DOGMATICA IV ECCLESIOLOGIA E MARIOLOGIA Prof. Filippi Nicola 6° lezione del 3 novembre ‘08 Breve riassunto: 1) CHIESA CORPO DI CRISTO Questa nozione non deve essere intesa come una metafora ma come una realtà che può essere ripresa anche nella riflessione pastorale oltre che teologica e può aprire nuovi sviluppi per la comprensione anche nel campo dell’evangelizzazione. Questa nozione è importante perché corpo significa ciò che rende visibile una persona, è la concretezza relazionale, con il corpo si entra in relazione con il mondo. La chiesa è la concretezza relazionale di Cristo ovvero la chiesa è Cristo che si rende presente oggi nel mondo. 2) LA NOZIONE CORPO DI CRISTO E’ DI ORIGINE PAOLINA Paolo inizia a riflettere sul legame tra Cristo e i suoi discepolo nel momento della sua illuminazione sulla via di Damasco:”Io sono quel Gesù che tu perseguiti” Paolo comprende così che Gesù è risorto ed è legato ai suoi discepoli. Qui inizia la sua riflessione ed in particolare nelle sue lettere tratta di questo tema in due prospettive: a) RM e 1COR , lettere autentiche di Paolo, sottolinea l’interdipendenza delle membra b) EF e COL , probabilmente sono lettere non autentiche che possiamo però riferire alle comunità da lui create, il tema viene affrontato in un'altra prospettiva. Si sottolinea maggiormente la relazione fra il corpo e il Cristo risorto che è il capo che svolge nei confronti del corpo una funzione egemonica, cioè si sottolinea il ruolo che spetta al Cristo nel governo, nell’armonia delle diverse membra. La teologia che è abbozzata in 1COR e poi in RM trova il suo sviluppo nel tempo e giunge ad una formulazione più piena in EF e COL. 3) Le fonti cui Paolo attinge per arrivare a formulare questa visione ecclesiologica sono: - la filosofia coeva a Paolo, pensiero degli stoici che vedevano lo Stato come grande organismo - la Bibbia (AT: personalità corporativa e rapporto sponsale. NT : eucaristia) Dalla tradizione apostolica Paolo prende l’eucaristia che, come partecipazione allo spezzare comune del pane ci rende un unico corpo. Dall’AT Paolo prende due nozioni tipiche del pensiero biblico antico, quello della personalità corporativa ossia il tutto si identifica con uno ( es. Adamo è una persona che raffigura l’umanità intera peccatrice, lo stesso vale per Abramo e per il tema della vigna e della vite) e quello del rapporto sponsale ossia come l’uomo e la donna attraverso l’atto di amore diventano una sola carne ( riferimento alla creazione) C’è però una differenza fondamentale fra l’idea di Paolo e la filosofia a lui contemporanea per la quale l’unità è qualcosa che deve essere costruita, per cui si parte dalla pluralità delle membra che devono convergere verso l’unità , in Paolo invece l’idea di partenza è l’unità ossia le membra sono già unite e questa unità va custodita e conservata. 4) SVILUPPO DELLA NOZIONE DI UNITA’ Possiamo individuare tre tappe: - periodo biblico-patristico: il popolo di Dio si raccoglie nel corpo di Cristo - periodo medioevale: il corpo di Cristo diventa la corporazione dei cristiani la CRISTIANITA’ con un aspetto più giuridico e politico - periodo romantico: dove questa nozione si riferisce ad un misterioso, nel senso che non si capisce bene, organismo di Cristo. Per cui il Cristo si rende misteriosamente presente L’OPERA DELLO SPIRITO La chiesa come tempio dello Spirito La teologia dello S.S. non è particolarmente sviluppata. Le citazioni bibliche in cui si fa riferimento alla chiesa come tempio dello S.S. sono poche. Per cui forse è meglio riflettere sul ruolo dello S.S. all’interno della chiesa. Ciò che ci permette di capire il legame fra la chiesa corpo di Cristo e l’azione dello S.S. è costituito dalla citazione di 1COR 