e ‘70 sono proceduti nel solco tracciato nell’immediato dopoguerra; nuovi cambiamenti, alcuni dei quali particolarmente dolorosi, si verificano invece negli anni ’80.
Nel 1984 venne improvvisamente a mancare il fondatore e
l’anno successivo la stessa sorte toccò al fratello: l’azienda fu
sul punto di chiudere. La moglie di Dario coinvolse nell’impresa il cognato di uno dei più stretti collaboratori del marito, in
qualità di socio “esterno”, con lo scopo di gestire il difficile
periodo di transizione che si apriva e subentrarono nella
gestione della Publilancio, che nel 1987 era stata nel frattempo
trasformata da sas in srl, Micaela e Raffello: la prima per gestire le funzioni amministrative, mentre il secondo quelle comControlli finali sul cartellone pubblicitario (anni ’90)
merciali. Capacità che entrambi dovettero imparare sul campo
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poiché, se è vero che la Publilancio fu una presenza quotidiana nella loro vita, nessuno dei due fu preparato dal padre
a gestire l’azienda poiché lo stesso fondatore riteneva che la
sua attività sarebbe potuta cessare da un momento all’altro
per via delle grandi trasformazioni che il mercato poteva
subire.
Trasformazioni che negli anni ’70 e ’80 puntualmente si verificarono: lievitazione dei costi delle concessioni, incremento
delle spese di gestione locale dell’evento (cartelli, personale,
agenti) e nuove condizioni di mercato segnate dall’aumento
dei tassi di inflazione.
Per far fronte a questa nuova situazione, l’azienda decise di
abbandonare molte concessioni di incerta appetibilità da
parte della clientela per puntare quasi esclusivamente sulle
concessionarie di pubblicità maggiormente richieste dal mercato quali squadre di serie A o di “alta” B. Inoltre furono studiate nuove formule contrattuali che prevedevano la vendita
a campionato e non più ad anno solare (come si era invece
fatto fino a quel momento); e ancora si abbandonò l’uso dei
contratti pluriennali per orientarsi verso formule contrattuali
maggiormente flessibili.
L’ultimo decennio ha visto ulteriori
trasformazioni: alcune importanti
squadre di A hanno cominciato a
gestire in proprio la vendita degli
spazi pubblicitari divenendo per la
Publilancio un pericoloso concorrente. Successivamente hanno
fatto il loro ingresso nel mercato le
pay-tv che attirano numerosi
clienti i quali smettono di avere
interesse per lo stadio, ma puntano direttamente sulla pubblicità
televisiva. Tutte trasformazioni i
cui esiti sono ad oggi ancora
incerti e che stanno facendo
meditare nuove trasformazioni
nella struttura della Publilancio:
non si escludono alleanze con
gruppi di portata europea che
meglio potrebbero garantire il
capitale finanziario necessario a sostenere i costi che il
mercato pubblicitario odierno comporta.
Come si è detto né Raffaello, laureato in architettura, né
Micaela, che ha studiato musica e filosofia, avevano
condotto studi per prepararsi a gestire l’azienda di famiglia e ancora oggi ricordano le difficoltà che dovettero
affrontare per sostituire la figura paterna nella gestione
degli affari e dei rapporti umani. Il fatto che la
Publilancio, a quasi venti anni dal loro ingresso, sia tuttora un’azienda leader nel suo settore testimonia la loro
buona riuscita, dovuta certamente anche alla familiarità
con le problematiche aziendali che Dario ha trasmesso
loro. Una traccia inequivocabile della lezione paterna si
ritrova per certo nel loro atteggiamento verso la terza
generazione: entrambi hanno lasciato i figli liberi di percorrere strade distanti dall’azienda. Nonostante questo,
a testimonianza dell’importanza della Publilancio per i
Russo, da alcuni mesi la figlia primogenita di Micaela,
laureata in fisica, con esperienze di programmatrice
informatica, è entrata attivamente nell’azienda, tornata
nel frattempo ad essere tutta e solo di famiglia.
Fabio Lavista
(in collaborazione con Sara Talli Nencioni)
Fasi
di lavorazione
nel laboratorio
di Milano
Gli agenti
Publilancio
a congresso
con
le loro famiglie
in occasione
della visita
tradizionale
allo stadio
della città
ospitante
(1978)
I figli Micaela (al centro) e Raffaello (a destra)
al 38° congresso Publilancio del 2001
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