La vita negli ambienti acquatici
Gli ambienti acquatici sono di fondamentale importanza: l’acqua infatti, è una risorsa indispensabile alla vita. Molti animali si limitano a sfruttare fiumi, laghi, pozze, sorgenti etc.
come fonti per dissetarsi; queste però costituiscono di per sé degli ambienti specifici, con
una propria flora e fauna. Gli animali che vivono in ambienti acquatici presentano adattamenti unici oltre che abitudini e comportamenti particolari. Il fluido in cui i loro corpi
sono immersi è l’acqua. Estremamente diversa dall’aria per caratteristiche fisiche, essa , per
esempio, assicura una spinta dal basso verso l’alto che risponde a precise leggi e ciò permette cose altrimenti impossibili. La spinta di Archimede infatti,non solo permette agli
organismi immersi in acqua di poter fluttuare senza fatica contrariamente agli uccelli che,
“immersi” in aria, spendono solitamente molte energie per sostenersi, ma è anche un valido aiuto ai muscoli ed all’apparato
scheletrico che devono sostenerne il peso. Ecco che nel mare è consentito raggiungere dimensioni eccezionali (come
ad esempio la balenottera)con maggiore facilità rispetto a quanto accade sulla
terraferma; in acqua, in poche parole, si
è molto più leggeri!
Esiste una straordinaria varietà di ambienti acquatici molte volte profondamente diversi
tra loro, basti pensare all’oceano e al laghetto di ninfee di molti giardini. Anche gli animali che frequentano questi biotopi sono estremamente eterogenei, all’interno degli
stessi gruppi sistematici vi sono animali che vivono in mare aperto, altri nei fiumi, altri in
paludi e acquitrini, altri ancora in profondi laghi.
Tutte le classi di vertebrati (pesci, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi) hanno diversi rappresentanti che conducono vita acquatica o semi acquatica e che presentano caratteristiche specificamente adatte.
Proviamo ad esaminare i problemi cui si trovano davanti questi animali.
Innanzitutto essi devono poter respirare. I pesci naturalmente non hanno questo problema; le branchie sono organi strutturati per respirare nell’acqua estraendone l’ossigeno disciolto. Gli anfibi, che per la prima parte della loro esistenza conducono esclusivamente
vita acquatica e possiedono branchie, una volta adulti sono dotati di polmoni atti agli
scambi gassosi nell’aria, ma riescono comunque ad assorbire moderate quantità di ossigeno dall’acqua attraverso la pelle, potendosi permettere lunghe apnee. Anche i rettili, in
misura minore rispetto agli anfibi, hanno la possibilità di scambiare gas con il liquido
(ottenendo quindi ossigeno dall’aria) attraverso l’epidermide di specifiche parti del corpo
come la regione cloacale, ma le lunghe apnee di cui molti di essi sono capaci sono in realtà permesse dal metabolismo particolare che contraddistingue tutti gli animali eterotermi. Il loro metabolismo basale infatti, è molto più basso di quello degli omeotermi che
devono costantemente investire una certa quantità di energia per mantenere costante la
temperatura corporea. Gli animali cosiddetti a sangue freddo inoltre, sono capaci di ecce-
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zionali picchi di attività anaerobica, sempre che poi possano disporre del tempo necessario
a recuperare le forze.
Uccelli e mammiferi non possono contare su sistemi di scambi gassosi alternativi alla respirazione polmonare, atta ad estrarre ossigeno dall’aria. Ecco allora che entrano in scena,
assieme ad un buon allenamento, adattamenti particolari come grandi capacità polmonari o un’emoglobina straordinariamente efficiente in grado di legare l’ossigeno in quantità
molto elevate così da garantire un rifornimento più consistente alle cellule. Tranne i pesci, comunque, tutti gli altri animali rimangono legati alla necessità di respirare aria, riaffiorando in superficie almeno di tanto in tanto.
Un’altra necessità è quella di potersi muovere: avanzare, arretrare, spingersi verso l’alto o
verso il basso, mantenere la propria posizione rimanendo fermi senza capovolgersi richiede alcuni sforzi. Grossomodo tutti gli animali che spendono una cospicua parte della loro
vita in acqua sono in grado di regolare, chi più chi meno, la spinta di Archimede. I veri
professionisti sono naturalmente i pesci che dispongono di una struttura specializzata: la
vescica natatoria. Si tratta di una sacca dilatabile piena di gas la cui pressione può essere
variata, una sorta di salvagente interno regolabile, che funzionando come il “jacket” dei
sommozzatori (anche se sarebbe più corretto dire il contrario), consente ai pesci di stazionare a vari livelli di profondità a seconda di quanto gonfiano il “salvagente”. Gli altri
animali si limitano invece a regolare la quantità d’aria presente nei polmoni al momento
dell’immersione (chi di noi ha mai fatto apnea ad un buon livello saprà sicuramente di
cosa parliamo), gestendo questo parametro con grande abilità. Naturalmente anche lo
scheletro degli animali acquatici è adattato a questo tipo di vita, in particolare il peso specifico delle ossa. Mantenere la postura
corretta nell’acqua è importante e richiede, oltre ad una forma del corpo che
tenderà naturalmente ad assumere tale
posizione, anche una costante azione
correttiva, bilanciante, stabilizzante a carico degli arti, in molti animali anche i
principali mezzi di propulsione assieme alla coda.
