Cerana Giovanni ISIS Facchinetti 2015 Quando la chimica non esisteva Breve viaggio all’origine degli elementi Introduzione ..................................................................................................................................... 1 I primi anni ....................................................................................................................................... 1 E tutti gli altri? .................................................................................................................................. 3 Come nasce una stella? .................................................................................................................... 4 Perché brillano? ............................................................................................................................... 4 Il destino è scritto nel diagramma H-R ............................................................................................. 9 Il carbonio e l’ossigeno ................................................................................................................... 10 La fine delle giganti ........................................................................................................................ 12 Oltre la fusione ............................................................................................................................... 14 Per finire ......................................................................................................................................... 15 Bibliografia e sitografia .................................................................................................................. 15 Introduzione La chimica è sempre esistita? Non tanto come scienza che studia la composizione e il comportamento delle sostanze, ma come l’insieme delle interazioni e delle trasformazioni della materia. La risposta è no, perché inizialmente la materia non c’era. Vorrei prendere spunto da questa domanda un po’ ingenua per mostrare in che maniera si sono formati quegli atomi che i chimici maneggiano tutti i giorni, che sono poi gli stessi atomi che costituiscono il nostro mondo, i nostri oggetti e noi stessi. E per fare questo partirò proprio dall’inizio. I primi anni La teoria del Big Bang è il modello cosmologico oggi prevalente. Sulla base di diverse evidenze sperimentali, ci dice che l’universo nel quale viviamo è il risultato dell’espansione e conseguente raffreddamento di un universo più piccolo e caldo. La misura della velocità di espansione, che è tutt’ora in atto, ci permette di portare indietro le lancette dell’orologio fino ad un istante in cui tutto lo spazio, la materia e l’energia erano concentrate in un punto di dimensioni infinitesime. 1 1 Quell’istante, in base alle misurazioni più accurate oggi disponibili, è stato 13,799 ± 0,021 miliardi di anni fa. A quell’epoca l’universo era così piccolo che le quattro forze fondamentali: l’interazione nucleare 2 forte, l’interazione nucleare debole, l’interazione elettromagnetica e l’interazione gravitazionale erano una sola forza unificata. Un modello in grado di descriverne lo stato in quei momenti iniziali richiederebbe l’unione delle due grandi teorie della fisica: la meccanica quantistica (la fisica dell’estremamente piccolo) e la relatività generale (la fisica dell’estremamente grande) e ad oggi questo non è possibile. In più, le spaventose energie in gioco non permettono la riproduzione in laboratorio di quelle condizioni per cui le nostre conoscenze sui primi istanti di vita dell’universo sono altamente speculative. Questo periodo che parte dall’istante zero prende il nome di era di -43 -35 Planck e arriva fino a 10 s. Alla fine di tale periodo l’universo aveva un diametro di 10 m, ed una 30 temperatura di 10 gradi. -35 -35 Dalla fine dell’era di Planck e fino a 10 s la gravitazione si separò dalle altre. Passati 10 s anche le altre forze divennero indipendenti e l’universo continuò il suo processo di espansione e raffreddamento. Da qui, grazie alla possibilità di trattare le quattro forze separatamente e gli esperimenti di fisica delle alte energie, il modello diventa meno speculativo. In quel tempo l’universo era così caldo che l’energia continuava a trasformarsi in materia e 2 viceversa secondo la legge di Einstein E=mc . Tutto lo spazio consisteva in un densissimo brodo di particelle elementari: di quark, che nella materia ordinaria a gruppi di 3 formano protoni e neutroni e che invece allora si trovavano nello stato di singole entità, di leptoni, di cui l’elettrone è un esempio e di bosoni come il fotone. Tutte queste particelle e le rispettive antiparticelle si formavano e si annichilavano. La teoria e l’osservazione dell’universo attuale suggerisce che in quest’epoca dev’essere avvenuto un fatto strano e importante, si è introdotta un’asimmetria. Per motivi non ancora completamene chiari la formazione e la scomparsa delle coppie particella-antiparticella lasciava un eccesso di materia rispetto all’antimateria in un rapporto di circa una parte su un miliardo. A questo si -37 -34 accompagnò un altro comportamento curioso (come se il resto