B.R. Ambedkar e il buddismo - Associazione Immigrati Cittadini onlus

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QUINDICINALE ON LINE DIRETTO DA CLEMENTINA GILY
Anno VII – Numero 21
SAGGI
GIORNALE DI FILOSOFIA ITALIANA
1-15 novembre 2008
Ambedkar e il neobuddismo 2 e fine
Di Francesco Villano
A
mbedkar, convinto che il fenomeno dell’intoccabilità fosse intimamente connesso alle
strutture sociali e alla visione religiosa proprie del mondo indù, giunse a individuare la
soluzione di tale problema nella conversione al buddhismo: dopo la politica, la religione era la
seconda via per uscire dall’induismo. Per propagare queste idee tenne numerose conferenze, in
India e nei paesi limitrofi, diresse alcune riviste e fondò, nel 1955, la Bharatiya Buddha
Mahasabha.
L’approdo finale della sua vita di lotta fu la riformulazione in chiave prevalentemente sociale
dell’ antico pensiero del Buddha, che trovò attuazione pratica nella nuova religione da lui
fondata: il neobuddhismo. Ambedkar fissò questa rielaborazione nel suo studio più importante:
”The Buddha and his Dharma “1(uscito postumo nel 1957) e ripartito in ben otto volumi.
Quest’opera, la Bibbia buddhista, diventò il riferimento principe del nascente movimento
neobuddhista. Con quest’opera egli intese purificare il buddhismo dallo sviluppo della filosofia
dei secoli posteriori alla morte del Buddha, eliminando quanto la dialettica e i conflitti con
l’ambiente brahmanico avevano aggiunto di spurio al pensiero del suo fondatore. Questa
riforma religiosa trovò una certa freddezza nell’ambito buddhista vero e proprio, ma incontrò
un grande entusiasmo tra gli intoccabili che videro in essa lo strumento tanto atteso per il loro
riscatto umano e sociale. Nell’ottobre del 1956, due mesi prima di morire, Ambedkar organizzò
una cerimonia di conversione di massa a Nagpur, durante la quale pronunciò la celebre frase:
Io non morirò da hindu; quindi impartì la diksa (iniziazione) a migliaia di suoi seguaci. Da
allora un gran numero di intoccabili si è convertito “ alla nuova religione”, facendola diventare
la terza dell’India per numero di credenti. Molti studiosi hanno voluto inquadrare questo
affermarsi del pensiero buddhista in India (anche se riformato), nel più ampio fenomeno
riscontrabile sia in Asia che in occidente del “risveglio buddhista “2, che ha caratterizzato questi
ultimi due secoli e che è stato contraddistinto soprattutto dall’aspetto “emancipazionista” del
messaggio dell’illuminato, e che Ambedkar non riscontrava nella religione induista. A tal
proposito è opportuno ricordare la famosa conferenza del 30-5-1936 tenuta a Bombay, dove
rivolgendosi alla comunità degli intoccabili disse:” La religione è per l’uomo e non l’uomo per la
religione. Se voi volete organizzarvi, consolidarvi e avere successo in questo mondo, cambiate
questa religione (cioè l’induismo). La religione che non vi riconosce come esseri umani, o non
vi da acqua da bere, o non vi permette di entrare nei templi, non è degna di essere chiamata
religione. La religione che vi proibisce di ricevere un’educazione e così di avere vantaggi
materiali non è degna dell’appellativo di religione. La religione che non insegna ai suoi seguaci
a usare benevolenza nei rapporti coi suoi correligionari è nient’altro che un’esibizione di forza.
1
2
B.R.Ambedkar, The Buddha and his Dharma, Bombay 1991.
Bausani A., Buddha, Chiasso 1973, 7-8.
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La religione che chiede ai suoi aderenti di accettare il contatto di animali, ma non il contatto di
esseri umani, non è una religione ma una beffa.
Quella religione che preclude ad alcune classi l’educazione, di fatto proibendo
loro di
accumulare ricchezza, non è una religione ma una beffa. La religione che costringe gli ignoranti
a essere ignoranti e i poveri a essere poveri non è una religione ma una disgrazia”3.
