Brain and Brains - Un neurone o un miliardo di neuroni

Ciclo di incontri
Brain and Brains
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Brain and Brains
Un neurone o un miliardo di neuroni:
dove sta l’intelligenza?
La matematica dell’intelligenza
Salveremo Gaia?
Verso un cervello artificiale globale?
Ciclo di incontri - BRAIN E BRIANS
Un neurone o un miliardo di neuroni: dove sta l’intelligenza?
L’interconnessione in rete di una moltitudine di entità elementari è in grado di
far emergere un comportamento globale organizzato, apparentemente intelligente. Esempi classici sono l’alveare o il formicaio. Questo fenomeno tuttavia
accade anche nel nostro cervello, dove centinaia di miliardi di sinapsi creano un
meraviglioso centro di controllo capace di farci adattare a situazioni imprevedibili e di rispondere (nella maggior parte dei casi) in modo “intelligente”. Oggi,
stiamo iniziando ad applicare questi principi (auto-adattamento, auto-organizzazione) anche nelle reti, sempre più complesse, di comunicazione, nei computer, in grado di rendere i robot sempre più capaci di comportamenti autonomi, e
negli ecosistemi del mondo economico. Questo ciclo di incontri esplorerà quanto
conosciuto e le più recenti ipotesi nella scienza dell’intelligenza naturale ed artificiale. L’intelligenza si basa su pochi semplici principi matematici o su un’enorme diversità di processi? Lo sviluppo di un cervello artificiale globale ci aiuterà
a risolvere i grossi problemi del pianeta?
1 - Un neurone o un miliardo di neuroni: dove sta l’intelligenza?
Il neurone è una straordinaria invenzione della Natura. La sua capacità di rispondere a degli stimoli creando nuovi stimoli costituisce l’elemento chiave per
lo sviluppo di strutture complesse in grado di elaborare plasticamente una vasta
gamma di reazioni in risposta alle dinamiche interne ed ambientali. In questo
incontro faremo un salto indietro nel tempo per scoprire che il sistema nervoso
degli esseri viventi si è evoluto a partire da un medesimo progenitore. Vedremo i grossi progressi degli ultimi anni nella comprensione del funzionamento
del cervello: lo sviluppo di discipline teoriche e nuove tecnologie permette ai
ricercatori di osservare e studiare il cervello durante il suo funzionamento. Ma
queste tecnologie saranno in grado di andare oltre, di svelarci i misteri ancora
insoluti e magari di fornirci strumenti di comunicazione diretta con il cervello?
2 - La matematica dell’intelligenza
L’intelligenza si basa su pochi semplici principi matematici o su un’enorme diversità di processi? Negli ultimi 40 anni si è evoluta una nuova disciplina matematica per studiare i sistemi complessi, come il cervello. Oggi questa disciplina è applicata a diversi campi, dalla biologia, all’economia agli studi sociali. In
questo incontro, esploreremo i concetti di base della Teoria dei Piccoli Mondi,
capiremo come i principi di controllo distribuito del nostro sistema nervoso au1
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Un neurone o un miliardo di neuroni: dove sta l’intelligenza?
tonomico si possano applicare ad architetture di calcolo distribuito. È vero che il
numero di persone con le quali riusciamo a relazionarci è dettato dall’estensione
della corteccia cerebrale? L’equazione di Dunbar dice che il numero massimo è
148 persone: quali sono le implicazioni sul fenomeno delle reti sociali?
3 - Salveremo Gaia?
La terra può essere vista come un unico sistema vivete auto-regolante, Gaia. Il
nostro pianeta diventa allora un insieme di sistemi interconnessi ed interagenti,
uno dei quali è proprio la nostra società. Per meglio dire, Gaia è un ecosistema
globale, nel senso che possiamo trascurare in prima battuta le interazioni con gli
altri corpi celesti (a parte la forza di gravità e l’energia solare): questo ecosistema
globale è composto da tanti ecosistemi debolmente interconnessi tra loro, ma
dalla cui reciproca influenza emerge un equilibrio globale. La Scienza ha iniziato a studiare queste interconnessioni, e alle relative dinamiche, allo scopo di
trovare delle risposte a problemi di Gaia, come energia, riscaldamento globale,
disponibilità di acqua e cibo per una popolazione mondiale in continua crescita.
Lo scopo di questo incontro non è ovviamente fornire delle soluzioni a questi
problemi, ma di capire meglio l’ecosistema Gaia utilizzando i concetti trattati nei
due precedenti incontri.
4 - Verso un cervello artificiale globale?
Abbiamo visto come il cervello sia un meraviglioso sistema distribuito con una
complessa rete di interconnessioni. Oggi, con lo sviluppo di Internet, stiamo creando una rete con miliardi di oggetti interconnessi, la cui complessa struttura va
progressivamente acquisendo controllo e capacità di adattamento distribuiti. È
possibile l’emergere di un’intelligenza globale da questa sorta di cervello artificiale? Potrà un giorno il nostro cervello avere accesso a questa intelligenza globale e viceversa questo cervello artificiale distribuito accedere al nostro cervello
naturale per aumentare l’intelligenza globale?
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Un neurone o un miliardo di neuroni: dove sta l’intelligenza?
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Un neurone o un miliardo di neuroni: dove sta l’intelligenza?
Il neurone è una straordinaria invenzione della Natura. La sua capacità di rispondere a degli stimoli creando nuovi stimoli costituisce l’elemento chiave per
lo sviluppo di strutture complesse in grado di elaborare plasticamente una vasta
gamma di reazioni in risposta alle dinamiche interne ed ambientali.
In questo incontro inizieremo con un salto indietro nel tempo per scoprire che il
sistema nervoso degli esseri viventi si è evoluto a partire da un medesimo progenitore: un minuscolo verme marino.