12,13: “ In realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, giudei o greci, schiavi o liberi e tutti ci siamo abbeverati ad un solo spirito” Attraverso questa citazione noi capiamo qual è il ruolo fondamentale dello Spirito all’interno della chiesa 1COR 3,16 “ Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Questo Spirito, nel quale siamo stati battezzati e che ci rende tempio e dimora in noi, permette alle diverse membra di vivere in comunione, in unità, ovvero è più corretto dire non che lo Spirito costruisce la comunione ma che lo Spirito mantiene, conserva quella comunione che è esistente per cui grazie allo Spirito i credenti possono vivere in comunione ed essere una cosa sola. COMUNIONE DELLO SPIRITO Questa comunione è strettamente legata all’azione dello Spirito. Nei saluti conclusivi della 2COR Paolo scrive: La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito, siano con tutti voi” Formula trinitaria per eccellenza dove si parla di comunione dello Spirito. Anche qui ci ritroviamo nella stessa condizione della definizione di popolo di Dio dove quel genitivo “DI” ha un duplice significato: - genitivo oggettivo che specifica l’oggetto, in questo caso comunione dello Spirito significa la comunione che ha per oggetto lo S.S. ovvero partecipare tutti della stessa vita di Dio, del suo amore. - genitivo soggettivo la comunione che lo Spirito stesso suscita come artefice e principale agente di essa. Allora proprio perché la comunione è prodotta dallo Spirito e proprio perché i credenti sono una sola cosa in questo corpo si è immaginato che il corpo abbia bisogno di un’anima e allora si è paragonato lo Spirito Santo all’anima della chiesa. Come in ogni corpo umano c’è l’anima in maniera analoga possiamo dire che lo S.S. è l’anima della chiesa corpo di Cristo Questo linguaggio analogico che ben sottolinea il ruolo dello Spirito come principio che vivifica la comunione ecclesiale, la L.G. 4 esprime molto bene il ruolo che lo Spirito svolge: Lo Spirito dimora nella chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio, Egli guida la chiesa, la provvede di tutti i doni con i quali la dirige e l’abbellisce con i suoi frutti. In questa prospettiva possiamo dire che lo Spirito è Signore e da la vita quindi è l’anima della chiesa. Ricordiamo sempre che non c’è mescolanza tra lo Spirito e la chiesa, restano due entità separate. E’ vero che la chiesa è animata dallo Spirito, è vero che lo Spirito dimora nella chiesa, ma resta sempre lo Spirito di Dio, sempre trascendente. Abbiamo detto che ECCLESIA DE TRINITATE indica sia partecipazione che imitazione, allora dobbiamo risalire a ciò che avviene all’interno della Trinità per capire perché lo Spirito è considerato in questa prospettiva. All’interno della vita trinitaria lo Spirito è il vincolo che unisce il Padre al Figlio dall’eternità, il Padre si dona al Figlio e il Figlio si ridona per intero al Padre e da questa reciproca donazione viene generato lo Spirito, quindi lo Spirito è il vincolo che unisce il Padre al Figlio. Come nella Trinità lo Spirito da sempre unisce il Padre al Figlio così nel tempo lo Spirito unisce i credenti fra di loro però la funzione dello Spirito, nella prospettiva di unire, non significa omogeneizzare. Dire che lo Spirito è artefice della comunione non significa dire che lo Spirito appiattisce l’originalità dei credenti. Abbiamo sempre a modello la Trinità dove il Padre resta il Padre, il Figlio resta il Figlio e lo Spirito resta lo Spirito per cui Dio è comunione personale in una natura ma in tre persone uguali e distinte. Allora la comunione, che ha per artefice lo S.S., è una comunione di molteplici persone che però messe insieme diventano una cosa sola. Per cui nella