Chi era Diomede? - Parco Nazionale del Gargano

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Chi era Diomede?
Redazione
Secondo la leggenda, Siponto fu fondata dall’eroe omerico Diomede che sposò la figlia del re Dauno, Evippe.
Di fatto, Siponto fu inizialmente centro abitato dauno, divenne poi fiorente colonia greca ed in seguito cadde nelle
mani dei Sanniti.
Ma chi era Diomede?
Diomede eroe della giustizia
La stirpe di Diomede regnava su Calidone, ma il nonno Eneo era stato spodestato da un usurpatore. Diomede
così nacque in esilio, ad Argo. Rimase orfano sotto le mura di Tebe, città posta sotto assedio per riportare sul suo
trono il legittimo regnante.
Diomede passò la giovinezza ad allenarsi nell’arte della guerra insieme ai sei figli degli altri comandanti morti a
Tebe, nel desiderio di vendicare la morte del padre, di ridare il trono a suo nonno e di far trionfare così la giustizia.
Una volta adulti, Diomede e i suoi compagni furono i sette Epigoni: indissero la seconda guerra contro Tebe e la
vinsero. Durante la guerra però morì il re di Argo.
Dopo aver combattuto sotto le mura di Tebe, Diomede volle anche ridare il trono a suo nonno Eneo. S’infiltrò
silenziosamente ad Argo e, assieme ad Alcmeone, uccise quattro figli di Agrio, usurpatori del trono. Tersite e
Onchesto sfuggirono alla strage e si rifugiarono nel Peloponneso. Agrio stesso, espulso dal regno, si tolse la vita.
Diomede offrì poi il regno ad Andremone, marito di Gorga. Ad Argo Diomede si sposò con Egialea, la figlia ormai
orfana del re, e diventò così sovrano della città. Avrebbe voluto governare in pace e dedicarsi alle gioie familiari
ma ben presto dovette partire per la guerra di Troia.
Diomede guerriero acheo a Troia
Odisseo e Diomede sottraggono il Palladio. Oinochoe apula da Reggio Calabria (360-350 a.C.). Museo del
Louvre
Diomede era protetto dalla dea Atena. Omero afferma che, durante le battaglie, Diomede era simile ad un
torrente in piena, che tutto travolge. Come è raccontato nell’Iliade, in particolare nel libro V, Diomede compì molte
gesta eroiche, uccidendo diversi guerrieri, tra cui i fratelli Xanto e Toone, l’arciere Pandaro e Dreso. Memorabile il
suo duello con Enea: l’eroe troiano stava per essere ucciso da Diomede quando apparve Afrodite a proteggere
suo figlio. Diomede, senza alcun riguardo, ferì la dea ad una mano. Ares corse in aiuto di Afrodite, che riuscì in tal
modo a fuggire col suo carro sull’Olimpo. Il corpo di Enea venne allora protetto e portato in salvo da Apollo, che
apostrofò Diomede con queste parole: “Tu, mortale, non tentare il confronto con gli dei! ”. Diomede si scontrò
quindi con Ares e lo ferì al ventre: il dio dovette uscire dalla battaglia e rifugiarsi sull’Olimpo dove verrà curato dal
medico degli dei, Panèon.
Diomede non era però solo furia e impeto: egli diede nel pieno della lotta un’altissima prova di lealtà e di spirito
cavalleresco: fu poco prima di intraprendere il duello con Glauco, il nobile di Licia, che si batteva a fianco dei
Troiani. È questo uno degli episodi più toccanti dell’Iliade: dopo aver chiesto al nemico il suo nome, Diomede si
rese conto che l’uomo che aveva di fronte era legato da un antico vincolo di amicizia e di ospitalità con la propria
famiglia. Gettò allora la spada a terra e i due nemici, anziché scontrarsi, si strinsero la mano e si scambiarono le
armi, secondo consuetudine. Glauco, preso dall’entusiasmo del gesto e noncurante del loro valore, scambiò le
sue armi d’oro con armi di bronzo, pari al valore di cento buoi per nove buoi.
Assecondò spesso Ulisse, quando si trattò di condurre trattative delicate (sia presso Agamennone che presso
Achille), e con lui compì varie imprese pericolose, tra le quali il furto del Palladio (la statua da cui dipendevano le
sorti di Troia), e l’incursione notturna nell’accampamento del giovane re tracio Reso, che Diomede colpì con la
spada mentre dormiva. Narra Omero che il sonno di Reso, famoso russatore, fu quella notte più rumoroso che
mai, essendogli apparso in sogno il suo assassino.
Dopo la caduta di Troia
Dopo che Troia fu conquistata, Diomede viaggiò per tornare ad Argo, con una veloce navigazione favorita da
Afrodite, desiderosa di accelerare il ritorno dell’eroe in patria, dove aveva intenzione di vendicarsi dell’offesa
subita durante la guerra.