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Un salto indietro nel tempo
Fino a 3,7 miliardi di anni fa, periodo nel quale fanno comparsa le prime forme
di vita sulla Terra, il pianeta era popolato solamente da composti chimici più
o meno complessi: non esistevano ancora quei meccanismi di tipo replicativo,
meccanismi, che si riveleranno fondamentali per lo sviluppo della vita sul pianeta. Stiamo parlando di quei polimeri, con caratteristiche come l’acido ribonucleico (RNA) e l’acido desossiribonucleico (DNA), che hanno dato praticamente
inizio alla cosiddetta fase biogenetica.
Con il trascorrere del tempo, le replicazioni di queste molecole polimeriche hanno subito inevitabili errori di duplicazione. Ma è proprio su questi errori che è
intervenuta la selezione naturale favorendo quegli “errori” più adatti a far emerFigura 1
Evoluzione della
vita sulla Terra (1)
(1) http://www.physicalgeography.net/fundamentals/9a.html
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Un neurone o un miliardo di neuroni: dove sta l’intelligenza?
gere e a far sviluppare la vita sul pianeta. Questo, in semplici parole, è il meccanismo di base che ha dato luogo all’enorme varietà di forme di esseri viventi
attualmente esistenti.
La vita sulla Terra si è sviluppata sotto forma di essere unicellulari per molto
tempo. Fino ancora ad un miliardo e mezzo di anni fa il pianeta era abitato soltanto da organismi unicellulari.
Con i protozoi, ad un certo punto della storia, avviene una mutazione importante: compaiono i primi canali di comunicazione cellulare, canali che sono sensibili
ai potenziali elettrici e permeabili agli ioni calcio. Un’evoluzione molto importante, perché inizia lo sviluppo di quei meccanismi di comunicazione intra-cellulare che porterà all’evoluzione del sistema nervoso.
Figura 2
Comparsa dei
primi canali
cellulari nei
Protozoi
I primi esseri pluricellulari compaiono intorno a 700-600 milioni di anni fa. Ed è
in questo periodo che si è verifica probabilmente un’altra importante mutazione che ha portato al progressivo raffinamento di quei canali di comunicazione
(comparsi nei protozoi) negli organismi pluricellulari come le spugne.
Lo sapevate che le spugne sono tra le specie più antiche del pianeta, quasi dei
fossili viventi? Per questo motivo sono state oggetto di attento studio da parte
dei neuro-scienziati. Le spugne non hanno un sistema nervoso, ma si è scoperto
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Figura 3
Spugne: una
delle più antiche
specie del pianeta
(ancora senza
sistema nervoso)
che a livello cellulare possiedono la maggior parte dei componenti che daranno
origine alle sinapsi (che vedremo sono gli elementi di connessione tra i neuroni).
È sorprendente come le proteine delle spugne mostrino segnali chiari di un’interazione reciproca, assai simile a quello che fanno le proteine delle sinapsi dei
mammiferi.
Secondo l’ipotesi più accreditata sono state sufficienti poche mutazioni a carico di alcune proteine per generare un nuovo tipo di cellula capace di produrre
ed inviare segnali elettrici. La comparsa dei primi neuroni si identifica con la
comparsa dei primi canali detti “voltaggio dipendenti”. In pratica, un voltaggio
dipendente si basa su due condizioni: l’esistenza di una differenza di potenziale
tra l’interno e l’esterno della membrana cellulare e la presenza di un tipo particolare di canale ionico in grado di sentire questa differenza di potenziale, rimanendo chiuso quando questo è sopra un certo livello e aprendosi, quando invece
il potenziale è sotto una soglia che di solito è -50 mV.
È un minuscolo verme marino l’antenato del nostro sistema nervoso: il Platynereis, apparso sul pianeta 400 milioni di anni fa, vive ancora oggi nelle acque
marine a una decina metri di profondità.
Il Platynereis, pur essendo un invertebrato, ha il corpo pervaso di fibre nervose.
Il suo cervello primitivo percepisce la quantità di luce dell’ambiente attraverso
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gli occhi e stimola la produzione dell’ormone vasotocina, che predispone l’organismo alla riproduzione e regola il livello di acqua nel corpo. Una funzione
simile negli animali superiori è svolta dall’ipotalamo, regione profonda e antica
del cervello che regola la produzione di ormoni, controlla la crescita, il metabolismo e la riproduzione.
Figura 4
Il Platynereis:
verme marino
antenato del
sistema nervoso
Con il tempo le cellule sensorie degli invertebrati, molto simili ai neuroni, si sarebbero raggruppate fino a formare un cervello vero e proprio. Il primo grosso
cambiamento, correlato allo sviluppo delle funzioni cerebrali, è stato quello che
ha segnato la comparsa dei primi mammiferi, intorno a 220 milioni di anni fa.
Con l’avvento dei Primati si registra un secondo notevole incremento di massa
cerebrale: questo avvenne circa 65 milioni di anni fa.
Arriviamo nel nostro viaggio nel tempo intorno a 10 - 5 milioni di anni fa. Siamo
nella regione della Rift Valley in Africa, i profondi mutamenti climatici hanno trasformato la zona in una fertile area ricca di boschi e praterie. È l’ambiente ideale
per un ulteriore salto evolutivo: la comparsa delle Australopitecine.
In circa 3 milioni di anni, le Australopitecine si trasformarono in Homo Habilis
e, attraverso una serie di fasi evolutive, in Homo Sapiens. In questo periodo evolutivo il tasso di incremento della massa cerebrale è stato straordinario: da uno
a tre. Questo è stato il maggior cambiamento quantitativo mai realizzatosi nella
storia evolutiva dei mammiferi, in un tempo biologico di centomila generazioni.
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Figura 5
Australopitecine
Figura 6
Evoluzione delle dimensioni del cervello (2)
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La morfologia del cervello: una complessa rete di neuroni
Vediamo ora i progressi degli ultimi anni nella comprensione del funzionamento del cervello. Lo sviluppo di discipline teoriche e nuove tecnologie permette ai
ricercatori di osservare e studiare il cervello durante il suo funzionamento.
