i cieli narrano la gloria di dio, e l`opera delle sue mani

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«I CIELI NARRANO LA GLORIA DI DIO, E L'OPERA DELLE SUE MANI
ANNUNZIA IL FIRMAMENTO». COSÌ DICE ANCHE HUBBLE
L’immensità del cielo stellato, come la maestosità delle montagne e il
sussurro d’infinito dei mari, sono come quei ritagli di carta colorata che
usiamo per ricordarci le cose o per segnare la pagina di un libro, i famosi
post-it. Solo in scala mastodontica. Adeguata, cioè, a ciò che ricordano: la
grandezza e la maestà di Dio, il Padre celeste onnipotente, cui dobbiamo
tutto, e che tutto, e tutti, ha creato.
Ogni volta che alziamo lo sguardo al cielo, il cielo ci ricorda Dio.
Specialmente quando contempliamo il silenzio eloquente di quelle
immagini grandiose provenienti dallo spazio profondo e misterioso del
mistero di Dio che solo grazie alla tecnologia più avanzata (Dio benedica la
tecnologia avanzata al servizio della verità) chiunque è in grado di
ammirare.
Un grande esempio sono le immagini, diffuse ora dalla NASA, l’ente
aerospaziale degli Stati Uniti d’America, in occasione dei 25 anni del
telescopio spaziale Hubble che ricorreranno nel prossimo mese di aprile.
Sono foto scattate originariamente nel 1995 (motivo per cui ricorre anche il
loro 20esimo anniversario), ma oggi vengono mostrate con una serie di dettagli mai visti e una definizione mai prima raggiunta, che ne
aumentano lo splendore.
Si tratta di tre colonne dense di gas freddi e di polvere che si estendono per 5 anni luce e che stanno alla colossale distanza di 6.500 anni luce
da noi, illuminate dalle radiazioni di giovani stelle di grande massa in una piccola regione retrostante della Nebulosa Aquila.
Secondo uno studio del 2007, gli scienziati ipotizzano che quelle tre colonne in realtà non esistono più nella forma in cui le vediamo in quelle
foto vecchie ma nuove: sarebbero infatti state modificate (forse anche distrutte) dall’esplosione di una supernova, avvenuta circa 6 mila anni
fa. Ma sulla Terra la loro l’immagine si potrà vedere ancora per un migliaio di anni prima che la luce ci raggiunga e ci faccia osservare la nuova
forma che le tre colonne hanno assunto dopo l’esplosione stellare. Una vera e propria meraviglia, insomma.
Ecco, colpisce il fatto che quelle tre ormai famosissime colonne di gas e polvere siano universalmente note come “I Pilastri della Creazione”. È
una metafora, ovvio, ma rende benissimo l’idea. A tutti. Scienziati e non. Credenti e miscredenti. L’idea che tutto venga da altro, che tutto ci sia
dato. La Creazione, appunto, un termine “scandaloso”, politicamente scorretto, persino un po’ “reazionario”, ma che con piena evidenza anche
la comunità degli scienziati adotta, pur senza pensarci su troppo, quando si trova di fronte a qualcosa d’irriducibile ai propri quattro calcoli. È
davvero bello che persino nel laicissimo e freddo mondo della scienze matematiche e astrofisiche ci sia posto e tempo per un pur fugace
attimo diverso in sorprendersi a meditare sul dono di Dio all’uomo. Sì, insomma, che pure lì ci sia spazio per la Creazione divina.
da «Corriere della
Sera»
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