Walter Ferreri I più grandi telescopi del mondo di ieri, di oggi, di domani GRUPPO EDITORE Walter Ferreri I più grandi telescopi del mondo di ieri, di oggi, di domani GRUPPO EDITORE Sommario Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. PRIMA PARTE: I GRANDI TELESCOPI DI IERI . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 I lunghissimi cannocchiali del Settecento . . . . . . . . 2 Il grande telescopio di Herschel . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Il Leviathan di Parsonstown . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 Insuccessi giganti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 La donazione di Lick, un mecenate senza eredi . . . . 6 Il più grande telescopio a lenti americano . . . . . . . . 7 Il telescopio rifrattore più lungo . . . . . . . . . . . . . . . . 8 Il primo telescopio moderno . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 Il “telescopio di Hubble” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. In copertina: Una delle immagini diffuse dall’European Southern Observatory sull’aspetto che avrà il super-telescopio E-ELT, una volta che sarà completata la sua costruzione nel deserto di Atacama, in Cile. 5 7 8 12 18 23 32 35 38 41 45 SECONDA PARTE: I GRANDI TELESCOPI DI OGGI. . . . . . . . . . . . . . . . 10 Il mitico “5 metri” di Mt Palomar . . . . . . . . . . . . . . 11 Il telescopio da 6 metri russo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 L’avvento dell’ottica adattiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 Il Telescopio Nazionale Galileo . . . . . . . . . . . . . . . . 14 Il telescopio Subaru e i Gemini . . . . . . . . . . . . . . . . 15 L’Hobby-Eberly texano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 Il SALT del Sud Africa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 Il primato spagnolo: GranTeCan . . . . . . . . . . . . . . . 18 Il binocolo più grande del mondo: LBT . . . . . . . . . . 19 Sulla cima del Mauna Kea: i telescopi Keck . . . . . . 20 Il Very Large Telescope europeo . . . . . . . . . . . . . . . 21 L’Hubble Space Telescope . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. 49 50 55 62 68 71 74 77 80 83 87 94 98 TERZA PARTE: I GRANDI TELESCOPI DI DOMANI . . . . . . . . . . . . 22 Telescopi a specchi liquidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Il sorprendente “sinottico” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 Il Giant Magellan Telescope . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 Il “30 metri” statunitense . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 Il gigante dei giganti: E-ELT . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 Dopo Hubble: il James Webb Space Telescope . . . . 28 E si parla già di un dopo-Webb! . . . . . . . . . . . . . . . . pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. 103 105 107 110 112 114 120 123 Tavole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 126 Prefazione L’uomo osserva il cielo da millenni; dall’alba della storia. E non solo: esistono testimonianze che anche gli uomini preistorici rivolgevano lo sguardo al cielo; se non per studiarlo e cercare di comprenderlo, perlomeno per determinare il tempo inizialmente in base a quello strano astro che cambiava aspetto e posizione da un giorno all’altro e che noi chiamiamo Luna. Gli uomini antichi, in particolare i Greci, giunsero a un livello di conoscenza stupefacente considerando che scrutavano il cielo a occhio nudo. Ma, appunto per la limitazione imposta dalla nostra vista, molte conoscenze erano precluse. Occorre attendere l’inizio del XVII secolo per riuscire ad andare oltre. Ovvero, occorre attendere l’invenzione del telescopio! Grazie a questo strumento, Galileo, il primo - in base a quanto risulta dalla documentazione scritta - a rivolgere il telescopio appena inventato verso il cielo, ha visto cose che nessun essere umano aveva mai visto prima di allora, come i quattro maggiori satelliti di Giove o i crateri lunari. Il telescopio ha