Avete mai pensato al cervello di una mosca come ad un computer ad alta velocità? Questo è quanto hanno scoperto i ricercatori della California Institute of
Technology: sembra che pensiero ed azione si integrano in tempi inferiori ai 100
millisecondi!
Questo è il motivo per cui è difficile scacciare le mosche. Questi insetti hanno un
cervello molto più veloce del nostro. Immaginate la minuscola dimensione del
cervello di una mosca: circa un sesto di un millimetro cubo di materia cerebrale
contiene più di 100.000 cellule nervose, ognuna delle quali ha un’innumerevole
quantità di connessioni con le cellule vicine.
(2) http://www.brain.riken.jp/en/aware/evolution.html
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Sebbene il numero di cellule nervose nella mosca sia relativamente modesto,
esse sono tuttavia altamente specializzate e processano il flusso delle immagini
con grande precisione. Le mosche possono quindi processare in tempo reale una
grande quantità di informazioni circa il moto e i movimenti nel loro ambiente.
La figura riporta un esempio dei risultati di mappatura del cervello di una mosca.
Figura 7
Mappatura dei
principali neuroni
del cervello di una
mosca
Come vedremo nel seguito, sembra, infatti, che gli animali vivano i loro pensieri
intuitivamente, senza sapere con esattezza di che si tratta, ma sapendo esattamente che cosa fare. Questo livello di pensiero permetterebbe agli animali di attuare i loro comportamenti rapidamente, senza esserne, per così dire, veramente
coscienti.
Pensate che il nostro cervello conta invece ben 100 miliardi di neuroni, ovvero
lo stesso ordine di grandezza delle galassie nell’universo, o delle stelle in una
galassia.
Tipicamente un neurone è interconnesso ad un numero di neuroni che può variare da diverse centinaia ad alcune decine di migliaia. Queste connessioni determinano la formazione di una rete meravigliosamente complessa, capace di
elaborare e trasmettere segnali di natura elettro-chimica.
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La complessità del cervello non è però solo legato al numero dei neuroni; pensate che lo scimpanzé ne ha solo qualche decina di miliardi in meno dell’uomo.
È soprattutto una questione di struttura e organizzazione.
Faremo ora un breve viaggio per analizzare la struttura del nostro cervello.
In questa figura, e nelle successive, proveremo a rappresentare il cervello con
diversi livelli di ingrandimento, che mettono a fuoco altrettanti livelli funzionali.
Figura 8
Corteccia
cerebrale (3)
La parola “corteccia” è stata utilizzata per similitudine con quella degli alberi,
poiché è uno strato di cellule che riveste la superficie esterna del cervello. Lo
spessore della corteccia cerebrale varia da 2 a 6 mm. È composta da circa 30
miliardi di neuroni. La parte destra e quella sinistra della corteccia cerebrale
sono interconnesse da uno spesso strato di fibre nervose, detto corpo calloso.
Nei mammiferi superiori, come l’uomo, la corteccia cerebrale ha molte sporgenze e rientranze. Una sporgenza della corteccia cerebrale si chiama giro ed una
rientranza si chiama solco. I mammiferi inferiori, come i topi e i conigli, hanno
pochissimi giri e solchi. Le funzioni della corteccia sono: pensiero, movimento
volontario, linguaggio, ragionamento, percezione.
In questa figura osserviamo invece la circonvoluzione cerebrale della corteccia,
dello spessore di qualche millimetro.
Se si ingrandisce ulteriormente la circonvoluzione si può osservare al suo interno
l’organizzazione verticale ed orizzontale dei neuroni. Si calcola che la corteccia
(3) http://fc.units.it/ppb/neurobiol/neuroscienze%20per%20tutti/nsdivide.html
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Figura 9
Circonvoluzioni cerebrali
Figura 10
Organizzazione
verticaleorizzontale dei
neuroni
sia composta da un centinaio di milioni di colonne di neuroni (ciascuna colonna
va da un minimo di 500 ad un massimo di 10.000 neuroni) che si estendono fino
alla materia bianca sottostante. Inoltre i neuroni di ogni strato lanciano le loro
propaggini orizzontalmente verso le differenti parti del cervello.
Un neurone è costituito da un corpo cellulare (soma), da numerosi prolungamenti ramificati (dendriti) e da un prolungamento (assone). L’assone di un
neurone trasmette un segnale al dendrite di un altro neurone attraverso delle
connessioni, chiamate sinapsi. In alcune parti del cervello le sinapsi presenti su
ciascun neurone raggiungono le migliaia o decine di migliaia.
La sinapsi è una vera e propria interfaccia funzionale di comunicazione, attraverso i cosiddetti neurotrasmettitori. Nella figura si osservano le vescicole
(contenenti i neurotrasmettitori) mentre nella parte in basso (nella membrana
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Figura 11
Struttura del
Neurone (4)
Figura 12
Struttura delle
Sinapsi (5)
post-sinaptica) si osservano dei ricettori in grado di legare i neurotrasmettitori e
di tradurli in messaggi/stimoli per il neurone. In certe aree del cervello le sinapsi, anziché contattare un neurone o i suoi dentriti, si collegano ad altre sinapsi
modulandone le funzioni di comunicazione; questo produce un livello di com(4) del Neurone (http://www.brain.riken.jp/en/aware/synapses.html
(5) http://www.brain.riken.jp/en/aware/synapses.html
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plessità ulteriore della rete neuronale. Il neurone dunque elabora questi stimoli
(che possono essere di natura eccitatoria o inibitoria) prodotti dalle sinapsi ed
emette una risposta sotto forma di impulso elettrico che viaggia lungo l’assone
(a 150 metri al secondo, circa).