fosse normale). Da 10 s a 10 s, probabilmente promossa dalla separazione delle interazioni fondamentali, l’universo conobbe una 50 3 fase di espansione strabiliante, di un fattore di circa 10 . Si pensa che questo aumento di dimensioni, chiamato inflazione, sia stato dovuto ad una specie di passaggio di stato subito 4 dall’universo, un po’ come quando l’acqua passa dallo stato liquido a quello gassoso . Tutto quello che abbiamo detto fin’ora è successo nel primo milionesimo di milionesimo di secondo. -12 -6 Da 10 s a 10 s, a causa sempre dell’espansione e del raffreddamento i fotoni non avevano più energia sufficiente per formare nuove coppie di quark e antiquark. Quelle esistenti si annichilarono e i quark rimasti grazie all’asimmetria si unirono a formare gli adroni (protoni e neutroni) che parteciparono a loro volta alla danza di creazione e annichilazione delle coppie adrone-antiadrone. 1 0,021 miliardi di anni corrisponde ad una deviazione standard. L’interazione nucleare forte è quella che tiene insieme i protoni e i neutroni del nucleo. L’interazione nucleare debole è quella che si ha tra leptoni e quark. Un elettrone è un leptone e di solito lo troviamo fuori dal nucleo, mentre i quark sono le particelle fondamentali che formano protoni e neutroni. Quando il quark di un neutrone passa da una forma ad un’altra (passando da up a down) emette un leptone (elettrone).Il neutrone si è così trasformato in un protone. La forza responsabile di questo processo è l’interazione debole. L’interazione elettromagnetica è quell’interazione mediata dai fotoni che è responsabile della struttura atomica e molecolare della materia e si manifesta quando oggetti carichi elettricamente interagiscono tra di loro. L’interazione gravitazionale è quella forza che fa attrarre gli oggetti dotati di massa. 3 50 Giusto per avere un’idea, 10 è il numero di atomi di cui è fatta la Terra. 4 I due fenomeni non hanno ovviamente nulla in comune, è solo un esempio per rendere meglio visualizzabile la situazione. 2 2 -6 Da 10 s e fino a 1s il raffreddamento e l’espansione continuarono e l’energia dei fotoni non fu più sufficiente neanche a formare coppie adrone-antiadrone. L’asimmetria originaria si trasferì stavolta ai protoni e ai neutroni. Ogni miliardo di annichilazioni sopravviveva una particella di materia, quei protoni e quei neutroni rimasti sono gli stessi che sono arrivati fino a noi. Dopo 1s l’universo era ormai alla temperatura di 1.000.000.000 di gradi. In queste condizioni elettroni e positroni continuarono ad apparire e scomparire ma questo processo, come per i quark e gli adroni poté protrarsi fintantoché i fotoni ebbero un’energia sufficiente. Alla fine dell’era dell’annichilazione come le altre volte, rimase un elettrone ogni miliardo di coppie elettroneantielettrone. La temperatura scese fino a qualche centinaio di milioni di gradi e questo permise ai protoni e ai neutroni di unirsi formando i primi nuclei atomici: idrogeno (90%), elio (10%) e tracce di deuterio, trizio e litio. Sono passati due minuti. In quell’istante l’universo consisteva in un fluido formato da nuclei atomici ed elettroni liberi. La temperatura troppo elevata non permetteva ai nuclei di trattenere a sé gli elettroni che, nel loro vagare collidevano continuamente con i fotoni, deviandoli. Un osservatore immerso in quella nuvola sarebbe stato come in una nebbia luminosissima. Dal momento che qualsiasi fotone sarebbe stato deviato dagli elettroni qualche istante prima di entrare nel suo occhio, non sarebbe stato possibile distinguere nessuna immagine, solo luce bianca. Col progressivo raffreddamento però i nuclei, prima lo scarso litio per via della maggiore carica nucleare, poi l’elio ed ultimo l’idrogeno, riuscirono a catturare in maniera stabile gli elettroni. 380.000 anni dopo il Big Bang, quando la temperatura dell’Universo scese sotto i 3000 gradi, il processo di cattura degli elettroni fu completato, i fotoni poterono viaggiare indisturbati e lo spazio divenne trasparente. La materia, formata da nuclei ed elettroni aveva l’aspetto al quale siamo oggi abituati e con solo i primi tre elementi, la tavola periodica era molto semplice... Per alcuni milioni di anni, questa sarebbe stata la tavola periodica. E tutti gli altri? Se i primi elementi apparsi nell’universo sono stati l’idrogeno, l’elio e il litio, da dove provengono tutti gli altri? Da dove arriva il carbonio, che con la sua versatilità permette la formazione di più composti di tutti gli altri elementi messi insieme? E il ferro? Che coi suoi movimenti convettivi, al centro della Terra, crea quel campo magnetico così utile nel proteggerci dai raggi cosmici e che da 3 tutt’altra parte, nei nostri globuli rossi cattura per noi le molecole di ossigeno? Quello stesso ossigeno prodotto dalle piante grazie alla clorofilla che, al suo interno, ha un atomo di magnesio. Da una stella. 