chiesa non dovrebbe esistere omogeneità, ognuno di noi è portatore di un particolare carisma. Questa è la verità più profonda dello Spirito. Lo Spirito ci dona i carismi, i doni della grazia, perché un carisma è un dono dello Spirito dato per l’utilità comune Il CVII quando parlò dei carismi dovette scegliere tra il carisma come dono straordinario riservato a pochi o come dono ordinario dato a tutti i credenti e il CVII scelse il secondo. Quindi ciascuno di noi è portatore di un suo carisma che deve essere accolto con gratitudine dalla chiesa e il singolo deve metterlo a disposizione della comunità. Nel momento in cui parliamo dello Spirito ci troviamo di fronte ad una apparente contrapposizione perché da un lato si parla di unità “è lo Spirito che vi ha permesso di essere corpo”e dall’altra parte si parla di molteplicità perché “ è lo Spirito che distribuisce i carismi e diversifica il ruoli all’interno della comunità” Questa apparente dicotomia è sanata proprio dallo Spirito: è lo Spirito che unisce in sé unità e molteplicità anzi scrive Scheffczyk: il principio dell’unità precede quello della molteplicità. Il primato è dell’unità” Lo Spirito dando il carisma costruisce l’unità per cui c’è una contemporaneità anche se tutto è finalizzato all’unità, in questo senso possiamo dire che viene prima l’unità, però il dono molteplice, particolare, è dato in vista di questo non è dato perché ci sia disordine ma è dato perché ci sia comunione. Lo Spirito non è fanatismo e egoismo bensì comunione e ordine come nella Trinità Questa apparente dicotomia, frattura, dell’unità nella molteplicità esiste anche nella contrapposizione tra chiesa istituzionale, la gerarchia, e la chiesa carismatica, quella dei movimenti e da parte di alcuni movimenti si dice che la gerarchia tende a soffocare il carisma. Come abbiamo detto a proposito dello Spirito, che non esiste dicotomia, allo stesso modo è bene ripetere che non esiste contrapposizione tra chiesa gerarchica e chiesa carismatica Abbiamo visto prima che esiste un principio cristologico ovvero la chiesa si configura come corpo di Cristo ma qui emerge però anche un principio pneumatologico. Come si conciliano questi due princìpi? Ovviamente non c’è contrapposizione e dunque Cristo e lo Spirito sono due principi ugualmente essenziali per la chiesa perché senza Cristo non si può parlare di chiesa, senza Spirito non si può parlare di chiesa. Non sono in contrapposizione tra di loro perché Cristo e lo Spirito, nel corso della storia della salvezza, hanno sempre collaborato nel senso che Gesù stesso ha vissuto tutto il suo ministero sotto l’azione dello Spirito, per cui Cristo era mosso dallo Spirito. Noi attribuiamo alle persone della Trinità delle azioni ma in realtà è tutta la Trinità che agisce e in base a questo principio non può esistere contrapposizione. Cristo può essere fondamento, sostegno e capo di questo suo corpo solo in forza di questo dello S.S. il quale crea l’unità tra Cristo e il suo corpo e in virtù del quale Cristo può conseguire il suo rapporto con la chiesa. Possiamo allora affermare che la chiesa è l’organismo salvifico costruito per mezzo dell’estensione dello Spirito di Cristo verso la comunità dei credenti, organismo che ha in Cristo il suo capo e nello Spirito la sua anima. A questo proposito velocemente vedremo i movimenti che sono l’applicazione della nozione di unità e molteplicità ( vedere il mio libro da pag. 74 a pag. 80) I movimenti nascono dopo il CVII e sono la risposta provvidenziale al processo di secolarizzazione. Avanza il 1968, avanzava l’emarginazione di Dio, lo Spirito suscita delle persone che si pongono alla sequela radicale di Cristo e intorno a queste persone si aggrega altri uomini