È opinione condivisa da ricercatori delle scienze cognitive che i segnali elettrochimici scambiati tra i neuroni siano alla base dell’elaborazione e trasmissione
dell’informazione a livello cerebrale.
Ma su quali principi elettro-chimici si basa tale meccanismo?
Gli stimoli giungono al neurone dalle sinapsi appartenenti agli altri neuroni. In
particolare sulla superficie di ogni neurone ci possono essere migliaia o decina
di migliaia di sinapsi. Gli stimoli in arrivo da ogni sinapsi vengono elaborati in
rapporto alla loro natura inibitoria o eccitatoria: il neurone emette quindi una
risposta sotto forma di potenziale d’azione che viaggia lungo l’assone ad una
velocità circa di 150 metri al secondo, propagandosi lungo le sue diramazioni
fino a raggiungere le sinapsi.
Qui provoca la liberazione di un mediatore chimico che si diffonde nella giunzione sinaptica legandosi ai recettori situati sulla membrana post-sinaptica inducendo un cambiamento della sua permeabilità. Questa può indurre una rigenerazione di corrente elettrica oppure il suo arresto. Nel primo caso la corrente
elettrica ripercorre le vie nervose fino a quando incontra altre sinapsi, nel secondo caso si arresta.
Il neurone è quindi un mini calcolatore che integra ed elabora tutte le informazioni ricevute. In ogni sinapsi vi sono migliaia di ricettori che servono per
riconoscere i corrispettivi neurotrasmettitori. Farmaci come sonniferi, ansiolitici,
antidepressivi agiscono legandosi a tali recettori alterando le risposte delle giunzioni sinaptiche.
Ad ogni sinapsi si liberano da 2000 a 20.0000 molecole per ogni potenziale d’azione in arrivo. Il tempo che interviene fra due eventi successivi è di qualche
millisecondo durante il quale i mediatori dell’operazione precedente vengono
eliminati.
L’alfabeto utilizzato dai neuroni sembrava dunque essere costituito, in prima
battuta, dalle frequenze dei potenziali d’azione e dal tipo di mediatori chimici
(neurotrasmettitori). In fondo con 10 numeri, 7 note e circa 20 lettere dell’alfabeto
l’uomo ha creato dei sistemi simbolici capaci di sviluppare un numero infinito
di composizioni matematiche, musicali e letterarie. La costruzione dell’equivalente di parole, frasi e contenuti dipende quindi dall’impiego di questi simboli
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da parte dei neuroni e dal modo con il quale essi sono organizzati a formare le
reti nervose.
L’organizzazione di tali reti che, a sua volta, varia da specie a specie ed è programmata dai geni, è anche il risultato dell’incessante azione degli stimoli ambientali.
Immaginiamo di avere numerose rotaie sulle quali scorrono dei veicoli che sono
tutti uguali tra loro. Al termine di ogni rotaia esiste un recipiente dentro il quale
ci sono delle sfere di peso, colore e dimensioni differenti; ciascuno recipiente si
apre quando è toccato dal veicolo in arrivo. Il veicolo rappresenta il potenziale
d’azione mentre i neurotrasmettitori sono le sfere. La frequenza di apertura di
ciascun recipiente, e quindi il rilascio delle palline colorate, dipende dal ritmo
con il quale è toccato.
Tuttavia la scoperta dei neuropeptidi ha portato ad una nuova rivoluzione concettuale: si è scoperto che i neuroni non impiegano soltanto mediatori chimici
relativamente semplici (neurotrasmettitori) ma anche sostanze di natura proteica. Una scoperta eccezionale. La cosa straordinaria è che la somministrazione di
un neuropeptide può far scattare un modello complesso o altamente specifico.
Il neuropeptide agisce come mezzo globale di codificazione di certi comportamenti quali l’assunzione di cibo e acqua, la sensazione di piacere o dispiacere.
Mentre i neurotrasmettitori servono da messaggeri di comunicazione, i neuropeptidi modulano e sincronizzano le vie nervose armonizzando in un comportamento globale le centinaia e migliaia di impulsi che esse portano. Facciamo
un esempio. Supponiamo di costruire un robot nel quale ciascun movimento
di ogni sua singola parte sia regolato da impulsi nervosi trasportati attraverso
le vie nervose impiegando dei neurotrasmettitori. È necessario un secondo programma per indirizzare i movimenti secondo uno specifico fine: questo secondo
sistema si basa sull’utilizzo dei neuropeptidi. Il nostro robot sarà in grado di fare
tante mansioni quanto sono i secondi programmi disponibili, anche se quelli che
presiedono i suoi singoli movimenti sono sempre gli stessi.
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Modelli neuro-biologici animali e la mente
Ricordate quando abbiamo detto che il sistema nervoso degli esseri viventi si è
evoluto a partire da un medesimo progenitore?
Questo ha indotto gli scienziati che studiano il cervello a porsi la domanda se
e come possiamo arrivare a comprendere i principi generali del funzionamento
del cervello dell’uomo attraverso lo studio di organismi più semplici, e anche
molto diversi dall’uomo.
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Un neurone o un miliardo di neuroni: dove sta l’intelligenza?
Ad esempio, lumache, moscerini, topi, o gatti. Sembrerebbe di sì, almeno in parte. Quello che si fa, in pratica, è studiare i cosiddetti modelli “neuro-biologici
semplici” che permetterebbero di enucleare più facilmente (rispetto all’analisi
del cervello umano) i principi di funzionamento fondamentali del cervello, per
temi come comprensione dello spazio, del tempo, del numero, della causalità e
degli oggetti, sia fisici che sociali.
Vediamo due esempi.
Alcuni studi sul cervello del pulcino hanno dimostrato che il cervello animale
possiede almeno due intuizioni “primitive”, comuni agli esseri umani e ad altre
specie, che non richiedono di essere apprese, perché fanno parte della dotazione
naturale, genetica, del nostro sistema nervoso. La prima riguarda la causalità
fisica (il legame causa-effetto). La seconda concerne che le cose viventi sono caratterizzate dalla capacità di muoversi da sole, in maniera autonoma, mentre gli
oggetti inerti si muovono solo a seguito di un contatto con altri oggetti animati
o inanimati.