aperto letteralmente la via del cielo, rivelando mondi, bellezze e aspetti preclusi alla nostra vista. Così come il microscopio ha rivelato il mondo dell’ininitamente piccolo, il telescopio ha dischiuso il panorama di quello estremamente grande. Con il trascorrere dei decenni, i primi rudimentali telescopi si sono via via più evoluti e hanno accresciuto le loro dimensioni. Infatti, oltre alla perfezione, il telescopio è uno di quegli strumenti in cui vale la massima che più è grande e meglio è. Al di là dell’intuitiva comprensione che un obiettivo più grande raccoglie più luce (così come un catino più grande riceve più gocce di pioggia), vi è anche il fatto che vede con maggior acutezza o - per usare il gergo astronomico - accresce il suo potere risolutivo. 5 Per questo motivo, dopo i primi, rudimentali strumenti con obiettivi da solo pochi centimetri di diametro, si sono costruiti via via telescopi più grandi, grazie ai quali le nostre conoscenze sull’Universo sono cresciute a dismisura e in modo impensabile rispetto al passato. Così, se ino al secolo scorso un telescopio con obiettivo da un metro di diametro era considerato “grande”, oggi, per meritarsi questo aggettivo, l’obiettivo deve raggiungere il diametro di diversi metri e, come indicato fra i telescopi del futuro, diventeranno “normali” strumenti con obiettivi nell’ordine dei 10 metri! In questo lavoro passiamo in rassegna e ricordiamo quali sono stati i telescopi che hanno rappresentato un passo in avanti nella conoscenza del cielo, non tralasciando anche alcuni celebri tentativi infruttuosi. Parliamo poi estesamente di quelli giganti attuali e di quelli futuri imminenti, ovvero quelli che dovrebbero entrare in funzione entro il prossimo decennio e sui quali la comunità astronomica ripone molte aspettative. 6 PRIMA PARTE I grandi telescopi di ieri capitolo 1 I lunghissimi cannocchiali del Settecento Già nei primi anni dopo l’invenzione del cannocchiale, ci si rese conto che per migliorare le prestazioni, ovvero “per vedere di più” era necessario, oltre a un’accurata lavorazione delle superici ottiche, anche aumentare il diametro delle lenti. Ma queste sono affette dalla cosiddetta aberrazione cromatica, cioè si comportano un po’ come dei prismi, disperdendo i raggi luminosi in base alla loro lunghezza d’onda. Tra le radiazioni visibili a occhio nudo, quelle a maggiori lunghezze d’onda, le rosse, vengono focalizzate più lontano, le altre, via via a distanze minori ino al blu-violetto. La conseguenza è che l’immaDIAMETRI E FOCALI gine non è nitida, ma lattescente e contornata da frange dei coloDiametro (cm) Focale (metri) ri che vanno a un fuoco diverso 3 1,6 da quello che l’osservatore mette 4 2,9 5 4,5 a fuoco (generalmente il giallo-verde, dove l’occhio umano fa 6 6,5 registrare la massima sensibilità). 7 8,8 Nei primi anni dopo l’inven8 11,5 9 14,6 zione del telescopio, gli ottici non erano in grado di lavorare 10 18 con precisione lenti con diame11 21,8 12 25,9 tri superiori a pochi centimetri. 13 30,4 Ma alla ine del XVII secolo 14 35,3 impararono a levigarle con cura 15 40,5 anche oltre i 10 cm. Però, al 16 46,1 crescere del diametro, per evi17 52 tare che l’aberrazione cromati18 58,3 ca precludesse i vantaggi della 19 65 maggiore dimensione, si rende20 72 va necessario aumentare la diTabella 1 stanza focale in modo abissale. 8 In una stampa del 1728 (da Hesperi et Phosphori Nova Phaenomena di F. Bianchini ) è illustrato il sistema di impiego dei grandi telescopi realizzati con lunghe focali per ridurre i problemi derivanti dall’aberrazione cromatica. Le lenti di questi strumenti avevano diametri di una decina di centimetri al massimo, per la dificoltà di fabbricare vetri più grandi di buona qualità. Per la precisione, riportiamo in Tabella 1 le focali minime che devono avere delle lenti semplici per fornire buone immagini. All’epoca, tra ine Seicento e inizio Settecento, l’unica soluzione per “vedere di più” consisteva nel realizzare lenti che rispettassero questi rapporti. Ne conseguiva che anche per diametri modesti si raggiungevano lunghezze enormi. Già il nostro Cassini scoprì la divisione negli anelli di Saturno che porta il suo nome con un cannocchiale da 6 cm di diametro e 10 metri di focale. Ma, volendo utilizzare proicuamente diametri maggiori, si resero necessarie focali ben più lunghe. Così, Johannes Hevelius (1611-1687), un ricco nobiluomo di Danzica, mise a punto strumenti lunghissimi, da 18, 21 e ... 