e altre donne. E’ interessante quello che dice Benedetto XVI quando colloca questi movimenti nel grande solco dei movimenti riformatori della chiesa”i movimenti attuali altro non sono che la concretizzazione attuale di quelle esperienze monastiche, Benedetto da Norcia, Francesco d’Assisi, Domenico di Guzman, che hanno segnato il corso della storia. In fondo anche questi ordini nacquero in particolari momenti di crisi e di rinnovamento della chiesa, quando la chiesa doveva dare una risposta ad una crisi che avvolgeva la società” I movimenti sono una chiave nelle mani della chiesa per avvicinare i lontani alla fede in Cristo perché trovano un ambiente più caldo, una comunità più accogliente ma soprattutto nel movimento non si deve mai perdere di vista la centralità della persona perché la persona possa incontrare Cristo. Il movimento è sempre strumentale e non è mai il fine il che vuol dire che il percorso spirituale del movimento è una delle vie che la persona umana può percorrere per incontrare Cristo in quanto il movimento è nella chiesa. Il Signore lo si incontra nei movimenti ma non ci sono movimenti che hanno l’appalto esclusivo per far incontrare il Signore perché il Signore lo si trova nella chiesa. L’ultimo aspetto che prendiamo in considerazione è l’importanza che se tutti crediamo che tutto proviene dallo Spirito dobbiamo entrare in una pastorale integrata, una prospettiva dove si lavora insieme verso l’unico obiettivo che è quello di annunciare Cristo ognuno con la propria specificità e ognuno con il proprio carisma ovvero integrare i propri carismi in uno sforzo comune. E’ bene ricordare GV 17 “ che siano una cosa sola perché il mondo creda” Si sottolinea anche il ruolo dei pastori nell’armonizzare, all’interno delle realtà ecclesiali, il ruolo e la funzione dei movimenti e poi si accenna al fatto che, essendo i movimenti costituiti da laici, possono essere di grande aiuto per la missione evangelizzatrice per 2 motivi: 1) sono una forza d’impatto molto forte perché un conto è il singolo e un conto è un’associazione che ha una forza d’impatto di molto maggiore sull’opinione pubblica 2) essendo movimenti laicali la complessità della situazione attuale richiede che ci siano laici ben preparati e ben formati per rispondere alle diverse sfide ( es: la bioetica) Quindi i movimenti, nei quali sono presenti i laici, sono lo strumento con il quale i laici cristiani si impegnano nel mondo per portare il messaggio di Cristo e per la formazione della persona. LA MISSIONE DELLA CHIESA DELLA TRINITA’ Abbiamo visto che la chiesa nasce dalla Trinità e tende alla Trinità e quindi ci chiediamo quale sia la missione della chiesa. Leggendo l’ufficio del lunedì, in particolare l’inno alla Trinità: “ oh! Trinità, roveto inestinguibile di VERITA’ e D’AMORE” S. Ambrogio dice così perché il Dio Uno e Trino, in cui noi crediamo, si è rivelato nella storia degli uomini proprio come verità e amore Dio, il Padre è AGAPE per eccellenza, il Figlio è l’immagine di questo Dio per cui anche Lui è amore e al tempo stesso è il Logos, sapienza e VERITA’,lo Spirito è lo Spirito dell’amore ed è anche lo Spirito di verità. Allora la chiesa che partecipa di questo mistero di verità e amore è chiamata ad annunciare la verità dimostrando la ragionevolezza della fede e a testimoniare la carità nel concreto svolgersi della storia. La Rivelazione è avvenuta attraverso parole e opere (DEI VERBUM) ciò ci fa comprendere che non esistono due chiese alternative cioè non esiste una chiesa che annuncia la verità e una chiesa che testimonia la carità perché alla chiesa competono entrambe le missioni in quanto Dio è verità e amore. Queste due dimensioni sono tra loro complementari, si illuminano a