Un esempio. Dei pulcini, appena dopo la schiusa dell’uovo, sono stati esposti
all’immagine di un oggetto in moto che urtando un secondo oggetto immobile
ne causa il movimento. I pulcini hanno diretto di preferenza verso il primo oggetto semovente, scelto come oggetto di “imprinting”.
Figura 13
Modelli neuronali
semplici (6)
(6) http://www.giornalesentire.it/2008/aprile/1721/giorgiovallortigara--laforzadelpulcino-.html
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Un neurone o un miliardo di neuroni: dove sta l’intelligenza?
Ma anche le api offrono un interessante esempio. Recenti studi hanno dimostrato che le funzioni delle due antenne delle api sono distinte tra loro e non sono
limitate esclusivamente alla percezione odorosa. L’antenna di destra e le relative
strutture nervose formerebbero la base di una memoria transitoria che si attenua
dopo poche ore. L’antenna di sinistra, invece, acquisirebbe l’informazione e la
manterrebbe disponibile in una memoria a lungo termine che resta attiva fino
alle 24 ore successive. Le api hanno dunque un cervello per certi versi simile a
quello dell’uomo, dove si ha, come vedremo, una separazione di funzionalità
nei due emisferi.
Figura 14
Immagine NMR
del cervello di
un’ape
Ci viene da chiederci se questi studi dei modelli neuro-biologici semplici ci potranno permettere anche di capire come emerge la mente?
Sembra che gli animali abbiano una mente primaria, nel senso che sono coscienti
di contesti, situazioni, ma (probabilmente) non hanno una coscienza di ordine
superiore, e l’intelligenza che comparirebbe soltanto nell’uomo con il linguaggio.
Il cervello animale non dispone, neppure nelle specie a più elevato sviluppo
cognitivo, di strutture intellettive paragonabili a quelle umane e nemmeno di
linguaggi verbali altrettanto complessi. Tuttavia sarebbe sempre possibile, agli
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Un neurone o un miliardo di neuroni: dove sta l’intelligenza?
animali, una percezione qualitativa grossolana di dati e procedimenti acquisiti
per esperienza e fissati in memoria, che permetterebbero un tipo di pensiero appunto “emozionale” e in certo senso intuitivo. L’animale vivrebbe i suoi pensieri
intuitivamente, senza sapere con esattezza di che si tratta, ma sapendo esattamente che cosa fare.
Questo livello di pensiero permetterebbe agli animali di pianificare in qualche
misura i loro comportamenti rapidamente, senza esserne, per così dire, veramente coscienti. Ricordate quando abbiamo parlato della rapidità del cervello
di una mosca?
Al momento attuale però, salvo forse le scimmie antropomorfe e poche altre
specie animali, mancano prove certe di una diffusa capacità di pianificazione
negli animali.
È interessante comunque un’indagine sulla costruzione di strumenti nelle cornacchie della Nuova Caledonia, Corvus moneduloides. Questi uccelli si servono di
due tipi di bastoncini, l’uno diritto e l’altro a uncino, per pescare gli insetti nelle
fenditure delle cortecce degli alberi. Sembra che le cornacchie, nel ricavare la forma dei bastoncini, procedano come se avessero un’idea di cosa fare modellando
i bastoncini nel modo adeguato allo scopo, prima ancora di usarli. Pare insomma
che le cornacchie pianifichino il processo di lavorazione dei loro strumenti, mostrando di saper stabilire una correlazione tra il tipo di forma e il tipo di impiego.
Per contro, avete mai sentito parlare di intelligenza collettiva?
Figura 15
Cornacchia della Nuova Caledonia
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Un neurone o un miliardo di neuroni: dove sta l’intelligenza?
Si riferisce al comportamento in natura degli insetti rispetto alla collettività, in
particolare pensate a sciame di api, colonie di formiche, o ad uno stormo di uccelli. A differenza di organismi più evoluti, come ad esempio i mammiferi, gli
insetti hanno un cervello più piccolo, dalle capacità limitate, tuttavia a livello di
gruppo emergono caratteristiche e comportamenti sorprendenti, chiamati appunto fenomeni di intelligenza collettiva.
L’osservazione di uno stormo di uccelli mette in risalto come gli individui si
Figura 16
Intelligenza
collettiva di uno
stormo di uccelli
muovano con perfetto coordinamento. Nel caso degli stormi di uccelli non esiste
un leader, ogni uccello segue alcune semplici regole, come regolare la propria
velocità su quella degli altri o mantenersi a distanza di sicurezza sia dal compagno di destra sia da quello di sinistra. Nel volo la formazione a “V” permette un
risparmio di energia, dal punto di vista aerodinamico.
Ad esempio, i ricercatori della Sony nel 1986 hanno sviluppato un modello per
computer, partendo dal presupposto che ciascun uccello in uno stormo possa
agire con tre semplici movimenti:
• Non urtare gli altri componenti;
• Allinearsi con gli altri;
• Trovare una coesione con gli altri componenti.
È stupefacente come una tale organizzazione collettiva di alto livello scaturisca
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Un neurone o un miliardo di neuroni: dove sta l’intelligenza?
dalla somma delle più semplici azioni come, ad esempio, quelle svolte da una
colonia di formiche per costruire un nido perfettamente organizzato, ricerca di
fonti alimentari.
Un esempio è il caso della ricerca del cibo delle formiche. Ogni formica deposita
sul terreno mentre cammina una sostanza chimica, il ferormone. La scelta del
percorso da seguire alla ricerca del cibo è guidata dall’intensità del ferormone:
più è intenso e più è probabile che venga scelta una determinata direzione; ma il
ferormone evapora nel tempo, quindi rimarranno “marcati” solo i percorsi usati
più frequentemente.