L’approdo religioso del dr. Ambedkar non deve sorprendere, poiché egli pensava che la
religione fosse psicologicamente necessaria a un uomo ordinario. La sua decisione di
abbracciare il dharma buddhista è riassunta nei seguenti punti: 1) Il buddhismo è basato sulla
moderna valutazione dei principi di libertà, eguaglianza e fraternità. Egli ammirava il fatto che
Buddha si fosse rivoltato contro la religione induista e le sue istituzioni e le avesse combattute,
sforzandosi di costituire una società dove regnassero libertà, eguaglianza e fraternità. Una
prova della liberalità del Buddha e della sua indipendenza spirituale dalla religione imperante
nella sua epoca sta nel fatto di aver aperto l’ingresso nel proprio ordine monastico ai membri
di tutte le caste. Il dr. Ambedkar ha affermato che al Buddha va attribuito il merito di avere
creato in India una società ideale alla quale ha dato come modello il suo ordine monastico,
dicendo che la società laica avrebbe dovuto imitare il modo di vivere del bhikkhu (monaco). Il
bhikkhu era il rivoluzionario a tempo pieno della società dell’epoca di Buddha che poneva fine
a una società basata sulle discriminazioni; al tempo di Ambedkar, divenuto obsoleto qualsiasi
ordine monastico, la rivoluzione a tempo pieno doveva riguardare l’intera società indiana, nella
quale si doveva por fine alla schiavitù di uomini, di donne, di caste e di classi. E’ quello che il
dr. Ambedkar tenterà di fare con la creazione del neo buddhismo, da un lato basato
interamente ed esclusivamente
sul
buddhismo originario e
dall’altro caratterizzato
dall’impegno sociale e dalla libertà politica.4
Secondo Ambedkar, una formulazione delle Quattro Nobili Verità degna della compassione del
Buddha dovrebbe andare al di là della versione tradizionale del suo primo discorso. La Verità
della Sofferenza deve includere la realtà della disparità economica e sociale. La verità
dell’Origine della Sofferenza va ampliata fino a includere le tensioni di casta e di classe, lo
sfruttamento economico e l’oppressione politica. La Verità della Fine della Sofferenza deve
estendersi ai beni sociali della libertà, uguaglianza e fraternità. Infine, la Verità del Sentiero
deve includere il famoso motto “Educarsi, Mobilitarsi, Organizzarsi”, cioè coltivare la mente,
esprimere le proprie opinioni e contribuire con le capacità di ognuno al bene comune5.
2)Il buddhismo è fondato sulla ragione. Essa è ciò che maggiormente differenzia l’induismo dal
buddhismo. Il primo accoglie un’impressionante numero di elementi mitologici alla base del suo
insegnamento, l’altro invece deriva tutto dal principio che è la mente a dover spiegare ogni
cosa, la fonte unica del bene come del male, i quali nascono e muoiono con noi. Per Ambedkar
è il funzionamento della mente l’essenza di questa religione6. Da questo principio deriva la
soluzione di tutti i problemi religiosi, sociali, economici e politici. L’intoccabilità non è un
sottoprodotto del sangue o di una razza inferiore, ma un’espressione distorta di psicologia
sociale, una sorta di nausea sociale di un gruppo nei confronti di un altro. Perciò, la soluzione
di tale problema va ricercata non in motivazioni religioso-sociali, ma nei processi logici della
mente, nella cui potenzialità creativa Ambedkar mette tutta la sua fede e speranza, ponendo
l’accento in modo particolare sull’individuo come centro di ogni dottrina e attività. Buddha
aveva affermato chiaramente che l’uomo e solo l’uomo è l’arbitro del proprio destino, del bene
come del male, e che quindi non è una semplice marionetta, manipolata da cause esterne che
ne fissano la sorte per sempre. Ambedkar apprezzò tali insegnamenti del Buddha e la sua fede
nella capacità dell’uomo a operare la propria salvezza senza l’aiuto di nessun altro. Egli non
accettò mai il punto di vista dell’induismo, che crede che forze impersonali e non l’uomo
stesso siano fattori determinanti nello svolgimento della storia. “L’uomo perciò è il protagonista
della storia e forze ambientali, impersonali o sociali, se ci sono, non sono mai loro a dire
l’ultima parola”7.
3
Keer D., Dr. Ambedkar, Life and Mission, Bombay 1992, 275.
Kavlekar K.K.-Chausalkar A.S., Political ideas and leadership of Dr. B.R.Ambedkar, Pune 1989, 11-12.
5
M.Thengavila, op. cit., 140.
6
G.S.Lokhande, B.R.Ambedkar, Delhi 1982, 3.