I pesci, esclusivamente acquatici, hanno una forma del corpo e delle appendici atte alla
Linee di flusso che evidenziano la turbolenza provocata da un pesce che nuota (vista dall’alto)
propulsione in acqua; essi sono in grado di gestire le correnti e le turbolenze che si creano
nel fluido al loro passaggio con grande abilità. Ciò permette anche a pesci molto piccoli
di nuotare agevolmente gestendo la viscosità del liquido.
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Più curiose sono le forme di quegli animali che oltre a nuotare abilmente sono in grado
di spostarsi sulla terraferma. Esclusi i pesci dunque, tutte le rimanenti classi annoverano
tra le fila membri con queste caratteristiche. É molto importante sapere che da un attento esame della morfologia di un animale è possibile intuirne la maggiore o minore acquaticità. Vediamo un esempio. Tra gli anfibi vi sono moltissime specie di anuri, comunemente ed anche un po’ erroneamente detti tutti “rane”, con vite più o meno acquatiche. La rana verde spende la maggior parte del tempo immersa negli stagni, nuotando e nascondendosi tra le foglie
della vegetazione, le sue zampe quindi, saranno molto più adatte al nuoto di quelle di un
rospo o di una ila arborea, “rane” che passano la vita rispettivamente tra l’erba dei prati e
sugli alberi.
Negli anfibi la propulsione è garantita da un movimento ondulatorio del corpo e della
coda, nel caso di anfibi urodeli o caudati come le salamandre, oppure, nel caso di anfibi
anuri come appunto le rane, da spinte energiche delle zampe posteriori, che fuori
dall’acqua garantiscono la capacità di spostarsi velocemente a grandi balzi.
Per quanto riguarda i rettili gli adattamenti alla vita acquatica più
eclatanti si riscontrano nelle tartarughe marine, i cui arti sono divenuti vere e proprie pinne, e in alcuni serpenti marini che hanno il
corpo schiacciato in senso verticale per consentire loro
di nuotare velocemente in mare aperto. I rettili che invece abitano le acque meno profonde o addirittura stagnanti di fiumi e paludi, come molti coccodrilli, serpenti (anaconda) e tartarughe d’acqua dolce (tartaruga azzannatrice, tartaruga dalle orecchie rosse) presentano una minore specializzazione per il nuoto.
Tra i mammiferi che vivono a stretto contatto con l’acqua, sicuramente i cetacei sono
quelli che presentano gli adattamenti più spinti. La forma del loro corpo ricorda quella
dei pesci, gli arti sono completamente trasformati in pinne per il nuoto e molti di essi sono capaci di apnee lunghissime come ad esempio i capodogli e gli zifidi che sono tranquillamente in grado di rimanere sott’acqua per oltre un’ora raggiungendo profondità
eccezionali. Altri mammiferi sorprendentemente adatti alla vita in acqua sono i pinnipedi. Fanno parte di questo gruppo foche, trichechi, leoni marini e molti altri. Questi animali sono eccellenti nuotatori in grado di spostarsi, piuttosto goffamente, anche sulla
terraferma. Proseguendo verso mammiferi un po’ più terrestri troviamo le lontre, le nutrie e i castori; tutti presentano
palmatura delle zampe, corpi di forma più o meno idrodinamica, ossa dal peso specifico adatto alle immersioni e grande
abilità nel nuoto.
Infine gli uccelli. Anche in questo caso ci troviamo di fronte
a diversi gradi di specializzazione. Molti uccelli acquatici
hanno sviluppato strutture specializzate nell’alimentazione,
in particolare quelle specie in grado di filtrare l’acqua trattenendo le particelle alimentari
in essa disciolte; i migliori in questa pratica sono sicuramente i fenicotteri, seguiti a ruota
dagli anatidi. Ai fini della locomozione in acqua l’adattamento principale è costituito
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dalle zampe palmate che consentono agli uccelli di avanzare galleggiando sulla superficie. Le specie che si immergono per periodi
prolungati muovendosi sott’acqua alla ricerca di cibo, come ad esempio i cormorani e gli svassi, usano, per avanzare velocemente,
anche le ali. Un cenno particolare riguarda i pinguini, sicuramente
i rappresentanti della classe Aves meglio adattati alla vita acquatica.
Le loro piume riducono l’attrito con il fluido, la forma del corpo è fortemente idrodinamica, le zampe sono palmate e le ali si sono trasformate in robuste pale. Questi animali,
goffi e lenti sulla terraferma, sono molto eleganti, veloci ed efficienti quando sono immersi in quello che risulta essere il loro elemento naturale, l’acqua.
Le forme degli animali acquatici, per quanto questi possano essere filogeneticamente
lontani tra loro, finiscono, per necessità e funzionalità, per assomigliarsi, e questo è tanto
più evidente se si osservano le strutture ossee eliminando caratteristiche morfologiche esterne come pelle, piume, peli, etc. La figura illustra le affinità riscontrabili nell’ossatura
degli arti di alcuni animali acquatici (non pesci), mettendo peraltro in risalto la maggiore
specializzazione raggiunta dai cetacei.
Rettili
Tartaruga marina verde
arto anteriore
Mammiferi-Pinnipedi
Leone marino
arto anteriore
Mammiferi-Cetacei
Delfino
arto anteriore
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