Figura 17
Intelligenza
collettiva delle
formiche
Anche se il segreto “dove e come nasce l’intelligenza” non è ancora stato completamente svelato, siamo tuttavia in grado di attribuire delle particolari capacità all’emisfero destro e a quello sinistro del cervello.
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Un neurone o un miliardo di neuroni: dove sta l’intelligenza?
Ricordate quando abbiamo parlato delle antenne delle api? L’antenna di destra e
le strutture nervose ad essa associate formano la base di una memoria transitoria; l’antenna di sinistra, invece, acquisisce l’informazione e la mantiene disponibile in una memoria a lungo termine che resta attiva fino alle 24 ore successive.
Nel cervello dell’uomo, in maniera analoga, si assiste ad una separazione di funzionalità nell’emisfero destro e sinistro.
Nell’uomo si può affermare che l’emisfero sinistro del cervello oltre ad essere
specializzato nei processi linguistici, è maggiormente competente in quelli sequenziali e nella percezione-gestione degli eventi che si susseguono nel tempo,
come ad esempio la concatenazione logica del pensiero; in altri termini, è maggiormente qualificato nella percezione analitica della realtà.
L’emisfero destro, invece più specializzato nell’elaborazione visiva e nella percezione delle immagini, nella loro organizzazione spaziale e nell’interpretazione
emotiva; più sommariamente, al cervello sinistro spetta la percezione globale e
complessiva degli stimoli.
In pratica, nessuno utilizza sempre e solo funzioni appartenenti all’uno o all’altro emisfero; il cervello umano sfrutta entrambi gli emisferi e le corrispettive
specializzazioni, anche se, a seconda delle varie situazioni, vengono predilette
modalità analitiche piuttosto che emotive e globali. Inoltre, è importante sottolineare come una stessa funzione mentale possa essere di competenza dell’emisfero sinistro o di quello destro a seconda di ciò che si vuole ottenere: i musicisti
percepiscono la musica in due modi differenti: se vogliono lasciarsi trasportare
dal suono e verificarne l’armonia “ascolteranno”, in modo inconscio, con l’emiFigura 18
Emisfero destro
ed emisfero
sinistro
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Un neurone o un miliardo di neuroni: dove sta l’intelligenza?
Figura 19
Emisfero destro
ed emisfero
sinistro
sfero destro; al contrario, se vogliono analizzare la melodia da un punto di vista
tecnico interverrà, in modo automatico, l’emisfero sinistro.
Guardando la figura, credo che tutti possano vedere che si tratta di un aereo anche se il disegno è incompleto. Questo grazie all’emisfero destro che fornisce una
visione globale. Esso completa l’immagine partendo dai particolari. Continueremo a vedere l’aereo anche se siamo tristi, allegri, depressi o euforici. La funzione
dell’emisfero destro non viene alterata dallo stato emotivo.
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Analisi e studio del cervello
Sono state sviluppate una serie di tecniche e di strumenti per catturare ed analizzare in immagini l’anatomia e la funzionalità cerebrale. Tra le tecniche strumentali più usate si possono ricordare:
• la tomografia computerizzata (TC), che ricostruisce l’anatomia del cervello
grazie all’elaborazione di immagini tipo radiografie (basate sul grado di
attenuazione che i vari tessuti producono su una sequenza di raggi X che
investe il cranio);
• la risonanza magnetica nucleare (NMR), che è basata sull’interazione tra
un campo magnetico applicato dall’esterno e i protoni che costituiscono gli
atomi dei tessuti cerebrali;
• la tomografia a emissione di positroni (PET), che rivela il metabolismo del
glucosio;
• la risonanza magnetica funzionale (fMRI), che riesce a visualizzare, an20
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che in 3D e in movimento, le aree cerebrali che subiscono una variazione
nel flusso di sangue in concomitanza con azioni e pensieri del soggetto o
in risposta a stimoli procurati. In questo modo è possibile determinare le
regioni che sovrintendono al linguaggio, alla percezione sensoriale o alle
emozioni.
Figura 20
Immagine del
cervello
Facciamo una rapida rassegna delle principali discipline che studiano il cervello
e la mente svelandoci questi misteri. Le principali discipline sono le Neuroscienze e la Psicologia. Ma talvolta si parla anche di Intelligenza Artificiale, Cibernetica e Connessionismo.
Vediamo quali sono gli scopi principali di queste discipline.
Le neuroscienze in particolare adottano i metodi di indagine delle scienze naturali come la fisica, la chimica e la biologia. Si basano su una visione denominata
“riduzionismo”, ovvero la spiegazione dei fenomeni osservabili è ricercata nelle
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proprietà dei componenti elementari in cui si scompone il sistema. Questo metodo ha consentito alle neuroscienze di fare grossi progressi. È stata individuata
la struttura di base del cervello, il neurone, sono stati compresi i meccanismi di
trasmissione delle informazioni tra neuroni. Le neuroscienze tuttavia incontrano
oggi un limite che consiste nell’incapacità di portare l’indagine al livello di comportamento e di vita mentale del cervello.
Anche la psicologia ha fatto grossi passi in avanti. Sono proposte delle classificazioni dei fenomeni osservati ed un linguaggio per trattarli. Ora sappiamo ad
esempio che le dimensioni principali del comportamento sono la percezione,
l’attenzione, la motivazione e le emozioni, la memoria, la rappresentazione della
conoscenza, i processi di pensiero (induzione, deduzione, analogia), la soluzione
dei problemi, l’apprendimento, l’azione, la comunicazione linguistica e di altro
tipo.
La psicologia d’altro canto ha incontrato grossi limiti teorici e metodologici, proprio perché resta confinata in un ambito di discorso puramente funzionale, cioè
senza integrarsi pienamente con le discipline che studiano le caratteristiche fisiche del cervello.