5 Il carbonio, il ferro, il magnesio, il tungsteno, il cloro e tutti gli altri elementi che compongono l’universo, tutti gli atomi del nostro corpo sono stati forgiati nel cuore di una stella da reazioni di fusione nucleare. Come nasce una stella? Oggi l’intero processo è sufficientemente chiaro. Nelle galassie fluttuano gigantesche nubi di gas 6 larghe anche centinaia di anni-luce . Queste nubi si scontrano a volte unendosi, a volte dilaniandosi a vicenda. Quando alcune regioni di queste nubi diventano abbastanza fredde, al di sotto di circa 100K, gli atomi, che si muovono lentamente, quando collidono possono restare uniti grazie alla debole forza attrattiva. Si formeranno allora degli aggregati sempre più grandi che si uniranno tra di loro e la nube inizierà a collassare per effetto dell’attrazione gravitazionale. Al suo interno si formerà una sacca la cui massa e densità continuerà a crescere. L’energia potenziale gravitazionale si trasformerà allora in calore e la temperatura del centro potrà raggiungere i 10 milioni di gradi. In queste condizioni allora, alcuni protoni si muoveranno abbastanza velocemente da superare la repulsione elettrostatica e far entrare in gioco l’interazione nucleare forte che iniziando la reazione di fusione accenderà la stella nascente. Mano a mano che l’energia prodotta dalla fusione cresce, cresce il numero di fotoni che dall’interno si muovono verso gli strati più superficiali in caduta verso il centro. La pressione esercitata da questi fotoni letteralmente spazza via questi strati come fosse una nebbia, lasciando l’astro libero di risplendere. Più la nube iniziale conterrà polvere ed elementi pesanti come calcio, ferro, carbonio e molecole organiche, più l’effetto di espulsione dei fotoni sarà efficace e precoce. Per questo motivo oggi non è possibile la formazione di stelle con una massa superiore a 100 volte quella del Sole. L’universo primordiale era invece formato quasi totalmente da idrogeno. Questo permise la formazione di stelle con una massa fino a 1000 volte superiore. Stelle di tali dimensioni bruciarono il proprio combustibile nucleare molto più velocemente di una stella più piccola, la loro luminosità fu molto più intensa e la loro vita molto più breve. Dopo solo qualche milione d’anni dall’accensione, la loro esistenza finì. Con una colossale esplosione. Perché brillano? Qual è la fonte di energia di una stella? Cosa permette al Sole, che è un’anonima stella di media grandezza, nata in una regione qualunque (il Braccio di Orione) di una galassia come tante altre (la Via Lattea), in una parte dell’universo come tante altre (i dintorni del superammasso della Vergine) di scaldare e illuminare il pianeta Terra? 5 6 Ad eccezione di idrogeno, deuterio e litio. La Via Lattea ha un diametro di circa 150.000 anni-luce, un anno-luce equivale a circa diecimila miliardi di chilometri. 4 Prima di rispondere a questa domanda elenchiamo alcune grandezze che saranno utili nel corso della discussione: 30 mSole= 2·10 kg 26 PSole= 4·10 J/s 9 tSole= 4,5·10 anni 7 dove mSole, PSole, tSole sono rispettivamente la massa, la luminosità ed età del Sole. 9 Sappiamo che la vita esiste sulla Terra da circa 2·10 anni. Perciò la luminosità del Sole non dev’essere cambiata di molto in questo periodo. E’ ragionevole quindi ritenere che la luminosità non sia cambiata di molto durante tutta la sua vita della nostra stella. Possiamo così calcolare 8 l’energia totale emessa nell’arco della sua vita : In passato sono state proposte diverse fonti di energia. Una di queste fu il calore generato da una reazione chimica. Vediamo se così può essere. Una delle reazioni più esotermiche conosciute è quella della termite, nella quale l’alluminio in polvere viene ossidato dall’ossido di ferro secondo la reazione: 2Al + Fe2O3 → Al2O3 + 2Fe + 851,5 kJ La reazione è così esotermica che si produce del ferro fuso. Dividendo il calore generato per la 4 massa dei reagenti si ottiene un valore di 4·10 J/g. Se la fonte di energia del Sole fosse una reazione con un potere calorifico simile, la “combustione” dell’intero Sole fornirebbe un’energia 36 pari a 8·10 J ovvero solo lo 0,00014% di tutta l’energia emessa dalla nostra stella nell’intera vita. Un simile meccanismo permetterebbe di mantenere la sua luminosità per solamente poco più di 6000 anni. E’ evidente quindi che una reazione chimica non può essere la fonte di energia delle stelle. All’inizio del secolo scorso si scoprì che le reazioni nucleari potevano liberare enormi quantità di energia. Quell’energia poteva essere messa in relazione alla scomparsa di massa nel passaggio tra 2 reagenti e prodotti secondo la celebre equazione di Einstein E=mc . Per avere un’idea della differenza delle energie in gioco tra reazioni nucleari e reazioni chimiche è sufficiente calcolare 13 l’energia prodotta dalla trasformazione di 1g di materia in energia: 9·10 J. Un miliardo di volte superiore a quello prodotto dalla reazione della termite. Sapendo poi che il Sole, è composto quasi esclusivamente da idrogeno ed elio, è ragionevole concentrarsi sulle reazioni di questi due elementi. 7 8 Con luminosità si intende l’energia irraggiata dal Sole in tutte le direzioni nell’unità di tempo. Se vorreste verificare questo calcolo, ricordatevi di trasformare gli anni in secondi. 