46 metri! Quest’ultimo, che egli descrisse nel suo lavoro Machinae Coelestis, aveva l’obiettivo - una semplice lente debolmente convergente con un diametro di circa 20 cm - realizzato da un ottico locale, esperto anche in meccanica. Lo strumento, del quale ci è giunta un’illustrazione, creò più problemi per la montatura che non per l’ottica. Hevelius scelse come 9 materiale il legno, anche per il “tubo”, scartando per quest’ultimo materiali più leggeri come cuoio o cartoncino, in quanto inconsistente e fragile e metallo perché troppo pesante e costoso. Il “tubo” fu realizzato con sezioni di assi ad angolo retto, lunghe 12 metri ciascuna, che vennero poi unite. Ad un’estremità si trovava la cella dell’obiettivo; all’altra l’oculare. Il tutto era sostenuto da funi. Di notte non poneva problemi, ma durante i crepuscoli o quando la Luna era in fase avanzata, l’oculare doveva essere schermato dalla luce parassita. Per evitare questo problema, in seguito Hevelius aggiunse dei diaframmi a intervalli regolari lungo il “tubo”. I più vicini all’obiettivo avevano un’apertura sui 20 cm, meno quelli prossimi all’oculare. Questi diaframmi, di legno, non solo svolsero la funzione di escludere la luce indesiderata, ma permisero anche un allineamento migliore e aumentarono la rigidità delle sezioni. L’intero apparato era sostenuto da una colonna di legno alta 27,4 m ed era azionato per mezzo di funi e pulegge. Il lunghissimo cannocchiale di Hevelius, quello da 46 metri di focale. 10 Hevelius scrisse che poteva azionare questo “mostro” con facilità e velocità, ma probabilmente era vero l’opposto. Per azionare le funi in modo da dirigere il telescopio nella direzione voluta, erano indispensabili più assistenti. Quindi, l’astro doveva essere inquadrato e seguito. Non doveva essere semplice farlo con un apparato di questa lunghezza, sorretto da una struttura di legno. In ogni caso, la brezza più leggera era suficiente a farlo vibrare e a rendere di fatto le osservazioni impossibili. Forse, il più grande problema per Hevelius erano le variazioni nell’allineamento del tubo. Halley, che esaminò lo strumento, disse che le lenti non mantenevano il corretto allineamento e che, a causa di questo difetto, riteneva quel telescopio “inutile”. Per questo e altri motivi, Hevelius utilizzò il telescopio da 46 metri solo per osservazioni occasionali. La fama di Sternenburg, il suo Osservatorio di Danzica, si diffuse attraverso l’Europa; la realizzazione di questo telescopio gigante fu un grosso evento per la città. Ma, all’atto pratico, questo strumento non portò a nuove scoperte. In quegli stessi anni, le scoperte astronomiche arrivarono invece da strumenti più maneggevoli, come quelli lunghi fra i 7 e i 12 metri e con diametri fra i 5 e gli 8 cm (ingrandimenti sulle 90 volte). Nel 1678 Hevelius concepì l’idea di realizzare una torre-osservatorio in grado di sostenere e dirigere con cura telescopi giganti, grazie anche a una serie di apparati ausiliari. E, forse, questo grande osservatore sarebbe anche arrivato a realizzare questo suo sogno, se nel 1679 non si fosse veriicato un disastroso incendio, che distrusse gran parte del suo Osservatorio. Hevelius in parte si riprese, ma, avendo già un’età di 68 anni, non se la sentì più di portare avanti questo ambizioso progetto. 