Accanto alla psicologia ed alle neuroscienze, soprattutto dopo l’avvento del
calcolatore (anni ‘60), si è proposta un’altra disciplina di studio, di ispirazione tipicamente informatica: l’Intelligenza Artificiale. Questa ha posto alla base
della sua indagine degli assunti teorici molto vicini alla psicologia cognitiva: la
conoscenza è codificata principalmente attraverso simboli. I processi cognitivi,
implementati da dispositivi naturali o artificiali, consistono in trasformazioni di
complessi di simboli in altri complessi di simboli mediante opportune regole di
inferenza.
La robotica avanzata si è sviluppata come branca dell’Intelligenza Artificiale.
Non va confusa (sebbene ci siano stretti legami) con la cibernetica. Cibernetica
letteralmente significa “arte del guidare e del pilotare”; l’etimologia stessa della
parola pone l’accento sull’idea di controllo e programma cui inizialmente tale
disciplina era legata. La cibernetica, infatti, era la scienza votata a descrivere il
“pilota” in tutti i sistemi d’informazione; essa aveva alla base i meccanismi di
controllo e comunicazione, presenti sia negli animali che nelle macchine.
Vediamo un esempio di come queste discipline convergano sempre più nelle
ricerche sul cervello.
Gli scienziati ricercatori dell’Università dell’Illinois e della Northwestern University sono riusciti a connettere il cervello di una lampreda, uno degli animali
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marini più primitivi, a un piccolo robot. Il cervello della lampreda se adeguatamente stimolato si è dimostrato in grado di inviare comandi ad un robot dimostrandosi capace di comportarsi con una certa variabilità.
A partire dagli anni ’80, infine, si sempre più diffuso un nuovo “paradigma” di
studio, chiamato connessionismo, una vera e propria alternativa al riduzionismo. Secondo questo paradigma, il cervello potrebbe essere modellizzato come
un sistema complesso adattativo, ovvero un insieme molto grande di elementi
che interagiscono tra di loro in modo talmente articolato e imperscrutabile da far
emergere proprietà o comportamenti globali (non direttamente deducibili se si
osservano i singoli componenti).
Figura 21
Sistemi Complessi
Adattativi
Secondo il connessionismo, la mente e addirittura la coscienza sono fenomeni
emergenti. Se ipotizzassimo di modellare il cervello come sistema complesso,
allora i neuroni rappresenterebbero le sue componenti elementari, mentre le eccitazioni, le inibizioni, le funzioni di trasferimento all’interno dei neuroni costituirebbero le leggi di interazione locale del sistema.
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Simulare il cervello
Lo sviluppo di una sempre maggiore capacità di calcolo (si pensi agli attuali
super-computer) fornisce uno strumento fondamentale per simulare dei modelli
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di rete composti da neuroni interagenti.
Consideriamo un esempio. Il cervello di un topo comprende circa otto milioni di
neuroni, ognuno in grado di sviluppare circa 8.000 sinapsi con altre fibre nervose. Si tratta dunque di una struttura molto complessa; eppure un gruppo di ricercatori americani è riuscito a simularne l’attività grazie ad un super computer.
Per ora è stata simulata l’attività corticale dell’animale, pari alla metà di quella di
un cervello normale di topo.
L’operazione ha messo a dura prova anche il potente supercomputer Blue Gene,
ed è durata solo dieci secondi, ad una velocità dieci volte inferiore a quella della
vita reale, per l’animale. In futuro, gli scienziati sperano di velocizzare il processo di simulazione, aggiungendo altre strutture osservate nel cervello dell’animale e rendendo il modello dei neuroni e l’attività delle sinapsi ancora più accurato.
Vediamo un altro esempio.
Circa un anno fa, un gruppo di scienziati del centro di ricerca IBM di Almaden
(Usa), in collaborazione i ricercatori del Lawrence Berkeley National Lab e della
Stanford University, ha costruito un simulatore che supera la scala di una corteccia cerebrale di gatto (che equivale circa al 4,5% di un cervello umano). Il supercomputer utilizzato è il Dawn Blue Gene/P del Lawrence Livermore National Lab,
con 150.000 processori e 150 Terabyte di memoria.
Figura 22
Simulazione corteccia cerebrale
di gatto
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Vediamo un altro esempio, questa volta orientato anche ad uno sviluppo hardware.
L’obiettivo del programma SyNAPSE (Systems of Neuromorphic Adaptive Plastic
Scalable Electronics), è costruire un prototipo di chip che replichi alcune delle
caratteristiche di base delle reti di neuroni, utilizzando allo stesso tempo una
quantità significativamente minore di energia rispetto ai sistemi attuali.
Figura 23
Memristor, un esempio di Neuromorphic engineering
Uno dei problemi principali, nello sviluppo di questi emulatori di cervelli biologici, è che le sinapsi elettriche (che si potranno sviluppare in un chip) difficilmente replicano la molteplicità di modulazioni a cui sono soggette quelle naturali, cioè chimiche.
In questa direzione, recentemente è stato sviluppato il cosiddetto NOMFET (Nanoparticle Organic Memory Field-effect Transitor); si tratta di un dispositivo formato
da una molecola di pentacene e da nanoparticelle d’oro. L’idea di base è che le
cariche elettriche si comportano come i neuro-trasmettitori biologici se passano
attraverso un conduttore semiorganico e un insieme di nano-particelle metalliche. In pratica il NOMFET lavora in maniera molto simile a quella di una sinapsi
chimica.
Un’altra interessante area di ricerca è simulare i comportamenti emergenti di
intelligenza collettiva, pensate all’esempio di cui abbiamo parlato sul comportamento di un gruppo di formiche.