5 1 4 Nella catena protone-protone, la fusione di 4 nuclei di idrogeno ( H) a dare un nucleo di elio ( He) provoca la scomparsa di circa lo 0,7% della massa dei reagenti. Questa massa viene trasformata in energia. La fusione di 1g di idrogeno libera perciò l’energia corrispondente alla trasformazione di 11 0,007g di materia, cioè 6,2·10 J. La catena protone-protone è la principale fonte di energia delle stelle, Sole compreso. Il primo passaggio è estremamente lento perché comporta la fusione di due nuclei di 2 idrogeno a dare un diprotone ( He), un elemento estremamente instabile che decade a dare gli elementi di partenza. In più, per superare la repulsione elettrostatica è necessario aspettare l’effetto tunnel e come se non bastasse è necessario che un protone decada a neutrone. La probabilità che tutto questo accada è così bassa che un protone deve aspettare mediamente un miliardo di anni per fondersi a dare deuterio. 43 Se dividiamo l’energia totale emessa dal Sole: 5,7·10 J per l’energia fornita dalla fusione di 1g di 28 idrogeno si vede che per brillare, in tutta la sua vita sono serviti 9,1·10 kg di idrogeno, che corrispondono solo al 5% della massa totale del Sole. E’ stato così concluso che la fonte di energia delle stelle sono le reazioni di fusione nucleare. C’è però un problema. Affinché i due nuclei possano fondersi è necessario che possa agire l’interazione nucleare forte. Essendo questa un’interazione a brevissimo raggio, è necessario che i due nuclei siano molto vicini, praticamente a contatto. Ma i due protoni, carichi positivamente, tenderanno a respingersi mano a mano che vengono avvicinati a causa della forza di Coulomb. Per fondersi, due nuclei di idrogeno 5 9 devono superare una barriera pari a 5 ·10 eV . Confrontiamo questa barriera con l’energia cinetica posseduta dai nuclei a causa dell’agitazione termica: all’interno della nostra stella c’è una 4 temperatura di circa 15 milioni di gradi. L’energia delle particelle è quindi 3/2kT = 2·10 eV, appena lo 0,4% del necessario. In altre stelle che sfruttano la fusione dell’elio si hanno temperature di circa 100 milioni di gradi ma anche questa fornirebbe solo il 2,6% dell’energia necessaria e perfino nelle stelle più calde, dove la temperatura può raggiungere il miliardo di gradi, l’energia sarebbe insufficiente. E allora come stanno le cose? Le stelle dopo tutto brillano! 9 -19 1eV corrisponde a 1,602·10 J. Corrisponde all’energia scambiata quando un elettrone viene mosso tra due punti con una differenza di potenziale di 1V. E’ una quantità molto piccola ed è utile quando si trattano gli scambi di energia a livello atomico. 6 La soluzione sta tutta in un comportamento molto strano che ha la natura quando la si studia a livello atomico. Finché si osservano i fenomeni che avvengono su scala macroscopica (dai micrometri fino alle distanze astronomiche) tutto va bene. La fisica classica, ovvero tutta la fisica sviluppata prima del XX° secolo, con le sue leggi riesce benissimo a fare previsioni che sono in accordo col senso comune. Non appena però ci si sposta nel mondo degli atomi e delle particelle subatomiche il panorama cambia e sorgono comportamenti che sono completamente controintuitivi. Per comprenderli è stato necessario fondare una nuova fisica che comprendesse la routine del mondo macroscopico e le stranezze del mondo microscopico: la meccanica quantistica. Uno di questi strani comportamenti è l’effetto tunnel. Se si immagina una pallina lanciata su un percorso che presenta un dislivello, una collina da superare, è intuitivo e corretto ritenere che se la pallina, a meno degli attriti, non possiede un’adeguata quantità di energia cinetica, pari almeno all’energia potenziale del dislivello, non avrà alcuna possibilità di superare l’ostacolo. Questo vale nel mondo macroscopico. A livello atomico invece, dove i fenomeni sfidano il nostro senso comune, c’è una Ogni secondo il Sole emette certa probabilità, bassa ma comunque diversa da zero, di poter superare 26 4·10 J di energia. Dividendo l’ostacolo. questa quantità per l’energia liberata dalla fusione di 1g di 11 idrogeno (6,2·10 J) e per quella corrispondente a 1g di 13 materia (9·10 J) si trova che ogni secondo la nostra sella brucia 600 milioni di tonnellate di idrogeno e, cosa più sorprendente, ogni secondo la sua massa diminuisce di 4 milioni di tonnellate. Tutta questa materia viene trasformata in energia: E=mc2. L’effetto tunnel è ciò che permette ai due nuclei di idrogeno di superare la barriera Coulombiana e di dare inizio alla catena di reazioni che porterà alla trasformazione dell’idrogeno in elio. Dato che la probabilità di superare la barriere per effetto tunnel è molto bassa, questo primo passaggio è molto lento e determina la velocità di tutta la catena. Questo porta a due fatti importanti: 1) la stella può brillare e 2) può brillare per un tempo lungo, senza consumare subito tutto il suo combustibile nucleare. Ma come facciamo a sapere quello che sta succedendo nel centro della nostra stella senza poterci guardare dentro? Una grande quantità di informazioni proviene dall’osservazione degli spettri della luce emessa dalle loro superfici. E’ possibile ad esempio rivelare oltre alla 10 presenza di idrogeno ed elio , anche tutta una serie di elementi: calcio, sodio, silicio, magnesio ecc. Nello spettro solare sono stati identificati circa 67 elementi. In