11 capitolo 2 Il grande telescopio di Herschel Quando Isaac Newton aveva affermato che non sarebbe stato possibile eliminare l’aberrazione cromatica dei telescopi a lenti, molti nella costruzione dei telescopi si indirizzarono verso gli specchi, che sono per natura esenti da tale aberrazione. Tra questi, vi fu un appassionato di origine tedesca, William Herschel (1738-1822), che era emigrato in Inghilterra per motivi di lavoro. Dopo aver avuto l’occasione di guardare il cielo attraverso un telescopio (che gli era stato prestato), Herschel rimase talmente colpito che volle disporre di un telescopio suo proprio. Ma, all’epoca, i prezzi erano molto alti e la qualità non sempre soddisfacente. Pensò quindi di superare il problema costruendolo da sè. Non solo riuscì nell’impresa, ma i suoi specchi risultarono di qualità più elevata di quelli levigati dagli ottici suoi contemporanei. La sua passione, unita all’abilità manuale, gli consentì di mettere a punto diversi strumenti, con uno dei quali (da 16 cm di diametro), grazie alla sua incessante osservazione del cielo, scoprì il pianeta che sarebbe stato chiamato Urano. Questa scoperta diede giustamente molta fama e disponibilità economica a Herschel, che poté così intraprendere la costruzione di telescopi via via più grandi. Nel 1782 completò con successo un 30 cm da 6,1 metri di focale, seguito da altri. Il buon esito di queste lavorazioni era stata resa possibile dall’esperienza accumulata nella levigatura di centinaia di specchi più piccoli. Herschel, tranne un caso, aveva sempre dato ai suoi rilettori la conigurazione Newton, ma poiché la lega rilettente assorbiva il 35% della luce che la colpiva, in seguito preferì evitare la presenza dello specchio secondario, che comportava un’ulteriore perdita del 35%. Per fare questo, Herschel inclinò lo specchio in modo che l’immagine si formasse verso un bordo del tubo. Questa soluzione, chiamata herscheliana, non ha più motivo d’essere al giorno d’oggi, poiché la luce persa con i moderni trattamenti di rivestimento degli specchi è 12 assai minore. Il fuoco herscheliano si può sfruttare solo con ottiche poco aperte, almeno f/10, altrimenti le aberrazioni extra-assiali diventano insostenibili. Nel 1786 Herschel si spostò in un nuovo fabbricato a Slough (una trentina di km a ovest dal centro di Londra), dove iniziò a preparare la struttura per la costruzione di un rilettore da 12,2 metri di lunghezza focale, con un diametro di 1,2 metri. Grazie all’inluenza di Watson, presidente della Royal Society, il re Giorgio III donò 2000 sterline per la sua costruzione e ne promise ulteriori 2000 quando lo strumento fosse stato quasi completato. Il grande telescopio di Herschel aveva lo specchio da 1,2 metri di diametro e 12 metri di focale. 13 Per questo telescopio, Herschel non solo fece da solo l’intero progetto, ma seguì i trenta-quaranta lavoratori che eseguirono le varie parti. Per seguire la costruzione, Herschel fece anche diversi viaggi a Londra per dirigere la fusione dello speculum. Con questo nome si indicava la lega composta per il 68% di rame e per il 32% di stagno con la quale si realizzavano gli specchi dei telescopi all’epoca, quando il vetro non era ancora entrato in uso. La fusione del primo specchio avvenne a Londra nel 1785 ma, per un errore della persona che fece la fusione, risultò nel centro più sottile di quanto avrebbe dovuto essere. Ma questo non fu considerato un grosso inconveniente, e il lavoro andò avanti. Lo specchio venne quindi montato in un anello in ferro per la levigatura e la lucidatura. La circonferenza dell’anello era dotata di manici, in modo che dodici uomini potevano manovrarlo verso l’utensile convesso in ferro, in modo che, grazie all’abrasivo tra i due dischi, si sarebbe arrivati alla curvatura richiesta. In seguito, si procedette con la lucidatura e quando essa venne giudicata soddisfacente, nel febbraio 1787, con l’oculare in mano, Herschel camminò carponi dentro il tubo per trovare il fuoco. “L’oggetto che osservai - egli scrisse - era la nebulosa nella spada di Orione; trovai la forma dello specchio, sebbene non perfetta, migliore di quanto m’aspettassi. Il grande strumento mi mostrò le quattro piccole stelle immerse nella nebulosa