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Figura 24
Il NOMFET (7)
L’aspetto più interessante dei sistemi basati sulla swarm intelligence, rispetto ai
sistemi tradizionali, è che l’insieme degli individui che lo compongono interagiscono senza un controllo centralizzato. Il comportamento collettivo osservabile
è quindi il frutto delle semplici iterazioni che di ogni componente verso gli altri
oppure verso l’ambiente. Anche questo filone potrebbe portare interessanti risultati sul fronte del connessionismo.
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Parlare con il Cervello: interfacce BCI
Pochi anni fa era impensabile immaginare di poter convogliare i segnali nervosi
provenienti dal proprio cervello in dispositivi fisici, adoperando uno scambio
reciproco di informazioni dal cervello al dispositivo e viceversa.
Oggi, non è più semplice fantascienza, questa possibilità è diventata reale grazie
alle interfacce cervello-computer (BCI).
L’interfaccia raffigurata, ad esempio, consiste in una cuffia con degli elettrodi,
in grado di captare lo specchio elettroencefalografico, cioè gli impulsi elettrici
del cervello, e riconoscere le caratteristiche di segnali tipici (quali, ad esempio,
(7) http://physicsworld.com/cws/article/news/41539
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Figura 25
Interfacce
Cervello-Computer
quelli dei centri motori nel cervello associati all’intenzione di fare un determinato movimento). Gli elettrodi, dunque, raccolgono questi impulsi che vengono
inviati ad un computer che, a sua volta, li traduce nelle informazioni necessarie
ad eseguire certe azioni con degli opportuni attuatori.
Un esempio di applicazione interfacce cervello-computer è, ad esempio, permettere alle persone affette da gravi disabilità motorie (o da malattie degenerative,
handicap fisici) di interagire con un computer senza un controllo muscolare,
solo mediante l’uso delle onde cerebrali. Non mancano tuttavia idee su possibili
applicazioni nel settore dei video-giochi e in quello militare.
Al momento, in tutti i prototipi di BCI, la comunicazione dei segnali è unidirezionale, ovvero l’attività elettrica del cervello viene mandata (o ricevuta) verso
(o da) un elaboratore. Nel futuro tuttavia si potrebbe arrivare ad interfacce più
evolute per abilitare una comunicazione bidirezionale, in cui cervello ed elaboratore comunicano fra loro attivamente.
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C’è anche chi sta percorrendo la strada della stimolazione magnetica transcranica, basata sull’applicazione di campi magnetici di breve e potente durata, in
grado di alterare temporaneamente alcune funzioni cognitive.
Ma c’è anche un’altra frontiera tecnologica che potrebbe portare a promettenti
applicazioni in questo campo: le nanotecnologie.
Grazie alle nanotecnologie in oggi siamo in grado di sviluppare dispositivi su
scala inferiore al micrometro (in genere tra 1 e 100 nanometri). Per fare un paragone, un nanometro corrisponde ad un miliardesimo di metro, ovvero 100.000
volte più piccolo della larghezza di un capello umano.
Ad esempio, con queste tecnologie, già oggi siamo in grado di produrre dei nanotubi di carbonio, strutture filiformi tubolari, con un diametro di circa 15 nm,
che posseggono straordinarie proprietà di resistenza strutturale e conducibilità
elettrica. I nanotubi potrebbero essere utilizzati in futuro per ripristinare la comunicazione, o inserire elettrodi stimolatori in aree del cervello colpite da lesioni, per esempio, a seguito di un ictus o di un trauma.
Figura 26
La sfida delle
Nanotecnologie
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Conclusioni
La più grande conquista degli organismi viventi è stata quella di portare ordine in
mezzo al caos della materia inorganica. È una lotta incessante contro le forze che
tendono verso il disordine sempre più grande, che scandisce l’evolversi dell’Universo. Ordine che non è statico come quello delle molecole che formano un cristallo ma è il frutto di una molteplicità di azioni e contro reazioni in continuo divenire.
Negli organismi viventi la selezione naturale ha fatto evolvere due sistemi operativi fondamentali: il primo è depositario di tutte le informazioni e istruzioni necessarie per la riproduzione. Pensate al DNA, la molecola depositaria dell’informazione genetica in tutti gli organismi viventi; in essa sono contenute in maniera
codificata tutte le istruzioni necessarie alla vita delle singole cellule e dell’intero
organismo. Il secondo sistema operativo, probabilmente derivato dal primo, è il
sistema nervoso, uno straordinario strumento di adattamento e sopravvivenza.
È certo comunque, che il sistema nervoso si è evoluto di pari passo con il grado
di complessità degli organismi per la necessità che essi hanno di comunicare con
l’ambiente esterno. Il crescente numero di informazioni e la necessità di rispondere a varie sollecitazioni ha poi creato l’esigenza di una organizzazione strutturale e funzionale sempre più complessa che permetta di meglio acquisire le
informazioni, di integrarle con quelle precedentemente acquisite, e di elaborare
una risposta adeguata.
Un organismo molto semplice, come un virus, ha un patrimonio genetico pari
alla quantità di informazioni contenute in una pagina di un libro.
Sempre come termine di paragone, il genoma del moscerino della frutta (Drosophila) sarebbe costituito da 20 volumi di 500 pagine. Le informazioni contenute
nel genoma umano corrispondono a circa 400 volumi di 500 pagine.
Il contenuto di informazioni del cervello umano (paragonabile al numero dei
collegamenti tra i neuroni della corteccia cerebrale) vale a dire circa 100.000 miliardi di bit, una quantità di informazioni corrispondente a 20 milioni di volumi.
Tale numero è enormemente più grande dell’informazione genetica: questo indica che la struttura del cervello non può essere completamente determinata
geneticamente, ma che piuttosto deriva anche dall’interazione tra le potenzialità
genetiche e le sollecitazioni ambientali.
Esiste una legge matematica alla base di una grande teoria unificante del modo
in cui funziona il cervello?
Di questo e altro parleremo nel prossimo incontro, “la matematica dell’intelligenza”
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