vicenda perché l’amore senza la verità sarebbe cieco, non avrebbe una forza evangelizzatrice, l’amore, senza la parola che lo spiega, con difficoltà può condurre a Cristo. La verità senza carità rischia di essere un’arma che ferisce chi la riceve perciò, come la carità ha bisogno di una parola per essere compresa nel suo profondo allo stesso modo la parola annunciata ha bisogno di gesti concreti per manifestare la sua verità. In questo tempo in cui queste due dimensioni sono entrambe importanti è necessario saper cogliere la ricchezza dei carismi e della PAROLA e della CARITA’ che lo Spirito ancora suscita, perciò è necessario un attento discernimento per non spegnere lo Spirito. L’uomo nella sua vita ha bisogno di sentirsi amato, di essere accolto così com’è, senza condizioni e allo stesso tempo l’uomo ha bisogno di certezze per costruire la propria esistenza, ha bisogno di una Verità; allora testimoniare l’infinito e gratuito amore di Dio e annunciare la Verità altro non significa che servire l’uomo, prolungare quell’opera di redenzione che Cristo ha compiuto morendo e risorgendo. Perciò la chiesa, rivelando il volto di Dio AMORE e VERITA’, è stata voluta dal Signore per saziare questa esigenza fondamentale dell’uomo. Abbiamo così concluso il 2° capitolo del libro LA CHIESA NELLA BIBBIA Popolo di Dio, corpo di Cristo,ruolo dello S.S. sono tutte espressioni vere molto approfondite che ci fanno capire il mistero della chiesa. La scrittura però ci dice che non sono solo queste le nozioni che vengono usate infatti la L.G. 6 ci presenta altre immagini, desunte dalla Bibbia, con le quali si vuole illustrare l’intima natura della chiesa e fra di esse analizzeremo quelle che sono dipendenti dall’ A.T. e che ci fanno vedere l’entroterra dell’A.T. che viene portato a compimento e modificato dal mistero di Cristo. Secondo alcuni esegeti, le immagini con le quali la chiesa è presentata nella Bibbia sono molte ma le raggruppiamo intorno a quattro temi: - la vita pastorale - immagine pastore e gregge - l’edificio - metafora della casa - la vita coniugale - la chiesa come la sposa - la vita agricola - immagine della vigna e vite L’immagine è importante perché ha una forza evocativa maggiore che non le parole ed è molto utile sia nella predicazione che nella catechesi soprattutto quella indirizzata ai giovani. L’immagine del pastore e della vigna, del gregge e della vite, sono tipiche del vangelo di GV e ci testimoniano un’ecclesiologia modellata sulla cristologia dove il cuore del mistero della chiesa è la partecipazione alla vita stessa che viene da Dio. Possiamo dividere i quattro gruppi in due sottogruppi: - VITE – EDIFICIO che sottolineano la comunione fra Cristo e la chiesa - SPOSA – SPOSO PASTORE – GREGGE che sottolineano la dualità fra la chiesa e Cristo, dualità che non significa dualismo ma fonte di una unità. In IS 5,1 : Canterò per il mio diletto, il suo cantico d’amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un gentile colle. Egli l’aveva vangata e sgomberata dai sassi e vi aveva piantato scelte viti. Israele aveva la coscienza profonda di essere oggetto di una cura premuroso e costante da parte di Dio. In GV 15: Io sono la vera vite, il Padre mio è il vignaiolo. In questi due passi è racchiusa tutta la teologia della vigna e della vite dove la vite, come attributo cristologico, contiene in sé anche una intera ecclesiologia. Nell’ A.T. l’esperienza dell’esodo era stata per Israele fondamentale per comprendere la sua identità come popolo; la fuga dalla schiavitù, grazie all’intervento di Dio, costituiva per Israele la prova più evidente dell’amore di Dio, il quale aveva divelto una vite dall’Egitto e per trapiantarla aveva espulso i popoli ( Sal 80,9 )