e molte altre. La nebulosa era estremamente brillante”. All’inizio dell’anno seguente, Herschel fece per lo specchio una seconda fusione, ma il metallo, a causa della sua fragilità, si ruppe durante il raffreddamento. Una terza fusione, contenente una maggiore proporzione di rame, riuscì bene e venne, faticosamente, lucidata come la prima, con due gruppi di dodici uomini per maneggiarla. Quando, nell’ottobre 1788, Herschel rivolse lo strumento con il nuovo specchio verso Saturno, l’immagine non era così buona come aveva sperato. Ma nell’agosto 1789 iniziò a levigare un secondo specchio con un nuovo dispositivo. Provato il 27 agosto 1789 sulle stelle, questo diede di esse immagini “piacevolmente nitide”, accompagnate da un certo ammontare di lare a causa di grafi presenti sulla supericie dello specchio. Nonostante la lucidatura imperfetta, la grande supericie di raccolta della luce, superiore a qualsiasi altro telescopio, permise a Herschel la notte seguente di scoprire Encelado, il sesto satellite di Saturno, 14 e di vedere alcune macchie sul pianeta “più intense di quanto non le abbia mai viste inora”. Herschel aveva trovato che la rilessione di questo grande specchio gli faceva perdere il 33% della luce incidente. Le osservazioni regolari con questo gigante iniziarono verso la ine del 1789, avendo come principale soggetto di studio Saturno. Il 17 settembre di quell’anno Herschel scoprì un altro satellite di Saturno, che sarebbe stato chiamato Mimas. Il grande diametro dello specchio rivelò a Herschel anche molti nuovi oggetti del cielo profondo, ma non distinse ulteriori particolari su quelli già noti. Gli ammassi globulari apparivano più brillanti e si risolvevano più facilmente in stelle. Con questo strumento, raramente impiegava ingrandimenti superiori a 200x, per avere un campo maggiore e rendere le deboli nebulose visibili più facilmente. Dei satelliti di Urano vennero registrate solo tre osservazioni, le altre vennero svolte con i rilettori con focale da 2, 3 e 6 metri. Nessuna osservazione di Saturno risulta dal 1791 al 1798. Nell’aprile del 1801 Herschel lasciò scritto: “Lo speculum è molto danneggiato dal tempo. Ciò nonostante, vedo gli anelli, le fasce e i satelliti molto bene.” Lo specchio venne rilucidato, ma le osservazioni di Saturno continuarono ad essere scarse e molto distanziate le une dalle altre. Ecco invece quanto Herschel lasciò scritto il 29 luglio del 1813: “Ho visto Saturno, che era molto brillante, e molti dei suoi satelliti, ma a causa delle stelle della Via Lattea, che erano sparpagliate sullo sfondo, i satelliti non potevano essere identiicati se la loro posizione non fosse stata calcolata prima. Lo specchio è così annerito che l’immagine di Saturno era molto imperfetta. In ogni caso, la luce raccolta è molto più di quella necessaria per vedere questo pianeta anche con un alto potere. Per questo motivo, è del tutto adeguata la deinizione di uno specchio da 3 metri di focale (30 cm di diametro) per evidenziare i fenomeni più delicati di Saturno.” Negli anni successivi, Saturno è sempre stato il soggetto di studio favorito e per questo è presumibile che questo sia stato l’ultimo astro visto attraverso il grande telescopio. L’ultima osservazione venne eseguita nell’agosto 1815, “Saturno era molto brillante e notevolmente ben deinito. Il quarto satellite appariva come una stella di prima magnitudine vista a occhio nudo. Lo specchio è estremamente annerito.” La scarsità e irregolarità delle osservazioni di Herschel con questo gigante fanno pensare che lo strumento non fosse all’altezza delle 15 Due turisti italiani in posa davanti a ciò che rimane oggi del grande telescopio di Herschel. aspettative del costruttore. In primo luogo, le condizioni atmosferiche raramente furono suficientemente buone per sfruttare la sua apertura e anche quando lo erano, Herschel preferiva il più piccolo e più maneggevole 60 cm. L’astronomo trovò che vi erano pochi oggetti visibili con il telescopio da 1,2 metri che non