alcune stelle è stato individuato anche l’isotopo di massa 99 del tecnezio. Il tecnezio è un elemento molto particolare in quanto non ha neanche un isotopo stabile ed è per questo motivo che sulla Terra non è possibile trovarlo allo stato naturale. Quello eventualmente presente durante 99 la sua formazione ha avuto tutto il tempo di decadere trasformandosi in altri elementi. Il Tc che ha un tempo di dimezzamento di 200.000 anni, ci dice che deve essere necessariamente sintetizzato, e l’unico modo è attraverso delle reazioni nucleari. Purtroppo lo studio della radiazione emessa da una stella ci dice molte cose, ma non può dirci nulla su ciò che avviene nel suo nucleo. Un fotone emesso al centro del Sole viene riflesso così tante volte che per raggiungere la superficie impiega un certo tempo: 10 milioni di anni! Ovviamente, in questo intervallo, l’intera informazione di ciò che è avvenuto nel nucleo viene persa. Per fortuna c’è un altro tipo di radiazione che possiamo utilizzare, il neutrino, che viene prodotto durante la trasformazione dell’idrogeno in elio. Ma quanti sono questi neutrini? Per calcolarlo, partiamo dalla quantità di energia che mediamente arriva dal Sole ogni secondo su ogni metro 10 L’elio porta questo nome perché è stato individuato per la prima volta studiando la luce solare durante un’eclissi nel 1868. Solo nel 1895 venne scoperto e isolato sulla Terra. 7 quadrato di superficie terrestre: 1kW che corrisponde a 1 kJ/s. Se dividiamo questa energia per -12 l’energia prodotta dalla formazione di un nucleo di He che è pari a 4,7 ·10 J otteniamo: Questo risultato significa che l’energia per ogni metro quadrato del nostro pianeta è prodotta dalla formazione di 240.000 miliardi di nuclei di elio ogni secondo. Dato che la formazione di un nucleo di He è accompagnata dall’emissione di due neutrini, il numero di neutrini che investe ogni 2 14 secondo 1m di superficie terrestre è di 4,8 ·10 ! La cosa straordinaria è che queste particelle interagiscono così debolmente con la materia che noi, nonostante siamo costantemente sottoposti ad un intenso bombardamento, non ci accorgiamo della loro presenza. Sono persino in grado di attraversare quasi indisturbati il pianeta da polo a polo. Sono così sfuggenti che la loro rilevazione ha creato non pochi problemi. Oggi al mondo vi sono diversi rivelatori che sfruttano vari fenomeni per “vedere” queste particelle, compresi quelli all’interno del Gran Sasso. Il primo esperimento che ha fornito la prova conclusiva dell’esistenza dei neutrini solari fu il Kamiokande-II, un Contatore ad acqua Čerenkov. L’esperimento funziona in questa 11 maniera: nelle profondità di una miniera di piombo in Giappone, una vasca cilindrica di 16 metri di altezza per 15,6 metri di diametro è rivestita con 1000 fotomoltiplicatori di 50 cm di diametro e riempita con 3000 tonnellate di acqua ultrapura. Può succedere che un neutrino collida con un elettrone. Quando questo avviene l’elettrone viene spostato elasticamente, come fosse una palla da biliardo, ma subito dopo tende a rinculare nella direzione in cui stava viaggiando il neutrino. Durante tutto questo può capitare che l’elettrone si muova più velocemente di quanto si muoverebbe la luce nell’acqua (ma non nel vuoto, perché la luce quando viaggia in un mezzo si muove 12 meno velocemente ), quando questo accade si genera un’onda d’urto elettromagnetica, un bagliore, un po’ La luce azzurra che risplende nella piscina di questo reattore nucleare è come il boom degli aerei supersonici. Questa dovuta all’effetto Čherenkov. emissione di luce viene chiamato effetto Čherenkov e Il russo Pavel Alekseevič Čerenkov vinse il premio Nobel per la fisica nel tra le altre cose è anche il responsabile del chiarore blu 1958 che illumina le piscine dei reattori nucleari dove gli elettroni dell’acqua vengono colpiti dalle radiazioni emesse dal materiale fissile. Il conteggio dei bagliori permette il conteggio dei neutrini e non solo: la disposizione dei fotomoltiplicatori intorno alla vasca ci consente di ricostruire la forma e la direzione della radiazione Čherenkov e quest’ultima dà preziose informazioni sull’energia e la provenienza del neutrino. 11 Si ricorre allo schermo di centinaia di metri di roccia per evitare l’interferenza dei raggi cosmici. La luce si muove nel vuoto a 300.000 km/s, ma quando viaggia in un mezzo, l’interazione con la materia, la rallenta. Nell’acqua ad esempio la velocità della luce si riduce a circa il 75% di quella nel vuoto. 