Secondo una variante del mito, invece, una tempesta suscitata da Afrodite, sempre per vendicare l’offesa subita,
spinse Diomede sulle coste della Licia: qui fu sul punto di essere sacrificato ad Ares dal re Lico, che voleva
vendicare la morte di Sarpedone caduto a Troia, ma poté salvarsi per l’intervento di Calliroe, figlia del re, che lo
aiutò a ripartire. Secondo alcune fonti Diomede sarebbe poi sbarcato per errore ad Atene, e qui avrebbe perso il
Palladio, finito nelle mani di Demofonte.
Arrivato ad Argo, Diomede ebbe un’amara sorpresa: né sua moglie Egialea, né i suoi sudditi lo ricordavano più, in
quanto Afrodite aveva cancellato il ricordo di Diomede dalla loro memoria. Secondo una variante del mito,
Egialea, ispirata dalla dea, tradì Diomede con Comete, il giovane figlio di Stenelo, e gli tese molti agguati.
Diomede eroe della civilizzazione
Diomede mentre ruba il Palladio (oggi perduto). Marmo, copia romana del II-III secolo d.C. da un originale greco
del V secolo a.C. Oggi conservata al Museo del Louvre.
Diomede decise di abbandonare la città, imbarcandosi per l’Italia insieme ai suoi compagni: Akmon, Lycus, Idas,
Rexenor, Nycteus, Abas. Dopo aver errato a lungo nel mare Adriatico si fermò in più porti insegnando alle
popolazioni locali la navigazione e l’allevamento del cavallo. La diffusione della navigazione forse aveva l’intento
di ottenere il perdono dalla dea nata dalla spuma del mare e considerata divinità della buona navigazione
(Afrodite euplea). In ogni caso si realizza così una straordinaria trasformazione: da campione della guerra
Diomede diventa l’eroe del mare e della diffusione della civiltà greca. Era infatti venerato come benefattore ad
Ancona, città nella quale è nota la presenza di un suo tempio, a Pola, a Capo San Niccolò (in Dalmazia), a Vasto,
a Lucera e all’estremo limite dell’Adriatico: alle foci del Timavo. In questi luoghi il culto di Diomede si era
sovrapposto a quello del Signore degli Animali, un’antichissima divinità dei boschi.
La caratteristica di civilizzatore viene rafforzata dalla fondazione di molte città italiane, tra cui Vasto (Histonium)
Andria, Brindisi, Benevento, Argiripa (Arpi) presso l’attuale Foggia, Siponto presso l’attuale Manfredonia, Canusio
(Canosa di Puglia), Equo Tutico (Ariano Irpino), Drione (San Severo), Venafrum (Venafro) e infine Venusìa
(Venosa). La fondazione di quest’ultima città, come lo stesso toponimo (da Venus) ricorda, coincide con il perdono
ottenuto da Afrodite, in seguito al quale si stabilì in Italia meridionale e si sposò con una donna del popolo dei
Dauni: Evippe.
Stretto fu il rapporto tra l’eroe e la Daunia. Il primo contatto con questa terra si ebbe con l’approdo alle isole che
da lui avrebbero preso il nome di Insulae Diomedee (le isole Tremiti). Sbarcò quindi nell’odierna zona di Rodi, sul
Gargano alla ricerca di un terreno più fecondo e si spostò a sud dove incontrò i Dauni, che prendevano il nome
dal loro re eponimo, Dauno, figlio di Licaone e fratello di Enotro, Peucezio e Japige.
Diomede si guadagnò le simpatie di Dauno il re che “pauper aquae agrestium regnavit populorum” e dopo avergli
prestato valido aiuto nella guerra contro i Messapi, per il suo alto valore militare – victor Gargani – ebbe in sposa
la figlia Evippe (secondo alcuni si chiamava Drionna, secondo altri Ecania) ed in dote parte della Puglia – “dotalia
arva“-, i cosiddetti campi diomedei, “in divisione regni quam cum Dauno“. Fu allora che fondò Siponto, detta così
dal nome greco sipius, a motivo delle seppie sbalzate sulla riva da onde gigantesche.
Virgilio nell’Eneide ci racconta che i Latini e i Rutuli, bisognosi di alleati per scacciare Enea dalla loro terra,
chiedono aiuto a Diomede, ricordando i trascorsi tra i due eroi. Diomede, però sorprende gli ambasciatori a lui
pervenuti, rifiutando di combattere il suo antico nemico ed anzi invocando la pace tra i popoli. Secondo il poema
latino, Diomede non è genero di Dauno, che è invece padre di Turno, il re dei Rutuli.
Una spiaggia delle Isole Tremiti, l’isola di San Nicola, fu il luogo della sua sepoltura, e i suoi compagni vennero
trasformati da Afrodite in grandi uccelli marini, le diomedee, allo scopo di bagnare sempre la tomba dell’eroe.
Diomede nella Divina Commedia
Dante Alighieri (Inferno – Canto ventiseiesimo) colloca Diomede nell’VIII bolgia dell’VIII cerchio, quella dei
consiglieri fraudolenti, che in vita agirono con inganno e di nascosto e quindi la loro pena nell’inferno sarà quella
di essere celati dalle fiamme alla vista altrui. Egli infatti si trova avvolto in una fiamma a due capi insieme ad
Ulisse, poiché proprio con lui andò nottetempo a rubare il Palladio, la statua di Atena protettrice della città di
Troia.