fossero alla portata del 60 cm. Anche Encelado e Mimas erano accessibili al 60 cm ed entrambi furono visti prima della loro scoperta uficiale con lo strumento minore, ma non riconosciuti come tali perché le osservazioni non furono continuate. Il telescopio più grande richiedeva molto tempo per essere preparato alla notte osservativa. Per i movimenti, occorrevano almeno due assistenti. Con solo un centinaio di ore all’anno di condizioni di seeing molto buono, Herschel non poteva permettersi di sciupare quelle occasioni nella messa a punto di un telescopio laborioso. Così, lasciò scritto: “il telescopio da 12 metri dovrebbe essere usato solo per esaminare oggetti che altri strumenti non raggiungono. 16 Guardare attraverso uno strumento più grande del necessario è una perdita di tempo, che in una notte favorevole un astronomo non dovrebbe sprecare.” Il tempo richiesto nel mettere a punto il grande telescopio per l’osservazione era modesto se paragonato a quello perso nello spiegare la sua costruzione e movimenti ai visitatori che avevano scarso interesse verso l’astronomia. Quando il telescopio fu completato, il numero dei visitatori incrementò, e raramente passava un giorno senza che qualcuno chiedesse di vederlo. Tra questi, vi era il re Giorgio III (che per la sua realizzazione stanziò 4000 sterline e che aveva assicurato a Herschel un vitalizio di 200 sterline annue), che si divertiva a portarvi gente. La sorella di Herschel, Carolina, ricorda che un giorno, all’Arcivescovo di Canterbury, disse: “Venite, Signor Vescovo, vi mostrerò la via dei cieli”. Lo specchio da 1,2 metri era sensibile alle variazioni di temperatura, a causa delle sue dimensioni e per il sistema grossolano di montaggio. Si raffreddava più lentamente dell’aria circostante, e la lunghezza focale variava in modo apprezzabile. Talvolta, quando l’aria era umida, sulla supericie si depositava la rugiada, bloccando le osservazioni. Quando il tubo veniva abbassato da posizioni prossime allo zenit, lo specchio si letteva sotto il suo stesso peso, con detrimento nella deinizione dell’immagine. Dei supporti nella parte posteriore rimediavano solo in parte a questo inconveniente. Ma nel complesso, il maggior difetto del grande specchio consisteva nel fatto che perdeva la sua lucentezza con una certa rapidità, a causa del suo alto contenuto di rame. Per questo, Herschel lo lucidava frequentemente, anche se questo gli costava notevole fatica. La massiccia struttura in legno del grande telescopio era più alta della casa di Herschel ed era visibile dalla vicina strada London-Bath, dove transitavano le carrozze, destando sicuramente curiosità e interesse tra quei viaggiatori. 17 capitolo 3 Il Leviathan di Parsonstown Il telescopio da 122 cm di Herschel rimase il più grande del mondo ino al 1839, quando venne smantellato dal iglio John. Proprio in quegli anni, nella vicina Irlanda, un appassionato di astronomia, William Parsons (1800-1867), terzo conte di Rosse, era dell’idea che sarebbe stato possibile costruire uno strumento più grande di quello di Herschel. Come quest’ultimo, Lord Rosse iniziò a fare esperienza costruendo specchi di diametro contenuto, ma via via più grandi. Il primo specchio che realizzò in modo soddisfacente e con una certa dimensione fu un 38 cm di diametro da 3,6 metri di focale. A questo seguì un 61 cm e, nel 1840, un 91 cm. Come Rosse si rese conto della buona riuscita del 91 cm, progettò uno strumento di diametro doppio, soprattutto per dare una risposta a una domanda che ci si poneva all’epoca: quali nebulose sono in realtà lontani ammassi stellari? Nell’aprile del 1842 Rosse procedette alla fusione di uno specchio da 72 pollici (182 cm) di diametro e 16,6 metri di focale, realizzato in una lega metallica simile a quella che utilizzava Herschel. I laboriosi esperimenti per trovare la lega metallica ottimale per lavorare la supericie rilettente furono eseguiti con maestranze del suo feudo di Un ritratto di William Parsons, Birr Castle nella King’s Country. terzo conte di Rosse. 