12 8 La figura sottostante mostra i risultati di circa 3 anni di funzionamento dell’esperimento. Il grafico mette in relazione il conteggio dei neutrini rivelati rispetto al coseno dell’angolo (θ) tra la direzione del neutrino e la posizione del Sole. Quando il cos (θ)= 1 il neutrino proveniva dalla stessa direzione del Sole, quando cos (θ)= -1 dalla parte opposta mentre cos (θ)= 0 significa che il neutrino arrivava con un angolo di 90°. I risultati dell’esperimento Kamiokande-II mostrano chiaramente che il Sole è una sorgente di neutrini. Questa è la prova definitiva che il modello che prevede la fusione nucleare all’interno delle stelle è corretto. Questa fu la prova definitiva che la fonte di energia del Sole è la fusione nucleare. Il destino è scritto nel diagramma H-R Se si costruisce un diagramma mettendo sull’asse delle ascisse la temperatura superficiale delle stelle osservate e sulle ordinate la loro luminosità si ottiene il diagramma di Hertzsprung-Russell o diagramma H-R. Il diagramma H-R è del 1910, permette, tra le altre cose, di verificare l’accuratezza delle previsioni teoriche dei modelli di evoluzione stellare confrontandole con le osservazioni sperimentali. La sua utilità risiede nella capacità, una volta posizionata una stella, di fornire indicazioni immediate sulle sue caratteristiche e la sua evoluzione. E’ subito evidente come le stelle tendano a posizionarsi in regioni ben distinte. La prima ad attirare l’attenzione è di solito la fascia obliqua che va dall’angolo superiore sinistro all’angolo inferiore destro. Questa fascia prende il nome di sequenza principale e circa il 90% delle stelle conosciute ne fa parte. Quando una nube di gas collassa sotto la spinta gravitazionale, la quantità di gas che andrà a formare il nuovo astro 9 determinerà la sua posizione nella sequenza principale e ne influenzerà pesantemente il destino. In alto a sinistra si trovano le stelle più massicce, decine di volte più pesanti del Sole. Queste stelle sono estremamente luminose e calde per via della velocità con la quale stanno consumando il loro idrogeno. Queste stelle hanno una vita tanto luminosa quanto breve, in genere esauriscono il loro combustibile in qualche decina di milioni di anni. Muovendosi lungo la sequenza principale si incontrano stelle sempre più piccole, meno luminose e meno calde. Queste stelle esauriscono il loro combustibile più lentamente e la loro vita può andare da alcuni a centinaia di miliardi di anni. Il Sole, che è una stella di media grandezza, si posiziona circa al centro della sequenza. La sua vita è stimata in circa 10 miliardi di anni. Quando una stella esaurisce il suo carico di idrogeno allora lascerà la sequenza principale, e il suo destino dipenderà dalle sue dimensioni. Le stelle più leggere, quelle la cui massa è compresa tra 0,08 e 0,5 volte quella del Sole, una volta consumato l’idrogeno, si troveranno prive di una fonte di energia in grado di controbilanciare la forza gravitazionale. Gli strati gassosi di cui è composta inizieranno a collassare verso il centro facendone aumentare temporaneamente la temperatura ma non a sufficienza affinché si inneschino altre reazioni di fusione. La loro luminosità diminuirà gradualmente e lasciando la sequenza principale diventeranno delle nane bianche. Questi sono oggetti molto particolari. L’attrazione gravitazionale, non più contrastata dal flusso di energia proveniente dall’interno può 9 3 comprimere la materia fino a farle raggiungere una densità di 10 kg/m , ovvero una tonnellata per centimetro cubo! L’attrazione gravitazionale potrebbe andare oltre se non fosse ostacolata dalla pressione degli elettroni degenerati: il principio di esclusione di Pauli non permette che due elettroni occupino lo stesso stato quantico, cioè lo stesso spazio. Questa resistenza ad un’ ulteriore compressione genera una pressione in grado di opporsi al collasso gravitazionale. Questo è il destino riservato alle stelle più leggere. Per il Sole e le stelle più massicce, la situazione si fa molto più interessante. Il carbonio e l’ossigeno Abbiamo visto che la combustione dell’idrogeno nel nucleo continua fino a che questo non si esaurisce. A questo punto la reazione si spegne e il nucleo si raffredda. Venendo a mancare la fonte di energia che controbilancia l’attrazione gravitazionale, gli strati superiori iniziano a precipitare verso il centro. Questo provoca un innalzamento della temperatura degli strati interni e se massa della stella è almeno la metà di quella del Sole la temperatura del nucleo potrà raggiungere i 100 milioni di gradi, allora gli urti tra i nuclei di elio saranno abbastanza forti da far 13 superare la barriera elettrostatica e ad innescare la loro fusione. Il flusso di energia è così intenso che gli strati esterni vengono spinti molto lontano facendo aumentare enormemente le dimensioni della stella. Questi raffreddandosi emetteranno una radiazione con una maggiore componente rossa. Ecco che la stella ha lasciato la sequenza principale per diventare una gigante rossa. Il Sole, che raggiungerà questo stadio tra 5 miliardi di anni, aumenterà le sue dimensioni fino ad inglobare le orbite di Mercurio, Venere e probabilmente della Terra. Per capire cosa accade in una gigante rossa, è necessario tenere conto di due fatti: 1. Non esistono nuclidi stabili con una numero di massa pari a 5 o 8. 2. Dopo idrogeno ed elio, carbonio e ossigeno sono gli atomi più abbondanti nell’universo. 13 Sempre con l’aiuto dell’effetto tunnel. 10 1 4 Il primo ci porta ad escludere che nelle giganti rosse possano avvenire le reazioni di fusione H - He 4 4 5 8 5 4 ed He - He. Queste darebbero rispettivamente Li e Be ma il Li decade a dare He e un protone -22 8 -16 (cioè i reagenti di partenza) con un t1/2= 10 s mentre il Be fa la stessa cosa con un t1/2= 10 s. Ciò significa che la fusione dell’elio con l’idrogeno e dell’elio con sé stesso sono processi che richiedono energia piuttosto che liberarla. 