7
B.R.Ambedkar, Ranade-Gandhi and Jinnah, Jullundur 1964, 5-6.
4
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3)Il buddhismo è una religione nata sul suolo indiano e, ciò che più conta, fa parte della cultura
indiana. Quest’ultimo punto chiarisce bene come per il dr. Ambedkar il neobuddhismo non è
altri che la riformulazione “che si adatta all’oggi”, dell’antico Dharma del Buddha. Far girare la
ruota del dharma equivale a mutarla: ogni rotazione, infatti, ci propone un nuovo punto di
vista. Nel corso dei secoli il buddhismo è cambiato così come sono cambiate le ruote nei mezzi
di trasporto. Tuttavia la funzione di un’auto è sempre quella dell’antico carro: farci giungere a
destinazione8.
Per Ambedkar il recupero del buddhismo non poteva prescindere dalla riaffermazione
dell’identità nazionale indiana. In questo senso il pensiero di Ambedkar rientrava pienamente
nel filone culturale nazionalista e indipendentista. Se la costruzione di una sfera “nazionale”
dell’autorità, laica e di matrice occidentale, poteva soddisfare la ricerca di un riequilibrio delle
relazioni sociali e la nascita di una nuova identità a livello sia comunitario che individuale, il
riferimento a una tradizione spirituale ben definita e indigena era necessario per non correre il
rischio di scivolare in un qualcosa di nuovo, dai contorni incerti, che difficilmente avrebbe
potuto trovare profonde radici, rischiando così di essere spazzato via dal primo vento forte
della storia. Ciò era per Ambedkar il punto nodale dell’articolazione di una più profonda
esigenza di legittimazione della soggettività della giovane nazione indiana. In questo senso
l’opera di Ambedkar può essere interpretata come la ricerca di una mediazione fra un’istanza
egalitaria e libertaria e la rivalutazione di un’essenza culturale indiana (il buddhismo), ritenuta
più adeguata alle particolari esigenze di un mondo in trasformazione.
Forse il neobuddhismo non è il puro dharma che conduce all’illuminazione, ma raggiunge in
ogni caso la sua meta, che è quella di considerare anche la realtà delle condizioni di vita,
mentre il dharma tradizionale si limita agli aspetti psicologici ed etici.
Considerazioni conclusive. Ad oltre quarant’anni dalla conversione di Nagpur da parte dei
mahar, il più grande gruppo di intoccabili del Maharashtra, i pregiudizi nei loro confronti non
sono caduti. Sul piano religioso il messaggio del buddhismo non è stato interiorizzato e convive
con i riti tradizionali dell’induismo e talvolta con un nuovo e curioso “culto di Ambedkar”. In
positivo, a livello psicologico, c’è però stato un certo sviluppo della personalità, che consente
loro di avere ora con gli hindu di casta rapporti meno emotivamente sbilanciati.9C’è da dire che
fino agli inizi degli anni novanta il non essere più membri della comunità hindu escludeva
automaticamente gli intoccabili, convertiti al buddhismo e non solo, dal beneficiare di tutte
quelle agevolazioni previste per le classi svantaggiate che venivano incluse nelle cosiddette
“Caste schedate”, e che una legge del 1950 aveva reso operative. Ovviamente questo stato di
fatto divenne un potente freno ad eventuali nuove conversioni per circa 35 anni. La svolta si è
avuta il 4 giugno del 1990 con la notifica di un emendamento alla legge del 1950 che prevede
la possibilità di essere inclusi nelle Caste schedate anche per coloro che non sono hindu. Il 29
settembre di quello stesso anno, ad Agra, c’è stata una nuova spettacolare conversione di
massa al buddhismo da parte di migliaia di intoccabili. dopo quella famosa del 1956.
Alcuni dei movimenti sociali e politici10, originatisi negli ultimi anni presso le caste inferiori,
hanno trovato la loro ispirazione in Ambedkar a testimonianza della vitalità del suo pensiero.
8
M.Thengavila, op.cit., 163.
F.d’Orazi Flavoni, Storia dell’India (società e sistema dall’indipend. ad oggi), Ed. Marsilio, Venezia 2000,178-179.
10
Tra essi segnaliamo il BSP (Baujian Samaj Party), Partito della maggioranza della Società, fondato nel 1984 da
Kanshi Ram. E’ una delle forze politiche che più autorevolmente difendono gli interessi degli intoccabili, soprattutto
nello stato dell’Uttar Pradesh.
9