18 Verso la ine dello stesso anno, Rosse iniziò a erigere la montatura, presso la palude di Allen, a Birr Castle presso Parsonstown, nell’Irlanda centrale. La caratteristica predominante e insolita di tale montatura era rappresentata da due muri paralleli, realizzati per darle più stabilità e rendere più facile l’accesso dell’osservatore al suo fuoco newtoniano. Ciascuno di questi muri era lungo 22 metri e alto 17; tra di essi vi era una separazione di 7,3 metri. Il tubo del telescopio aveva una lunghezza di 17 metri e un diametro di 2,4 metri. Era costituito da tavole di legno cerchiate con anelli di ferro; il tutto irrobustito da diaframmi. Essendo sistemato all’interno di due muri, con un’escursione a est e a ovest di 15°, il telescopio di fatto ricordava un cerchio meridiano. Molti astri non potevano essere osservati per più di due ore; da un’ora prima del passaggio in meridiano a un’ora dopo. La costruzione della montatura continuò per tutto il 1843 e per il 1844. Nel febbraio del 1845 lo strumento, dopo tre anni e una spesa di 12 mila sterline, era pronto; John Herschel dichiarò il suo completamento: “un’impresa di tale grandezza che mi mancano le parole per esprimere la mia ammirazione.” Il primo di due specchi (fusione n. 2) aveva ricevuto un’adeguata lucidatura e fu montato nel tubo, essendo considerato già adatto per svolgere il suo ruolo. Lord Rosse, il dr. Robinson e Sir James South tentarono di osservare la Grande Nebulosa di Orione, ma il cielo era nuvoloso quando la nebulosa era puntabile col telescopio. Riuscirono invece già il 13 febbraio a vedere ben separate le componenti di Castore e a risolvere M67. Alcuni giorni più tardi, dopo che lo specchio venne ulteriormente lucidato, furono osservate diverse nebulose, mentre le stelle doppie Gamma Leonis ed Epsilon Virginis furono risolte con poteri da 400 a 800x. L’immagine di Regolo era rotonda e ben deinita, senza sbavature o protuberanze. La luminosità delle immagini fu superiore alle aspettative. Quando Giove entrò nel campo, gli osservatori ebbero l’impressione che fosse stata inserita nel tubo la lampada di una carrozza. Certi ammassi apparvero così stupendi “come mai era stato possibile vederli prima di allora e tali che la loro magniicenza superava ogni descrizione”. Con un potere di 828x venne separata Gamma Andromedae, quando le due componenti erano a 0,5” l’una dall’altra. La supericie lunare apparve piena di minuti crateri, canali e striature. 19 Il rilettore da 1,8 metri di Lord Rosse visto da sud-ovest. A questo punto, lo specchio era ritenuto abbastanza buono per iniziare un lavoro regolare sulle nebulose scoperte da Herschel. In questo ambito, il grande potere di raccolta della luce dello specchio rivelò che molti oggetti etichettati come “nebulose”, sia planetarie che diffuse, erano in realtà composti da grandi quantità di deboli stelle. Già in dal tempo di Galileo si credeva che le masse nebulari celesti si sarebbero risolte in miriadi di stelle con telescopi sempre più potenti. In una di queste “nebulose”, la M51 nei Cani da Caccia, ilamenti curvi di nebulosità diedero nel complesso l’apparenza di una delicata struttura a spirale di precisione quasi geometrica. Era la prima volta che si palesava questa forma caratteristica, aprendosi così la via a nuove e importanti ricerche e speculazioni sulla evoluzione stellare. Rosse equipaggiò lo strumento con molti accessori, ma non con un cercatore, al posto del quale utilizzava un oculare di basso potere con lente da 15 cm, che forniva un campo di mezzo grado. Altri oculari potevano essere usati in coppia tramite un supporto a slitta equipaggiato con due adattatori. Un basso potere poteva così essere sostituito da uno alto semplicemente facendo scorrere la slitta. Per disegnare le estese nebulosità, dopo un inutile tentativo di illuminare il campo (nonostante la grande quantità di luce raccolta dallo specchio, questa tecnica rendeva invisibili i deboli dettagli delle 20