5 He + 1 H t1/2= 10 s Be → He + 4 He t1/2= 10 s Li → 8 12 4 4 16 -22 -16 4 L’abbondanza di C e O, che sono guarda caso la somma di rispettivamente 2 e 3 nuclei di He, ci suggerisce che probabilmente esiste un modo non diretto per formare questi elementi partendo dall’elio. Quanto detto sopra circa il berillio-8 non è affermare che non ce ne sia affatto. La sua situazione può essere vista come quella di un prodotto di una reazione chimica il cui Δ rG sia maggiore di zero. Una energia libera maggiore di zero ci dice che all’equilibrio i prodotti avranno delle concentrazioni magari estremamente basse, ma saranno comunque presenti. Se questi pochi prodotti possono essere i reagenti di un’altra reazione con ΔrG negativo, ecco che quest’ultima può trascinare per il principio di Le Châtelier tutti i reagenti della prima reazione ad essere trasformati nei prodotti della seconda. E questo è proprio ciò che avviene: nelle condizioni di densità e temperatura che si trovano 2 3 all’interno di una gigante rossa, 10 kg/cm e 100 milioni di gradi, il rapporto di concentrazioni tra elio e berillio è: Anche se il berillio-8 ha un tempo di emivita estremamente breve, in una stella viene prodotto molto velocemente. Se riesce a catturare un altro atomo di elio si avrà la formazione di un atomo 12 di C e una volta formato un atomo di carbonio, questo potrà catturare un secondo atomo di elio a 16 dare O. La tavola periodica si amplia. Per il Sole, questa sarà la fine della storia, per lui e le altre stelle di massa inferiore a 1,4 volte 14 mSole , il collasso gravitazionale conseguente all’esaurimento dell’elio non porterà il nucleo ad una temperatura sufficiente ad innescare altre reazioni. Gli strati di gas cadranno sul nucleo e tutta la materia si troverà compressa tra l’attrazione gravitazionale e la pressione degli elettroni degenerati. La gigante rossa diventerà una nana bianca. 14 Negli anni ’30, Charandrasekhar ha mostrato che solo le stelle con masse inferiori a 1,4 volte quella del Sole possono seguire questa strada. Corpi più massivi sono destinati a diventare stelle di neutroni o buchi neri. 11 Il grafico mostra il netto predominio dell’idrogeno e dell’elio rispetto a tutti gli altri elementi (l’abbondanza è espressa come frazione molare, attenzione alla scala logaritmica), la scarsità di atomi leggeri e la relativa abbondanza di carbonio, ossigeno e degli elementi del gruppo del ferro. Come per il diagramma H-R, qualsiasi nuovo modello cosmologico deve essere in grado di spiegare questa distribuzione degli elementi. La fine delle giganti Se la massa della gigante rossa è abbastanza grande, cioè maggiore di circa 10 volte quella del Sole, la contrazione del nucleo è in grado di generare una temperatura di 500 milioni di gradi, sufficiente ad innescare la fusione del carbonio che dà grandi quantità di neon, sodio e magnesio. 12 12 20 4 12 12 23 1 12 12 24 C + C + C + C → Ne + C → He Na + C → H Mg + n 9 Finito il carbonio inizierà un’altra fase di contrazione-riscaldamento. Raggiunti gli 1,2 ·10 K partirà la combustione del neon a dare ossigeno e magnesio: 20 Ne + γ→ 20 Ne + 16 4 He→ O+ 24 4 He Mg + γ 9 Il turno dell’ossigeno sarà quando il nucleo raggiungerà gli 1,5 · 10 K. Si produrrà allora silicio, fosforo e zolfo. 16 16 28 4 16 16 31 1 16 16 31 O + O + O + O → O → O → Si + P + He H S + n 12 16 16 30 16 16 30 O + O + O → 1 Si + 2 H O → P + 2 D Nuclei sempre più grandi comportano barriere coulombiane sempre più alte. La fusione di due 28 nuclei di Si richiederebbe una temperatura di 4,5 miliardi di gradi, non disponibile neanche all’interno delle stelle più massicce e calde e questo impedirebbe la formazione di nuclei più pesanti. Ma c’è un altro fenomeno: alle altissime temperature, la fotodisintegrazione diventa importante. Essa consiste nell’assorbimento da parte di un nucleo di un raggio γ. Questo raggio eccita l’atomo che finisce per emettere particelle (protoni, neutroni, nuclei di elio). Queste particelle possono essere incorporate dagli atomi vicini aumentando così il loro numero atomico e di massa. Si ha così la formazione degli elementi più pesanti, fino al ferro. 28 Si + γ → 28 Si + 4 24 He → Mg + 4 He 32 S + γ Il ferro, avendo il nucleo con la maggior forza di legame tra protoni e neutroni, richiede energia sia quando viene scisso in elementi più leggeri, sia quando incorpora altre particelle per dare elementi più pesanti. Una volta che la stella si troverà ad avere un nucleo ferroso, non avrà più una fonte di energia. Gli strati più esterni inizieranno, e questa sarà l’ultima volta, a collassare verso il centro. Principali tappe evolutive di una stella di massa 25 volte più grande del Sole Tipo di fusione Temperatura (K) Densità 3 (g/cm ) Durata 7 5 7 · 10 anni 8 700 5 · 10 anni 8 2 · 10 5 600 anni 4 · 10 6 1 anno 1 · 10 7 6 mesi 3 · 10 7 1 giorno 3 · 10 9 secondi 14 millisecondi Idrogeno 5,8 · 10 Helio 2,3 · 10 Carbonio 9,3 · 10 Neon Ossigeno Silicio Collasso Rimbalzo 9 1,7 · 10 9 2,3 · 10 9 4,0 · 10 9 7,0 · 10 10 3,5 · 10 1 · 10 6 5 Se si potesse vedere l’interno di una stella negli ultimi istanti della sua