ISSR “S. Apollinare” - Anno accademico 2011-2012
La vita nello Spirito secondo Paolo (Paolo 8)
Rm 12-15: una vita di libertà nello Spirito,
tra indicativo ed imperativo
Si discute se nelle lettere paoline ci sia un’etica cristiana. Nel processo di giustificazione e di
salvezza per lui vale il solus Christus e la sola fides, ma la seconda parte di molte lettere (1Ts 4-5,
Gal 5-6, Rm 12-15) è chiaramente parenetica. Che rapporto c’è in Paolo tra vangelo e morale, tra
indicativo e imperativo?
“Sei morto al peccato/muori al peccato”: etica consequenziale. In Gal 5-6 e in Rm 6-8 Paolo declina
non tanto il verbo “dovere” quanto il verbo “potere”.
In Rm 12-15 ci sono molteplici orientamenti etici: discernete ciò che è buono (12,2), aborrite il
male e aderite al bene (12,9), non rendete a nessuno male per male (12,17), vinci il male con il bene
(12,21), accoglietevi gli uni gli altri come Cristo vi ha accolti (15,7).
Vangelo di liberazione e di libertà responsabile
Anche in questo caso, Paolo parte dal contenuto del vangelo tradizionale, dalla morte e risurrezione
di Cristo, che egli presenterà come evento liberante. Paolo, l’apostolo della libertà, ha introdotto nel
lessico teologico cristiano i vocaboli: liberare (eleutheroun), libertà (eleutheria), libero (eleutheros).
“Cristo ci ha liberati” (Gal 5,1); “voi, fratelli, siete stati chiamati da Dio alla libertà” (Gal 5,13).
Sinonimo è il verbo “riscattare”.
Anche nella lettera ai Romani Paolo pensa l’evento salvifico in termini di liberazione. “La legge
dello Spirito della vita ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte” (Rm 8,2). Ma è
soprattutto in Rm 6,18.22 che Paolo parla di liberazione dal peccato. Sinonima è la terminologia di
“comprare” che Paolo usa in 1Cor 7,23.
Questa è la liberazione da (dalla paura, dal peccato, dalla morte, dalla legge). L’altra faccia della
medaglia è la liberazione per: “È per una vita di libertà che Cristo ci ha liberati” (Gal 5,1). Il frutto
della liberazione è il passaggio dal non posse non peccare al posse non peccare.
Per i Greci la libertà è una qualità legata alla natura umana, per gli ebrei la libertà è dono di Dio.
Gal 5,13-14: “Voi, infatti, fratelli, siete stati chiamati alla libertà. Soltanto che questa libertà non si
tramuti in pretesto per la carne; al contrario, per mezzo dell’amore siate schiavi gli degli altri”.
L’imperativo è conseguenza logica dell’indicativo; ma non segna un ambito in cui l’uomo possa
muoversi con le sue sole capacità: l’imperativo sta dentro l’indicativo dell’evento liberante;
indicativo e imperativo sono due facce della stessa medaglia.
Anche i greci cercavano la libertà, ma l’intendevano come indipendenza e autonomia
dell’individuo, non forzato né dall’esterno né dall’interno. Per Epitteto è libero colui che vive come
vuole, che non può essere né costretto, né impedito, né violentato. Paolo attacca alla radice questa
libertà individualistica ed egocentrica, presentando una concezione dell’uomo in rapporto con gli
altri: la libertà è reciproca schiavitù per amore. Non alcuni schiavi e altri padroni, ma tutti schiavi
degli altri per amore, per libera scelta.
Liberazione da/liberazione per ritorna anche in Rm 6,1-7,6 dove Paolo contrappone schiavitù a
schiavitù, libertà a libertà. Per Paolo, l’evento liberatore è un rito di passaggio da una dipendenza ad
un’altra, altra qualitativamente: dal peccato alla giustizia. La guida del cristiano non è un codice
esterno ma una forza interna.
In Gal 2,4.17 Paolo dice che siamo morti con Cristo (qui il parallelismo è perfetto) e risorgeremo
con lui (nel presente il parallelismo è imperfetto): siamo nel campo magnetico di Cristo, ma
possiamo anche uscirne; siamo nel posse non peccare.
Vangelo di liberazione dalla “carne” e di vita nuova nello Spirito
Rm 8,2: “La legge dello Spirito (genitivo epesegetico), che dà vita in Cristo Gesù, ti ha liberato
dalla legge del peccato e della morte”. In genere il principio liberante è Dio, qui è lo Spirito, come
principio interno di liberazione. Rm 8,16: “Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli
di Dio”. Spirito non si oppone a materia, ma a “carne”.
Carne e Spirito attirano la persona in direzioni contrarie. La liberazione da riguarda la paura, il
peccato, la morte, la legge e anche la “carne” cioè il non posse non peccare. Carne e Spirito si
oppongono (Gal 5,17). Paolo elenca i frutti della “carne” e i frutti dello Spirito. Ma in Gal 5,6 parla
di “fede operante mediante l’amore”. Fede, amore e Spirito costituiscono le radici teologiche
dell’etica di Paolo.
Il vangelo: non siete sotto la legge, ma sotto la grazia (Rm 6,14)
La legge mosaica ha un posto nella vita dei credenti in Cristo? In Gal 6,2 Paolo dice: “Portate i pesi
gli uni degli altri e così adempirete la legge di Cristo”: è un genitivo epesegetico equivalente a “la
legge dello Spirito” di Rm 8,2. Cristo stesso è la norma nella vita dei credenti, e il pieno
compimento della legge di Cristo consiste in una vita solidale con i fratelli della comunità. Rm
13,8-10: “Non abbiate alcun debito verso nessuno, se non quello di amarvi gli uni gli altri, perché
chi ama l’altro ha pienamente compiuto la legge”.
Ma che senso hanno le tante esortazioni presenti nella seconda parte di Gal e Rm? Le due esigenze
di fondo sono il farsi schiavi gli uni degli altri e il portare i pesi gli uni degli altri. L’azione dello
Spirito può essere soggettivamente avvertita come generica e allora Paolo traccia dei confini più
precisi. Quella di Cristo è una liberazione che comprende un percorso etico di libertà.
La parenesi paolina non si presenta come una nuova legge sostitutiva di quella mosaica; è
accompagnamento di credenti neofiti, bisognosi di un maestro maturo.
Paolo non offre un elenco completo di doveri morali, valido per tutti e in tutti i luoghi, bensì singole
esortazioni e indicazioni per questo o quel caso. Soprattutto si impegna a istruire i suoi interlocutori
sui loro doverosi rapporti di fraternità e di amore in ambito ecclesiale.
Paolo presenta un minimum etico ai suoi lettori per stimolare un’applicazione creativa e
responsabile dei principi teologici basici nelle nuove situazioni.
Già in 1Ts Paolo presentava l’incarnazione della parola di Dio (2,13) come lieto annuncio
dell’azione di grazia di Dio in Cristo e parimenti come esortazione a vivere “in modo degno” (2,12).
Anche la parenesi è vangelo, e vangelo è anche parenesi. L’esortazione non è solo una conseguenza,
ma una parte integrante del vangelo.