vita, vedremmo una struttura a strati, ogni strato avrebbe una composizione, una temperatura e al suo interno avverrebbe una reazione nucleare diversa. Man mano che ci si sposta verso il centro si assisterebbe alla formazione di elementi sempre più pesanti fino al nucleo di ferro. Ma sarebbe un’immagine destinata a durare poco perché l’enorme attrazione gravitazionale farebbe collassare gli strati in pochi secondi. La pressione alla quale viene sottoposta la materia al centro della stella è tale da permettere la fusione di elettroni e protoni per formare neutroni e l’emissione di un’enorme quantità di neutrini. La densità è così alta da superare quella della materia nucleare. Il “rimbalzo” di questa materia immensamente compressa e il flash di neutrini produce una supernova, un’esplosione di dimensioni colossali in grado di espellere la maggior parte del materiale stellare a velocità fino a 15 30.000 km/s e ad emettere un bagliore capace di far impallidire momentaneamente l’intera galassia che la ospita. Il materiale di cui era composta viene sparso nella galassia. Questi atomi andranno a formare polveri, pianeti, organismi pluricellulari e persone. Le esplosioni di innumerevoli supernove hanno fertilizzato l’universo con elementi diversi dall’idrogeno e dall’elio iniziali rendendo possibile la comparsa, in una regione periferica delle Via Lattea, della vita. Tutti gli atomi del nostro corpo sono stati un tempo all’interno di una stella. 15 Un decimo di quella della luce 13 Oltre la fusione La reazione di fusione fornisce energia fino alla produzione del ferro. La formazione degli elementi più pesanti, che richiederebbe l’assorbimento di energia, viene spiegato con la cattura di neutroni. Durante il processo di fusione, alcune reazioni liberano neutroni, ad esempio: 12 C + 12 C → 24 O + 16 O → 31 16 Mg + n S + n Queste particelle essendo neutre, possono penetrare e fondersi in maniera relativamente facile con gli altri nuclei non avendo alcuna barriera coulombiana da superare. Una volta acquistato il nuovo neutrone, questo può decadere a dare un protone e un elettrone, facendo così aumentare di una unità il numero atomico. n → p + e - Questo processo è chiamato processo-s, slow, in quanto il decadimento del neutrone avviene prima che l’atomo ne possa incorporare un altro. Con il processo-s si possono formare gli elementi 209 fino al Bi. Gli elementi più pesanti invece si formano durante l’esplosione della supernova. L’enorme flusso di neutroni portano gli atomi ad incorporare più neutroni prima che questi abbiano il tempo di decadere. Questo processo viene chiamato processo-r, rapid, ed è responsabile della formazione degli elementi più pesanti del bismuto. La tavola ora è completa. 14 Per finire Gli elementi che costituiscono il nostro universo si sono formati in due processi ben distinti. L’idrogeno, il deuterio e il litio provengono direttamente dal Big Bang. Gli altri iniziarono a formarsi qualche centinaio di milione di anni più tardi nelle prime stelle, come prodotti della fusione nucleare e vennero sparsi nello spazio dalle supernove. Questo processo è tutt’ora in atto. Quegli atomi, diretti testimoni di eventi catastrofici avvenuti in epoche e luoghi molto distanti tra di loro sono il materiale di cui tutti noi siamo composti. Per alcuni di noi, le spiegazioni che la scienza dà dei fenomeni naturali può creare qualche disagio, in particolare se questi riguardano le “origini”: la teoria del Big Bang, la comparsa della vita sul nostro pianeta, l’evoluzione. Lo scetticismo di fondo nei confronti delle sue stesse affermazioni, la continua verifica delle sue teorie e la sua costante incompletezza la possono rendere poco attraente, specialmente quando cerca di dirci da dove veniamo. Quando si toccano certe corde è naturale che emerga un naturale egocentrismo che vuole l’uomo al centro di tutto. Ricorrere a verità apparentemente eterne e assolute è molto più rassicurante. Altri abbandonano invece vie alternative e utilizzano le sue scoperte per arrivare ad una comprensione più profonda della natura. Qualunque sia la vostra posizione, spero che queste poche pagine siano riuscite a mostrare in maniera sufficientemente chiara l’intima connessione che c’è tra noi e l’universo. Bibliografia e sitografia 1. deGrasse Tyson N., Goldsmith D., ORIGINI Quattordici miliardi di evoluzione cosmica, Torino, Codice, 2005. 2. Norman E. B., J. Stellar Alchemy: The Origin of the Chemical Elements, J. Chem Educ, 1994, 71, 813. 3. Glickstein N., Before there was chemistry: the origin of elements as an introduction to chemistry, J. Chem Educ 1999, 76, 353. 15 Nella nostra galassia, a 7500 anni luce da noi, nella Nebulosa della Carena si può assistere alla nascita di nuove stelle. Questa è l’immagine di una sua parte: una formazione gassosa alta 3 anni luce che sta collassando sotto l’effetto della gravità. Sulle due sommità è possibile vedere dei getti di gas emessi dalle stelle nelle loro prime fasi di vita. Il bagliore sui bordi è dovuto alla forte ionizzazione del gas dovuta al vento stellare. I colori di questa immagine corrispondono all’emissione dell’ossigeno (blu), idrogeno e azoto (verde) e zolfo (rosso). 16